Benvenuti nel mondo dei ragazzi con i pantaloni sotto le mutande.

di MistakenWind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


1
 



Specchio caro specchio. Per caso ti diverti a riflettermi? 
Ogni giorno, appena i miei occhi si abituano alla luce, vedo la mia immagine riflessa nello specchio, e non posso far a meno di sospirare nei giorni malinconici o ridere nei giorni positivi. Sembra che lo specchio si diverta a riflettere la macchia della società, la diversa, la pazza, che infondo sarei io. Forse lo specchio ride osservando le mie forme, o forse annuisce guardando i miei occhi.
Ogni mattina lo specchio rimanda la mia immagine, e mi perdo ad osservare i miei occhi verdi, ormai considerati fuori moda, e i capelli lisci spaghetto (che non posso sopportare) di un rosso quasi color carota. Poi mi soffermo sulle numerose lentiggini.. e ogni volta mi perdo nei pensieri inventando un modo per poterle togliere dalla faccia. 
Cosa penso di me?
Se faccio appello alla mia autostima semi inesistente, ogni tanto riesco a strapparmi un "Sono carina". Ma la società di oggi mi guarda come se fossi un alieno. Una "Out". C'è chi ride del mio aspetto, e chi mi dice di tornare dal parrucchiere a farmi una tinta decente. Beh, cosa sono se non altro che lo scarto di un lavoro venuto male?
Per carità, non vorrei mai essere come le ragazze di oggi. Anzi, mi correggo: "Come le ragazze di oggi dovrebbero essere". 
Volete una spiegazione? Eccovela servita su un piatto d'argento.
Per essere apprezzate dal pubblico maschile è d'obbligo avere una parlantina sciolta, seguita da un pizzico di ignoranza e stupidità. Bisogna essere un po' stronze con le persone, e mostrare le gambe o il fondoschiena al primo che passa. D'obbligo il capello perfetto, che non si muove, il ciuffo che sfiora l'occhio, e il quintale di fondotinda, eye-liner, ombretto,mascara sul viso. 
Dimenticavo! D'OBBLIGO LA QUARTA(quinta va anche meglio) DI REGGISENO.
Forse ho strappato un sorriso a chi la pensa come me. Beh, se non ci credete fate un salto alla mia scuola.
Frequento uno dei tanti licei di Los Angeles e abito in una casa in periferia. Ogni mattina prendo il pulman con mio fratello, che frequenta la mia scuola.
No, non è uno sfigato come potrei esserlo io. Ha un anno in più di me e fa la quarta. Si chiama Robert ed è definito "Lo Schianto". Alto, capello biondo, fisico slanciato, un sorriso perfetto e un carattere carismatico. E' considerato il bocconcino più prelibato della scuola, e ha un seguito infinito di ragazze che gli vanno dietro.
Adesso nasce la domanda: "Perchè a lui la parte migliore?" 
Io sono uguale a mio padre. Due pel di carota con imbranataggine elevata. Non posso lamentarmi in altezza. Non sono nè alta nè bassa. Sono. Punto.
Robert invece ha preso tutto da nostra mamma, che se n'è andata cinque anni fa.. lasciandoci un padre troppo imbranato per fare il padre, e una matrigna disgustosa, finta snob e antipatica. 

Anche quella mattina appena sveglia mi beccai i numerosi commenti sarcastici di mio fratello, che non nè perde una per potermi stuzzicare. Sbuffai mentre parte la solita predica di commenti su i miei capelli e su quanto fossero evidenti le mie occhiaie. Stavo per tirargli in faccia il pezzo di Brioches che stavo inzuppando con lentezza nel cappuccino quando Lucy, la nostra matrigna scese le scale. Capelli sempre in ordine perfetto tirati su in una coda di cavallo, e lo sguardo fiero e impeccabile di chi consapevole della propria bellezza. Si presentò davanti a noi saltellando in tuta, bevendo al volo un bicchiere d'acqua, e, continuando a saltare, spostarsi una ciocca di capelli che le scivolavano davanti agli occhi.
« Ragazzi vado a fare Jogging, mi raccomando fate i bravi a scuola e Robert vedi di non prendere un altro rapporto.»
Robert trattenne a stento una risata mentre Lucy usciva sculettando come non mai, nonostante il passo di corsa. Faceva finta di fare la madre, mentre ci disprezzava e faceva di tutto per non averci tra i piedi. Puntava ovviamente ai nostri soldi.Si, possiamo essere considerati benestanti.. mio padre lavora come avvocato, e spesso va via un mese o quindici giorni in giro per l'america e l'europa per affrontare cause diverse, e inoltre ha ereditato un bar vicino al nostro quartiere, di cui adesso ne è il gestore.
Scossi la testa rassegnata ripensando a Lucy, e ne approfittai per lanciare la brioches in faccia a Robert, troppo impegnato a ridere. Appena si rese conto di ciò che avevo fatto si alzò di scatto, e per poco non mi fece ruzzolare rovinosamente dallo sgabello.
Beh non vi annoio descrivendo una corsa a rotta di collo intorno al tavolo della cucina, e il seguente urlo della nostra vicina che imprecava chiedendo silenzio alle 7 di mattina. Erano già le otto meno venti ed ero già in ritardo per il pulman che passa verso le otto meno dieci. Mi infilai velocemente qualcosa e sfrecciai a prendere lo zaino, quando la ritrovai completamente bagnato con i libri sparpagliati per il pavimento. Urlai uno "Stronzo", rivolto a mio fratello, mentre correvo nell'armadio alla ricerca di una borsa in cui mettere i libri di scuola. La trovai e buttai tutto dentro alla rinfusa. Il tempo scorreva veloce, e io ancora non mi ero messa le scarpe. Corsi al piano terra, mi infilai le scarpe e mi avviai verso la porta, quando la trovai chiusa a chiave. Quello stupido di mio fratello era già uscito chiudendo casa, e ovviamente non si era preso la briga di lasciarmi almeno un paio di chiavi di casa. Così spalancai la finestra del piano terra che dava sul giardino, mi arrampicai e caddi giù. Non calcolai il metro e mezzo di altezza, e caddi faccia a terra. 
Il mio cervello stava andando in fumo e non riuscivo a pensare altro che a mille maledizioni contro mio fratello. Alzai lo sguardo in tempo per vedere il pulman sfrecciare via davanti ai miei occhi. Imprecai un'altra mentre mi toglievo la terra dai vestiti. Era maggio e faceva caldo, e questo non aiutava la mia rabbia a sbollire. Mi incamminai a passo svelto verso il garage, lo aprii grazie al telecomando che mio padre teneva nascosto sotto un vaso di terracotta. Tirai fuori il mio motorino, presi le chiavi che tenevo sempre con me, chiusi il garage e infine misi in moto e partii verso scuola, assaporando in pace il sapore della velocità. Un'altra giornata di scuola, lunga e noiosa stava per cominciare, e sicuramente non era iniziata nel modo migliore. Sentivo già il sapore di una giornata tremenda, e Dio solo sa quanto avevo ragione.

