a place for me di Akane (/viewuser.php?uid=27)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuoco nel cielo ***
Capitolo 2: *** Sveglia! ***
Capitolo 3: *** La prima famiglia ***
Capitolo 4: *** Memoria ***
Capitolo 5: *** Il mio posto ***
Capitolo 6: *** ragazzo selvaggio, ragazza selvaggia ***
Capitolo 7: *** Passione ***
Capitolo 8: *** Giorno felice ***
Capitolo 9: *** Sotto pressione ***
Capitolo 10: *** I'm with you ***
Capitolo 1 *** Fuoco nel cielo ***
AUTORE: Akane
TITOLO: A PLACE FOR ME
SERIE: original
TIPO: etero, Long story
GENERE: sentimentale,
comica, un po' drammatico
RATING: arancio alcuni
cap, ma non tutti.
NOTE: è
ispirata al mio gatto, alla sua vita e a quello che ha passato. La
protagonista è proprio la mia gatta Kyo solo che nella
storia è umana ovviamente, ma è lei di carattere
e di storia. Ha toni drammatici inizialmente, ma poi arriva anche il
lato comico e sentimentale.
DEDICHE: ai miei due
gatti: Kyo e Akane.
UN POSTO PER ME
“Cerco
un posto per me,
per
la mia testa,
per
la mia anima.”
PROLOGO:
FUOCO NEL CIELO
La prima cosa
che si udì fu l’odore di fumo. Non di sigarette,
quell’odore lo si poteva sentire uscendo in giardino negli
orari proibiti quando gli assistenti facevano la loro pausa e fumavano.
Quell’odore era di bruciato. Di ‘cose’
bruciate.
Lo distinsero
tutti nettamente.
Pur essendo
bambini lo sentirono come se qualcuno avesse detto loro cosa succedeva.
Veloci e
curiosi si affacciarono alle porte delle loro camerette per vedere cosa
succedesse e guardarono verso le scale, dove l’odore, o la
puzza, era più forte.
Bagliori
arancioni e gialli provenivano da laggiù. Come i capelli
mossi di Nike, ora sciolti e ricadenti lungo la schiena. Sembrava
riflettessero quei colori. Oltre alle luci sempre più
evidenti, si vide del fumo scuro salire, presto arrivò al
corridoio dove i bambini più grandi gridarono spalancando le
porte:
- AIUTO!
È IL FUOCO. L’EDIFICIO BRUCIA! -
E la
consapevolezza di essere intrappolati. Le fiamme ora visibili erano
grandi, sempre più prepotenti avanzavano dopo essersi
nutrite del piano terra. Dopo l’avviso anche i più
piccoli si unirono alle urla di spavento.
Pochi non
urlarono, anzi. Solo una. Colei che fra i capelli le fiamme le aveva
già. Il fuoco non è rosso vivo. Quando si dice
‘capelli rosso fuoco’ si è in errore
immaginandoli rosso acceso, poiché contiene mille colori dal
giallo al rosso, ma non scuro, non sangue. Se qualcuno ha i capelli
color fuoco significa che ci sono una gamma molto vasta di pennellate
naturali.
I grandi occhi
verde-dorati ora apparivano arancio, ma sempre da gatto. Le pupille si
restrinsero in due puntini impercettibili per la sorpresa di
ciò che vedevano.
La compagna di
stanza, una bambina più piccola di lei, si
raggomitolò sulla sua camicia da notte carminio che le
sfiorava le caviglie sottili.
Era notte e
stavano per addormentarsi quando il fiuto sviluppato di Nike aveva
allarmato la piccola Marlene. I biondi e corti capelli arruffati si
immersero in quelli ramati dalle mille sfumature dell’amica.
- Nike, cosa
succede? -
La calma della
ragazzina l’aiutava a non avere una crisi di panico.
- Dobbiamo
uscire Lene … di qua … -
Giudicò
al volo molto male gli altri che erano corsi per il corridoio senza
criterio né logica pieni di terrore per le fiamme. Che fine
avessero fatto le assistenti non voleva saperlo, come nemmeno
l’origine di quel fuoco. L’undicenne Nike era acuta
e silenziosa, preferiva agire per i fatti suoi piuttosto che perdere
tempo.
Con grande
destrezza e freddezza, si diresse verso la finestra richiudendo la
porta. Aprì i vetri facendo entrare l’aria pulita.
- Ma gli altri?
-
Chiese la
piccola.
Lei
evitò il suo sguardo impaurito dove lacrime premevano per
uscire.
- Si
arrangeranno, non posso salvare tutti … riuscirò
appena a salvare noi due … non sono un pompiere! Come ci ho
pensato io ci possono pensare loro ad uscire dalla finestra! -
Lei
continuò a stringersi alla compagna osservandola. Non
ribatté vedendola concentrata e laconica. Non capiva se
avesse ragione o meno, certo era che le dispiaceva perdere le altre
amichette, ma non voleva venire immersa in quelle fiamme roventi.
Con
impressionante agilità Nike saltò sul balcone
guardandosi intorno. Era un salto non indifferente e tutto quello a cui
potevano appoggiarsi era il cornicione, un metro sotto la finestra, e
la grondaia.
Poche storie,
non si poteva certo costruire una fune con le lenzuola come nei film!
Tese la mano a
Marlene e le intimò di salire con lei.
- Ho paura,
Nike … -
La voce le
tremava senza trovare il coraggio di imitarla e prendere la sua mano.
- Vuoi
bruciare? -
Dura e sicura.
Anzi. Molto brusca.
Un
po’ seccata di dover fare il giochetto psicologico con il
fondo di ricatto. Marlene era l’unica amica che si era fatta
in quel maledetto istituto per orfani, non ci avrebbe rinunciato. La
piccola scosse la testa mentre le lacrime uscivano, prese la sua mano e
la strinse incerta, decisa a non lasciarla mai.
- Vai prima.
Guarda, ti calo sul cornicione, ma stai attenta … siamo sul
retro e prima che i pompieri vengano a salvarci moriamo. Dobbiamo fare
attenzione. Sotto ci sono cespugli e alberi. Stai immobile
finché non ti dico cos’altro fare. -
Annuì
con le lacrime che scendevano calde e copiose. Si mordeva le labbra e
le guance piene. Persino in quel buio si vedevano le iridi azzurre
della bambina.
Con una forza
non indifferente per una della sua età,
l’aiutò a calarla sul pezzo di cemento sporgente
sotto di loro. Si immobilizzò terrorizzata
dall’altezza.
- Spostati
Lene, altrimenti non posso scendere anche io! -
Perse molto
tempo a farla spostare di lato, tempo prezioso durante il quale la
porta finì di bruciarsi. Un lampo. Il pensiero
volò veloce su due cose:
“Chissà se
gli altri ce l’hanno fatta …”
e poi: “Se
non mi sbrigo sarò io a non farcela, cavolo!”
Poi
saltò abile come un piccolo gatto. Non passava inosservata
nella notte buia, come nemmeno Marlene.
- Ascolta, ora
dovremo calarci per la grondaia. Reggerà, l’hanno
sostituita la settimana scorsa. Sta tranquilla. È facile
… -
- Ho paura
… -
- Forza che il
fuoco è in camera! -
- S
… i … -
Non riusciva a
sorridere, non era nel suo carattere ma nemmeno per chi amava ce la
faceva.
- Allora, vedi
quegli spunzoni? Fungeranno da scaletta. Sono ogni mezzo metro,
è facile. Le mani salde al tubo e i piedini su quelle specie
di chiodi. -
Una spiegazione
sbrigativa ma coincisa. La biondina tremava ma eseguì
lentamente, facendo attenzione a non scivolare. Ora grazie al fuoco si
vedeva abbastanza bene, ma il tubo era caldo. Nike vide la camera
invasa dalle fiamme, ma non si fidava a scendere in contemporanea alla
bambina. La grondaia era stata cambiata un anno fa, altro che
settimana!
Aveva dovuto
tranquillizzarla in qualche modo.
Sospirò
lasciando che il vento rinfrescasse il viso dove goccioline di sudore
colavano, si passò una mano fra i lunghi capelli e quando la
vide a terra salva le disse di iniziare a correre lontano
dall’edificio e aspettarla fuori.
Marlene non
voleva andarsene senza di lei, sarebbe stato più brutto che
morire là dentro, stare sola nella notte, ma con un urlo
furioso dell’amica lo fece.
Non la vide.
Le dava le
spalle correndo veloce.
Quando fu al
cancello dell’enorme giardino udì un forte boato.
Un esplosione. Si voltò di scatto e un urlo uscì
dalla sua gola. L’urlo più forte della sua vita.
L’edificio
era esploso … gridava il nome di Nike e continuava a
piangere copiosamente, accasciandosi al suolo, un gomitolo che non
vedeva più niente se non fiamme e fumo.
Erano le mani
che le bruciavano per il calore insopportabile della grondaia invasa
dalle fiamme, la sensazione che sentì al tatto
l’ultima volta prima di sentire solo fuoco.
La bocca
piccola e chiara chiusa e serrata, i grandi occhioni espressivi
risoluti a farcela, la pelle lentigginosa accaldata e sudata, le manine
affusolate annerite e bruciate. Era tardi ma sapeva che ce
l’avrebbe fatta. A metà strada successe che un
forte rumore proveniente dall’interno
dell’edificio, dalla cucina al piano terra, la fece sbalzare
nel cielo.
Volava.
E nel calore
soffocante ed insopportabile del fuoco sui vestiti e su qualche filo di
capello, che si spense nel volo con l’aria che
l’accoglieva nelle sue braccia trasparenti, ebbe la
sensazione di avere le ali e volare lontano anni luce da quel posto che
le aveva suscitato solo sofferenza.
Vedeva il fuoco
levarsi in cielo, sulla notte buia che sembrava diventato giorno,
tramonto. Il fumo nel cielo accompagnato dalle fiamme alte, alte,
sempre di più.
Il fuoco nel
cielo fu l’ultima cosa che vide dopo il tonfo sordo che non
le fece capire altro se non che poteva essere finita.
Poi
l’oblio e la dimenticanza.
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Capitolo 2 *** Sveglia! ***
CAPITOLO
1:
SVEGLIA
Un buio
assoluto e cieco. Di quelli in cui si vedeva il nulla e l’unica
soluzione era fermarsi e attendere. Un buio che infondeva una gran
paura. Paura allo stato puro. Qualcosa che prendeva le ossa, la carne,
le viscere e poi si espandeva come un cancro dappertutto. Terrore
dettato da una situazione terribile.
Nike non era
nel buio nel senso letterale del termine, bensì ci si trovava con
l’anima, la mente.
Cosa poteva
portare una persona ad un momento simile? La solitudine, il vuoto, la
povertà, il dolore fisico, la non via d’uscita.
I non ricordi.
Memoria perduta.
Berlino era un
bel paese, ma come per ogni grande città anche là c’erano i ‘posti
brutti’, quelli comandati da bande di quartiere, con muri sgretolati,
case cadenti e puzza ovunque.
Ma a parte quei
posti, era meta di molti turisti.
Ne venivano da
tutte le parti, anche solo per pochi giorni.
Famiglie intere
si organizzavano per un giorno o due, gente comunque che abitava da
quelle parti.
Il ragazzino
undicenne si era allontanato dalla sua con cui stava visitando la città.
Aveva la pelle
chiarissima e si poteva confondere facilmente per un tedesco. I capelli
erano biondi e lisci, fini come spaghetti tutti spettinati, gli occhi
azzurri e una bocca decisamente troppo carnosa per uno della sua età,
alto e con un viso molto bello.
Era italiano e
non capiva nulla di tedesco.
Aveva la mania
di perdersi nel suo mondo di fantasticherie e giochi continui, per cui
senza rendersene conto si era perso finendo in uno di quei posti poco
raccomandabili, specie per un bambino.
Con quei suoi
grandi occhi assorti e oscurati da una nube di incertezza, cominciava
ad avere la giusta paura, ma qualcosa lo muoveva, non poteva tornare
sui suoi passi, era convinto di stare per arrivare in un posto
speciale, tanto di lì a poco l’avrebbero raggiunto.
Era una cosa
che probabilmente prendeva solo i bambini dalla fervida fantasia,
coloro che sapevano ascoltare quelle vocine interiori che tutti
possiedono ma pochi odono.
Con un leggero
piagnucolio si dimostrò di non essere un ragazzino poi tanto
coraggioso, nonostante questo la curiosità era in contrasto con la sua
paura. Era attaccato alla famiglia e non si separava mai da loro, aveva
paura di star solo in posti sconosciuti, eppure sentiva che non poteva
fermarsi, sarebbe stato sciocco farlo in quel brutto posto.
Le bionde
sopracciglia incurvate a mostrare il suo stato d’animo.
- Mi sono perso
come uno stupido … sono stupido, lo sapevo, ma perché? Uffa … dove sono
gli altri?-
Si guardava
intorno con le iridi lucide, le lacrime premevano ma si mordeva il
labbro per non cedere. Sua sorella Selene gli diceva sempre che
piangeva troppo e faceva di tutto per non darle soddisfazione, glielo
diceva per renderlo più duro, diceva che doveva diventare un vero uomo
e non una femminuccia, però poi lo chiamava ‘cucciolotto’. Riflettè che
comunque ‘cucciolotto’ era sempre meglio che ‘scimmia’, come lo
chiamava l’altra sorella maggiore, Astrid. Fra tutte preferiva la più
grande ancora, Elisa, che non lo chiamava in nessun modo particolare e
lo consolava, invece che dirgli di essere più ‘uomo’; del resto con
Astrid aveva sempre giocato in tutti i modi, lo faceva divertire molto
e a Selene, nonostante non lo ammettesse, era molto legato, avevano
fatto ogni cosa insieme vista la poca differenza d’età.
Ora era
cresciuto, i giochi erano altri divertimenti, non piangeva poi così
tanto e chiedeva meno coccole.
In quel momento
si era messo a pensare alla famiglia per risollevarsi e non pensare
alla paura che aveva. Si diceva quello che ripeteva sempre Selene. Lui
era grande, ormai, e non poteva avere paura per ogni sciocchezza,
nemmeno piangere …
Inghiottì a
vuoto. Queste imposizioni lo schiacciavano.
Qualcosa
interruppe questo flusso di considerazioni.
L’attenzione fu
attirata da una strana figura che stava a terra in uno dei vicoli di
quel posto.
Vi entrò
guardando che non ci fosse nessuno e si accucciò voltando il fagotto.
- AH! -
Per la sorpresa
e lo spavento sedette a terra indietreggiando di qualche centimetro.
“Come
è possibile? È una... bambina!”
Non osava dirlo
nemmeno a voce, gli sembrava così strano. Impossibile.
Forse era uno
scherzo, magari si erano messe d’accordo Selene ed Astrid.
Indeciso sul da
fare si avvicinò scuotendola.
Dormiva, o per
lo meno sembrava. Era in pessime condizioni, sporca con lividi,
bruciature e ferite. I piedi indicavano che aveva camminato a lungo
scalza, infine notò le mani, erano nere e rovinate, come se avesse
preso in mano dei ferri roventi e li avesse tenuti a lungo.
A lui era
capitato una volta ma non proprio così.
Si grattò il
capo cominciando a sudare.
Cosa mai poteva
fare lui?
- Ehi,
svegliati … svegliati, su … -
Cominciò a
chiamarla titubante, poi sempre più agitato, successivamente siccome
non dava segni di vita, si mise a fare come Astrid:
- Sveglia,
sveglia, sveglia, sveglia, sveglia, … -
Fino allo
svenimento, senza interruzione, agitato da morire.
Mentre
l’assillava con quella parola, riuscì a pensare con una certa logica
elementare, tipica dei bambini: che avesse bisogno di acqua?
Questo lo fece
zittire per cercare nel suo zainetto una bottiglietta da mezzo litro.
L’aprì e gli bagnò il viso, non riuscendo a farla bere.
Improvvisamente
lei prese a tossire e a stringere le palpebre finché, ancora con gli
occhi chiusi, aprì le labbra per bere. Lui le mise così una mano sotto
il suo capo aiutandola a bere.
- Finalmente,
mi sono preoccupato … -
Eppure aveva
l’impressione che non lo sentisse.
Mentre lui le
dava da bere notò al polso un braccialetto in plastica bianco con un
nome scritto sopra.
- Ni … ke … ti
chiami Nike? -
Lei smise di
bere dopo aver scolato l’intera bottiglia, lo guardò ad occhi
spalancati e ancora priva di forze mostrò le iridi verdi-dorate. Erano
un colore incredibile, il viso gli ricordava molto quello di un gattino
spaurito, selvatico, specie per l’espressione.
Lui che adorava
gli animali e li conosceva meglio di chiunque altro, dava un animale a
tutti quelli che conosceva, per cui gli venne spontaneo darle il gatto.
Si strinse
nelle spalle.
Non lo capiva,
o forse non parlava?
Provò
quell’unica frase di inglese che si ricordava.
- I’m Luca …
Italy … you? -
Smarrita più di
prima. Sicuramente era tedesca, ma lui non lo conosceva il tedesco;
quando il panico cominciava di nuovo a dilagare, si ricordo di Tarzan,
il cartone della Walt Disney, per cui con una luce di speranza nello
sguardo si mise una mano al petto e disse:
- Luca. -
Poi la puntò
verso di lei e continuò:
- Nike? -
Lei chiuse gli
occhi e si tappò gli orecchi spaventata e dolorante. Luca capì che
aveva qualcosa che non andava e preferì non sforzarla, pareva non
ricordarlo. Magari non lo sapeva.
Il biondino
desiderò solo ardentemente di avere lì con se Elisa, sua sorella più
grande, lei sapeva sempre cosa fare al momento giusto, era la più
intelligente della famiglia, ne era convinto da sempre. Astrid sarebbe
stata certamente la meno utile, a meno che non si dovesse fare qualche
scherzo!
Pensò
insistentemente il nome della sorella a ripetizione con il panico che
si espandeva in lui.
Che diavolo
avrebbe potuto fare un bambino di quasi 12 anni?
Si spettinò i
capelli nervoso, magari aveva fame. Si illuminò il viso tirando fuori
della cioccolata, lui adorava la cioccolata e non se ne separava mai.
Gliene porse un
po’ e lei la guardò come fosse avvelenata, col sospetto negli occhi,
non era affatto bravo in queste cose, se lo capiva a parole sarebbe
stato meglio.
- E’ buona … -
E ne mangiò un
pezzo anche lui.
Lei non attese
altro e mangiò di fretta, aveva una fame pazzesca.
Luca l’osservò,
mangiava ma non staccava un attimo i grandi occhi da lui, come se fosse
in perenne guardia, probabilmente se poteva sarebbe scappata subito
terrorizzata, sicuramente stava lì stesa perché non riusciva a
camminare. Notò che era magrissima, forse non mangiava da molto e priva
di energie si era lasciata andare.
Dopo di che
cominciò a pensare concretamente al da fare.
Doveva portarla
dalla sua famiglia o dalla polizia; attese che finisse e si alzò.
Col movimento
brusco, Nike si portò le gambe piegate al petto e le braccia davanti al
viso in difesa.
Lui mise le
mani avanti in segno di resa.
- No no …
tranquilla, non faccio nulla … -
Le tese la mano
per aiutarla ad alzarsi, lei la guardò come fosse un mostro e non la
prese alzandosi con fatica ma da sola.
Notò solo
allora, il bambino, gli splendidi capelli, seppur ingarbugliati e
sporchi, che possedeva. Molto lunghi e di un colore caldo.
Suo malgrado si
avviò fuori dal vicolo sperando che la seguisse. La ragazzina rimase
ferma.
“Scapperà?” Pensò
il biondo sospeso a mezza via. Aveva capito che qualunque fosse la sua
storia, era troppo selvatica così decise di fare come per gli animali,
i suoi grandi amici, lasciando lì per terra altro cibo allontanandosi
con cautela nella speranza che di essere seguito.
Dopo qualche
metro notò che gli veniva dietro, a molta distanza, mangiando quello
che gli aveva lasciato, vedendo ciò un sorriso spontaneo e dolcissimo
si dipinse sul volto di Luca. Era incantevole come undicenne …
Non si sarebbe
mai e poi mai avvicinata, ma pensò che se anche lui si fosse agitato
mostrando la sua paura, sarebbe stato peggio: coi gatti randagi
funzionava così!
Forse, lui non
ne era sicuro, ma poteva darsi che una come Selene o Astrid, così
esuberanti e irrequiete, l’avrebbero spaventata.
Luca era un
bambino calmo e pacato di natura che però sotto pressione mostrava gli
artigli come in una trasformazione da cucciolo di leone a re dei leoni!
Ipotesi su
ipotesi nella fantasia che solo un bambino poteva avere e si sa, le
riflessioni che i bambini hanno per altri bambini, sono sempre le più
azzeccate.
“Mi
piacerebbe aiutarla e diventare suo amico … ha bisogno di ridere!”
Era
l’insegnamento delle sue sorelle.
‘Quando
incontri un bambino triste che non ride devi far di tutto per farlo
ridere e fargli tornare il buon umore, aiutalo come puoi, non lasciarlo
così! Mi raccomando!’
Un insegnamento
che aveva sempre attuato, inffatti era pieno di amici.
Ce l’avrebbe
fatta anche con lei?
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Capitolo 3 *** La prima famiglia ***
CAPITOLO
2:
LA NUOVA
FAMIGLIA
In casa erano
tutti trepidanti.
Seduti in fila
nei due divani in pelle nera posti ad angolo, divisi solo da una stufa
in ottone del medesimo colore, guardavano tutti e 4 l’ingresso. La
porta trasparente rivelava l’esterno dove nessuno al momento passava
nemmeno per sbaglio.
C’erano tre
ragazze grandi e un bambino ormai noto. Il bambino aveva 12 anni ed era
biondo con la pelle chiarissima e gli occhi azzurro-blu, sembrava un
tedesco ma non lo era, dei bei lineamenti dolci. Chiedeva
insistentemente l’ora.
- Luca,
smettila di rompere! -
Sbottò seccata
la terza sorella. Selene aveva 16 anni e appariva come una ragazza
maschiaccia seguace di Eminem ed Avril Lavigne. Fisicamente era come la
cantante canadese, caratterialmente era un mix fra i suoi due idoli.
Solo che i suoi
occhi erano più belli, grandi, allungati verso le tempie e azzurro
cielo.
- Senti un po’.
Quando li vedi arrivare saprai che è l’ora giusta! -
Liquidò l’altra
sorella, la seconda. Astrid di 24 anni era più sul rapper, ma adorava
vestirsi anche da metallara. Al momento indossava pantaloni larghissimi
blu scuro, col cavallo alle ginocchia, e una maglia senza maniche
sempre scura con disegnato uno scorpione blu e azzurro. I capelli le
scivolavano di mille tonalità di biondo fino al sedere, lisci, e gli
occhi dietro a due lenti squadrate d’occhiali erano verde chiaro. Quel
giorno il sole era caldo.
Logicamente non
aveva nulla di più, nulla di meno, rispetto al carattere della sua
seguace Selene.
Luca fece un
faccino dubbioso ripensando alla risposta delle due e un paio di
braccia l’avvolsero protettive. Il tono accusatore:
- Lasciate in
pace il mio amore!-
Il biondo si
lasciò cullare da Elisa facendo la linguaccia alle due despote di
famiglia.
Fu lì che per
la noia, Selene ed Astrid, decisero di farla pagare al fratellino poco
innocente. Una lo prese per le gambe trascinandolo a terra con una
culata non indifferente e l’altra, prima che la maggiore intervenisse,
si era già seduta sul suo stomaco di peso provocando un tentativo di
vomito al povero innocente che urlò disperato:
- ELISA,
AIUTAMI! -
La prima delle
tre sorelle sebbene avesse 26 anni e lavorasse da parecchio tempo coi
disabili in maniera delicata e dolce, si buttò anche lei nella mischia
afferrando per il collo quella che si era seduta sul suo angioletto
dolorante.
