Unusual white nightmare

di S e n
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Unusual white nightmare - Prologo T i t o l o Unusual white nightmare
F a n d o m  The vampire diaries
P e r s o n a g g i / P a i r i n g  Damon Salvatore, Elena Gilbert, Alaric Salzman, Damon/Elena
G e n e r e  Romantico, sovrannaturale, triste
A v ve n i m e n t i  Long-fic (non troppi capitoli) What if?
T i m e l i n e  Post 3x10
P r e m e s s a  d e l l ' a u t o r e Weilà, belle. Come andiamo? Io, beh, non mi lamento. Comunque sia, ho trovato l'ispirazione per scrivere questa long mentre nuotavo, perciò premetto che sarà una cosa strana e soprattutto priva di senso.
Vorrei solamente fare alcune piccole premesse prima di lasciarvi al prologo:
1) Tutti gli avvenimenti post 3x10 non sono mai esistiti.
2) Stefan NON è MAI ritornato a Mystic Falls.
3) Elena e Damon, dopo quell'ultimo bacio, sono rimasti amici e passano molto tempo inisieme, niente di più.





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Correva. Correva con il cuore impazzito nel petto e le mani strette in pugni ferrei; la paura di ciò che di lì a poco avrebbe visto la stava letteralmente facendo impazzire, togliendole il respiro e annebbiandole la vista. Non riusciva a capire se tutto quel bianco che vedeva fosse la neve caduta la notte precendente o fosse solo un frutto della sua immaginazione, ormai troppo stanca e sconvolta.
Le esili braccia scoperte venivano ripetutamente graffiate dai rami degli alberi spogli, ma lei non se ne curava, continuando a correre nonostante i delicati rivoli di sangue che piano scorrevano lungo la candida pelle. Il freddo le intorpidiva tutto il corpo e i brividi si erano ormai impossessati di lei, ma continuava ad avanzare perchè doveva trovarlo, doveva salvarlo.
Una serie di voci e di immagini che vorticavano nella testa, lasciandole pochi attimi di annebbiamento totale prima di ricominciare, se possibile, ancora più fastidiose e più lei cercava di scacciarle, più queste ritornavano.
Il terrore divenne disumano e incontenibile, mentre continuava a correre in quel percorso a ostacoli fra alberi e felci bagnate. E proprio quando meno se lo aspettava, il bosco finì all'improvviso e si ritrovò nella radura, così diversa dall'ultima volta in cui ci era stata. La neve cospargeva tutta la superficie, quasi brillando sotto il nuvoloso cielo grigio; i neri alberi spogli tutt'intorno. Le parve un altro posto, diverso, completamente. Si ricordava ancora il verde prato e il cielo azzurro, i rami ricchi di foglie e fiori, il cinguettio degli uccellini.
Ma in quel momento sentiva solo silenzio. Inquietante e disarmante silenzio che non faceva altro che incrementare la sua angoscia.
E poi, lo vide.
Un corpo inerme disteso su un soffice mantello bianco e freddo. Le mani lungo i fianchi e la giacca di pelle nera ancora indosso. Le mancò il respiro e la testa iniziò a girarle velocemente; provò più volte a gridare, ma la voce sembrava morirle in gola e le gambe parevano paralizzate.
Avrebbe voluto piangere come non mai, disperandosi fino a star male, fino a vomitare. Ma sembrava che persino le lacrime fossero così spaventate da non uscire. Fece un passo in avanti e poi un altro, lentamente. Il silenzio continuava a far rumore in quell'incubo senza fine e il cielo diventò sempre più scuro.
Più si avvicinava, più riusciva a scorgerne i duri ma affascinanti tratti del viso e il corpo muscoloso. I capelli corvini in un perfetto contrasto con la neve bianca e gli occhi color cielo chiusi.
Sussurrò il suo nome piano, più e più volte, velocemente e senza sosta, ma lui non si alzava, non rispondeva, non si muoveva. Riprovò, questa volta quasi dolcemente, mentre stringeva una mano a pugno pregando di vederlo reagire.
Ma era fermo, immobile.
"Damon!" Un grido disperato che rieccheggiò in tutta la radura.




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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Unusual white nightmare - capitolo 1
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UN MESE PRIMA


L'inverno era ormai alle porte. Il vento freddo faceva svolazzare le foglie cadute degli alberi ormai spogli e il cielo era di un grigio chiaro sbiadito.
Ed era proprio a causa di quel vento che Elena aveva dovuto indossare la sua sciarpa preferita, l'unica in grado di tenerle caldo ed evitarle quanlche malanno; era una sciarpa semplice, di lanetta sottile, che sua madre le aveva comprato in una bancherella a una delle solite feste commemorative organizzate dalla città. Era costata davvero poco, ma, nonostante fossero passati molti anni, il tessuto sembrava come nuovo e il colore arancio vivo non era sbiadito negli anni.
L'umana rabbrividì a una folata di vento più potente delle altre e si strinse ancora di più nel suo cappotto sancrato; i lunghi capelli scuri li aveva raccolti in una treccia ordinata e si era truccata un po' più del normale. Lo faceva sempre quando andava a trovare i suoi genitori, forse perchè voleva sembrare più adulta, forse per una qualche forma di rispetto nei loro confronti o forse perchè lì vicino se ne stava Jenna a riposare per un'eternità a tempo indeterminato, a cui avrebbe sicuramente fatto piacere constatare che la nipote non aveva preso dalla zia, evitanto di diventare la disperata donna trasandata troppo presa dagli impegni personali.
E mentre camminava silenziosa lungo il grigio marciapiede, in mano solo il suo diario e in tasca la solita penna nera che utilizzava sempre per scrivere su di esso, si guardava intorno chiedendosi dove fossero finiti tutti gli abitanti di Mystic Falls.
La metà sono morti, constatò con amarezza e un briciolo di umorismo nero. Inevitabilmente, la sua testa si trasformò in un album fotografico e nella sua mente iniziarono a susseguirsi persone morte negli ultimi anni a cui lei era affettivamente legata. Ma tra loro c'era anche un'altra persona, diversa perchè ancora viva. Già, viva, ma chissà dove. Il vampiro che l'aveva fatta innamorare come un normale adolescente e che, involontariamente, l'aveva trascinata in una serie di avvenimenti e accaduti sovrannaturali.
Elena sospirò, emettendo una piccola nuvoletta di fumo dalla bocca socchiusa; arrivò poi al cimitero e si sedette accanto alla lapide della madre, aprendo il libricino e iniziando a scrivere. Era tanto che non scriveva, era tanto che si teneva tutto dentro. Eppure era riuscita ad andare avanti, a passare oltre, sopprimendo la malinconia e la tristezza dentro di sè.
Fu un rumore, una foglia calpestata, a farla smettere di scrivere e guardarsi intorno; quando constatò però di essere sola, riprese a riempire la pagina bianca con eleganti letterine nere. Non fece in tempo a scrivere due righe, che udì un altro rumore, e poi un altro ancora.
Appoggiò distrattamente il diario sull'erba ancora bagnata di rugiada della notte e si alzò in piedi, facendo due o tre giri su se stessa, anche se, per quanto si sforzasse, non riusciva a scorgere nessuno. I lievi suoni però non cessarono e questo convinse la giovane umana a prendere il paletto di legno -che portava sempre con sè- dalla borsa. Sentiva una presenza alle proprie spalle e si preparò per sferrare un colpo che avrebbe impalettato il più terribile dei vampiri. Ma quando si girò, lo vide scansare il colpo e sorridere.
"Attenta, Buffy." 
"Damon." Gli occhi che rotearono inevitabilmente al cielo e un piccolo sopiro di sollievo che accompagnò quel nome.
"Il solo e unico." Una smorfia si dipinse sul volto dell'affascinante eternamente giovane. "Perchè quel paletto?"
"Mi hai spaventata. Non credevo che fossi tu." Un altro sospiro di sollievo. "Non potevi comparire normalmente?"
"Eri così assorta nei tuoi pensieri che non ti sei accorta del corvo." Spiegò lui, quasi infastidito.
"Oh."
Il silenzio s'impossessò di quella situazione ed Elena si sentì strana. Negli ultimi tempi, Damon l'aveva aiutata molto a superare il vuoto che la mancanza di Stefan aveva provocato e i due erano diventati ottimi amici, nonostante lui fosse tremendamente apprensivo. Era stato davvero paziente con lei, sorbendosi i suoi pianti per la partenza del fratello e le notti insonni a causa degli incubi, ma non si era mai lamentato una volta. Quel giorno invece, le appariva strano, spossato, quasi scocciato. Tutto quel silenzio non era da lui, che di solito esprimeva le sue opinioni con battute alquanto imbarazzanti.
Quell'aria di prepotenza che gli leggeva negli occhi non la faceva stare tranquilla; vedeva uno sguardo diverso, maligno. Eleva rabbrividì al solo pensiero e cercò di convincersi del contrario, intrecciando convulsamente le sottili dita nel vano tentativo di calmarsi.
"Tutto bene?" Le iridi azzurre di lui, così angeliche nei giorni precedenti, erano ora fonte di preoccupazione per l'umana che si limitò a fare un cenno con la testa in segno d'assenso.
Damon si voltò e posò gli occhi sul piccolo libretto che l'umana aveva abbandonto sull'erba scura. Si avvicinò a esso sotto lo sguardo attento di lei che non comprendeva ancora le sue intenzioni; fu quando però il vampiro prese in mano l'oggetto e iniziò a sfogliarne le pagine che la ragazza capì quali fossero le sue vere intenzioni.
"Hei. Che stai facendo?" Cercò di afferrare il diario dalla possente stretta del vampiro, ma ogni tentativo fu vano.
"Caro diario, sono così depressa..." Iniziò lui, teatralmente.
"Finiscila..."
"Non so come farò ad andare avanti, mi sento così male.." Continuò portando il libretto più in alto per evitare che Elena lo afferrasse.
"Damon, adesso basta!"
"Vorrei tanto che Jeremy fosse qui per offrirmi un po' della sua roba."
A quelle parole l'umana si bloccò, quasi rimanendo paralizzata. Non era da Damon dire certe cose, soprattutto nell'ultimo periodo, in cui il vampiro si era dimostrato dolce e disponibile, alle volte fin troppo, anche quando Elena non credeva di meritarselo.
Annusò l'aria, tremendamente vicino alle labbra di lui, in cerca di un qualche aroma di bourbon o whisky che giustificasse tale comportamento, ma ciò che sentì fu solo il suo profumo dolce ma allo stesso tempo deciso che conosceva bene; lo stesso profumo che nelle notti insonni le aveva inebriato le narici mentre era stretta tra le braccia di Damon e che aveva imparato ad amare, abbraccio dopo abbraccio, per la sensazione di sicurezza che sapeva trasmetterle.
Non si accorse subito di una voce che la chiamava, troppo persa nei ricordi e nella malinconia. "Elena, Elena..."
Inevitabilmente una sottile lacrima salata scivolò lungo la sua guancia rosea per quella frase pronunciata con cattiveria che non aveva mancato di ricordarle che suo fratello era lontano.
"Elena.. Perchè piangi?" La voce preoccupata di Damon sembrava quasi irreale dopo il tono usato in precedenza.
"Perchè? C'era bisogno di dire una cosa del genere?" L'umana aggrottò la fronte mentre altre piccole gocce scappavano dagli occhi cioccolato. Le parve di vedere il vampiro strizzare più volte gli occhi, quasi vi fosse entrato qualcosa all'interno. Si avvicinò a lui e gli strappò il diario dalle mani, aprì la borsa e lo mise dentro.
"Di che parli? Io..." Un forte dolore alla testa imperdì al vampiro di continuare a parlare; posò entrambe le mani sul capo, premendole contro di esso.
Elena lo guardò, senza capire. C'era qualcosa di strano in lui che non faceva altro che aumentare il senso di ansia che l'umana percepiva.
"Io me ne vado."
"Ma come, di già?" Ed eccolo di nuovo, quel tono prepotente e diverso dal solito. Elena si allontanò da lui, quasi correndo. "Oh, e va bene... Però di a Rick che ho bisogno di parlargli, oggi pomeriggio sarò al Grill, digli di esserci." Violò il silenzio del cimitero, aumentando il tono di voce nel tentativo di farsi sentire dall'umana, sempre più lontana, che sospirò un impercettibile, per qualsiasi orecchio umano, "d'accordo" con le labbra.