Ah.. dimenticavo, mi chiamo Margò!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


2







 

Arrivai a scuola correndo di fretta, con già un buon quarto d'ora di ritardo. Se fossi entrata in classe il professore mi avrebbe con molta probabilità mandata dal preside Krums che avrebbe iniziato la solita ramanzina sull'importanza della puntualità e su quanto fosse brutto un rapporto sulla mia condotta pressocchè impeccabile. 
Sospirai. Al diavolo la condotta e le buone maniere!
Proprio mentre la parte più feroce di me si ribellava a mio fratello con peccaminose maledizioni, il mio piede fece un passo falso, e caddi rovinosamente a terra, sparpagliando a terra tutti i fogli che avevo in mano.
COSA ALTRO DOVEVA SUCCEDERE ADESSO?!
Ringraziai il cielo che il corridoio fosse vuoto. Per fortuna non c'era nessuno così avrei evitato una figura inutile e commenti spiacevoli per un'intera settimana.
Raccattai i fogli quando una voce alle mie spalle mi fece sobbalzare.
< Vuoi una mano? >
< No > 
Risposi stizzita cercando di recuperare gli ultimi fogli. Una parte di me stava urlando, e riuscii a stento a trattenere la rabbia. Riuscii a mettermi in piedi,, e con un gesto mi sistemai la camicietta.
Stavo per andarmene quando due mani mi bloccarono porgendomi alcuni fogli. Stavo per prenderli con fare scorbutico quando i miei occhi incontrarono quelli di un ragazzo, dallo sguardo color del cielo. Presi i fogli cercando di essere il più delicata possibile mentre il mio viso prendeva tutte le tonalità del rosso.
Il ragazzo non si fermò al lato scorbutico di me, e mi porse una mano.
< Piacere, mi chiamo Joey. >
Joey... Joey...Joey...  Assaporai il nome nella mia mente, scandendo ogni singola lettera, per fare in modo che rimanesse impresso nella mente. Al contatto della sua mano mi ricordai di rispondere, per evitare un'ennesima figuraccia.
< Piacere... Margò >
Dio quanto odiavo pronunciare il mio nome! Come si fa a dare un nome così? Sembra un nome da cane.. Per l'ennesima volta diventai paonazza. 
A quanto pare il ragazzo lo notò, e sorrise divertito, inarcando un po' le sopracciglia, in un modo così sexy che mi fece tremare per un secondo. Dopo un istante infinito dove nessuno dei due riusciva a parlare, Joey ruppe il silenzio.
< Ti va di prendere un caffè? >
Chiese, mentre un ciuffo di capelli biondi e ribelli gli scivolò sugli occhi.
Il mio cuore stava battendo all'impazzata, minacciando di scoppiare da un momento all'altro. Un ragazzo così carino si stava interessando a me! A me! Mai notata da nessuno se non per qualche figuraccia da essere ricordata. Stavo per entrare in iperventilazione mentre Joey sfilava un altro sorriso da fa attorcigliare le budella. Mormorai un si, mentre di nuovo il mio volto diventava di mille colori. 
Della corsa per arrivare a scuola, di tutte le assurde cose che mio fratello mi aveva rifilato quella mattina, non nè rimaneva che un ricordo lontano, quasi non appartenente a quella giornata, che stranamente volgeva ad una piega diversa. Forse le cose sarebbero cambiate, o forse era soltanto la quiete prima della tempesta.

