a place for me

di Akane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuoco nel cielo ***
Capitolo 2: *** Sveglia! ***
Capitolo 3: *** La prima famiglia ***
Capitolo 4: *** Memoria ***
Capitolo 5: *** Il mio posto ***
Capitolo 6: *** ragazzo selvaggio, ragazza selvaggia ***
Capitolo 7: *** Passione ***
Capitolo 8: *** Giorno felice ***
Capitolo 9: *** Sotto pressione ***
Capitolo 10: *** I'm with you ***



Capitolo 1
*** Fuoco nel cielo ***


AUTORE: Akane
TITOLO: A PLACE FOR ME
SERIE: original
TIPO: etero, Long story
GENERE: sentimentale, comica, un po' drammatico
RATING: arancio alcuni cap, ma non tutti.
NOTE: è ispirata al mio gatto, alla sua vita e a quello che ha passato. La protagonista è proprio la mia gatta Kyo solo che nella storia è umana ovviamente, ma è lei di carattere e di storia. Ha toni drammatici inizialmente, ma poi arriva anche il lato comico e sentimentale.
DEDICHE: ai miei due gatti: Kyo e Akane.

UN POSTO PER ME

“Cerco un posto per me,
per la mia testa,
per la mia anima.”

PROLOGO:
FUOCO NEL CIELO

La prima cosa che si udì fu l’odore di fumo. Non di sigarette, quell’odore lo si poteva sentire uscendo in giardino negli orari proibiti quando gli assistenti facevano la loro pausa e fumavano. Quell’odore era di bruciato. Di ‘cose’ bruciate.
Lo distinsero tutti nettamente.
Pur essendo bambini lo sentirono come se qualcuno avesse detto loro cosa succedeva.
Veloci e curiosi si affacciarono alle porte delle loro camerette per vedere cosa succedesse e guardarono verso le scale, dove l’odore, o la puzza, era più forte.
Bagliori arancioni e gialli provenivano da laggiù. Come i capelli mossi di Nike, ora sciolti e ricadenti lungo la schiena. Sembrava riflettessero quei colori. Oltre alle luci sempre più evidenti, si vide del fumo scuro salire, presto arrivò al corridoio dove i bambini più grandi gridarono spalancando le porte:
- AIUTO! È IL FUOCO. L’EDIFICIO BRUCIA! -
E la consapevolezza di essere intrappolati. Le fiamme ora visibili erano grandi, sempre più prepotenti avanzavano dopo essersi nutrite del piano terra. Dopo l’avviso anche i più piccoli si unirono alle urla di spavento.
Pochi non urlarono, anzi. Solo una. Colei che fra i capelli le fiamme le aveva già. Il fuoco non è rosso vivo. Quando si dice ‘capelli rosso fuoco’ si è in errore immaginandoli rosso acceso, poiché contiene mille colori dal giallo al rosso, ma non scuro, non sangue. Se qualcuno ha i capelli color fuoco significa che ci sono una gamma molto vasta di pennellate naturali.
I grandi occhi verde-dorati ora apparivano arancio, ma sempre da gatto. Le pupille si restrinsero in due puntini impercettibili per la sorpresa di ciò che vedevano.
La compagna di stanza, una bambina più piccola di lei, si raggomitolò sulla sua camicia da notte carminio che le sfiorava le caviglie sottili.
Era notte e stavano per addormentarsi quando il fiuto sviluppato di Nike aveva allarmato la piccola Marlene. I biondi e corti capelli arruffati si immersero in quelli ramati dalle mille sfumature dell’amica.
- Nike, cosa succede? -
La calma della ragazzina l’aiutava a non avere una crisi di panico.
- Dobbiamo uscire Lene … di qua … -
Giudicò al volo molto male gli altri che erano corsi per il corridoio senza criterio né logica pieni di terrore per le fiamme. Che fine avessero fatto le assistenti non voleva saperlo, come nemmeno l’origine di quel fuoco. L’undicenne Nike era acuta e silenziosa, preferiva agire per i fatti suoi piuttosto che perdere tempo.
Con grande destrezza e freddezza, si diresse verso la finestra richiudendo la porta. Aprì i vetri facendo entrare l’aria pulita.
- Ma gli altri? -
Chiese la piccola.
Lei evitò il suo sguardo impaurito dove lacrime premevano per uscire.
- Si arrangeranno, non posso salvare tutti … riuscirò appena a salvare noi due … non sono un pompiere! Come ci ho pensato io ci possono pensare loro ad uscire dalla finestra! -
Lei continuò a stringersi alla compagna osservandola. Non ribatté vedendola concentrata e laconica. Non capiva se avesse ragione o meno, certo era che le dispiaceva perdere le altre amichette, ma non voleva venire immersa in quelle fiamme roventi.
Con impressionante agilità Nike saltò sul balcone guardandosi intorno. Era un salto non indifferente e tutto quello a cui potevano appoggiarsi era il cornicione, un metro sotto la finestra, e la grondaia.
Poche storie, non si poteva certo costruire una fune con le lenzuola come nei film!
Tese la mano a Marlene e le intimò di salire con lei.
- Ho paura, Nike … -
La voce le tremava senza trovare il coraggio di imitarla e prendere la sua mano.
- Vuoi bruciare? -
Dura e sicura. Anzi. Molto brusca.
Un po’ seccata di dover fare il giochetto psicologico con il fondo di ricatto. Marlene era l’unica amica che si era fatta in quel maledetto istituto per orfani, non ci avrebbe rinunciato. La piccola scosse la testa mentre le lacrime uscivano, prese la sua mano e la strinse incerta, decisa a non lasciarla mai.
- Vai prima. Guarda, ti calo sul cornicione, ma stai attenta … siamo sul retro e prima che i pompieri vengano a salvarci moriamo. Dobbiamo fare attenzione. Sotto ci sono cespugli e alberi. Stai immobile finché non ti dico cos’altro fare. -
Annuì con le lacrime che scendevano calde e copiose. Si mordeva le labbra e le guance piene. Persino in quel buio si vedevano le iridi azzurre della bambina.
Con una forza non indifferente per una della sua età, l’aiutò a calarla sul pezzo di cemento sporgente sotto di loro. Si immobilizzò terrorizzata dall’altezza.
- Spostati Lene, altrimenti non posso scendere anche io! -
Perse molto tempo a farla spostare di lato, tempo prezioso durante il quale la porta finì di bruciarsi. Un lampo. Il pensiero volò veloce su due cose:
“Chissà se gli altri ce l’hanno fatta …” e poi: “Se non mi sbrigo sarò io a non farcela, cavolo!”
Poi saltò abile come un piccolo gatto. Non passava inosservata nella notte buia, come nemmeno Marlene.
- Ascolta, ora dovremo calarci per la grondaia. Reggerà, l’hanno sostituita la settimana scorsa. Sta tranquilla. È facile … -
- Ho paura … -
- Forza che il fuoco è in camera! -
- S … i … -
Non riusciva a sorridere, non era nel suo carattere ma nemmeno per chi amava ce la faceva.
- Allora, vedi quegli spunzoni? Fungeranno da scaletta. Sono ogni mezzo metro, è facile. Le mani salde al tubo e i piedini su quelle specie di chiodi. -
Una spiegazione sbrigativa ma coincisa. La biondina tremava ma eseguì lentamente, facendo attenzione a non scivolare. Ora grazie al fuoco si vedeva abbastanza bene, ma il tubo era caldo. Nike vide la camera invasa dalle fiamme, ma non si fidava a scendere in contemporanea alla bambina. La grondaia era stata cambiata un anno fa, altro che settimana!
Aveva dovuto tranquillizzarla in qualche modo.
Sospirò lasciando che il vento rinfrescasse il viso dove goccioline di sudore colavano, si passò una mano fra i lunghi capelli e quando la vide a terra salva le disse di iniziare a correre lontano dall’edificio e aspettarla fuori.
Marlene non voleva andarsene senza di lei, sarebbe stato più brutto che morire là dentro, stare sola nella notte, ma con un urlo furioso dell’amica lo fece.
Non la vide.
Le dava le spalle correndo veloce.
Quando fu al cancello dell’enorme giardino udì un forte boato. Un esplosione. Si voltò di scatto e un urlo uscì dalla sua gola. L’urlo più forte della sua vita.
L’edificio era esploso … gridava il nome di Nike e continuava a piangere copiosamente, accasciandosi al suolo, un gomitolo che non vedeva più niente se non fiamme e fumo.

Erano le mani che le bruciavano per il calore insopportabile della grondaia invasa dalle fiamme, la sensazione che sentì al tatto l’ultima volta prima di sentire solo fuoco.
La bocca piccola e chiara chiusa e serrata, i grandi occhioni espressivi risoluti a farcela, la pelle lentigginosa accaldata e sudata, le manine affusolate annerite e bruciate. Era tardi ma sapeva che ce l’avrebbe fatta. A metà strada successe che un forte rumore proveniente dall’interno dell’edificio, dalla cucina al piano terra, la fece sbalzare nel cielo.
Volava.
E nel calore soffocante ed insopportabile del fuoco sui vestiti e su qualche filo di capello, che si spense nel volo con l’aria che l’accoglieva nelle sue braccia trasparenti, ebbe la sensazione di avere le ali e volare lontano anni luce da quel posto che le aveva suscitato solo sofferenza.
Vedeva il fuoco levarsi in cielo, sulla notte buia che sembrava diventato giorno, tramonto. Il fumo nel cielo accompagnato dalle fiamme alte, alte, sempre di più.
Il fuoco nel cielo fu l’ultima cosa che vide dopo il tonfo sordo che non le fece capire altro se non che poteva essere finita.
Poi l’oblio e la dimenticanza.

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Capitolo 2
*** Sveglia! ***


CAPITOLO 1:
SVEGLIA


Un buio assoluto e cieco. Di quelli in cui si vedeva il nulla e l’unica soluzione era fermarsi e attendere. Un buio che infondeva una gran paura. Paura allo stato puro. Qualcosa che prendeva le ossa, la carne, le viscere e poi si espandeva come un cancro dappertutto. Terrore dettato da una situazione terribile.
Nike non era nel buio nel senso letterale del termine, bensì ci si trovava con l’anima, la mente.
Cosa poteva portare una persona ad un momento simile? La solitudine, il vuoto, la povertà, il dolore fisico, la non via d’uscita.
I non ricordi.
Memoria perduta.


Berlino era un bel paese, ma come per ogni grande città anche là c’erano i ‘posti brutti’, quelli comandati da bande di quartiere, con muri sgretolati, case cadenti e puzza ovunque.
Ma a parte quei posti, era meta di molti turisti.
Ne venivano da tutte le parti, anche solo per pochi giorni.
Famiglie intere si organizzavano per un giorno o due, gente comunque che abitava da quelle parti.
Il ragazzino undicenne si era allontanato dalla sua con cui stava visitando la città.
Aveva la pelle chiarissima e si poteva confondere facilmente per un tedesco. I capelli erano biondi e lisci, fini come spaghetti tutti spettinati, gli occhi azzurri e una bocca decisamente troppo carnosa per uno della sua età, alto e con un viso molto bello.
Era italiano e non capiva nulla di tedesco.
Aveva la mania di perdersi nel suo mondo di fantasticherie e giochi continui, per cui senza rendersene conto si era perso finendo in uno di quei posti poco raccomandabili, specie per un bambino.
Con quei suoi grandi occhi assorti e oscurati da una nube di incertezza, cominciava ad avere la giusta paura, ma qualcosa lo muoveva, non poteva tornare sui suoi passi, era convinto di stare per arrivare in un posto speciale, tanto di lì a poco l’avrebbero raggiunto.
Era una cosa che probabilmente prendeva solo i bambini dalla fervida fantasia, coloro che sapevano ascoltare quelle vocine interiori che tutti possiedono ma pochi odono.
Con un leggero piagnucolio si dimostrò di non essere un ragazzino poi tanto coraggioso, nonostante questo la curiosità era in contrasto con la sua paura. Era attaccato alla famiglia e non si separava mai da loro, aveva paura di star solo in posti sconosciuti, eppure sentiva che non poteva fermarsi, sarebbe stato sciocco farlo in quel brutto posto.
Le bionde sopracciglia incurvate a mostrare il suo stato d’animo.
- Mi sono perso come uno stupido … sono stupido, lo sapevo, ma perché? Uffa … dove sono gli altri?-
Si guardava intorno con le iridi lucide, le lacrime premevano ma si mordeva il labbro per non cedere. Sua sorella Selene gli diceva sempre che piangeva troppo e faceva di tutto per non darle soddisfazione, glielo diceva per renderlo più duro, diceva che doveva diventare un vero uomo e non una femminuccia, però poi lo chiamava ‘cucciolotto’. Riflettè che comunque ‘cucciolotto’ era sempre meglio che ‘scimmia’, come lo chiamava l’altra sorella maggiore, Astrid. Fra tutte preferiva la più grande ancora, Elisa, che non lo chiamava in nessun modo particolare e lo consolava, invece che dirgli di essere più ‘uomo’; del resto con Astrid aveva sempre giocato in tutti i modi, lo faceva divertire molto e a Selene, nonostante non lo ammettesse, era molto legato, avevano fatto ogni cosa insieme vista la poca differenza d’età.
Ora era cresciuto, i giochi erano altri divertimenti, non piangeva poi così tanto e chiedeva meno coccole.
In quel momento si era messo a pensare alla famiglia per risollevarsi e non pensare alla paura che aveva. Si diceva quello che ripeteva sempre Selene. Lui era grande, ormai, e non poteva avere paura per ogni sciocchezza, nemmeno piangere …
Inghiottì a vuoto. Queste imposizioni lo schiacciavano.
Qualcosa interruppe questo flusso di considerazioni.
L’attenzione fu attirata da una strana figura che stava a terra in uno dei vicoli di quel posto.
Vi entrò guardando che non ci fosse nessuno e si accucciò voltando il fagotto.
- AH! -
Per la sorpresa e lo spavento sedette a terra indietreggiando di qualche centimetro.
“Come è possibile? È una... bambina!”
Non osava dirlo nemmeno a voce, gli sembrava così strano. Impossibile.
Forse era uno scherzo, magari si erano messe d’accordo Selene ed Astrid.
Indeciso sul da fare si avvicinò scuotendola.
Dormiva, o per lo meno sembrava. Era in pessime condizioni, sporca con lividi, bruciature e ferite. I piedi indicavano che aveva camminato a lungo scalza, infine notò le mani, erano nere e rovinate, come se avesse preso in mano dei ferri roventi e li avesse tenuti a lungo.
A lui era capitato una volta ma non proprio così.
Si grattò il capo cominciando a sudare.
Cosa mai poteva fare lui?
- Ehi, svegliati … svegliati, su … -
Cominciò a chiamarla titubante, poi sempre più agitato, successivamente siccome non dava segni di vita, si mise a fare come Astrid:
- Sveglia, sveglia, sveglia, sveglia, sveglia, … -
Fino allo svenimento, senza interruzione, agitato da morire.
Mentre l’assillava con quella parola, riuscì a pensare con una certa logica elementare, tipica dei bambini: che avesse bisogno di acqua?
Questo lo fece zittire per cercare nel suo zainetto una bottiglietta da mezzo litro. L’aprì e gli bagnò il viso, non riuscendo a farla bere.
Improvvisamente lei prese a tossire e a stringere le palpebre finché, ancora con gli occhi chiusi, aprì le labbra per bere. Lui le mise così una mano sotto il suo capo aiutandola a bere.
- Finalmente, mi sono preoccupato … -
Eppure aveva l’impressione che non lo sentisse.
Mentre lui le dava da bere notò al polso un braccialetto in plastica bianco con un nome scritto sopra.
- Ni … ke … ti chiami Nike? -
Lei smise di bere dopo aver scolato l’intera bottiglia, lo guardò ad occhi spalancati e ancora priva di forze mostrò le iridi verdi-dorate. Erano un colore incredibile, il viso gli ricordava molto quello di un gattino spaurito, selvatico, specie per l’espressione.
Lui che adorava gli animali e li conosceva meglio di chiunque altro, dava un animale a tutti quelli che conosceva, per cui gli venne spontaneo darle il gatto.
Si strinse nelle spalle.
Non lo capiva, o forse non parlava?
Provò quell’unica frase di inglese che si ricordava.
- I’m Luca … Italy … you? -
Smarrita più di prima. Sicuramente era tedesca, ma lui non lo conosceva il tedesco; quando il panico cominciava di nuovo a dilagare, si ricordo di Tarzan, il cartone della Walt Disney, per cui con una luce di speranza nello sguardo si mise una mano al petto e disse:
- Luca. -
Poi la puntò verso di lei e continuò:
- Nike? -
Lei chiuse gli occhi e si tappò gli orecchi spaventata e dolorante. Luca capì che aveva qualcosa che non andava e preferì non sforzarla, pareva non ricordarlo. Magari non lo sapeva.
Il biondino desiderò solo ardentemente di avere lì con se Elisa, sua sorella più grande, lei sapeva sempre cosa fare al momento giusto, era la più intelligente della famiglia, ne era convinto da sempre. Astrid sarebbe stata certamente la meno utile, a meno che non si dovesse fare qualche scherzo!
Pensò insistentemente il nome della sorella a ripetizione con il panico che si espandeva in lui.
Che diavolo avrebbe potuto fare un bambino di quasi 12 anni?
Si spettinò i capelli nervoso, magari aveva fame. Si illuminò il viso tirando fuori della cioccolata, lui adorava la cioccolata e non se ne separava mai.
Gliene porse un po’ e lei la guardò come fosse avvelenata, col sospetto negli occhi, non era affatto bravo in queste cose, se lo capiva a parole sarebbe stato meglio.
- E’ buona … -
E ne mangiò un pezzo anche lui.
Lei non attese altro e mangiò di fretta, aveva una fame pazzesca.
Luca l’osservò, mangiava ma non staccava un attimo i grandi occhi da lui, come se fosse in perenne guardia, probabilmente se poteva sarebbe scappata subito terrorizzata, sicuramente stava lì stesa perché non riusciva a camminare. Notò che era magrissima, forse non mangiava da molto e priva di energie si era lasciata andare.
Dopo di che cominciò a pensare concretamente al da fare.
Doveva portarla dalla sua famiglia o dalla polizia; attese che finisse e si alzò.
Col movimento brusco, Nike si portò le gambe piegate al petto e le braccia davanti al viso in difesa.
Lui mise le mani avanti in segno di resa.
- No no … tranquilla, non faccio nulla … -
Le tese la mano per aiutarla ad alzarsi, lei la guardò come fosse un mostro e non la prese alzandosi con fatica ma da sola.
Notò solo allora, il bambino, gli splendidi capelli, seppur ingarbugliati e sporchi, che possedeva. Molto lunghi e di un colore caldo.
Suo malgrado si avviò fuori dal vicolo sperando che la seguisse. La ragazzina rimase ferma.
“Scapperà?” Pensò il biondo sospeso a mezza via. Aveva capito che qualunque fosse la sua storia, era troppo selvatica così decise di fare come per gli animali, i suoi grandi amici, lasciando lì per terra altro cibo allontanandosi con cautela nella speranza che di essere seguito.
Dopo qualche metro notò che gli veniva dietro, a molta distanza, mangiando quello che gli aveva lasciato, vedendo ciò un sorriso spontaneo e dolcissimo si dipinse sul volto di Luca. Era incantevole come undicenne …
Non si sarebbe mai e poi mai avvicinata, ma pensò che se anche lui si fosse agitato mostrando la sua paura, sarebbe stato peggio: coi gatti randagi funzionava così!
Forse, lui non ne era sicuro, ma poteva darsi che una come Selene o Astrid, così esuberanti e irrequiete, l’avrebbero spaventata.
Luca era un bambino calmo e pacato di natura che però sotto pressione mostrava gli artigli come in una trasformazione da cucciolo di leone a re dei leoni!
Ipotesi su ipotesi nella fantasia che solo un bambino poteva avere e si sa, le riflessioni che i bambini hanno per altri bambini, sono sempre le più azzeccate.
“Mi piacerebbe aiutarla e diventare suo amico … ha bisogno di ridere!”
Era l’insegnamento delle sue sorelle.
‘Quando incontri un bambino triste che non ride devi far di tutto per farlo ridere e fargli tornare il buon umore, aiutalo come puoi, non lasciarlo così! Mi raccomando!’
Un insegnamento che aveva sempre attuato, inffatti era pieno di amici.
Ce l’avrebbe fatta anche con lei?