I boccoli color
cioccolata le ricoprivano, in un taglio scalato, le spalle fino alle
scapole. Più in là di lì non riusciva a farli crescere, si divertiva a
tagliarli ogni tanto per cambiare e anche il colore di capelli
alternava in varie tonalità da castano a rossi.
Gli occhi
azzurro ghiaccio si posarono taglienti sui diavoli che continuavano a
lottare per mordere e torturare il fratello.
Il dodicenne
reagì occupandosi di Astrid,di cui non ebbe pietà tirandole i capelli
(provocando per questo l’ ira indicibile della bionda).
Fu così che
arrivarono i genitori con il nuovo membro della famiglia.
Era normale,
ordinaria amministrazione, per i due adulti, vedere un simile macello .
Lo facevano spesso.
Avevano imposto
la musica spenta per non creare caos più di quanto già ce ne fosse, e i
computer spenti per fare una degna accoglienza, ma speravano che non
fossero arrivati a quello proprio nell’occasione per loro così speciale.
La ragazza
rimase indietro all’erta, sentendo la confusione provenire da dentro.
Si affacciò nascondendosi dietro la porta e, vedendo gente che si
picchiava, pensò di essere capitata nel posto sbagliato, dove i bambini
venivano picchiati!
I lunghi
capelli sciolti si inanellavano alle punte e il colore del tramonto
fiammeggiava sotto la luce del sole. Gli occhi verde dorati apparivano
molto più grandi di quanto avrebbero dovuto esserlo.
L’aria di chi
sta per andarsene, di chi vede l’orrore più acuto, di chi sa di essere
in pericolo e sta per scappare a gambe levate.
Detto fatto
seguì come al solito il suo istinto e facendo dietro front sparì nel
giardino di ghiaia, fuori dal cancello.
Non sarebbe
rimasta in un posto da pazzi come quello facendosi picchiare!
- Nike, No ….
giocano! -
Disse la donna
cercando di andarle dietro.
- Oh, ma siete
proprio stupidi! -
Sentenziò il
padre severo.
- Ce l’hanno
appena data in affidamento, nemmeno in adozione, e la facciamo già
scappare terrorizzata! Benone! Fra l’altro capisce qualche parola di
italiano messa in croce! Ora la prendete voi? -
Continuò a
borbottare burbero l’uomo, entrando.
Sgusciarono
fuori tre dei quattro figli per recuperarla, incuriositi.
- Tu non vai? -
Chiese ad
Astrid che si stese nel divano incrociando le mani dietro la nuca,
occhi chiusi, pacifica e beata.
Infine disse:
- E correre
come una scema dietro ad un gattino selvatico? E fare fatica? Ma per
favore! -
Ovviamente il
più lento fu Luca, Selene arrivò prima al nascondiglio, un enorme
tunnel di cemento con solo due uscite. Dentro raggomitolata c’era la
piccola Nike. Stava per uscire dall’altro lato ma si parò Elisa. Era
come una caccia al tesoro, anche se Elisa lo faceva seriamente, al
contrario dell’altra che si divertiva un mondo.
- Ehi, esci.
Stavamo giocando, dai … -
Disse infatti
dolcemente. Era veramente come avere a che fare con un gattino spaurito
e selvatico.
Selene sperò
che venisse da lei per vantarsi di aver vinto chissà quale
competizione, ma dopo un lungo e profondo attimo di indecisione, Nike
guardò un ultima volta le due ragazze dagli occhi azzurri, poi senza
più pensarci andò dalla sorella maggiore che le incuteva più calma e
meno paura. Insomma, scelse il male minore. La sedicenne se la prese
con la castana che trionfante cinse le spalle alla piccola, unico lieve
contatto ammesso, conducendola in casa.
Là, l’accolse
un mezzo grugnito di saluto della ragazza stesa nel divano che
sonnecchiava. Astrid non le diede una buona impressione, anzi. Poi vide
l’uomo che era venuta a prenderla, si era messo a preparare uno dei
suoi pranzi speciali a base di pesce per l’occasione.
Anche lui le
incuteva un certo timore, anche se non al pari della pessima sensazione
inflittale a primo sguardo da quella stesa nel divano.
Riconobbe
quella che sarebbe stata sua madre, era la migliore, lo pensò
istintivamente. Forse perché era una madre …
Ebbe una
discreta impressione anche di Elisa, quella che l’aveva presa in
giardino, Selene non era tanto meglio di Astrid ma ci si poteva
discutere, era una via di mezzo fra le due sorelle grandi.
Quando si voltò
notò dietro di se il bambino che l’aveva trovata in Germania.
Non capiva
ancora la loro lingua, si ricordava che si chiamava Luca e ad occhio e
croce avevano la stessa età.
Si sentì
inconsciamente sollevata, ma non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto
tortura.
Le indicarono
la sua camera al piano superiore, una camera non molto grande e
arredata semplicemente.
Vi si rintanò e
non scese fino a ora di pranzo.
Voleva avere il
meno possibile a che fare con tutte quelle persone. Non erano tutti
malaccio, ma preferiva non fidarsi, dopo quello che aveva passato, cosa
che le sarebbe piaciuto ricordare visto che non aveva più memoria della
sua infanzia.
Sbuffò seccata
guardando fuori dalla finestra, un paesaggio come tanti. Così optò per
il riposo stendendosi nel letto.
Era andato
tutto così in fretta, non ricordava altri nomi all’infuori di Luca e la
loro lingua era un dramma comprenderla, del resto non sapeva il tedesco
anche se l’avevano trovata là.
Uno shock
psicofisico le aveva cancellato la memoria fino a quel punto, poi la
fame sofferta le aveva trasmesso le solite malattie. Ora era guarita
però il distacco e il timore che provava verso il mondo intero le
impediva di parlare e di socializzare, era per questo motivo che non
riusciva a rendersi conto che non tutti erano cattivi e da prendere a
calci come invece pensava e faceva.
Era un periodo
buio la sua vita, a partire dai 0 anni. Era arrabbiata col mondo che
l’aveva ridotta a quel modo portandole via tutto e ancora non riusciva
a vedere il lato positivo, cioè che finalmente aveva incontrato una
buona famiglia. Ma avrebbe avuto tempo per rendersene conto.
Al momento era
in grado di formulare solo pensieri contorti e scontrosi verso ogni
cosa esistente.
Per
sopravvivere in quel pazzo mondo bisognava non guardare in faccia
nessuno e non fidarsi nemmeno di sé stessi!
I giorni
passarono e inizialmente nemmeno la si vedeva in casa, era sempre
chiusa in camera a fare pensieri sconosciuti. Non si faceva avvicinare
da nessuno, anche se per lo meno mangiava con gusto. Dopo aver patito
la fame non avrebbe rifiutato nessun cibo.
Cominciò a
sentirsi pian piano bene nella sua camera, nel suo letto, con ogni
giorno del cibo da mangiare e una doccia con cui lavarsi.
Successivamente
arrivò il momento di andare a scuola e li si rifiutò categoricamente.
Settembre era
arrivato inesorabile e lei aveva imparato abbastanza l’italiano. Il
resto l’avrebbe appreso a scuola.
L’impressione
che ormai avevano di lei in famiglia era quella di un gatto selvatico.
Con Elisa stava tranquilla, anche con la madre adottiva, ma con il
padre e Selene era sempre allerta, per non parlare di Astrid che la
terrorizzava!
Quando capitava
di stare sole in casa si chiudeva tremante nella sua stanza dopo averla
squadrata con gli occhi. Era dura, non parlava mai e non la toccava. In
fondo non aveva di che lamentarsi, eppure le faceva proprio paura.
Forse emanava
una forza troppo acuta e violenta, gli altri erano meno violenti,
avevano una forza più dolce e anche contro la sua volontà non poteva
averne proprio timore. Tuttavia contro Astrid ne aveva, eccome.
Poi come si
vestiva!
Selene fra
tutte era la più bella.
Ma quando si
trattava di pensare a Luca per considerarlo nella sua scala della
fiducia, non sapeva mai dove posizionarlo.
Ci pensava un
po’ e pensava che era stato lui a salvarla, se non fosse stato per lui,
lei sarebbe certamente morta, così finiva che lo imitava e che se
doveva scegliere di stare con qualcuno, quello era lui. Infatti sempre
a lui chiedeva consigli su come si facevano cose che lei non sapeva.
Ecco che senza
accorgersene iniziò ad accettare anche la scuola: l’aveva fatto a patto
che fosse accompagnata da Luca e che stesse in classe con lui.
Presto Luca si
trovò, senza rendersene conto, l’unico di cui lei si fidava veramente,
con cui aveva una specie di rapporto.
Del resto lui
attirava.
Lo ammise.
Luca attirava.
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Capitolo 4 *** Memoria ***
CAPITOLO
3:
MEMORIA
Accadeva troppo
spesso, per i suoi gusti, di stare sola con quell’essere così
spaventoso.
Astrid, le
pareva si chiamasse.
Stava sempre in
casa quando c’era anche lei. A parte per la scuola, Nike, non usciva
mai, ovviamente era per sua volontà: stava molto meglio in casa al
sicuro. Preferiva evitare i luoghi aperti e affollati ma c’erano, nel
pomeriggio, troppo spesso momenti in cui si trovava completamente sola
con la sorellastra maggiore, la seconda per ordine d’età.
Quella che le
incuteva più timore.
Luca era a
basket per cui aveva quelle due ore circa in cui si dileguava, Selene
aveva diversi impegni, stava poco a casa il pomeriggio. Elisa, quella
che preferiva, e la madre, la seconda preferita, erano una a lavoro e
una a portare in giro i figli. Il padre a lavoro anche lui.
Di fatto,
Astrid sembrava l’unica a non aver nulla da fare!
Se ne stava
sempre lì davanti al computer e vi smanettava a volontà, con la musica
a tutto volume, cose inascoltabili per la violenza con cui emettevano
rumori assurdi. Non si voltava mai, non si interrompeva per nessun
motivo, la sua attenzione non si spostava da quello schermo
luminescente. Portava gli occhiali da vista, incrociava le gambe su
quella seggiolona comoda con le rotelle e non dava cenni di vita.
Nessuno
esisteva.
Ne era un po’
sollevata, in cuor suo.
Preferiva
evitare di essere calcolata da lei, tuttavia questo rendeva quella
Astrid ancora più strana.
Nike se ne
stava per lo più chiusa in camera sua in silenzio a fare un po’ di
compiti per imparare in fretta la lingua, guardava l’esterno con un
certo disgusto e terrore di perdercisi senza poter più tornare al
sicuro.
Sicuro.
Si era trovata
a riflettere molte volte sul significato di quella parola.
Dov’è che
poteva considerarsi al sicuro?
Certamente in
un luogo chiamato casa. E c’era?
Veramente
pensava che ci fosse un posto tutto per lei dove stava bene e si
sentiva, appunto, sicura?
Quella casa
dove viveva ora era certamente calda e accogliente a modo suo, questo
lo capiva, anche se moltissime cose le evitava come la peste e la
spaventavano poiché troppo improvvise, caotiche, ipotetiche
pericolosità per lei. Insomma, nonostante tutto era una famiglia a
posto, eppure … eppure non sapeva ancora. Non riusciva ad amalgamarsi
bene, stava sulle sue; erano cose naturali, col tempo si sarebbe fidata
di tutti e sarebbe riuscita ad amalgamarsi, si diceva.
Attualmente
però preferiva andarci piano e capire come funzionava quel mondo così
strano.
Ancora non
aveva trovato un vero posto per sé. Un alcova, un angolo di paradiso.
Doveva capire,
prima, cos’era per lei il paradiso.
Quando
l’avrebbe capito, sarebbe stato tutto diverso.
Anche se non
aveva assolutamente fretta di andarsene da lì per affrontare una vita
tutta sua, non si sentiva ancora parte della famiglia, era cosciente di
essere un pesce fuori dall’acqua, eppure dopo aver assaggiato il mondo
selvaggio avrebbe afferrato e trattenuto con tutte le sue forze ogni
mano tesa. Con vergogna e imbarazzo, ma l’avrebbe fatto.
Era scesa al
pino inferiore dopo aver sentito lo stomaco brontolare dalla fame.
Con cautela
aveva sceso le scale ed era arrivata in soggiorno.
Luogo X per
lei, poiché ospitava quella strana persona soggetto per Nike di
profondo disagio e terrore.
Rallentò il
passo studiandola attentamente, gli occhi non battevano ciglio, intenta
al massimo a captare ogni mossa insolita ed improvvisa che potesse
andare a suo discapito.
La sua solita
posa, a gambe incrociate, pantaloni larghi e strappati, maglia leggera
e larga a maniche lunghe che copriva gran parte delle mani.
Gli abiti che
indossava di solito non erano malaccio, era solo che su di lei
assumevano un aria ancor più lugubre.
Un passo dopo
l’altro, lento, con massima cautela e attenzione a non fare rumore,
sperava di non essere vista e notata, magari non l’avrebbe calcolata.
Quando era quasi dietro di lei, Astrid alzò lo sguardo dallo schermo
del computer, si voltò di scatto e sorpresa vide che Nike era scesa.
Non sorrise per
rilassarla.
La ragazzina
trasalì e sbarrò totalmente gli occhioni verde-dorati, trattenne tutto
il fiato nei polmoni e la fissò come se stesse per essere mangiata,
come se Astrid avesse appena fatto un gran crimine: guardarla!
Sembrava si
preparasse al patibolo, una condannata a morte.
Attese il
verdetto con la paura chiara negli occhi.
Astrid notò la
cosa e si divertì per questo. Sorrise sinistra e senza rilassarla
maggiormente fece la cosa peggiore che potesse fare:
Le parlò!
- Nike, hai
fame? -
Deduzione ovvia
visto che quando era sola con lei, scendeva dalla sua camera solo per
ingurgitare cibo.
Era una
ragazzina buona, non dava problemi, silenziosa, sulle sue, mangiava
tutto, dormiva tanto, non era sgarbata e cercava di sparire, come, ad
esempio, per non pesare sugli altri. In realtà lo faceva per non subire
chissà quali danni.
Ancora non si
fidava di nessuno, tutti l’avevano capito.
Solo di Luca,
della sua stessa età, che l’aveva salvata la prima volta.
Una sorta di
fiducia inconscia, se glielo avessero chiesto non avrebbe saputo
rispondere concretamente.
Alla domanda,
Nike sembrò andare in crisi. Come se avesse udito chissà quale
oscenità, scandalizzata la fissò, mancava solo che si mettesse a
tremare!
- Ohi, non sei
obbligata a rispondere … innanzitutto respira, torna a battere ciglio,
rilassati che ancora non ti mangio! -
L’attenzione
della ragazzina si catapultò sulla parola ‘ancora’.
Provò a
respirare, ma non batté ancora ciglio. Immobile e silenziosa fissava la
sorellastra cercando di intuire le sue mosse.
Astrid parve
divertirsi poiché ebbe il suo ghigno tipico dei momenti di sadismo, e
continuò:
- Puoi anche
provare a parlare, ogni tanto! Non ti tocco e non mi alzo nemmeno! Tiè,
mangia queste, so che ti piacciono! -
Così dicendo
poco gentilmente, le lanciò fra le mani un pacchetto di patatine che
era già aperto, era uno di quelli formato famiglia, essendo che
chiunque avesse fame ne mangiava un poche, lasciando resto per gli
altri; gliele cedette memore delle scorpacciate che si faceva di quelle
‘schifezze’, come le chiamava la madre.
La destinataria
di tanta ‘gentilezza’ ebbe un tuffo al cuore e trovandosi con il
pacchetto fra le mani, non sapeva onestamente se gioire o piangere.
Optò per un
rifugio veloce nel divano, l’angolo più lontano dove potesse tenere
d’occhio quello strano fenomeno e mangiare avidamente silenziosa lo
spuntino pomeridiano.
Astrid si trovò
a pensare che era estremamente divertente provocarle quelle
alterazioni, come se andasse sempre in panico.
Non era
cattiveria, ma le risate se le faceva!
Si limitava
comunque a comportarsi come si comportava anche con gli altri della
famiglia e il punto era proprio questo!
Era da poco
tempo che Nike era arrivata in quella nuova famiglia. Aveva inquadrato
perfettamente tutti e si stava lentamente con molta fatica ambientando
a quel posto chiamato Italia.
Agli inizi le
erano arrivati sotto forma di sogni.
Ricordi della
sua vita prima di essere adottata. Prima di aver perso la memoria.
Li sognava la
notte e silenziosamente non mostrava segni di sofferenza, anche se li
vedeva come chiari incubi.
Un incendio e
un esplosione, la sensazione concreta di volare e un bruciore
diffondersi sulla pelle.
Come scene di
un film d’azione o di suspance.
Poi da sveglia
le erano arrivate come violente fitte di mal di testa, quando cercava
di ricordare i sogni che faceva.
Aveva capito
che probabilmente si trattava del suo passato e desiderosa di saperne
di più, si spremeva sempre molto.
Finiva con una
fitta mostruosa e una sensazione disgustosa di dover evitare.
Evitare di
sapere.
Sapere cosa?
Il significato
delle fiamme nei suoi sogni.
Sul corpo
riportava ancora delle ustioni di grado elevato e ferite cicatrizzate,
sintomi di qualcosa di forte subito.
Al mal di testa
si erano aggiunti nuovi flash.
Volti di
bambini.
Una bambina
bionda, sua amica forse.
Lene.
O era Marlene?
Tanti volti,
dunque, e tutti la tormentavano, si chiedeva come potesse averli tutti
in testa.
Quel periodo
per lei fu molto brutto.
Aveva fatto
fatica ad ambientarsi quel poco in quel nuovo mondo, a lei sconosciuto.
Tornare alla vita senza ricordi non era uno scherzo.
Affidandosi al
suo incredibile istinto era riuscita a trovare un piccolo punto di
equilibrio che si basava principalmente sull’amico Luca.
Non l’avrebbe
mai ammesso a sé stessa, troppo orgogliosa, ma il piccolo biondo era
essenziale per lei.
Dopo tutta
quella fatica erano arrivati quegli incubi e quei ricordi a turbare la
sua già labile serenità.
Paradossalmente,
solo molto tempo dopo l’avrebbe capito, era stato possibile proprio
perché aveva accettato la sua vita e si era un po’ stabilizzata, con la
calma mentale si era aperta una finestra, come se la chiave fosse stata
in lei. Come se la sua memoria avesse aspettato una specie di
permesso che era finalmente arrivato.
Impossibilitata
a far qualcosa, Nike si trovò sempre più di cattivo umore, un tormento
crescente, e un aspetto malaticcio.
Quella
malinconia continua nello sguardo, domande su domande e di nuovo quella
paura di sapere … quella paura di vivere.
Fu per non
vederla rinchiudersi in sé stessa definitivamente, che la madre glielo
chiese con gentilezza, facendo solo quello che delle madri potevano
fare.
Lasciò che
Astrid uscisse e che Selene fosse in camera a studiare, chiamò accanto
a sé Luca e si assicurò che Elisa fosse nei paraggi.
Semplicemente,
poi, si limitò a chiederglielo.
Cosa le
prendesse in quel periodo.
Forse era stata
quella luce tenue e dolce, materna, a spingerla a non spaventarsi come
normalmente accadeva quando qualcuno le parlava, o forse la presenza
sicura e pacata di Luca.
Si sedette
vicino a lui senza rendersene conto e stringendoglisi
impercettibilmente, lo fissò come a chiedere un permesso a lui di
parlare, come se cercasse un coraggio che a lei ancora mancava ma che
lui aveva, che lui poteva trasmetterle. Quella piccola sicurezza di non
perdersi.
E con cautela e
incertezza spiegò cosa le accadeva
Non pianse e
non mostrò panico se non tutta la fragilità che possedeva, disse ogni
cosa e come una specie di sfogo, arrivò fino in fondo grazie anche a
quel contatto lieve, inaspettato, bisognoso.
La mano di Luca
si era posata leggera e imbarazzata su quella di Nike, dispiaciuto per
vederla così, assicurandole che andava tutto bene, con una sensibilità
fuori dal comune.
Un contatto
semplice e dolce, infantile quasi, che solo in due ragazzini poteva
funzionare.
Non ci volle
molto alle sorelle per recuperare il resto delle informazioni sul suo
passato.
Scoprirono
facilmente che aveva vissuto in un orfanotrofio e con fortuna avevano
anche trovato il nome e il luogo di sorgenza dell’edificio.
Elisa, Astrid e
Luca avevano accompagnato Nike in quell’orfanotrofio per chiedere
spiegazioni, per saperne di più.
Quando giunsero
sul posto, fu quindi inaspettato trovare al posto della costruzione che
avrebbe dovuto sorgere, un campo vasto, una serie infinita di croci
piantante nel terreno, una accanto all’altra, in fila.
Su ognuna un
nome, un data di nascita con una data di morte.
Erano tombe di
bambini e ragazzini morti.
Non fu soltanto
inaspettato, fu sicuramente sconvolgente per Nike, trovarsi davanti una
croce di pietra con una piccola foto sua, le incisioni del suo nome,
cognome e le sue date di nascita e morte.
Nike Polaski
Nata il 25
Dicembre 1993
Morta il 17
Giugno 2005
Un cartello
inciso nella pietra, ad inizio del campo, diceva:
‘Ricordiamo
con amore e tristezza le vittime dell’incendio all’orfanotrofio XXXXX
il 17 Giugno 2005’
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Capitolo 5 *** Il mio posto ***
CAPITOLO
4:
IL MIO POSTO
Gli occhi erano
spalancati, le pupille rimpicciolite dalla sorpresa e le iridi ancor
più dorate di sempre. Il sole le batteva in faccia eppure sembrava non
infastidirla, sembrava nemmeno vederlo. Le labbra dimenticate aperte.
Una folata di
vento le portò i capelli mossi, di tutte le tonalità dell’arancione e
del rosso, sul volto che rimase come prima.
Colpita.
Non come lo si
potrebbe essere superficialmente di qualcosa che non prevedevi, che non
avevi mai pensato, che ad un certo punto della tua vita ti si piazza
davanti e devi per forza far caso a lei, non puoi ignorarla.
Quel tipo di
‘colpo’ lo provi momentaneamente, ma diventa subito qualcos’altro,
sorpresa, triste, felice…
Il ‘colpo’ che
aveva preso Nike, in quel momento, era ben diverso.
Era profondo.
Non sarebbe passato, non si sarebbe trasformato.
È il tipo di
colpo che arriva allo stomaco, mozza il fiato, i battiti cessano, ti
senti male fisicamente, non capisci più dove sei, lo spazio intorno a
te sparisce e il tempo perde d’importanza.
Il colpo che si
abbatte su di te, impedisce qualsiasi pensiero successivo, lascia
imbambolati e senti un pugnale che si contorce.
Brividi la
percorsero da capo a piedi rizzandole i peli sul corpo.
Come se il
vento che scomponeva i lunghi capelli, fosse il soffio della morte.
Lei doveva
essere morta.
Per tutti lo
era.
La sua
esistenza non aveva senso, per nessuno ormai aveva importanza, per
nessuno l’aveva mai avuta.
Era stata in un
orfanotrofio, il cognome l’aveva, però i genitori l’avevano abbandonata
o magari erano morti.
Inesistente.
Si sentiva come
se la sua nascita non avesse mai avuto motivo, se lei non ci fosse.
Ancor prima di
scoprire che vita potesse avere, scopriva che era morta.
Cioè, che per
tutti lo era.
Sparita. Il
mondo non era più suo affare. Non aveva un posto dove stare se non,
stando a quanto scoperto, sotto terra.
- C’è un
errore… Si sarà trattato di omonimia, Astrid, hai sbagliato! -
Luca fu il
primo a reagire sensatamente, come un ragazzo della sua età.
Incurante del
vento sempre più forte che scombinava anche i suoi biondi capelli
ricadenti così sugli occhi, il giovane lasciò sola Nike davanti a
quella che doveva essere la sua tomba, per andare davanti alla seconda
sorella e trattenersi dallo sconvolgersi più dell’interessata.