Il caffè era bollente e fumava dal bicchiere di plastica delle macchinette. Sorseggiavo lentamente, mentre Joey mi raccontava della sua passione per il basket. Lo ascoltavo attenta, perdendomi ogni tanto negli occhi azzurri del biondo che mi fissava senza distaccare lo sguardo. Ogni tanto abbassavo gli occhi. Lo sguardo di Joey era troppo intenso e ogni volta mi faceva arrossire. 
Intanto era suonata la campanella della seconda ora e qualche ragazza lanciava qualche occhiata verso di noi. 
Ebbene si! La ragazza sconosciuta ha fatto colpo!
Stavo di nuovo perdendomi in quegli occhi celestiali quando una spinta alle mie spalle fece scatenare l' inferno
Il caffè dentro al bicchiere schizzò da tutte le parti, bagnandomi tutti i pantaloni e la maglia, e finendo in parte anche sulla camicia di Joey. 
Mi girai lentamente cercando di trattenere un moto di rabbia, e quando vidi mio fratello non riuscii più a trattenermi. Mi alzai di scatto stritolai il bicchierino e glielo lanciai con violenza in faccia, poi gli tirai un calcio e scappai di corsa in bagno, trattenendomi dall'urlare.
Lo sapevo.. lo sapevo che stava andando troppo bene. Joey non mi avrebbe più parlato e addio ragazzo perfetto e possibilità di essere apprezzata almeno una volta. 
Mentre mi pulivo i vestiti sentii che odiavo mio fratello, che aveva rovinato l'unica possibilità che avevo con quel ragazzo.
Oh se gli avrei fatto male a mio fratello... avrei seguito un corso di Arti marziali solo per potergli fare male e ripagarlo dell'ennesima figuraccia e per aver stroncato sul nascere un sogno appena nato. 
Dio, ancora non eravamo usciti e già lo facevo scappare..
Questa sì che è una bella giornata!


Cercavo di addormentarmi nel mio letto, ma non ci riuscivo. Oltre ad un due preso perchè mi ero completamente dimenticata di consegnare un tema alla prof. di italiano, e l'appellativo stupido che mi era stato affibbiato dopo la figuraccia di quella mattina, si moltiplicava un eccessiva dose di rabbia contro mio fratello, e un emancipato odio verso la mia matrigna che tornando sculettando a casa si era fermata per una buona mezz'ora a sgridarmi per il due. 
Strinsi le coperte sotto le mie mani con un gesto rabbioso, mentre mi giravo da un lato per riuscire a prendere sonno.
Di nuovo quegli occhi azzurri tornarono a farmi visita nei pensieri.. probabilmente non gli avrei più rivisti.
Un senso di rabbia e tristezza mi avvolse. Tornai a maledire mio fratello, sempre più debolmente, mentre il sonno arrivava a portarmi un po' di riposo.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


3






 

Era passata una settimana da quella giornata da dimenticare, e quella mattina appena sveglia qualcosa mi disse che dovevo far pagare a mio fratello quel retrogusto che ancora mi infastidiva  ripensando a quella maledetta giornata. Prima di scendere a far colazioni mi preparai al meglio alla giornata, ascoltandomi highway to hell degli Ac/Dc, spazzolandomi i capelli e vestendomi per andare a scuola. 
Appena scesi per far colazione constatai con mia gran fortuna che anche mio fratello era già pronto per partire, e sorrisi maleficamente. La mia matrigna era già partita per fare footing e per fortuna non era ad infastidirmi con quella voce stridula che tanto odiavo. 
Ero alle spalle di mio fratello che non si era accorto della mia presenza, con un enorme secchio d'acqua tra le mani. Feci quei pochi passi che mi separavano da lui in completo silenzio poi, alzai il secchio all'altezza della testa e sorrisi.
< Adesso me la pagherai, stronzo. >
Dissi, e senza pensarci due volte arrovescai tutto il secchio in testa a mio fratello, che non ebbe tempo per reagire. Lasciai cadere il secchio a terra con un boato, afferrai le chiavi sul tavolo, e presi le seconde chiavi di casa, poi scappai chiudendolo a chiave.
Sentii delle urla e dei pugni alla porta. SI! Ce l'avevo fatta!
Mi ero presa la vendetta che meritava. Salii sul pulman e mi sedetti dalla parte del finestrino. Mi rilassai respirando per la prima volta dopo la tensione del piano malefico che avevo messo in atto, e con grande soddisfazione lo vidi uscire dalla finestra con i capelli fradici, mostrandomi il dito medio. 
Quanto è bello vendicarsi.

La giornata era iniziata bene, senza intoppi. In classe mi ero seduta accanto a Marika, la mia migliore amica che consideravo spesso una sorella. 
So che a lei potrei dire tutto, perchè non direbbe niente a nessuno e non spettegolerebbe in giro, nemmeno ad un morto, come sempre mi diceva. 
Quella mattina Violet aveva messo in mostra la propria "tontaggine", o se vogliamo, falsa stupidità. 