*    *    *

L'acqua calda, bollente, della doccia le scivolava su tutto il corpo nudo, rilassandola. Erano più di venti minuti che se ne stava lì, a crogiolarsi nel vapore in quel bagno preriscaldato da una stufetta elettrica.
Tutti i problemi sembrava scivolarle addosso. Eppure, Elena non aveva problemi. No, Elena non aveva più nemmeno quelli; li aveva avuti con Klaus, con Stefan, con Katherine... Adesso era semplicemente sola in una calma piatta che non faceva altro che innervosirla.
Se guardava davanti a sè non vedeva futuro e non riusciva a capirne il motivo. Certo, non poteva negare di sentirsi sola e di sentire la mancanza di Stefan. Ma la malinconia poteva davvero far si che tutto il resto non contasse?
Ma con Damon era diverso, o almeno lo era stato fino a quella mattina. Damon era in grado di farle dimencare qualsiasi catastrofe e di farla sorridere dopo qualsiasi disgrazia. Bastava una battuta, un sorriso, spesso un'abbraccio o una rassicurazione che l'umana si tranquillizzava.
C'erano state volte in cui Elena aveva perso ogni percezione della realtà, cullata da quell'angelo dannato con gli occhi magnetici, dai quali spesso rimaneva folgorata.
Aveva cercato più e più volte di convicersi che la sua fosse solo attrazione fisica, ma poi, dopo quel bacio sul portico di casa, che, ovviamente, lei aveva ricambiato, non aveva più potuto nascondere a se stessa ciò che provava per il vampiro.
Il cellulare sulla mensola vicino al lavandino iniziò a vibrare.
"Ehi, Rick, tutto bene?"
"Beh, a dire la verità no. Damon deve aver cambiato idea, perchè qui al Grill non lo vedo."
"Sei sicuro? Eppure.." L'umana si bloccò, non sapendo cosa dire. Infondo, Damon quel giorno le era sembrato più strano e lunatico del solito, poteva aver benissimo cambiato idea.
"Sicurissimo." Il silenzio che ne seguì dopo fu una pausa di riflessione per entrambi; pareva strano che il vampiro non si fosse presentato a un appuntamento che lui stesso aveva organizzato, ma considerando che si trattava di Damon, quasi non c'era da stupirsi.
"Beh, sarà in ritardo. Mi prendo qualcosa da bere e aspetto, ci vediamo a casa."
"Ok. Fammi sapere. Ciao, Rick."
Chiuse la chiamata e sospirò fissando la sua immagine nello specchio. Ultimamente, dopo che si era ripresa dalla partenza di Stefan e di suo fratello, era ritornata in forma. Le occhiaie non c'erano più da settimane e la faccia non era più sciupata. E di nuovo, il merito era di Damon. Lei stessa lo aveva ammesso: senza di lui non sarebbe stata capace di affrontare tutto.
Quando aprì la porta del bagno un spiffero di aria fredda la investì, facendola rabbrividire nello striminzito asciugamano bianco che si era delicatamente avvolta attorno all'esile corpo. La finestra era completamente spalancata e una pioggia fitta e fredda scendeva all'esterno. L'umana era consapevole di non averla lasciata aperta, anzi, ricordava addirittura di aver controllato che fosse chiusa prima di andare in bagno.
Si guardò più volte attorno nel silenzio di quella stanza vuota. Chiuse poi la finestra, spaventata dal brutto presentimento che vagava senza sosta nella sua mente confusa. Si girò per tornare in bagno e asciugarsi i lunghi capelli castani, ma un enorme uccello nero le si fiondò contro: le grosse ali dal manto lucido e il lungo becco. Elena era sicura di aver già visto quell'uccello e questo la spaventata ancora di più, mentre con tutte le forze che aveva, cercava disperatamente di farlo allontanare da sè.
Gli affilati artigli delle zampe la graffiavano sulle spalle e sulle braccia nude, scorticando la candida pelle e facendola arrossare. Il lungo becco cercava di colpirla ripetutamente e i vispi occhi dell'animale non smettevano di fissarla, quasi fosse una preda.
Una beccata in pieno viso le fece emettere un grido più acuto degli altri, mentre un rivolo di sangue scendeva lungo la guancia. Improvvisamente, il corvo scomparve. Elena scrutò la stanza, spaventata e senza forze. E poi, i suoi occhi color cioccolato ne incontrarono altri due, rossi come il sangue, appartenenti a una scura figura maschile appoggiata allo stipite della porta.


Ahh, ma io l'avevo detto che questa cosa senza senso sarebbe stata una sciocchezza e, se non l'ho detto, lo dico ora.
Ma, voglio dire, non è mica colpa mia se in testa tengo tremila idee e poi su carta ne scrivo solamente mezza... che poi, parliamoci chiaro, fa schifo pure quella.
Vabbeh, sappiate che questa long avrà circa dieci capitoli più prologo ed epilogo, quindi, state pure tranquille, non vi romperò per molto (...magari poi cambio idea, eh!). Se volete recensire, fatelo, perchè credetemi, mi fa davvero davvero davvero piacere sapere che cosa ne passa nella vostra testolina mentre leggete certe cavolate :)



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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Unusual white nightmare - capitolo 2
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L'inquietante silenzio che governava la stanza era spezzato dai brevi ansiti di Elena e dal freddo vento ormai invernale che bussava alla finestra, accompagnato da una fitta pioggerellina. L'umana, spaventata, ma soprattutto sorpresa, fissava due occhi color sangue che la guardavano con un'espressione divertita.
Le piccole ma profonde ferite che il corvo aveva inferto sul suo delicato corpo bruciavano e i graffi che l'animale aveva lasciato con i propri artigli sanguinavano leggermente, ma niente era paragonato all'immensa paura che l'umana provava e allo stato confusione in cui si trovava.
Non capiva come Damon avesse potuto compiere un gesto del genere, eppure, appoggiato allo stipite della porta c'era proprio lui: capelli corvini, neri come la notte priva di stelle, lineamenti decisi e labbra sottili, piegate in un mezzo sorriso. Sembrava perfettamente a proprio agio e completamente rilassato, al contrario di Elena che respirava a fatica, con il petto che s'alzava e s'abbassava a ogni pesante respiro e i capelli sciolti, ancora bagnati, che aderivano sul viso magro. Ogni respiro corrispondeva a un brivido, il suo corpo era avvolto ancora nell'asciugamano bianco che non riusciva a riscaldarlo.
E, mentre quei due occhi non la lasciavano andare, provò di nuovo quella sensazione d'inquietudine e un pensiero malsano le attraversò la mente; la testa continuava a girare e dovette appoggiare una mano sulla sedia della scrivania per non cadere a terra.
Guardare quel volto la faceva letteralmente tremare di paura e non riusciva a credere a ciò che era appena successo. Inevitabilmente, copiose lacrime iniziarono a uscire dai suoi grandi occhioni color cioccolato e piccoli singhiozzi si alternavano a sospiri spaventati.
Damon non si era mai permesso di sfiorarla se non per una carezza, un abbraccio o... un bacio.  Nemmno all'inizio, quando ancora era una vampiro inaffidabile e dalla personalità complessa, le aveva fatto del male o l'aveva aggredita.
Improvvisamente, quel sangue negli occhi del vampiro lasciò spazio a un azzurro tenue.
"Elena..." Come se si fosse risvegliato da una sorta di trance, Damon guardò l'umana con i suoi occhi ghiaccio e un'espressione di puro stupore in volto. "Chi ti ha ridotta così?"
Lei alzò la testa, scuotendola leggermente, mentre un'altra lacrima salata scendeva sulla guancia. "Vai via, Damon."
"Ma come.."
"Vattene, ora!" Lo sforzo immenso che dovette fare l'umana per urlare, le fece girare la testa con un capogiro più forte degli altri e la presa alla sedia divenne più stretta.
Damon s'avvicinò a lei, lentamente e con passi incerti. Sentiva il battito del suo cuore, come impazzito, aumentare sempre di più. Le si parò davanti, tenendo le braccia inermi lungo i fianchi per paura di spaventarla.
"Te ne prego, Damon." Il magro corpo era continuamente scosso da forti brividi e le braccia erano incrociate sotto il seno in una posizione di difesa.
Il vampiro continuava a guardarla, scioccato e anche un po' confuso. "Sono... sono stato... io?" La voce tremante e le mani strette a pugno per la rabbia e la frustrazione. Elena fece un impercettibile 'si' con la testa per poi fare un passo indetro, appoggiandosi ancora di più alla scrivania.
L'espressione di Damon mutò: gli occhi persero quasi colore, diventando sempre più grigi e la bocca s'aprì un poco; puro stupore si dipinse sul suo volto e per chissà quanti minuti rimase così, mentre l'umana ancora tremava davanti a lui, troppo stremata per muovere anche un solo passo. Poteva sentire l'odore del suo sangue che piano fuoriusciva dalla piccola ferita aperta sul viso e che pulsava nei graffi ancora aperti su tutto il corpo.
Alzò una mano e la avvicinò al viso di lei che, invevitabilmente, cercò di allontanarsi. Ma il vampiro non aveva intenzione di lasciarla andare: le afferrò un polso e la tenne ferma mentre con l'altra mano le sfiorava la guancia e con l'indice raccoglieva il delicato rivolo di sangue.  
"Per favore." Un'altra imprecazione da parte della giovane che aveva chiuso gli occhi, letteralmente terrorizzata.
Damon non riusciva a credere di aver fatto una cosa del genere; non ricordava assolutamente nulla se non di essersi diretto a casa dell'umana per parlare. La rabbia e il senso di colpa non gli davano tregua, mentre la sua mente era impegnata a cercare quei particolari e quelle azioni compiute che lui aveva completamente rimosso.
Elena poteva sentire il fiato caldo di lui solleticarle il volto e il profumo inebriante che emanava entrarle nelle narici. Cercò invano di dimenarsi quando il vampiro la strinse a sè in un abbraccio così protettivo da farla quasi sentire al sicuro. Come se non fosse stato lui a farle tutti quei graffi e a spaventarla.
La strinse così forte da non permetterle nemmeno più di rabbrividire, scaldandola con il suo corpo avvolto da una semplice t-shirt nera. La stanchezza prese possesso di lei e piano si lasciò cullare da quel possente corpo che la teneva stretta, senza farla cadere. Così, si addormentò tra quelle braccia.
Non le importava se lui avrebbe continuato a torturarla o se invece si sarebbe preso cura di lei, la testa faceva troppo male. Decise che ci avrebbe pensato poi. Decise che si sarebbe fidata di Damon ancora una volta.

* * *

Ciò che accolse Elena quando si svegliò fu una sensazione di calore e tranquillità. Aprì lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre un paio di volte; si tirò su, sedendosi sul materasso e appoggiandosi alla testiera del letto.
Seduto alla scrivania, con le braccia incrociate al petto e le gambe allungate, se ne stava Damon. La guardava in silensio senza dire nulla, ma la sua era un'espressione più tranquilla e rilassata di quanto lei ricordasse e gli occhi erano di un celeste tenue, tendente al grigio chiaro. Non vi era più traccia del rosso sangue di qualche ora prima.
L'umana guardò il proprio corpo, ancora avvolto dall'asciugamano: i graffi erano quasi diventati invibili. Si passò una mano tra i capelli e non le sfuggì un particolare: erano asciutti; leggermente mossi, ma completamente asciutti.
"Te li ho... asciugati..." La voce di Damon era roca ed Elena quasi sussultò quando lo sentì parlare. Il vampiro la guardo negli occhi, sembrava timoroso e... spaventato dalla reazione che l'umana avrebbe potuto avere. "Temevo che ti potessi predere qualche malanno dormendo con i capelli tutti bagnati."
"Quanto ho dormito?"
"Tre ore, più o meno."
"Le ferite... Hai medicato anche quelle, vero?"
"Si tranquilla... Insomma, non ho.."
"Grazie" Sussurrò Elena alzandosi dal letto per raggiungere il bagno. "Sei stato gentile."
"Era il minimo che potessi fare..." Ma l'umana si era già chiusa la porta del bagno alle spalle e lui non potè che andarsene da quella casa per rimanere di nuovo solo con i suoi pensieri.

* * *

Non ho idea di cosa mi sia preso. Ti giuro che preferirei farmi torturare con la verbena piuttosto che farti ancora del male. Quando avrai bisogno di me, io ci sarò, sai dove trovarmi. Riposa. D.
Continuava a rileggere quel bigliettino da ormai più di dieci minuti; lo aveva trovato sul letto, vicino al suo orsacchiotto. Quando era uscita dal bagno Damon se n'era già andato e questo non aveva fatto altro che confondere le idee alla giovane umana.
Il comportamento del vampiro era troppo strano e insolito persino per lui che aveva una personalità complessa e spesso imprevedibile. Le aveva fatto del male e non ne capiva proprio il motivo, ma si era anche preso cura di lei ed era rimasto a guardarla dormire per più di tre ore. E adesso si ritrovava lì, con quel biglietto cosparso di premurose parole che stonavano in quell'inquietante contesto. Elena decise che avrebbe chiesto spiegazioni al vampiro; dopotutto, lui c'era sempre stato quando lei ne aveva avuto più bisogno.
Si vestì alla svelta, indossando un paio di jeans e un maglioncino verde scuro. Chiamò Alaric per dirgli che usciva e che non ci sarebbe stata al suo rientro, ma trovò la segreteria, così lasciò un messaggio.
Quando uscì, il freddo vento invernale le sferzò il viso, facendo bruciare leggermente la piccola ferita ancora ben visibile sulla guancia destra. Il cielo era già diventato un po' più scuro e pioveva ancora; grossi nuvoloni grigi formavano un soffice soffito soffocante.
Arrivò al pensionato e, parcheggiata la macchina nel vialetto, uscì correndo per ripararsi sotto il portico. Bussò più volte per poi accorgersi che la porta era aperta e decise di entrare.
"Damon." Ma non rispose nessuno, il silenzio dominava in quella grande casa apparentemente vuota. "Damon, sono io... Volevo... parlarti."  
Con passi svelti arrivò in salotto sperando di trovarlo seduto su una delle tante poltrone, magari a sorseggiare del buon liquore; invece, il fuoco era acceso ma di lui non vi era traccia. Si guardò un po' attorno notando il disordine che regnava nella grande stanza: c'erano libri ovunque e alcuni fogli sparsi sul pavimento.
L'umana si avvicino ad essi, chinandosi sul tappeto rosso per raccoglierne uno, ma non riuscì a capire che genere di scrittura vi fosse impressa; erano diversi simboli accoppiati a due a due che si alternavano per tutta la pagina giallastra.
Posò il foglio a terra e s'alzò, ma per poco non le prese un infarto. Davanti a lei era comparso Damon: la guardava come se non sapesse chi fosse ed era così vicino al suo viso che l'umana sentiva il suo fiato sulle labbra dischiuse.
"Mi hai spaventata."
"Scusami, non volevo" Il vampiro si spostò, raccogliendo i fogli sparsi sul tappeto.
"Cos'è successo? Come mai è tutto in disordine?"
"Nulla.. io... stavo cercando una soluzione." Damon era arrivato a casa e si era precipitato davanti alle librerie per cercare una qualche spiegazione al suo comportamento che lui stesso definiva inaccettabile. Non riusciva a credere si aver fatto del male alla donna che amava alla follia.
"Una soluzione?"
"Si. Voglio... capire cosa mi sta succedendo." La voce del vampiro era leggermente incrinata, quasi egli fosse sul punto di piangere. Si perse in quegli occhioni color cioccolato che lo fissavano e sperò per un momento di essersi sbagliato, di non essere stato lui ha procurarle quella lunga ferita sulla guancia.
Elena si avvicinò a lui e gli posò un mano sul petto. "Hei." Sussurrò. "Ci sono io. Voglio aiutarti. Scopriremo insieme che cosa ti sta succendendo."
"No, potrei farti del male." Una piccola lacrima scivolò sul volto di Damon e l'umana non riusciva a credere ai propri occhi. Non le era mai capitato di vedere il vampiro piangere. "Non voglio farti del male, mai più."
"Non me ne farai." Appoggiò la fronte su quella di lui. "Hei, tranquillo." Le sottili mani attorno alla nuca di lui. "Tranquillo."
"Non volevo." Un altra lacrima. "Ti giuro, io.. non volevo." Il pollice che accarezzava dolcemente la ferita sull'angelico viso dell'umana.
"Lo so. Lo so. Troveremo una soluzione, capiremo cos'è successo e starai bene."
Damon sorrise e poi guardò Elena passarsi una mano tra i capelli fradici. "Sei di nuovo tutta bagnata. Vado a prenderti un asciugamano."
"Grazie."
Elena guardò il vampiro allontanarsi dal salotto per salire al piano di sopra; casualmente, posò lo sguardo sui fogli che egli aveva riposto sul tavolino e subito notò una parola scritta con lettere che conosceva. Mentre la pioggia scrosciava senza sosta all'esterno, nel silenzio più totale, l'umana la lesse ad alta voce: '
Possessione'



Eh, lo so. Sono in un tremendo ritardo e questo capitolo è peggio dei precendenti. Vi chiedo solo di avere pazienza e farmi sapere se vi fa davvero schifo o se è quantomeno accettabile.
Sono comunque felice di essere riuscita ad aggiornare entro la fine della settimana; ci tenevo inoltre a ringraziare tutte le persone che recensiscono o tengono questa storia tra le seguite/preferite/ricordate nonostante sia solamente all'inizio.
Alla prossima.