- Le palle di
mia nonna! Non dire stronzate! Ha fatto le ricerche anche Elisa e non
ci sono errori! Nike Polaski è lei! Era esattamente in questo
orfanotrofio e all’anagrafe di questo posto ha quella data di nascita!
E poi, rimbambito, non vedi che c’è anche la sua foto? Io non sbaglio! -
Alzò la voce la
ragazza, arrabbiata per sentirsi dire quelle cose. Senza tener conto
che, magari, era stata indelicata. Del resto indorare la pillola non
serviva a nulla.
Luca cacciò il
broncio arrabbiato per non riuscire ad essere d’aiuto all’amica, guardò
Elisa implorante come a dire che facesse qualcosa.
Così, la
castana, fece qualche passo avanti e disse dolcemente rivolta a Nike:
- Non devi
preoccuparti… è solo un equivoco, probabilmente quella sera non ti
hanno trovata e ti hanno messo nella lista dei deceduti. È semplice,
basta andare da chi di dovere per sistemare le cose. -
Effettivamente
era più semplice di quanto si pensasse, ma di fatto trovare la propria
tomba con tanto di foto non era cosa di tutti i giorni, specie per una
con una storia come quella della piccola selvatica ragazzina.
Non distolse
ancora lo sguardo dalla croce.
- Si, infatti!
La fate troppo tragica! C’è poco da fare, se qua c’è stato un incendio,
vedi che è facile che tu sia finita, in qualche modo, lontano dagli
altri a perdere la memoria. Se poi le ricerche non sono state fatte
bene, non è colpa nostra! Non è un dramma, andiamo dalla polizia e
denunciamo la cosa. Insomma, non può mica rimanere morta per lo stato! -
Logica
inoppugnabile, peccato per il tono sbrigativo e poco carino. Nike si
scosse e guardò le due ragazze, poi posò lo sguardo su Luca e
improvvisamente capì che non c’era nulla di cui preoccuparsi.
Come se non
solo le parole, ma anche lo sguardo sereno e finalmente disteso di Luca
la calmasse, la riportasse alla realtà, l’aiutasse concretamente.
- Si… -
Disse incolore.
Il vento cessò
e i capelli si tornarono a posare sulla schiena e un po’ sul viso.
Quando si girò
per guardare i suoi compagni di viaggio e avventura, con un aria tirata
che si sforzava di convincersi di quanto fosse stupida a rimaner male
per una simile sottigliezza, vide qualcosa che attirò la sua attenzione.
Qualche metro
dietro di loro, che li fissava stordita, c’era una ragazza poco più
piccola di lei, accompagnata da un adulto.
Era bassa e
mingherlina, lineamenti delicati e molto infantili, boccoli biondi le
incorniciavano il viso un po’ scomposti per il vento appena passato.
Stringeva fra
le mani una rosa bianca.
Aveva un
espressione facciale pressoché sconvolta.
In quel momento
un telefono squillò spaventando un po’ tutti per il silenzio che era
calato.
Astrid rispose
al cellulare e mentre accadeva, qualcosa si accese in Nike.
Conosceva
quella ragazza.
Ne era certa.
La voce di
Astrid parlò seccata come suo solito e disse:
- Lene, che
vuoi?-
Lene era
Selene, la loro sorella rimasta a casa, con mille borbottii e
contrarietà.
Lene.
Lene.
Quel volto.
Non quello
della sorellastra a casa.
Lene le aveva
sempre richiamato un mal di testa eccessivo, un volto diverso da quello
di Selene.
Un ricordo
lontano, la sua voce che diceva ‘Lene‘ affettuosamente, come se si
rivolgesse ad una specie di sorellina minore.
Fece qualche
passo in avanti e finalmente anche gli altri notarono le altre due
persone.
Chiesero
qualcosa, salutarono, forse. Nike non avrebbe saputo dirlo.
Il volto di
quella figura fine e magra che le stava davanti ora, Lene nelle
orecchie, in continuo.
E un rimbombo
lontano, una risonanza, un ‘è vero, è così, è lei, la conosco. È Lene…’
che si faceva strada.
Lei chi?
Confusione,
caos, la testa si sforzava, ma non rispondeva alle sue domande ed un
dolore acuto le assordò i timpani, si premette le mani alle tempie e
con una smorfia di dolore attese che passasse… e fu quando la piccola
disse con voce sottile e stupita:
- Oh mio Dio…
Nike… -
Nella sua
lingua, in tedesco, che il botto violento che sentiva in sé, sparì.
Lasciandole i
ricordi tanto agognati.
- Lene…
Marlene… sei tu… -
Sospesa fra il
sogno e la realtà, mossero entrambi dei passi incerti, quando furono di
fronte fu Nike ad alzare la mano per prima e posarla sulla guancia
della bionda.
La toccò e fu
certa di sapere chi fosse e di avere un posto di appartenenza, ricordò
ogni cosa, la sua lingua madre, gli episodi passati in orfanotrofio con
l’amica, i suoi malumori continui, il bene che aveva voluto a quella
piccola personcina che aveva protetto fino all’ultimo, l’unica che mai
fosse stata veramente sua amica.
Fu grazie al
rapporto che c’era stato fra loro due, solido, forte, indissolubile,
grazie alla rivelazione che quel sentimento perenne che lega, esiste,
non è una banalità, e che si chiama amicizia, che fu permesso libero
accesso alla sua memoria.
Poteva un
amicizia arrivare e ridonare i ricordi perduti? A ricucire lo strappo
che lo shock le aveva fatto subire?
Quanto forte
poteva essere un rapporto umano?
Così tanto?
Si.
Lacrime
scorsero lungo le guance di Nike, lacrime candide, di liberazione, come
se l’oppressione che le schiacciava il petto da sempre fosse fumata,
evaporata.
Come se fosse
finalmente libera.
Si piegò sulle
ginocchia, piangendo, vergognandosi di quello, ma stando infinitamente
meglio.
Marlene rimase
di sasso anche lei, per tutto, per la reazione di Nike, per averla
ritrovata, per aver scoperto che non era morta… che poteva riaverla,
ringraziarla della vita salvata, aiutarla concretamente, restituire il
bene che le aveva dimostrato, essere sua sorella veramente, almeno per
un pezzo di carta scritto da qualche parte.
L’abbracciò
forte con un esplosione di emozioni troppo violente per una delicata
come lei, e pianse accompagnando le lacrime dell’amica ritrovata.
Non mille
domande di rito, normali. Non cercare di riprendersi, comporsi, capire,
sapere i perché, i come, i se, i ma, i dove… nulla… solo una frase
dettata dal profondo affetto e desiderio che aveva provato dalla
notizia della morte dell’amica.
- Nike… rimani
con me, ti accoglieranno, sarai finalmente mia sorella, ti prego… come
sognavamo; essere adottate dalla stessa famiglia. Per me lo faranno,
non hanno problemi… sono speciali, vedrai. Rimani con me… -
Non per
egoismo, non perché non ci arrivava da sola, ma perché, semplicemente,
le voleva così bene che non voleva perderla di nuovo.
Elisa, Astrid
ma soprattutto Luca fecero molta attenzione a quanto sarebbe successo
dopo, stupite e contente (compreso Luca), per quanto stavano vedendo,
si trovarono subito a storcere il naso e ad incupirsi a quelle
richieste.
Ma se il volere
di Nike sarebbe stato quello, non avrebbero obiettato.
Nike si fermò
di colpo e si staccò, la guardò profondamente negli occhi con ancora
molto stupore per tutto, soprattutto per quell’ultima frase.
Non riusciva a
riflettere, era stato un momento troppo intenso per lei. Non era
sicura, non sapeva, non capiva; fragile come mai lo era stata si chiese
cosa dovesse fare e rimanendo a terra guardò di scatto le due sorelle,
senza osare guardare Luca.
Fu Astrid a
parlare per prima, risparmiandolo ad Elisa, che sapeva quanto teneva a
quella piccola bambina.
Fu dura, come
solo riusciva ad essere quando qualcosa le premeva veramente.
- Se lo
desideri… -
- Come? -
Mormorò
insicura Nike.
Luca la guardò
sperando che non lo facesse, che non lo dicesse… Elisa chiuse gli occhi
preparandosi:
- SE LO
DESIDERI! -
Urlò
arrabbiata. Nei suoi piani doveva controllarsi e non far capire la sua
contrarietà, per legarla a sé il meno possibile, per lasciarla più
libera, però sapeva che sarebbe finita così.
Elisa si
inginocchiò davanti alle due e parlò come lei sapeva fare, dolce e
paziente, con un dispiacere nello sguardo:
- Tesoro, non
devi sentirti in obbligo, tu devi fare le scelte che vuoi, hai sofferto
tanto ed è giusto che vai nel posto che senti tuo… -
Luca non seppe
dire o fare nulla, lo shock per la possibilità di perdere una persona
come Nike, nuova sorella, nuova amica, lo lasciò inebetito,
indietreggiò e non riuscì nemmeno lui a nascondere ciò che aveva dentro.
Troppo limpido
come il suo azzurro sguardo cristallino.
Una preghiera
continua… ’non andartene, non andartene, non andartene…’
L’occhiata
successiva su cui si posò Nike, fu proprio per lui.
Non importava
nulla, se lui le avesse chiesto di rimanere sarebbe rimasta.
Fu una verità
appresa in un secondo, un lampo.
Era questo che
voleva.
Non far star
male lui che l’aveva aiutata più degli altri, vero era però che tutti
avevano fatto molto per lei.
Che dopo la
fatica di essersi esposta, ambientata ed aver accettato quella strana
ma affettuosa famiglia, aveva anche imparato a viverci.
Cosa
significava?
Starci anche
bene, al suo interno.
Sentirsi a
posto… a posto.
Era questo il
punto, si sentiva parte di un famiglia, ormai Udine era la sua casa, se
sarebbe tornata da qualche parte, sarebbe stato quel posto, da quei
genitori, da quelle sorellastre e da quel fratellastro, amico, compagno.
Quel punto di
riferimento fermo e sicuro che ora indietreggiava impaurito da
qualcosa, da lei, dalla sua risposta.
Ecco cosa
voleva lui.
Che lei
rimanesse nella sua famiglia, con lui.
Lo sentiva, ne
era certa, ormai lo conosceva.
Così le lacrime
furono asciugate dal suo dorso, si alzò in piedi alzando anche Marlene,
le tenne le mani stringendole forte e parlò sicura, non più sconvolta,
con una grande forza interiore, una volontà di ferro, un’anima
incrollabile.
- Lene, ti
ringrazio per quello che mi hai detto, vorrei accettare, è il desiderio
più grande che ho avuto da sempre. Lo sai il bene che ti voglio, specie
ora, dopo tutto quanto… ma non è giusto, sai? Nei confronti di chi mi
ha aiutato ora, mi hanno tolto dalla strada, hanno impedito che morissi
di fame e malattie, mi hanno dato la salute, la vita, una memoria, un
affetto… qualcosa da tenere per me e me solo, di cui andarne fiera, mi
hanno dato una famiglia, qualcosa a cui tutti agogniamo. Il mio posto è
con loro. -
Le lasciò un
attimo per incassare il colpo, poi si sollevò sentendo la sua risposta.
Un abbraccio
spontaneo e stretto.
- Non importa,
va bene lo stesso, sono contenta per te… possiamo vederci lo stesso. -
E lei ricambiò
l’abbraccio.
Sorrise leggera.
Stava bene.
Aveva trovato
il suo posto.
|
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Capitolo 6 *** ragazzo selvaggio, ragazza selvaggia ***
CAPITOLO
5:
RAGAZZO
SELVAGGIO, RAGAZZA SELVAGGIA
Quella mattina
il sole era alto e caldo, l’estate stava arrivando e come ogni volta
risvegliava i bollenti spiriti dei ragazzi mentre metteva in allerta
quelli delle ragazze.
La finestra
della camera di Nike si spalancò facendo entrare la luce delle 7.15 del
mattino. Un po’ di brezza leggera le scompose i capelli ai lati del
volto rinfrescandole la pelle liscia e chiara, respirò a pieni polmoni
e poi grugnì fra sé e sé:
- Una nuova
schifosa giornata è iniziata, che palle! -
Lei non aveva
una cattiva vita, anzi, stava fin troppo bene in famiglia, anche se a
volte pregava che Astrid non tornasse d’improvviso a trovarli o che
Selene avesse altre partite di basket da giocare; il suo problema
principale che la faceva considerare ‘schifosa’, la giornata, era
puramente di ‘fuori casa’. Esattamente il mettere piede fuori dal suo
sicuro alloggio l’angosciava ancora. Del resto rimaneva sempre un tipo
selvatico i cui primi anni della vita erano stati vissuti per strada o
giù di lì, aveva imparato la sopravvivenza e a dare confidenza a poche
persone. Lei era istinto ma il suo istinto diceva di stare lontana da
chiunque non fosse il clone fisico e caratteriale di Luca e di Elisa.
Socialmente parlando era un vero e proprio gatto randagio.
Tornata dal
bagno rinfrescata, scelse alcuni vestiti con non troppa attenzione.
Voleva evitare di essere notata e appunto per questo indossava sempre
vestiti poco femminili e non alla moda, anche se forse ai tempi in cui
era si veniva notati di meno seguendo la moda che altro. Si spogliò
dell’enorme maglia che fungeva da camicia da notte e la sensazione dei
lunghissimi capelli sulla schiena nuda le piacque come al solito, li
fece dondolare un po’ mentre lasciava al vento le sue grazie non troppo
prosperose. Le onde di quella cascata del tramonto continuavano come da
piccola a possedere riflessi fra i più svariati, non solo arancio, come
era il suo colore totale di capelli, ma anche castano scuro e rosso
fuoco, come il pelo di un gatto maculato. Le arrivavano oltre il
fondoschiena e ne andava fiera, anche se ci aveva messo un po’ ad
ammetterlo. Di per sé non era stato faticoso farli crescere, li aveva
solo lasciati sulla testa e pettinati poche volte, anche perché
esercitando la spazzola in quelle lunghezze mosse, le sarebbero
divenuti crespi.
Indossò
reggiseno e imprecò come ogni volta per quei terribili gancetti
chiedendosi come mai non fosse nata maschio, poi fu la volta del resto,
più semplice: jeans dai quali non si separava mai, piuttosto consumati,
e maglietta di due taglie più grandi, nera con un ragazzo in skate
board sulla schiena.
Uscì dal buco
che aveva per camera trascinandosi svogliata lo zaino mezzo vuoto,
forse aveva dimenticato qualche libro o i compiti, ma non se ne curò,
ormai i professori la conoscevano ed era un caso patologico.
Nel corridoio
del piano superiore, passando davanti alla camera di Luca, la sua porta
si aprì e lei d’istinto scattò allerta mollando lo zaino a terra, alzò
le braccia davanti a sé in una mossa di karate (per tranquillizzarla
l’avevano mandata ad un corso di karate) e aveva spalancato gli occhi
in una pura espressione di spavento.
Quando vide che
si trattava di Luca si calmò:
- Ehi, sono io
… non hai ancora imparato che questa è la mia camera e che vengo a
scuola con te? -
Disse ironico e
divertito il biondo guardandola distratto, si richiuse la porta dietro
di sé celando il caos che regnava dentro la sua camera e la precedette
prendendole lo zaino, lo soppesò con un simpatico ghignetto sulle
labbra ben disegnate e mormorò:
- Anche oggi in
previsione qualche nota di demerito … -
Nike non vi
fece caso e prese l’oggetto ributtandolo sulla spalla, il respiro le
era tornato normale e sospirò felice che si trattasse del suo migliore
amico.
Lo guardò
mentre scendeva le scale, aveva un’ampia schiena ed era molto
muscoloso, lo si vedeva dalle braccia scoperte, indossava una maglia
senza maniche, rosso acceso, il rosso gli donava a lui, aveva anche un
cappuccio, la maglia, e gli scivolava larga addosso, i pantaloni
cadenti non lasciavano tutto da immaginare poiché non mostravano le
gambe atletiche che possedeva e nemmeno il fondoschiena da urlo che
perfino lei doveva ammettere essere bello.
Luca era uno
sportivo, un giocatore di basket, ed in quando tale aveva decisamente
un bel fisico, tutti gli altri diciottenni, a meno che non facessero
sport, erano magri come stecchi e possedevano braccia smunte, per non
parlare del didietro piatto ed inesistente.
Lei non
guardava queste cose nei ragazzi, anzi, non li guardava affatto, ma
sentiva le sue compagne fare certe osservazioni e adorare il bel Luca
dall’aria d’angelo, protetto e idolatrato da tutte
Lui dava alle
persone del sesso femminile un forte istinto d’amore dolce e tenero, il
bello era che non ne era affatto cosciente.
Guardò poi la
sua nuca, i capelli biondo chiaro gli arrivavano fino alle spalle ma
erano spettinati anche se in realtà per essere lisci e fini sarebbero
dovuto essere meno terribili. A Nike piacevano i suoi capelli, di norma
piuttosto in ordine ma che non curava più di tanto, gli stavano bene di
natura e non doveva domarli nè con gel nè con spazzola, gli
incorniciavano il volto regolare e angelico in modo molto artistico e
naturale. Li invidiava, i suoi se fossero stati così corti sarebbero
stati da suicidio.
Giunsero alla
fine della rampa e lei non rispose a nessuna delle domande che lui le
aveva posto, ormai ci era abituato.
Quando furono
in soggiorno lei rimase un attimo ferma sempre sul chi vive, sicura di
trovare qualche nuovo mostro da affrontare, nonostante ormai abitasse
in quella casa da anni, non era mai semplice andare da una stanza
all’altra.
Si vergognava
ma non riusciva a controllare quel suo lato impaurito ed intimorito da
qualunque cosa animata, persino la sua ombra le procurava spesso
fastidi.
Mollò come Luca
lo zaino all’ingresso e si accorse che il biondo si era appollaiato al
tavolo della sala da pranzo.
Percorse svelta
la stanza in cui era passando l’arco che divideva i due ambienti, così
si sedette accanto a Luca facendo un sospiro di sollievo, era arrivata
ad un posto circa sicuro. La madre li salutò semi allegra e semi
addormentata e senza mai perdere l’abitudine, mise loro davanti
un’abbondante tazza di latte e cereali, la colazione preferita di
entrambi, vi si avventarono felici e contenti; Nike mangiò vorace e
piena di fame, una fame che non esauriva mai, aveva patito la fame da
piccola e non sarebbe mai più successo.
- Mamma, allora
stasera vengono Astrid, Elisa e rispettive famiglie? È confermato? No,
sennò me ne vado con Niky, Seba e Lore … -
Chiese Luca di
punto in bianco, a Nike le andò di storto il boccone e tossì, poi rossa
in viso guardò assassina Luca, questi la notò e disse divertito:
- Dovevo
avvertirti che stavo per parlare oppure sei disperata perché torna quel
mostro di Astrid? -
Non aveva mai
superato bene nemmeno questo scoglio: era troppo cattiva, ai suoi
occhi, la seconda sorellastra maggiore, in realtà aveva solo un
carattere difficile ed irruente, nulla di così devastante ma a Nike
bastava.
Lei scosse
energica il capo mentre dalla cucina spuntava la testa riccia e ridente
della madre per vedere la reazione:
- Tutte e due! -
Borbottò
lasciando ridere gli altri due.
- Si, comunque
vengono tutte e due, la famiglia è riunita al gran completo, Elisa e
Filippo hanno un annuncio da fare … tu, Selene e Nike dovete esserci,
mi raccomando! -
Sentenziò
infine la madre tornando a sparire. Luca non si lamentò solo perché
adorava le sue due sorelle e da quando se ne erano andate sposate,
aveva sentito un grande vuoto. Elisa si era sposata all’età di 27 anni,
un anno dopo l’arrivo di Nike, ma meditava le nozze già da qualche
anno. Astrid invece a 26, due anni dopo l‘arrivo della ragazza. Da
parte del ragazzo era stato un dispiacere lasciare quella che tanto lo
coccolava, Elisa, ed invece un dilemma lasciare Astrid: con chi avrebbe
fatto lotta libera? O meglio, Selene gli sarebbe bastata? Sicuramente
con Nike non avrebbe potuto.
Per la ragazza
fu come perdere un gran punto di riferimento su Elisa invece riguardo
Astrid fu ovviamente un sollievo, in cuor suo aveva ringraziato a fondo
quel sorprendente ragazzo che se l’era sposata, prima o poi avrebbe
fatto un monumento a Marco, suo marito attuale.
Quella sera,
poi, avrebbe fatto un grande sforzo riavendo lì non solo uno dei suoi
incubi, ma anche i suoi figli. Si, perché la despota aveva avuto il
coraggio di sfornare subito due gemelli e col carattere dei genitori
erano uno spettacolo!
Fece la prima
preghiera della giornata chiedendo che Michael e Daniele avessero un
febbrone che li costringesse a letto per tutto il tempo, se odiava
qualcosa erano proprio i bambini, non era tagliata per loro, si
detestavano a vicenda e sentirsi chiamare ‘zia Nike’ le faceva
accapponare la pelle!
Un peperino
anche Miriam, la figlia di Elisa, decisamente l’opposto della castana,
anche se le avevano svelato che questa da piccola era tutt’altro che
dolce e materna, al contrario era stata una peste terribile
In
fondo Miriam si limitava ad essere la sua copia!
Pregò quindi
affinché la stessa Miriam fosse stata colpita da un fulmine … si perché
a lei le malattie e le febbri non funzionavano, prima di metterla KO ci
voleva molto di più e forse, ipotizzò Nike, i fulmini erano l’unica
cosa! O suo padre arrabbiato!
Così terminò la
colazione, che le era andata di storto e non si era goduta a
fondo e si infilò in bagno dove beccò il secondo o terzo
spavento della giornata: c’era Selene!
Fece un salto
all’indietro e trattenne di nuovo il fiato, la solita posa da karate e
un’espressione terrorizzata, questa volta non la tolse poiché era
‘solo’ Selene … no, la peggiorò poiché era ‘addirittura’ Selene!
Il panico la
invase … e se si fosse accorta di lei? Se le avesse parlato? Se
l’avesse guardata, considerata, calcolata, ecc?
Si sentì quasi
morire e di colpo le sembrò, come accadeva ogni santa
mattina, di essere tornata a 12 anni, quando appena arrivata
in quella casa, si sentiva un vermiciattolo strisciante con la
possibilità di essere sempre calpestata da qualche gigante!
Si ripeté
mentalmente che aveva 18 anni e doveva smetterla di fare così, eppure
era più forte di lei, un’abitudine o un suo lato caratteriale troppo
radicato in lei.
Selene la notò
e si mise a ridacchiare sadica, avrebbe voluto giocare con lei, ovvero
stuzzicarla un po’ ma stava per arrivare anche Luca e se l’avesse vista
tormentare Nike, sarebbe nato uno dei soliti litigi e di mattina
perfino il maschiaccio di turno dal bell’aspetto non ne aveva voglia!
Il maschiaccio
dal bell’aspetto in questione posò la spazzola e lasciò i suoi lunghi
capelli biondo scuro, sciolti sulle spalle, erano molto scalati e
sfilacciati, un taglio che le donava, infine passandole accanto le
diede un pizzicotto amichevole al fianco e uscì dal bagno. Nike si
rilassò solo dopo due minuti abbondanti sperando che non lo facesse
più, sapendo invece che il giorno dopo l’avrebbe rifatto.
Si piazzò
davanti allo specchio dopo aver lavato i denti si riassettò i capelli
ingrovigliati, poi mentre rifletteva se seguire il consiglio delle sue
compagne che le dicevano di truccarsi un po’ e di usare qualche crema,
non notò, straordinariamente, l’entrata di Luca; ormai non lo riteneva
una minaccia, solo appena sveglia non riconosceva bene le onde di pace
emanate dal suo corpo, giunti a quel momento della mattina invece si.