-Breve Flashback su Violet-
Violet è la più amata della scuola, o meglio, la sua quinta di seno era la più amata dalla scuola. Le ragazze si facevano in quattro per poter unirsi al suo gruppo di Oche Sgualdrinelle per riuscire a diventare popolari nella scuola. Le Oche Sgualdrinelle spesso escogitavano piani come la carta igienica nel reggiseno per poter sembrare più "curve"; i ragazzi, dall'altra parte, concorrevano e scommettevano su chi fosse il primo a riuscire a portarla a letto, escogitando piani così complessi e contorti che sembravano non esser stati partoriti da menti così banali e ignoranti. 
In breve, Violet, oltre ad avere un corpo così seducente, occhi azzurri e lunghi capelli biondi, era ricca. Ricca sfondata. Aveva due ville, un agriturismo che affittava e due case al mare. Suo padre e sua madre avevano creato una linea d'abbigliamento che andava a ruba in tutti i negozi. Suo padre era il sindaco della piccola cittadina, nonchè il cugino del preside della nostra scuola. La madre invece era stata una cantante famosa a suo tempo, e guadagnava ancora uno stipendio enorme con i diritti d'autore. Inoltre aveva un fratello che faceva il modello, e girava l'america per servizi fotografici. 

Ritornando a noi, quella mattina Violet aveva intrapreso con il prof di diritto una lunga discussione su quanto potesse guadagnare una persona che gioca in borsa. Ovviamente non capiva niente, e tutta la classe rideva per i discorsi senza senso che spesso faceva cercando di fargli sembrare altamente seri e degni di un premio Nobel. 
Con Marika ci stavamo chiedendo quanto potesse continuare quella conversazione quando bussarono alla porta. 
Il professore contento di un cambio di argomento mormorò un avanti.
Come sempre tutti si girarono ansiosi per vedere chi era, e per sperare nella bidella che annunciava una sostituzione per le due ore di chimica. 
Ma quella volta non era la bidella. Quando mi girai verso la porta il sangue mi si fermò e il cuore smise per un attimo di battere. 
Strinsi forte la mano di Marika rischiando di rompergliela mentre riconobbi lo sguardo azzurro e i capelli ribelli.
Joey...
< Scusi professore, può uscire un attimo Margò Lia Johnson? Dovrei parlarle un attimo. >
Co...Come faceva a sapere tutto il mio nome? Il professore senza pensarci annuì, mentre con gambe tremanti mi alzai, e incrociai per un attimo lo sguardo sorridente di Joey mentre arrossivo completamente.
La classe scoppiò in qualche risata, mentre mi chiusi la porta alle spalle. Alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi, mentre si appoggiava con un braccio alla parete vicino alla porta, incrociava una gamba sull'altra e chinò un po' la testa per guardarmi. Mi aveva intrappolata con il suo fascino.. sapeva che non avrei saputo resistergli.
< Ti stai chiedendo come faccio a conoscere il tuo nome? >
Mi chiese, quasi in un sussurro mentre il suo volto quasi sfiorava il mio. Annuì mentre mostrò quel sorriso sexy e affascinante che mi rapiva ogni volta che lo faceva.
< Ho incontrato tuo fratello... e mi ha chiesto scusa per l'ultima volta, per il fatto del caffè. Mi ha detto di dirti che stasera ti aspetta un pomeriggio d'inferno, ma mi sentivo in dovere di salvarti, quindi... ti va di uscire con me, questo pomeriggio? >
La mia mente galoppava feroce mentre cercavo di riordinare i miei pensieri e rispondere. Non ci riuscii e lui sorrise di nuovo, osservando la mia bocca che più volte si era mossa alla ricerca di una qualche parola. Si abbassò di poco, e mi baciò la guancia.
< Lo prendo per un sì. Passo a prenderti a casa tua verso le 4 e mezza. Ciao Margò Lia Johnson. >
E se ne andò come era venuto... quasi in punta di piedi, per potermi sorprendere.
Ah, c'era riuscito, e io ero caduta nella sua trappola. Rimasi attaccata al muro, cercando di riprendere fiato, mentre tutto dentro di me gridava per la felicità.
Tornai in classe sospesa tra le nuvole, non notando lo sguardo disprezzante di Violet che si sentiva superata, e gli occhi curiosi di Marika che chiedeva di raccontarle tutto, senza tralasciare particolari. 
Finalmente qualcuno mi aveva notato.. e quel qualcuno era Joey, l'affascinante, sexy, e perfetto ragazzo ammaliatore. 



 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


4


 




Seduta su quella panchina, sotto la luce di un lampione vecchio e logoro che ormai non riusciva più a fare luce, non pensavo certo alle ingiurie della vita e a cosa avrei fatto al ritorno a casa.
No..
Su quella panchina il tempo si era fermato, e aveva lasciato come protagonisti della scena me, e Joey.
Non esisteva più la comparsa, la piccola Margò che tutti scordano facilmente. Adesso ero per la prima volta protagonista di una scena, la mia scena, con il mio protagonista.
Se fossi ancora bambina e giocassi con l'immaginazione, avrei potuto dire che quello era il "Per sempre felici e contenti".
Il cavaliere incontra la sua principessa, la porta in un viaggio romantico, e alla fine la rapisce con un solo bacio.
Così eravamo noi, ma il tempo delle fiabe era finito, ma rimase sempre l'illusione del "Per sempre felici e contenti", come quando in un sogno scordato, rimane il ricordo di un qualcosa di vissuto in una notte, troppo complesso e inconscio per essere ricordato.