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Capitolo 3
*** La prima famiglia ***


CAPITOLO 2:
LA NUOVA FAMIGLIA


In casa erano tutti trepidanti.
Seduti in fila nei due divani in pelle nera posti ad angolo, divisi solo da una stufa in ottone del medesimo colore, guardavano tutti e 4 l’ingresso. La porta trasparente rivelava l’esterno dove nessuno al momento passava nemmeno per sbaglio.
C’erano tre ragazze grandi e un bambino ormai noto. Il bambino aveva 12 anni ed era biondo con la pelle chiarissima e gli occhi azzurro-blu, sembrava un tedesco ma non lo era, dei bei lineamenti dolci. Chiedeva insistentemente l’ora.
- Luca, smettila di rompere! -
Sbottò seccata la terza sorella. Selene aveva 16 anni e appariva come una ragazza maschiaccia seguace di Eminem ed Avril Lavigne. Fisicamente era come la cantante canadese, caratterialmente era un mix fra i suoi due idoli.
Solo che i suoi occhi erano più belli, grandi, allungati verso le tempie e azzurro cielo.
- Senti un po’. Quando li vedi arrivare saprai che è l’ora giusta! -
Liquidò l’altra sorella, la seconda. Astrid di 24 anni era più sul rapper, ma adorava vestirsi anche da metallara. Al momento indossava pantaloni larghissimi blu scuro, col cavallo alle ginocchia, e una maglia senza maniche sempre scura con disegnato uno scorpione blu e azzurro. I capelli le scivolavano di mille tonalità di biondo fino al sedere, lisci, e gli occhi dietro a due lenti squadrate d’occhiali erano verde chiaro. Quel giorno il sole era caldo.
Logicamente non aveva nulla di più, nulla di meno, rispetto al carattere della sua seguace Selene.
Luca fece un faccino dubbioso ripensando alla risposta delle due e un paio di braccia l’avvolsero protettive. Il tono accusatore:
- Lasciate in pace il mio amore!-
Il biondo si lasciò cullare da Elisa facendo la linguaccia alle due despote di famiglia.
Fu lì che per la noia, Selene ed Astrid, decisero di farla pagare al fratellino poco innocente. Una lo prese per le gambe trascinandolo a terra con una culata non indifferente e l’altra, prima che la maggiore intervenisse, si era già seduta sul suo stomaco di peso provocando un tentativo di vomito al povero innocente che urlò disperato:
- ELISA, AIUTAMI! -
La prima delle tre sorelle sebbene avesse 26 anni e lavorasse da parecchio tempo coi disabili in maniera delicata e dolce, si buttò anche lei nella mischia afferrando per il collo quella che si era seduta sul suo angioletto dolorante.
I boccoli color cioccolata le ricoprivano, in un taglio scalato, le spalle fino alle scapole. Più in là di lì non riusciva a farli crescere, si divertiva a tagliarli ogni tanto per cambiare e anche il colore di capelli alternava in varie tonalità da castano a rossi.
Gli occhi azzurro ghiaccio si posarono taglienti sui diavoli che continuavano a lottare per mordere e torturare il fratello.
Il dodicenne reagì occupandosi di Astrid,di cui non ebbe pietà tirandole i capelli (provocando per questo l’ ira indicibile della bionda).
Fu così che arrivarono i genitori con il nuovo membro della famiglia.
Era normale, ordinaria amministrazione, per i due adulti, vedere un simile macello . Lo facevano spesso.
Avevano imposto la musica spenta per non creare caos più di quanto già ce ne fosse, e i computer spenti per fare una degna accoglienza, ma speravano che non fossero arrivati a quello proprio nell’occasione per loro così speciale.
La ragazza rimase indietro all’erta, sentendo la confusione provenire da dentro. Si affacciò nascondendosi dietro la porta e, vedendo gente che si picchiava, pensò di essere capitata nel posto sbagliato, dove i bambini venivano picchiati!
I lunghi capelli sciolti si inanellavano alle punte e il colore del tramonto fiammeggiava sotto la luce del sole. Gli occhi verde dorati apparivano molto più grandi di quanto avrebbero dovuto esserlo.
L’aria di chi sta per andarsene, di chi vede l’orrore più acuto, di chi sa di essere in pericolo e sta per scappare a gambe levate.
Detto fatto seguì come al solito il suo istinto e facendo dietro front sparì nel giardino di ghiaia, fuori dal cancello.
Non sarebbe rimasta in un posto da pazzi come quello facendosi picchiare!
- Nike, No …. giocano! -
Disse la donna cercando di andarle dietro.
- Oh, ma siete proprio stupidi! -
Sentenziò il padre severo.
- Ce l’hanno appena data in affidamento, nemmeno in adozione, e la facciamo già scappare terrorizzata! Benone! Fra l’altro capisce qualche parola di italiano messa in croce! Ora la prendete voi? -
Continuò a borbottare burbero l’uomo, entrando.
Sgusciarono fuori tre dei quattro figli per recuperarla, incuriositi.
- Tu non vai? -
Chiese ad Astrid che si stese nel divano incrociando le mani dietro la nuca, occhi chiusi, pacifica e beata.
Infine disse:
- E correre come una scema dietro ad un gattino selvatico? E fare fatica? Ma per favore! -
Ovviamente il più lento fu Luca, Selene arrivò prima al nascondiglio, un enorme tunnel di cemento con solo due uscite. Dentro raggomitolata c’era la piccola Nike. Stava per uscire dall’altro lato ma si parò Elisa. Era come una caccia al tesoro, anche se Elisa lo faceva seriamente, al contrario dell’altra che si divertiva un mondo.
- Ehi, esci. Stavamo giocando, dai … -
Disse infatti dolcemente. Era veramente come avere a che fare con un gattino spaurito e selvatico.
Selene sperò che venisse da lei per vantarsi di aver vinto chissà quale competizione, ma dopo un lungo e profondo attimo di indecisione, Nike guardò un ultima volta le due ragazze dagli occhi azzurri, poi senza più pensarci andò dalla sorella maggiore che le incuteva più calma e meno paura. Insomma, scelse il male minore. La sedicenne se la prese con la castana che trionfante cinse le spalle alla piccola, unico lieve contatto ammesso, conducendola in casa.
Là, l’accolse un mezzo grugnito di saluto della ragazza stesa nel divano che sonnecchiava. Astrid non le diede una buona impressione, anzi. Poi vide l’uomo che era venuta a prenderla, si era messo a preparare uno dei suoi pranzi speciali a base di pesce per l’occasione.
Anche lui le incuteva un certo timore, anche se non al pari della pessima sensazione inflittale a primo sguardo da quella stesa nel divano.
Riconobbe quella che sarebbe stata sua madre, era la migliore, lo pensò istintivamente. Forse perché era una madre …
Ebbe una discreta impressione anche di Elisa, quella che l’aveva presa in giardino, Selene non era tanto meglio di Astrid ma ci si poteva discutere, era una via di mezzo fra le due sorelle grandi.
Quando si voltò notò dietro di se il bambino che l’aveva trovata in Germania.
Non capiva ancora la loro lingua, si ricordava che si chiamava Luca e ad occhio e croce avevano la stessa età.
Si sentì inconsciamente sollevata, ma non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.
Le indicarono la sua camera al piano superiore, una camera non molto grande e arredata semplicemente.
Vi si rintanò e non scese fino a ora di pranzo.
Voleva avere il meno possibile a che fare con tutte quelle persone. Non erano tutti malaccio, ma preferiva non fidarsi, dopo quello che aveva passato, cosa che le sarebbe piaciuto ricordare visto che non aveva più memoria della sua infanzia.
Sbuffò seccata guardando fuori dalla finestra, un paesaggio come tanti. Così optò per il riposo stendendosi nel letto.
Era andato tutto così in fretta, non ricordava altri nomi all’infuori di Luca e la loro lingua era un dramma comprenderla, del resto non sapeva il tedesco anche se l’avevano trovata là.
Uno shock psicofisico le aveva cancellato la memoria fino a quel punto, poi la fame sofferta le aveva trasmesso le solite malattie. Ora era guarita però il distacco e il timore che provava verso il mondo intero le impediva di parlare e di socializzare, era per questo motivo che non riusciva a rendersi conto che non tutti erano cattivi e da prendere a calci come invece pensava e faceva.
Era un periodo buio la sua vita, a partire dai 0 anni. Era arrabbiata col mondo che l’aveva ridotta a quel modo portandole via tutto e ancora non riusciva a vedere il lato positivo, cioè che finalmente aveva incontrato una buona famiglia. Ma avrebbe avuto tempo per rendersene conto.
Al momento era in grado di formulare solo pensieri contorti e scontrosi verso ogni cosa esistente.
Per sopravvivere in quel pazzo mondo bisognava non guardare in faccia nessuno e non fidarsi nemmeno di sé stessi!

I giorni passarono e inizialmente nemmeno la si vedeva in casa, era sempre chiusa in camera a fare pensieri sconosciuti. Non si faceva avvicinare da nessuno, anche se per lo meno mangiava con gusto. Dopo aver patito la fame non avrebbe rifiutato nessun cibo.
Cominciò a sentirsi pian piano bene nella sua camera, nel suo letto, con ogni giorno del cibo da mangiare e una doccia con cui lavarsi.
Successivamente arrivò il momento di andare a scuola e li si rifiutò categoricamente.
Settembre era arrivato inesorabile e lei aveva imparato abbastanza l’italiano. Il resto l’avrebbe appreso a scuola.
L’impressione che ormai avevano di lei in famiglia era quella di un gatto selvatico. Con Elisa stava tranquilla, anche con la madre adottiva, ma con il padre e Selene era sempre allerta, per non parlare di Astrid che la terrorizzava!
Quando capitava di stare sole in casa si chiudeva tremante nella sua stanza dopo averla squadrata con gli occhi. Era dura, non parlava mai e non la toccava. In fondo non aveva di che lamentarsi, eppure le faceva proprio paura.
Forse emanava una forza troppo acuta e violenta, gli altri erano meno violenti, avevano una forza più dolce e anche contro la sua volontà non poteva averne proprio timore. Tuttavia contro Astrid ne aveva, eccome.
Poi come si vestiva!
Selene fra tutte era la più bella.
Ma quando si trattava di pensare a Luca per considerarlo nella sua scala della fiducia, non sapeva mai dove posizionarlo.
Ci pensava un po’ e pensava che era stato lui a salvarla, se non fosse stato per lui, lei sarebbe certamente morta, così finiva che lo imitava e che se doveva scegliere di stare con qualcuno, quello era lui. Infatti sempre a lui chiedeva consigli su come si facevano cose che lei non sapeva.
Ecco che senza accorgersene iniziò ad accettare anche la scuola: l’aveva fatto a patto che fosse accompagnata da Luca e che stesse in classe con lui.
Presto Luca si trovò, senza rendersene conto, l’unico di cui lei si fidava veramente, con cui aveva una specie di rapporto.
Del resto lui attirava.
Lo ammise.
Luca attirava.

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Capitolo 4
*** Memoria ***


CAPITOLO 3:
MEMORIA


Accadeva troppo spesso, per i suoi gusti, di stare sola con quell’essere così spaventoso.
Astrid, le pareva si chiamasse.
Stava sempre in casa quando c’era anche lei. A parte per la scuola, Nike, non usciva mai, ovviamente era per sua volontà: stava molto meglio in casa al sicuro. Preferiva evitare i luoghi aperti e affollati ma c’erano, nel pomeriggio, troppo spesso momenti in cui si trovava completamente sola con la sorellastra maggiore, la seconda per ordine d’età.
Quella che le incuteva più timore.
Luca era a basket per cui aveva quelle due ore circa in cui si dileguava, Selene aveva diversi impegni, stava poco a casa il pomeriggio. Elisa, quella che preferiva, e la madre, la seconda preferita, erano una a lavoro e una a portare in giro i figli. Il padre a lavoro anche lui.
Di fatto, Astrid sembrava l’unica a non aver nulla da fare!
Se ne stava sempre lì davanti al computer e vi smanettava a volontà, con la musica a tutto volume, cose inascoltabili per la violenza con cui emettevano rumori assurdi. Non si voltava mai, non si interrompeva per nessun motivo, la sua attenzione non si spostava da quello schermo luminescente. Portava gli occhiali da vista, incrociava le gambe su quella seggiolona comoda con le rotelle e non dava cenni di vita.
Nessuno esisteva.
Ne era un po’ sollevata, in cuor suo.
Preferiva evitare di essere calcolata da lei, tuttavia questo rendeva quella Astrid ancora più strana.
Nike se ne stava per lo più chiusa in camera sua in silenzio a fare un po’ di compiti per imparare in fretta la lingua, guardava l’esterno con un certo disgusto e terrore di perdercisi senza poter più tornare al sicuro.
Sicuro.
Si era trovata a riflettere molte volte sul significato di quella parola.
Dov’è che poteva considerarsi al sicuro?
Certamente in un luogo chiamato casa. E c’era?
Veramente pensava che ci fosse un posto tutto per lei dove stava bene e si sentiva, appunto, sicura?
Quella casa dove viveva ora era certamente calda e accogliente a modo suo, questo lo capiva, anche se moltissime cose le evitava come la peste e la spaventavano poiché troppo improvvise, caotiche, ipotetiche pericolosità per lei. Insomma, nonostante tutto era una famiglia a posto, eppure … eppure non sapeva ancora. Non riusciva ad amalgamarsi bene, stava sulle sue; erano cose naturali, col tempo si sarebbe fidata di tutti e sarebbe riuscita ad amalgamarsi, si diceva.
Attualmente però preferiva andarci piano e capire come funzionava quel mondo così strano.
Ancora non aveva trovato un vero posto per sé. Un alcova, un angolo di paradiso.
Doveva capire, prima, cos’era per lei il paradiso.
Quando l’avrebbe capito, sarebbe stato tutto diverso.
Anche se non aveva assolutamente fretta di andarsene da lì per affrontare una vita tutta sua, non si sentiva ancora parte della famiglia, era cosciente di essere un pesce fuori dall’acqua, eppure dopo aver assaggiato il mondo selvaggio avrebbe afferrato e trattenuto con tutte le sue forze ogni mano tesa. Con vergogna e imbarazzo, ma l’avrebbe fatto.
Era scesa al pino inferiore dopo aver sentito lo stomaco brontolare dalla fame.
Con cautela aveva sceso le scale ed era arrivata in soggiorno.
Luogo X per lei, poiché ospitava quella strana persona soggetto per Nike di profondo disagio e terrore.
Rallentò il passo studiandola attentamente, gli occhi non battevano ciglio, intenta al massimo a captare ogni mossa insolita ed improvvisa che potesse andare a suo discapito.
La sua solita posa, a gambe incrociate, pantaloni larghi e strappati, maglia leggera e larga a maniche lunghe che copriva gran parte delle mani.
Gli abiti che indossava di solito non erano malaccio, era solo che su di lei assumevano un aria ancor più lugubre.
Un passo dopo l’altro, lento, con massima cautela e attenzione a non fare rumore, sperava di non essere vista e notata, magari non l’avrebbe calcolata. Quando era quasi dietro di lei, Astrid alzò lo sguardo dallo schermo del computer, si voltò di scatto e sorpresa vide che Nike era scesa.
Non sorrise per rilassarla.
La ragazzina trasalì e sbarrò totalmente gli occhioni verde-dorati, trattenne tutto il fiato nei polmoni e la fissò come se stesse per essere mangiata, come se Astrid avesse appena fatto un gran crimine: guardarla!
Sembrava si preparasse al patibolo, una condannata a morte.
Attese il verdetto con la paura chiara negli occhi.
Astrid notò la cosa e si divertì per questo. Sorrise sinistra e senza rilassarla maggiormente fece la cosa peggiore che potesse fare:
Le parlò!
- Nike, hai fame? -
Deduzione ovvia visto che quando era sola con lei, scendeva dalla sua camera solo per ingurgitare cibo.
Era una ragazzina buona, non dava problemi, silenziosa, sulle sue, mangiava tutto, dormiva tanto, non era sgarbata e cercava di sparire, come, ad esempio, per non pesare sugli altri. In realtà lo faceva per non subire chissà quali danni.
Ancora non si fidava di nessuno, tutti l’avevano capito.
Solo di Luca, della sua stessa età, che l’aveva salvata la prima volta.
Una sorta di fiducia inconscia, se glielo avessero chiesto non avrebbe saputo rispondere concretamente.
Alla domanda, Nike sembrò andare in crisi. Come se avesse udito chissà quale oscenità, scandalizzata la fissò, mancava solo che si mettesse a tremare!
- Ohi, non sei obbligata a rispondere … innanzitutto respira, torna a battere ciglio, rilassati che ancora non ti mangio! -
L’attenzione della ragazzina si catapultò sulla parola ‘ancora’.  
Provò a respirare, ma non batté ancora ciglio. Immobile e silenziosa fissava la sorellastra cercando di intuire le sue mosse.
Astrid parve divertirsi poiché ebbe il suo ghigno tipico dei momenti di sadismo, e continuò:
- Puoi anche provare a parlare, ogni tanto! Non ti tocco e non mi alzo nemmeno! Tiè, mangia queste, so che ti piacciono! -
Così dicendo poco gentilmente, le lanciò fra le mani un pacchetto di patatine che era già aperto, era uno di quelli formato famiglia, essendo che chiunque avesse fame ne mangiava un poche, lasciando resto per gli altri; gliele cedette memore delle scorpacciate che si faceva di quelle ‘schifezze’, come le chiamava la madre.
La destinataria di tanta ‘gentilezza’ ebbe un tuffo al cuore e trovandosi con il pacchetto fra le mani, non sapeva onestamente se gioire o piangere.
Optò per un rifugio veloce nel divano, l’angolo più lontano dove potesse tenere d’occhio quello strano fenomeno e mangiare avidamente silenziosa lo spuntino pomeridiano.
Astrid si trovò a pensare che era estremamente divertente provocarle quelle alterazioni, come se andasse sempre in panico.
Non era cattiveria, ma le risate se le faceva!
Si limitava comunque a comportarsi come si comportava anche con gli altri della famiglia e il punto era proprio questo!

Era da poco tempo che Nike era arrivata in quella nuova famiglia. Aveva inquadrato perfettamente tutti e si stava lentamente con molta fatica ambientando a quel posto chiamato Italia.
Agli inizi le erano arrivati sotto forma di sogni.
Ricordi della sua vita prima di essere adottata. Prima di aver perso la memoria.
Li sognava la notte e silenziosamente non mostrava segni di sofferenza, anche se li vedeva come chiari incubi.
Un incendio e un esplosione, la sensazione concreta di volare e un bruciore diffondersi sulla pelle.
Come scene di un film d’azione o di suspance.
Poi da sveglia le erano arrivate come violente fitte di mal di testa, quando cercava di ricordare i sogni che faceva.
Aveva capito che probabilmente si trattava del suo passato e desiderosa di saperne di più, si spremeva sempre molto.
Finiva con una fitta mostruosa e una sensazione disgustosa di dover evitare.
Evitare di sapere.
Sapere cosa?
Il significato delle fiamme nei suoi sogni.
Sul corpo riportava ancora delle ustioni di grado elevato e ferite cicatrizzate, sintomi di qualcosa di forte subito.
Al mal di testa si erano aggiunti nuovi flash.
Volti di bambini.
Una bambina bionda, sua amica forse.
Lene.
O era Marlene?
Tanti volti, dunque, e tutti la tormentavano, si chiedeva come potesse averli tutti in testa.
Quel periodo per lei fu molto brutto.
Aveva fatto fatica ad ambientarsi quel poco in quel nuovo mondo, a lei sconosciuto. Tornare alla vita senza ricordi non era uno scherzo.
Affidandosi al suo incredibile istinto era riuscita a trovare un piccolo punto di equilibrio che si basava principalmente sull’amico Luca.
Non l’avrebbe mai ammesso a sé stessa, troppo orgogliosa, ma il piccolo biondo era essenziale per lei.
Dopo tutta quella fatica erano arrivati quegli incubi e quei ricordi a turbare la sua già labile serenità.
Paradossalmente, solo molto tempo dopo l’avrebbe capito, era stato possibile proprio perché aveva accettato la sua vita e si era un po’ stabilizzata, con la calma mentale si era aperta una finestra, come se la chiave fosse stata in lei. Come se  la sua memoria avesse aspettato una specie di permesso che era finalmente arrivato.
Impossibilitata a far qualcosa, Nike si trovò sempre più di cattivo umore, un tormento crescente, e un aspetto malaticcio.
Quella malinconia continua nello sguardo, domande su domande e di nuovo quella paura di sapere … quella paura di vivere.
Fu per non vederla rinchiudersi in sé stessa definitivamente, che la madre glielo chiese con gentilezza, facendo solo quello che delle madri potevano fare.
Lasciò che Astrid uscisse e che Selene fosse in camera a studiare, chiamò accanto a sé Luca e si assicurò che Elisa fosse nei paraggi.
Semplicemente, poi, si limitò a chiederglielo.
Cosa le prendesse in quel periodo.
Forse era stata quella luce tenue e dolce, materna, a spingerla a non spaventarsi come normalmente accadeva quando qualcuno le parlava, o forse la presenza sicura e pacata di Luca.
Si sedette vicino a lui senza rendersene conto e stringendoglisi impercettibilmente, lo fissò come a chiedere un permesso a lui di parlare, come se cercasse un coraggio che a lei ancora mancava ma che lui aveva, che lui poteva trasmetterle. Quella piccola sicurezza di non perdersi.
E con cautela e incertezza spiegò cosa le accadeva
Non pianse e non mostrò panico se non tutta la fragilità che possedeva, disse ogni cosa e come una specie di sfogo, arrivò fino in fondo grazie anche a quel contatto lieve, inaspettato, bisognoso.
La mano di Luca si era posata leggera e imbarazzata su quella di Nike, dispiaciuto per vederla così, assicurandole che andava tutto bene, con una sensibilità fuori dal comune.
Un contatto semplice e dolce, infantile quasi, che solo in due ragazzini poteva funzionare.

Non ci volle molto alle sorelle per recuperare il resto delle informazioni sul suo passato.
Scoprirono facilmente che aveva vissuto in un orfanotrofio e con fortuna avevano anche trovato il nome e il luogo di sorgenza dell’edificio.
Elisa, Astrid e Luca avevano accompagnato Nike in quell’orfanotrofio per chiedere spiegazioni, per saperne di più.
Quando giunsero sul posto, fu quindi inaspettato trovare al posto della costruzione che avrebbe dovuto sorgere, un campo vasto, una serie infinita di croci piantante nel terreno, una accanto all’altra, in fila.
Su ognuna un nome, un data di nascita con una data di morte.
Erano tombe di bambini e ragazzini morti.
Non fu soltanto inaspettato, fu sicuramente sconvolgente per Nike, trovarsi davanti una croce di pietra con una piccola foto sua, le incisioni del suo nome, cognome e le sue date di nascita e morte.
Nike Polaski
Nata il 25 Dicembre 1993
Morta il 17 Giugno 2005

Un cartello inciso nella pietra, ad inizio del campo, diceva:
‘Ricordiamo con amore e tristezza le vittime dell’incendio all’orfanotrofio XXXXX il 17 Giugno 2005’

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Capitolo 5
*** Il mio posto ***