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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Unusual white nightmare - capitolo 3
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Possessione. Una sola parola scritta a grossi caratteri al principio di una giallastra pagina impolverata.
L'umana non riusciva a comprendere come o perchè, ma quella sembrava essere davvero l'unica spiegazione agli strani comportamenti del vampiro; sapeva per certo che Damon non avrebbe mai fatto cose del genere e si fidava di lui. Il fatto che l'avesse persino ferita indicava che c'era qualcosa che non andava. E adesso quella piccola parolina sembrava essere una risposta plausibile.
"E' l'unica cosa che ho trovato. Come vedi, il resto è praticamente illeggibile." La voce del vampiro aveva riportato Elena alla realtà, distogliendola da quei pensieri e quelle supposizioni. L'espressione che si rifletteva sul viso di lui era un misto di amarezza e rabbia.
"Come può essere possibile?" L'umana fissava negli occhi Damon, in cerca di quel qualcosa sbagliato, estraneo; ma tutto ciò che riusciva a vedere erano due splendidi occhi color del mare che la guardavano. "Voglio dire, tu sei un vampiro e..."
"Non lo so. Forse il fatto che io sia un vampiro non mi rende immune a una cosa del genere." Fece una piccola paura, inspirando, nonostante non ne avesse realmente bisogno. "So solo che non ero io colui che ti ha fatto questo." Damon si era avvicinato a Elena e aveva toccato quel piccolo taglio sulla sua guancia. "Non ero io."
L'umana sorrise e quasi, per un momento, dimenticò il resto del mondo. Dimenticò persino la questione della possessione, persa in quegli occhi che tanto aveva cercato nelle sue notti più buie e che sempre l'aveva aiutata a superare i momenti più difficili.
"Lo so." Le mani di lei scesero spontanee lungo il suo collo, in una carezza delicata ma decisa. "Per questo voglio aiutarti; non voglio che affronti tutto da solo. Tu non mi avresti mai abbandonata e io non lo farò."
Ora anche il vampiro sorrideva. "Grazie"
L'umana sfilò il cellulare di Damon dalla sua tasca destra e iniziò a comporre il numero sulla tastiera. "Hei! Che modi sono?" La disapprovazione del vampiro era evidente nella sua espressione. "Tutto questo per il cellulare?" 
"Oh, andiamo. Ho dimenticato il mio a casa!" Elena non fece in tempo a finire la frase, che il vampiro le aveva sfilato il telefono di mano e l'aveva spinta contro la parete.
"Ah no. Devi chiederlo per favore."
"Damon... Mi stai facendo perdere tempo con queste cavolate." Cercò invano di prendere l'oggetto che lui stringeva in una presa ferrea.
"E, oh, devi anche chiamarmi 'tesoro'!" 
"Possibile che tu debba essere sempre così..."
"Affascinante? Sexy? Irresistibilmente attraente?"
"Egocentrico." E si, dannatamente affascinante, questo però... non lo disse a lui.
"Mmm.. così non avrai mai questo telefono." Damon si era avvicinato ulteriormente a Elena e aveva iniziato a far scorrere una mano lungo il profilo del collo, scendendo sempre più giù, arrivando quasi al seno.
"Ok, ma stai fermo per favore!" L'umana fece un bel  respiro e poi, fissando il muro in evidente imbarazzo, disse ciò che doveva dire. "Damon, tesoro, mi impresteresti il tuo cellulare?"
"Ah, ah." Una smorfia e un piccolo 'no' accennato fecero capire a Elena che nell'affermazione mancava qualcosa di estremamente importante.
"Per piacere!"
"Così va meglio." Il vampiro ghignò soddisfatto, lasciando il cellulare nelle mani di lei e allontanandosi in cerca di qualche alcolico. Trovato un buon bourbon del '92, se ne versò un po' nel bicchiere e lo sorseggiò piano, assaporandone il sapore amarognolo che tanto amava. Quando alzò lo sguardo sull'umana, si accorse che lo stava fissando.
"Allora, questa chiamata?"
"Ehm... si, scusa, io..."
"Tranquilla, ci sono abituato." Elena alzò gli occhi al cielo e poi iniziò a ricomporre il numero. "E comunque..." Sussultò quando si ritrovò il vampiro dietro di sè che le sussurrava in un orecchio. "Hai detto per piacere, non per favore."
"E che differenza farebbe?" Chiese lei, allontanandosi e accostanto il telefono all'orecchio.
"Per me fa differenza. Molta differenza." Damon scoppiò a ridere, mentre un'Elena abbastanza esasperata aveva iniziato a conversare al cellulare.

* * *

"Ho fatto più in fretta che ho potuto." La strega entrò nel pensionato seguita da Alaric. Elena non era sicura che entrambi fosserì lì per Damon, soprattutto Bonnie, anche se, ultimemente, i due avevano imparato ad andare d'accordo. "Che hai fatto alla guancia?"
"No io..." Elena non aveva detto nulla a proposito di ciò che era successo nella sua camera, aveva semplicemente detto loro che Damon si comportava in modo strano, senza scendere nei dettagli. Non sapeva come i due avrebbero potuto prendere la cosa e aveva paura di spaventarli.
"E' colpa mia, sono stato io." Il vampiro guardò il professore mentre pronunciava quella frase. "O meglio... è stato qualcuno... nel mio corpo."
"Ok, amico. Non so se credere a questa immensa cavolata o darti tanti di quei cazzotti fino a ridurti come questo tappeto."
"No, Rick. Dice la verità. Non è stato lui, non avrebbe mai potuto farmi del male e lo sai!" L'umana cercava una risposta negli occhi del professore, che però rimasero perplessi e confusi. Quando si voltò verso la strega, la vide guardare intensamente Damon in cerca di quella verità apparentemente folle.
"Dov'è il libro?" Si limitò a dire Bonnie, seria.
"Non crederai a questa storia?!"
L'umana porse il grosso volume impolverato alla strega e i fogli ormai ingialliti.  "Sei in grado di leggere cosa c'è scritto qui sopra?"
Bonnie iniziò a scorrere velocemente le pagine. "E' una lingua che veniva usata spesso nei piccoli villaggi druidi per comunicare. Come un dialetto, ecco."
"Ok, ma ne sei in grado, si o no?" Damon, appoggiato allo stipite della porta, batteva il tallone con un ritmo alquanto fastidioso, impaziente di saperne di più.
"Damon..."
"Che c'è?"
"Si, io credo di si. La nonna me lo aveva insegnato, una parte del suo grimorio era scritta in questa lingua." Bonnia ricordava ancora quando sua nonna, non appena lei le aveva detto di essere una strega, aveva preso il grimorio e aveva iniziato a leggerlo. Ricordava ancora quando, annoiata da quelle parole incomprensibili, si era addormentata sul divano. Un sorriso quasi impercettibile nacque sulle labbra di lei, per poi scomparire subito dopo e lasciare spazio a un'espressione seria. Iniziò a leggere quel foglio lentamente, cercando di tradurre parola per parola.
"Qui dice che esistono alcune creature, evocate da potenti stregoni, che sono in grado di impossessarsi del corpo dei vampiri."
"Come può essere? Credevo che i vampiri fossero le creature più potenti."
"Di solito sono i vampiri emotivamente instabili a essere colpiti." Bonnie guardò Damon, poi continuò. "Qui dice così..."
"Questo spiega molte cose." Il professore alzò lo sguardo sul vampiro e un piccolo sorriso inarcò spontaneamente le sue labbra.
"Che intendi dire, scusa?!" Il tono del vampiro, però, era tutt'altro che scherzoso e i suoi occhi erano di nuovo color sangue.
"No, Damon!"
Si avventò su Alaric con una velocità sovraumana, prendendolo per il collo e facendolo sbattere contro la parete.
"Ehi, ma che ti prende? Stavo solo scherzando." Ma lui sembrava non sentire ciò che il professore diceva, anzi, non faceva che aumentare la stretta sul suo collo. "Damon, che diavolo..."
"Damon, fermati." Elena si era avvicinata a lui. Posò entrambe le mani sulla sua faccia, cercando di farlo voltare "Damon, ti prego, guardami. Fermati." L'spressione di lui, prima decisa e feroce, diventò confusa e gli occhi, prima rossi, iniziarono a cambiare colore, per ritornare a essere azzurri.
Il vampiro sbattè le palpebre e abbandonò immediatamente la presa sul collo del professore. "Rick. Che cos-"
"Ora mi credi?" L'umana guardava Alaric.
Il professore si massaggiò lentamente il collo, tossendo un paio di volte. "S-si."
"Io non..." Damon tirò un pugno contro la parete. "Merda!"
"Calmati, ti prego. Non è successo nulla, risolveremo questa faccenda." L'umana continuava a guardarlo negli occhi e quella rabbia che si era impossessata di lui, iniziò a scemare piano.
"Io ho bisogno di più tempo per capirci qualcosa. Mi porto a casa tutto quanto e cerco di tradurlo. Ci possiamo vedere domani?"
Fu Damon a rispondere. "Si, streghetta, ma se domani non hai trovato una soluzione, giuro che sarai la mia prima vittima."
"E' il suo modo per ringraziarti e dirti che ha fiducia in te."
"Non ce n'era bisogno, Elena."
"Si, invece."  Elena si rivolse al professore. "Rick, stasera io rimango qui. Va bene se ci vediamo domani mattina?"
"Non credo sia il caso di..."
"Potrebbe essere pericoloso." Il vampiro era intervenuto, interrompendo il professore. "Vai a casa, Elena. Se sono solo non posso far del male a nessuno."
Bonnie guardò prima l'umana, poi Damon. "Potrei fermarmi a dormire qui."
"Si, perchè no, anche io."
"Hei, hei! Questa è ancora casa mia e per quanto l'idea di un nottata a quattro mi ecciti parecchio, non ho invitato nessuno di voi a restare qui, tantomeno delle strege assassine."
"La strega assassina è molto probabilmente l'unica che ti può aiutare."
"Ok, basta." L'umana aveva alzato le mani, tenendo i palmi aperti. "Damon, possiamo farmarci qui? E' la soluzione migliore finchè non capiamo cosa ti sta succedendo. Si tratta di una notte soltanto."
Il vampiro guardò prima Elena, poi Rick e infine Bonnie. "E va bene, ma solamente per questa notte!"
"Bene. Che si mangia? Sto morendo di fame."
"Beh, io ho uno zero positivo sul menù. A proposito, streghetta, che gruppo sanguigno sei?"
"Ahah. Molto divertente, davvero."
La strega si avviò verso il piano superiore, mentre il professore già si era servito dal tavolo degli alcolici. Damon avanzò verso Elena e le prese una mano, portandola alle proprie labbra e fissando intensamente l'umana neglio occhi. "Mademoiselle." Lei sorrise. Sarebbe stata una serata alquanto interessante.



No, ma io proprio non ci riesco.. Com'è che da quando ho iniziato questa storia i venerdì sono vicinissimi tra loro? Non è che le settimane si stanno accorciando, no... Sicuri?
Comunque sia, mi ritrovo a scrivere i capitoli un'ora prima della pubblicazione (che poi, dico io, mica devo bollare la cartolina!), con mille idee in testa e uno schermo bianco davanti agli occhi. Avete presente quando quella barra nera lampeggia davanti a voi e vorreste solo che le mani iniziassero a scrivere per conto loro ma non lo fanno? Ecco, questo è ciò che mi succede ogni singola volta che devo pubblicare.
Mi scuso quindi per il ritardo e spero di essere puntuale la prossima settimana. Ci tenevo però a ringraziarvi, non perchè vi siete sorbiti tre capitoli, ma perchè avete anche trovato il coraggio di recensire o inserire questa storia tra le preferita/seguite/ricordate e questo fa di voi grandi eroi XD