Si era
solamente distratta un attimo osservando sé stessa ed il suo volto
maturo ma sempre dai lineamenti selvatici e dai grandi occhi da gatta
che dal dorato scemavano fino al verde chiaro, quando aveva sentito
nella stanza un: ssssssssssssssssss molto lungo.
Qui lei sgranò
maggiormente gli occhi e si voltò veloce come faceva sempre, vide come
temeva Luca girato di schiena che urinava tranquillo e beato. Arrossì e
con uno spintone urlò:
- LUCA! MA
DIAVOLACCIO! OGNI MATTINA LA STESSA STORIA! PISCIA SU DI SOPRA DA SOLO,
CI SONO IO QUA! -
Nike era così
strana, per Luca era naturale, erano fratello e sorella, a dire il vero
non di sangue ma poco importava e con sua sorella lui faceva così,
tanto glielo ripeteva ogni volta e lui ogni volta non se ne curava ed
entrava a fare i suoi bisogni senza farsi problema alcuno!
Quando si voltò
perché aveva finito la trovò appiattita contro lo specchio ancora
sconvolta e si domandò come facesse ad essere così contraddittoria.
Loro malgrado
andarono oltre mettendosi ad inscenare subito una specie di balletto
per la supremazia dello specchio, alla fine aveva vinto lui grazie alla
fuga di lei!
Luca si sistemò
i capelli, lui da piccolo non se li pettinava mai però tenendoli lunghi
fino alle spalle qualcosa doveva fare per non renderli così tremendi,
diede un veloce colpo di spazzola e subito gli tornarono come sempre,
lisci intorno al viso, si lavò i denti e si mise un po’ di profumo, la
mania gliel’aveva data una delle sue sorelle maggiori; infine constatò
che come al solito poteva andare: occhi azzurri vispi e non troppo
aggressivi (non lo era nemmeno nella punta dei capelli), lineamenti
amichevoli nonché dolci e angelici e in tutto questo nemmeno l’ombra di
un po’di consapevolezza e superbia.
Sperava che
quel giorno le ragazze non l’avrebbero asfissiato di corti serrate e di
biglietti vari.
Nicola,
Sebastiano e Lorenzo, quelli del suo gruppo, gli amici del cuore
inseparabili, erano ormai di casa e conoscevano Nike anche perché come
lui l’avevano in classe a scuola, sostenevano che era una bella ragazza
ma poco socievole e lui era in linea di massima d’accordo, solo che a
lui andava bene così; se fosse riuscita ad andare d’accordo con
qualcuno che non fosse stato lui o al massimo Elisa, si sarebbe sentito
invaso nella sua vita, il suo rapporto con lei intaccato e rovinato,
anche se capiva che prima o poi il fidanzato l’avrebbe avuto anche lei
e avrebbe preso la sua strada.
Ogni tanto si
impanicava e rabbuiava pensando che prima o poi si sarebbero separati,
ma accantonava questi pensieri lugubri.
La scuola quel
giorno era finita, tutti i ragazzi uscivano dall’edificio scolastico
avviandosi verso diverse destinazioni, Nike annoiata e seccata
aspettava Luca, fuori dal cancello (lui era stato trattenuto in classe
mentre lei no), seduta al muretto, mentre elencava tutte le tragedie di
quella metà giornata.
- Perché cavolo
non arriva quell’idiota? -
Disse a denti
stretti e in quello sentì immediata una presenza alle sue spalle
diversa da quella di Luca, ne era certa, non le servì guardare, non se
ne assicurò, lo sentiva chiaramente, il suo istinto non si sbagliava
mai, Luca aveva un aura rassicurante e dolce mentre quella di questo
era minacciosa, diversa … selvaggia … più simile alla sua.
Corrugò fronte
e sopracciglia e veloce come un fulmine agì voltandosi, con un unico
movimento fluido compì un’impeccabile e dolorosa mossa di karate,
sicura della pericolosità di questo arrivato. Esso incassò il calcio
girato e finì a terra sorpreso e dolorante, non credeva a quanto era
appena accaduto.
Nike non disse
nulla, lo guardò minacciosa, i capelli scomposti metà sul volto iroso,
già l’odiava solo perché aveva osato arrivarle da dietro.
Osservò. Si
trattava di un ragazzo di pochi anni più grande di lei, a vederlo aveva
un bel fisico, indossava una canottiera aderente, le gambe evidenziate
dai jeans strappati, impolverato a terra si massaggiava la mascella e
stupito la fissava senza capire perché avesse reagito così. Capelli
neri spettinati e corti un po’ sugli occhi grigi, lineamenti da
zingaro, affascinanti … intriganti … e per la prima volta si
rese conto di avere davanti un tipo attraente, anche se minaccioso. O
meglio sapeva che anche Luca lo era ma lui era più suo fratello che
altro.
Questo era
diverso, l’opposto; aveva l’aura di un diavolo e non di un angelo.
Questo tipo era diverso perché lo sentiva chiaramente.
Era come lei.
Selvatico.
Con un lampo
strano ed enigmatico nel volto si alzò veloce riprendendosi da quanto
successo e le si avvicinò, lei si mise nuovamente in posizione di
difesa e finalmente parlò astiosa:
- Che diavolo
vuoi da me? -
Lui le rispose
con malizia:
- Io? Cosa vuoi
tu! Sei stata tu ad aggredirmi, non ti avevo neppure parlato … -
Lei non ebbe il
minimo dubbio di essere nel giusto:
- Sei
minaccioso e pericoloso, ho prevenuto! -
Questa risposta
colpì ancor di più l’interlocutore che dopo un primo momento riprese un
aria del tutto sicura di sé e con un’espressione indecifrabile le prese
i polsi quando stava di nuovo per reagire, con forza non le permise di
muoversi e la fissò coi suoi occhi magnetici e quasi seducenti. Sapeva
di essere bello e sfruttava questo fatto.
Detestabile.
- Siamo dello
stesso mondo, piccola … ed io ho appena deciso una cosa … -
In questi casi
non si dovrebbe mai chiedere: ‘che cosa?’ ma Nike l’inesperta
attaccabrighe, pensò di essere solo presa in giro e per evitarlo lo
chiese agitandosi come una matta, non voleva farsi guardare e toccare a
quel modo, ma lui l’avvicinò ancor di più e con voce bassa riuscì a
tenerla più ferma e a dirglielo:
- Che ti
voglio! -
Lei non ci vide
più, il fuoco e il terrore nello sguardo, aveva ragione ad aver paura
del mondo, sentirsi dire che erano dello stesso mondo la turbò ma al
momento dava a vedere solo l’odio che emanava verso
quell’insopportabile dongiovanni che si credeva chissà chi.
Quando lui era
sicuro di averla catturata, scoprì a sue spese che Nike era indomabile
ed era pane per i suoi denti, tanto che si sentì assestare una
ginocchiata nei bassi fondi che lo fece accasciare a terra ancora
dolorante.
Quando si alzò
lei non c’era più.
- Meravigliosa
… devo averla … -
Lui aveva
sostenuto di essere come lei e l’idea stessa che le aveva dato era
effettivamente quella, di un tipo incontrollabile almeno quanto lei,
selvaggio e forte.
Chissà come si
sarebbero sviluppate le cose.
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Capitolo 7 *** Passione ***
CAPITOLO
6:
PASSIONE
Camminava sola
e guardinga per le vie del quartiere che di sicuro avevano ben poco,
non poteva dire di sentirsi sicura ma nemmeno completamente a disagio,
in fondo quelle erano lo stesso tipo di strade in cui era stata prima
di finire in quella famiglia per bene. Sapeva come muoversi per
amalgamarsi a quello stile, anche perché il modo di vestire non
lasciava vedere una bella ragazza, ma solo una simil teppista di cui
non era molto conveniente averci a che fare!
Se era da
quelle parti c’era in realtà un motivo preciso: cercava una persona e
non uno qualunque, proprio la causa del suo precedente mezzo litigio
con Luca. Il ricordo di quei momenti era ancora vivo, avevano litigato
per causa di quel ragazzo selvaggio che da quell’incontro davanti a
scuola, la tormentava fino a seguirla, spuntava in ogni momento senza
lasciarla in pace un minuto. Quel che dava maggiormente fastidio non
era tanto il fatto che fosse sempre nei paraggi, quanto che ogni volta
la provocasse finendo facilmente per litigare.
Non c’era una
volta in cui non si erano praticamente presi per i capelli. Il punto
era che lei non lo cercava, era lui a venire lì. Ormai non si poteva
più stare soli e tranquilli con Nike e questo aveva portato Luca a
seccarsi e a diventare un po’ freddo nei suoi confronti, la ragazza
aveva risposto che non dipendeva da lei, ma lui poi aveva ribattuto che
se solo avrebbe voluto veramente, lui non si sarebbe più avvicinato,
come accadeva per chiunque odiasse!
‘Come fai a non
rendertene conto? Vi piacete a vicenda! ‘
Le aveva detto
testuali parole che l’avevano portata ad infuriarsi e rispondergli
semplicemente che non era assolutamente vero e che avrebbe messo fine a
tutta quella situazione, visto che non aveva intenzione di rovinare il
loro rapporto!
Così ora era lì
col piede di guerra intenzionata a fare fuoco e fiamme pur di fargli
capire di lasciarla stare. Eppure non poteva dimenticare quelle parole.
- A me non
piace! -
Sentenziò ad
alta voce per renderlo più definitivo!
Si era legata
distrattamente i lunghi capelli mossi, erano così appariscenti sia di
giorno che di notte, anche se a onor del vero con la luce del sole si
vedevano chiaramente tutti i mille riflessi diversi che aveva mentre di
sera sembravano solo arancio o castano chiaro. Erano molto belli e
fluenti anche se lei non li curava più di tanto, aveva delle doppie
punte ma non si fidava della parrucchiera e tanto meno delle forbici:
in famiglia l’unica in grado di spuntarli era Astrid e non si sarebbe
mai sognata di farsi toccare da lei con un arma tanto pericolosa!
I larghi
pantaloni cadenti color verde militare la facevano sentire molto a suo
agio e la felpa nera col cappuccio le permetteva di non provare quel
piccolo freschino che di sera si sentiva, l’estate non era ancora alta
ma di giorno l’afa accaldava notevolmente gli animi di tutti i giovani.
La scuola stava
finendo e poteva ancora ricordare il suo primo anno in assoluto di
scuola normale e pubblica compiuto appena arrivata in quella città: non
era andato poi male, doveva ringraziare Luca per questo.
“Me
la paga, quel tipo! Non mi piace! Punto e basta!”
Anche se una
cosa doveva ammetterla, erano dello stesso ‘mondo’ selvatico e ‘di
strada’. Loro e Luca erano del tutto diversi, dal tipo di bellezza alla
personalità e alla purezza interiore. Lei non si sentiva mai a posto né
con sé stessa né col mondo, ma riusciva a stare bene lo stesso solo
accanto alla sua famiglia e a Luca. Diceva sempre, dentro di sé, che
lui era la luce e lei l’ombra, per cui l’ombra agognava alla luce e si
sentiva viva solo insieme ad essa, anche perché senza luce non si
creavano ombre, vi era solo un ammasso di buio senza senso e identità.
Ecco cosa le
donava il fratello adottivo: un’identità.
Per lei era
paragonabile all’aria, all’acqua … non solo alla luce, tutti elementi
essenziali per qualsiasi essere vivente.
Si spiegava
tutto questo chiamandolo sentimento fraterno, accantonando il fatto che
per Selene, Elisa o Astrid non provava quel tipo di cose!
Immersa nei
suoi pensieri di odio verso quella certa persona, si allertò solo
troppo tardi delle presenze minacciose che aveva dietro, ma il suo
istinto la salvò in tempo, si voltò e posizionandosi immediatamente in
quella che era un atteggiamento di karate fissò con occhi spalancati
dall’ira e dal terrore insieme chi aveva davanti.
Si trattava di
un gruppo come tanti di quel quartiere, per divertirsi tormentavano i
‘bocconcini’ come Nike, anche se a dire il vero guardandola non
sembrava poi tanto bocconcino, in quel preciso istante! Probabilmente
era l’unica ragazza nel raggio di alcuni metri, del resto altre
all’infuori di lei non osavano addentrarsi nelle vie della malavita.
I posti
pericolosi della città di Udine erano quelli intorno alla stazione
ferroviaria, sulla via dove c’era il Mac Donald, San Domenico e Via
Riccardo Di Giusto. Poi ve n’erano altri ma questi i principali.
Erano tutti
alti e ben piazzati fisicamente parlando, un forte accento straniero ed
un aura viscida che metteva non solo a disagio ma più che in allerta.
- Ehi gattina …
quanta grinta! Ti va di bere qualcosa? Metti a riposo gli artigli! -
Questa fu la
prima frase, la risposta fu solo un semplicissimo e cristallino ringhio
tradotto in:
- Vaffanculo! -
Non avrebbe
attaccato per prima ma appena solo un dito l’avrebbe sfiorata per
prevalere su di lei, il colpo sarebbe partito.
Così fu: lo
stesso che aveva parlato allungò una mano posandola sulla sua spalla
unicamente per convincerla che non aveva cattive intenzioni, in fondo
voleva solo far di lei il suo nuovo giocattolo, che cattive intenzioni
poteva vederci in questo?
Quando lei vide
e sentì quella mano agì in un lampo, la prese stringendola fino a
torcergliela e in un attimo si voltò e strattonò con forza, l’attimo
dopo il ragazzo era a terra steso sulla schiena e tutti li fissavano
stupiti.
Una perfetta
mossa di karate che nessuno avrebbe potuto eseguire meglio!
Effettivamente
perfino se fosse stata accompagnata da una guardia del corpo, non
avrebbe potuto cavarsela più adeguatamente!
Non calcolò il
fatto che se questi si fossero arrabbiati lei si sarebbe trovata un
pochino in difficoltà.
Accadde quindi
anche questo, come da copione, riuscì ad atterrare facilmente altri due
che le si avvicinarono uno alla volta, ma quando usarono la testa e la
immobilizzarono in più di uno per volta, ricevette un colpo in pieno
volto, un manrovescio in perfetto stile maschilista!
All’interno
della bocca una gengiva prese a sanguinarle per l’impatto e sputando
davanti a sé della saliva rossa, colpì in pieno volto uno di loro,
questi non gradì l’atto e reagì poco sportivamente dandole un pugno in
pieno stomaco, questo le mozzò il fiato e per un attimo la vista le si
appannò, con occhi spalancati guardava un pavimento sempre più nero
finché le luci della sera parvero sparire, fu solo una frazione di
secondo, lei piegata su sé stessa, trattenuta per le braccia dagli
aggressori che la circondavano a cupola, la bocca aperta intenta a
respirare e tossire.
Non seppe dire
come fu possibile, ma quando la vista le tornò e lei si riprese
abbastanza da tornare a ragionare, comprese che qualcuno era venuto in
suo aiuto, immediatamente il suo pensiero volò a Luca e realizzò che in
tutto quello avrebbe voluto lui con lei, si sarebbe scusata per avergli
detto di stare fuori dalle sue faccende ‘sociali’!
Faticò a
mettere a fuoco le persone, ma notò che il suo salvatore non era biondo
ma moro. Anzi, aveva nerissimi capelli che per la lotta gli si
scompigliavano sul volto coprendogli anche il collo. Vedeva le sue
spalle e la sua schiena larga, dava l’idea di essere forte, questa
impressione l’aveva sempre su Luca.
Vide il ragazzo
colpire con un pugno molto forte uno dell’altra banda e istintivamente
nacque in lei un nuovo sentimento: invidia, avrebbe voluto essere come
lui e anche se in realtà non era così diversa, lui dimostrava più
forza, era un ragazzo e contava molto questo particolare. Fu un’invidia
mista fra la negativa e la positiva. Sfociò poi nell’ammirazione. Più
lo vedeva combattere in quel modo e più se ne rendeva conto: aveva un
fascino assurdo, nei modi di muoversi e di fare, nel carisma che
mostrava in qualunque momento, nel sorriso sbieco che si intravedeva
nell’atto di lottare, nella passione che sprigionava dagli occhi e dai
suoi pugni.
Rimase
imbambolata a fissarlo, era quel ragazzo che la tormentava ultimamente,
che si era convinto che Nike era la donna della sua vita. Si riprese
senza rendersene conto e quando lo comprese si scosse, chiuse la bocca
lasciata aperta per lo stupore e risoluta come suo solito dimenticò la
paura di poco prima, paura e rabbia insieme, per lei era doloroso
tornare con corpo e mente al suo passato dove veniva picchiata per le
vie tedesche solo per il fatto che era una bambina affamata.
Ad ogni pugno
che riceveva nel corso della sua esistenza, i ricordi vivi la portavano
ad una paralisi iniziale che si rispecchiava nei suoi grandi occhi
verde-dorati.
Fu sicuramente
l’arrivo di quel ragazzo che era parte del suo stesso mondo a farla
riprendere, a ridarle la forza necessaria di rialzarsi e di mettersi
schiena contro schiena a colpire a sua volta quelle persone odiose!
Il trovarsi
schiena contro schiena a fare a pugni insieme fu esaltante e diede
forza a Nike, che non sorrise ma ebbe un ghigno di soddisfazione
nell’affrontare quella situazione.
Forti, ecco
cos’erano. Insieme erano forti ed imbattibili e la passione che vibrava
nei corpi di entrambi se la trasmisero a vicenda. Passione e voglia di
prevalere in modo schiacciante perché in fondo, era giusto così.
Nessuno poteva
più atterrarla di nuovo.
Quando ebbero
sopraffatto tutti, rimasero soli in quella via poco sicura, in molti
avevano assistito alla scena e nessuno era intervenuto!
Ora erano lì
l’uno di fronte all’altro che si guardavano, l’uno aveva l’aria
piuttosto sicura di sé e felice in un certo senso, una strana luce come
di vittoria non per la rissa ma per qualcos’altro, l’altra invece era
seria e attenta a scattare in qualunque momento, ma al contempo incerta
su cosa pensare di quel tipo tanto sorprendente. Era diverso da tutti
quelli che aveva incontrato e, dolore fisico o no, non si sarebbe mossa
da lì.
Lo fissava con
occhi spalancati dritta in quelli di lui grigi e affilati, nonostante
fosse a disagio non riusciva a distogliere lo sguardo, voleva capire
anche delle cose per cui non sarebbe stata intenzionata seriamente a
dire quello che disse con rabbia e aggressività:
- Cercavo
proprio te! Devo dirti una volta per tutte di lasciarmi in pace!
Seriamente, dico! Non girarmi intorno, non rompermi, non aiutarmi o non
toccarmi in alcun modo! Non ti voglio in nessun senso, vattene e stop!
Questa volta seriamente! O i calci che ho dato a loro te li concentro
tutti in quei fondi di magazzino che hai in mezzo alle gambe! -
Non aveva solo
carattere, lui ora lo capì completamente: lei era una forza della
natura e doveva essere sua ancor di più dopo quella sera!
Accentuò il
sorriso enigmatico che aveva sulle labbra ben disegnate e con un
espressione che la diceva lunga sulle sue intenzioni fece passare sulla
schiena di Nike una prima scarica di brividi, era stata ottimista a
pensare che sarebbe bastato dirglielo!Vi era malizia, ironia, fascino e
qualcosa di sfuggevole e misterioso, in quel bel viso.
- Davvero? Non
è un bel modo di ringraziare per l’aiuto che ti ho dato, sai? -
Aveva una voce
bassa e penetrante, suadente che calamitò la sua attenzione negli occhi
veramente belli e malinconici in un certo senso. Chissà che passato
aveva, uno come lui?
Si stupì quando
si rese conto che si era chiesta una cosa simile. Senza capire
assolutamente il motivo di tutto quello.
Per obbligo
rispose seccata ma con una lieve inclinazione di incertezza nella voce:
- Me la cavavo
da sola! Ora non devi rompere! -
Un secondo
lampo che la fece rabbrividire nuovamente, lui le si avvicinò e senza
che potesse prevederlo la spinse contro il muro immobilizzandola, le
fermò i polsi sopra la testa con una mano e con l’altra andò alla
cerniera della felpa che iniziò ad abbassare; aveva il volto vicino al
suo, pericolosamente vicino, poteva sentire il suo odore e il suo
respiro sulla pelle, ora i brividi la percorrevano incontrollati,
impallidì di brutto mentre si mordeva il labbro e cercava di liberarsi
dimenandosi.
- Allora mi
prendo da solo il mio ringraziamento … e poi forse potrò lasciarti in
pace … -
Come se da lei
volesse solo questo.
Nike realizzò
che i veri guai non erano quelli di prima ma questi. Lui, che non
sapeva nemmeno come si chiamasse.
Lo stomaco le
doleva e anche la guancia che si gonfiava, il sapore del sangue in
bocca le rendeva la situazione ancora più sgradevole. La mente le andò
in confusione mentre cominciava a temere che non ne sarebbe uscita del
tutto illesa.
Che cattiva
idea venire nella tana del lupo, se lo disse mentre il panico
l’avvolgeva; poi però successe qualcosa, cambiò qualcosa. Capì che
avrebbe potuto liberarsi quando voleva eppure non lo faceva, era lei
che si lasciava ammaliare da quel tipo. Nella lotta i capelli le si
erano sciolti ed ora liberi e disordinati le circondavano il volto
impietrito, non riusciva a parlare e quel fascino naturale e grezzo di
cui era padrona si rispecchiò nello stesso di lui.
Non capì più
nulla quando sentì che dopo averle slacciato la maglia, infilava la
mano sotto la stoffa toccandole il seno, aveva un’espressione magnetica
che la ipnotizzò, avrebbe almeno urlato in altri casi, eppure riusciva
solo a fissarlo negli occhi grigi così belli e pensare che una cosa
simile non l’aveva mai sentita, un filo elettrico si legò fra i due e
si sentì così uguale a lui da sentirsi stupidamente a suo agio … e
desiderò contro ogni logica che non si fermasse.
Era il suo
istinto a muoverla.
Chiaramente
quello.
Quando capì che
stava per baciarla non si mosse, non girò il volto e non provò nemmeno
a morderlo. Che l’avesse domata solo perché era uguale a lei?
Non capì mai
cosa le prese, ma quando le loro labbra si unirono in un bacio sensuale
come quello, lei non si ribellò e la cosa parve naturale.
Non fu solo
nuovo, per Nike, ma terribilmente e pericolosamente bello.
Era passione.
I giorni che
seguirono furono caratterizzati dalle voci sulla nuova coppia della
scuola: i due selvatici Nike e Bryan.
Lei ormai era
famosa per il passato misterioso e per essere stata adottata, specie,
però, per essere la sorellastra di Luca, anche lui popolare nel suo
corso per la bellezza angelica da capogiro di cui era proprietario.
Lui invece lo
era perché anche lui era bello, diversamente dal biondo, ed aveva molte
corteggiatrici, ma oltre a tutto era quello più attaccabrighe e
provocatorio della scuola.
Lui era più
grande di lei e non si sapeva nulla sul passato e sulla vita che
conducesse.
Erano visti
come la coppia più bella e perfetta poiché molto simili fra loro e
affascinanti, anche Nike, infatti, aveva i suoi corteggiatori che non
avevano mai osato avvicinarsi: poi era arrivato Bryan e se l’era presa.
Da parte di
Luca ci fu una freddezza che rivelò, a chi lo conosceva bene, un
esserci rimasto più che male, come si diceva fra i giovani: ‘di merda’!
Della famiglia ne aveva parlato con Selene, molto affiatati fra loro;
fra gli amici invece aveva accennato a questa contrarietà solo a
Nicola, suo amico fin dall’infanzia. Non con Nike. Lei le aveva chiesto
cosa ne pensasse e lui aveva risposto un distante ma gentile:
- Vedi che
avevo ragione? -
Ed un sorriso
finale forzato che non aveva ingannato l’amica.
Chiedersi
perché poi successe quel che successe sarebbe ipocrita: le vicende
attuali portarono subito ad un evidente conseguenza amara, anzi, una
serie di conseguenze.