CAPITOLO 4:
IL MIO POSTO


Gli occhi erano spalancati, le pupille rimpicciolite dalla sorpresa e le iridi ancor più dorate di sempre. Il sole le batteva in faccia eppure sembrava non infastidirla, sembrava nemmeno vederlo. Le labbra dimenticate aperte.
Una folata di vento le portò i capelli mossi, di tutte le tonalità dell’arancione e del rosso, sul volto che rimase come prima.
Colpita.
Non come lo si potrebbe essere superficialmente di qualcosa che non prevedevi, che non avevi mai pensato, che ad un certo punto della tua vita ti si piazza davanti e devi per forza far caso a lei, non puoi ignorarla.
Quel tipo di ‘colpo’ lo provi momentaneamente, ma diventa subito qualcos’altro, sorpresa, triste, felice…
Il ‘colpo’ che aveva preso Nike, in quel momento, era ben diverso.
Era profondo. Non sarebbe passato, non si sarebbe trasformato.
È il tipo di colpo che arriva allo stomaco, mozza il fiato, i battiti cessano, ti senti male fisicamente, non capisci più dove sei, lo spazio intorno a te sparisce e il tempo perde d’importanza.
Il colpo che si abbatte su di te, impedisce qualsiasi pensiero successivo, lascia imbambolati e senti un pugnale che si contorce.
Brividi la percorsero da capo a piedi rizzandole i peli sul corpo.
Come se il vento che scomponeva i lunghi capelli, fosse il soffio della morte.
Lei doveva essere morta.
Per tutti lo era.
La sua esistenza non aveva senso, per nessuno ormai aveva importanza, per nessuno l’aveva mai avuta.
Era stata in un orfanotrofio, il cognome l’aveva, però i genitori l’avevano abbandonata o magari erano morti.
Inesistente.
Si sentiva come se la sua nascita non avesse mai avuto motivo, se lei non ci fosse.
Ancor prima di scoprire che vita potesse avere, scopriva che era morta.
Cioè, che per tutti lo era.
Sparita. Il mondo non era più suo affare. Non aveva un posto dove stare se non, stando a quanto scoperto, sotto terra.
- C’è un errore… Si sarà trattato di omonimia, Astrid, hai sbagliato! -
Luca fu il primo a reagire sensatamente, come un ragazzo della sua età.
Incurante del vento sempre più forte che scombinava anche i suoi biondi capelli ricadenti così sugli occhi, il giovane lasciò sola Nike davanti a quella che doveva essere la sua tomba, per andare davanti alla seconda sorella e trattenersi dallo sconvolgersi più dell’interessata.
- Le palle di mia nonna! Non dire stronzate! Ha fatto le ricerche anche Elisa e non ci sono errori! Nike Polaski è lei! Era esattamente in questo orfanotrofio e all’anagrafe di questo posto ha quella data di nascita! E poi, rimbambito, non vedi che c’è anche la sua foto? Io non sbaglio! -
Alzò la voce la ragazza, arrabbiata per sentirsi dire quelle cose. Senza tener conto che, magari, era stata indelicata. Del resto indorare la pillola non serviva a nulla.
Luca cacciò il broncio arrabbiato per non riuscire ad essere d’aiuto all’amica, guardò Elisa implorante come a dire che facesse qualcosa.
Così, la castana, fece qualche passo avanti e disse dolcemente rivolta a Nike:
- Non devi preoccuparti… è solo un equivoco, probabilmente quella sera non ti hanno trovata e ti hanno messo nella lista dei deceduti. È semplice, basta andare da chi di dovere per sistemare le cose. -
Effettivamente era più semplice di quanto si pensasse, ma di fatto trovare la propria tomba con tanto di foto non era cosa di tutti i giorni, specie per una con una storia come quella della piccola selvatica ragazzina.
Non distolse ancora lo sguardo dalla croce.
- Si, infatti! La fate troppo tragica! C’è poco da fare, se qua c’è stato un incendio, vedi che è facile che tu sia finita, in qualche modo, lontano dagli altri a perdere la memoria. Se poi le ricerche non sono state fatte bene, non è colpa nostra! Non è un dramma, andiamo dalla polizia e denunciamo la cosa. Insomma, non può mica rimanere morta per lo stato! -
Logica inoppugnabile, peccato per il tono sbrigativo e poco carino. Nike si scosse e guardò le due ragazze, poi posò lo sguardo su Luca e improvvisamente capì che non c’era nulla di cui preoccuparsi.
Come se non solo le parole, ma anche lo sguardo sereno e finalmente disteso di Luca la calmasse, la riportasse alla realtà, l’aiutasse concretamente.
- Si… -
Disse incolore.
Il vento cessò e i capelli si tornarono a posare sulla schiena e un po’ sul viso.
Quando si girò per guardare i suoi compagni di viaggio e avventura, con un aria tirata che si sforzava di convincersi di quanto fosse stupida a rimaner male per una simile sottigliezza, vide qualcosa che attirò la sua attenzione.
Qualche metro dietro di loro, che li fissava stordita, c’era una ragazza poco più piccola di lei, accompagnata da un adulto.
Era bassa e mingherlina, lineamenti delicati e molto infantili, boccoli biondi le incorniciavano il viso un po’ scomposti per il vento appena passato.
Stringeva fra le mani una rosa bianca.
Aveva un espressione facciale pressoché sconvolta.
In quel momento un telefono squillò spaventando un po’ tutti per il silenzio che era calato.
Astrid rispose al cellulare e mentre accadeva, qualcosa si accese in Nike.
Conosceva quella ragazza.
Ne era certa.
La voce di Astrid parlò seccata come suo solito e disse:
- Lene, che vuoi?-
Lene era Selene, la loro sorella rimasta a casa, con mille borbottii e contrarietà.
Lene.
Lene.
Quel volto.
Non quello della sorellastra a casa.
Lene le aveva sempre richiamato un mal di testa eccessivo, un volto diverso da quello di Selene.
Un ricordo lontano, la sua voce che diceva ‘Lene‘ affettuosamente, come se si rivolgesse ad una specie di sorellina minore.
Fece qualche passo in avanti e finalmente anche gli altri notarono le altre due persone.
Chiesero qualcosa, salutarono, forse. Nike non avrebbe saputo dirlo.
Il volto di quella figura fine e magra che le stava davanti ora, Lene nelle orecchie, in continuo.
E un rimbombo lontano, una risonanza, un ‘è vero, è così, è lei, la conosco. È Lene…’ che si faceva strada.
Lei chi?
Confusione, caos, la testa si sforzava, ma non rispondeva alle sue domande ed un dolore acuto le assordò i timpani, si premette le mani alle tempie e con una smorfia di dolore attese che passasse… e fu quando la piccola disse con voce sottile e stupita:
- Oh mio Dio… Nike… -
Nella sua lingua, in tedesco, che il botto violento che sentiva in sé, sparì.
Lasciandole i ricordi tanto agognati.
- Lene… Marlene… sei tu… -
Sospesa fra il sogno e la realtà, mossero entrambi dei passi incerti, quando furono di fronte fu Nike ad alzare la mano per prima e posarla sulla guancia della bionda.
La toccò e fu certa di sapere chi fosse e di avere un posto di appartenenza, ricordò ogni cosa, la sua lingua madre, gli episodi passati in orfanotrofio con l’amica, i suoi malumori continui, il bene che aveva voluto a quella piccola personcina che aveva protetto fino all’ultimo, l’unica che mai fosse stata veramente sua amica.
Fu grazie al rapporto che c’era stato fra loro due, solido, forte, indissolubile, grazie alla rivelazione che quel sentimento perenne che lega, esiste, non è una banalità, e che si chiama amicizia, che fu permesso libero accesso alla sua memoria.
Poteva un amicizia arrivare e ridonare i ricordi perduti? A ricucire lo strappo che lo shock le aveva fatto subire?
Quanto forte poteva essere un rapporto umano?
Così tanto?
Si.
Lacrime scorsero lungo le guance di Nike, lacrime candide, di liberazione, come se l’oppressione che le schiacciava il petto da sempre fosse fumata, evaporata.
Come se fosse finalmente libera.
Si piegò sulle ginocchia, piangendo, vergognandosi di quello, ma stando infinitamente meglio.
Marlene rimase di sasso anche lei, per tutto, per la reazione di Nike, per averla ritrovata, per aver scoperto che non era morta… che poteva riaverla, ringraziarla della vita salvata, aiutarla concretamente, restituire il bene che le aveva dimostrato, essere sua sorella veramente, almeno per un pezzo di carta scritto da qualche parte.
L’abbracciò forte con un esplosione di emozioni troppo violente per una delicata come lei, e pianse accompagnando le lacrime dell’amica ritrovata.
Non mille domande di rito, normali. Non cercare di riprendersi, comporsi, capire, sapere i perché, i come, i se, i ma, i dove… nulla… solo una frase dettata dal profondo affetto e desiderio che aveva provato dalla notizia della morte dell’amica.
- Nike… rimani con me, ti accoglieranno, sarai finalmente mia sorella, ti prego… come sognavamo; essere adottate dalla stessa famiglia. Per me lo faranno, non hanno problemi… sono speciali, vedrai. Rimani con me… -
Non per egoismo, non perché non ci arrivava da sola, ma perché, semplicemente, le voleva così bene che non voleva perderla di nuovo.
Elisa, Astrid ma soprattutto Luca fecero molta attenzione a quanto sarebbe successo dopo, stupite e contente (compreso Luca), per quanto stavano vedendo, si trovarono subito a storcere il naso e ad incupirsi a quelle richieste.
Ma se il volere di Nike sarebbe stato quello, non avrebbero obiettato.
Nike si fermò di colpo e si staccò, la guardò profondamente negli occhi con ancora molto stupore per tutto, soprattutto per quell’ultima frase.
Non riusciva a riflettere, era stato un momento troppo intenso per lei. Non era sicura, non sapeva, non capiva; fragile come mai lo era stata si chiese cosa dovesse fare e rimanendo a terra guardò di scatto le due sorelle, senza osare guardare Luca.
Fu Astrid a parlare per prima, risparmiandolo ad Elisa, che sapeva quanto teneva a quella piccola bambina.
Fu dura, come solo riusciva ad essere quando qualcosa le premeva veramente.
- Se lo desideri… -
- Come? -
Mormorò insicura Nike.
Luca la guardò sperando che non lo facesse, che non lo dicesse… Elisa chiuse gli occhi preparandosi:
- SE LO DESIDERI! -
Urlò arrabbiata. Nei suoi piani doveva controllarsi e non far capire la sua contrarietà, per legarla a sé il meno possibile, per lasciarla più libera, però sapeva che sarebbe finita così.
Elisa si inginocchiò davanti alle due e parlò come lei sapeva fare, dolce e paziente, con un dispiacere nello sguardo:
- Tesoro, non devi sentirti in obbligo, tu devi fare le scelte che vuoi, hai sofferto tanto ed è giusto che vai nel posto che senti tuo… -
Luca non seppe dire o fare nulla, lo shock per la possibilità di perdere una persona come Nike, nuova sorella, nuova amica, lo lasciò inebetito, indietreggiò e non riuscì nemmeno lui a nascondere ciò che aveva dentro.
Troppo limpido come il suo azzurro sguardo cristallino.
Una preghiera continua… ’non andartene, non andartene, non andartene…’
L’occhiata successiva su cui si posò Nike, fu proprio per lui.
Non importava nulla, se lui le avesse chiesto di rimanere sarebbe rimasta.
Fu una verità appresa in un secondo, un lampo.
Era questo che voleva.
Non far star male lui che l’aveva aiutata più degli altri, vero era però che tutti avevano fatto molto per lei.
Che dopo la fatica di essersi esposta, ambientata ed aver accettato quella strana ma affettuosa famiglia, aveva anche imparato a viverci.
Cosa significava?
Starci anche bene, al suo interno.
Sentirsi a posto… a posto.
Era questo il punto, si sentiva parte di un famiglia, ormai Udine era la sua casa, se sarebbe tornata da qualche parte, sarebbe stato quel posto, da quei genitori, da quelle sorellastre e da quel fratellastro, amico, compagno.
Quel punto di riferimento fermo e sicuro che ora indietreggiava impaurito da qualcosa, da lei, dalla sua risposta.
Ecco cosa voleva lui.
Che lei rimanesse nella sua famiglia, con lui.
Lo sentiva, ne era certa, ormai lo conosceva.
Così le lacrime furono asciugate dal suo dorso, si alzò in piedi alzando anche Marlene, le tenne le mani stringendole forte e parlò sicura, non più sconvolta, con una grande forza interiore, una volontà di ferro, un’anima incrollabile.
- Lene, ti ringrazio per quello che mi hai detto, vorrei accettare, è il desiderio più grande che ho avuto da sempre. Lo sai il bene che ti voglio, specie ora, dopo tutto quanto… ma non è giusto, sai? Nei confronti di chi mi ha aiutato ora, mi hanno tolto dalla strada, hanno impedito che morissi di fame e malattie, mi hanno dato la salute, la vita, una memoria, un affetto… qualcosa da tenere per me e me solo, di cui andarne fiera, mi hanno dato una famiglia, qualcosa a cui tutti agogniamo. Il mio posto è con loro. -
Le lasciò un attimo per incassare il colpo, poi si sollevò sentendo la sua risposta.
Un abbraccio spontaneo e stretto.
- Non importa, va bene lo stesso, sono contenta per te… possiamo vederci lo stesso. -
E lei ricambiò l’abbraccio.
Sorrise leggera.
Stava bene.
Aveva trovato il suo posto.

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Capitolo 6
*** ragazzo selvaggio, ragazza selvaggia ***


CAPITOLO 5:
RAGAZZO SELVAGGIO, RAGAZZA SELVAGGIA


Quella mattina il sole era alto e caldo, l’estate stava arrivando e come ogni volta risvegliava i bollenti spiriti dei ragazzi mentre metteva in allerta quelli delle ragazze.
La finestra della camera di Nike si spalancò facendo entrare la luce delle 7.15 del mattino. Un po’ di brezza leggera le scompose i capelli ai lati del volto rinfrescandole la pelle liscia e chiara, respirò a pieni polmoni e poi grugnì fra sé e sé:
- Una nuova schifosa giornata è iniziata, che palle! -
Lei non aveva una cattiva vita, anzi, stava fin troppo bene in famiglia, anche se a volte pregava che Astrid non tornasse d’improvviso a trovarli o che Selene avesse altre partite di basket da giocare; il suo problema principale che la faceva considerare ‘schifosa’, la giornata, era puramente di ‘fuori casa’. Esattamente il mettere piede fuori dal suo sicuro alloggio l’angosciava ancora. Del resto rimaneva sempre un tipo selvatico i cui primi anni della vita erano stati vissuti per strada o giù di lì, aveva imparato la sopravvivenza e a dare confidenza a poche persone. Lei era istinto ma il suo istinto diceva di stare lontana da chiunque non fosse il clone fisico e caratteriale di Luca e di Elisa. Socialmente parlando era un vero e proprio gatto randagio.
Tornata dal bagno rinfrescata, scelse alcuni vestiti con non troppa attenzione. Voleva evitare di essere notata e appunto per questo indossava sempre vestiti poco femminili e non alla moda, anche se forse ai tempi in cui era si veniva notati di meno seguendo la moda che altro. Si spogliò dell’enorme maglia che fungeva da camicia da notte e la sensazione dei lunghissimi capelli sulla schiena nuda le piacque come al solito, li fece dondolare un po’ mentre lasciava al vento le sue grazie non troppo prosperose. Le onde di quella cascata del tramonto continuavano come da piccola a possedere riflessi fra i più svariati, non solo arancio, come era il suo colore totale di capelli, ma anche castano scuro e rosso fuoco, come il pelo di un gatto maculato. Le arrivavano oltre il fondoschiena e ne andava fiera, anche se ci aveva messo un po’ ad ammetterlo. Di per sé non era stato faticoso farli crescere, li aveva solo lasciati sulla testa e pettinati poche volte, anche perché esercitando la spazzola in quelle lunghezze mosse, le sarebbero divenuti crespi.
Indossò reggiseno e imprecò come ogni volta per quei terribili gancetti chiedendosi come mai non fosse nata maschio, poi fu la volta del resto, più semplice: jeans dai quali non si separava mai, piuttosto consumati, e maglietta di due taglie più grandi, nera con un ragazzo in skate board  sulla schiena.
Uscì dal buco che aveva per camera trascinandosi svogliata lo zaino mezzo vuoto, forse aveva dimenticato qualche libro o i compiti, ma non se ne curò, ormai i professori la conoscevano ed era un caso patologico.
Nel corridoio del piano superiore, passando davanti alla camera di Luca, la sua porta si aprì e lei d’istinto scattò allerta mollando lo zaino a terra, alzò le braccia davanti a sé in una mossa di karate (per tranquillizzarla l’avevano mandata ad un corso di karate) e aveva spalancato gli occhi in una pura espressione di spavento.
Quando vide che si trattava di Luca si calmò:
- Ehi, sono io … non hai ancora imparato che questa è la mia camera e che vengo a scuola con te? -
Disse ironico e divertito il biondo guardandola distratto, si richiuse la porta dietro di sé celando il caos che regnava dentro la sua camera e la precedette prendendole lo zaino, lo soppesò con un simpatico ghignetto sulle labbra ben disegnate e mormorò:
- Anche oggi in previsione qualche nota di demerito … -
Nike non vi fece caso e prese l’oggetto ributtandolo sulla spalla, il respiro le era tornato normale e sospirò felice che si trattasse del suo migliore amico.
Lo guardò mentre scendeva le scale, aveva un’ampia schiena ed era molto muscoloso, lo si vedeva dalle braccia scoperte, indossava una maglia senza maniche, rosso acceso, il rosso gli donava a lui, aveva anche un cappuccio, la maglia, e gli scivolava larga addosso, i pantaloni cadenti non lasciavano tutto da immaginare poiché non mostravano le gambe atletiche che possedeva e nemmeno il fondoschiena da urlo che perfino lei doveva ammettere essere bello.
Luca era uno sportivo, un giocatore di basket, ed in quando tale aveva decisamente un bel fisico, tutti gli altri diciottenni, a meno che non facessero sport, erano magri come stecchi e possedevano braccia smunte, per non parlare del didietro piatto ed inesistente.
Lei non guardava queste cose nei ragazzi, anzi, non li guardava affatto, ma sentiva le sue compagne fare certe osservazioni e adorare il bel Luca dall’aria d’angelo, protetto e idolatrato da tutte
Lui dava alle persone del sesso femminile un forte istinto d’amore dolce e tenero, il bello era che non ne era affatto cosciente.
Guardò poi la sua nuca, i capelli biondo chiaro gli arrivavano fino alle spalle ma erano spettinati anche se in realtà per essere lisci e fini sarebbero dovuto essere meno terribili. A Nike piacevano i suoi capelli, di norma piuttosto in ordine ma che non curava più di tanto, gli stavano bene di natura e non doveva domarli nè con gel nè con spazzola, gli incorniciavano il volto regolare e angelico in modo molto artistico e naturale. Li invidiava, i suoi se fossero stati così corti sarebbero stati da suicidio.
Giunsero alla fine della rampa e lei non rispose a nessuna delle domande che lui le aveva posto, ormai ci era abituato.
Quando furono in soggiorno lei rimase un attimo ferma sempre sul chi vive, sicura di trovare qualche nuovo mostro da affrontare, nonostante ormai abitasse in quella casa da anni, non era mai semplice andare da una stanza all’altra.
Si vergognava ma non riusciva a controllare quel suo lato impaurito ed intimorito da qualunque cosa animata, persino la sua ombra le procurava spesso fastidi.
Mollò come Luca lo zaino all’ingresso e si accorse che il biondo si era appollaiato al tavolo della sala da pranzo.
Percorse svelta la stanza in cui era passando l’arco che divideva i due ambienti, così si sedette accanto a Luca facendo un sospiro di sollievo, era arrivata ad un posto circa sicuro. La madre li salutò semi allegra e semi addormentata e senza mai perdere l’abitudine, mise loro davanti un’abbondante tazza di latte e cereali, la colazione preferita di entrambi, vi si avventarono felici e contenti; Nike mangiò vorace e piena di fame, una fame che non esauriva mai, aveva patito la fame da piccola e non sarebbe mai più successo.
- Mamma, allora stasera vengono Astrid, Elisa e rispettive famiglie? È confermato? No, sennò me ne vado con Niky, Seba e Lore … -
Chiese Luca di punto in bianco, a Nike le andò di storto il boccone e tossì, poi rossa in viso guardò assassina Luca, questi la notò e disse divertito:
- Dovevo avvertirti che stavo per parlare oppure sei disperata perché torna quel mostro di Astrid? -
Non aveva mai superato bene nemmeno questo scoglio: era troppo cattiva, ai suoi occhi, la seconda sorellastra maggiore, in realtà aveva solo un carattere difficile ed irruente, nulla di così devastante ma a Nike bastava.
Lei scosse energica il capo mentre dalla cucina spuntava la testa riccia e ridente della madre per vedere la reazione:
- Tutte e due! -
Borbottò lasciando ridere gli altri due.
- Si, comunque vengono tutte e due, la famiglia è riunita al gran completo, Elisa e Filippo hanno un annuncio da fare … tu, Selene e Nike dovete esserci, mi raccomando! -
Sentenziò infine la madre tornando a sparire. Luca non si lamentò solo perché adorava le sue due sorelle e da quando se ne erano andate sposate, aveva sentito un grande vuoto. Elisa si era sposata all’età di 27 anni, un anno dopo l’arrivo di Nike, ma meditava le nozze già da qualche anno. Astrid invece a 26, due anni dopo l‘arrivo della ragazza. Da parte del ragazzo era stato un dispiacere lasciare quella che tanto lo coccolava, Elisa, ed invece un dilemma lasciare Astrid: con chi avrebbe fatto lotta libera? O meglio, Selene gli sarebbe bastata? Sicuramente con Nike non avrebbe potuto.
Per la ragazza fu come perdere un gran punto di riferimento su Elisa invece riguardo Astrid fu ovviamente un sollievo, in cuor suo aveva ringraziato a fondo quel sorprendente ragazzo che se l’era sposata, prima o poi avrebbe fatto un monumento a Marco, suo marito attuale.
Quella sera, poi, avrebbe fatto un grande sforzo riavendo lì non solo uno dei suoi incubi, ma anche i suoi figli. Si, perché la despota aveva avuto il coraggio di sfornare subito due gemelli e col carattere dei genitori erano uno spettacolo!
Fece la prima preghiera della giornata chiedendo che Michael e Daniele avessero un febbrone che li costringesse a letto per tutto il tempo, se odiava qualcosa erano proprio i bambini, non era tagliata per loro, si detestavano a vicenda e sentirsi chiamare ‘zia Nike’ le faceva accapponare la pelle!
Un peperino anche Miriam, la figlia di Elisa, decisamente l’opposto della castana, anche se le avevano svelato che questa da piccola era tutt’altro che dolce e materna, al contrario era stata una peste terribile
In fondo  Miriam si limitava ad essere la sua copia!
Pregò quindi affinché la stessa Miriam fosse stata colpita da un fulmine … si perché a lei le malattie e le febbri non funzionavano, prima di metterla KO ci voleva molto di più e forse, ipotizzò Nike, i fulmini erano l’unica cosa! O suo padre arrabbiato!
Così terminò la colazione, che le era andata di storto e non si era goduta a fondo  e si infilò in bagno dove beccò il secondo o terzo spavento della giornata: c’era Selene!
Fece un salto all’indietro e trattenne di nuovo il fiato, la solita posa da karate e un’espressione terrorizzata, questa volta non la tolse poiché era ‘solo’ Selene … no, la peggiorò poiché era ‘addirittura’ Selene!
Il panico la invase … e se si fosse accorta di lei? Se le avesse parlato? Se l’avesse guardata, considerata, calcolata, ecc?
Si sentì quasi morire e di colpo le sembrò, come accadeva ogni santa mattina,  di essere tornata a 12 anni, quando appena arrivata in quella casa, si sentiva un vermiciattolo strisciante con la possibilità di essere sempre calpestata da qualche gigante!
Si ripeté mentalmente che aveva 18 anni e doveva smetterla di fare così, eppure era più forte di lei, un’abitudine o un suo lato caratteriale troppo radicato in lei.
Selene la notò e si mise a ridacchiare sadica, avrebbe voluto giocare con lei, ovvero stuzzicarla un po’ ma stava per arrivare anche Luca e se l’avesse vista tormentare Nike, sarebbe nato uno dei soliti litigi e di mattina perfino il maschiaccio di turno dal bell’aspetto non ne aveva voglia!
Il maschiaccio dal bell’aspetto in questione posò la spazzola e lasciò i suoi lunghi capelli biondo scuro, sciolti sulle spalle, erano molto scalati e sfilacciati, un taglio che le donava, infine passandole accanto le diede un pizzicotto amichevole al fianco e uscì dal bagno. Nike si rilassò solo dopo due minuti abbondanti sperando che non lo facesse più, sapendo invece che il giorno dopo l’avrebbe rifatto.
Si piazzò davanti allo specchio dopo aver lavato i denti si riassettò i capelli ingrovigliati, poi mentre rifletteva se seguire il consiglio delle sue compagne che le dicevano di truccarsi un po’ e di usare qualche crema, non notò, straordinariamente, l’entrata di Luca; ormai non lo riteneva una minaccia, solo appena sveglia non riconosceva bene le onde di pace emanate dal suo corpo, giunti a quel momento della mattina invece si.
Si era solamente distratta un attimo osservando sé stessa ed il suo volto maturo ma sempre dai lineamenti selvatici e dai grandi occhi da gatta che dal dorato scemavano fino al verde chiaro, quando aveva sentito nella stanza un: ssssssssssssssssss molto lungo.
Qui lei sgranò maggiormente gli occhi e si voltò veloce come faceva sempre, vide come temeva Luca girato di schiena che urinava tranquillo e beato. Arrossì e con uno spintone urlò:
- LUCA! MA DIAVOLACCIO! OGNI MATTINA LA STESSA STORIA! PISCIA SU DI SOPRA DA SOLO, CI SONO IO QUA! -
Nike era così strana, per Luca era naturale, erano fratello e sorella, a dire il vero non di sangue ma poco importava e con sua sorella lui faceva così, tanto glielo ripeteva ogni volta e lui ogni volta non se ne curava ed entrava a fare i suoi bisogni senza farsi problema alcuno!
Quando si voltò perché aveva finito la trovò appiattita contro lo specchio ancora sconvolta e si domandò come facesse ad essere così contraddittoria.
Loro malgrado andarono oltre mettendosi ad inscenare subito una specie di balletto per la supremazia dello specchio, alla fine aveva vinto lui grazie alla fuga di lei!
Luca si sistemò i capelli, lui da piccolo non se li pettinava mai però tenendoli lunghi fino alle spalle qualcosa doveva fare per non renderli così tremendi, diede un veloce colpo di spazzola e subito gli tornarono come sempre, lisci intorno al viso, si lavò i denti e si mise un po’ di profumo, la mania gliel’aveva data una delle sue sorelle maggiori; infine constatò che come al solito poteva andare: occhi azzurri vispi e non troppo aggressivi (non lo era nemmeno nella punta dei capelli), lineamenti amichevoli nonché dolci e angelici e in tutto questo nemmeno l’ombra di un po’di consapevolezza e superbia.
Sperava che quel giorno le ragazze non l’avrebbero asfissiato di corti serrate e di biglietti vari.
Nicola, Sebastiano e Lorenzo, quelli del suo gruppo, gli amici del cuore inseparabili, erano ormai di casa e conoscevano Nike anche perché come lui l’avevano in classe a scuola, sostenevano che era una bella ragazza ma poco socievole e lui era in linea di massima d’accordo, solo che a lui andava bene così; se fosse riuscita ad andare d’accordo con qualcuno che non fosse stato lui o al massimo Elisa, si sarebbe sentito invaso nella sua vita, il suo rapporto con lei intaccato e rovinato, anche se capiva che prima o poi il fidanzato l’avrebbe avuto anche lei e avrebbe preso la sua strada.
Ogni tanto si impanicava e rabbuiava pensando che prima o poi si sarebbero separati, ma accantonava questi pensieri lugubri.