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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Unusual white nightmare - capitolo 5
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"Sei posseduto da quello che in Giappone veniva chiamato Shisha no Tamashi, letteralmente 'Anima della Morte'." La strega parlò piano, scandendo ogni parola. Si trovavano tutti al piano di sotto, nel salone del Pensionato. Damon era in piedi, Elena e Bonnie sedute, mentre il professore era appoggiato al davanzale della finestra.
Dopo aver trovato il vampiro e l'umana insieme, la strega aveva comunicato a entrambi di aver trovato una soluzione ed era corsa al piano di sotto, congedandoli con un "vi aspetto giù." Era un po' infastidita dal comportamento dell'amica, ma, soprattutto, non riusciva a capire come potesse aver passato la notte con uno come Damon.
Elena rabbrividì un poco dopo aver sentito le parole di Bonnie; non aveva idea di che cosa significassero, ma non le piacevano per niente. Il vampiro, invece, aveva un'espressione confusa e uno sguardo che cercava spiegazioni.
"Ho fatto delle riecerche; a quanto pare esistono streghe in grado di evocare creature del genere. Un tempo gli umani ne erano a conoscenza, ma col passare degli anni diventarono una leggenda popolare. Un po' come i vampiri..."
"Come si controlla una cosa del genere? Come ha fatto a entrare nel corpo di Damon?" Elena non sapeva come, ma era riuscita a formulare una frase di senso compiuto e l'aveva addirittura pronunciata senza balbettare.
"Chi controlla uno Shisha no Tamashi lo rende proprio schiavo. E' in grado di comandarlo come un padrone comanda il proprio cane; ci vuole moltissimo potere e davvero tanta esperienza. Una normale strega non ci riuscirebbe mai."
"Si ma... io sono un vampiro. Dovrei essere in grado di respingere o quanto meno accorgermi di un affare del genere!" Sbottò Damon, leggermente infastidito.
"E' proprio questo il punto. L'Anima della Morte è una creatura che può vivere solo nei vampiri; questo perchè un comune umano è troppo debole e finirebbe per morire se venisse posseduto. Sul libro diceva che..." La strega si fermò un attimo per cercare il libro e quando lo trovò lo prese in mano, aprendolo. Sfogliò un po' di pagine fino a trovare quella giusta e poi iniziò a leggere. "Uno Shisha no Tamashi evocato con poteri magici può essere controllato solamente dall'evocatore; il suo tocco è fatale per qualsiasi umano, mentre nei vampiri, alimenta l'odio e la rabbia, facendo emergere il loro lato più oscuro."
Se Elena all'inizio era spaventata, dopo che la strega aveva parlato era letteralmente terrorizzata. Guardò Damon che non accennava a muoversi; aveva paura di una sua reazione esagerata e continuava a fissarlo. Se ciò che c'era scritto nel libro era vero, non si preannunciava nulla di buono. La parte 'oscura' di Damon era sicuramente una delle cose di cui Elena aveva più paura; non perchè non si fidasse di lui, ovviamente, ma lo conosceva bene e sapeva che quanto perdeva il controllo, niente era in grado di farlo ragionare.
"Vuol dire che, qualcuno, arrabbiato con Damon per un qualche motivo, ha evocato quest'affare e gli ha comandato d'impossessarsi di lui?" Il professore guardava Bonnie, serio.
"Può essere. Di certo qualcuno lo ha evocato, qui dice che nessuna di queste creature attacca volontariamente."
L'umana continuava a guardare Damon, senza capire realmente cosa stesse provando. Se c'era una cosa che la infastidiva, era non riuscire a leggerlo; il vampiro si costruiva una barriera indistruttibile e se ne stava lì dietro, al sicuro, senza lasciar trapelare nessun sentimento. Elena sapeva bene che quel comportamento era un modo per proteggersi e per non soffrire, ma voleva che Damon si sfogasse e non si trattenesse tutto dentro.
Dopo alcuni minuti di silenzio, finalmente parlò. "Hai detto di aver trovato una soluzione..."
"Si. L'ho trovata, ma non sono così sicura che funzionerà." Bonnie diede un'occhiata al libro. "Posso ucciderla. Ma per farlo ho bisogno che si manifesti, in poche parole, ho bisogno che tu sia posseduto da lei. Solo in quel momento, quando è lei a dominarti, potrò... ucciderti."
"Cosa?" L'umana aveva alzato forse troppo la voce, facendo ricadere gli occhi di tutti su di sè.
Damon si voltò subito verso la strega, sembrò rifletterci un po'. "E' l'unico modo?"
"Si. Secondo questo libro,  morire mentre si è posseduti cancella per sempre la possessione. Dovresti risvegliarti qualche ora dopo, guarito."
"Dovrebbe?" Elena fissò il vampiro. "No, troviamo un'altra soluzione. E' troppo pericoloso."
"Elena, non ci sono altre soluzioni, credimi." Bonnie si voltò verso Damon. "Dobbiamo farti arrabbiare fino a farti perdere il controllo, dobbiamo tirare fuori la tua parte oscura e con lei anche la creatura."
"D'accordo allora."
"Damon ti prego, ragiona. Non sappiamo se funzionerà davvero..."
"Non ha scelta." Disse il professore.
"Si che ce l'ha."
"No invece! C'è una cosa che, beh... non vi ho ancora detto." La strega posò gli occhi su Damon e poi sull'umana seduta affianco a lei. "Se questa creatura non viene tolta dal corpo della vittima, s'impossessa di esso sempre più frequentemente... fino a diventare parte di esso. Fino a diventare... la vittima stessa."

* * *

Alaric conficcò il paletto più in profondità, spingedolo nel fianco di Damon; lui si accasciò a terra, stremato dall'ennesimo colpo che il professore gli aveva inferto. Un suono gutturale uscì dalla sua bocca, mentre si sfilava l'arma dalla carne e guardava la sua ferita rimarginarsi.
"Devi arrabbiarti, Damon!" La strega lo ammonì, per la centesima volta.
"Credi sia così semplice? Non riesco a farlo sotto dettatura. Quando succede... succede e basta." Il vampiro guardò l'umana che se ne stava da una parte, in silenzio. Gli era parso di vederla sussultare due o tre volte quando Rick gli aveva inferto un colpo più duro degli altri, ma non aveva aperto bocca. Forse, il fatto che Damon potesse diventare un mostro sanguinario, la spaventava di più che vederlo morire.
Si trovavano nello scantinato. Il professore aveva portato con sè tutte le armi contro i vampiri in suoi possesso e Bonnie teneva ancora il grimorio tra le mani, sul quale ogni tanto ripassava l'incantesimo di 'estrazione' dello Shisha no Tamashi.
All'ennesimo colpo, al quale il professore aveva aggiunto anche un sonoro 'bastardo', gli occhi color cioccolato di Elena incontrarono quelli ghiaccio di Damon e per interminabili secondi non li abbandonarono, quasi a voler fungere da supporto morale. Il vampiro ansimò pesantemente e cadde di nuovo a terra: i capelli corvini leggermente arruffati ricadevano sulla fronte imperlata di sudore e la camicia nera era ormai sporca di sangue e polvere.
Alaric fissò prima Elena e in seguito Damon. "Lei." Disse indicando la giovane. "Lei non ti vorrà mai. Ancora non l'hai capito? Sarai la seconda scelta di tutti, Damon. E' così, lo è sempre stato." Potè scorgere un'espressione infastidita sul volto di lui, che subito si girò a guardarlo.
"Rick, ma cos..."
"Shh." Era stata Bonnie a fermare l'amica, comprese le reali intenzioni del professore. Voleva farlo arrabbiare, infuriare al punto da scatenare il lato oscuro, la creatura malefica che risiedeva in lui; e per farlo aveva usato la sua arma più forte, una cosa a cui Damon teneva troppo: Elena.
"Sarà sempre e solo Stefan, ricordi?" L'umana aveva evidentemente capito. S'avvicinò a lui e continuò a parlare. "Come potrei mai amare una persona come te, eh, Damon?"
La faccia del vampiro mutò, improvvisamente. Se prima guardava l'umana con fare diffidente, man mano che lei continuava a parlare, iniziava a crearsi in lui come un senso di consapevolezza. Damon iniziò a credere a quelle parole. Una parte di lui aveva sempre pensato quelle cose ed era come una conferma sentirsele dire dalla donna che amava.
"Sei l'essere più spregevole che abbia mai visto." Mentre pronunciava quella frase, Elena si sentì quasi morire dentro. Ma non lo diede a vedere, trattenne le lacrime e finse di credere davvero in ciò che stava dicendo. Voleva salvare Damon a ogni costo, e quello pareva essere l'unico modo.
Fu un attimo. Damon si sporse in avanti, cercando di afferrare Elena. Il professore lo bloccò, toccandolo con un rametto di verbena che teneva nella mano sinistra e facendolo indietreggiare di qualche metro. Avanzò verso di lui che aveva i grossi occhi color sangue spalancati e i canini ben visibili che sporgevano dalla bocca aperta. Rick fece per tirare il paletto con la balestra, ma prima che potesse ferirlo, il vampiro lo aveva afferrato e fatto cadere a terra. All'improvviso, Damon cadde a terra tenendosi la testa tra le mani e urlando. Bonnie, dall'altra parte della piccola stanza lo guardava intensamente, senza perdere la concentrazione.
"Ora, Rick." 
"Rick no! E' di nuovo, lui." Prima che il professore lo colpisse, però, una voce lo fermò. L'umana aveva gridato ancora più forte, per riuscire a farsi sentire. "Fermati." La faccia di Damon era cambiata velocemente e gli occhi erano tornati chiari, calmi.
"Dannazione!" Alaric abbandonò la balestra a terra. L'umana aiutò Damon ad alzarsi e cercò di sorreggerlo finchè le ferite non si rimarginarono.
"La creatura è furba." Disse Bonnie, leggendo ancora nel grosso libro. "A quanto pare ha capito le nostre intenzioni e si è ritirata prima che potessimo uccerlo." La strega sembrò pensarci su, poi esclamò "Facciamo una paura, tu sei stremato." Indicò Damon. "E tu sei messo addirittura peggio." Disse guardando il professore.
 
* * *

Elena passeggiava lentamente sul marciapiede, guardandosi distrattamente in giro di tanto in tanto. Era uscita per andare a prendere qualche vestito pulito a casa sua e per rinfrescarsi con una doccia rilassante.
Tutto ciò che stava succedendo le sembrava assurdo, nonostante tutte le disgrazie che aveva dovuto passare. Non riusciva a comprendere come fosse potuta succede una cosa del genere e perchè fosse successa proprio a Damon. Inoltre, lui non si era accorto di nulla?
Il freddo vento le sferzò il viso e si trinse di più nel suo cappotto, aumentando il passo. Aveva appena smesso di piovere e la strada era completamente bagnata; il cielo era ancora grigio e i grossi nuvoloni scuri coprivano un malato sole d'inverno. Amava l'estate, lei, e il freddo non le era mai piaciuto molto. L'inverno erano una stagione inquietante, difficile. Mentre l'estate, beh, era sole, divertimento, luce, chiarezza.
Svoltò nel vialetto isolato e sentì uno lieve rumore provenire dalle sue spalle. Si girò, convinta di vedere un passante o qualche gatto randagio, ma la strada era deserta. Continuò ad avanzare verso il Pensionato. Un altro rumore, più acuto del precedente, la costrinse a guardarsi intorno, leggermente spaventata. In seguito, il ventò cessò, all'improvviso, di soffiare ed Elena vide una cosa alquanto strana: in una pozzanghera abbastanza grande, al lato del marciapiede, l'acqua continuava a muoversi come se vi si stessero riversando delle gocce.
Guardò quel liquido attentamente e vi riuscì a scorgere una faccia, un volto, dagli occhi gialli. Speventata, l'umana iniziò a correre verso il Pensionato, mentre ancora acuti rumori, simili a urli, rieccheggiavano nella via.