Tuttavia se si
sarebbe potuto conoscere il futuro, col senno di poi, alcune cose non
sarebbero mai state fatte e certamente Nike avrebbe evitato come la
peste quel Bryan, solo una gran fonte di guai.
Anche se si sa
che in questo modo è facile parlare.
Dal punto di
vista di Nike non si potrà mai capire se quel momento specifico, unico,
passato con Bryan nel letto del suo appartamento disordinato e povero,
alla fine varrà tutta la conseguente sofferenza.
Sofferenza, a
dire il vero, non infinita.
Probabilmente
quell’attimo che si dice si debba sempre cogliere, riempì la vita di
Nike di una passione maggiore, le diede qualcosa che avrebbe perso e
che con altri non avrebbe mai potuto acquistare.
Valeva la pena
sentire quelle mani carezzarle il corpo da sempre bistrattato da sé
stessa, valeva la pena sentire le labbra baciarla in quel modo
profondo, valeva la pena sentirlo dentro fino a farla diventare donna.
Come se in
quell’atto di massima unione l’avesse cambiata nell’animo rendendole
quello che non aveva mai avuto.
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Capitolo 8 *** Giorno felice ***
CAPITOLO
7:
GIORNO FELICE
Era il 3 Agosto
2012.
Quello, però,
non era un giorno qualsiasi, era uno speciale, di quelli che si
aspettavano tutto l’anno intrepidamente. L’importanza in sé non veniva
dal protagonista della festa, o meglio anche ma non solo, quanto dal
motivo specifico: il cocco di famiglia Basso faceva la bellezza dei
tanto agognati 19 anni!
Ok, certo … gli
agognati sono i 18, ma i 19 fanno superare l’anno dei 18, lo portano a
compimento del tutto, si può dire che i 18 sono completi veramente
quando si fanno i 19 e solo in quel giorno puoi capire cosa
significhino, sentirti la maturità addosso (se arriva) e ammettere di
essere cresciuto (quando mai!), il vero cambiamento non arriva coi 18
anni ma coi 19, per non parlare dei 20!
Ebbene ecco
perché il 3 Agosto di quell’anno era importante!
Luca faceva 19
anni dopo un anno burrascoso e regressivo come quello: regressivo nel
senso che erano sorti dei problemi che gli avevano fatto molto male,
problemi in campo sentimentale ed amicale: con Nike, la sua adorata
sorellastra che ormai considerava parte integrante del suo cammino di
vita, i rapporti si erano un po’ rotti, raffreddati, e i due si erano
inspiegabilmente allontanati. Chiedendolo a loro non l’avrebbero
ammesso, avrebbero solo detto che era tutto come sempre, ma in realtà
sapevano benissimo che la lontananza c’era stata, la scheggia si era
infilata fra i due diventando una specie di trave pesante e impossibile
da togliere.
Porre fine a
quell’anno per il bel biondo angelico era una gran cosa, sperava che il
seguente sarebbe stato migliore!
La natura del
suo problema era semplice. Si era accorto di essere perso per quella
che aveva sempre considerato una vera sorella e quando era successo era
stato troppo tardi, come accadeva sempre, una storia banale scritta da
uno con una forte mancanza d’immaginazione e originalità! Ormai però
erano così le cose, lui l’aveva data troppo per scontata, convinto che
lei ci sarebbe sempre stata pur sposata con qualcun altro. Del resto
anche le sue sorelle si erano sposate (a parte Selene) ed erano andate
a vivere sole, ma non era andato in crisi, sapeva che era naturale e
che loro non se ne sarebbero andate veramente. Aveva sempre pensato che
con Nike fosse uguale, salvo poi rendersi conto nel momento di prova
che così invece non era!
Non era rimasto
deluso da lei bensì da sé stesso che non aveva saputo prendersi una
cosa tanto preziosa, capire cosa lei significasse per lui, che era
stato così ottuso, ingenuo, ceco, testardo, regredito, imbecille,
bambinone … e così non era più riuscito ad essere come un tempo con lei.
Certamente lei
percepiva il cambiamento, lo viveva e ne soffriva. Non lo sentiva
vicino, non era sicura che se lei fosse stata male o in pericolo, lui
sarebbe arrivato e l’avrebbe salvata.
Non era più
sicura di questo e le dispiaceva, del resto non poteva legarlo a sé in
quel modo, dovevano staccarsi prima o poi e prendere le proprie strade.
Non aveva mai capito la natura del loro rapporto, non aveva mai avuto
sorelle e fratelli veri anche se loro li considerava tali, non
conosceva i diversi tipi di sentimenti che legavano le persone.
Cosa poteva
capirne, lei? Aveva lasciato solo che le cose accadessero, le aveva
vissute così, con calma, attenzione e pronta a scattare al momento del
bisogno. Poi però era arrivato un altro che aveva saputo trovarle quel
lato di donna che non aveva mai immaginato di possedere, le aveva
donato una passione che non avrebbe mai dimenticato, come se avesse
trovato il suo punto debole e l’avesse sfruttato a suo piacimento.
Qual era quel
punto debole?
Farla sentire
appartenente ad un mondo preciso.
Ad ogni modo ad
Agosto Nike e Bryan stavano ancora sorprendentemente insieme, viste le
litigate furiose che avevano fatto in quei pochi mesi di relazione. Era
arrivata l’estate e nonostante gli oggetti che si tiravano dietro ad
ogni appuntamento, lei non aveva mai pensato che prima o poi si sarebbe
potuta separare da lui. Si sentiva sotto una sorta di incantesimo, come
se lui la controllasse sotto ogni aspetto, era strano, diverso, magico
… pericoloso e per questo odiato da Luca con tutte le sue forze!
Quel giorno
erano venuti i membri della famiglia con le rispettive tribù, gli amici
stretti di Luca coi quali poi di sera sarebbe andato a festeggiare a
modo loro, infine c’era stato un gran pranzo cucinato dalla madre e dal
padre.
C’erano tutti,
ormai, tranne lei, il terrore di Nike. Anche se ormai aveva addirittura
18 anni non riusciva proprio a superare la paura verso di lei!
La prima ad
arrivare era stata la famiglia di Elisa. Lei e Filippo con la figlia di
4 anni, Miriam. Lei aveva il pancione, era incinta di un bimbo che
ormai a pochi mesi sarebbe nato. Miriam era una personcina piuttosto
alta per la sua età, capelli neri e boccolosi come solo i capelli dei
bambini sanno essere, occhi grandi, vispi e azzurri, fossette nelle
guance ad ogni risolino e vestiti già disordinati. L’intento della
mamma , si capiva benissimo, era quello di vestirla bene, ma rimaneva
sempre solo un intento, visto che nemmeno per quella volta niente gonna!
Era entrata per
prima urlando e saltando, appendendosi al collo degli zii e dei nonni,
correndo poi a tormentare i 2 gatti (inizialmente erano 3, ma uno,
quello di Astrid, lei se l’era portato via quando si era sposata!) e
tirando fuori tutti i giochi possibili. Fu li che Nike comprese di non
essere stata ascoltata nemmeno quel giorno: aveva pregato, come di
consueto quando loro arrivavano, che i figli fossero malati o colpiti
da qualche fulmine, ma ogni volta erano puntualmente in salute, anche
troppo!
In seguito
arrivarono gli amici, Nicola, Sebastiano e Lorenzo!
Nicola era il
migliore amico di Luca, ma erano cresciuti tutti e 4 insieme. Era alto,
un giocatore di basket con qualche chilo di troppo dovuto all’amore
verso il cibo che non aveva mai saputo diminuire in proporzione allo
sport che praticava . Era uno delle ali della squadra, molto abile, era
titolare insieme a Luca, playmakar; segnava una marea di canestri a
partita. Con loro e sempre titolare c’era anche Sebastiano, lui era la
guardia, colui che stava dietro a fare da spalla al playmaker e segnava
i canestri da tre punti. Era un tipo molto preciso.
Ma tornando a
Nicola: oltre ad essere alto e con dei chili di troppo, non tantissimi
tutto sommato, era riuscito a trasformarli in muscoli, aveva dei
lineamenti graziosi e semplici, capelli rasati corti e neri. Un
carattere estremamente viziato, egocentrico, sicuro di sé,
attaccabrighe, caccia guai, stancante e pesante a volte, un tipo che
vuole comandare ma che poi però si fa comandare da Luca e
solo da lui. Il loro rapporto molto stretto aveva avuto diverse voci
maligne in passato … e anche nel presente!
Sebastiano
invece era un piccoletto magrolino e sottopeso, grandissimi occhi,
lineamenti da cucciolo, sorriso tenerissimo, capelli ricci e corti ma
non rasati, con la frangia che copriva la fronte e arrivava fino agli
occhi castani. Un sorriso radioso e contagioso. Un tipo decisamente
opposto a Nicola. Dolce, calmo, semplice, riflessivo, lento, pigro,
senza mai problema alcuno. L’amico ideale!
Infine il
terzo: Lorenzo!
Lui era l’unico
non sportivo dei 3. Odiava il movimento e la fatica, per cui amava lo
studio, era il classico cervellone, un tipo veramente molto
intelligente, con un QI sopra la norma. Sin da piccolo conosceva molte
cose ed era in grado di sostenere conversazioni con gli adulti
mostrando molto interesse. Destinato a diventare qualcuno, il suo
obiettivo era di diventare un medico o un avvocato, cose serie insomma,
per cui si poteva immaginare che personalità avesse: serio,
coscienzioso, non amava molto gli scherzi e non ne faceva a sua volta,
ne accettava qualcuno solo dai suoi amici ma niente scherzi cattivi.
Non appoggiava le missioni di pericolo e divertimenti, obbediente,
preciso e molto colto. D’aspetto di una altezza media, non bellissimo,
un volto molto semplice e comune, occhi verde chiaro, capelli biondi e
mossi, corporatura media.
Dopo l’arrivo
dei tre dell’Ave Maria, Luca fu al settimo cielo e felicissimo, e
perfino Nike partecipava con loro ai discorsi; ogni tanto capitava che
uscisse con loro, erano buoni amici, ormai, ma se c’era Bryan, lui e
Nike finivano per scontrarsi con un muro dove al di là c’erano loro 4
capeggiati da Luca.
Una volta il
moro e Nicola avevano addirittura fatto a botte, incomprensione totale
di caratteri!
Ecco che poi,
completamente ed irrimediabilmente ultima, alla bellezza delle 13.30 si
degnò di fare il suo ingresso Astrid con la sua famiglia!
La poveretta
Nike era fuori a buttare la spazzatura proprio in quel momento. Non si
era accorta dell’arrivo stranamente silenzioso di quella sottospecie di
donna e così soprappensiero aveva improvvisamente sentito nei suoi
orecchi un urlo da signore delle tenebre, forte, potente e addirittura
maschile!
Alla ormai
quasi del tutto bionda (crescendo i capelli le si erano schiariti
prendendo più tonalità bionde) le si fermò il cuore, i polmoni
svanirono nel nulla e i suoi peli si drizzarono insieme ai suoi capelli!
Fu una vera
tragedia!
Pensò che
sarebbe morta ma poi con uno scatto gridò anche lei a sua volta e
schizzò come solo un gatto avrebbe saputo fare; istintivamente corse in
casa zigzagando fra la folla, rifugiandosi dietro a Luca come avrebbe
fatto ai vecchi tempi, per un attimo tutti credettero di essere tornati
indietro negli anni e una risata generale scoppiò subito:
- E’ arrivata
Astrid! -
Affermò
divertita Selene.
La scena
successiva si svolse velocissima: dalla porta lasciata spalancata fece
la sua entrata trionfale una despota alta, bionda, dai capelli con
vecchie masch, lisci sopra e mossi sotto, lunghi fino al sedere, un
cappello a coppola largo in testa, nero, occhialoni verdi enormi sugli
occhi, abiti come al solito strani, come se fosse un’ eterna giovane!
Astrid era
proprio arrivata e la seconda persona dopo Nike su cui si fiondò fu il
festeggiato!
Lo faceva
sempre sin da piccolo, lo prendeva e lo stritolava forte baciandolo e
spettinandogli tutti i capelli, crescendo non aveva perso l’abitudine
solo che ora lui reagiva diversamente … appena la vedeva con quell’aria
da assatanata le voltava le spalle e scappava a gambe levate mentre lei
lo rincorreva per tutta la casa investendo chiunque ci fosse sul suo
percorso, gridando a braccia tese:
- LUCHINO!
FATTI ABBRACCIARE! VIENI TESORO! UN BACINO, DAI! -
Per tutti lui
era rimasto il ‘cucciolotto ‘ di sempre, ma solo Astrid continuava a
trattarlo da tale!
Alla fine Luca
doveva sempre rassegnarsi e venire placcato da lei, che se lo
abbracciava e spupazzava per diversi minuti!
Il secondo
rifugio di Nike era Elisa, ovviamente!
Infine
entrarono Marco scuotendo la testa conscio della moglie irrecuperabile
che aveva; certo: irrecuperabile ma divertente!
Il padre fu
seguito dai figli, i gemelli saltellanti e felici come dei pazzi
scatenati, la copia di Miriam, solo duplicata!
Loro erano
omozigoti quindi identici: entrambi biondi come i genitori, carnagione
chiara, occhi verdi, sorriso da furbi e molto belli (come un po’ tutti
i bambini), un misto fra la mamma e il papà (ma il papà era più bello
della mamma, però nessuno osava ammetterlo apertamente!).
Daniele e
Michael non avevano un carattere uguale, Michael era il teppista
ribelle e combina guai, il braccio, mentre la mente era Daniele, lui
era più calmo e controllato ma si faceva trascinare dal fratello nelle
sue scorribande ed alla fine era lui a mettere in pratica i piani
migliori.
Una coppia
pazzesca, coetanei di Miriam. Andavano tutti e tre d’amore e d’accordo.
I gemelli
andarono subito alla ricerca di Nike, il loro divertimento massimo
sembrava essere proprio imitare la madre nello spaventare la zia
minore, questa infatti sospirò cercando di riprendersi dall’infarto e
in un attimo si trovò a correre intorno alla sorellastra Elisa: sarebbe
stata una lunga giornata, pensò disperata.
Eppure non era
poi così male … in fondo quei momenti le sembravano talmente identici a
quelli di solo poco tempo prima, quando fra lei e Luca andava tutto per
il meglio … già, sembrava proprio così.
La giornata
trascorse serena e divertente, l’averla passata con Astrid ed Elisa
aveva riportato il tempo indietro e sia Nike che Luca l’avevano gradito
tantissimo, erano stati molto bene e non avrebbero potuto aspettarsi di
passare delle ore migliori, per quel periodo tutto era stato
dimenticato, ogni problema, dubbio, pensiero.
Un momento di
shock era stato sapere l’annuncio inaspettato di Astrid, quella pazza
aveva pensato bene di riprodursi di nuovo!
Era incinta di
appena un mese e si era giustificata dicendo che era successo per
simpatia alla sorella, visto che i loro figli dovevano essere sempre
coetanei non aveva potuto non cogliere l’occasione. Tutti, logicamente,
si erano immaginati il tormento che aveva sicuramente dato a Marco,
quel povero Santo di suo marito!
Poi la sera era
arrivata e gli amici, raggiunti da altri, si erano radunati in un
locale per finire la festa a modo loro. Luca al centro dell’attenzione
aveva ricevuto molti regali e continuava a riceverne, stava quindi
preparandosi ad avere quello di Nicola, Sebastiano e Lorenzo.
- Ehi, non sarà
mica come l’anno scorso, vero? -
Cominciò
infatti in tono inquisitorio, non era convinto sulla sanità mentale di
quei tre che per essere originali facevano sempre le cose più strambe!
- No, no …
stavolta niente night club! L’esperienza si deve ripetere una volta
sola! -
Iniziò
orgoglioso e divertito Nicola, il moretto aveva un preoccupante ed
inspiegabile ghigno sulle labbra, questo il biondino lo notò subito!
- In realtà
sappiamo che non ci saresti mai tornato, quindi … -
Continuò
Sebastiano allegramente, lasciò così finire di nuovo al moro che al
culmine della gioia sentenziò:
- … abbiamo
pensato che se Maometto non va alla montagna sarà la montagna ad andare
da lui! -
Luca impallidì,
ora cominciava perfettamente a capire di cosa si trattava: in quel
momento entrarono 3 donne bellissime tutte curve, succinte e con
movenze simili a porno star: forse lo erano veramente!
La pelle
pallida del protagonista si accese di un violento color rosso e il
poveretto si irrigidì coprendosi la faccia con le mani mentre quella di
Nike si impietriva, non credeva a quel che vedeva, questa volta si
erano superati, ma dentro di sé sperò che questo non significasse che
lui avrebbe dovuto dedicarsi a loro, non era tipo.
Fra le risate
generali si sentì la musica alzarsi e la voce del DJ annunciare gli
auguri a un certo Luca Basso che compiva 19 anni!
Le ragazze si
avvicinarono ancheggiando e sorridendo se lo mangiarono con gli occhi,
lo presero per mano e lo alzarono in piedi, lui voleva solo sparire
tuttavia non riuscì nemmeno a porre resistenza, cercò una via di fuga e
mentre comprendeva che non esisteva, con l’anticamera del cervello
sentiva la musica: la canzone era Sweet Dreams. Non la notò subito
perché era troppo impegnato a sentire cosa facevano le altre 3: dopo
averlo circondato eccole muoversi intorno a lui ballando sensualmente,
usandolo come palo per la lap-dance.
“Bè …” sfuggì al
biondo “mica male, no?”
Persino uno come lui si era trovato a pensare una cosa simile dal
momento che era più la pelle scoperta che quella coperta!
Nonostante ciò,
o forse appunto per quello, Luca ormai era paralizzato e imbarazzato al
massimo. Non era tipo da mettere le mani su tutte le donne che gli
capitavano a tiro e in generale non era un donnaiolo, portarlo in una
situazione simile era puro sadismo.
Molte ragazze
invidiarono quelle donne, il giovane quella sera era a dir poco
strepitoso: i capelli li aveva un po’ spuntati e gli stavano versione
Adam Rickitt diciottenne, oppure Leonardo Di Caprio in Romeo +
Giulietta. Gli occhi azzurri dalle pagliuzze dorate spiccavano ancor di
più sul volto arrossato e l’espressione imbarazzata gli donava molto,
si mordeva nervosamente le bellissime labbra carnose, il corpo atletico
da giocatore di basket era fasciato da pantaloni larghi coi tasconi
laterali, neri, e una maglia senza maniche attillata, rossa, il suo
colore preferito; il suo guardaroba contava solo pantaloni neri e
maglie rosse, uno stile che gli donava indubbiamente!
Tuttavia non
erano solo le ragazze a mangiarselo con gli occhi, c’era anche una che
teoricamente non avrebbe certamente dovuto, non ne avrebbe avuto
motivo: Nike!
Si ripeteva fra
sé e sé che era stupido da parte sua non perdersi nemmeno un movimento
di Luca, come anche si chiedeva che ci facesse lì; tutti, anzi tutte,
occupavano tantissimo il festeggiato senza lasciargli un attimo di
tempo libero e lei si rendeva conto della dura realtà: il tempo non era
tornato indietro come aveva pensato!
Tutti
ballavano, bevevano e facevano scherzi di continuo a Luca, lei si
sentiva esclusa, in disparte e si divertiva poco, non era di quel
mondo, quell’ambiente non le piaceva, non era proprio il suo genere,
cominciò subito a pensare a Bryan a cui aveva chiesto di non venire e
di lasciarla stare col fratellastro; forse sarebbe stato meglio andare
da lui, con lui si sentiva a suo agio perché erano uguali e non sarebbe
mai stata fuori posto.
Mentre
ponderava di togliere le tende, lanciò uno sguardo a Luca, ancora uno
dopo una serata intera passata a fare solo quello. Si sentì subito in
colpa dell’idea di andarsene: si divertiva, lui rideva come un pazzo
insieme ai suoi amici eterni, era radioso, un sole … lo
soprannominavano spesso sole, o leone; lui era veramente raggiante,
specie quel giorno.
Rifletté meglio
e decise che non avrebbe mai voluto rovinargli la festa, quindi solo
per questo non se ne sarebbe andata. Non se lo sarebbe meritato, gli
aveva già dato molti problemi durante l’anno e soprattutto l’aveva
deluso ampiamente, la consapevolezza di questo le bruciava ma ormai
sapeva che non avrebbe potuto farci nulla!
Proprio mentre
si era rassegnata a starsene seduta tutto il tempo in un angolo, come
evocato dai suoi pensieri era arrivato proprio lui, il protagonista
della serata.
Si sedette
stancamente in una sedia accanto a lei e asciugandosi il sudore dalla
fronte, si portò i capelli all’indietro per poi lasciarli tornare ai
lati del viso, infine assetato vedendo che il suo bicchiere era vuoto
prese quello di Nike chiedendo distratto se fosse suo, bevendo poi una
lunga sorsata.
Lei in tutto
questo non si accorse nemmeno di aver trattenuto il respiro.
- Come va? Non
mi sembra che ti stia divertendo, so che non è il tuo genere di festa
questo. Il locale, la compagnia, la musica, il caldo. Ti ringrazio di
essere venuta, non pensavo l’avresti fatto per me … credevo saresti
rimasta con … lui. -
sul finale la
voce si affievolì e il sorriso si spense, a lei fece male, sapeva
l’odio profondo che portava per il suo fidanzato ma non poteva farci
nulla. Nike riuscì a sostenere lo sguardo di lui e si sforzò di
sorridere, era contenta che si fosse seduto accanto a lei, si sentiva
già meglio e pensò che in fondo non era male, se c’era lui.
- Tranquillo,
non me la passo poi così male … sopravvivo! E poi con Bryan ho
litigato! -
- Di nuovo … -
Non era il
massimo per lui parlare di quel tipo, ma faceva un gran lavoro su sé
stesso per sembrare il più normale possibile, lei lo apprezzava.
Era una
sensazione strana conversare così con lui, lo fecero da vecchi e buoni
amici e per un attimo sembrò di nuovo che il tempo fosse tornato
indietro.
- Che ne dici? -
- Della festa? -
- No … di
Astrid di nuovo incinta! -
Qui si zittì e
ci pensò, poi bruscamente rispose:
- Che è la
solita pazza! Poveri figli! -
Risero di
gusto, bastava parlare di lei ed era subito divertimento assicurato!
Distesi
cominciarono a chiacchierare, non parlarono di cose troppo serie, ma fu
come parlare per la prima volta dopo anni di silenzi. In realtà erano
solo pochi mesi.
Quando Luca fu
richiamato dai suoi amici per ballare ancora, al biondo dispiacque,
preferiva mille volte far compagnia alla sorellastra. Fu lei a
spingerlo ad andare dicendo che sarebbe uscita poiché le mancava l’aria.
Così fece e si
separarono.
L’aria aperta
l’accolse, calda d’estate ma sempre piacevole, aveva sperato di poter
sentirsi meglio però con sua sorpresa dovette addirittura appoggiarsi
alla parete per non cadere.
Aggrottò la
fronte e si guardò intorno. Le girava la testa.
Il pensiero le
volò subito a Luca, forse non aveva dovuto separarsi da lui, sentì
chiaramente il desiderio di volerlo lì, confusamente non capì se fosse
normale voler lui e non il suo fidanzato.
Solo in quella
confusione non capì una cosa: a che punto era il suo rapporto con il
biondo?
Non capì.
Come non capì
come mai d’improvviso il mondo le si faceva scuro, sempre di più, fino
a scivolare nel buio, nel nero.
Nel nulla.
“Strano …” Pensò
lei mentre scivolava giù.
Magari fu un
impressione, eppure le parve di vedere proprio il viso della persona
desiderata, poteva star già sognando?
Certo che
sognare lui ed il suo sostegno, non era certo male, come
malessere!
Si disse anche
questo comprendendo che in qualunque modo le cose fossero andate nella
realtà, lei non si era fatta male, stranamente. Nessuna botta. Nessuna
sensazione di duro contro di sé.