La scuola quel giorno era finita, tutti i ragazzi uscivano dall’edificio scolastico avviandosi verso diverse destinazioni, Nike annoiata e seccata aspettava Luca, fuori dal cancello (lui era stato trattenuto in classe mentre lei no), seduta al muretto, mentre elencava tutte le tragedie di quella metà giornata.
- Perché cavolo non arriva quell’idiota? -
Disse a denti stretti e in quello sentì immediata una presenza alle sue spalle diversa da quella di Luca, ne era certa, non le servì guardare, non se ne assicurò, lo sentiva chiaramente, il suo istinto non si sbagliava mai, Luca aveva un aura rassicurante e dolce mentre quella di questo era minacciosa, diversa … selvaggia … più simile alla sua.
Corrugò fronte e sopracciglia e veloce come un fulmine agì voltandosi, con un unico movimento fluido compì un’impeccabile e dolorosa mossa di karate, sicura della pericolosità di questo arrivato. Esso incassò il calcio girato e finì a terra sorpreso e dolorante, non credeva a quanto era appena accaduto.
Nike non disse nulla, lo guardò minacciosa, i capelli scomposti metà sul volto iroso, già l’odiava solo perché aveva osato arrivarle da dietro.
Osservò. Si trattava di un ragazzo di pochi anni più grande di lei, a vederlo aveva un bel fisico, indossava una canottiera aderente, le gambe evidenziate dai jeans strappati, impolverato a terra si massaggiava la mascella e stupito la fissava senza capire perché avesse reagito così. Capelli neri spettinati e corti un po’ sugli occhi grigi, lineamenti da zingaro, affascinanti …  intriganti … e per la prima volta si rese conto di avere davanti un tipo attraente, anche se minaccioso. O meglio sapeva che anche Luca lo era ma lui era più suo fratello che altro.
Questo era diverso, l’opposto; aveva l’aura di un diavolo e non di un angelo. Questo tipo era diverso perché lo sentiva chiaramente.
Era come lei.
Selvatico.
Con un lampo strano ed enigmatico nel volto si alzò veloce riprendendosi da quanto successo e le si avvicinò, lei si mise nuovamente in posizione di difesa e finalmente parlò astiosa:
- Che diavolo vuoi da me? -
Lui le rispose con malizia:
- Io? Cosa vuoi tu! Sei stata tu ad aggredirmi, non ti avevo neppure parlato … -
Lei non ebbe il minimo dubbio di essere nel giusto:
- Sei minaccioso e pericoloso, ho prevenuto! -
Questa risposta colpì ancor di più l’interlocutore che dopo un primo momento riprese un aria del tutto sicura di sé e con un’espressione indecifrabile le prese i polsi quando stava di nuovo per reagire, con forza non le permise di muoversi e la fissò coi suoi occhi magnetici e quasi seducenti. Sapeva di essere bello e sfruttava questo fatto.
Detestabile.
- Siamo dello stesso mondo, piccola … ed io ho appena deciso una cosa … -
In questi casi non si dovrebbe mai chiedere: ‘che cosa?’ ma Nike l’inesperta attaccabrighe, pensò di essere solo presa in giro e per evitarlo lo chiese agitandosi come una matta, non voleva farsi guardare e toccare a quel modo, ma lui l’avvicinò ancor di più e con voce bassa riuscì a tenerla più ferma e a dirglielo:
- Che ti voglio! -
Lei non ci vide più, il fuoco e il terrore nello sguardo, aveva ragione ad aver paura del mondo, sentirsi dire che erano dello stesso mondo la turbò ma al momento dava a vedere solo l’odio che emanava verso quell’insopportabile dongiovanni che si credeva chissà chi.
Quando lui era sicuro di averla catturata, scoprì a sue spese che Nike era indomabile ed era pane per i suoi denti, tanto che si sentì assestare una ginocchiata nei bassi fondi che lo fece accasciare a terra ancora dolorante.
Quando si alzò lei non c’era più.
- Meravigliosa … devo averla … -
Lui aveva sostenuto di essere come lei e l’idea stessa che le aveva dato era effettivamente quella, di un tipo incontrollabile almeno quanto lei, selvaggio e forte.
Chissà come si sarebbero sviluppate le cose.

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Capitolo 7
*** Passione ***


CAPITOLO 6:
PASSIONE


Camminava sola e guardinga per le vie del quartiere che di sicuro avevano ben poco, non poteva dire di sentirsi sicura ma nemmeno completamente a disagio, in fondo quelle erano lo stesso tipo di strade in cui era stata prima di finire in quella famiglia per bene. Sapeva come muoversi per amalgamarsi a quello stile, anche perché il modo di vestire non lasciava vedere una bella ragazza, ma solo una simil teppista di cui non era molto conveniente averci a che fare!
Se era da quelle parti c’era in realtà un motivo preciso: cercava una persona e non uno qualunque, proprio la causa del suo precedente mezzo litigio con Luca. Il ricordo di quei momenti era ancora vivo, avevano litigato per causa di quel ragazzo selvaggio che da quell’incontro davanti a scuola, la tormentava fino a seguirla, spuntava in ogni momento senza lasciarla in pace un minuto. Quel che dava maggiormente fastidio non era tanto il fatto che fosse sempre nei paraggi, quanto che ogni volta la provocasse finendo facilmente per litigare.
Non c’era una volta in cui non si erano praticamente presi per i capelli. Il punto era che lei non lo cercava, era lui a venire lì. Ormai non si poteva più stare soli e tranquilli con Nike e questo aveva portato Luca a seccarsi e a diventare un po’ freddo nei suoi confronti, la ragazza aveva risposto che non dipendeva da lei, ma lui poi aveva ribattuto che se solo avrebbe voluto veramente, lui non si sarebbe più avvicinato, come accadeva per chiunque odiasse!
‘Come fai a non rendertene conto? Vi piacete a vicenda! ‘
Le aveva detto testuali parole che l’avevano portata ad infuriarsi e rispondergli semplicemente che non era assolutamente vero e che avrebbe messo fine a tutta quella situazione, visto che non aveva intenzione di rovinare il loro rapporto!
Così ora era lì col piede di guerra intenzionata a fare fuoco e fiamme pur di fargli capire di lasciarla stare. Eppure non poteva dimenticare quelle parole.
- A me non piace! -
Sentenziò ad alta voce per renderlo più definitivo!
Si era legata distrattamente i lunghi capelli mossi, erano così appariscenti sia di giorno che di notte, anche se a onor del vero con la luce del sole si vedevano chiaramente tutti i mille riflessi diversi che aveva mentre di sera sembravano solo arancio o castano chiaro. Erano molto belli e fluenti anche se lei non li curava più di tanto, aveva delle doppie punte ma non si fidava della parrucchiera e tanto meno delle forbici: in famiglia l’unica in grado di spuntarli era Astrid e non si sarebbe mai sognata di farsi toccare da lei con un arma tanto pericolosa!
I larghi pantaloni cadenti color verde militare la facevano sentire molto a suo agio e la felpa nera col cappuccio le permetteva di non provare quel piccolo freschino che di sera si sentiva, l’estate non era ancora alta ma di giorno l’afa accaldava notevolmente gli animi di tutti i giovani.
La scuola stava finendo e poteva ancora ricordare il suo primo anno in assoluto di scuola normale e pubblica compiuto appena arrivata in quella città: non era andato poi male, doveva ringraziare Luca per questo.
“Me la paga, quel tipo! Non mi piace! Punto e basta!”
Anche se una cosa doveva ammetterla, erano dello stesso ‘mondo’ selvatico e ‘di strada’. Loro e Luca erano del tutto diversi, dal tipo di bellezza alla personalità e alla purezza interiore. Lei non si sentiva mai a posto né con sé stessa né col mondo, ma riusciva a stare bene lo stesso solo accanto alla sua famiglia e a Luca. Diceva sempre, dentro di sé, che lui era la luce e lei l’ombra, per cui l’ombra agognava alla luce e si sentiva viva solo insieme ad essa, anche perché senza luce non si creavano ombre, vi era solo un ammasso di buio senza senso e identità.
Ecco cosa le donava il fratello adottivo: un’identità.
Per lei era paragonabile all’aria, all’acqua … non solo alla luce, tutti elementi essenziali per qualsiasi essere vivente.
Si spiegava tutto questo chiamandolo sentimento fraterno, accantonando il fatto che per Selene, Elisa o Astrid non provava quel tipo di cose!
Immersa nei suoi pensieri di odio verso quella certa persona, si allertò solo troppo tardi delle presenze minacciose che aveva dietro, ma il suo istinto la salvò in tempo, si voltò e posizionandosi immediatamente in quella che era un atteggiamento di karate fissò con occhi spalancati dall’ira e dal terrore insieme chi aveva davanti.
Si trattava di un gruppo come tanti di quel quartiere, per divertirsi tormentavano i ‘bocconcini’ come Nike, anche se a dire il vero guardandola non sembrava poi tanto bocconcino, in quel preciso istante! Probabilmente era l’unica ragazza nel raggio di alcuni metri, del resto altre all’infuori di lei non osavano addentrarsi nelle vie della malavita.
I posti pericolosi della città di Udine erano quelli intorno alla stazione ferroviaria, sulla via dove c’era il Mac Donald, San Domenico e Via Riccardo Di Giusto. Poi ve n’erano altri ma questi i principali.
Erano tutti alti e ben piazzati fisicamente parlando, un forte accento straniero ed un aura viscida che metteva non solo a disagio ma più che in allerta.
- Ehi gattina … quanta grinta! Ti va di bere qualcosa? Metti a riposo gli artigli! -
Questa fu la prima frase, la risposta fu solo un semplicissimo e cristallino ringhio tradotto in:
- Vaffanculo! -
Non avrebbe attaccato per prima ma appena solo un dito l’avrebbe sfiorata per prevalere su di lei, il colpo sarebbe partito.
Così fu: lo stesso che aveva parlato allungò una mano posandola sulla sua spalla unicamente per convincerla che non aveva cattive intenzioni, in fondo voleva solo far di lei il suo nuovo giocattolo, che cattive intenzioni poteva vederci in questo?
Quando lei vide e sentì quella mano agì in un lampo, la prese stringendola fino a torcergliela e in un attimo si voltò e strattonò con forza, l’attimo dopo il ragazzo era a terra steso sulla schiena e tutti li fissavano stupiti.
Una perfetta mossa di karate che nessuno avrebbe potuto eseguire meglio!
Effettivamente perfino se fosse stata accompagnata da una guardia del corpo, non avrebbe potuto cavarsela più adeguatamente!
Non calcolò il fatto che se questi si fossero arrabbiati lei si sarebbe trovata un pochino in difficoltà.
Accadde quindi anche questo, come da copione, riuscì ad atterrare facilmente altri due che le si avvicinarono uno alla volta, ma quando usarono la testa e la immobilizzarono in più di uno per volta, ricevette un colpo in pieno volto, un manrovescio in perfetto stile maschilista!
All’interno della bocca una gengiva prese a sanguinarle per l’impatto e sputando davanti a sé della saliva rossa, colpì in pieno volto uno di loro, questi non gradì l’atto e reagì poco sportivamente dandole un pugno in pieno stomaco, questo le mozzò il fiato e per un attimo la vista le si appannò, con occhi spalancati guardava un pavimento sempre più nero finché le luci della sera parvero sparire, fu solo una frazione di secondo, lei piegata su sé stessa, trattenuta per le braccia dagli aggressori che la circondavano a cupola, la bocca aperta intenta a respirare e tossire.
Non seppe dire come fu possibile, ma quando la vista le tornò e lei si riprese abbastanza da tornare a ragionare, comprese che qualcuno era venuto in suo aiuto, immediatamente il suo pensiero volò a Luca e realizzò che in tutto quello avrebbe voluto lui con lei, si sarebbe scusata per avergli detto di stare fuori dalle sue faccende ‘sociali’!
Faticò a mettere a fuoco le persone, ma notò che il suo salvatore non era biondo ma moro. Anzi, aveva nerissimi capelli che per la lotta gli si scompigliavano sul volto coprendogli anche il collo. Vedeva le sue spalle e la sua schiena larga, dava l’idea di essere forte, questa impressione l’aveva sempre su Luca.
Vide il ragazzo colpire con un pugno molto forte uno dell’altra banda e istintivamente nacque in lei un nuovo sentimento: invidia, avrebbe voluto essere come lui e anche se in realtà non era così diversa, lui dimostrava più forza, era un ragazzo e contava molto questo particolare. Fu un’invidia mista fra la negativa e la positiva. Sfociò poi nell’ammirazione. Più lo vedeva combattere in quel modo e più se ne rendeva conto: aveva un fascino assurdo, nei modi di muoversi e di fare, nel carisma che mostrava in qualunque momento, nel sorriso sbieco che si intravedeva nell’atto di lottare, nella passione che sprigionava dagli occhi e dai suoi pugni.
Rimase imbambolata a fissarlo, era quel ragazzo che la tormentava ultimamente, che si era convinto che Nike era la donna della sua vita. Si riprese senza rendersene conto e quando lo comprese si scosse, chiuse la bocca lasciata aperta per lo stupore e risoluta come suo solito dimenticò la paura di poco prima, paura e rabbia insieme, per lei era doloroso tornare con corpo e mente al suo passato dove veniva picchiata per le vie tedesche solo per il fatto che era una bambina affamata.
Ad ogni pugno che riceveva nel corso della sua esistenza, i ricordi vivi la portavano ad una paralisi iniziale che si rispecchiava nei suoi grandi occhi verde-dorati.
Fu sicuramente l’arrivo di quel ragazzo che era parte del suo stesso mondo a farla riprendere, a ridarle la forza necessaria di rialzarsi e di mettersi schiena contro schiena a colpire a sua volta quelle persone odiose!
Il trovarsi schiena contro schiena a fare a pugni insieme fu esaltante e diede forza a Nike, che non sorrise ma ebbe un ghigno di soddisfazione nell’affrontare quella situazione.
Forti, ecco cos’erano. Insieme erano forti ed imbattibili e la passione che vibrava nei corpi di entrambi se la trasmisero a vicenda. Passione e voglia di prevalere in modo schiacciante perché in fondo, era giusto così.
Nessuno poteva più atterrarla di nuovo.

Quando ebbero sopraffatto tutti, rimasero soli in quella via poco sicura, in molti avevano assistito alla scena e nessuno era intervenuto!
Ora erano lì l’uno di fronte all’altro che si guardavano, l’uno aveva l’aria piuttosto sicura di sé e felice in un certo senso, una strana luce come di vittoria non per la rissa ma per qualcos’altro, l’altra invece era seria e attenta a scattare in qualunque momento, ma al contempo incerta su cosa pensare di quel tipo tanto sorprendente. Era diverso da tutti quelli che aveva incontrato e, dolore fisico o no, non si sarebbe mossa da lì.
Lo fissava con occhi spalancati dritta in quelli di lui grigi e affilati, nonostante fosse a disagio non riusciva a distogliere lo sguardo, voleva capire anche delle cose per cui non sarebbe stata intenzionata seriamente a dire quello che disse con rabbia e aggressività:
- Cercavo proprio te! Devo dirti una volta per tutte di lasciarmi in pace! Seriamente, dico! Non girarmi intorno, non rompermi, non aiutarmi o non toccarmi in alcun modo! Non ti voglio in nessun senso, vattene e stop! Questa volta seriamente! O i calci che ho dato a loro te li concentro tutti in quei fondi di magazzino che hai in mezzo alle gambe! -
Non aveva solo carattere, lui ora lo capì completamente: lei era una forza della natura e doveva essere sua ancor di più dopo quella sera!
Accentuò il sorriso enigmatico che aveva sulle labbra ben disegnate e con un espressione che la diceva lunga sulle sue intenzioni fece passare sulla schiena di Nike una prima scarica di brividi, era stata ottimista a pensare che sarebbe bastato dirglielo!Vi era malizia, ironia, fascino e qualcosa di sfuggevole e misterioso, in quel bel viso.
- Davvero? Non è un bel modo di ringraziare per l’aiuto che ti ho dato, sai? -
Aveva una voce bassa e penetrante, suadente che calamitò la sua attenzione negli occhi veramente belli e malinconici in un certo senso. Chissà che passato aveva, uno come lui?
Si stupì quando si rese conto che si era chiesta una cosa simile. Senza capire assolutamente il motivo di tutto quello.
Per obbligo rispose seccata ma con una lieve inclinazione di incertezza nella voce:
- Me la cavavo da sola! Ora non devi rompere! -
Un secondo lampo che la fece rabbrividire nuovamente, lui le si avvicinò e senza che potesse prevederlo la spinse contro il muro immobilizzandola, le fermò i polsi sopra la testa con una mano e con l’altra andò alla cerniera della felpa che iniziò ad abbassare; aveva il volto vicino al suo, pericolosamente vicino, poteva sentire il suo odore e il suo respiro sulla pelle, ora i brividi la percorrevano incontrollati, impallidì di brutto mentre si mordeva il labbro e cercava di liberarsi dimenandosi.
- Allora mi prendo da solo il mio ringraziamento … e poi forse potrò lasciarti in pace … -
Come se da lei volesse solo questo.
Nike realizzò che i veri guai non erano quelli di prima ma questi. Lui, che non sapeva nemmeno come si chiamasse.
Lo stomaco le doleva e anche la guancia che si gonfiava, il sapore del sangue in bocca le rendeva la situazione ancora più sgradevole. La mente le andò in confusione mentre cominciava a temere che non ne sarebbe uscita del tutto illesa.
Che cattiva idea venire nella tana del lupo, se lo disse mentre il panico l’avvolgeva; poi però successe qualcosa, cambiò qualcosa. Capì che avrebbe potuto liberarsi quando voleva eppure non lo faceva, era lei che si lasciava ammaliare da quel tipo. Nella lotta i capelli le si erano sciolti ed ora liberi e disordinati le circondavano il volto impietrito, non riusciva a parlare e quel fascino naturale e grezzo di cui era padrona si rispecchiò nello stesso di lui.
Non capì più nulla quando sentì che dopo averle slacciato la maglia, infilava la mano sotto la stoffa toccandole il seno, aveva un’espressione magnetica che la ipnotizzò, avrebbe almeno urlato in altri casi, eppure riusciva solo a fissarlo negli occhi grigi così belli e pensare che una cosa simile non l’aveva mai sentita, un filo elettrico si legò fra i due e si sentì così uguale a lui da sentirsi stupidamente a suo agio … e desiderò contro ogni logica che non si fermasse.
Era il suo istinto a muoverla.
Chiaramente quello.
Quando capì che stava per baciarla non si mosse, non girò il volto e non provò nemmeno a morderlo. Che l’avesse domata solo perché era uguale a lei?
Non capì mai cosa le prese, ma quando le loro labbra si unirono in un bacio sensuale come quello, lei non si ribellò e la cosa parve naturale.
Non fu solo nuovo, per Nike, ma terribilmente e pericolosamente bello.
Era passione.

I giorni che seguirono furono caratterizzati dalle voci sulla nuova coppia della scuola: i due selvatici Nike e Bryan.
Lei ormai era famosa per il passato misterioso e per essere stata adottata, specie, però, per essere la sorellastra di Luca, anche lui popolare nel suo corso per la bellezza angelica da capogiro di cui era proprietario.
Lui invece lo era perché anche lui era bello, diversamente dal biondo, ed aveva molte corteggiatrici, ma oltre a tutto era quello più attaccabrighe e provocatorio della scuola.
Lui era più grande di lei e non si sapeva nulla sul passato e sulla vita che conducesse.
Erano visti come la coppia più bella e perfetta poiché molto simili fra loro e affascinanti, anche Nike, infatti, aveva i suoi corteggiatori che non avevano mai osato avvicinarsi: poi era arrivato Bryan e se l’era presa.
Da parte di Luca ci fu una freddezza che rivelò, a chi lo conosceva bene, un esserci rimasto più che male, come si diceva fra i giovani: ‘di merda’! Della famiglia ne aveva parlato con Selene, molto affiatati fra loro; fra gli amici invece aveva accennato a questa contrarietà solo a Nicola, suo amico fin dall’infanzia. Non con Nike. Lei le aveva chiesto cosa ne pensasse e lui aveva risposto un distante ma gentile:
- Vedi che avevo ragione? -
Ed un sorriso finale forzato che non aveva ingannato l’amica.
Chiedersi perché poi successe quel che successe sarebbe ipocrita: le vicende attuali portarono subito ad un evidente conseguenza amara, anzi, una serie di conseguenze.
Tuttavia se si sarebbe potuto conoscere il futuro, col senno di poi, alcune cose non sarebbero mai state fatte e certamente Nike avrebbe evitato come la peste quel Bryan, solo una gran fonte di guai.
Anche se si sa che in questo modo è facile parlare.
Dal punto di vista di Nike non si potrà mai capire se quel momento specifico, unico, passato con Bryan nel letto del suo appartamento disordinato e povero, alla fine varrà tutta la conseguente sofferenza.
Sofferenza, a dire il vero, non infinita.
Probabilmente quell’attimo che si dice si debba sempre cogliere, riempì la vita di Nike di una passione maggiore, le diede qualcosa che avrebbe perso e che con altri non avrebbe mai potuto acquistare.
Valeva la pena sentire quelle mani carezzarle il corpo da sempre bistrattato da sé stessa, valeva la pena sentire le labbra baciarla in quel modo profondo, valeva la pena sentirlo dentro fino a farla diventare donna.
Come se in quell’atto di massima unione l’avesse cambiata nell’animo rendendole quello che non aveva mai avuto.