* * *

Aprì la porta del Pensionato di fretta, spingendosi oltre la soglia con diverse falcate veloci. Bonnie le sorrise, mentre sorseggiava una tazza di caffè, probabilmente freddo.
"Come mai di corsa?"
"Io.." Cosa avrebbe detto all'amica? Di aver visto una faccia in una pozzanghera ed essersi spaventata a morte, correndo per tutto il vialetto? "Fa niente. Dov'è Damon?"
"Di sotto, dove lo abbiamo lasciato. Alaric è andato a casa sua, ha detto che tornerà stasera." La strega finì il caffè e appoggiò la tazza sul tavolino del salotto.
Scesa in cantina, l'umana lo vide. Seduto sul freddo pavimento c'era Damon, la schiena appogiata al muro e gli occhi azzurri persi nel vuoto. La camicia era sbottonata e lasciava intravedere il torace perfetto e muscoloso che s'alzata e s'abbassava a ogni pesante sospiro.
Si accorse della presenza di Elena  solo quando ella aprì rumorosamente la porta ed entrò nella cantina. Si sedette affianco a lui, porgendogli una bottiglia di Whisky del '95 e un bicchiere. Lui sorrise.
"Ottima scelta." Sussurrò, dopo aver letto l'etichetta leggermente sbiadita dal tempo.
"Ho imparato dal migliore." Affermò lei, aprendo la bottiglia e versando un po' di liquido nel bicchiere. Lo porse a Damon che lo bevve piano, assaporando ogni sorso. "So che può sembrare strano, ma.. prima, per la strada, mentre venivo qui, ho avuto la sensazione di essere seguita e... non lo so, mi è parso di vedere un volto..."
"Un... volto?"
"Si... Ma forse mi sono fatta suggestionare troppo.."
"Non ne sarei così sicuro." Damon bevve un altro sorso di Whisky. "Com'era? Aveva degli occhi gialli?"
"Si, ma tu come fai a saperlo?" Il ricordo di quell'orribile visione si fece spazio nella mente della giovane che cercò di scacciarlo via. L'inquitatante aspetto di quel viso avrebbe popolato i suoi sogni per un po', ne era sicura.
"Credo sia lo stesso che ho visto ieri notte, quando qualcuno mi ha ferito." Damon la guardò intensamente. "Devi stare attenta; porta sempre con te un paletto e tieniti alla larga dagli sconosciuti..."
"Si, papà!"
"Che fai mi prendi in giro?" Il vampiro si era avvicinato a lei e aveva iniziato a farle il solletico; il suo tocco deciso ma delicato provocò in Elena piccoli brividi lungo la schiena e quando lui iniziò a scendere sulla sua pancia, all'umana sembrò di andare a fuoco. "Ti faccio vedere io adesso!"
"No, Damon, il solletico no! Damon!" Cercò di divincolarsi, ma, ovviamente, Damon era troppo forte. "Ti prego, basta..." Le sue risate cristalline rieccheggiarono in tutta la cantina e il vampiro finalmente si fermò.
"Lo sai, quando ridi sei ancora più bella." La guardò negli occhi e gli sembrò di vederla arrossire ancora di più, mentre i battiti del suo cuore aumentarono.
"Tu come stai?"
Lui chiuse gli occhi, abbandonando la testa contro la parete. "Ah, non mi lamento..."
L'umana lo guardò, poco convinta della risposta. "Sai, puoi anche toglierti quella maschera; per un minuto almeno. Nessuno ti obbliga a fare il duro a tempo pieno."
"Non mi riesce bene essere ciò che  non sono."
"Oh, si invece. Ti riesce benissimo. Fingi tutto il giorno, tutti i giorni di essere qualcuno che non sei." Elena appoggio la testa alla spalla di Damon, con grande sorpresa di quest'ultimo. "Un vampiro egoista al quale non interessa niente di nessuno."
"Lo sono."
"No. Damon, tu sei la persona meno egoista che io abbia mai conosciuto." L'umana si girò a guardarlo, incrociando due occhi color cielo che la fissavano. Riusciva a leggerci una sorta di fuoco, perchè, si diamine, gli occhi di Damon ardevano come un falò; la speranza risiedeva in essi e le sembrò di caderci dentro mentre ancora li fissava, senza riuscire a distogliere lo sguardo.
"Elena, so di essere tremendamente bello, ma quando mi guardi così mi sembri una piccola pervertita."
Lei arrossì. imbarazzata. "Però, a fare l'idiota sei proprio bravo."  Gli diede un lieve pugno sulla spalla muscolosa e poi si avvicinò a lui, forse troppo; sentiva il suo profumo e il suo respiro, le loro labbra erano vicine, ma nello stesso tempo ancora troppo distanti. Elena posò le sue labbra umide sulla guancia di lui, poi sulla fronte, poi ancora sul naso e le palpebre. Damon trattenne il respiro per tutto il tempo, quasi pietrificato. La sua era un'espressione perplessa, disorientata. Quando l'umana arrivò alle labbra di lui, si avvicinò a esse ulteriormente, fino a sfiorarle;
"Elen..." Improvvisamente la porta della cantina si splancò e Bonnie fece ingresso nello scantinato. Li vide, seduti a terra e terribilmente vicini. "Elena, posso parlarti un attimo?"
"Io..." L'umana guardò il vampiro ancora seduto a terra e c'era qualcosa nei suoi occhi chiari che la attirava come una calamita, non riusciva a smettere di guardarlo, non riusciva ad allontanarsi.
"Elena." La richiamò la strega.
"Si, certo. Torno subito, Damon." Lui non proferì parola, le fece solo un mezzo sorriso a labbra chiuse e si portò il bicchiere alla bocca, bevendo un altro sorso di liquido ambrato.
Pochi secondi dopo erano già al piano di sopra e Bonnie non esitò ad alzare la voce. "Si può sapere cosa sta succedendo?"
"Che intendi dire?"
"Elena, vi ho visti, esattamente come vi ho visti questa mattina nel letto. Non prendermi in giro. Ti stai innamorando di lui?"
L'umana sospirò. "Bonnie, io... non lo so. Perchè questa cosa ti turba tanto?" Chiese, infastidita dal comportamento della strega.
"Perchè... è Damon! Ha ucciso chissà quante persone e... oddio, Elena, non è il caso che ti elenchi tutti i suoi peccati."
"Perchè riuscite a vedere solo cose negative in lui?" L'umana era arrabbiata. Sentiva di dover proteggere Damon dai giudizi degli altri. A lui poteva anche non interessare essere considerato un pericoloso assassino senza cuore, ma Elena voleva che gli altri si accorgessero di quanto poteva essere dolce; voleva che tutti conoscessero il suo lato umano.
"Finiamola qui, non voglio litigare per questo."
"No Bonnie, no. Ora lasci parlare me. Sono stufa di sentire certe cose, sono stufa di tutti i vostri pregiudizi. Voi non sapete nulla di Damon, non lo conoscete; non fate altro che criticare ogni sua decisione, ma la verità è che... è la miglior cosa che mi sia mai capitata da quando Stefan se n'è andato. E' l'unico ad essermi stato davvero vicino, ha fatto tutto ciò che gli ho chiesto, mi protetta, si è preso cura di me. Si, è Damon. A volte sbaglia ed è un po' impulsivo, ma di lui non cambierei nulla. Perciò, la prossima volta, per favore, evita scenate del genere."
"Beh, allora, visto che lo conosci così bene... torna pure da lui. Ma non venire da me a piangere quando ti spezzerà il cuore e, per l'ennesima volta, ti deluderà."
"Se pensi queste cose di lui, si può sapere perchè lo stai aiutando?"
"Perchè so quanto tieni a lui e quanto ti farebbe soffrire perderlo." Improvvisamente, l'acuto suono del campanello interruppe la discussione delle due ed Elena si avviò verso la porta.
Quando l'aprì, un urlo le morì in gola. Davanti a lei c'era Rick, completamente ricoperto di graffi e lividi, la maglia bianca macchiata di sangue e un braccio appoggiato allo stipite della porta per non cadere. Il sole era già tramontato e la notte nera era pronta ad avvolgeere tutto.
"Rick, cosa diavolo è..." Iniziò l'umana.
"Siamo in guai seri, Elena." Il professore entrò in casa zoppicando. "Molto, molto seri."


AHAHHAHAHA, no stavo seriamente pensando di invetarmi una scusa del tipo "mi è morto il PC", ma devo ammettere che vi voglio troppo bene per mentirvi. Si, è l'ennesimo ritardo, ma tanto oramai ci siete abituati, NO? XD Beh, cosa posso dire di questo capitolo? Che non mi piace? Direi che questo è ovvio, come è ovvio che odio Bonnie; quella dei libri è favolosa, eh, non fraintendetemi. Ma nel telefilm, non so come mai, proprio non la reggo e tantomeno in questa fic.
Perchè scrivi su di lei, direte voi! Beh, si dà il caso che sia l'unica a saper usare uno straccio di magia e quindi è anche l'unica che può aiutare Damon. E per Damon sopporto anche 662682429478 Bonnie :D
Riguardo Damon ed Elena, non è proprio il caso che dica nulla. Damon la ama da ormai troppo e lei finalmente si è resa conto di provare qualcosa di forte. Ora deve solo dirlo a Damon.
Boh, direi che posso eclissarmi. Vi voglio bene, alla prossima (prestissimo, eh!).



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Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


Unusual white nightmare - capitolo 4
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"Comunque, non sei per niente bravo a cucinare." La frase decisamente stonava con il contesto, visto e considerato che Bonnie aveva appena finito il secondo piatto di pasta.
"Ah, quindi non ti sei mangiata due interi piatti... Per tua informazione sono stato il copocuoco in una delle più raffinate cucine francesi all'inizio del novecento." Si vantò il vampiro.

"Si e poi il ristorante ha dovuto chiudere." Disse la strega.

Alaric soffocò una risata ed Elena alzò gli occhi al cielo, divertita. "Damon, dici davvero? Sei stato uno chef?"

"Si, diciamo che mi aiutava a tenere la mente... occupata." Sul volto del vampiro comparve un sorriso amaro.

"Per quanto tempo sei stato lì?"

"Circa due anni, poi ho capito che non faceva per me."

"Bene, è il caso che vada a leggere qualche libro. Spero di riuscire a capirci di più questa volta." L'umana annuì. "Ci vediamo in camera, Elena." Alle due ragazze era stata data una delle sei camere della pensione. Le due avevano deciso di dormire insieme, come ai vecchi tempi. Una volta, infatti, erano solite organizzare pigiama party almeno una volta la settimana; ovviamente quando ancora erano all'oscuro di tutti gli aspetti sovrannaturali della loro vita e ancora si preoccupavano dei vestiti o dei bei ragazzi. Pensare come le cose fossero cambiate in pocho tempo, fece rabbrividire l'umana e la mente per alcuni minuti vagò in una malinconia strana; una parte di lei avrebbe voluto rimanere quella ragazza per sempre, sposarsi e avere una vita semplice. Un'altra parte invece, guardando Damon e pensando a Stefan, non faceva che ringraziare di non essere più così, di essere cambiata e maturata grazie a delle avventure e delle nuove conoscenze.

"Devo andare a casa a prendere alcune cose. Ti serve qualcosa Elena?" Il professore si stava infilando la pesante giacca e cercava le chiavi della macchina in una delle grandi tasche laterali.

"No, grazie, ho tutto."

"D'accordo. Torno subito." Alaric uscì dal pensionato.

Elena sbadigliò vistosamente, poi, cominciò a prendere i piatti dal tavolo e impilarli uno sull'altro. "Che fai?"

"Sparecchio?" Chiese lei, retorica.

"Ma se stai morendo dal sonno." Il vampiro era divertito. "Non ti reggi in piedi"

"Non è vero." Fece lei, fingendosi completamente lucida e riposata.

"Se lo dici tu." Prese un bicchiere dalle mani di lei, passando il pollice sul dorso della sua mano. Quel contatto, per quanto breve, accese in Elena come una piccola scintilla e un senso di impotenza, davanti ai nuovi sentimenti che si scaturivano in lei, iniziò a pervaderla. Sperò con tutta se stessa che Damon non si accorgesse dell'effetto che quel tocco aveva avuto su di lei, e iniziò a passargli i piatti come se niente fosse.

"Damon... ripensi mai alla prima volta che ci siamo incontrati?"

Il vampiro, lì per lì, sembrava non aver capito la domanda. "Come mai mi chiedi questo?"

"No, niente... è che..." Elena sorrise. "Sei cambiato."

"Lo siamo tutti."

"No, tu sei cambiato diversamente." Il ghiaccio di scontrò con il cioccolato e per un momento Elena abbe quasi paura di continuare. "Tu non sei cambiato perchè la situazione lo richiedeva, anzi, saresti dovuto rimanere lo stesso vampiro che ho incontrato tempo fa, sarebbe stato più facile. Invece, tu hai.... mostrato il tuo lato umano, proprio nel momento più difficile..."

"Elena." La voce di lui la interruppe. "Lo sai perchè ho smesso di lavorare come chef? Mi piaceva, davvero. Ma le tentazioni era tante, troppe e quando sei un vampiro depresso e isterico, l'unica cosa che placa la tua ira è il sangue." Damon fece una pausa e controllò l'espressione dell'umana. "Feci una strage, una sera, nel ristorante. Poi scomparvi dalla circolazione."

"Oh.."

"Non voglio più essere quella pers-... quel vampiro. Non voglio spaventare più nessuno, non voglio essere un mostro." La voce di lui era calma, quasi serena. Finalmente Damon si era reso conto di potercela fare e questo rese molto felice Elena. "E si, ricordo perfettamente la prima volta che ci incontrammo. Dì la verità, il mio fascinò ti aveva colpita."
L'umana passò l'ultimo piatto a Damon che lo ripose nella lavastoviglie insieme agli altri. "Si, Damon. Sei attraente e davvero affascinante. Contento adesso?"
"Oh, si. Visto che non hai usato il tempo al passato." L'umana arrosì leggermente accorgendosi di aver svelato un proprio pensiero, mentre il vampiro sorrideva soddisfatto.

* * *

Il rilassante silenzio che regnava nel Pensionato era quasi surreale dopo la serata passata in compagnia dei tre umani. Damon era comodamente seduto sul divano, davanti al fuoco, con un bicchiere di bourbon tra le mani che sorseggiava piano, gustandone il sapore.
Dopo aver parlato con Elena, l'aveva spedita a dormire per paura che s'addormentasse in piedi; il vampiro riusciva a percepire la sua stanchezza e ne comprendeva anche il motivo. Non aveva infatti dimenticato di averla attaccata quella stessa mattina, spaventandola a morte e ferendola. Se c'era una cosa che lo faceva infuriare, era sicuramente quel senso di impotenza davanti a una situazione del genere che egli reputava estremamente pericolosa. Non potersi controllare era decimente frustrante.

Bevve un altro sorso. Sentiva chiaramente i respiri regolari delle due ragazze che dormivano al piano di sopra e il cuore di Alaric che batteva nella stanza affianco alla loro. Da quando Stefan se n'era andato, quella casa era diventata improvvisamente enorme e silenziosa. Al vampiro mancava il fratello, anche se non lo aveva mai ammesso in pubblico; non poter far nulla per riportarlo indietro e non sapere neanche dove si trovasse faceva innervosire Damon, soprattutto quando ricordava di essere stato lui la causa della sua partenza.

Stefan infatti si era venduto a Klaus per l'unica cura in grado di guarire il fratello, mandando all'aria tutto ciò che aveva minuziosamente costruito, anche il rapporto con Elena.

D'un tratto, mentre posava il bicchiere ormai vuoto sul tavolino, sentì uno strano rumore. Si guardò in giro, più e più volte, ma senza scorgere nessuno; si mise poi in ascolto, ma constatò che tutti e tre gli umani stavano bene e dormivano nelle loro camere. Dopo qualche minuto di assoluto silenzio, di nuovo un altro strano rumore: come uno strano sospiro, un sussurro che mise in allarme il vampiro, che si alzò dal divano.

Improvvisamente, comparì un volto nel fuoco che scoppiettava. All'inizio Damon pensò di aver avuto un'allucinazione, ma poi quando si avvicinò, potè distinguere chiaramente due occhi gialli come quelli di un gatto e una bocca, rossa come il sangue, che malignamente sorrideva.


* * *

Il sogno che stava facendo era estremamente strano e inquietante: si trovava in un bosco, sotto un grande albero dalle foglie scure e non riusciva a muoversi. Le gambe parevano come paralizzate e per quanto provasse ad alzarsi, ogni tentativo falliva miseramente. Un corvo sorvolava sulla sua testa con le grandi ali nere aperte.
Elena si svegliò di soprassalto, il cuore in gola. Fu subito colta da un brivido di freddo e si accorse di essere completamente scoperta.

Fu in quel momento, però, che sentì una voce roca chiamarla. Sbattè le palpebre un paio di volte, cercando di vedere attraverso quel buio che pervadeva la stanza.

"Elena, ti prego..."

"Damon?"

"Aiuto, El-" Vari colpi di tosse si susseguirono mentre l'umana si alzava silenziosamente da letto, cercando di non svegliare l'amica che nonostante le voci dormiva ancora. Quello era uno dei motivi per cui Elena credeva di star ancora sognando.

"Damon?" Sussurrò una volta uscita dalla camera, accorgendosi, nella penombra, di una figura rannicchiata su se stessa. "Damon, sei tu?" Ma come risposta ottenne solo altri colpi di tosse.

Quando, timorosa, si avvicinò all'uomo, capì che si trattava davvero del vampiro e cercò di aiutarlo a tirarsi su.

"Damon, che è successo?"

"Qualcosa.. qualcuno, mi ha attaccato. Non so..." Un altro colpo di tosse. "Non so chi fosse, ma è riuscito a colpirmi."