Solo morbido e
caldo.
Del resto
perché stupirsi? Ci era sempre riuscito ad essere al posto giusto al
momento giusto.
Sempre … tranne
forse una volta.
Quando?
Si, lo ricordò
mentre con sicurezza perdeva del tutto i sensi.
Non era
riuscita a proteggerla quando aveva conosciuto Bryan, ed ora ne avrebbe
pagato le conseguenze.
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Capitolo 9 *** Sotto pressione ***
CAPITOLO
8:
SOTTO PRESSIONE
- Tutto bene,
sia la signorina che il vostro bambino stanno bene, non si deve
preoccupare, basta che stia più a riposo e non si strapazzi troppo,
quando si è così giovani è normale non avere le giuste attenzioni,
anche se lei non mi sembra molto più grande della sua ragazza.
Le consiglio di
aver cura di lei e controllare che faccia una vita sedentaria lontana
dallo stress, almeno per questi 8 mesi! -
Forse che le
persone non sanno dare le notizie?
Oppure il
problema è che non sanno leggere in chi hanno davanti?
Qualunque fosse
il punto, non sarebbe cambiato il peso che si andava aggiungendo
nell’animo di Luca.
Era solo un
ragazzo. Solo un semplice, normale e comune ragazzo di 19 anni.
Eppure le
spalle già gli si appesantivano con situazioni più grandi di lui.
Un ragazzino
che affrontava le cose come un piccolo uomo, ecco chi era.
Gli occhi blu
dalle pagliuzze dorate si sgranarono rivolte al volto del dottore che
aveva appena finito di visitare Nike, sentitasi male quella sera,
giorno del suo compleanno.
Il pallore già
di norma sulla sua pelle si fece più visibile facendo spaventare l’uomo
che gli stava innanzi, credendo di vederlo svenire da un momento
all’altro gli balenò in mente l’idea che forse non sapeva la notizia!
- Mi scusi,
forse ho frainteso. Non sapeva del bambino? -
Al silenzio
eloquente capì l’errore che aveva fatto comunicando in quel modo una
cosa del genere, si morse il labbro con fare quasi infantile per poi
cercare di rimediare:
- Ecco, la
ragazza è incinta di cinque settimane circa, in effetti pensavo lei
sapesse già ma forse non ve ne eravate accorti, è presto per averne la
certezza in effetti. Comunque il mio consiglio non cambia, glielo vuole
comunicare lei alla sua fidanzata? -
A sentire
queste ultime parole Luca si riscosse realizzando che li aveva
scambiati per una coppia, un tempo ed in condizioni ottimali gli
avrebbe fatto un certo effetto, ma ora non si poteva pretendere nulla
di più di un vago e confuso:
- No, non siamo
fidanzati, siamo fratello e sorella … -
Qui il dottore
rimase un attimo di sasso e dovette pensarci attentamente prima di
rispondere onde evitare altri equivoci. Poi disse cauto:
- Non è il
padre del bambino? Allora sarà da informarne l’interessato, ci pensa
lei, vero? Ad ogni modo se nessuno lo sapeva mi dispiace che l’abbiate
scoperto così. Mi scuso anche per avervi scambiati per due fidanzati è
che non vi somigliate molto quindi sembravate una così bella coppia … -
Sempre in
condizioni ottimali lui avrebbe un po’ spiegato la situazione, ovvero
che lei era stata adottata, pur con noia ma l’avrebbe fatto: ora non
era in quelle famose condizioni, quindi non si poteva pretendere molto
di più!
Il biondo prese
ad ignorare del tutto l’uomo innanzi a sé e con sguardo perso e
shockato, si mise a pensare e ripensare a quanto appena appreso. Si
ripeteva continuamente quella frase, anzi il concetto: Nike era
incinta, lo era di quel tipo antipatico che non gli era mai andato giù,
nessuno lo sapeva, nemmeno lei, avrebbe dovuto dirglielo lui … come?
Come ci sarebbe riuscito? Come si dicevano certe cose? Elisa era quella
diplomatica e calma che trovava le parole giuste al momento giusto, lui
era un tipo caotico in quelle situazioni, la sua mente andava in tilt e
se qualcuno gli avesse parlato ora, sicuramente si sarebbe messo ad
urlare isterico. Era pressione.
Sempre più
messo sotto pressione.
Una cosa
sembrava risolversi poi si scopriva che non era così e doveva
conviverci poiché soluzione non c’era, ad aggiungersi arrivava puntuale
sempre un nuovo problema più grande irrisolvibile e così avanti
all’infinito.
Tutto sulle sue
spalle giovani ed inesperte.
Era rimasto
paralizzato, poi in trance aveva mosso qualche passo portandosi davanti
alla camera in cui si trovava Nike, si stava rivestendo con uno sguardo
confuso e più inselvatichito del solito.
La guardò in
quel momento coi capelli spettinati ma lunghi ed il trucco ormai
disfatto.
Dio, se era
bella.
Sicuramente la
più bella ragazza che avesse mai incontrato e l’aveva avuta accanto a
sé per tutto quel tempo, crescendo con lei; ora non era più con lui,
lei se ne stava andando e questa notizia per lui era la certezza che
l’avrebbe persa e se ne sarebbe andata veramente.
Con quel tipo.
Non l’avrebbe
più avuta accanto a sé, come se cessasse di essere sua sorellastra, sua
amica, la sua Nike.
Qualcun altro
l’avrebbe protetta, sempre se avrebbe accettato!
Certo lui lo
dava per scontato che il suo ragazzo avrebbe agito come avrebbe fatto
lui al suo posto.
Lo shock di
Luca non era dato dal fatto in sé che lei era incinta, ma dal fatto che
lei ora se ne sarebbe andata via e l’avrebbe persa definitivamente.
Questo pensiero
lo gettava nell’angoscia più totale.
La vedeva e si
diceva che era una creatura splendida, la più importante per lui, non
voleva perderla, lasciarla andare così, eppure non avrebbe mai potuto
condividere una cosa simile con anima viva, specie con l’interessata.
Lei così selvatica avida di libertà e indipendenza ma anche protezione.
Non poteva
legarla a sé con un dichiarazione del genere proprio in quel momento.
La cosa
peggiore era che ora, ad ogni modo, avrebbe dovuto parlarle ugualmente
… proprio in quel momento ancora così confuso, proprio lui ferito, con
un peso irragionevole che cresceva.
Le sue spalle
cominciavano a piegarsi e i massi ad aumentare.
Luca sotto
pressione.
Sempre di più.
Il suo
diciannovesimo compleanno se lo sarebbe ricordato per tutta la vita.
Il giorno in
cui aveva saputo di amare Nike e per questo l’aveva persa.
Entrando nella
stanza dove Nike ormai pronta attendeva notizie sulla sua salute,
l’aveva osservata in silenzio con un’espressione fin troppo cristallina
per lo smarrimento che vi si poteva leggere. Dopo pochi attimi la
ragazza l’aveva notato e con il suo sguardo verde-dorato l’aveva
sottoposto ai suoi personali raggi X per capire cosa gli prendesse,
poiché aveva chiaramente qualcosa. Che il medico gli avesse detto
qualcosa di grave?
Lei ignara di
tutto sentiva col suo istinto che qualcosa non andava, da un po’ di
tempo aveva cominciato a girare in modo strano ed ora sicuramente le
ruote dell’auto erano uscite di strada; ora bisognava solo calcolare il
danno e le conseguenze!
- Ehi … -
Con un filo di
voce l’aveva salutato a modo suo, per provare a scuoterlo da quella
specie di catalessi che cominciava decisamente a preoccuparla.
- Luca? -
Il suo nome
pronunciato in quel modo così fine e quasi delicato, come indagatore,
risuonava fra le pareti penetrandosi nei due personaggi che si
guardavano. Ad entrambi parve di sentirlo per la prima volta. Il biondo
sbatté un paio di volte le palpebre come se si risvegliasse, poi fece
un impercettibile suono con la gola, qualcosa che non si sentì
chiaramente. Mosse un altro passo.
Come dirlo?
Lei glielo
leggeva in faccia, era questa la domanda che si stava ponendo da quando
aveva varcato quella soglia.
Non capiva e
non sapeva e l’idea che lui avesse quell’espressione shockata la
infastidiva e l’agitava, non voleva che qualcosa oscurasse di nuovo
quel bel viso a lei così caro, il sole, Luca.
Nessuno aveva
il diritto di annuvolarlo, ma attualmente era così grigio da sembrare
inverno e non estate.
- Cosa hanno
detto? È grave? Mi hanno fatto pochi esami, quasi nulla in realtà … -
Provò a
immaginare cose avrebbero fatto le sue sorellastre, però capì che se
avrebbe parlato sarebbe stato peggio, avrebbe potuto vederlo piangere,
ne era certa.
Lo vide sedersi
nel letto accanto a lei e continuare a guardarla mentre si tormentava
le mani come faceva da piccolo quando qualcosa non gli piaceva dal
profondo ma sapeva che non poteva evitarla. Era così vicino che vedeva
le iridi quasi grigie e una sensazione sgradevole l’attanagliò alla
bocca dello stomaco torcendoglielo in un dolore fisico sempre crescente.
Scrutò il suo
bellissimo viso d’angelo e per un attimo riuscì anche a provare
attrazione per quelle labbra carnose da donna.
Attese che lui
facesse qualcosa con l’ansia che cresceva a dismisura, poi
improvvisamente si sentì avvolgere delicatamente dalle sue braccia
forti, inizialmente s’irrigidì istintivamente, quando realizzò che era
Luca ad abbracciarla si sciolse e lo lasciò fare senza allontanarlo. Si
chiese perché lo facesse ma se ne dimenticò quando la invase la pace
che cercava dalla nascita, quella pace che la colpiva di sfuggita
quando lui la sfiorava, la guardava o stavano semplicemente insieme.
Ora ne fu
completamente invasa, c’era dentro interamente e le sembrò di respirare
per la prima volta. Una cosa simile lui non l’aveva mai fatta, provò
del vago stupore sostituito subito dalla sensazione di benessere che
superava ogni cosa.
Non era da Luca
abbracciare le ragazze in quel modo e nemmeno provarci con loro,
figurarsi se aveva mai osato sfiorare Nike!
Dopo un attimo
che li vide fermi in quella posizione insolita per loro, il ragazzo
mormorò al suo orecchio con voce rotta e smarrita, si poteva percepire
il dolore che aveva nel dire ciò:
- Nike, ne
sarei felice se non fosse di lui e tu lo sai. Non voglio che nessuno ti
porti via da me ma devi percorrere la tua strada. Aspetti un bambino,
sei alla quinta settimana. -
Eppure
nonostante ci sia qualcuno che sa leggere in chi ha davanti e dà le
notizie nel modo corretto, la reazione non migliora lo stesso.
Come un pugnale
fu colpita da quelle parole che dovette studiare prima di comprendere
appieno.
Era un addio.
L’addio di Luca.
Non un addio
concreto, un addio simbolico.
Ora Nike
avrebbe dovuto a forza prendere la propria strada differente da quella
di Luca.
Angoscia più
per questo pensiero che per il bambino che aveva in grembo.
Madre … non ne
aveva avuto una biologica ma aveva avuto un grande esempio e non aveva
paura di quello scoglio, sapeva che sarebbe stata aiutata, ma l’idea
che ora fosse forzatamente di un altro, la gettava in un fosso poiché
la sua luce, Luca, si stava allontanando.
I giochi dei
bambini erano finiti.
Era una cosa
naturale, accadeva a tutti di staccarsi dalla famiglia di nascita per
farsene una propria, non è un addio definitivo, porta gioia, di norma,
allora perché per lei era diverso?
Non provava
dispiacere per lasciare l’intera famiglia, bensì lo provava per
lasciare Luca.
Il suo Luca.
Fratello, amico
o che altro …
Gli faceva male
pensare che le cose sarebbero cambiate e che la persona più importante
della sua vita sarebbe dovuta per forza essere il suo fidanzato e non
Luca.
Un pensiero
cercò di fare capolino in lei ma era così confuso e caotico che lo fece
zittire e tutto ciò che riuscì a fare fu solo farsi abbracciare ancora.
Lasciarsi
andare per un attimo in quel sentiero smarrito e cercare la pace e la
luce che aveva sempre avuto accanto a lui.
Nulla.
Vedeva il buio.
Il padre di suo
figlio non era chi avrebbe sempre voluto fosse in realtà,
peccato che modo per cambiare tutto questo non c’era.
Quando Luca
giorni dopo si vide arrivare Nike in lacrime, sentì il famoso peso
sulle spalle diventare insopportabile.
Capì subito,
non serviva che gli dicesse nulla, ormai la conosceva al punto da non
dover usare le parole.
Lo cercò
immediatamente, senza nemmeno riflettere, si gettò fra le sue braccia
interrompendo la sfida di basket con Nicola, lui perse il passaggio e
mentre la palla palleggiava lontano da loro due, lei, ignorando il
sudore di Luca che per il caldo stava giocando senza maglietta, gli si
aggrappò piangendo silenziosa.
Non gli era mai
capitato di vederla così.
Gli fece
impressione e la pressione stessa cominciò a farsi sentire, quella
pressione che lo calpestava da un po’ di tempo.
- Se ne va’.
Non vuole saperne del bambino e mi molla. Dice che si trasferisce e non
vuole saperne di me. Anzi, mi ha consigliato di abortire … ha detto che
… che un figlio nato da un orfana non potrà mai essere felice, mi
abbandona anche lui, Luca. Ed io … io ora che faccio? Cosa dovrei fare?
Non posso ucciderlo, non posso, proprio io … no! Non so cosa fare … -
Il resto si
confuse fra i singhiozzi. Un pianto sempre più rumoroso e pieno di
dolore per i ricordi della litigata appena avuta, condita da ricordi
del suo passato che sicuramente non potevano essere felici.
Questo accadde.
Colpì Luca con
la potenza di un camion in corsa.
Forse
basterebbe a descrivere il suo stato d’animo, oppure si potrebbe
immaginare una frana che minaccia di crollare per molto tempo ed infine
accade dopo l’ennesimo terremoto che la colpisce. Prevedibilmente va
giù tutto ciò che vi stava sopra.
Un ragazzo come
lui sotto pressione, con principi e valori enormi ed incrollabili a cui
gli toccano una delle cose più importanti della sua vita e calpestano
circa tutto ciò in cui lui ha sempre creduto, come potrebbe reagire?
Un solo modo
plausibile.
Uno solo.
Gli occhi da
azzurro per il sole che li colpiva, divennero color ghiaccio, due
fessure sottili, lame taglienti pericolose.
- Questa no.
Questa non deve farla. -
“Io
ho dovuto rinunciare a lei per lui e lui la tratta così e le assicura
un futuro da inferno perché è uno stronzo immaturo bastardo e
vigliacco? La fa piangere. Fa piangere Nike e scappa … questa volta no.”
Pensò così
prima di separarsi dalla sorellastra, consegnarla a Nicola che fissava
in silenzio la scena, ed andarsene di corsa.
Sapeva dove
trovarlo.
Lo sapeva.
Lo sentiva.
Non se ne era
ancora andato e lui l’avrebbe trovato.
L’avrebbe
trovato e avutolo fra le mani, poi, gli avrebbe detto quello che
pensava.
Non sarebbe
scappato da quello.
Da lui.
Vedere Luca in
quello stato fu uno shock di per sé per chiunque lo conoscesse. Nicola
e Nike gli andarono dietro cercando di fermarlo, certi che non avrebbe
mai potuto fare una cosa esagerata, lui non poteva alzare le mani su
nessuno.
Lui era Luca.
E lo stesso
Bryan portò queste motivazioni ribadendo quanto detto alla ragazza poco
prima.
- Tu non sai
alzare le mani nemmeno su una mosca, non fai paura a nessuno … -
Eppure avrebbe
dovuto averne, di lui in quel momento avrebbe dovuto aver paura.
Sarebbe bastato conoscerlo come lo conosceva Nicola e Nike stessa,
sarebbe bastato poco, in effetti, ma lui quel poco non l’aveva mai
messo, nemmeno in quel momento.
- Tu … ho solo
una cosa da dirti. Sei un pezzo di merda e se te lo dico credimi che lo
penso ed è vero! -
Lui insultava
solo se lo pensava fortemente e lo pensava fortemente solo se era vero.
Gli altri che
assistevano alla scena indietreggiarono intenzionati a non fermarlo
quando udirono codesta frase:
- Chi mi
assicura che sia mio il figlio? Una come quella può essere stata con
chiunque, perché proprio io? -
La furia si
abbatté definitivamente sulla causa di tanta rabbia.
Un pugno
potente colpì il moro che cadde a terra stordito e stupito. Non si
sarebbe mai aspettato una cosa simile da lui, si rese conto di aver
fatto un errore sostanziale: non aver mai voluto conoscerlo!
Lo colpì con un
pugno, Bryan dopo la prima sorpresa reagì e ben presto nacque una rissa
non indifferente, nessuno pensava che Luca potesse colpire in quel
modo, tranne il suo migliore amico che l’aveva subito sulla pelle in
una vecchia litigata storica. Dovette fermarlo proprio lui di forza,
poiché la cosa degenerava.
Ira, furia ed
insieme a queste il dolore per aver sopportato cose che non avrebbe
voluto sopportare, per tutti i nodi ingoiati, per ogni cosa repressa.
Perché lui era
buono e gentile ma c’erano cose per cui partiva e si trasformava in
qualcosa più simile ad una bestia che altro.
Nike e la
dignità, nonché l’onore, erano fra queste.
Non sarebbe
servito a nulla se non a proprio sfogo personale, ma per lo meno la
sanità mentale del ragazzo era salva!
|
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Capitolo 10 *** I'm with you ***
Nuova pagina 1
*PREMESSA
LUNGA:
Vi
presento così l’ultimo capitolo di questa original mini…qua c’è il
famoso salto di tempo di 7 anni dove i 2 protagonisti sono adulti. Cosa sarà
successo in questo lasso di tempo? Come si risolveranno le cose? Scopritelo
leggendo! Prima di passare ai ringraziamenti, vi lascio il link al disegni che
ho fatto su Luca e altri invece su foto che ho scelto per gli interpreti adulti
dei protagonisti…e anche per il Luca bambino!
Luca
ragazzo disegnato: http://img400.imageshack.us/img400/6278/lucadisegnoet2.jpg
Luca
bambino foto, modello mio fratello: http://img220.imageshack.us/img220/4558/image005si3.jpg
Luca
ragazzo fino ai 19 anni circa foto, modello Adam Rickitt: http://img366.imageshack.us/img366/1192/image017tm0.jpg
, http://img103.imageshack.us/img103/4986/image021su7.jpg
Luca
ragazzo dai 26 anni circa foto, modello Chad Michael Murray: http://img103.imageshack.us/img103/2357/luca12ha5.jpg
, http://img103.imageshack.us/img103/593/luca13ou3.jpg
, http://img207.imageshack.us/img207/8104/luca6eg4.jpg
, http://img56.imageshack.us/img56/1724/luca8hg7.jpg
, http://img74.imageshack.us/img74/4522/luca9qu2.jpg
Nike
ragazza e adulta versione bionda foto, modella Elisha Cutberth: http://img213.imageshack.us/img213/4995/image012ac7.jpg
, http://img220.imageshack.us/img220/8771/image014dm4.jpg
Bryan
ragazzo foto, modello Jhonny Depp(da giovane!): http://img204.imageshack.us/img204/2448/image010ru0.jpg
Simone(il
figlio di lei)ragazzo foto, modello Damon Alabarn(non ne ho di lui da piccolo,
anche se nella storia appare solo da bambino…): http://img204.imageshack.us/img204/9956/simone2ex1.jpg
Ed
ora passiamo ai ringraziamenti: grazie ai lettori e a chi ha commentato questa
storiella: Yama An, Darkgirl, Bychan, Sisil85, Eyesice, Parsifal, Yukino,
Sawadee, Yuyu. Poi vorrei dire grazie anche alla mia famiglia reale perché
esiste e mi ha dato l’ispirazione per creare quella della storia(che è
identica alla mia…), tutto ciò che ho inserito, fra scene e descrizioni
varie, esiste veramente e per questo devo dire grazie anche alla mia vita reale.
Infine il grazie più grande non può non andare a Kyo, la nostra gatta che mi
ha ispirato Nike e quindi tutta l’intera storia! Grazie micia! Anche se ti ho
dato un nome da maschio(per Kyo di Furba!)sei qua con noi ormai da 3 anni o
forse più e non ti sei mai ribellata…sono commossa! A onor del vero devo
ringraziare anche il gatto che quando Kyo fu appena presa, c’era con noi,
Yuki(anche lui per Furba). Quel gatto che poi è morto dopo un anno di
convivenza con Kyo, ha aiutato molto quest’ultima poiché appena raccolta era
proprio randagia, impaurita ed intrattabile, lui le è stata accanto paziente
col suo carattere calmo, placido e pigro e sono diventati amici…facendo sì
che Nike l’imitasse in diverse cose, come mangiare nella ciotola, fare pipì e
cacca nella vaschetta, dormire in casa(anche se nascosta…)e cose così…in
compenso lei ha insegnato a lui a lavarsi, poiché il puzzone gatto grigio,
Yuki, non si leccava mai ed era sempre sporco…così lei per stargli vicino gli
faceva il bagnetto! Che coppia….però è durata solo un anno, poi lui è morto
di malattia!
Bene,
dopo la storia dei miei gatti, di cui parlo come se fossero essere umani, posso
passare ai consigli di lettura. Se siete affezionati a storie d’amore come
queste potete dedicarvi a Frammenti, un original a capitoli che in effetti sto
finendo in questi giorni anch’essa. Parla di 2 principi e una principessa e un
ragazzo di strada. È etero però c’è un cenno ad una secondaria storia yaoi.
È molto soft con un certo stile curato visto che si parla di principi moderni!
Altrimenti ci saranno non so quando spero presto in sostituzione a questa,
sempre però etero e a pochi capitoli, 2 original, entrambe NC17, un bel po’
fortine per i temi trattati e il modo: Amore Velenoso per il sesso, invece Puro
Amore oltre che per il sesso anche per temi più adulti e delicati come la droga, la
depressione, il suicidio e l’anoressia. Lo dico subito visto che non si
tratteranno di storie come queste ma sempre d’amore, brevi e etero sono!
Altrimenti tenete d’occhio altre mie nuove o dedicatevi alla lettura della mia
etero original lunga più famosa che per ora scrivo: Smoke on the water! Ecco,
dopo essermi fatta pubblicità vi dico solo che ci sentiamo in giro se non muoio
prima(gli incidenti accadono, bisogna metterli in preventivo!) e buona lettura.
Baci
Akane*
CAPITOLO
9:
I’M
WITH YOU
-
Era ora che arrivasse mattina, non ne potevo più di stare a dormire!-
A
voce squillante per nulla insonnolita, il bambino di 7 anni si alzò dal letto
con uno scatto veloce finendo in piedi sul materasso. Cominciando a saltellare
con un risolino negli occhi furbi e le fossette birichine nelle guance vide sua
mamma che con un alzata d’occhi al cielo apriva la saracinesca della porta
vetrata che dava sulla terrazza, entrò così la luce che illuminò i capelli
arancioni del piccolo e gli occhi dorati più simili a quelli di un gatto sia
per grandezza che per forma. Le lentiggini che gli coprivano il corpo furono
presto visibili vista la fine del pigiama, subito buttato a terra! Sembrava il
classico rosso ma aveva semplicemente preso dalla madre, quindi anche da adulto
sarebbe diventato semplicemente biondo e senza lentiggini.
Questo
lo rassicurava poiché non gli andava molto a genio l’idea di avere quei
puntini arancioni per tutta la vita. Inoltre se sarebbe diventato come lei
allora avrebbe anche potuto vincere il concorso di Mr Universo poiché
sicuramente sarebbe stato bellissimo! Sua mamma era la donna più bella del
mondo, ai suoi occhi appariva così ed in effetti non aveva torto.