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Capitolo 8
*** Giorno felice ***


CAPITOLO 7:
GIORNO FELICE


Era il 3 Agosto 2012.
Quello, però, non era un giorno qualsiasi, era uno speciale, di quelli che si aspettavano tutto l’anno intrepidamente. L’importanza in sé non veniva dal protagonista della festa, o meglio anche ma non solo, quanto dal motivo specifico: il cocco di famiglia Basso faceva la bellezza dei tanto agognati 19 anni!
Ok, certo … gli agognati sono i 18, ma i 19 fanno superare l’anno dei 18, lo portano a compimento del tutto, si può dire che i 18 sono completi veramente quando si fanno i 19 e solo in quel giorno puoi capire cosa significhino, sentirti la maturità addosso (se arriva) e ammettere di essere cresciuto (quando mai!), il vero cambiamento non arriva coi 18 anni ma coi 19, per non parlare dei 20!
Ebbene ecco perché il 3 Agosto di quell’anno era importante!
Luca faceva 19 anni dopo un anno burrascoso e regressivo come quello: regressivo nel senso che erano sorti dei problemi che gli avevano fatto molto male, problemi in campo sentimentale ed amicale: con Nike, la sua adorata sorellastra che ormai considerava parte integrante del suo cammino di vita, i rapporti si erano un po’ rotti, raffreddati, e i due si erano inspiegabilmente allontanati. Chiedendolo a loro non l’avrebbero ammesso, avrebbero solo detto che era tutto come sempre, ma in realtà sapevano benissimo che la lontananza c’era stata, la scheggia si era infilata fra i due diventando una specie di trave pesante e impossibile da togliere.
Porre fine a quell’anno per il bel biondo angelico era una gran cosa, sperava che il seguente sarebbe stato migliore!
La natura del suo problema era semplice. Si era accorto di essere perso per quella che aveva sempre considerato una vera sorella e quando era successo era stato troppo tardi, come accadeva sempre, una storia banale scritta da uno con una forte mancanza d’immaginazione e originalità! Ormai però erano così le cose, lui l’aveva data troppo per scontata, convinto che lei ci sarebbe sempre stata pur sposata con qualcun altro. Del resto anche le sue sorelle si erano sposate (a parte Selene) ed erano andate a vivere sole, ma non era andato in crisi, sapeva che era naturale e che loro non se ne sarebbero andate veramente. Aveva sempre pensato che con Nike fosse uguale, salvo poi rendersi conto nel momento di prova che così invece non era!
Non era rimasto deluso da lei bensì da sé stesso che non aveva saputo prendersi una cosa tanto preziosa, capire cosa lei significasse per lui, che era stato così ottuso, ingenuo, ceco, testardo, regredito, imbecille, bambinone … e così non era più riuscito ad essere come un tempo con lei.
Certamente lei percepiva il cambiamento, lo viveva e ne soffriva. Non lo sentiva vicino, non era sicura che se lei fosse stata male o in pericolo, lui sarebbe arrivato e l’avrebbe salvata.
Non era più sicura di questo e le dispiaceva, del resto non poteva legarlo a sé in quel modo, dovevano staccarsi prima o poi e prendere le proprie strade. Non aveva mai capito la natura del loro rapporto, non aveva mai avuto sorelle e fratelli veri anche se loro li considerava tali, non conosceva i diversi tipi di sentimenti che legavano le persone.
Cosa poteva capirne, lei? Aveva lasciato solo che le cose accadessero, le aveva vissute così, con calma, attenzione e pronta a scattare al momento del bisogno. Poi però era arrivato un altro che aveva saputo trovarle quel lato di donna che non aveva mai immaginato di possedere, le aveva donato una passione che non avrebbe mai dimenticato, come se avesse trovato il suo punto debole e l’avesse sfruttato a suo piacimento.
Qual era quel punto debole?
Farla sentire appartenente ad un mondo preciso.
Ad ogni modo ad Agosto Nike e Bryan stavano ancora sorprendentemente insieme, viste le litigate furiose che avevano fatto in quei pochi mesi di relazione. Era arrivata l’estate e nonostante gli oggetti che si tiravano dietro ad ogni appuntamento, lei non aveva mai pensato che prima o poi si sarebbe potuta separare da lui. Si sentiva sotto una sorta di incantesimo, come se lui la controllasse sotto ogni aspetto, era strano, diverso, magico … pericoloso e per questo odiato da Luca con tutte le sue forze!
Quel giorno erano venuti i membri della famiglia con le rispettive tribù, gli amici stretti di Luca coi quali poi di sera sarebbe andato a festeggiare a modo loro, infine c’era stato un gran pranzo cucinato dalla madre e dal padre.
C’erano tutti, ormai, tranne lei, il terrore di Nike. Anche se ormai aveva addirittura 18 anni non riusciva proprio a superare la paura verso di lei!
La prima ad arrivare era stata la famiglia di Elisa. Lei e Filippo con la figlia di 4 anni, Miriam. Lei aveva il pancione, era incinta di un bimbo che ormai a pochi mesi sarebbe nato. Miriam era una personcina piuttosto alta per la sua età, capelli neri e boccolosi come solo i capelli dei bambini sanno essere, occhi grandi, vispi e azzurri, fossette nelle guance ad ogni risolino e vestiti già disordinati. L’intento della mamma , si capiva benissimo, era quello di vestirla bene, ma rimaneva sempre solo un intento, visto che nemmeno per quella volta niente gonna!
Era entrata per prima urlando e saltando, appendendosi al collo degli zii e dei nonni, correndo poi a tormentare i 2 gatti (inizialmente erano 3, ma uno, quello di Astrid, lei se l’era portato via quando si era sposata!) e tirando fuori tutti i giochi possibili. Fu li che Nike comprese di non essere stata ascoltata nemmeno quel giorno: aveva pregato, come di consueto quando loro arrivavano, che i figli fossero malati o colpiti da qualche fulmine, ma ogni volta erano puntualmente in salute, anche troppo!
In seguito arrivarono gli amici, Nicola, Sebastiano e Lorenzo!
Nicola era il migliore amico di Luca, ma erano cresciuti tutti e 4 insieme. Era alto, un giocatore di basket con qualche chilo di troppo dovuto all’amore verso il cibo che non aveva mai saputo diminuire in proporzione allo sport che praticava . Era uno delle ali della squadra, molto abile, era titolare insieme a Luca, playmakar; segnava una marea di canestri a partita. Con loro e sempre titolare c’era anche Sebastiano, lui era la guardia, colui che stava dietro a fare da spalla al playmaker e segnava i canestri da tre punti. Era un tipo molto preciso.
Ma tornando a Nicola: oltre ad essere alto e con dei chili di troppo, non tantissimi tutto sommato, era riuscito a trasformarli in muscoli, aveva dei lineamenti graziosi e semplici, capelli rasati corti e neri. Un carattere estremamente viziato, egocentrico, sicuro di sé, attaccabrighe, caccia guai, stancante e pesante a volte, un tipo che vuole comandare ma che poi  però si fa comandare da Luca e solo da lui. Il loro rapporto molto stretto aveva avuto diverse voci maligne in passato … e anche nel presente!
Sebastiano invece era un piccoletto magrolino e sottopeso, grandissimi occhi, lineamenti da cucciolo, sorriso tenerissimo, capelli ricci e corti ma non rasati, con la frangia che copriva la fronte e arrivava fino agli occhi castani. Un sorriso radioso e contagioso. Un tipo decisamente opposto a Nicola. Dolce, calmo, semplice, riflessivo, lento, pigro, senza mai problema alcuno. L’amico ideale!
Infine il terzo: Lorenzo!
Lui era l’unico non sportivo dei 3. Odiava il movimento e la fatica, per cui amava lo studio, era il classico cervellone, un tipo veramente molto intelligente, con un QI sopra la norma. Sin da piccolo conosceva molte cose ed era in grado di sostenere conversazioni con gli adulti mostrando molto interesse. Destinato a diventare qualcuno, il suo obiettivo era di diventare un medico o un avvocato, cose serie insomma, per cui si poteva immaginare che personalità avesse: serio, coscienzioso, non amava molto gli scherzi e non ne faceva a sua volta, ne accettava qualcuno solo dai suoi amici ma niente scherzi cattivi. Non appoggiava le missioni di pericolo e divertimenti, obbediente, preciso e molto colto. D’aspetto di una altezza media, non bellissimo, un volto molto semplice e comune, occhi verde chiaro, capelli biondi e mossi, corporatura media.
Dopo l’arrivo dei tre dell’Ave Maria, Luca fu al settimo cielo e felicissimo, e perfino Nike partecipava con loro ai discorsi; ogni tanto capitava che uscisse con loro, erano buoni amici, ormai, ma se c’era Bryan, lui e Nike finivano per scontrarsi con un muro dove al di là c’erano loro 4 capeggiati da Luca.
Una volta il moro e Nicola avevano addirittura fatto a botte, incomprensione totale di caratteri!
Ecco che poi, completamente ed irrimediabilmente ultima, alla bellezza delle 13.30 si degnò di fare il suo ingresso Astrid con la sua famiglia!
La poveretta Nike era fuori a buttare la spazzatura proprio in quel momento. Non si era accorta dell’arrivo stranamente silenzioso di quella sottospecie di donna e così soprappensiero aveva improvvisamente sentito nei suoi orecchi un urlo da signore delle tenebre, forte, potente e addirittura maschile!
Alla ormai quasi del tutto bionda (crescendo i capelli le si erano schiariti prendendo più tonalità bionde) le si fermò il cuore, i polmoni svanirono nel nulla e i suoi peli si drizzarono insieme ai suoi capelli!
Fu una vera tragedia!
Pensò che sarebbe morta ma poi con uno scatto gridò anche lei a sua volta e schizzò come solo un gatto avrebbe saputo fare; istintivamente corse in casa zigzagando fra la folla, rifugiandosi dietro a Luca come avrebbe fatto ai vecchi tempi, per un attimo tutti credettero di essere tornati indietro negli anni e una risata generale scoppiò subito:
- E’ arrivata Astrid! -
Affermò divertita Selene.
La scena successiva si svolse velocissima: dalla porta lasciata spalancata fece la sua entrata trionfale una despota alta, bionda, dai capelli con vecchie masch, lisci sopra e mossi sotto, lunghi fino al sedere, un cappello a coppola largo in testa, nero, occhialoni verdi enormi sugli occhi, abiti come al solito strani, come se fosse un’ eterna giovane!
Astrid era proprio arrivata e la seconda persona dopo Nike su cui si fiondò fu il festeggiato!
Lo faceva sempre sin da piccolo, lo prendeva e lo stritolava forte baciandolo e spettinandogli tutti i capelli, crescendo non aveva perso l’abitudine solo che ora lui reagiva diversamente … appena la vedeva con quell’aria da assatanata le voltava le spalle e scappava a gambe levate mentre lei lo rincorreva per tutta la casa investendo chiunque ci fosse sul suo percorso, gridando a braccia tese:
- LUCHINO! FATTI ABBRACCIARE! VIENI TESORO! UN BACINO, DAI! -
Per tutti lui era rimasto il ‘cucciolotto ‘ di sempre, ma solo Astrid continuava a trattarlo da tale!
Alla fine Luca doveva sempre rassegnarsi e venire placcato da lei, che se lo abbracciava e spupazzava per diversi minuti!
Il secondo rifugio di Nike era Elisa, ovviamente!
Infine entrarono Marco scuotendo la testa conscio della moglie irrecuperabile che aveva; certo: irrecuperabile ma divertente!
Il padre fu seguito dai figli, i gemelli saltellanti e felici come dei pazzi scatenati, la copia di Miriam, solo duplicata!
Loro erano omozigoti quindi identici: entrambi biondi come i genitori, carnagione chiara, occhi verdi, sorriso da furbi e molto belli (come un po’ tutti i bambini), un misto fra la mamma e il papà (ma il papà era più bello della mamma, però nessuno osava ammetterlo apertamente!).
Daniele e Michael non avevano un carattere uguale, Michael era il teppista ribelle e combina guai, il braccio, mentre la mente era Daniele, lui era più calmo e controllato ma si faceva trascinare dal fratello nelle sue scorribande ed alla fine era lui a mettere in pratica i piani migliori.
Una coppia pazzesca, coetanei di Miriam. Andavano tutti e tre d’amore e d’accordo.
I gemelli andarono subito alla ricerca di Nike, il loro divertimento massimo sembrava essere proprio imitare la madre nello spaventare la zia minore, questa infatti sospirò cercando di riprendersi dall’infarto e in un attimo si trovò a correre intorno alla sorellastra Elisa: sarebbe stata una lunga giornata, pensò disperata.
Eppure non era poi così male … in fondo quei momenti le sembravano talmente identici a quelli di solo poco tempo prima, quando fra lei e Luca andava tutto per il meglio …  già, sembrava proprio così.

La giornata trascorse serena e divertente, l’averla passata con Astrid ed Elisa aveva riportato il tempo indietro e sia Nike che Luca l’avevano gradito tantissimo, erano stati molto bene e non avrebbero potuto aspettarsi di passare delle ore migliori, per quel periodo tutto era stato dimenticato, ogni problema, dubbio, pensiero.
Un momento di shock era stato sapere l’annuncio inaspettato di Astrid, quella pazza aveva pensato bene di riprodursi di nuovo!
Era incinta di appena un mese e si era giustificata dicendo che era successo per simpatia alla sorella, visto che i loro figli dovevano essere sempre coetanei non aveva potuto non cogliere l’occasione. Tutti, logicamente, si erano immaginati il tormento che aveva sicuramente dato a Marco, quel povero Santo di suo marito!
Poi la sera era arrivata e gli amici, raggiunti da altri, si erano radunati in un locale per finire la festa a modo loro. Luca al centro dell’attenzione aveva ricevuto molti regali e continuava a riceverne, stava quindi preparandosi ad avere quello di Nicola, Sebastiano e Lorenzo.
- Ehi, non sarà mica come l’anno scorso, vero? -
Cominciò infatti in tono inquisitorio, non era convinto sulla sanità mentale di quei tre che per essere originali facevano sempre le cose più strambe!
- No, no … stavolta niente night club! L’esperienza si deve ripetere una volta sola! -
Iniziò orgoglioso e divertito Nicola, il moretto aveva un preoccupante ed inspiegabile ghigno sulle labbra, questo il biondino lo notò subito!
- In realtà sappiamo che non ci saresti mai tornato, quindi … -
Continuò Sebastiano allegramente, lasciò così finire di nuovo al moro che al culmine della gioia sentenziò:
- … abbiamo pensato che se Maometto non va alla montagna sarà la montagna ad andare da lui! -
Luca impallidì, ora cominciava perfettamente a capire di cosa si trattava: in quel momento entrarono 3 donne bellissime tutte curve, succinte e con movenze simili a porno star: forse lo erano veramente!
La pelle pallida del protagonista si accese di un violento color rosso e il poveretto si irrigidì coprendosi la faccia con le mani mentre quella di Nike si impietriva, non credeva a quel che vedeva, questa volta si erano superati, ma dentro di sé sperò che questo non significasse che lui avrebbe dovuto dedicarsi a loro, non era tipo.
Fra le risate generali si sentì la musica alzarsi e la voce del DJ annunciare gli auguri a un certo Luca Basso che compiva 19 anni!
Le ragazze si avvicinarono ancheggiando e sorridendo se lo mangiarono con gli occhi, lo presero per mano e lo alzarono in piedi, lui voleva solo sparire tuttavia non riuscì nemmeno a porre resistenza, cercò una via di fuga e mentre comprendeva che non esisteva, con l’anticamera del cervello sentiva la musica: la canzone era Sweet Dreams. Non la notò subito perché era troppo impegnato a sentire cosa facevano le altre 3: dopo averlo circondato eccole muoversi intorno a lui ballando sensualmente, usandolo come palo per la lap-dance.
“Bè …” sfuggì al biondo “mica male, no?”  Persino uno come lui si era trovato a pensare una cosa simile dal momento che era più la pelle scoperta che quella coperta!
Nonostante ciò, o forse appunto per quello, Luca ormai era paralizzato e imbarazzato al massimo. Non era tipo da mettere le mani su tutte le donne che gli capitavano a tiro e in generale non era un donnaiolo, portarlo in una situazione simile era puro sadismo.
Molte ragazze invidiarono quelle donne, il giovane quella sera era a dir poco strepitoso: i capelli li aveva un po’ spuntati e gli stavano versione Adam Rickitt diciottenne, oppure Leonardo Di Caprio in Romeo + Giulietta. Gli occhi azzurri dalle pagliuzze dorate spiccavano ancor di più sul volto arrossato e l’espressione imbarazzata gli donava molto, si mordeva nervosamente le bellissime labbra carnose, il corpo atletico da giocatore di basket era fasciato da pantaloni larghi coi tasconi laterali, neri, e una maglia senza maniche attillata, rossa, il suo colore preferito; il suo guardaroba contava solo pantaloni neri e maglie rosse, uno stile che gli donava indubbiamente!
Tuttavia non erano solo le ragazze a mangiarselo con gli occhi, c’era anche una che teoricamente non avrebbe certamente dovuto, non ne avrebbe avuto motivo: Nike!
Si ripeteva fra sé e sé che era stupido da parte sua non perdersi nemmeno un movimento di Luca, come anche si chiedeva che ci facesse lì; tutti, anzi tutte, occupavano tantissimo il festeggiato senza lasciargli un attimo di tempo libero e lei si rendeva conto della dura realtà: il tempo non era tornato indietro come aveva pensato!
Tutti ballavano, bevevano e facevano scherzi di continuo a Luca, lei si sentiva esclusa, in disparte e si divertiva poco, non era di quel mondo, quell’ambiente non le piaceva, non era proprio il suo genere, cominciò subito a pensare a Bryan a cui aveva chiesto di non venire e di lasciarla stare col fratellastro; forse sarebbe stato meglio andare da lui, con lui si sentiva a suo agio perché erano uguali e non sarebbe mai stata fuori posto.
Mentre ponderava di togliere le tende, lanciò uno sguardo a Luca, ancora uno dopo una serata intera passata a fare solo quello. Si sentì subito in colpa dell’idea di andarsene: si divertiva, lui rideva come un pazzo insieme ai suoi amici eterni, era radioso, un sole … lo soprannominavano spesso sole, o leone; lui era veramente raggiante, specie quel giorno.
Rifletté meglio e decise che non avrebbe mai voluto rovinargli la festa, quindi solo per questo non se ne sarebbe andata. Non se lo sarebbe meritato, gli aveva già dato molti problemi durante l’anno e soprattutto l’aveva deluso ampiamente, la consapevolezza di questo le bruciava ma ormai sapeva che non avrebbe potuto farci nulla!
Proprio mentre si era rassegnata a starsene seduta tutto il tempo in un angolo, come evocato dai suoi pensieri era arrivato proprio lui, il protagonista della serata.
Si sedette stancamente in una sedia accanto a lei e asciugandosi il sudore dalla fronte, si portò i capelli all’indietro per poi lasciarli tornare ai lati del viso, infine assetato vedendo che il suo bicchiere era vuoto prese quello di Nike chiedendo distratto se fosse suo, bevendo poi una lunga sorsata.
Lei in tutto questo non si accorse nemmeno di aver trattenuto il respiro.
- Come va? Non mi sembra che ti stia divertendo, so che non è il tuo genere di festa questo. Il locale, la compagnia, la musica, il caldo. Ti ringrazio di essere venuta, non pensavo l’avresti fatto per me … credevo saresti rimasta con … lui. -
sul finale la voce si affievolì e il sorriso si spense, a lei fece male, sapeva l’odio profondo che portava per il suo fidanzato ma non poteva farci nulla. Nike riuscì a sostenere lo sguardo di lui e si sforzò di sorridere, era contenta che si fosse seduto accanto a lei, si sentiva già meglio e pensò che in fondo non era male, se c’era lui.
- Tranquillo, non me la passo poi così male … sopravvivo! E poi con Bryan ho litigato! -
- Di nuovo … -
Non era il massimo per lui parlare di quel tipo, ma faceva un gran lavoro su sé stesso per sembrare il più normale possibile, lei lo apprezzava.
Era una sensazione strana conversare così con lui, lo fecero da vecchi e buoni amici e per un attimo sembrò di nuovo che il tempo fosse tornato indietro.
- Che ne dici? -
- Della festa? -
- No … di Astrid di nuovo incinta! -
Qui si zittì e ci pensò, poi bruscamente rispose:
- Che è la solita pazza! Poveri figli! -
Risero di gusto, bastava parlare di lei ed era subito divertimento assicurato!
Distesi cominciarono a chiacchierare, non parlarono di cose troppo serie, ma fu come parlare per la prima volta dopo anni di silenzi. In realtà erano solo pochi mesi.
Quando Luca fu richiamato dai suoi amici per ballare ancora, al biondo dispiacque, preferiva mille volte far compagnia alla sorellastra. Fu lei a spingerlo ad andare dicendo che sarebbe uscita poiché le mancava l’aria.
Così fece e si separarono.

L’aria aperta l’accolse, calda d’estate ma sempre piacevole, aveva sperato di poter sentirsi meglio però con sua sorpresa dovette addirittura appoggiarsi alla parete per non cadere.
Aggrottò la fronte e si guardò intorno. Le girava la testa.
Il pensiero le volò subito a Luca, forse non aveva dovuto separarsi da lui, sentì chiaramente il desiderio di volerlo lì, confusamente non capì se fosse normale voler lui e non il suo fidanzato.
Solo in quella confusione non capì una cosa: a che punto era il suo rapporto con il biondo?
Non capì.
Come non capì come mai d’improvviso il mondo le si faceva scuro, sempre di più, fino a scivolare nel buio, nel nero.
Nel nulla.
“Strano …” Pensò lei mentre scivolava giù.
Magari fu un impressione, eppure le parve di vedere proprio il viso della persona desiderata, poteva star già sognando?
Certo che sognare lui ed il suo  sostegno, non era certo male, come malessere!
Si disse anche questo comprendendo che in qualunque modo le cose fossero andate nella realtà, lei non si era fatta male, stranamente. Nessuna botta. Nessuna sensazione di duro contro di sé.
Solo morbido e caldo.
Del resto perché stupirsi? Ci era sempre riuscito ad essere al posto giusto al momento giusto.
Sempre … tranne forse una volta.
Quando?
Si, lo ricordò mentre con sicurezza perdeva del tutto i sensi.
Non era riuscita a proteggerla quando aveva conosciuto Bryan, ed ora ne avrebbe pagato le conseguenze.