Solo allora l'umana si accorse che sul fianco destro di Damon c'era una profonda ferita che sanguinava vistosamente; la maglietta era squarciata. "Non capisco.. come, come è possibile? Dovresti guarire subito." Il vampiro iniziò a sputare sangue. Elena era spaventata a morte e cercava di sorreggerlo tenendolo fermo per le spalle e guardandolo negli occhi chiari. "Damon, stai male, devo aiutarti. E' meglio che chiami Bonnie."

"No. No. Ti prego, adesso mi passa. Ho solo..." Il pavimento era diventato una pozza vermiglia. "Ho solemente bisogno di un po' di sangue umano."

Elena si alzò la manica della maglietta e mise il polso davanti alle labbra di lui. "Prendi, ma se non ti passa, io vado a chiamare gli altri."

Il vampiro guardò Elena negli occhi e poi la morse. L'umana sussultò quando i canini di lui le perforarono la candida pelle. All'inizio fu contenta che Damon avesse accettato di morderla senza fare troppe storie, nonostante le parve molto strano; ma poi, quando lui continuava a bere dal suo polso che stringeva come se fosse una preda, Elena capì di aver fatto un grosso errore.

Il vampiro beveva senza sosta e quando lei cercò di farlo smettere, lui non mollò la presa. "Basta così, Damon." La ragazza sentì la testa girarle e le forze abbandonarla lentamente "Damon, adesso basta. Mi stai facendo male, Damon."

Lui sembrò risvegliarsi, accorgersi di ciò che stava facendo e mollò il braccio di Elena. Fuori aveva ricominciato a piovere; il vampiro guardò l'umana per interminabili minuti e poi cadde letteralmente nelle sue braccia. "Scus-" Iniziò a tossire di nuovo, questa volta però, senza sputare sangue.

"Shh, non ti sforzare. Va tutto bene." L'umana si alzò, trascinando Damon con sè. Lo aiutò a percorrere il corridoio senza inciampare o cadere e poi, una volta entrata nella sua camera, lo fece distendere sul grande letto. "Devi riposare." Accese la piccola lampada sul comodino.

"E' stato qualcuno di potente. Potevo percepirne la forza quando mi ha colpito.." Damon stava meglio, nonstante la ferita sul fianco fosse ancora ben visibile. "Potrebbe ritornare, devo andare a cercarlo."

"Tu non ti muovi da qui. Sei troppo debole e poi dubito che tornerà. Forse è meglio che ti tolga quella maglia sporca." Elena, con un po' d'imbarazzo, mise una mano sul bordo della maglietta nera, ma poi si fermò.

Il vampiro sorrise. "Dio, quanto sei bella quando arrosisci così." Se possibile, l'umana diventò ancora più rossa. "Faccio io." Damon si tolse la maglia con un po' di fatica  e la buttò ai piedi del letto, poi si sdraiò di nuovo sul materasso.

L'umana gli si sdraiò affianco. Lui era alquanto sorpreso. "Che fai?"

"Dormo qui. Se arriva qualcuno che vuole farti del male, almeno ci sarò io." Abbozzò un sorriso, anche se quella tenue luce non permise al vampiro di vederlo bene. Lei spense la luce e un terribile silenzio regnò nella stanza.

Si era quasi addormentata quando sentì le parole di lui. "Ora si che dormirò sonni tranquilli, mia dolce Elena."


* * *

Bonnie si svegliò quando i primi raggi del tenue sole invernale entrarono dalla finestra illumindo la stanza. Si rigirò nel letto un paio di volte e solo allora s'accorse che la sua amica non c'era. Un po' preoccupata, ma speranzosa di trovarla al piano di sotto, magari a preparare una buona colazione, s'alzò dal letto e scese di sotto.

Quando però non trovò nessuno, iniziò a gironzolare per la casa alla ricerca di Elena. Passò distrattamente davanti alla camera di Alaric e poi davanti alla porta di quella di Damon. Fu quando vide la quell'ultima porta quasi del tutto aperta che decise di sbiarciare all'interno.

Ciò che vide fu sicuramente inaspettato: sdraiati, nello stesso letto, quasi abbracciati, c'erano Damon ed Elena. Lui indossava solamente i pantaloni.

"Streghetta, ma buongiorno. Se vuoi guardare, sono cinquanta dollari."

La strega, imbarazzata, ma soprattutto arrabbiata con se stessa per essersi infilata in quella situazione, non potè far altro che alzare gli occhi al cielo. In quel momento, anche Elena si svegliò.

"Buongiorno, principessa. Dormito bene?"

La strega fissò l'amica. "Ok, sono sicura che Elena avrà una buona spiegazione. Non è vero?"

"Bonnie, ma che... Io... Lui.... Oh." L'umana aveva iniziato a balbettare, senza sapere esattamente cosa dire. Certo, visti così, sembravano due innamorati appena svegli dopo una notte di fuoco.

"Che sta succedendo qui?" Il professore varcò la soglia ed entrò nella stanza, l'espressione ancora assonnata. "El.. ma che..."

"Non è come sembra. E' successa una cosa, ieri sera e..."

"Che era successo qualcosa ci arrivavamo anche da soli." Affermò l'altra, battendo un piede sul pavimento e incrociando le braccia.

"No, io non intendevo questo... Damon! Dì qualcosa!"

"Ah no, questa situazione è troppo divertente e poi la faccia della strega non ha prezzo. Quanta invidia..."

"Semmai pietà." Ribattè la strega, secca.

"Ieri sera qualcuno ha attaccato Damon e lo ha ferito, l'ho trovato nel corridoio e l'ho semplicemente aiutato. La ferita..." L'umana si girò verso il vampiro, ancora comodamente sdraiato a pancia in su, per cercare la ferita sul fianco. Scomparsa. "Beh è guarita, ma c'era, ve lo assicuro."

"Chi era?" Fu Alaric a parlare.

"Non sono riuscito a vederlo in faccia. A dire la verità, non l'ho proprio visto, però le cose sono andate così. Streghetta, smettila di sbavare per i miei addominali e dimmi una cosa: sei riuscita a trovare una soluzione, ieri sera?"

"Io non sto... Ah.... lasciamo stare." Bonnie guardò il vampiro. "C'è un modo per liberarti e ho capito anche che cosa ti sta succedendo"
"Davvero? E cosa stiamo aspettando?
" Damon si alzò dal letto e si diresse verso l'armadio per prendere una nuova maglietta.
"Non sarà molto piacevole." La strega fissò il vampiro negli occhi per secondi che sembrarono anni, poi continuò. "Non sarà affatto piacevole."




Beh, dai, stavolta sono giustificata! Insomma, a Pasqua si mangia, mica s'aggiorna. E poi, sono anche stata via un paio di giorni u.u  Inoltre, non so se l'avete notato, ma questo capitolo è più lungo!!
Comunque, riguardo al capitolo non ho molto da dire. Bonnie è finalmente riuscita a trovare una soluzione, ma come lei stessa dice, non sarà una cosa semplice e indolore per il nostro amato Damon. 
Spero che il capitolo vi sia piaicuto, nonostante non mi convinca moltissimo in alcuni punti. Vi prometto, care amiche, che cercherò di aggiornare il più presto possibile, anche perchè da psicopatica come sono, mi sono fatta una scaletta con tutti gli avvenimenti fino alla fine della fic. Ora si tratta solo di scrivere i capitoli (hai detto niente..)
Ci tenevo a ringraziare TUTTE le persone che seguono questa storia e SOPRATTUTTO quelle che la recensiscono. A costo di sembrare una copiona, inoltre, volevo sollecitarvi a recensire come fa Elen91 alla fine di alcuni suoi capitoli (tra l'altro, consiglio vivamente tutte le sue storie); non vogliamo essere frustranti o rompiscatole, semplicemente, fa DAVVERO piacere ricevere una recensione (positiva o no, sia chiaro!) in cui il lettore esprime una propria opinione sul capitolo, che, ci tengo a ricordarvelo, è frutto della fantasia dello scrittore e spesso è il risultato di alcune ore di "lavoro".
Grazie della vostra attenzione, vi voglio bene :D
Alla prossima. 




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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Unusual white nightmare - capitolo 6
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"Cos'è successo? Perchè sei ridotto così?" Damon rubò le parole di bocca all'umana che richiuse la porta e aiutò il professore a sedersi sul divano.
"Sono stato attaccato."
"Da chi?" Domandò il vampiro.
Un gemito di dolore sfuggì dalla bocca di Alaric mentre si sedette sul divano. Più Elena lo guardava, più si sentiva spaventata e in pericolo e il senso di ansia non faceva che aumentare. La maglietta grigia era quasi a brandelli, coperta di sangue e fango. Sulla faccia scendevano dei minuscoli rivoli di sangue scarlatto. "Non so chi fosse, non ho visto nulla." Un altro gemito quando Elena, preso il disinfettante dal bagno, iniziò a pulire le ferite sul viso. "Qualcosa mi stava seguendo..."
"Ti hanno quasi ucciso, graffiato e inseguito e tu non hai visto niente?!?" La domanda retorica di Damon fece sorridere il professore, mentre l'umana alzò gli occhi al cielo e Bonnie lo guardò severa.
"Sono davvero felice che la mia salute ti stia così a cuore, Damon. E comunque no, non ho visto nulla."
"Come va?" Chiese l'umana, finito di medicare le ferite superficiali,
"Bruciano parecchio."
"Rick, non ricordi proprio nulla? E' davvero importante." Insistette il vampiro.
"Stavo tornando a casa, quando all'improvviso ho sentito come.. una presenza alle mie spalle. Credevo fosse un passante, ma quando mi sono voltato non c'era nessuno. I rumori erano strani.. sembravano... grida stridule e soffocate." Più il professore continuava il suo racconto, più Elena rabbrividiva. La descrizione dell'accaduto era troppo simile a ciò che era successo a lei quello stesso giorno, poche ore prima, mentre si stava recando alla Pensione. "Ad un certo punto, qualcosa si avventato su di me. Sentivo i graffi su tutto il mio corpo. Ho cercato di difendermi, ma tutto ciò che vedevo erano nebbia e ombre." Bonnie non voleva credere a ciò che stava sentendo. Si sentiva vulnerabile, nonostante possedesse la magia e fosse in grado di difendersi quando necessario. Percepiva qualcosa di sbagliato nell'aria, una sensazione d'angoscia che si stava espandendo sempre di più e che, forse a causa della seggestione, non riusciva a gestire. "Ricordo solamente una cosa..."
Il vampiro, che fino a quel momento sembrava distratto, pose lo sguardo sul professore e attesse che egli continuasse a parlare. "Due occhi gialli, simili a quelli di un gatto, fissarmi intensamente."
Dopo che Alaric ebbe pronunciato quelle parole, Elena capì la gravità della situazione. Qualcuno li stava sfidando. Qualcuno di molto potente, in grado di attaccare senza farsi vedere, ma marchiando ogni aggressione con due occhi magnetici da brivido.
L'umana decise di parlare."Quegli occhi... non riuscivi a staccare lo sguardo da loro, vero?"
"Si.. ma come lo sai?"
"Avevi ragione Rick. Siamo in guai, molto, molto seri."

* * *


Elena aprì silenziosamente la porta di casa, sperando di riuscire a non svegliare il fratello che, data l'ora, stava sicuramente riposando. Lo aveva avvisato che lei e Alaric avrebbero dormito fuori per qualche notte, ma non gli aveva comunicato quando sarebbe rientrata. La verità era che le dispiaceva davvero aver lasciato Jeremy da solo, nonostante il professore gli facesse visita almeno due volte al giorno, in quella casa tanto grande. L'umana sapeva bene come ci sentiva a stare in un luogo che un tempo era fonte di gioia e divertimento e che, negli anni, si era spopolato, diventando la dimora di due poveri ragazzi orfani e completamente abbandonati.
Se non ci fosse stato Alaric, Elena non avrebbe saputo come gestire il fratello e tutte le responsabilità, nonostante Jeremy fosse ormai abbastanza grande per cavarsela da solo.
Salì le scale e arrivò in camera sua, chiuse la porta e appoggiò la borsa sul letto. Sbadigliò un paio di volte davanti allo specchio, fissando per alcuni minuti interminabili la propria figura: l'esile corpo sembrava ancora più fragile, illuminato solamente dalla piccola bajour sul comodino; lo stress dei mesi passati era evidente nella figura riflessa. Elena non vedeva più quella cheerleader di due anni prima, solare e carismatica, sempre alla moda e piena di vita. No. Davanti a lei c'era una giovane donna, ormai stanca di dover continuare a soffrire.
Inevitabilmente, la mente di Elena arrivò a Stefan, e, in seguito, a Damon. Non poteva permettere che gli accadesse qualcosa, non poteva permettersi di perdere qualcun altro. Un'altra scomparsa avrebbe significato l'inferno e lei era consapevole che questa volta non l'avrebbe superato. E si, forse così sembrava un po' troppo egoista, ma una cosa era certa: lei aveva bisogno di Damon.
Entrò in bagno per lavarsi il viso e preparsi per la notte, poi s'avvicinò al letto. E fu in quel momento che lo notò: sul copriletto marrone era appoggiata una busta bianca e vicino a essa una piuma nera, lunga e lucida. L'umana si guardò intorno, perplessa. Poi, tirò fuori il biglietto all'interno della busta e lo lesse timorosa.

Ti propongo uno scambio: la tua vita, anima e corpo, in cambio della sua.
Se non vuoi perdere un'altra persona a cui tieni, ti conviene presentarti nella radura vicino all'Old Wood al tramonto, da sola.
Solo allora sarò lieto di liberare il vampiro dalla possessione.