Dopo
essersi spogliato le saltò al collo coprendola di baci, lei così ne approfittò
per portarlo in bagno e posarlo nella vasca dove gli fece una doccia veloce, si
levarono gli urli di Tarzan, lui odiava l’acqua ma gli piaceva essere pulito e
profumato quindi ogni volta c‘era un gran conflitto in lui per lavarsi e
spesso preferiva rimanere sporco!
Riuscì
a bagnare abbondantemente anche sua mamma che con aria di sopportazione si era
tolta la camicia da notte ed era rimasta in biancheria intima, lui se ne riempì
gli occhi sbrilluccicosi…sua mamma non era solo la donna più bella del mondo,
era anche la SUA donna, l’amava alla follia e qualunque cosa facesse a lui
piaceva…anche vederla nuda, cosa del tutto naturale per lui.
Gli
sembrava una cosa da grandi e quindi lo divertiva molto. Del resto lei non aveva
nessun uomo nella sua vita e quindi era ovvio che la considerasse solo sua.
Senza padre, il piccolo bambino pestifero, si era autoconvinto di essere figlio
e marito allo stesso tempo…fortuna era che ancora non sapeva cosa facevano
marito e moglie!
Quando
la tortura della doccia terminò e la madre l’avvolse con un enorme
asciugamano, lui tirò un sospiro di sollievo e facendosi prendere in braccio
dalla sua donna preferita, appiccicò il viso al suo bagnandola ancora, lei fece
una smorfia, aveva la stessa fobia dell’acqua, suo malgrado lo portò in
camera e l’asciugò con grande pazienza e lo vestì.
Il
tutto si svolse con un lungo monologo di quel bambino allegro e chiacchierone!
La
donna lo guardò mentre fra una frase e l’altra si gettava in nuovi passi di
break dance appena imparati, era dura avere a che fare con uno come lui,
completamente diverso da lei: iperattivo, superallegro, fantasioso, spericolato,
combinaguai, chiacchierone, pasticcione, tonto, ingenuo, affettuoso e con una
grande mania per l’esplorazione del mondo! Lei invece non usciva quasi mai di
casa ed aveva una paura assurda del mondo, non faceva mai nulla se non ne era
costretta e lo faceva con grande attenzione, non era quasi mai allegra,
piuttosto malinconica e selvatica, inavvicinabile e scontrosa, silenziosa e
realista. Da chi avesse preso quel carattere, quel bambino, era un mistero!
Forse dal vero padre…ma non avrebbe potuto dirlo con certezza, non erano stati
abbastanza insieme da potersi conoscere, se ne era andato appena aveva saputo
che lei era incinta, classico vigliacco. Di lui non aveva più ricevuto nessuna
notizia!
Dopo
averlo visto ingozzarsi come una fogna, questo lato però l’aveva preso da
lei, (nel frattempo si era rivestita)il campanello suonò.
-
Simo, è arrivata la zia Elisa, sbrigati!-
Aprendo
la porta si era trovata davanti una bambina di 7 anni dai lunghi capelli biondi
e gli occhi verdi ed un maschietto moro coi ricci che gli si spettinavano anche
sugli occhi azzurri.
-
Sam, Jesai!-
Il
grido di Simone, dall’interno della casa aveva superato il saluto che
prontamente il bambino aveva ripetuto:
-
Ciao zia Nike…-
L’altra
invece si era messa a gridare alla bellezza delle 7.45:
-
SIMOOOO DAI SBRIGATI! SEI SEMPRE TARDI!-
Quelli
erano i cugini dello spericolato figlio di Nike. Samantah era il terremoto di
Astrid mentre Jesai dal nome strano era il gioiello di Elisa! Lei somigliava
fisicamente ai genitori ed ai 2 fratelli maggiori, i gemelli Michael e Daniele,
aveva preso le parti migliori di mamma e papà ed era una bellissima bambina,
fin troppo allegra e pestifera…considerando che fino ai 6 anni era stata un
angioletto esemplare e che da quando aveva iniziato scuola si era scatenata, la
si poteva chiamare creatura schizofrenica. Lui era la copia del padre tranne che
per gli occhi che erano della mamma. In quanto a carattere era tranquillo e
calmo, molto maturo e adulto per la sua età, proprio come Filippo, il padre;
l’opposto di Miriam la sorella maggiore.
Simone,
Samantah e Jesai erano un trio di cugini, Simone non lo era di sangue ma era
come se lo fosse, molto affiatati facevano tutto insieme e anche se lei ormai
era andata e vivere da sola in una casa popolare pur di essere indipendente e
non pesare ancora sulla sua famiglia adottiva, erano comunque un unico grande
danno…come lo erano anche il trio della prima generazione: Michael, Daniele e
Miriam!
-
La mamma ha detto che la nonna le ha detto di dirle di dire a te che…-
Sam
aveva iniziato un discorso molto complicato e confuso, come lei riusciva sempre
ad essere grazie ai geni di sua madre, Astrid. In suo aiuto era arrivato il
cugino Jesai che al contrario suo, con la stessa capacità incredibile di
sintesi ereditata dal padre, aveva preso la parola:
-
Sabato siamo tutti al compleanno della nonna…-
sia
Nike che la cugina accanto a lui lo guardarono con grande ammirazione, era
proprio la copia in miniatura di Filippo!
Il
clacson suonò per richiamarli all’attenzione, così Sam corse dentro, afferrò
per mano Simone che ancora correva a destra e a sinistro con il boccone in bocca
e lo tirò fuori:
-
Dai, la zia ha fretta, su!-
Salutarono
Nike e correndo come dei pazzi, facendo a gara, arrivarono alla macchina; non si
affannò come loro Jesai, non ne aveva la minima intenzione!
Sabato
arrivò in fretta.
Ormai
in casa coi genitori viveva solamente Luca, persino Selene si era spostata ed
aveva messo su famiglia, quella sera infatti sarebbe arrivata col piccolo che
aveva cominciato a camminare da poco a cui tutti ponevano la maggior parte
dell’attenzione, per evitare che il nuovo gioiello di famiglia potesse cadere
e farsi male…ma soprattutto non si ficcasse in qualche guaio! Il piccolo
Gabriele somigliava alla mamma dalla punta dei piedi a quella dei capelli e
quindi con lei aveva ereditato anche la mania di combinare disastri e far urlare
chiunque! Adorava aprire il frigo e buttare giù uova e tutto ciò che gli
capitava sotto mano, in bagno prendeva i detersivi e li apriva rovesciandoli
tutti, in cantina si imbiancava di farina…e queste erano solamente poche, di
quelle che faceva! Un vero terremoto, del resto degno cuginetto delle altre
pesti!
I
primi ad arrivare furono Nike e Simone, ovviamente il piccolo corse veloce come
un fulmine per arrivare primo ed attaccarsi al campanello, una volta che Nike
riuscì a staccarlo la porta si aprì per farli entrare. Ad accoglierli era
arrivato Luca e per un attimo la ragazza rimase senza fiato a guardarlo. Era
veramente da molto che non lo vedeva. Simone si appese a lui gridando felice:
-
CIAO ZIOOOO!-
Il
biondo dai capelli lisci che si sistemavano sulle spalle, liberando il volto
grazie alla riga in parte, prese in braccio il nipote che nonostante i 7 anni
era leggero, fece qualche passo indietro e sorridendo radioso, come solo lui
poteva, mostrò quel filo di barba chiara che ormai si era lasciato crescere e
che gli donava quell’aria più da adulto. Se possibile era ancor più bello di
quando aveva 18 anni. A quell’età tutti avevano creduto che fosse nel fiore
della sua bellezza ma si erano sbagliati…non ci poteva essere limite al
miglioramento. Il soprannome di
angelo era appropriato!
Quando
poi il figlio corse dentro a salutare i nonni, portando il consueto caos, Nike
si scosse e mosse qualche passo verso il fratello adottivo che l’attendeva
osservandola a sua volta cancellando lentamente il sorriso dalle sue belle
labbra pallide.
Già,
era veramente da molto che non si vedevano e anche lui rimase a sua volta
incantato…l’aver avuto un figlio in giovane età non aveva penalizzato la
sua bellezza, sembrava sempre una gatta selvatica pronta a scappare, attaccare o
nascondersi dietro di lui. Rivedendosi così veniva da ricordare quei momenti da
bambini in cui inseparabili facevano sempre tutto insieme, ma poi si doveva
tornare al presente, un presente che ormai li vedeva separati e distanti mille
miglia.
-
Ciao…-
lo
dissero insieme e per questo tornarono in un silenzio imbarazzante, così senza
sapere che dire, decisero di darsi un bacio guancia a guancia e di entrare in
casa. Poi con un po’ di impaccio lui le chiese come andasse e lei
rispose con un vago e conveniente:
-
Bene…-
Non
avrebbe mai detto la verità, o meglio che ‘bene’ era una parola decisamente
grossa!
-
E con Simone? Riesci a domarlo?-
Lei
alzò spontaneamente i begli occhi da gatta al soffitto con esasperazione e
lasciandosi andare disse:
-
Ieri ha tentato di scappare di nuovo…voleva convincere anche gli altri 2
fedeli compagni di disavventure che era bello esplorare il mondo. Sam, nemmeno a
dirlo, si è fatta convincere al volo, fortuna che Jesai è andato con loro con
l’unica intenzione di fermarli e riportarli a casa, infatti ci è riuscito con
un abile espediente…quei fessacchiotti ci sono cascati ma non avevo dubbi!-
Solo
parlando del figlio si scioglieva, lui lo sapeva per questo glielo aveva chiesto
e con un nuovo sorriso, non radioso ma sempre un sorriso era, aveva così
risposto:
-
Quel bambino è una manna dal cielo! Simone era alla ricerca del padre,
immagino…-
Un
ombra passò nello sguardo verde-dorato dell’ormai bionda:
-
Come sempre…-
L’imbarazzo
tornò, interrotto questa volta dai loro genitori che arrivarono a salutare
Nike.
I
secondi ad arrivare furono Selene col marito, sposati da poco più di 2 anni,
col piccolo Gabriele. Lei aveva maturato una bellezza da donna e non più da
ragazza, coi capelli corti e scalati, un taglio sperimentale, e le maches bionde
sembrava quasi seria, gli occhi di ghiaccio ingannevoli stavano già progettando
una possibile tortura per la sorellastra che non vedeva da un po’ di tempo. Il
marito era un fotografo alto dai capelli neri di qualche anno più grande di
lei, sul bel volto dai lineamenti da zingaro presentava un po’ di barba scura
che gli donava alquanto. La loro storia era molto bella: lei diventata
campionessa di basket a livello nazionale era stata presa di mira da un sacco di
giornalisti per mille interviste, vista anche la sua bellezza e spigliatezza,
oltre che bravura; era scoppiato il boom di Selene Basso, la giocatrice di
pallacanestro, l’ala della nazionale femminile. Grazie a questo lui aveva
ricevuto l’incarico di farle un servizio fotografico da parte di un giornale
sportivo molto prestigioso. Lui, fotografo sportivo di nome Lorenzo, l’aveva
conosciuta così ed era rimasto subito affascinato da quel tornado dal forte
carattere irascibile e provocatorio, nonostante l’aspetto molto femminile
sembrava più un maschiaccio e gli abiti che indossava davano ragione a questa
seconda idea: adorava lo stile militare, per cui era un mix molto intrigante.
Avrebbe dovuto farle solo un paio di foto ma alla fine da quel pomeriggio era
uscito materiale adatto ad un book intero…cosa che le regalò dopo aver
addobbato un’intera mostra fotografica di foto sue, tutto per dichiararle il
suo amore e chiederle di uscire con lui! Lei era rimasta catturata a sua volta
da quell’artista folle dalle idee così stravaganti; del resto anche lui era
veramente bello: capelli neri e mossi un po’ lunghi, il solito pizzo che gli
ombreggiava il volto da zingaro e occhi verde azzurri penetranti…nonché un
sorriso indecifrabile che gli donava un tocco di mistero. Aveva tutta l’aria
di essere un tipo difficile e così infatti era stato. Dopo essere passato da
fotografo sportivo a free lance(spero si scriva così)che girava il mondo, per
il bene della carriera di Selene, se ne era andato senza dirle nulla, per
lasciarla libera di dedicarsi al basket come pensava fosse giusto che facesse.
Quando
lei l’aveva scoperto ed aveva capito il motivo del suo abbandono si era
infuriata come non mai e facendosi in mille per trovarlo (visto che non aveva
lasciato tracce di sé), era andata da lui di corsa attraversando mezzo mondo,
letteralmente, e una volta arrivata da lui le si era buttata addosso
picchiandolo come una furia e insultandolo! Gli aveva detto che era lei a
decidere di sé stessa e della sua vita e che non era una bambola di porcellana
delicata, che lei sapeva prendere le sue decisioni e reggere qualunque
situazione. Così a lui non era rimasto che chiederglielo fra le lacrime,
sussurrando senza gridare, colpito nel profondo da quella ragazza sconvolgente
per uno come lui:
‘E
allora sposami e dedicati a me…la faresti questa scelta?’
Lei
non aveva avuto nemmeno bisogno di pensarci, gli aveva gridato un si al colmo
della felicità, piangendo a sua volta, stringendolo mentre finiti a terra nel
litigio precedente tornavano a respirare e a vivere.
Così
aveva scelto di mollare un po’ con la pallacanestro e appena rimasta incinta
aveva detto del tutto addio a quello sport che per lei aveva significato molto.
In un ultima intervista in diretta televisiva aveva annunciato il suo abbandono
alla carriera mentre Lorenzo l’aspettava dietro le quinte ascoltando le sue
parole e vedendo come, attraversando il campo vuoto di basket, sempre filmato
dal cameraman, lei aveva fatto finto di palleggiare, aveva piegato le ginocchia
e con uno sguardo molto attento ed occhi azzurri che vedevano molto lontano,
aveva tirato la palla immaginaria dritta nel canestro. Tutti vedendo lei che
faceva il consueto segno di esultanza col pugno alzato si erano visti
chiaramente la sfera di cuoio infilarsi nel cerchio e bruciare la retina
nell’ultimo punto ufficiale della sua vita da cestista. Erano stati momenti
emozionanti nei quali molti si erano commossi, tutti tranne la diretta
interessata che al posto di uno sguardo triste e malinconico come sarebbe stato
appropriato e giusto, aveva sorriso radiosa apprestandosi ad affrontare una
nuova partita molto difficile, una grande sfida per il suo animo combattivo.
In
effetti così era stato.
Gabriele
era nato dopo circa nove mesi di gravidanza splendida ed aveva portato una gioia
di cui già disponevano abbondantemente, facendo capire che non c’erano
rimpianti per nessuno e che lo studio fotografico appena aperto di Lorenzo
rimpiazzava ugualmente la carriera di free lance, l’eterno sogno del moro che
ormai non avrebbe più potuto realizzare!
Questa
la loro storia.
Ora
si vedeva Nike già con un considerevole mal di testa e l’istinto di andarsene
o nascondersi dietro Luca, ma si sentiva in dovere di fare la grande e facendo
violenza su se stessa si obbligò a non cercare il suo aiuto. Il piccolo nanetto
erede del terremoto Selene, era già protagonista di risate e urla
isteriche…se si pensava Simone fosse un demonietto, lui forse era il diavolo
in persona!
Successivamente
arrivò la famiglia di Elisa, grazie al puntuale Filippo che aveva cominciato a
preparare tutti un ora prima del necessario…il ritardo era nel DNA della
famiglia e non si poteva pretendere che Elisa ne fosse stata sottratta! La donna
aveva assunto un aspetto molto più materno, dolce e sereno ma non ci sarebbe
aspettati nulla di diverso da lei. La sua storia con Filippo andava avanti da
quando Elisa aveva 15 anni circa: avevano frequentato la stessa scuola e corso
di teatro, lei se ne era innamorata poco a poco e una volta persa la testa per
lui, lui si era defilato. Non si erano visti per molto tempo, durante il quale
avevano avuto ognuno le proprie storie ed esperienze, ma nulla di serio ed
impegnativo. Poi si erano rivisti, decisi a riattivare i contatti. Alla fine
aveva vinto lei e il suo sentimento mai spento…con pazienza e dolcezza aveva
saputo dargli quello che lui cercava da sempre e che non aveva mai trovato,
tormentandosi per questo. Miriam, al momento di 11 anni, come già spiegato, era
la copia di lei, considerando che lei da piccola era un terremoto si confidava
nel fatto che prima o poi si sarebbe calmata anche la bambina; Jesai, di 7
invece era la copia di lui e di questo da un lato si doveva ringraziare il cielo
vista la maturità e coscienziosità ma anche il carisma e la stoffa del leder
che Filippo aveva. Una forte volontà e senso del dovere, un gran personaggio
che si notava e lasciava il segno. Aveva testa e talento per qualsiasi cosa
decidesse di fare. Così era anche il figlio. Solo che ereditando anche i
difetti, era diventata una creatura molto chiusa, testarda, orgogliosa,
difficile e lunatica…non certo uno scherzo avere due figli così!
Nike
potè tirare un sospiro di sollievo vedendo la sorellastra preferita: Elisa…e
non si vergognò di andare da lei! Loro si vedevano spesso visto che Simone era
coetaneo e molto amico, anzi, un tutt’uno, con Jesai e Samantah. Certo,
quindi…con Elisa si vedeva volentieri, la bionda, ma il fatto di essere
costretta a farlo anche con Astrid visto che i figli altrimenti avrebbero dato
fuoco alla casa ad entrambe, non le dava molto piacere!
Ebbene
sì…arrivò anche lei, l’ultima come sempre: Astrid coi 3 figli e il marito.
Lei e Marco avevano un ulteriore storia molto simpatica: lei l’aveva
conosciuto in un pub dove lui lavorava e appena incontrato le era piaciuto
subito, del resto lui aveva il tipo di bellezza che lei gradiva molto: alto,
biondo, occhi chiari, sorriso radioso, sincero e contagioso…e poi era
simpatico, allegro, alla mano e soprattutto stava agli scherzi ridendo alle sue
battute e figuracce! Lei decisa a non farselo scappare gli aveva lasciato subito
un biglietto con una frase tratta da una canzone di Eminem chiedendogli se gli
interessasse conoscerla…o meglio il concetto era quello, le parole non
esattamente! Lui le aveva risposto che era fidanzato così la cosa era morta lì,
lei non ci provava con lui ma andava sempre ripetutamente in quel locale e lo
guardava mangiandoselo con gli occhi, alla fine era diventata sua amica lo
stesso, si salutavano sempre e senza che se ne rendessero conto, lui stesso si
sirtrovò felice di vederla ogni volta che arrivava lì, fino a provarci
inconsciamente con lei. Così lentamente si erano simpaticamente innamorati e in
maniera altrettanto stravagante, così come erano entrambi, si erano messi
insieme…dopo le mille delusioni che lei aveva avuto le era sembrato il
paradiso potersi fidarsi di qualcuno allegro e solare come lui. Era il classico
tipo che lei adorava: socievole, disponibile, forte, sicuro, passionale,
irascibile…insomma, guai a farlo arrabbiare: capace di cacciarsi nei guai
facilmente. Certo, crescendo si era calmato, così come un pochino anche lei.
Insieme formavano una bella coppia e la storia alquanto comica e da film,
piaceva a molti!
Dai
figli non si poteva aspettare nulla di diverso: 3 terremoti! Michael e Daniele
avevano attualmente 11 anni, formavano con Miriam il primo trio della
generazione di cugini inseparabili e come già spiegato nonostante questi
fossero gemelli identici, caratterialmente erano uno il braccio e l’altro la
mente…e manco a dirlo si contendevano la bambina che diventava sempre più
carina!
Samantah
aveva ingannato tutti poiché aveva dato l’illusione d’essere buona e
tranquilla fino ai 6 anni, come la madre da piccola, poi si era svegliata ed era
diventata il maschiaccio spericolato che una ne faceva e cento ne pensava…in
realtà Astrid era rimasta buona e calma fino all’adolescenza, ma Sam aveva
anche il DNA del papà, un iper attivo da piccino! Questa, attualmente di 7
anni, formava il secondo trio della sua generazione insieme agli altri cugini,
Simone(cugino adottivo in realtà)e Jesai. Insieme erano proprio da reality
show: non facevano annoiare nessuno!
Quando
furono tutti arrivati il campanello suonò di nuovo e solo Nike si chiese chi
fosse, con sguardo attento guardò Luca che andava ad aprire la porta e quando
accolse una bella ragazza dai lunghissimi boccoli neri e occhi azzurri da lunghe
sopracciglia scure, si sentì come se il filo su cui camminasse da acrobata
fosse sospeso nel vuoto e non su una rete sicura…quella rete le era stata
improvvisamente tolta senza che se ne accorgesse e il fatto che l’avesse
sempre data per scontata e per questo fosse sempre riuscita a rimanere in
equilibrio senza cadere, ora la penalizzava mettendola nel caos. Adesso la rete
non c’era e psicologicamente era fragile poiché cadendo si sarebbe fatta
molto male. Rendersene conto a quel punto ed in quel modo era la cosa peggiore.
-
Nike, ti presento la mia ragazza, Alyssa. Stiamo insieme da qualche
settimana…mia mamma ha insistito affinché la portassi oggi e te la
presentassi…-
Se
lo chiese in effetti…come mai non glielo aveva detto o fatta conoscere prima?
A quanto sembrava la famiglia l’aveva già conosciuta, lei no. Ma questo fu
presto accantonato quando lei le tese la mano da stringere e le disse
‘piacere’ con un bel sorriso radioso. Aveva l’aria da gatta, ma non una
gatta morta, semplicemente una sinuosa creatura.
Se
avesse potuto sparire l’avrebbe fatto ma con tutti gli occhi puntati addosso
non potè far altro che prendere quella esile mano dalle lunghe dita affusolate
e fare un mezzo a sorriso, del suo meglio.
Ad
Alyssa parve di trovarsi davanti l’ex fidanzata di Luca invece che una sorella
adottiva! Non seppe spiegarselo ma la trovò incantevole nonostante avesse già
un figlio di 7 anni. Anche se non aveva nulla da invidiarle non si sentì alla
sua altezza, come se comunque Nike fosse sopra di lei di qualche gradino!
Nike
si sentiva inspiegabilmente male, a disagio, contrariata del tutto dalla
situazione, come se in un certo senso Luca la stesse beffeggiando, non tenesse
veramente a lei come le aveva sempre detto e fatto credere. Le montò su una
rabbia tale che l’impulso di prenderlo a schiaffi lo trattenne a stento, si
limitò a lanciargli un occhiata infuocata dove i suoi grandi occhi dorati si
assottigliarono improvvisamente mentre si posavano in quelli azzurri di Luca che
più non capivano che accadesse. Ingenuamente pensò che fosse rimasta male per
il fatto che non le aveva parlato prima di Alyssa ma non se l’era proprio
sentita, anche l’idea di presentargliela quel giorno, l’aveva fatto star
male. Le avrebbe parlato, se lo ripromise.
La
festa iniziò fra mangiate, bevute, risate e confusioni varie, arrivò poi il
momento del consueto annuncio. Elisa si alzò richiamando l’attenzione di
tutti, alzò i bicchieri e disse a modo suo che aspettava un altro bambino al
che si udì un urlo rabbioso di Astrid che a sua volta si alzò spintonandola e
gracchiando:
-
COPIONA CHE NON SEI ALTRO! IO DOVEVO DIRLO QUESTO!-
Tutti
la guardarono stupiti ed anche se ormai quasi tutti la conoscevano, riuscivano
ancora a chiedersi se il tempo per lei non passasse mai!