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Capitolo 9
*** Sotto pressione ***


CAPITOLO 8:
SOTTO PRESSIONE


- Tutto bene, sia la signorina che il vostro bambino stanno bene, non si deve preoccupare, basta che stia più a riposo e non si strapazzi troppo, quando si è così giovani è normale non avere le giuste attenzioni, anche se lei non mi sembra molto più grande della sua ragazza.
Le consiglio di aver cura di lei e controllare che faccia una vita sedentaria lontana dallo stress, almeno per questi 8 mesi! -
Forse che le persone non sanno dare le notizie?
Oppure il problema è che non sanno leggere in chi hanno davanti?
Qualunque fosse il punto, non sarebbe cambiato il peso che si andava aggiungendo nell’animo di Luca.
Era solo un ragazzo. Solo un semplice, normale e comune ragazzo di 19 anni.
Eppure le spalle già gli si appesantivano con situazioni più grandi di lui.
Un ragazzino che affrontava le cose come un piccolo uomo, ecco chi era.
Gli occhi blu dalle pagliuzze dorate si sgranarono rivolte al volto del dottore che aveva appena finito di visitare Nike, sentitasi male quella sera, giorno del suo compleanno.
Il pallore già di norma sulla sua pelle si fece più visibile facendo spaventare l’uomo che gli stava innanzi, credendo di vederlo svenire da un momento all’altro gli balenò in mente l’idea che forse non sapeva la notizia!
- Mi scusi, forse ho frainteso. Non sapeva del bambino? -
Al silenzio eloquente capì l’errore che aveva fatto comunicando in quel modo una cosa del genere, si morse il labbro con fare quasi infantile per poi cercare di rimediare:
- Ecco, la ragazza è incinta di cinque settimane circa, in effetti pensavo lei sapesse già ma forse non ve ne eravate accorti, è presto per averne la certezza in effetti. Comunque il mio consiglio non cambia, glielo vuole comunicare lei alla sua fidanzata? -
A sentire queste ultime parole Luca si riscosse realizzando che li aveva scambiati per una coppia, un tempo ed in condizioni ottimali gli avrebbe fatto un certo effetto, ma ora non si poteva pretendere nulla di più di un vago e confuso:
- No, non siamo fidanzati, siamo fratello e sorella … -
Qui il dottore rimase un attimo di sasso e dovette pensarci attentamente prima di rispondere onde evitare altri equivoci. Poi disse cauto:
- Non è il padre del bambino? Allora sarà da informarne l’interessato, ci pensa lei, vero? Ad ogni modo se nessuno lo sapeva mi dispiace che l’abbiate scoperto così. Mi scuso anche per avervi scambiati per due fidanzati è che non vi somigliate molto quindi sembravate una così bella coppia … -
Sempre in condizioni ottimali lui avrebbe un po’ spiegato la situazione, ovvero che lei era stata adottata, pur con noia ma l’avrebbe fatto: ora non era in quelle famose condizioni, quindi non si poteva pretendere molto di più!
Il biondo prese ad ignorare del tutto l’uomo innanzi a sé e con sguardo perso e shockato, si mise a pensare e ripensare a quanto appena appreso. Si ripeteva continuamente quella frase, anzi il concetto: Nike era incinta, lo era di quel tipo antipatico che non gli era mai andato giù, nessuno lo sapeva, nemmeno lei, avrebbe dovuto dirglielo lui … come? Come ci sarebbe riuscito? Come si dicevano certe cose? Elisa era quella diplomatica e calma che trovava le parole giuste al momento giusto, lui era un tipo caotico in quelle situazioni, la sua mente andava in tilt e se qualcuno gli avesse parlato ora, sicuramente si sarebbe messo ad urlare isterico. Era pressione.
Sempre più messo sotto pressione.
Una cosa sembrava risolversi poi si scopriva che non era così e doveva conviverci poiché soluzione non c’era, ad aggiungersi arrivava puntuale sempre un nuovo problema più grande irrisolvibile e così avanti all’infinito.
Tutto sulle sue spalle giovani ed inesperte.
Era rimasto paralizzato, poi in trance aveva mosso qualche passo portandosi davanti alla camera in cui si trovava Nike, si stava rivestendo con uno sguardo confuso e più inselvatichito del solito.
La guardò in quel momento coi capelli spettinati ma lunghi ed il trucco ormai disfatto.
Dio, se era bella.
Sicuramente la più bella ragazza che avesse mai incontrato e l’aveva avuta accanto a sé per tutto quel tempo, crescendo con lei; ora non era più con lui, lei se ne stava andando e questa notizia per lui era la certezza che l’avrebbe persa e se ne sarebbe andata veramente.
Con quel tipo.
Non l’avrebbe più avuta accanto a sé, come se cessasse di essere sua sorellastra, sua amica, la sua Nike.
Qualcun altro l’avrebbe protetta, sempre se avrebbe accettato!
Certo lui lo dava per scontato che il suo ragazzo avrebbe agito come avrebbe fatto lui al suo posto.
Lo shock di Luca non era dato dal fatto in sé che lei era incinta, ma dal fatto che lei ora se ne sarebbe andata via e l’avrebbe persa definitivamente.
Questo pensiero lo gettava nell’angoscia più totale.
La vedeva e si diceva che era una creatura splendida, la più importante per lui, non voleva perderla, lasciarla andare così, eppure non avrebbe mai potuto condividere una cosa simile con anima viva, specie con l’interessata. Lei così selvatica avida di libertà e indipendenza ma anche protezione.
Non poteva legarla a sé con un dichiarazione del genere proprio in quel momento.
La cosa peggiore era che ora, ad ogni modo, avrebbe dovuto parlarle ugualmente … proprio in quel momento ancora così confuso, proprio lui ferito, con un peso irragionevole che cresceva.
Le sue spalle cominciavano a piegarsi e i massi ad aumentare.
Luca sotto pressione.
Sempre di più.
Il suo diciannovesimo compleanno se lo sarebbe ricordato per tutta la vita.
Il giorno in cui aveva saputo di amare Nike e per questo l’aveva persa.

Entrando nella stanza dove Nike ormai pronta attendeva notizie sulla sua salute, l’aveva osservata in silenzio con un’espressione fin troppo cristallina per lo smarrimento che vi si poteva leggere. Dopo pochi attimi la ragazza l’aveva notato e con il suo sguardo verde-dorato l’aveva sottoposto ai suoi personali raggi X per capire cosa gli prendesse, poiché aveva chiaramente qualcosa. Che il medico gli avesse detto qualcosa di grave?
Lei ignara di tutto sentiva col suo istinto che qualcosa non andava, da un po’ di tempo aveva cominciato a girare in modo strano ed ora sicuramente le ruote dell’auto erano uscite di strada; ora bisognava solo calcolare il danno e le conseguenze!
- Ehi … -
Con un filo di voce l’aveva salutato a modo suo, per provare a scuoterlo da quella specie di catalessi che cominciava decisamente a preoccuparla.
- Luca? -
Il suo nome pronunciato in quel modo così fine e quasi delicato, come indagatore, risuonava fra le pareti penetrandosi nei due personaggi che si guardavano. Ad entrambi parve di sentirlo per la prima volta. Il biondo sbatté un paio di volte le palpebre come se si risvegliasse, poi fece un impercettibile suono con la gola, qualcosa che non si sentì chiaramente. Mosse un altro passo.
Come dirlo?
Lei glielo leggeva in faccia, era questa la domanda che si stava ponendo da quando aveva varcato quella soglia.
Non capiva e non sapeva e l’idea che lui avesse quell’espressione shockata la infastidiva e l’agitava, non voleva che qualcosa oscurasse di nuovo quel bel viso a lei così caro, il sole, Luca.
Nessuno aveva il diritto di annuvolarlo, ma attualmente era così grigio da sembrare inverno e non estate.
- Cosa hanno detto? È grave? Mi hanno fatto pochi esami, quasi nulla in realtà … -
Provò a immaginare cose avrebbero fatto le sue sorellastre, però capì che se avrebbe parlato sarebbe stato peggio, avrebbe potuto vederlo piangere, ne era certa.
Lo vide sedersi nel letto accanto a lei e continuare a guardarla mentre si tormentava le mani come faceva da piccolo quando qualcosa non gli piaceva dal profondo ma sapeva che non poteva evitarla. Era così vicino che vedeva le iridi quasi grigie e una sensazione sgradevole l’attanagliò alla bocca dello stomaco torcendoglielo in un dolore fisico sempre crescente.
Scrutò il suo bellissimo viso d’angelo e per un attimo riuscì anche a provare attrazione per quelle labbra carnose da donna.
Attese che lui facesse qualcosa con l’ansia che cresceva a dismisura, poi improvvisamente si sentì avvolgere delicatamente dalle sue braccia forti, inizialmente s’irrigidì istintivamente, quando realizzò che era Luca ad abbracciarla si sciolse e lo lasciò fare senza allontanarlo. Si chiese perché lo facesse ma se ne dimenticò quando la invase la pace che cercava dalla nascita, quella pace che la colpiva di sfuggita quando lui la sfiorava, la guardava o stavano semplicemente insieme.
Ora ne fu completamente invasa, c’era dentro interamente e le sembrò di respirare per la prima volta. Una cosa simile lui non l’aveva mai fatta, provò del vago stupore sostituito subito dalla sensazione di benessere che superava ogni cosa.
Non era da Luca abbracciare le ragazze in quel modo e nemmeno provarci con loro, figurarsi se aveva mai osato sfiorare Nike!
Dopo un attimo che li vide fermi in quella posizione insolita per loro, il ragazzo mormorò al suo orecchio con voce rotta e smarrita, si poteva percepire il dolore che aveva nel dire ciò:
- Nike, ne sarei felice se non fosse di lui e tu lo sai. Non voglio che nessuno ti porti via da me ma devi percorrere la tua strada. Aspetti un bambino, sei alla quinta settimana. -
Eppure nonostante ci sia qualcuno che sa leggere in chi ha davanti e dà le notizie nel modo corretto, la reazione non migliora lo stesso.
Come un pugnale fu colpita da quelle parole che dovette studiare prima di comprendere appieno.
Era un addio.
L’addio di Luca.
Non un addio concreto, un addio simbolico.
Ora Nike avrebbe dovuto a forza prendere la propria strada differente da quella di Luca.
Angoscia più per questo pensiero che per il bambino che aveva in grembo.
Madre … non ne aveva avuto una biologica ma aveva avuto un grande esempio e non aveva paura di quello scoglio, sapeva che sarebbe stata aiutata, ma l’idea che ora fosse forzatamente di un altro, la gettava in un fosso poiché la sua luce, Luca, si stava allontanando.
I giochi dei bambini erano finiti.
Era una cosa naturale, accadeva a tutti di staccarsi dalla famiglia di nascita per farsene una propria, non è un addio definitivo, porta gioia, di norma, allora perché per lei era diverso?
Non provava dispiacere per lasciare l’intera famiglia, bensì lo provava per lasciare Luca.
Il suo Luca.
Fratello, amico o che altro …
Gli faceva male pensare che le cose sarebbero cambiate e che la persona più importante della sua vita sarebbe dovuta per forza essere il suo fidanzato e non Luca.
Un pensiero cercò di fare capolino in lei ma era così confuso e caotico che lo fece zittire e tutto ciò che riuscì a fare fu solo farsi abbracciare ancora.
Lasciarsi andare per un attimo in quel sentiero smarrito e cercare la pace e la luce che aveva sempre avuto accanto a lui.
Nulla.
Vedeva il buio.
Il padre di suo figlio non era chi avrebbe sempre voluto fosse in realtà, peccato  che modo per cambiare tutto questo non c’era.


Quando Luca giorni dopo si vide arrivare Nike in lacrime, sentì il famoso peso sulle spalle diventare insopportabile.
Capì subito, non serviva che gli dicesse nulla, ormai la conosceva al punto da non dover usare le parole.
Lo cercò immediatamente, senza nemmeno riflettere, si gettò fra le sue braccia interrompendo la sfida di basket con Nicola, lui perse il passaggio e mentre la palla palleggiava lontano da loro due, lei, ignorando il sudore di Luca che per il caldo stava giocando senza maglietta, gli si aggrappò piangendo silenziosa.
Non gli era mai capitato di vederla così.
Gli fece impressione e la pressione stessa cominciò a farsi sentire, quella pressione che lo calpestava da un po’ di tempo.
- Se ne va’. Non vuole saperne del bambino e mi molla. Dice che si trasferisce e non vuole saperne di me. Anzi, mi ha consigliato di abortire … ha detto che … che un figlio nato da un orfana non potrà mai essere felice, mi abbandona anche lui, Luca. Ed io … io ora che faccio? Cosa dovrei fare? Non posso ucciderlo, non posso, proprio io … no! Non so cosa fare … -
Il resto si confuse fra i singhiozzi. Un pianto sempre più rumoroso e pieno di dolore per i ricordi della litigata appena avuta, condita da ricordi del suo passato che sicuramente non potevano essere felici.
Questo accadde.
Colpì Luca con la potenza di un camion in corsa.
Forse basterebbe a descrivere il suo stato d’animo, oppure si potrebbe immaginare una frana che minaccia di crollare per molto tempo ed infine accade dopo l’ennesimo terremoto che la colpisce. Prevedibilmente va giù tutto ciò che vi stava sopra.
Un ragazzo come lui sotto pressione, con principi e valori enormi ed incrollabili a cui gli toccano una delle cose più importanti della sua vita e calpestano circa tutto ciò in cui lui ha sempre creduto, come potrebbe reagire?
Un solo modo plausibile.
Uno solo.
Gli occhi da azzurro per il sole che li colpiva, divennero color ghiaccio, due fessure sottili, lame taglienti pericolose.
- Questa no. Questa non deve farla. -
“Io ho dovuto rinunciare a lei per lui e lui la tratta così e le assicura un futuro da inferno perché è uno stronzo immaturo bastardo e vigliacco? La fa piangere. Fa piangere Nike e scappa … questa volta no.”
Pensò così prima di separarsi dalla sorellastra, consegnarla a Nicola che fissava in silenzio la scena, ed andarsene di corsa.
Sapeva dove trovarlo.
Lo sapeva.
Lo sentiva.
Non se ne era ancora andato e lui l’avrebbe trovato.
L’avrebbe trovato e avutolo fra le mani, poi, gli avrebbe detto quello che pensava.
Non sarebbe scappato da quello.
Da lui.

Vedere Luca in quello stato fu uno shock di per sé per chiunque lo conoscesse. Nicola e Nike gli andarono dietro cercando di fermarlo, certi che non avrebbe mai potuto fare una cosa esagerata, lui non poteva alzare le mani su nessuno.
Lui era Luca.
E lo stesso Bryan portò queste motivazioni ribadendo quanto detto alla ragazza poco prima.
- Tu non sai alzare le mani nemmeno su una mosca, non fai paura a nessuno … -
Eppure avrebbe dovuto averne, di lui in quel momento avrebbe dovuto aver paura. Sarebbe bastato conoscerlo come lo conosceva Nicola e Nike stessa, sarebbe bastato poco, in effetti, ma lui quel poco non l’aveva mai messo, nemmeno in quel momento.
- Tu … ho solo una cosa da dirti. Sei un pezzo di merda e se te lo dico credimi che lo penso ed è vero! -
Lui insultava solo se lo pensava fortemente e lo pensava fortemente solo se era vero.
Gli altri che assistevano alla scena indietreggiarono intenzionati a non fermarlo quando udirono codesta frase:
- Chi mi assicura che sia mio il figlio? Una come quella può essere stata con chiunque, perché proprio io? -
La furia si abbatté definitivamente sulla causa di tanta rabbia.
Un pugno potente colpì il moro che cadde a terra stordito e stupito. Non si sarebbe mai aspettato una cosa simile da lui, si rese conto di aver fatto un errore sostanziale: non aver mai voluto conoscerlo!
Lo colpì con un pugno, Bryan dopo la prima sorpresa reagì e ben presto nacque una rissa non indifferente, nessuno pensava che Luca potesse colpire in quel modo, tranne il suo migliore amico che l’aveva subito sulla pelle in una vecchia litigata storica. Dovette fermarlo proprio lui di forza, poiché la cosa degenerava.
Ira, furia ed insieme a queste il dolore per aver sopportato cose che non avrebbe voluto sopportare, per tutti i nodi ingoiati, per ogni cosa repressa.
Perché lui era buono e gentile ma c’erano cose per cui partiva e si trasformava in qualcosa più simile ad una bestia che altro.
Nike e la dignità, nonché l’onore, erano fra queste.
Non sarebbe servito a nulla se non a proprio sfogo personale, ma per lo meno la sanità mentale del ragazzo era salva!

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Capitolo 10
*** I'm with you ***


Nuova pagina 1

*PREMESSA LUNGA:

Vi presento così l’ultimo capitolo di questa original mini…qua c’è il famoso salto di tempo di 7 anni dove i 2 protagonisti sono adulti. Cosa sarà successo in questo lasso di tempo? Come si risolveranno le cose? Scopritelo leggendo! Prima di passare ai ringraziamenti, vi lascio il link al disegni che ho fatto su Luca e altri invece su foto che ho scelto per gli interpreti adulti dei protagonisti…e anche per il Luca bambino!

Luca ragazzo disegnato: http://img400.imageshack.us/img400/6278/lucadisegnoet2.jpg 

Luca bambino foto, modello mio fratello: http://img220.imageshack.us/img220/4558/image005si3.jpg

Luca ragazzo fino ai 19 anni circa foto, modello Adam Rickitt: http://img366.imageshack.us/img366/1192/image017tm0.jpg , http://img103.imageshack.us/img103/4986/image021su7.jpg

Luca ragazzo dai 26 anni circa foto, modello Chad Michael Murray: http://img103.imageshack.us/img103/2357/luca12ha5.jpg , http://img103.imageshack.us/img103/593/luca13ou3.jpg , http://img207.imageshack.us/img207/8104/luca6eg4.jpg , http://img56.imageshack.us/img56/1724/luca8hg7.jpg , http://img74.imageshack.us/img74/4522/luca9qu2.jpg

Nike ragazza e adulta versione bionda foto, modella Elisha Cutberth: http://img213.imageshack.us/img213/4995/image012ac7.jpg , http://img220.imageshack.us/img220/8771/image014dm4.jpg

Bryan ragazzo foto, modello Jhonny Depp(da giovane!): http://img204.imageshack.us/img204/2448/image010ru0.jpg

Simone(il figlio di lei)ragazzo foto, modello Damon Alabarn(non ne ho di lui da piccolo, anche se nella storia appare solo da bambino…): http://img204.imageshack.us/img204/9956/simone2ex1.jpg

Ed ora passiamo ai ringraziamenti: grazie ai lettori e a chi ha commentato questa storiella: Yama An, Darkgirl, Bychan, Sisil85, Eyesice, Parsifal, Yukino, Sawadee, Yuyu. Poi vorrei dire grazie anche alla mia famiglia reale perché esiste e mi ha dato l’ispirazione per creare quella della storia(che è identica alla mia…), tutto ciò che ho inserito, fra scene e descrizioni varie, esiste veramente e per questo devo dire grazie anche alla mia vita reale. Infine il grazie più grande non può non andare a Kyo, la nostra gatta che mi ha ispirato Nike e quindi tutta l’intera storia! Grazie micia! Anche se ti ho dato un nome da maschio(per Kyo di Furba!)sei qua con noi ormai da 3 anni o forse più e non ti sei mai ribellata…sono commossa! A onor del vero devo ringraziare anche il gatto che quando Kyo fu appena presa, c’era con noi, Yuki(anche lui per Furba). Quel gatto che poi è morto dopo un anno di convivenza con Kyo, ha aiutato molto quest’ultima poiché appena raccolta era proprio randagia, impaurita ed intrattabile, lui le è stata accanto paziente col suo carattere calmo, placido e pigro e sono diventati amici…facendo sì che Nike l’imitasse in diverse cose, come mangiare nella ciotola, fare pipì e cacca nella vaschetta, dormire in casa(anche se nascosta…)e cose così…in compenso lei ha insegnato a lui a lavarsi, poiché il puzzone gatto grigio, Yuki, non si leccava mai ed era sempre sporco…così lei per stargli vicino gli faceva il bagnetto! Che coppia….però è durata solo un anno, poi lui è morto di malattia!

Bene, dopo la storia dei miei gatti, di cui parlo come se fossero essere umani, posso passare ai consigli di lettura. Se siete affezionati a storie d’amore come queste potete dedicarvi a Frammenti, un original a capitoli che in effetti sto finendo in questi giorni anch’essa. Parla di 2 principi e una principessa e un ragazzo di strada. È etero però c’è un cenno ad una secondaria storia yaoi. È molto soft con un certo stile curato visto che si parla di principi moderni! Altrimenti ci saranno non so quando spero presto in sostituzione a questa, sempre però etero e a pochi capitoli, 2 original, entrambe NC17, un bel po’ fortine per i temi trattati e il modo: Amore Velenoso per il sesso, invece Puro Amore oltre che per il sesso anche per temi più adulti e delicati come la droga, la depressione, il suicidio e l’anoressia. Lo dico subito visto che non si tratteranno di storie come queste ma sempre d’amore, brevi e etero sono! Altrimenti tenete d’occhio altre mie nuove o dedicatevi alla lettura della mia etero original lunga più famosa che per ora scrivo: Smoke on the water! Ecco, dopo essermi fatta pubblicità vi dico solo che ci sentiamo in giro se non muoio prima(gli incidenti accadono, bisogna metterli in preventivo!) e buona lettura.

Baci Akane*

 

CAPITOLO 9:

I’M WITH YOU

 

 

- Era ora che arrivasse mattina, non ne potevo più di stare a dormire!-

A voce squillante per nulla insonnolita, il bambino di 7 anni si alzò dal letto con uno scatto veloce finendo in piedi sul materasso. Cominciando a saltellare con un risolino negli occhi furbi e le fossette birichine nelle guance vide sua mamma che con un alzata d’occhi al cielo apriva la saracinesca della porta vetrata che dava sulla terrazza, entrò così la luce che illuminò i capelli arancioni del piccolo e gli occhi dorati più simili a quelli di un gatto sia per grandezza che per forma. Le lentiggini che gli coprivano il corpo furono presto visibili vista la fine del pigiama, subito buttato a terra! Sembrava il classico rosso ma aveva semplicemente preso dalla madre, quindi anche da adulto sarebbe diventato semplicemente biondo e senza lentiggini.

Questo lo rassicurava poiché non gli andava molto a genio l’idea di avere quei puntini arancioni per tutta la vita. Inoltre se sarebbe diventato come lei allora avrebbe anche potuto vincere il concorso di Mr Universo poiché sicuramente sarebbe stato bellissimo! Sua mamma era la donna più bella del mondo, ai suoi occhi appariva così ed in effetti non aveva torto.