Con un bacio mi rapì, e le sue labbra morbide e leggere sulle mie divennero la mia droga preferita. La cosa di cui non avrei potuto mai farne a meno. Le sue parole dolci erano il balsamo per le ferite e la condanna per il mio cuore che galoppava a mille ad ogni " sei bellissima". Mi perdevo in ogni suo abbraccio e tra le sue braccia finalmente ritrovavo la pace dei sensi, la tranquillità, il posto ideale in cui stare per sempre. Gli spazi vuoti tra le dita della mia mano erano sempre occupati dalle sue dita lunghe e affusolate, che stringevano le mie teneramente, come una mamma chioccia fa con i suoi pulcini. Mi sentivo protetta, e finalmente avevo ritrovato me stessa negli occhi azzurri e splendenti del mio cavaliere.
Lui era diventato a poco a poco la parte di me che prima non conoscevo. La metà perfetta della mia mezza mela, la persona che più sapeva completarmi.

Passarono velocemente i giorni, tra qualche scherzo di Robert, discussioni con Marika e tra abbracci e teneri baci con Joey. 
Ogni giorno io e il mio cavaliere ci trovavamo davanti a scuola, e facevamo insieme il percorso che ci portava a casa, chiaccherando del più e del meno, passeggiando mano nella mano.
Parlavamo di tutto. Di noi, del nostro carattere, sulla vita, sulla musica, su compagni e amici. Ogni giorno un nuovo argomento, un nuovo lato svelato del nostro carattere, e un'intimità che a poco a poco nasceva tra scherzi, parole, e carezze.

Ero felice. Non mi importava se Lucy ogni giorno mi giudicava "vestita come una rockettara strafatta, senza senso dello stile e con un tocco di campagnolo" . Non mi importava niente delle sue parole puerili che ogni giorno mi facevano nascere una risata che spesso la irritava e offendeva.
Anche Robert si era calmato, e iniziò a invitare Joey a casa, presentandolo come il suo nuovo amico, così anche io avrei potuto sfruttare un po' di tempo per stare con lui.
Lucy però, non sapeva niente della storia tra me e Joey.

Era un pomeriggio tranquillo, nonostante la pioggia che batteva su i vetri. Joey e Robert stavano giocando alla play, e io seduta accanto a loro fissavo distratta lo schermo della tv, con un pacchetto di patatine in mano. Joey accanto a me, sorrise, mi guardò ammiccando avvicinandosi. Pensai mi volesse baciare, ma proprio quando stavo per sfiorarlo, mi strappò il pacchetto di patatine dalle mani, saltò su dal divano e disse:
< Andiamo, principessina, vieni a prenderti le tue patatine. >
Robert sbuffò continuando a giocare. Io sorrisi, e accettai la sfida alzandomi sul divano.
< Quali sono le sue condizioni, cavaliere?>
Joey fece finta di pensarci su, anche se si vedeva bene che sapeva già cosa avrebbe voluto se avesse vinto.
< Se vinco io, dovrai essere la mia massaggiatrice personale per una settimana, e potrò farti il solletico quante volte voglio. >
Sorrisi sentendomi già la vittoria in pugno.
< E se vinco io? >
Dissi, con aria maliziosa, puntando i miei occhi nei suoi, facendolo vacillare per un secondo.
< Se vinci te, sarò il tuo massaggiatore personale per una settimana e avrai il diritto di farti portare in braccio tutte le volte che vuoi. >
Accettai la sfida, pensando già ad una settimana di massaggi interminabili e passeggiate in braccio a Joey. 
< Dovrai riuscire a prendermi il pacchetto di mano, se tra cinque minuti ancora non l'hai preso, ho vinto io. >
Detto questo scappò correndo, e io lo rincorsi con la poca abilità che avevo. Girammo per tutta la casa, lui veloce e sicuro di se, io un po' arrancante gli stavo dietro cercando di acciuffarlo.
Rallentò di poco la sua estenuante corsa, e io riuscii ad afferrarlo per la maglia e spingerlo spalle al muro. Eravamo entrati inconsapevolmente in camera mia. 
Chiusi la porta a chiave e cercai di afferrare il pacchetto di patatine che lui stringeva in una mano tenendolo il più lontano possibile da me.
I cinque minuti stavano per scadere, e ancora lui aveva il pacchetto di patatine. Iniziammo a girare intorno al mio letto, rimanendo uno di fronte all'altra.
9 ... 8 ... 7 ...
Il tempo stava finendo, e io dovevo vincere. Con uno scatto saltai sul letto lo raggiunsi, placcai una sua mano e cercai con l'altra di raggiungere il pacchetto.
5 ... 4 ... 3 ...
Ero vicina al pacchetto, lo stavo per raggiungere. Improvvisamente mi sbilanciai all'indietro. Cercai di sostenermi a qualcosa, e mi strinsi forte alle sue spalle. La gravità però ebbe la meglio, e scivolammo tutti e due sul letto, in un mare di patatine.
Risi mentre osservavo la tempesta di patatine caderci addosso. Ma i suoi occhi azzurri mi tolsero il respiro, e solo in quel momento mi accorsi che lui era sopra di me, con le mani tra i miei capelli. Sorrise ammiccando, con il suo sguardo ammaliante, mentre mi stringeva in un abbraccio stretto. Respirai tutto il suo profumo, fino a che la testa non iniziò a girarmi.
Iniziò a baciarmi. Prima un casto bacio a stampo, poi un bacio più passionale, intimo e romantico. Mi abbandonai alle sue carezze e al suo profumo, mentre la sua bocca si modellava perfettamente sulla mia. Tremai mentre le sue mani scesero sulla mia schiena, scivolando sulle anche. Poi si fermò, e mi guardò.
< Scusa.. >
Disse in un sussurro. Lo guardai interrogativa.
< Di cosa ti scusi? >
< Mi sono fatto prendere un po' la mano... sei così bella. >
Sorrisi arrossendo, mentre gli sfiorai il naso con la bocca. Aveva due anni più di me, e capivo il suo istinto maschile, ma con me doveva trattenersi. Non sono come Violet io!
Si fece perdonare con un piccolo complimento sussurrato ad un orecchio. Lo strinsi forte a me in un abbraccio, sentendomi di nuovo a casa in mezzo al calore del suo corpo.
 Alzò la testa e mi baciò la punta del naso con un sorriso.
< Hai perso... adesso sarai la mia massaggiatrice per una settimana. >
Sbuffai, sorridendo. Forse, in fondo in fondo... non mi sarebbe dispiaciuto essere la sua massaggiatrice personale per una settimana.
 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Capitolo 5.