Il cuore di Elena incominciò a scalpitare e la paura si fece spazio nella sua mente. Non riusciva a capire come, ma qualcuno doveva essere entrato in casa sua, ergo, non doveva essere un vampiro; il fatto che conoscesse così bene le sue debolezze, non faceva altro che aumentare quel senso d'ansia che piano si espandeva per tutto il corpo dell'umana, scatenando brividi di freddo lungo la sua schiena.
Elena si avvicinò alla finestra: era chiusa. Eppure aveva così freddo che le pareva d'essere in mezzo a tutta quella neve che piano aveva iniziato a scendere nella notte buia. Si strinse nella felpa, mentre le parole in scritte in grafia elegante su quel foglietto le ritornavano in mente, una dopo l'altra e non le permettevano di pensare a una soluzione.
Non riusciva a vedere via d'uscita, sentiva che quella forza oscura che stava complottando contro di loro doveva essere più forte e intelligente. Si sedette sul letto a gambe incrociate, con il suo diario aperto su di esse.
Non scriveva da ormai troppo tempo; l'ultima pagina portava la data di maggio, quando Stefan si era venduto a Klaus per salvare il fratello. E forse quello era un segno, un indizio che lei avrebbe dovuto cogliere. Stefan aveva ritenuto più importante salvare la vita del fratello, l'aveva sovrapposta a ogni cosa. E così avrebbe fatto lei, perchè in fondo, a Damon glielo doveva.
La penna iniziò a scorrere su una nuova pagina completamente bianca.
"...Damon mi ha aiutato ad alzarmi quando avevo perso ogni speranza, quando tutto mi sembrava perduto. E poi, nei mesi seguenti, ha fatto si che io non cadessi più, mai più. E' sempre stato costantemente presente. E forse è così che deve andare, forse è giunto il momento di fare qualcosa per Damon."

* * *

"Non ci siamo riusciti nemmeno questa volta." Bonnie accolse così le due amiche, Caroline ed Elena, in casa Salvatore, mentre delle grida arrivavano dal piano di sotto. "Alaric ha provato di tutto, ma non riesce a far emergere la sua parte oscura."
"Elena mi ha detto che bisognerà ucciderlo." Mormorò Caroline.
"E' proprio questo il problema. Devo essere sicura al cento per cento che quando verrà ucciso la creatura al suo interno si stia manifestando... altrimenti, beh, morirà per davvero." Rispose la strega apponggiando il libro di magia sul tavolino affianco al divano.
"Se solo riuscissimo a farlo arrabbiare davvero..."
"Eppure non dovrebbe essere così difficile..." Sussurrò Bonnie, impercettibilmente, ma non così tanto da non essere sentita.
"Bonnie, mi puoi spiegare perchè ce l'hai tanto con Damon? Persino Caroline lo ha perdonato. Ieri stavi per dirmi qualcosa, poi è arrivato Alaric."
L'espressione di Bonnie mutò e all'umana parve quasi di vederla sbiancare. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la chiuse subito dopo; l'avrebbe lasciata parlare perchè doveva capire che cosa ci fosse di così spaventoso per la strega in Damon. Non che il vampiro fosse il migliore dei gentiluomini, certo, ma di progressi ne aveva fatti negli ultimi due anni e aveva dimostrato il suo lato umano svariate volte.
"Io..." Il silenzio regnava sovrano nel grande salotto di casa Salvatore, e le due ragazze aspettavano che la strega si decidesse a parlare. "Ho visto delle cose..."
"Bonnie ma che stai dicendo?"
"Quando ho cercato di tirare fuori il demone da lui, io... ho visto delle cose. E' inevitabile per una strega finire nella mente dell'individuo su cui fa un incantesimo e... la mente di Damon è..." Gli occhi dell'amica diventarono lucidi. "Sento quando si arrabbia, Elena, sento l'energia negativa che certe volte emana la sua mente. Io sento queste cose e, credimi, voglio solamente proteggerti."
"Damon è posseduto, lo sai, non è in sè..."
"Io non sto parlando della possessione. Sto parlando dei suoi ricordi, di lui."
"Bonnie, che cosa hai visto nella mente di Damon l'altro giorno?" Caroline parlò piano, scandendo bene ogni parola.
La strega guardò negli occhi entrambe e poi, dopo aver inspirato un po' d'aria, parlò. "Era, era una bambina." Sbatte le palpebre più volte, quasi stesse rivivendo quel ricordo. "Si dondolava sull'altalena, lei era... felice. I giardini erano ormai deserti e la mamma, non lo, credo fosse andata in attimo..."
"Non capisco. Che cosa c'entra una bambina?"
"Lo guardava spaventata e..." La voce era diventata un sussurro ed era spesso interrotta da sospiri. La strega sembrava sul punto di scoppiare a piangere. "E poi il sangue... e la cosa peggiore è che lei, lei non.. gridava. non ne aveva le forze, lei..."
"Piangeva." Elena rabbrividì sentendo una voce che non apparteneva alla strega, roca e maschile. La riconobbe subito, anche se pareva avere un'incrinazione diversa quella sera. "Lei piangeva." L'umana si girò verso Damon e rimase basita da ciò che vide. Il vampiro, con indosso una camicia nera e i capelli ancora arruffati, aveva lo sguardo perso nel vuoto. Completamente perso nel vuoto. "Il suo sangue era dolce, proprio come me l'ero immaginato. Scorreva nella mia bocca, mentre sentivo il suo corpo farsi sempre più freddo e la sua presa meno ferrea." Alzò gli occhi verso Bonnie, e poi guardò Elena: una lacrima sottile era scivolata lungo la sua guancia rosea e la sua espressione era un misto di disprezzo e paura che lo colpì dritto al petto. "Avrei voluto fermarmi, Dio, se avrei voluto..."
"Ma non l'hai fatto! Tu non l'hai fatto. Una..." Una, due, tre lacrime iniziarono a scendere dagli occhi cioccolato dell'umana. Non riusciva a credere alle proprie orecchie; sapeva bene come ci si sentiva quando si perdeva il controllo, Stefan gliene aveva parlato tantissime volte, ma non avrebbe mai immaginato che Damon fosse stato capace di una cosa del genere. Per quanto si sforzasse, non trovava un buon motivo per perdonargli una cosa del genere, nonostante fosse accaduta chissà quanto tempo prima. "Una bambina! Perchè?"
"Ero... arrabbiato." Un impercettibile sussurro.
L'umana si avvicinò a lui velocemente, con poche falcate. Uno schiaffo sonoro rieccheggiò nel salotto; Damon voltò la testa di lato, per poi ricominciare a fissare il vuoto per interminabili istanti. Iniziò a respirare rumorosamente, mentre il corpo era scosso da piccoli brividi e gli occhi cambiavano colore.
"Elena, spostati da lì!" Era stata Caroline a parlare, non appena si era resa conto che la situazione stava precipitando. Ma l'umana non accennava a muoversi, continuava a fissarlo, sottili lacrime ancora a rigarle il volto.
La vampira si precipitò su Damon, un secondo prima che egli si scagliasse sull'umana, bloccandogli i polsi a facendogli sbattere la testa contro il muro. "Non riuscirò a tenerlo per molto. Bonnie, fai ciò che devi fare." Gli occhi di lui erano ormai diventati rosso fuoco e sembrava completamente fuori controllo.
La strega afferò il paletto di legno dalla borsa aperta di Elena e poi s'avvicinò a lui iniziando a pronunciare parole incomprensibili per chiunque.
"Non ce la faccio più..." Mormorò Caroline, allo stremo delle forze. E fu lì che la strega lo fece; un sospiro lieve, l'ultimo, e poi il silenzio più totale. Il corpo di Damon che cade a terra, completamente inerme, sotto gli occhi di Elena che, spaventata, inizia a singhiozzare dall'altra parte della stanza.
Svanì qualsiasi cosa, ogni rimorso o rancore, solo una consapevolezza comparve nella mente di lei: Damon era morto e, se mai qualcosa fosse andato storto, Elena non avrebbe rivisto il suo sorriso sghembo mai più.




Salve a tutti. Per prima cosa, ci tengo a scusarmi per l'imperdonabile ritardo. So perfettamente come finirà questa storia, ho tutte le idee in mente e appuntate sul PC, ma non ho mai tempo per scrivere.
Ultimemente ho sempre meno tempo per me, dovete credermi. La scuola è diventata devastante, l'ultimo mese è sempre così, e questa settimana poi ho anche la certificazione di tedesco che non mi permette di staccare la testa dai libri.
Mi sento davvero in colpa ad avervi fatto aspettare così tanto, ma ripeto, la scuola, la palestra, il nuoto, e quel poco di vita sociale che mi è rimasta si sono presi TUTTO il mio tempo. Mancano 27 giorni alla fine della scuola, e vi prometto, cascasse il mondo, che mi dedicherò di più a questa e altre fic.
Comunque sia, non vi voglio annoiare, passiamo al capitolo: finalmente abbiamo scoperto qual è il motivo che spinge Bonnie a disprezzare così tanto Damon e, finalmente, le nostre eroine semrbano essere riuscite a uccidere la creaura. La domanda è: che fine farà Damon?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo :)
Scusate ancora per l'enorme ritardo, spero che non succeda più. Ah, una recensione fa sempre DAVVERO MOLTO PIACERE.
Alla prossima.


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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Unusual white nightmare - capitolo 7
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Se ne stava lì, accanto a lui, da ormai due ore. Gli occhi rossi fissi sul suo viso spento, una mano stretta a pugno e l'altra tra i suoi capelli corvini.
Bonnie non aveva mai visto Elena così triste e disperata, nemmeno quando Stefan l'aveva abbandonata. Quando i genitori di lei erano morti, aveva pianto per giorni, senza mai riuscire a smettere. Adesso invece, le lacrime avevano lasciato spazio a quel piccolo barlume di speranza che minacciava di spegnersi da un momento all'altro.
Caroline aveva cercato di rassicurarla, ma era stato tutto inutile; Elena continuava a pensare al peggio, accarezzando quei capelli fini.
Dopo la rivelazione del vampiro, nell'umana era cresciuto un senso di rabbia e fastidio che non aveva saputo controllare. Scoprire che l'uomo di cui si stava innamorando -ormai l'aveva ammesso anche a se stessa- aveva, in un tempo lontano, ucciso una creatura pura e indifesa come una bambina, quasi le aveva procurato disgusto. Eppure, nel vederlo cadere a terra con un paletto conficcato nel petto, non aveva potuto far altro che scoppiare a piangere, mentre una cascata di sentimenti le affluivano dentro.
Se una parte di lei avrebbe voluto trattenersi, mostrando un minimo d'indifferenza verso quel mostro, l'altra parte voleva aiutare a tutti i costi quell'angelo.
E per questo era ancora lì, in silenzio, in uno stato d'angoscia totale.
"A quest'ora avrebbe già dovuto svegliarsi." Elena sussultò un poco alle parole della strega, mentre Caroline s'avvicinava piano.
"Sono sicura che fra poco aprirà gli occhi." Disse la vampira guardando l'umana. Ma lei sembrava non ascoltarle, con la testa ancora chinata.
Solo quando il campanello suonò, Elena sembrò per un attimo risvegliarsi dalla trance: guardò Bonnie e con un'occhiata persa le chiese di andare ad aprire la porta del Pensionato.
"Si è svegliato?"
"Non ancora."
Il professore entrò in fretta in casa e raggiunse il salotto. "Avevi detto che si sarebbe svegliato dopo poco tempo!"
"Rick, sono passate solo due."
Improvvisamente, Elena si alzò di scatto e andò verso la grande vetrata. Il cielo oscuro aveva lasciato spazio a qualche debole raggio di sole, che filtrata attraverso il vetro spesso della finestra.
La morte di Damon avrebbe significato per lei qualcosa di terribile; sapeva che non l'avrebbe sopportato, era consapevole del fatto che se l'avesse perso, il suo fisico avrebbe ceduto, questa volta senza riuscire a riprendersi. Boccheggiò in cerca d'aria un paio di volte, sentendo la testa girare e farsi pesante.
"Merda! Lo sapevo che non avremmo dovuto farlo..." Il professore continuava a camminare per la stanza, evidentemente nervoso e preoccupato. "Avremmo dovuto cercare un'altra soluzione. Non avreste dovuto ucciderlo; e lui come un emerito coglione si è fatto pure colpire da voi!" Sbottò Rick, alzando il tono delle voce già incrinata.
"Eravate tre principesse guerriere contro un'anima distrutta... come avrei potuto competere?"
A Elena si gelò il sangue nelle vene, sicura di aver appena avuto un'allucinazione. Alaric smise di camminare, voltando lentamente la testa verso l'unico che avrebbe potuto avere quella voce. Bonnie e Caroline si guardarono con gli occhi spalancati e la bocca socchiusa.
L'umana aveva quasi paura a girarsi, ormai convinta di aver sognato. Temeva d'illudersi di nuovo e non avrebbe sopportato di scoprire la verità. Decise che sarebbe stato meglio chiudere gli occhi per qualche istante, ispirare profondamente e poi, solo allora, riaprirli e controllare che tutto fosse tornato al suo posto. Che Damon fosse tornato.
Ma non fece in tempo perchè, qualcuno, probabilmente Rick, stava aiutando qualcun altro ad alzarsi. L'umana ne poteva sentire i passi pesanti e stanchi che rimbombavano sul legno scuro del pavimento e nonostante quella certezza continuasse a farsi strada dentro di lei, non riusciva a voltarsi e controllare con i suoi stessi occhi quello che realmente stava succedendo.
Avrebbe dato la vita pur di rivedere quegli occhi color ghiaccio ed essere sicura che il vampiro stesse bene, ma continuava a guardare fuori dalla finestra, mentre una leggera e sicuramente gelida pioggerellina invernale iniziava a scendere silenziosa.
"Damon!" Bonnie aveva praticamente urlato ed era corsa, insieme a Caroline, ad aiutare il vampiro che, tutto dolorante, si appoggiava al professore per non cadere.
"Non credevo fossi così felice di vedermi, strega." La voce era quella di sempre, Elena l'aveva riconosciuta, roca e irresistibilmente calda. E fu in quel momento che trovò la forza di girarsi.
Il respiro spezzato e un braccio intorno al collo di Rick, gli occhi puntati dritti nei suoi e la camicia sporca di sangue. Così Damon si presentava davanti a lei, così la fissava intensamente in attesa di una sua risposta.
Ma l'umana non parlò, l'unica cosa che riuscì a fare fu correre verso di lui, annullando in un brevissimo tempo la distanza che li divideva, stringendolo così forte contro il proprio corpo che le parle quasi di sentirlo sussultare, forse per la sorpresa.
Aveva cercato di odiarlo in tutti i modi, e un tempo, anni prima, ci era anche riuscita; ma quel giorno, dopo tutto ciò che avevano affrontato insieme, non potè far altro che continuare a stringerlo per interminabili minuti. Improvvisamente però, le immagini di una piccola bambina paffuta con delicati rivoli di sangue lungo il collo, le saltarono subito alla mente; Elena s'irrigidì di colpo, allentando un po' la presa sul vampiro e sentendo gli occhi pungere.
"Per quanto mi piaccia questa posizione..." Le sussurrò il vampiro all'orecchio, riferendosi a quell'intimo abbraccio. "...credo sia arrivato il momento di staccarci."
Lei tolse immediatamente entrambe le mani dal collo di Damon e indietreggiò di qualche passo.
"Sapevo che avrebbe funzionato..." Caroline gettò un'occhiata di disappunto verso l'amica. "Ok, forse non ne avevo la certezza... ma dopotutto, sono o no una delle streghe più potenti?"
"Se hai finito di vantarti, strega, possiamo controllare che sia tutto normale?"
"In che senso?" Elena non capiva cosa volesse dire l'ultima frase pronunciata dal vampiro.
"Controllare se è ancora posseduto o no. Posso accorgermene entrando nella sua mente per qualche minuto." Le spiegò l'amica.
"Ok, allora, fallo."
Bonnie si avvicinò a Damon, portando le mani alla propria fronte e fissando intensamente il vampiro. Passarono alcuni secondi di silenzio, e poi la strega riaprì gli occhi con un'aria soddisfatta.
"Si, sono davvero la miglior strega di sempre." Annuì soddisfatta.
Alaric sospirò, sollevato. Si versò poi un po' di Bourbon nel bicchiere sul tavolino e iniziò a sorseggiarlo piano.
Un'espressione indignata comparve sul volto del vampiro. "Non si offre più agli amici?"
"Sei in convalescenza, non puoi mica bere." Rispose il professore.
"C'è una cosa che mi frulla in testa da un po'..." Fu la strega a parlare e interrompere quell'improbabile teatrino. "Chi controllava lo Shisha No Tamashi... non può essere uno stregone o strega..."
"Perchè no?"
"Per controllare creature magiche ci va una forza inaudita... non si tratta solo di poteri e capacità mentali, ma anche di potenza fisica. Un normale corpo umano, per quanto possa essere magico, non potrebbe mai controllare una creatura del genere senza farsi male."
"E quindi?" Chiese Damon mentre, traballando leggermente, si avvicinava alla bottiglia di Bourbon.
"Quindi credo sia un vampiro. Avevo letto, non ricordo dove, che i vampiri sono le uniche creature, essendo già morte, che possono sopportare qualsiasi tipo di dolore, anche inferto dalla magia." bonnie smise di parlare per un secondo puntando gli occhi su Damon. "Posso fare questo..." Improvvisamente il vampiro iniziò a gridare, portandosi le mani alla nuca. "Ma non posso ucciderlo." Le grida cessarono.
"Stup-"
"Ma come potrebbe un normale vampiro essere in grado di controllare una creatura magica?" Alaric interruppe il vampiro.
"No, non è un vampiro.." Tutti gli occhi puntarono su Elena. "E' entrato in casa mia..."
"Cosa?" Damon si girò verso di lei, l'espressione stupita e preoccupata.
"Ieri sera, sul mio letto... beh, ho trovato questo." L'umana tirò fuori dalla borsa il bigliettino bianco e lo mostrò a tutti. Il vampiro lo afferrò con forza, leggendolo velocemente prima di accartocciarlo in un pugno.
"Perchè non ce ne hai parlato?" Caroline si rivolse all'amica. "Saresti andata a quell'incontro?" 
"No, perchè le avrei spezzato le gambine io stesso." Rispose Damon al suo posto, senza smettere di guardarla.
"Si, ci sarei andata, ma poi le cose si sono sistemate... comunque, non può essere un vampiro. Non ho invitato nessuno a entrare, me lo ricordo perfettamente."
"Un vampiro... con poteri magici che riesce a entrare in casa senza invito? Sapete, suona un po'... leggenda." Alaric aveva finito il Bourbon nel bicchiere e se ne stava versando dell'altro. Certe volte l'umana si chiedeva come facesse a bere quasi quanto Damon e non crollare subito dopo.
"Vi rendete conto che abbiamo la possibilità di incontrarlo? Di tendergli una trappola..." Ragionò Caroline ad alta voce.
"No, non conviene. Se è davvero un essere così potente, a quest'ora avreà già saputo di Damon. Andare a quell'incontro significherebbe mettere a rischio la vita di tutti. Non possiamo sapere cosa abbia in mente, ma conosce fin troppo bene ciò che succede in questa casa." Parlò la strega.
Il professore bevve il primo sorso. "Perciò che facciamo? Aspettiamo che sia lui a fare la prima mossa?"
"Direi che è l'unica cosa che possiamo fare al momento."
"Io vado a casa, sono esausta." Bonnie guardò Elena che le sorrise dolcemente, esprimendo tutta la sua gratitudine. Bastava uno sguardo, infondo erano amiche da sempre.
"Strega... grazie." Bonnie fece un cenno serio con la testa, per poi dirigersi verso l'uscita. Il vampiro si avvicinò all'umana. "Possiamo parlare?" Le sussurrò in un orecchio.
"Sono contenta che tu stia bene, Damon." Elena lo guardò per un momento negli occhi, prima di girarsi verso Caroline. "Ma forse ora sarebbe il caso di riposare e godersi un normale pomeriggio."
"Certo..." Il vampiro rispose, la sua voce era un misto di delusione e consapevolezza.
Elena si diresse verso la porta, quasi infastidita dalla sola presenza di lui.
"Ci vediamo, allora." Disse Caroline prima di seguire l'amica.