Dopo essersi spogliato le saltò al collo coprendola di baci, lei così ne approfittò per portarlo in bagno e posarlo nella vasca dove gli fece una doccia veloce, si levarono gli urli di Tarzan, lui odiava l’acqua ma gli piaceva essere pulito e profumato quindi ogni volta c‘era un gran conflitto in lui per lavarsi e spesso preferiva rimanere sporco!

Riuscì a bagnare abbondantemente anche sua mamma che con aria di sopportazione si era tolta la camicia da notte ed era rimasta in biancheria intima, lui se ne riempì gli occhi sbrilluccicosi…sua mamma non era solo la donna più bella del mondo, era anche la SUA donna, l’amava alla follia e qualunque cosa facesse a lui piaceva…anche vederla nuda, cosa del tutto naturale per lui.

Gli sembrava una cosa da grandi e quindi lo divertiva molto. Del resto lei non aveva nessun uomo nella sua vita e quindi era ovvio che la considerasse solo sua. Senza padre, il piccolo bambino pestifero, si era autoconvinto di essere figlio e marito allo stesso tempo…fortuna era che ancora non sapeva cosa facevano marito e moglie!

Quando la tortura della doccia terminò e la madre l’avvolse con un enorme asciugamano, lui tirò un sospiro di sollievo e facendosi prendere in braccio dalla sua donna preferita, appiccicò il viso al suo bagnandola ancora, lei fece una smorfia, aveva la stessa fobia dell’acqua, suo malgrado lo portò in camera e l’asciugò con grande pazienza e lo vestì.

Il tutto si svolse con un lungo monologo di quel bambino allegro e chiacchierone!

La donna lo guardò mentre fra una frase e l’altra si gettava in nuovi passi di break dance appena imparati, era dura avere a che fare con uno come lui, completamente diverso da lei: iperattivo, superallegro, fantasioso, spericolato, combinaguai, chiacchierone, pasticcione, tonto, ingenuo, affettuoso e con una grande mania per l’esplorazione del mondo! Lei invece non usciva quasi mai di casa ed aveva una paura assurda del mondo, non faceva mai nulla se non ne era costretta e lo faceva con grande attenzione, non era quasi mai allegra, piuttosto malinconica e selvatica, inavvicinabile e scontrosa, silenziosa e realista. Da chi avesse preso quel carattere, quel bambino, era un mistero! Forse dal vero padre…ma non avrebbe potuto dirlo con certezza, non erano stati abbastanza insieme da potersi conoscere, se ne era andato appena aveva saputo che lei era incinta, classico vigliacco. Di lui non aveva più ricevuto nessuna notizia!

Dopo averlo visto ingozzarsi come una fogna, questo lato però l’aveva preso da lei, (nel frattempo si era rivestita)il campanello suonò.

- Simo, è arrivata la zia Elisa, sbrigati!-

Aprendo la porta si era trovata davanti una bambina di 7 anni dai lunghi capelli biondi e gli occhi verdi ed un maschietto moro coi ricci che gli si spettinavano anche sugli occhi azzurri.

- Sam, Jesai!-

Il grido di Simone, dall’interno della casa aveva superato il saluto che prontamente il bambino aveva ripetuto:

- Ciao zia Nike…-

L’altra invece si era messa a gridare alla bellezza delle 7.45:

- SIMOOOO DAI SBRIGATI! SEI SEMPRE TARDI!-

Quelli erano i cugini dello spericolato figlio di Nike. Samantah era il terremoto di Astrid mentre Jesai dal nome strano era il gioiello di Elisa! Lei somigliava fisicamente ai genitori ed ai 2 fratelli maggiori, i gemelli Michael e Daniele, aveva preso le parti migliori di mamma e papà ed era una bellissima bambina, fin troppo allegra e pestifera…considerando che fino ai 6 anni era stata un angioletto esemplare e che da quando aveva iniziato scuola si era scatenata, la si poteva chiamare creatura schizofrenica. Lui era la copia del padre tranne che per gli occhi che erano della mamma. In quanto a carattere era tranquillo e calmo, molto maturo e adulto per la sua età, proprio come Filippo, il padre; l’opposto di Miriam la sorella maggiore.

Simone, Samantah e Jesai erano un trio di cugini, Simone non lo era di sangue ma era come se lo fosse, molto affiatati facevano tutto insieme e anche se lei ormai era andata e vivere da sola in una casa popolare pur di essere indipendente e non pesare ancora sulla sua famiglia adottiva, erano comunque un unico grande danno…come lo erano anche il trio della prima generazione: Michael, Daniele e Miriam!

- La mamma ha detto che la nonna le ha detto di dirle di dire a te che…-

Sam aveva iniziato un discorso molto complicato e confuso, come lei riusciva sempre ad essere grazie ai geni di sua madre, Astrid. In suo aiuto era arrivato il cugino Jesai che al contrario suo, con la stessa capacità incredibile di sintesi ereditata dal padre, aveva preso la parola:

- Sabato siamo tutti al compleanno della nonna…-

sia Nike che la cugina accanto a lui lo guardarono con grande ammirazione, era proprio la copia in miniatura di Filippo!

Il clacson suonò per richiamarli all’attenzione, così Sam corse dentro, afferrò per mano Simone che ancora correva a destra e a sinistro con il boccone in bocca e lo tirò fuori:

- Dai, la zia ha fretta, su!-

Salutarono Nike e correndo come dei pazzi, facendo a gara, arrivarono alla macchina; non si affannò come loro Jesai, non ne aveva la minima intenzione!

 

Sabato arrivò in fretta.

Ormai in casa coi genitori viveva solamente Luca, persino Selene si era spostata ed aveva messo su famiglia, quella sera infatti sarebbe arrivata col piccolo che aveva cominciato a camminare da poco a cui tutti ponevano la maggior parte dell’attenzione, per evitare che il nuovo gioiello di famiglia potesse cadere e farsi male…ma soprattutto non si ficcasse in qualche guaio! Il piccolo Gabriele somigliava alla mamma dalla punta dei piedi a quella dei capelli e quindi con lei aveva ereditato anche la mania di combinare disastri e far urlare chiunque! Adorava aprire il frigo e buttare giù uova e tutto ciò che gli capitava sotto mano, in bagno prendeva i detersivi e li apriva rovesciandoli tutti, in cantina si imbiancava di farina…e queste erano solamente poche, di quelle che faceva! Un vero terremoto, del resto degno cuginetto delle altre pesti!

I primi ad arrivare furono Nike e Simone, ovviamente il piccolo corse veloce come un fulmine per arrivare primo ed attaccarsi al campanello, una volta che Nike riuscì a staccarlo la porta si aprì per farli entrare. Ad accoglierli era arrivato Luca e per un attimo la ragazza rimase senza fiato a guardarlo. Era veramente da molto che non lo vedeva. Simone si appese a lui gridando felice:

- CIAO ZIOOOO!-

Il biondo dai capelli lisci che si sistemavano sulle spalle, liberando il volto grazie alla riga in parte, prese in braccio il nipote che nonostante i 7 anni era leggero, fece qualche passo indietro e sorridendo radioso, come solo lui poteva, mostrò quel filo di barba chiara che ormai si era lasciato crescere e che gli donava quell’aria più da adulto. Se possibile era ancor più bello di quando aveva 18 anni. A quell’età tutti avevano creduto che fosse nel fiore della sua bellezza ma si erano sbagliati…non ci poteva essere limite al miglioramento.  Il soprannome di angelo era appropriato!

Quando poi il figlio corse dentro a salutare i nonni, portando il consueto caos, Nike si scosse e mosse qualche passo verso il fratello adottivo che l’attendeva osservandola a sua volta cancellando lentamente il sorriso dalle sue belle labbra pallide.

Già, era veramente da molto che non si vedevano e anche lui rimase a sua volta incantato…l’aver avuto un figlio in giovane età non aveva penalizzato la sua bellezza, sembrava sempre una gatta selvatica pronta a scappare, attaccare o nascondersi dietro di lui. Rivedendosi così veniva da ricordare quei momenti da bambini in cui inseparabili facevano sempre tutto insieme, ma poi si doveva tornare al presente, un presente che ormai li vedeva separati e distanti mille miglia.

- Ciao…-

lo dissero insieme e per questo tornarono in un silenzio imbarazzante, così senza sapere che dire, decisero di darsi un bacio guancia a guancia e di entrare in  casa. Poi con un po’ di impaccio lui le chiese come andasse e lei rispose con un vago e conveniente:

- Bene…-

Non avrebbe mai detto la verità, o meglio che ‘bene’ era una parola decisamente grossa!

- E con Simone? Riesci a domarlo?-

Lei alzò spontaneamente i begli occhi da gatta al soffitto con esasperazione e lasciandosi andare disse:

- Ieri ha tentato di scappare di nuovo…voleva convincere anche gli altri 2 fedeli compagni di disavventure che era bello esplorare il mondo. Sam, nemmeno a dirlo, si è fatta convincere al volo, fortuna che Jesai è andato con loro con l’unica intenzione di fermarli e riportarli a casa, infatti ci è riuscito con un abile espediente…quei fessacchiotti ci sono cascati ma non avevo dubbi!-

Solo parlando del figlio si scioglieva, lui lo sapeva per questo glielo aveva chiesto e con un nuovo sorriso, non radioso ma sempre un sorriso era, aveva così risposto:

- Quel bambino è una manna dal cielo! Simone era alla ricerca del padre, immagino…-

Un ombra passò nello sguardo verde-dorato dell’ormai bionda:

- Come sempre…-

L’imbarazzo tornò, interrotto questa volta dai loro genitori che arrivarono a salutare Nike.

I secondi ad arrivare furono Selene col marito, sposati da poco più di 2 anni, col piccolo Gabriele. Lei aveva maturato una bellezza da donna e non più da ragazza, coi capelli corti e scalati, un taglio sperimentale, e le maches bionde sembrava quasi seria, gli occhi di ghiaccio ingannevoli stavano già progettando una possibile tortura per la sorellastra che non vedeva da un po’ di tempo. Il marito era un fotografo alto dai capelli neri di qualche anno più grande di lei, sul bel volto dai lineamenti da zingaro presentava un po’ di barba scura che gli donava alquanto. La loro storia era molto bella: lei diventata campionessa di basket a livello nazionale era stata presa di mira da un sacco di giornalisti per mille interviste, vista anche la sua bellezza e spigliatezza, oltre che bravura; era scoppiato il boom di Selene Basso, la giocatrice di pallacanestro, l’ala della nazionale femminile. Grazie a questo lui aveva ricevuto l’incarico di farle un servizio fotografico da parte di un giornale sportivo molto prestigioso. Lui, fotografo sportivo di nome Lorenzo, l’aveva conosciuta così ed era rimasto subito affascinato da quel tornado dal forte carattere irascibile e provocatorio, nonostante l’aspetto molto femminile sembrava più un maschiaccio e gli abiti che indossava davano ragione a questa seconda idea: adorava lo stile militare, per cui era un mix molto intrigante. Avrebbe dovuto farle solo un paio di foto ma alla fine da quel pomeriggio era uscito materiale adatto ad un book intero…cosa che le regalò dopo aver addobbato un’intera mostra fotografica di foto sue, tutto per dichiararle il suo amore e chiederle di uscire con lui! Lei era rimasta catturata a sua volta da quell’artista folle dalle idee così stravaganti; del resto anche lui era veramente bello: capelli neri e mossi un po’ lunghi, il solito pizzo che gli ombreggiava il volto da zingaro e occhi verde azzurri penetranti…nonché un sorriso indecifrabile che gli donava un tocco di mistero. Aveva tutta l’aria di essere un tipo difficile e così infatti era stato. Dopo essere passato da fotografo sportivo a free lance(spero si scriva così)che girava il mondo, per il bene della carriera di Selene, se ne era andato senza dirle nulla, per lasciarla libera di dedicarsi al basket come pensava fosse giusto che facesse.

Quando lei l’aveva scoperto ed aveva capito il motivo del suo abbandono si era infuriata come non mai e facendosi in mille per trovarlo (visto che non aveva lasciato tracce di sé), era andata da lui di corsa attraversando mezzo mondo, letteralmente, e una volta arrivata da lui le si era buttata addosso picchiandolo come una furia e insultandolo! Gli aveva detto che era lei a decidere di sé stessa e della sua vita e che non era una bambola di porcellana delicata, che lei sapeva prendere le sue decisioni e reggere qualunque situazione. Così a lui non era rimasto che chiederglielo fra le lacrime, sussurrando senza gridare, colpito nel profondo da quella ragazza sconvolgente per uno come lui:

‘E allora sposami e dedicati a me…la faresti questa scelta?’

Lei non aveva avuto nemmeno bisogno di pensarci, gli aveva gridato un si al colmo della felicità, piangendo a sua volta, stringendolo mentre finiti a terra nel litigio precedente tornavano a respirare e a vivere.

Così aveva scelto di mollare un po’ con la pallacanestro e appena rimasta incinta aveva detto del tutto addio a quello sport che per lei aveva significato molto. In un ultima intervista in diretta televisiva aveva annunciato il suo abbandono alla carriera mentre Lorenzo l’aspettava dietro le quinte ascoltando le sue parole e vedendo come, attraversando il campo vuoto di basket, sempre filmato dal cameraman, lei aveva fatto finto di palleggiare, aveva piegato le ginocchia e con uno sguardo molto attento ed occhi azzurri che vedevano molto lontano, aveva tirato la palla immaginaria dritta nel canestro. Tutti vedendo lei che faceva il consueto segno di esultanza col pugno alzato si erano visti chiaramente la sfera di cuoio infilarsi nel cerchio e bruciare la retina nell’ultimo punto ufficiale della sua vita da cestista. Erano stati momenti emozionanti nei quali molti si erano commossi, tutti tranne la diretta interessata che al posto di uno sguardo triste e malinconico come sarebbe stato appropriato e giusto, aveva sorriso radiosa apprestandosi ad affrontare una nuova partita molto difficile, una grande sfida per il suo animo combattivo.

In effetti così era stato.

Gabriele era nato dopo circa nove mesi di gravidanza splendida ed aveva portato una gioia di cui già disponevano abbondantemente, facendo capire che non c’erano rimpianti per nessuno e che lo studio fotografico appena aperto di Lorenzo rimpiazzava ugualmente la carriera di free lance, l’eterno sogno del moro che ormai non avrebbe più potuto realizzare!

Questa la loro storia.

Ora si vedeva Nike già con un considerevole mal di testa e l’istinto di andarsene o nascondersi dietro Luca, ma si sentiva in dovere di fare la grande e facendo violenza su se stessa si obbligò a non cercare il suo aiuto. Il piccolo nanetto erede del terremoto Selene, era già protagonista di risate e urla isteriche…se si pensava Simone fosse un demonietto, lui forse era il diavolo in persona!

Successivamente arrivò la famiglia di Elisa, grazie al puntuale Filippo che aveva cominciato a preparare tutti un ora prima del necessario…il ritardo era nel DNA della famiglia e non si poteva pretendere che Elisa ne fosse stata sottratta! La donna aveva assunto un aspetto molto più materno, dolce e sereno ma non ci sarebbe aspettati nulla di diverso da lei. La sua storia con Filippo andava avanti da quando Elisa aveva 15 anni circa: avevano frequentato la stessa scuola e corso di teatro, lei se ne era innamorata poco a poco e una volta persa la testa per lui, lui si era defilato. Non si erano visti per molto tempo, durante il quale avevano avuto ognuno le proprie storie ed esperienze, ma nulla di serio ed impegnativo. Poi si erano rivisti, decisi a riattivare i contatti. Alla fine aveva vinto lei e il suo sentimento mai spento…con pazienza e dolcezza aveva saputo dargli quello che lui cercava da sempre e che non aveva mai trovato, tormentandosi per questo. Miriam, al momento di 11 anni, come già spiegato, era la copia di lei, considerando che lei da piccola era un terremoto si confidava nel fatto che prima o poi si sarebbe calmata anche la bambina; Jesai, di 7 invece era la copia di lui e di questo da un lato si doveva ringraziare il cielo vista la maturità e coscienziosità ma anche il carisma e la stoffa del leder che Filippo aveva. Una forte volontà e senso del dovere, un gran personaggio che si notava e lasciava il segno. Aveva testa e talento per qualsiasi cosa decidesse di fare. Così era anche il figlio. Solo che ereditando anche i difetti, era diventata una creatura molto chiusa, testarda, orgogliosa, difficile e lunatica…non certo uno scherzo avere due figli così!

Nike potè tirare un sospiro di sollievo vedendo la sorellastra preferita: Elisa…e non si vergognò di andare da lei! Loro si vedevano spesso visto che Simone era coetaneo e molto amico, anzi, un tutt’uno, con Jesai e Samantah. Certo, quindi…con Elisa si vedeva volentieri, la bionda, ma il fatto di essere costretta a farlo anche con Astrid visto che i figli altrimenti avrebbero dato fuoco alla casa ad entrambe, non le dava molto piacere!

Ebbene sì…arrivò anche lei, l’ultima come sempre: Astrid coi 3 figli e il marito. Lei e Marco avevano un ulteriore storia molto simpatica: lei l’aveva conosciuto in un pub dove lui lavorava e appena incontrato le era piaciuto subito, del resto lui aveva il tipo di bellezza che lei gradiva molto: alto, biondo, occhi chiari, sorriso radioso, sincero e contagioso…e poi era simpatico, allegro, alla mano e soprattutto stava agli scherzi ridendo alle sue battute e figuracce! Lei decisa a non farselo scappare gli aveva lasciato subito un biglietto con una frase tratta da una canzone di Eminem chiedendogli se gli interessasse conoscerla…o meglio il concetto era quello, le parole non esattamente! Lui le aveva risposto che era fidanzato così la cosa era morta lì, lei non ci provava con lui ma andava sempre ripetutamente in quel locale e lo guardava mangiandoselo con gli occhi, alla fine era diventata sua amica lo stesso, si salutavano sempre e senza che se ne rendessero conto, lui stesso si sirtrovò felice di vederla ogni volta che arrivava lì, fino a provarci inconsciamente con lei. Così lentamente si erano simpaticamente innamorati e in maniera altrettanto stravagante, così come erano entrambi, si erano messi insieme…dopo le mille delusioni che lei aveva avuto le era sembrato il paradiso potersi fidarsi di qualcuno allegro e solare come lui. Era il classico tipo che lei adorava: socievole, disponibile, forte, sicuro, passionale, irascibile…insomma, guai a farlo arrabbiare: capace di cacciarsi nei guai facilmente. Certo, crescendo si era calmato, così come un pochino anche lei. Insieme formavano una bella coppia e la storia alquanto comica e da film, piaceva a molti!

Dai figli non si poteva aspettare nulla di diverso: 3 terremoti! Michael e Daniele avevano attualmente 11 anni, formavano con Miriam il primo trio della generazione di cugini inseparabili e come già spiegato nonostante questi fossero gemelli identici, caratterialmente erano uno il braccio e l’altro la mente…e manco a dirlo si contendevano la bambina che diventava sempre più carina!

Samantah aveva ingannato tutti poiché aveva dato l’illusione d’essere buona e tranquilla fino ai 6 anni, come la madre da piccola, poi si era svegliata ed era diventata il maschiaccio spericolato che una ne faceva e cento ne pensava…in realtà Astrid era rimasta buona e calma fino all’adolescenza, ma Sam aveva anche il DNA del papà, un iper attivo da piccino! Questa, attualmente di 7 anni, formava il secondo trio della sua generazione insieme agli altri cugini, Simone(cugino adottivo in realtà)e Jesai. Insieme erano proprio da reality show: non facevano annoiare nessuno!

Quando furono tutti arrivati il campanello suonò di nuovo e solo Nike si chiese chi fosse, con sguardo attento guardò Luca che andava ad aprire la porta e quando accolse una bella ragazza dai lunghissimi boccoli neri e occhi azzurri da lunghe sopracciglia scure, si sentì come se il filo su cui camminasse da acrobata fosse sospeso nel vuoto e non su una rete sicura…quella rete le era stata improvvisamente tolta senza che se ne accorgesse e il fatto che l’avesse sempre data per scontata e per questo fosse sempre riuscita a rimanere in equilibrio senza cadere, ora la penalizzava mettendola nel caos. Adesso la rete non c’era e psicologicamente era fragile poiché cadendo si sarebbe fatta molto male. Rendersene conto a quel punto ed in quel modo era la cosa peggiore.

- Nike, ti presento la mia ragazza, Alyssa. Stiamo insieme da qualche settimana…mia mamma ha insistito affinché la portassi oggi e te la presentassi…-

Se lo chiese in effetti…come mai non glielo aveva detto o fatta conoscere prima? A quanto sembrava la famiglia l’aveva già conosciuta, lei no. Ma questo fu presto accantonato quando lei le tese la mano da stringere e le disse ‘piacere’ con un bel sorriso radioso. Aveva l’aria da gatta, ma non una gatta morta, semplicemente una sinuosa creatura.

Se avesse potuto sparire l’avrebbe fatto ma con tutti gli occhi puntati addosso non potè far altro che prendere quella esile mano dalle lunghe dita affusolate e fare un mezzo a sorriso, del suo meglio.

Ad Alyssa parve di trovarsi davanti l’ex fidanzata di Luca invece che una sorella adottiva! Non seppe spiegarselo ma la trovò incantevole nonostante avesse già un figlio di 7 anni. Anche se non aveva nulla da invidiarle non si sentì alla sua altezza, come se comunque Nike fosse sopra di lei di qualche gradino!

Nike si sentiva inspiegabilmente male, a disagio, contrariata del tutto dalla situazione, come se in un certo senso Luca la stesse beffeggiando, non tenesse veramente a lei come le aveva sempre detto e fatto credere. Le montò su una rabbia tale che l’impulso di prenderlo a schiaffi lo trattenne a stento, si limitò a lanciargli un occhiata infuocata dove i suoi grandi occhi dorati si assottigliarono improvvisamente mentre si posavano in quelli azzurri di Luca che più non capivano che accadesse. Ingenuamente pensò che fosse rimasta male per il fatto che non le aveva parlato prima di Alyssa ma non se l’era proprio sentita, anche l’idea di presentargliela quel giorno, l’aveva fatto star male. Le avrebbe parlato, se lo ripromise.

La festa iniziò fra mangiate, bevute, risate e confusioni varie, arrivò poi il momento del consueto annuncio. Elisa si alzò richiamando l’attenzione di tutti, alzò i bicchieri e disse a modo suo che aspettava un altro bambino al che si udì un urlo rabbioso di Astrid che a sua volta si alzò spintonandola e gracchiando:

- COPIONA CHE NON SEI ALTRO! IO DOVEVO DIRLO QUESTO!-

Tutti la guardarono stupiti ed anche se ormai quasi tutti la conoscevano, riuscivano ancora a chiedersi se il tempo per lei non passasse mai!