Eh si, la mia vita stava prendendo un senso! Finalmente la mattina non mi svegliavo più con il pensiero di una giornata pesante, noiosa con qualche imprevisto un po' spiacevole, adesso mi svegliavo con la mente immersa tra i fiori i coniglietti e tante farfalle...
STOP STOP STOP!!!!
Oh mio Dio! Forse sto iniziando a parlare come Lucy! Lei sì che viveva nel mondo dei sogni. A volte si metteva a fissare un punto per minuti, senza muovere un muscolo, con un sorriso ebete stampato sulla faccia. Sembrava una che si era appena fumata un mega cannone. Il bello è che non rimaneva in silenzio... ma sparava in aria parole come "conigli... unicorni... fate", e poi sorrideva anche di più. Lei gli chiamava "Attacchi di fantasia", e ci ripeteva in continuazione che noi giovani dovevamo imparare da lei.
Sinceramente però, non volevo sembrare una paranoica schizzata che vede unicorni rosa e marshmallow  viola sul muro!
Vabbè, a parte queste piccole interruzioni comiche della giornata, la mia vita va alla grande!

Erano passati ormai cinque mesi da quel fantastico giorno, e ancora il mio principe azzurro si soffermava con il cavallo bianco davanti a casa mia per venirmi a prendere e portarmi in giro per il mondo delle favole (non quello di Lucy con gli unicorni). L'estate stava arrivando e finalmente si toglievano le maniche lunghe e si lasciava il posto alle maniche corte e ai golfini di mille colori.
L'unica cosa che stonava un po' con tutta quella felicità era la paura di qualcosa di brutto. Di qualcosa che potesse rompere il filo della mia felicità e farmi sprofondare di nuovo in quel caos nero che ho odiato per molti anni. Ma scacciando i pensieri torno a vivere nel mio bel posticino al sole, cullata dal vento e dalle braccia di Joey.
Stavamo per partire in una piccola gita al Lago. Il mio posto segreto preferito, dove andavo sempre da piccolina insieme alla mamma. Era un laghetto piccolo sconosciuto da tutti, dove c'erano i pesci ma non venivano pescati. Era circondato dal bosco (mio particolare preferito), e gli alberi creavano un'ombra perfetta. Era raggiungibilissimo a piedi, e quel pomeriggio partimmo con qualche panino per cena nello zaino e tanta voglia di stare un po' da soli... io e il mio principe azzurro.
A volte mi domando perchè abbia scelto proprio me... una quasi diciasettenne semi cretina che non ha proprio niente di bello. Ma come sempre sento dire "L'amore è pazzo" e allora lasciamolo fare il suo corso... adesso sta a me giocare nel bel gioco dell'Amore.
< Sei bellissima.>
Eravamo sdraiati in quell'ombra fantastica vicino al laghetto. Mi carezzava i capelli e il suo sorriso mi toglieva il fiato. Anche se ormai mi sembrava di conoscere a memoria tutto di lui, ogni tanto riscoprivo cose che non avevo mai pensato di scoprire.
< Anche tu >
Mormorai cadendo in estasi appena le sue labbra sfiorarono le mie. Era tutto perfetto.. di nuovo... lui... l'ambiente... noi...
Da un bacio tranquillo e rilassato, si passò ad un bacio passionale e profondo, di quelli che ti tolgono il fiato, di quelli che ti fanno piangere, di quelli che ti fanno capire cos'è l'amore.
< Ti amo.>
Mormorai incerta. Lui si staccò un secondo dalle mie labbra, mi guardò, con quegli occhi meravigliosi che brillavano all'ombra della quercia.
< Anche io.. tansissimo >
E poi, senza darmi tempo di rispondere, scivolò lentamente sul mio corpo, e senza smettere di carezzarmi la guancia riprese a baciarmi.
La passione ci avvolse... inutile dire che le mie mani correvano seguendo un istinto inconscio sulla sua schiena, infilandosi dentro la maglietta per accarezzarne meglio le forme e il calore. Anche le sue mani, esploravano il mio corpo, con una punta di timidezza, guardandomi negli occhi ogni tanto per vedere se "approvavo".
Adesso... mi vergogno un po' a dirlo... ma OVVIO CHE APPROVAVO! Quando un adone come lui inizia solo a sfiorarti che fai, lo mandi via? Certo che no!
Così.. bruciata dal fuoco lento della passione gli tolsi la maglia e accolsi il suo petto perfetto e marmoreo sul mio. Lui mi sorrise incerto mentre riprese a carezzarmi il volto un po' incerto.
< Ho un po' paura sai..>
Mi disse giocando con una ciocca dei miei capelli.
< E di cosa? >
Gli risposi io mordendogli un labbro.
< Non so... se sei pronta...ti vedo così piccola >
Io ridacchiai. Oh andiamo ormai ero cresciuta, e conoscevo persone che lo avevano fatto molto prima di me (Lucy, a 15 anni per essere precisi). E poi, io mi sentivo pronta, e se era lui a togliermi la mia verginità ero più che felice. Io l'amavo, e lo amavo veramente, più di qualsiasi cosa.
< Non ti devi fare questi problemi... facciamo quello che ci sentiamo di fare. Punto. >
Tremavo però... avevo un po' paura...
< Sicura?...>
Il mio cuore martellava così forte nel petto che probabilmente lo avrebbe sentito anche lui. Annuì, e quando mi sorrise tranquillizzandomi la pace dei sensi mi avvolse, ed io ero finalmente pronta.
Lasciai che il mio istinto prevalesse sulla mia ragione, e non feci una cosa sbagliata. Sentii che lo amavo ancora di più di quello che si può amare. Quando finalmente, lo accolsi dentro di me... tutto si colorò di mille luci. Le lacrime uscirono spontanee dagli occhi, mentre stringevo il suo corpo chiedendo che rimanesse per sempre così, in quell'amore ipnotico che ti rapisce e ti porta via dalla realtà. Anche lui, probabilmente mi amava come lo amavo io. Guardavo i suoi occhi scintillare come non mai, mentre una gioia infinita lo aveva rapito. Anche io ero felice, anzi.. felice era troppo poco per spiegare.
ERO
Ero tutto. Ero l'acqua che scorreva nel fiume, l'albero che protende i suoi rami verso il sole, il fuoco che arde qualsiasi cosa che gli capita a tiro. Ero il cerbiatto svelto che salta nella foresta, ero la farfalla che vola indisturbata sulle persone, ero la stella che brilla in alto di luce priopria, ero lo scoiattolo che si arrampica e corre veloce sui rami, ero terra che vibra ad ogni nostro passo, vera dea e madre di tutto. Ero musica che esplode nei nostri corpi, ero aria essenziale per l'esistenza. Ero tutto.
Si lo amavo. Non c'erano dubbi. E io lui eravamo una cosa sola adesso.