* * *

"Lo perdonerai mai?"
"Che?" Chiese l'umana distrattamente. Lei e Caroline camminavano nella piazza principale della piccola cittadina sotto un cielo scuro.
"Ti ho chiesto: perdonerai mai Damon per ciò che ha fatto?"
"Io... Non lo so." Elena sembrò rifletterci su, poi, dopo aver visto l'espressione di disappunto sul viso dell'amica, si fermò. "Tu pensi che dovrei farlo." Non era una domanda, ma una certezza che la vampira aveva esternato.
"Beh... si." Un tuono in lontananza fece distrarre le due che istintivamente portarono gli occhi verso l'alto. "Non può piovere di nuovo!"
"Perchè dovrei perdonarlo?"
"E non ho nemmeno l'ombrello!" L'amica sbuffò, poi, vedendo Elena incominciare a spazientirsi, decise di rispondere anche alla sua domanda. "So cosa significa essere un vampiro, Elena. Non avere il controllo di nulla, sentire tutto in modo amplificato, non riuscire a prendere decisioni, dover... seguire il proprio istinto."
"Quello che ha fatto Damon va aldilà di ogni giustificazione, Caroline. Non posso perdonarglielo."
Intanto, molti dei cittadini se ne stavano andando, mentre altri tuoni, più acuti, rieccheggiavano nella piazza. "Addio pomeriggio di shopping." La vampira di guardò intorno, poi si rivolse all'amica. "No, non è assolutamente giustificabile. Non voglio che lo perdoni, voglio che lo comprendi. Quando non hai il controllo, non vedi le differenze; quando la tua gola brucia e i canini pizzicano e ogni parte del tuo cervello grida sete... non sei in grado di fermarti. E ora mi dirai che Stefan era in grado di farlo..."
L'umana fece per aprire bocca, ma venne preceduta da Caroline. "Ma non è così. Non conosci il suo passato e non ne puoi avere la certezza.... Il diventare vampiro è un peccato e non esiste modo per espiarlo. Si può solo... cercare di non incappare negli stessi errori e, credimi, Elena, Damon lo sta facendo, ci sta provando con tutto se stesso."
"Come?" Chiese, quasi con tono retorico, fin troppo sicura della risposta.
"Amandoti, forse più di quanto gli sia concesso." La vampira fece una breve pausa, poi sorrise all'amica. "Devo andare. Faresti meglio a tornare a casa, fra un po' verrà giù il diluvio."

* * *

Dopo aver salutato l'amica, Elena si era incamminata verso casa velocemente. Si trovava a due isolati da casa Gilbert quando aveva iniziato a piovere violentemente, tutto d'un tratto. Aveva poi corso e, una volta entrata in casa si era richiusa la porta alle spalle, dando anche due o tre giri di chiave. Da quando aveva trovato il biglietto sul letto la notte precedente, il terrore di dover incontrare il nemico la assillava.
La casa era vuota, Jeremy era, molto probabilmente, agli allenamenti di rugby. Si era iscritto per una scommessa, diceva che gli piaceva però, e che lo aiutava a distrarsi. Perciò Elena decise che quella volta non l'avrebbe coinvolto.
Salì in camera e iniziò a togliersi i vestiti bagnati di dosso; rimase in intimo e poi si diresse vero la cassettiera per prendere qualcosa di asciutto da indossare. Ma fu mentre era girata, con lo sguardo rivolto nel primo cassetto, che sentì uno strano rumore alle sua spalle. Si vestì in fretta, ma quando alzò la testa, nel riflesso dello specchio lo vide.
"Damon." Sussurrò impercettibilmente il suo nome. "Mi hai.. speventata." Per un momento, Elena pensò che il piano di Bonnie non avesse funzionato e che lui fosse ancora posseduto.
"Scusa io... non volevo." La voce di lui era però diversa dalle altre volte: quasi timorosa e incerta, il tono moderato e roco.
"Che ci fai qui?"
"Ti amo."
L'umana perse un battito mentre quelle due paroline continuavano a girovagarle per la testa. Guardò negli occhi il vampiro e per un momento pensò di cedere. Gli occhi chiari erano puntati nei suoi, il fisico scultoreo leggermente irrigidito, avvolto da abiti rigorosamente neri.
"E ora, Elena, io ti bacerò."
"Damon, ma che sta-"
"E ti prego, fermami perchè ami ancora Stefan, perchè mi trovi brutto o perchè non ti piace la mia camicia... ma non perchè hai paura di me, perchè io, Elena, non potrei mai farti del male."
Elena deglutì. Non riusciva a credere che il vampiro si fosse aperto in quel modo. 'Amandoti' aveva detto la sua amica Caroline e in quel momento l'umana si sentì una stupida e ipocrita e anche molto egoista. Vedeva un uomo distrutto dal dolore davanti a sè che chiedeva solamente di essere amato per ciò che era e per tutto quello che aveva da offrire; Damon continuava ad avvicinarsi a lei, i passi decisi, ma silenziosi.
Poi accadde. Posò le labbra sulle sue e aspettò che fosse lei a scegliese se continuare o no. E in lei c'era rabbia, mentre crescevano anche desiderio e passione. E fu quando posò le fredde mani sulle guance marmoree di lui che egli capì quale decisione ella avesse preso. Fu quando la lingua di lei cercò un contatto diverso, più proibito e agognato, che lui la lasciò accedere e la cinse con le possenti braccia, scaldando il suo corpo esile e indifeso.
La pioggia all'esterno si era affievolita, fino a diventare una piccola pioggerellina gelida; i piccoli cristalli d'acqua allungati erano spinti in modo trasversale dal vento e, improvvisamente, la finestra si spalancò.

* * *

Caroline camminava sul ciglio bagnato della strada senza una meta precisa. Era uscita per fare un po' di compere e sull'avambraccio sinistro erano appoggiati dei sacchetti di carta con il nome del suo negozio preferito stampato a grandi caratteri. Forse aveva comprato un po' troppa roba, ma insomma, la commessa le aveva fatto anche un bel po' di sconto, e non aveva nemmeno dovuto ammaliarla. Certo, non ci fosse stata quella stupida pioggia avrebbe potuto indossare e provare subito le nuove scarpe aperte adatte alle situazioni eleganti.
 La vampira si rese conto di come le cose non fossero cambiate negli ultimi anni. Nonostante fosse diventata una vampira, certe abitudini erano ancora lì, come comprare mille cose che non avrebbe mai utilizzato perchè si sentiva nervosa o in ansia.
Non ne conosceva il motivo, ma anche quella volta si sentiva come in pericolo e quella strana senzasione non l'aveva abbandonata per tutto il pomeriggio.
Presa da quei pensieri, non si era accorta di star costeggiando l'Old Wood, il bosco nel quale il loro misterioso nemico aveva dato appuntamento a Elena proprio quella sera. Decise di cambiare strada, per evitare qualsiasi tipo d'inconveniente, ma improvvisamente un rumore attirò la sua attenzione. Poi un altro, poi un altro ancora.
Nella pozzanghera affianco a lei due occhi gialli la fissavano in modo da farle raggelare il sangue nelle vene; tirò fuori dalla borsa il cellulare e compose il numero dell'umana, velocemente.
Ma l'amica non rispondeva. Al terzo tentativo fallito decise di lasciare un messaggio in segreteria. "Elena, ho visto il volto di cui mi hai parlato. Richiamami per favore." Chiuse la chiamata e ripose il cellulare nella borsa.
Un rumore più acuto provenne dall'Old Wood e Caroline s'avvicinò ulteriormente, per poter captare meglio ogni movimento. Le sembrò di vedere degli occhi gialli, prima di seguire uno strano istinto che la invitava ad entrare nel bosco, dimenticando le sue borse sul marciapiede deserto.




Mi dicono che sono molto puntuale nell'aggiornare XD
No ok, vi meritate prima di tutto delle scuse ENORMI e anche delle spiegazioni... Ultimamente la scuola è stata terrificante, nel vero senso della parola. Mi rimanevano 4 ore a notte per dormire, visto che di giorno non potevo studiare più di tanto a causa della palestra (sto preparando una piccola esibizione a giugno).
Perciò, per l'ennesima volta vi chiedo di capirmi, anche se sono sicura che lo farete, perchè mi volete tanto bene... vero? XD
Parlando del capitolo, non c'è molto da dire. Vediamo un' Elena spaventata nella prima parte, che ha paura di Damon e per Damon. Il discorso di Caroline però crea in lei un contrasto di sentimenti, e infatti non appena il vampiro la bacia, lei ricambia.
Ora, ragazzi miei, io lo dirò, ma, mi raccomando, non prendetemi troppo sulla parola: ci vediamo al prossimo aggiornamento, che arriverà presto.
Ecco, l'ho detto. U.U
Alla prossima, un bacio a tutti :D


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