- Come…anche tu?-

Chiese la madre cominciando a sventolarsi con gli occhi lucidi. ( puro panico all’idea di un’altra peste in giro per il mondo…)

- Oh no…di nuovo! Poveri bambini!-

Fu invece la reazione schietta e simpatica di Selene. Anche Nike l’aveva distrattamente pensato mentre non staccava gli occhi di dosso da Luca ed Alyssa, ma non aveva fatto comunque nulla. I bambini cominciarono a saltare e ridere  contenti dei nuovi cugini in arrivo mentre il caos generale s’alimentò con le risa anche dei grandi, poi Filippo stuzzicò la cognata, come faceva spesso, e ironico come solo lui sapeva sempre essere, chiese:

- E se è una femmina la chiamerai Ingrid?-

Astrid si voltò di scatto facendo una smorfia accompagnata dal dito medio e con un ringhio rispose:

- Intanto sarà di sicuro un maschio e poi il tuo allora dovresti chiamarlo Qualunquista!-

Chi non li conosceva e non sapeva la storia dietro a questi due nomi, non poteva capire e divertirsi, ma tutti i presenti, o quasi, la sapevano per cui l’ilarità generale crebbe! Ingrid era il nome con cui Filippo l’aveva chiamata la prima volta facendola infuriare(lei odia chi le storpia il nome), mentre Qualunquista era l’unico insulto per cui uno tutto d’un pezzo come Filippo si infastidiva! Così si chiamavano a vicenda in quel modo…già…i due non andavano affatto d’accordo ma in realtà se c’era da collaborare lo facevano, quello del litigio era più un gioco che altro!

Quando la serata finì e cominciarono ad andare via un po’ tutti, Nike tirò un respiro di sollievo realizzando che finalmente se ne sarebbe potuta andare anche lei, ma poi udì dire da Luca ed Alyssia che avrebbero finito la serata altrove. Dire che se ne risentì parecchio è usare un eufemismo, così con profonda ira nei confronti del biondo, senza spiegarsela razionalmente, decise di togliergli il saluto. Selvaticamente come una gatta, come un tempo era stata, chiamò Simone con tono fermo, salutò i genitori e senza dire altro se ne andò superando la coppia che tanto le aveva arrecato fastidio. Luca la vide andarsene con la sua piccola auto, con un Simone agguerrito che non voleva saperne di separarsi dai cuginetti; non l’aveva mai fatto…gli aveva tolto il saluto! Capì che era veramente arrabbiata e mormorò fra sé e sé che sarebbe andato da lei per parlarle e spiegarsi.

Del resto cosa le avrebbe detto? Che dopo aver passato la sua vita fino a quel momento ad amarla senza essere ricambiato, si erano allontanati e capendo di non aver speranza aveva deciso di provare una nuova strada con una che le somigliava nell’animo?

 

 

Arrivati a casa Nike cambiò Simone e lo preparò per la notte con gesti seccati e nel silenzio più assoluto. Così il piccolo aveva lentamente cessato di lamentarsi e si era messo a fissarla in maniera diretta. Altrettanto diretto poi le aveva detto:

- Mamma? Non ti piace la fidanzata dello zio?-

Nike si era fermata improvvisamente lasciandolo con la maglia del pigiama a metà sulla testa, pur lui agitandosi per tornare a galla lei non si mosse, si chiese chi mai fosse Simone…un bambino di 7 anni oppure un mago dai misteriosi poteri? In realtà non sapeva di preciso nemmeno lei se il problema fosse proprio quello. Quando la testa arancione di Simone riuscì a spuntare dal collo della maglia, vide il bel volto di sua mamma nel caos che lo fissava ebete, così continuò candidamente:

- A me sembra che ti somigli…forse è per questo che non ti piace…anche io al tuo posto sarei gelosa. Andrei da lui e gli direi così: ehi tu! Se ti piaccio così tanto da prenderti la mia copia perché non me lo dici semplicemente? Ecco, una cosa simile, direi!-

- M-ma…ma…lei non è uguale a me…ha i capelli neri…-

Provò a dire debolmente mentre abbandonava il resto dei vestiti sul pavimento.

- No, ma c’è qualcosa che ti assomiglia…il carattere, forse? O forse i modi di fare…mah…è come se dentro avete qualcosa di uguale….ecco! Siete fatte della stessa pasta!-

Concluse trionfante il figlio mentre saltellava per la stanza per nulla stanco. Lei rimase ancora ferma e pensierosa senza zittirlo come faceva sempre, si rivedeva l’immagine di Alyssa che solo poche ore prima aveva avuto davanti. In effetti aveva ragione, l’aveva detto in modo complicato ed infantile ma aveva ragione…che fosse questo? Che Luca in realtà cercasse lei? Per Simone era scontato, come lo era il fatto che lei gli piacesse. Sospirò e l’uragano dai risolini felici si fiondò di nuovo su di lei facendola finire a terra:

- Mamma…voglio un papà come ce l’hanno Sammy e Jesy! Ma non un papà qualsiasi…uno che mi piaccia, che io piaccia a lui e con cui ridere, giocare e divertirmi sempre!-

Lei finalmente distratta dai suoi ripensamenti eterni, le disse ridendo a sua volta:

- Tu vuoi un compagno di giochi, non un papà!-

- E che cosa fa un papà?-

- Un papà gioca con te ma anche ti sgrida quando combini i tuoi guai…ti impedisce di scappare di casa per esplorare il mondo e ti fa rigare dritto! -

- Mica solo queste brutte cose, vero?-

- No, penso che ti dovrebbe anche coccolare un po’…ti vuole bene, no? Semplicemente ti vuole bene…che ne dici? Sei sicuro di volerne uno?-

- Certo! Così coccola anche te! Zio Marco e zia Astrid non si coccolano spesso però una volta li ho visti darsi un bacino per il loro anniversario…era un bacio come quello dei film…così ho spiato anche zia Elisa e zio Filippo…loro si scambiano bacini e coccole più degli altri due, solo in privato, però…e mi sono detto che anche tu dovresti avere qualcuno che fa quelle cose romantiche così siamo come tutti gli altri….e posso vantarmi del mio papà come fa quella chiacchierona di Sammy!-

“Senti chi parla di chiacchiere!” Pensò al volo Nike mentre continuava ad accarezzare i capelli arruffati del piccolo che la stringeva, i suoi occhi brillavano mentre parlava di quelle cose e la bocca dagli angoli birichini sorrideva contento. Ogni tanto le faceva questi discorsi ma lei non lo ascoltava adeguatamente…stava bene con lui, erano un bel duo e se lei era di cattivo umore solo Simone riusciva a tirarla su, come quella sera.

- Non ti basto più?-

Chiese quindi lei senza stupirsi del ficcanasare di quel bambino troppo vivace!

- Certo ma voglio anche un papà…hai visto stasera che tutti i miei cugini ne avevano uno? E come poi zio Marco ha giocato con Sammy per distrarla dai regali della nonna? O quando zio Lory ha consolato Gabry facendolo anche addormentare? O quando zio Filippo ha spiegato a Miriam come devono stare le bambine che indossano le gonne? Io non avevo nessun papà che facesse niente di tutto questo…nemmeno che mi sgridasse quando ho rotto quei piatti! Hai dovuto farlo tu anche se di solito lo fanno i papà…-

Lei così non rispose e lo abbracciò forte mentre un nodo le comprimeva lo stomaco. Che ansia assurda sentiva in quel momento, probabilmente era quella del figlio. Aveva un desiderio così grande di avere un padre che l’aveva portato a studiare cosa facevano quelli degli altri…e solo dopo essere stato sicuro che ne mancava uno anche a lui, gliene aveva parlato così seriamente. Aveva ragione, una persona viene cresciuta da una figura maschile ed una femminile appunto perché sono diverse come ruoli e modi di fare ed essere, ognuno ha i propri compiti ma soprattutto il bene che può dare un genitore non lo possono dare in due…perché i figli hanno tanto bisogno di amore? Un amore così grande? Perché richiedono tante attenzioni ed energie, perché danno molto ma devono avere altrettanto…perché se lo meritano e solo con l’adeguata quantità di sentimento possono crescere come si deve e diventare le persone per cui sono nate! Lo sapeva bene, ora lo sapeva, ma saperlo non semplificava le cose. Non aveva idea di dove fosse Bryan, il vero padre di Simone, e non voleva nemmeno saperlo. Non avrebbe mai potuto vivere una vita con uno come quello…e non era adatto ad essere padre!

- Hai ragione, tesoro, ma non è facile trovare una persona come dici tu…-

A questo punto Simone si accese di nuovo tirandosi su sui gomiti e guardandola allegro con i suoi grandi occhi vispi, disse:

- Ma noi lo conosciamo uno così! Uno che ci vuole bene, ci coccola se vogliamo, che mi sgrida se proprio serve, che ci aiuta e che…fa tutte le cose che fanno i papà! Lo zio Luca è così!-

Lì lei si soffocò con la sua stessa saliva chiedendosi se per caso quel discorso non fosse un copione di uno scrittore incapace e poco originale…banale che lui puntasse a questo, solo lei non l’aveva capito sin dall’inizio! Ma perché succedeva sempre così? Erano i bambini a scegliere i padri: da quando in qua?!

Non ebbe tempo di rifletterci che lui cominciò a stritolarla iniziando a pregarla:

- Dai e dai e dai! Non dirmi che non ti piace lo zio, basta che venga a vivere qui poi noi facciamo come abbiamo sempre fatto, solo che a badare a me c’è anche lui…dai su…non ci vuole nient’altro e se non volete darvi i bacini davanti a me io vado a giocare da Sammy o Jesy…su su su…dì di sì…chiamalo, ti prego, chiediglielo!-

Ok, Simone aveva una visione tutta personale dei padri…non aveva ben capito come funzionava la cosa e soprattutto che era più complicato di quanto la mettesse lui. Tuttavia anche se le parole di quel piccolo tornado erano da interpretare lei lo capiva benissimo e sapeva che in fondo non aveva proprio torto. Sarebbe bastato che entrambi lo volessero. Lei? Lei lo voleva? Lui sicuramente no, ormai stava con quella…come fare? Si mise da sola mille barriere per impedirsi di attuare il desiderio di Simone(o di sé stessa?)ma poi una vocina nella sua testa cominciò a ripeterle ferma e convinta, molto severa:

‘Tutto si può fare, basta volerlo! Sei tu che ti metti barriere ed impedimenti, in realtà tutto si risolve…puoi fare ogni cosa!’

Ed ogni cosa aveva fatto, fino a quel momento. Tranne quello.

Rassegnarsi a quel sentimento che provava per Luca, che aveva il sospetto di sentire da tempo ma che non aveva mai liberato per la propria selvaticheria!

“Dunque potrei?”

Si chiese inaspettatamente.

“Lo voglio? Voglio passare la mia vita con Luca?”

Onestamente era precipitoso una domanda simile ma lei se l’era fatta perché la richiesta di Simone era quella e lei sapeva che lui aveva ragione. Che nessun altro uomo avrebbe potuto amarlo(amarli)come faceva lui. Lo sapeva.

Ma la paura folle di parlarne e di capire cosa volesse Luca, come la vedesse e cosa provasse, la gettava nel caos.

- Mamma, provaci…se vuoi glielo chiedo io allo zio…se vuole essere il mio papà…non ho problemi!-

Lei fece un risolino forzato per tranquillizzarlo:

- So bene che tu non te ne fai!-

Poi ci pensò un attimo e in quell’istante decise.

- Ci provo…-

 

L’aveva appena fatto addormentare e senza l’ombra del sonno, gironzolava per casa mettendo a posto, si era già preparata per la notte, indossava quindi una camicia da notte a canottiera piuttosto larga che le scollava molto sul seno diventato prosperoso dopo la gravidanza. I capelli sciolti come sempre li aveva pettinati alla meglio, senza farli diventare crespi viste le onde che aveva, mentre il viso struccato la rendeva naturale e nel complesso sembrava quasi nuda rispetto al solito, sempre coperta il più possibile!

Ripensava alla serata e poi al discorso con Simone. Quel bambino era fin troppo sveglio e le aveva tirato fuori a forza delle confessioni e realizzazioni che mai avrebbe voluto lasciar libere. Cosa provava per Luca? Ormai era da molto che non era più semplice sentimento fraterno, prendersi in giro a quel modo era stupido. Era scappata abbastanza, costringendosi a rimanere sola, respingendo tutti i ragazzi che la corteggiavano. Certo, quell’unica esperienza che si era concessa l’aveva scottata eccome, ma tutti prima o poi tornano a vivere. Eppure lei l’aveva sempre saputo che se ci fosse stato qualcuno di cui si sarebbe mia potuta fidare quello era Luca. Luca non in quanto fratello e confidente, Luca in quanto ragazzo!

Si sentiva ancora confusa ma l’ammissione fatta un po’ forzatamente con Simone le era servita a capire che ci teneva veramente a lui e che l’unico uomo che avesse voluto accanto a sé, sarebbe potuto essere solo Luca, di lui si sarebbe fidato ciecamente perfino senza vederlo per 50 anni! Era forte ciò che la legava a lui, diverso da quello che aveva provato per Bryan. Là c’era stata passione e attrazione, con Luca…mah, non avrebbe mai saputo dirlo, ma sapeva che quella volta aveva deciso di rimanere principalmente per lui e non per altri!

Fu in quel momento che sentì bussare lieve alla porta facendole così fare un notevole salto spaventata, si piazzò per abitudine in posizione d’attacco karateka e con occhi spalancati e il batticuore, si avvicinò cautamente alla porta d’ingresso, guardò dal buco chiedendo chi fosse, la voce la rassicurò ancor più di ciò che vide: era Luca. Inizialmente si sentì sollevata, ma poi si ricordò di tutti i pensieri che aveva appena fatto e si tese ancor di più.

- Che faccio ora? Che cazzo gli dico? -

Poi si fermò e sempre col panico addosso si rispose da sola:

- Un momento…è lui che è venuto da me, mica l’ho chiamato io…significa che deve parlarmi e che io devo solo ascoltarlo!!!-

Con questo pensiero tirò una specie di sospiro. Ce l’avrebbe fatta!

Aprì la porta dopo lunghi minuti senza però riflettere sullo stato in cui si trovava, quando l’ebbe davanti entrambi trattennero il fiato guardandosi a vicenda. Per Luca che non la vedeva da molto tempo in tenuta comoda da casa, vederla così era come un tornare indietro nel tempo…era un accorgersi quanto la desiderasse, ricordarsi quanto bella fosse così selvatica. Notò l’aria impanicata e spaventata e si chiese se il tempo non fosse tornato veramente indietro. Nike invece potè solamente sentire la stessa cosa che provava in compagnia di Bryan…solo amplificata! Perché? Solo ora aveva ammesso di volerlo accanto a sé, solo ora aveva circa definito i propri sentimenti per lui.

Solo ora.

- Posso entrare?-

Le chiese lui con voce roca.

- Eh? Perché?-

Domanda tipica sua, stava sulla difensiva ed era più forte di lei.

- Scusa l’ora ma avevo bisogno di parlarti e dovevo farlo ora…o non dormivo!-

- E…e lei?-

Cautamente dovette chiederlo. Lui trasalì poi rispose:

- L’ho riportata a casa…non potevo certo portarla qui…-

Schiettamente lei reagì:

- E l’hai portata a casa per venire a parlare con me!-

- Si!-

- Cosa ha detto?-

Nel dialogo lei cominciò a sciogliersi trovando buffo e anomalo il comportamento di lui, ora addirittura imbarazzato. Si grattò la nuca e rispose vago:

- Bè, si è arrabbiata…-

- E lo credo! Se tratti le tue fidanzate così!-

- Così come?-

- Anteponendo un’altra a lei! Non dovevate ‘finire la serata’?-

Lei tirò fuori la malizia e lui arrossi tossicchiando, così lo fece entrare ridacchiando, era da molto che non parlavano così rilassati. Veramente da troppo tempo. Eppure era come se l’avessero fatto solo il giorno prima!

- Ma non sei un’altra! Sei tu! E poi mi premeva di più parlarti…-

Si passò nervoso una mano fra i capelli togliendo così l’ordinata riga in parte. Certo avere un uomo così bello in casa ed essere così naturali era da invidiare!

- Io? E chi sono? Tua sorella? Se così fosse perché arrabbiarsi se vai da lei? Certo…preferire la sorella alla morosa…-

Ora era del tutto in confusione!

- Infatti abbiamo discusso per questo…lei è gelosa di te e ti vede non come mia sorella…-

Il silenzio immediato fu pensante ma lei quella domanda logica doveva farla.

- No? E cosa?-

Mentre dentro di sé sperava che la risposta le facilitasse il compito. Lui cominciò a sudare ed a camminare nervoso, il fatto di aver avuto rarissime esperienze con le donne incideva enormemente. Non sapeva trattar con loro!

- Lei pensa che…tu sia…la mia vera ragazza…-

Detto in maniera poco comprensibile, in fin dei conti, non si poteva pretendere altro da Luca. A lei il cuore perse un battito comprendendo al volo cosa stava dicendo, il senso di quelle parole.

Solo sentendole e capendole comprese a sua volta di aver desiderato di sentirle per molto tempo.

Incerta e col fiato sospeso disse fine:

- E tu che dici?-

Senza sbilanciarsi, anche se forse lui aveva già capito…forse.

- Io…non ti ho detto la verità…io e lei ci siamo lasciati dopo una litigata furiosa…perché lei mi ha detto brutalmente che quella che voglio sei tu e…ed io sono…d’accordo…-

Era stato molto faticoso dirlo, gli era servito molto coraggio. Del resto dopo tutto quel tempo passato a vederla e trattarla come una sorella, dopo l’essersi accorto di amarla e l’aver dovuto rinunciare a lei poiché lei se ne andava sempre più, dopo tutte le distanze e le barriere che si erano posti…dopo tutto, in certi casi, le cose bisogna sentirsele brutalmente urlare in faccia per costringersi ad ammetterle con la forza.

Luca non aveva superato un bel niente ed ora arrivato al suo limite, costretto da una serie di eventi più furiosi di lui, aveva finito per non controllarsi e dirglielo.

Col cuore in totale tensione, ora si apprestava ad ascoltare la risposta di lei e sperare con tutto sé stesso che in fondo anche per lei fosse così. Lei si voltò dandogli le spalle, non seppe mai che fece in quei minuti in cui nascose il suo viso, forse pianse di nascosto, forse arrossì, forse fece qualche smorfia, forse cercò di riprendersi dal caos in cui era…ma poi con voce tremante finalmente disse:

- Sai…stasera io e Simone abbiamo parlato…lui mi ha fatto riflettere molto, è un bambino troppo sveglio per aver 7 anni…mi ha chiesto che voleva un padre e mi ha descritto che tipo di padre voleva…per poi concludere che gli saresti piaciuto tu, che ti vedeva adatto per questo ruolo…poi mi ha anche detto che secondo lui Alyssa è uguale a me, nell’animo, come ‘pasta’…e che in lei tu cercavi me…ovvio che l’ha detto con altre parole, ma il senso era questo. E mi ha fatto ammettere una cosa essenziale…io ero gelosa di lei, tutta la serata lo sono stata senza spiegarmelo…-

Lui attese un paio di secondi ma poi a sua volta dovette fare quella domanda anche lui senza osare fare un passo per paura di svenire.

- E te lo sei spiegato?-

Non osava nemmeno immaginare le risposte e tirare le conclusioni, aveva atteso molto, troppo, e veniva da un’ora molto difficile con la sua ormai ex.

- Si…ero gelosa perché…perché volevo stare io al tuo fianco. Così gli ho promesso che ci avrei provato….ti avrei chiesto se te la saresti sentita di…fare da papà a Simo…-

Dicendo questo si era voltata con gli occhi lucidi ma fermi, mentre si poteva scorgere tutto il nervosismo che la mangiava da dentro, avrebbe voluto scappare e nascondersi ma considerando che il suo nascondiglio preferito era Luca e che ora sarebbe dovuta scappare proprio da lui, preferì tirare fuori le cosiddette e darsi da fare.

Fu così che lui si decise a fare qualche passo in avanti verso di lei catturando i suoi occhi sull’orlo del pianto coi suoi che lo erano altrettanto.

Si disse che era troppo sensibile. Decisamente. Non era da uomini esserlo…ma in quel momento non gliene importava minimamente e poi era sicuro che a Nike servisse questo…piacesse questo.

Era molto emozionato e non riusciva a domare il proprio stato d’animo, sapeva che se avesse parlato si sarebbe tradito e avrebbe pianto come uno sciocco, tuttavia non gli parve così malvagio lasciarsi andare. Del resto non sarebbe riuscito a trattenersi, l’aveva fatto da troppo, tutta la sua adolescenza.

- Si…-

Avrebbe voluto dire altro ma come aveva immaginato le lacrime che gli uscirono subito glielo impedirono, non volle però peggiorare la situazione nascondendosi il viso, almeno nel pianto poteva avere una certa dignità. Lei avrebbe voluto così, conoscendola…se però non fosse stata occupata a fare la stessa cosa che ora faceva lui.

Fu lei a prendere l’iniziativa verso quel ragazzo puro e dolce come un angelo, così raro non per bellezza ma per l’animo….così non ne facevano spesso! L’abbracciò forte e mormorò solo un flebile:

- Ti voglio bene…-

Senza poter fraintendere il senso. Nike non l’aveva mai, MAI, detto a nessuno.

Sentirlo poi fra le sue braccia, lasciargli posare la testa sul suo seno morbido e libero, ricevere e trasmettere il suo calore, le sue lacrime, capire l’amore che lui le portava, da quanto tempo avrebbe voluto farlo, dirsi ‘cieca’ fra sé e sé, riempirsi di lui, avere la pelle nuda a contatto col suo corpo vestito, la stoffa che sembrava sempre più sottile, i cuori che battevano in maniera esagerata e i singhiozzi spontanei, innocenza e finalmente semplicemente amore. Poi fu lui ad alzare il capo, prenderle il viso fra le mani e con desiderio incontrollato ma dolcezza infinita la baciò mentre i suoi occhi quasi trasparenti s’imprimevano il suo volto da gatta bagnato dalle lacrime, le stesse che salavano il loro bacio tanto atteso e voluto, a cui avevano rinunciato per una serie di motivi che ora sembravano solo stupidi.

Averle, unirle, danzarci, combaciarvi, risucchiarsene e volare con quelle labbra.

Per un sipario che si abbassava su due che in fondo era scontato dovessero unirsi!

A volte ci vuole qualcuno che dica chiaramente le cose agli altri altrimenti questi non se ne rendono conto, a volte servono le cosiddette spinte e non fatti shockanti od esagerati, come quelli che avevano segnato la sua vita.

A volte per trovare il proprio posto non si deve andare molto lontano o aspettarsi la favola.

A volte il proprio posto è accanto a sé.

A volte proprio come per loro due.

 

FINE

 

NdAkane: ok, la sdolcinatezza è finita, spero di non farne presto di storie così romantiche e di non scrivere così spesso parole così zuccherose…spero abbiate gradito e che non sia esagerato, ma in fondo il resto era superfluo e anche se la tentazione di scrivere dei figli da grandi è enorme, ora come ora non posso certo farlo…anche se mi conosco e so che tempo due giorni e progetterò i personaggi dei figli da ragazzi!!! Comunque…spero molte cose belle per tutti e soprattutto più tempo libero per me…nonché pc funzionanti…con internet, ovvio!

A presto ed alla prossima romanticheria…

Baci Akane

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