 


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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Ringrazio di cuore tutte coloro che stanno leggendo questa
storia sostenendomi con le loro stupende recensioni (;
Vi prego continuate così!
PoisonHeart_

 

Capitolo 6.


 

- Sicura della tua scelta?
- E perchè non dovrei esserlo?
Ricorderò sempre le parole di mio padre quando ero la, davanti alla mia piccola passione infuocata. Lui era controvoglia nel regalarmela, ma conosceva la mia passione fin da quando ero piccolina ed un no era la cosa che avrebbe frantumato i miei sogni. Spesso mi chiamava "Maschiaccio" anche per questa passione che non si addice ad una ragazzina.
- Capirei la tua orripilante scelta se fossi un piccolo hippie cannato con gli stivali di pelle e i piercing in faccia.
Ecco ciò che pensava mia madre sulla mia decisione. Inutile dire che aveva fatto un miscuglio tra un hippie e un punk. Ma va beh, la sua opinione per me contava meno di una gomma da masticare spiaccicata sull'asfalto da anni.
L'importante che adesso lei era con me, il mio piccolo gioiellino, il mio
TESSSSSSSSSOOOORO.
Sapevo di sembrare strana o pazza agli occhi di tutti, ma non importava. Adesso invece del motorino scassato che avevo, avevo una stupenda moto da cross rossa fiammante! Mi emoziono solo a pensarla!
-Breve Flashback sul perchè la moto da cross-
Fin da piccola mia madre era un appassionata degli sport estremi. Faceva arrampicata, si buttava dal paracadute, faceva deltaplano e parapendio, e andava nel bosco nelle strade più pericolose con la sua fedele moto da cross che aveva chiamato "Giselle". Avevo ereditato un po' del suo amore per l'estremo, e adesso avevo anche io una moto, che chiamai "Giselle"... come quella di mamma.