-
Come…anche tu?-
Chiese
la madre cominciando a sventolarsi con gli occhi lucidi. ( puro panico
all’idea di un’altra peste in giro per il mondo…)
-
Oh no…di nuovo! Poveri bambini!-
Fu
invece la reazione schietta e simpatica di Selene. Anche Nike l’aveva
distrattamente pensato mentre non staccava gli occhi di dosso da Luca ed Alyssa,
ma non aveva fatto comunque nulla. I bambini cominciarono a saltare e ridere
contenti dei nuovi cugini in arrivo mentre il caos generale s’alimentò
con le risa anche dei grandi, poi Filippo stuzzicò la cognata, come faceva
spesso, e ironico come solo lui sapeva sempre essere, chiese:
-
E se è una femmina la chiamerai Ingrid?-
Astrid
si voltò di scatto facendo una smorfia accompagnata dal dito medio e con un
ringhio rispose:
-
Intanto sarà di sicuro un maschio e poi il tuo allora dovresti chiamarlo
Qualunquista!-
Chi
non li conosceva e non sapeva la storia dietro a questi due nomi, non poteva
capire e divertirsi, ma tutti i presenti, o quasi, la sapevano per cui
l’ilarità generale crebbe! Ingrid era il nome con cui Filippo l’aveva
chiamata la prima volta facendola infuriare(lei odia chi le storpia il nome),
mentre Qualunquista era l’unico insulto per cui uno tutto d’un pezzo come
Filippo si infastidiva! Così si chiamavano a vicenda in quel modo…già…i
due non andavano affatto d’accordo ma in realtà se c’era da collaborare lo
facevano, quello del litigio era più un gioco che altro!
Quando
la serata finì e cominciarono ad andare via un po’ tutti, Nike tirò un
respiro di sollievo realizzando che finalmente se ne sarebbe potuta andare anche
lei, ma poi udì dire da Luca ed Alyssia che avrebbero finito la serata altrove.
Dire che se ne risentì parecchio è usare un eufemismo, così con profonda ira
nei confronti del biondo, senza spiegarsela razionalmente, decise di togliergli
il saluto. Selvaticamente come una gatta, come un tempo era stata, chiamò
Simone con tono fermo, salutò i genitori e senza dire altro se ne andò
superando la coppia che tanto le aveva arrecato fastidio. Luca la vide andarsene
con la sua piccola auto, con un Simone agguerrito che non voleva saperne di
separarsi dai cuginetti; non l’aveva mai fatto…gli aveva tolto il saluto!
Capì che era veramente arrabbiata e mormorò fra sé e sé che sarebbe andato
da lei per parlarle e spiegarsi.
Del
resto cosa le avrebbe detto? Che dopo aver passato la sua vita fino a quel
momento ad amarla senza essere ricambiato, si erano allontanati e capendo di non
aver speranza aveva deciso di provare una nuova strada con una che le somigliava
nell’animo?
Arrivati
a casa Nike cambiò Simone e lo preparò per la notte con gesti seccati e nel
silenzio più assoluto. Così il piccolo aveva lentamente cessato di lamentarsi
e si era messo a fissarla in maniera diretta. Altrettanto diretto poi le aveva
detto:
-
Mamma? Non ti piace la fidanzata dello zio?-
Nike
si era fermata improvvisamente lasciandolo con la maglia del pigiama a metà
sulla testa, pur lui agitandosi per tornare a galla lei non si mosse, si chiese
chi mai fosse Simone…un bambino di 7 anni oppure un mago dai misteriosi
poteri? In realtà non sapeva di preciso nemmeno lei se il problema fosse
proprio quello. Quando la testa arancione di Simone riuscì a spuntare dal collo
della maglia, vide il bel volto di sua mamma nel caos che lo fissava ebete, così
continuò candidamente:
-
A me sembra che ti somigli…forse è per questo che non ti piace…anche io al
tuo posto sarei gelosa. Andrei da lui e gli direi così: ehi tu! Se ti piaccio
così tanto da prenderti la mia copia perché non me lo dici semplicemente?
Ecco, una cosa simile, direi!-
-
M-ma…ma…lei non è uguale a me…ha i capelli neri…-
Provò
a dire debolmente mentre abbandonava il resto dei vestiti sul pavimento.
-
No, ma c’è qualcosa che ti assomiglia…il carattere, forse? O forse i modi
di fare…mah…è come se dentro avete qualcosa di uguale….ecco! Siete fatte
della stessa pasta!-
Concluse
trionfante il figlio mentre saltellava per la stanza per nulla stanco. Lei
rimase ancora ferma e pensierosa senza zittirlo come faceva sempre, si rivedeva
l’immagine di Alyssa che solo poche ore prima aveva avuto davanti. In effetti
aveva ragione, l’aveva detto in modo complicato ed infantile ma aveva
ragione…che fosse questo? Che Luca in realtà cercasse lei? Per Simone era
scontato, come lo era il fatto che lei gli piacesse. Sospirò e l’uragano dai
risolini felici si fiondò di nuovo su di lei facendola finire a terra:
-
Mamma…voglio un papà come ce l’hanno Sammy e Jesy! Ma non un papà
qualsiasi…uno che mi piaccia, che io piaccia a lui e con cui ridere, giocare e
divertirmi sempre!-
Lei
finalmente distratta dai suoi ripensamenti eterni, le disse ridendo a sua volta:
-
Tu vuoi un compagno di giochi, non un papà!-
-
E che cosa fa un papà?-
-
Un papà gioca con te ma anche ti sgrida quando combini i tuoi guai…ti
impedisce di scappare di casa per esplorare il mondo e ti fa rigare dritto! -
-
Mica solo queste brutte cose, vero?-
-
No, penso che ti dovrebbe anche coccolare un po’…ti vuole bene, no?
Semplicemente ti vuole bene…che ne dici? Sei sicuro di volerne uno?-
-
Certo! Così coccola anche te! Zio Marco e zia Astrid non si coccolano spesso
però una volta li ho visti darsi un bacino per il loro anniversario…era un
bacio come quello dei film…così ho spiato anche zia Elisa e zio
Filippo…loro si scambiano bacini e coccole più degli altri due, solo in
privato, però…e mi sono detto che anche tu dovresti avere qualcuno che fa
quelle cose romantiche così siamo come tutti gli altri….e posso vantarmi del
mio papà come fa quella chiacchierona di Sammy!-
“Senti
chi parla di chiacchiere!” Pensò al volo Nike mentre continuava ad
accarezzare i capelli arruffati del piccolo che la stringeva, i suoi occhi
brillavano mentre parlava di quelle cose e la bocca dagli angoli birichini
sorrideva contento. Ogni tanto le faceva questi discorsi ma lei non lo ascoltava
adeguatamente…stava bene con lui, erano un bel duo e se lei era di cattivo
umore solo Simone riusciva a tirarla su, come quella sera.
-
Non ti basto più?-
Chiese
quindi lei senza stupirsi del ficcanasare di quel bambino troppo vivace!
-
Certo ma voglio anche un papà…hai visto stasera che tutti i miei cugini ne
avevano uno? E come poi zio Marco ha giocato con Sammy per distrarla dai regali
della nonna? O quando zio Lory ha consolato Gabry facendolo anche addormentare?
O quando zio Filippo ha spiegato a Miriam come devono stare le bambine che
indossano le gonne? Io non avevo nessun papà che facesse niente di tutto
questo…nemmeno che mi sgridasse quando ho rotto quei piatti! Hai dovuto farlo
tu anche se di solito lo fanno i papà…-
Lei
così non rispose e lo abbracciò forte mentre un nodo le comprimeva lo stomaco.
Che ansia assurda sentiva in quel momento, probabilmente era quella del figlio.
Aveva un desiderio così grande di avere un padre che l’aveva portato a
studiare cosa facevano quelli degli altri…e solo dopo essere stato sicuro che
ne mancava uno anche a lui, gliene aveva parlato così seriamente. Aveva
ragione, una persona viene cresciuta da una figura maschile ed una femminile
appunto perché sono diverse come ruoli e modi di fare ed essere, ognuno ha i
propri compiti ma soprattutto il bene che può dare un genitore non lo possono
dare in due…perché i figli hanno tanto bisogno di amore? Un amore così
grande? Perché richiedono tante attenzioni ed energie, perché danno molto ma
devono avere altrettanto…perché se lo meritano e solo con l’adeguata
quantità di sentimento possono crescere come si deve e diventare le persone per
cui sono nate! Lo sapeva bene, ora lo sapeva, ma saperlo non semplificava le
cose. Non aveva idea di dove fosse Bryan, il vero padre di Simone, e non voleva
nemmeno saperlo. Non avrebbe mai potuto vivere una vita con uno come quello…e
non era adatto ad essere padre!
-
Hai ragione, tesoro, ma non è facile trovare una persona come dici tu…-
A
questo punto Simone si accese di nuovo tirandosi su sui gomiti e guardandola
allegro con i suoi grandi occhi vispi, disse:
-
Ma noi lo conosciamo uno così! Uno che ci vuole bene, ci coccola se vogliamo,
che mi sgrida se proprio serve, che ci aiuta e che…fa tutte le cose che fanno
i papà! Lo zio Luca è così!-
Lì
lei si soffocò con la sua stessa saliva chiedendosi se per caso quel discorso
non fosse un copione di uno scrittore incapace e poco originale…banale che lui
puntasse a questo, solo lei non l’aveva capito sin dall’inizio! Ma perché
succedeva sempre così? Erano i bambini a scegliere i padri: da quando in qua?!
Non
ebbe tempo di rifletterci che lui cominciò a stritolarla iniziando a pregarla:
-
Dai e dai e dai! Non dirmi che non ti piace lo zio, basta che venga a vivere qui
poi noi facciamo come abbiamo sempre fatto, solo che a badare a me c’è anche
lui…dai su…non ci vuole nient’altro e se non volete darvi i bacini davanti
a me io vado a giocare da Sammy o Jesy…su su su…dì di sì…chiamalo, ti
prego, chiediglielo!-
Ok,
Simone aveva una visione tutta personale dei padri…non aveva ben capito come
funzionava la cosa e soprattutto che era più complicato di quanto la mettesse
lui. Tuttavia anche se le parole di quel piccolo tornado erano da interpretare
lei lo capiva benissimo e sapeva che in fondo non aveva proprio torto. Sarebbe
bastato che entrambi lo volessero. Lei? Lei lo voleva? Lui sicuramente no, ormai
stava con quella…come fare? Si mise da sola mille barriere per impedirsi di
attuare il desiderio di Simone(o di sé stessa?)ma poi una vocina nella sua
testa cominciò a ripeterle ferma e convinta, molto severa:
‘Tutto
si può fare, basta volerlo! Sei tu che ti metti barriere ed impedimenti, in
realtà tutto si risolve…puoi fare ogni cosa!’
Ed
ogni cosa aveva fatto, fino a quel momento. Tranne quello.
Rassegnarsi
a quel sentimento che provava per Luca, che aveva il sospetto di sentire da
tempo ma che non aveva mai liberato per la propria selvaticheria!
“Dunque
potrei?”
Si
chiese inaspettatamente.
“Lo
voglio? Voglio passare la mia vita con Luca?”
Onestamente
era precipitoso una domanda simile ma lei se l’era fatta perché la richiesta
di Simone era quella e lei sapeva che lui aveva ragione. Che nessun altro uomo
avrebbe potuto amarlo(amarli)come faceva lui. Lo sapeva.
Ma
la paura folle di parlarne e di capire cosa volesse Luca, come la vedesse e cosa
provasse, la gettava nel caos.
-
Mamma, provaci…se vuoi glielo chiedo io allo zio…se vuole essere il mio papà…non
ho problemi!-
Lei
fece un risolino forzato per tranquillizzarlo:
-
So bene che tu non te ne fai!-
Poi
ci pensò un attimo e in quell’istante decise.
-
Ci provo…-
L’aveva
appena fatto addormentare e senza l’ombra del sonno, gironzolava per casa
mettendo a posto, si era già preparata per la notte, indossava quindi una
camicia da notte a canottiera piuttosto larga che le scollava molto sul seno
diventato prosperoso dopo la gravidanza. I capelli sciolti come sempre li aveva
pettinati alla meglio, senza farli diventare crespi viste le onde che aveva,
mentre il viso struccato la rendeva naturale e nel complesso sembrava quasi nuda
rispetto al solito, sempre coperta il più possibile!
Ripensava
alla serata e poi al discorso con Simone. Quel bambino era fin troppo sveglio e
le aveva tirato fuori a forza delle confessioni e realizzazioni che mai avrebbe
voluto lasciar libere. Cosa provava per Luca? Ormai era da molto che non era più
semplice sentimento fraterno, prendersi in giro a quel modo era stupido. Era
scappata abbastanza, costringendosi a rimanere sola, respingendo tutti i ragazzi
che la corteggiavano. Certo, quell’unica esperienza che si era concessa
l’aveva scottata eccome, ma tutti prima o poi tornano a vivere. Eppure lei
l’aveva sempre saputo che se ci fosse stato qualcuno di cui si sarebbe mia
potuta fidare quello era Luca. Luca non in quanto fratello e confidente, Luca in
quanto ragazzo!
Si
sentiva ancora confusa ma l’ammissione fatta un po’ forzatamente con Simone
le era servita a capire che ci teneva veramente a lui e che l’unico uomo che
avesse voluto accanto a sé, sarebbe potuto essere solo Luca, di lui si sarebbe
fidato ciecamente perfino senza vederlo per 50 anni! Era forte ciò che la
legava a lui, diverso da quello che aveva provato per Bryan. Là c’era stata
passione e attrazione, con Luca…mah, non avrebbe mai saputo dirlo, ma sapeva
che quella volta aveva deciso di rimanere principalmente per lui e non per
altri!
Fu
in quel momento che sentì bussare lieve alla porta facendole così fare un
notevole salto spaventata, si piazzò per abitudine in posizione d’attacco
karateka e con occhi spalancati e il batticuore, si avvicinò cautamente alla
porta d’ingresso, guardò dal buco chiedendo chi fosse, la voce la rassicurò
ancor più di ciò che vide: era Luca. Inizialmente si sentì sollevata, ma poi
si ricordò di tutti i pensieri che aveva appena fatto e si tese ancor di più.
-
Che faccio ora? Che cazzo gli dico? -
Poi
si fermò e sempre col panico addosso si rispose da sola:
-
Un momento…è lui che è venuto da me, mica l’ho chiamato io…significa che
deve parlarmi e che io devo solo ascoltarlo!!!-
Con
questo pensiero tirò una specie di sospiro. Ce l’avrebbe fatta!
Aprì
la porta dopo lunghi minuti senza però riflettere sullo stato in cui si
trovava, quando l’ebbe davanti entrambi trattennero il fiato guardandosi a
vicenda. Per Luca che non la vedeva da molto tempo in tenuta comoda da casa,
vederla così era come un tornare indietro nel tempo…era un accorgersi quanto
la desiderasse, ricordarsi quanto bella fosse così selvatica. Notò l’aria
impanicata e spaventata e si chiese se il tempo non fosse tornato veramente
indietro. Nike invece potè solamente sentire la stessa cosa che provava in
compagnia di Bryan…solo amplificata! Perché? Solo ora aveva ammesso di
volerlo accanto a sé, solo ora aveva circa definito i propri sentimenti per
lui.
Solo
ora.
-
Posso entrare?-
Le
chiese lui con voce roca.
-
Eh? Perché?-
Domanda
tipica sua, stava sulla difensiva ed era più forte di lei.
-
Scusa l’ora ma avevo bisogno di parlarti e dovevo farlo ora…o non dormivo!-
-
E…e lei?-
Cautamente
dovette chiederlo. Lui trasalì poi rispose:
-
L’ho riportata a casa…non potevo certo portarla qui…-
Schiettamente
lei reagì:
-
E l’hai portata a casa per venire a parlare con me!-
-
Si!-
-
Cosa ha detto?-
Nel
dialogo lei cominciò a sciogliersi trovando buffo e anomalo il comportamento di
lui, ora addirittura imbarazzato. Si grattò la nuca e rispose vago:
-
Bè, si è arrabbiata…-
-
E lo credo! Se tratti le tue fidanzate così!-
-
Così come?-
-
Anteponendo un’altra a lei! Non dovevate ‘finire la serata’?-
Lei
tirò fuori la malizia e lui arrossi tossicchiando, così lo fece entrare
ridacchiando, era da molto che non parlavano così rilassati. Veramente da
troppo tempo. Eppure era come se l’avessero fatto solo il giorno prima!
-
Ma non sei un’altra! Sei tu! E poi mi premeva di più parlarti…-
Si
passò nervoso una mano fra i capelli togliendo così l’ordinata riga in
parte. Certo avere un uomo così bello in casa ed essere così naturali era da
invidiare!
-
Io? E chi sono? Tua sorella? Se così fosse perché arrabbiarsi se vai da lei?
Certo…preferire la sorella alla morosa…-
Ora
era del tutto in confusione!
-
Infatti abbiamo discusso per questo…lei è gelosa di te e ti vede non come mia
sorella…-
Il
silenzio immediato fu pensante ma lei quella domanda logica doveva farla.
-
No? E cosa?-
Mentre
dentro di sé sperava che la risposta le facilitasse il compito. Lui cominciò a
sudare ed a camminare nervoso, il fatto di aver avuto rarissime esperienze con
le donne incideva enormemente. Non sapeva trattar con loro!
-
Lei pensa che…tu sia…la mia vera ragazza…-
Detto
in maniera poco comprensibile, in fin dei conti, non si poteva pretendere altro
da Luca. A lei il cuore perse un battito comprendendo al volo cosa stava
dicendo, il senso di quelle parole.
Solo
sentendole e capendole comprese a sua volta di aver desiderato di sentirle per
molto tempo.
Incerta
e col fiato sospeso disse fine:
-
E tu che dici?-
Senza
sbilanciarsi, anche se forse lui aveva già capito…forse.
-
Io…non ti ho detto la verità…io e lei ci siamo lasciati dopo una litigata
furiosa…perché lei mi ha detto brutalmente che quella che voglio sei tu
e…ed io sono…d’accordo…-
Era
stato molto faticoso dirlo, gli era servito molto coraggio. Del resto dopo tutto
quel tempo passato a vederla e trattarla come una sorella, dopo l’essersi
accorto di amarla e l’aver dovuto rinunciare a lei poiché lei se ne andava
sempre più, dopo tutte le distanze e le barriere che si erano posti…dopo
tutto, in certi casi, le cose bisogna sentirsele brutalmente urlare in faccia
per costringersi ad ammetterle con la forza.
Luca
non aveva superato un bel niente ed ora arrivato al suo limite, costretto da una
serie di eventi più furiosi di lui, aveva finito per non controllarsi e
dirglielo.
Col
cuore in totale tensione, ora si apprestava ad ascoltare la risposta di lei e
sperare con tutto sé stesso che in fondo anche per lei fosse così. Lei si voltò
dandogli le spalle, non seppe mai che fece in quei minuti in cui nascose il suo
viso, forse pianse di nascosto, forse arrossì, forse fece qualche smorfia,
forse cercò di riprendersi dal caos in cui era…ma poi con voce tremante
finalmente disse:
-
Sai…stasera io e Simone abbiamo parlato…lui mi ha fatto riflettere molto, è
un bambino troppo sveglio per aver 7 anni…mi ha chiesto che voleva un padre e
mi ha descritto che tipo di padre voleva…per poi concludere che gli saresti
piaciuto tu, che ti vedeva adatto per questo ruolo…poi mi ha anche detto che
secondo lui Alyssa è uguale a me, nell’animo, come ‘pasta’…e che in lei
tu cercavi me…ovvio che l’ha detto con altre parole, ma il senso era questo.
E mi ha fatto ammettere una cosa essenziale…io ero gelosa di lei, tutta la
serata lo sono stata senza spiegarmelo…-
Lui
attese un paio di secondi ma poi a sua volta dovette fare quella domanda anche
lui senza osare fare un passo per paura di svenire.
-
E te lo sei spiegato?-
Non
osava nemmeno immaginare le risposte e tirare le conclusioni, aveva atteso
molto, troppo, e veniva da un’ora molto difficile con la sua ormai ex.
-
Si…ero gelosa perché…perché volevo stare io al tuo fianco. Così gli ho
promesso che ci avrei provato….ti avrei chiesto se te la saresti sentita
di…fare da papà a Simo…-
Dicendo
questo si era voltata con gli occhi lucidi ma fermi, mentre si poteva scorgere
tutto il nervosismo che la mangiava da dentro, avrebbe voluto scappare e
nascondersi ma considerando che il suo nascondiglio preferito era Luca e che ora
sarebbe dovuta scappare proprio da lui, preferì tirare fuori le cosiddette e
darsi da fare.
Fu
così che lui si decise a fare qualche passo in avanti verso di lei catturando i
suoi occhi sull’orlo del pianto coi suoi che lo erano altrettanto.
Si
disse che era troppo sensibile. Decisamente. Non era da uomini esserlo…ma in
quel momento non gliene importava minimamente e poi era sicuro che a Nike
servisse questo…piacesse questo.
Era
molto emozionato e non riusciva a domare il proprio stato d’animo, sapeva che
se avesse parlato si sarebbe tradito e avrebbe pianto come uno sciocco, tuttavia
non gli parve così malvagio lasciarsi andare. Del resto non sarebbe riuscito a
trattenersi, l’aveva fatto da troppo, tutta la sua adolescenza.
-
Si…-
Avrebbe
voluto dire altro ma come aveva immaginato le lacrime che gli uscirono subito
glielo impedirono, non volle però peggiorare la situazione nascondendosi il
viso, almeno nel pianto poteva avere una certa dignità. Lei avrebbe voluto così,
conoscendola…se però non fosse stata occupata a fare la stessa cosa che ora
faceva lui.
Fu
lei a prendere l’iniziativa verso quel ragazzo puro e dolce come un angelo,
così raro non per bellezza ma per l’animo….così non ne facevano spesso!
L’abbracciò forte e mormorò solo un flebile:
-
Ti voglio bene…-
Senza
poter fraintendere il senso. Nike non l’aveva mai, MAI, detto a nessuno.
Sentirlo
poi fra le sue braccia, lasciargli posare la testa sul suo seno morbido e
libero, ricevere e trasmettere il suo calore, le sue lacrime, capire l’amore
che lui le portava, da quanto tempo avrebbe voluto farlo, dirsi ‘cieca’ fra
sé e sé, riempirsi di lui, avere la pelle nuda a contatto col suo corpo
vestito, la stoffa che sembrava sempre più sottile, i cuori che battevano in
maniera esagerata e i singhiozzi spontanei, innocenza e finalmente semplicemente
amore. Poi fu lui ad alzare il capo, prenderle il viso fra le mani e con
desiderio incontrollato ma dolcezza infinita la baciò mentre i suoi occhi quasi
trasparenti s’imprimevano il suo volto da gatta bagnato dalle lacrime, le
stesse che salavano il loro bacio tanto atteso e voluto, a cui avevano
rinunciato per una serie di motivi che ora sembravano solo stupidi.
Averle,
unirle, danzarci, combaciarvi, risucchiarsene e volare con quelle labbra.
Per
un sipario che si abbassava su due che in fondo era scontato dovessero unirsi!
A
volte ci vuole qualcuno che dica chiaramente le cose agli altri altrimenti
questi non se ne rendono conto, a volte servono le cosiddette spinte e non fatti
shockanti od esagerati, come quelli che avevano segnato la sua vita.
A
volte per trovare il proprio posto non si deve andare molto lontano o aspettarsi
la favola.
A
volte il proprio posto è accanto a sé.
A
volte proprio come per loro due.
FINE
NdAkane:
ok, la sdolcinatezza è finita, spero di non farne presto di storie così
romantiche e di non scrivere così spesso parole così zuccherose…spero
abbiate gradito e che non sia esagerato, ma in fondo il resto era superfluo e
anche se la tentazione di scrivere dei figli da grandi è enorme, ora come ora
non posso certo farlo…anche se mi conosco e so che tempo due giorni e
progetterò i personaggi dei figli da ragazzi!!! Comunque…spero molte cose
belle per tutti e soprattutto più tempo libero per me…nonché pc
funzionanti…con internet, ovvio!
A
presto ed alla prossima romanticheria…
Baci
Akane
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