La mia Giselle adesso era sotto di me e sfrecciava che era una meraviglia per le strade di città mentre mi dirigevo controvoglia a scuola. Avevo già una pista in mente che dopo avrei provato con piacere. Andare a scuola con l'altro motorino non se ne parlava, visto i freni che funzionavano una volta si e venti no. Così mi presi lo sfizio di salire sulla moto per fare il mio primo viaggetto.
Appena arrivai vidi molte ragazze schizzinose arricciare il naso, risi mentre mi tolsi il casco. I ragazzi invece, la pensavano in un altro modo. Si avvicinarono per vedere la moto, ma io diedi poche spiegazioni, misi il cavalletto e andai via togliendomi il giacchetto di pelle. 
Mi nascosi la collana che prima era appartenuta alla mamma dentro alla maglia. Era tutto per me quel piccolo ciondolo a forma di rosa con delle sfumature blu. Da quando lei era volata via non me l'ero mai levata, solamente per fare il bagno, per evitare di sciuparla.
Ed ecco che la giornata partì con la solita noia mattutina della scuola.
Compito di latino= TRAGEDIA
Interrogazione di matematica = EVITIAMO L'ARGOMENTO
Interrogazione/compito chimica = VI PREGO FATEMI USCIRE DI QUA!
Ecco il breve riassunto della mia giornata di scuola!
Come se non bastasse qualcuno appena uscito da scuola non ci pensò due volte a farmi lo sgambetto e farmi battere la ginocchiata più dolorosa della mia vita!
Borbottai tra i denti imprecazioni su imprecazioni, mentre zoppiccavo fino alla mia moto. La mia migliore amica oggi non c'era, era partita una settimana in crociera, e non sapeva quanto mi mancava. Appena salita sulla moto, il mio amore mi apparve davanti.
- Che fai scappi da me, maschiaccio?
Sorrisi mentre gli passai il casco.
- Salta su, adesso facciamo un giro a modo mio!
Joey montò sulla moto un po' titubante. Appena salito sgommai e partii via cercando di dimenticare questa stupida scuola. Un dettaglio però, mi portò a rallentare. Un ragazzo, con un giacchetto di pelle, i capelli folti e neri un po' scompigliati e gli occhi verdi ipnotici mi fissava, e lasciava sulla pelle come una scarica elettrica. Il mio sguardo fu incatenato al suo e per un breve secondo pensai di volerlo mettere sotto alla moto con quello sguardo ingorante e prepotente. Alla fine distolsi lo sguardo e lo portai nel mio paradiso, dove sempre mi divertivo a guardare la mamma mentre faceva mille pazzie con la sua Giselle!




Scusate il capitolo corto, ma è un intermezzo,
una specie di pubblicità nella vita di Margò (;
A tra un po' con il continuo sempre più movimentato!!
PoisonHeart_


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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


Capitolo 7.





Ecco lo sapevo! Me lo sentivo da tempo che prima o poi sarebbe arrivata! Dopo tanto tempo che mi voltava le spalle la sfortuna si era tuffata con foga e arguzia su di me.
Perchè? Dico perchè? Non potevo rimanere un altro po' nel mio fantastico mondo fiabesco con il mio principe dagli occhi azzurri, vivendo giornate fantastiche in un castello in cui io ero la regina? Certo che no!

Margò Margò! Sveglia! Il tempo dei sogni da bambina è finito da anni... e adesso il mio piccolo castello è esploso come una bolla di sapone, senza lasciar traccia! Si, lo so che sono troppo pessimista, e so anche che chiunque adesso sarebbe disposto a incoraggiarmi riprendendo le note frasi fatte del "bisogna andare avanti, la vita continua, c'è sempre un tempo per sorridere." Ma no! Questa volta non servirebbero a niente.
Cos'è la cosa che è piombata con così tanta forza su di me da rovinare qualsiasi sogno che mi ero creata in questi mesi felici?
Bene. Vi accontenterò subito.

MATRIMONIO. (adesso parte la musichetta da film horror per amplificare la situazione)

Si, proprio un matrimonio! Non è sempre vero che il matrimonio è tutto rose e fiori, soprattutto se quelle due persone che si sposano non POSSONO,non DEVONO stare insieme fino a che morte non li separi! Lo so che adesso sembra tutta una semplice fantasia nata dalla mente psicopatica di un adolescente, ma adesso vi spiego meglio.
Due giorni fa, Miss coda di cavallo, o conosciuta anche come Miss Matrigna orripilante 2012, tornò tutta contenta dalla solita corsetta, mentre sfoderava sorrisi falsi a destra e a manca. Io e mio fratello, che eravamo seduti innocentemente alla televisione per guardare un telefilm eravamo scioccati di quell'entrata in scena più sfarzosa e forzata delle altre volte.
- Care pesti, da adesso sarò io la padrona di casa.

Iniziò così il suo discorso, mentre smanettava con una mano facendo gesti incomprensibili alle nostre menti umane, (gli extraterrestri spesso comunicano con gesti e con semplici movimenti). Io e mio fratello ci guardammo sghignazzando cercando di capire qualcosa in quel discorso contorto che probabilmente per lei aveva un senso.
- Da ora in poi voi seguirete le mie regole, farete tutto ciò che dico io e non ci saranno discussioni!
Finì con un ghigno malvagio che mi fece accapponare la pelle.
- E tutto questo per?
Chiesi io alzando le sopracciglia.
- mmm... momento di suspence!
Mormorò lei mentre piroettò su se stessa. Io e mio fratello trattenemmo a stento le risate.
- Io ... e vostro padre.... CI SPOSIAMO!

SBANG
Ecco come sono andati i fatti, ed ecco il perchè di tutto questo pessimismo!
Fin da subito io e mio fratello abbiamo messo in chiaro la cosa. Questo matrimonio non sa da fà! Ci siamo subito immedesimanti nei bravi dei promessi sposi, e adesso stiamo inventando mille congetture per poter mandare tutto all'aria!

Presto scoprirete il lato malvagio di Margò e Robert! -Risata malefica-
Per il resto va tutto "alla grande". Apparte quello stupido cafone dagli occhi a verdi che ogni giorno puntualmente mi aspetta all'uscita e non mi toglie gli occhi di dosso, prima o poi gliene dico quattro!
Vabbè, prima di riprendere i miei sogni di vendetta, mi accucciò tra le braccia di Joey... quello è ancora il mio castello.



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