Close enough to hurt.

di alessiasc
(/viewuser.php?uid=109188)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** And we'll have the scars to prove it. ***
Capitolo 2: *** Restart. ***
Capitolo 3: *** The party is started, yeah it's over. ***
Capitolo 4: *** Night and mornin'. ***



Capitolo 1
*** And we'll have the scars to prove it. ***


Close enough to hurt.

L'estate è finita. Settembre si presenta caldo e fa passare la voglia di andare a scuola ai ragazzi di Baltimora. La mattina del primo giorno è fresca e i ragazzi che scendono sulle strade per recarsi nell'edificio in cui passeranno la maggior parte del loro tempo, fanno un respiro di sollievo, sollievo che è smorzato già all'ora di pranzo, quando scendono in mensa per mangiare e il sole batte sul vetro delle finestre così forte che si fa fatica a respirare. Quanti di loro guardando quella luce pensano come sarebbe bello essere su un'affollata spiaggia di Miami a giocare a beach volley o a fare un bagno in compagnia degli amici. Quella che meteorologicamente si presenta una bella giornata agli occhi di questi giovani rinchiusi pare la giornata più malinconica dell'anno.
Alla Dulaney High School l'atmosfera è leggermente diversa; forse perché la mensa è all'aperto, e i tavoli per il pranzo sono contornati dal verde, e quindi sono in ombra e c'è una temperatura gradevole. Non per questo gli studenti, soprattutto quelli dell'ultimo anno, sono felici di essere di nuovo a scuola. La faccia di ognuno di quei ragazzi è distrutta, ma la maggior parte di loro, in questo momento di pausa dalle lezioni, sta ridendo e si sta godendo un buon pranzo con i compagni ritrovati.
Come al solito i tavoli sono divisi in gruppi ben catalogabili: i secchioni, con il sorriso più vivace sul volto e alcuni libri aperti affianco al vassoio, che occupano l'unico tavolo al sole, i giocatori di football con le ragazze che li accompagnano ovunque e che per la maggior parte sono cheerleader, gli skater, qualche dark in un angolo e infine, finalmente, le persone normali, o meglio, non etichettabili che sono sì divise in gruppi e sono seduti in tavoli prenotati, ma non hanno qualcosa che li divide esteticamente.
Nel momento in cui Alex, un ragazzo alto con i capelli mediamente lunghi che gli cadono sugli occhi e, in alcuni punti, si arricciano leggermente, con gli occhi marroni, un corpo lungo e snello, coperto da vestiti semplici: una maglia verde a maniche corte, dei jeans lunghi e a vita bassa che mostrano le mutande grigie e bianche, e delle scarpe che richiamano il colore della maglia, esce per pranzo, si rende conto di non aver voglia di sedersi con nessuno dei suoi compagni di classe. Non ha voglia di far parte di un gruppo e chiudersi in un guscio. Ha voglia di conoscere, parlare, ridere con gente nuova. Si fa largo tra la gente e ringrazia il cielo di essere uscito tardi: la fila per prendere i panini si è decisamente meno del solito. Arriva al bancone in pochi secondi e chiede alla signora grassoccia che sta dietro esso un panino con il salame. Lei lo guarda dal basso e stringe gli occhi in un'espressione strana e indecifrabile. Poi alza le spalle come se avesse risposto ad una domanda, e gli porge il panino per poi continuare a servire il ragazzo successivo.
Alex si aggira tra i tavoli cercando di evitare lo sguardo dei ragazzi che lo invitano a sedersi con loro. Non che fosse un ragazzo popolare a scuola, ma alcuni suoi compagni di alcune lezioni insistono per passare del tempo con lui. Ma Alex non ha voglia: sempre gli stessi sguardi, gli stessi pregiudizi, gli stessi pettegolezzi, le stesse facce e le stesse identiche cose da dire. Niente in quella scuola cattura la sua attenzione, niente, si ripete guardandosi intorno. E poi qualcosa, finalmente, la sua attenzione l'attira. E' una ragazza, e di questo non si sorprende. Però non è la solita ragazza che si vede alla Dulaney School, anzi, in realtà è raro incontrare una ragazza del genere dovunque.
E' sola, per prima cosa, ed è isolata, ma non sembra dispiaciuta di questo. E' seduta sotto l'albero più lontano del giardino. Ha la schiena appoggiata al tronco e le ginocchia piegate che fanno da leggio. Infatti, con una mano tiene un libro e lo sguardo segue il filo delle parole. Ha anche un auricolare bianco nell'orecchio destro, quello che Alex riesce a vedere. Ha i capelli biondi, scuri, che con alcuni riflessi del sole sembrano splendere come l'oro. Alcune ciocche da quella distanza sembrano anche ramate. Non è un biondo volgare, un biondo da barbie, e nemmeno il solito biondo cenere che fa impazzire i ragazzi. E' un biondo particolare. Si passa una mano sul ciuffo che le ricade sulla fronte e le si vede il viso. Alex le si avvicina per vederla meglio. Ora capisce perché i capelli sembravano così corti: erano legati con un elastico e portati sopra la testa. Sembrano veramente tanti, e sono disordinati. I lineamenti della ragazza sono dolci e ha le labbra rosse come il fuoco, che risaltano ancora di più sulla sua pelle bianca come il latte. Gli occhi non riesce a vederli, ma è sicuro di vedere delle tracce di mascara e una matita esagerata intorno ad essi. Non sembra rendersi conto che intorno a lei il mondo sta andando avanti e nel tempo in cui Alex la sta guardando non ha ancora alzato gli occhi nemmeno una volta.
Così il ragazzo decide di voler conoscere proprio quella ragazza. Non perché fosse bella, o per portarsela a letto come avrebbe fatto con un'altra qualsiasi ragazza, ma solo perché lei è sola, sembra diversa e ha attirato la sua attenzione. Come se una luce da palcoscenico si fosse posata su di lei proprio mentre Alex guardava nella sua direzione. E una voce dentro la testa di lui non fa altro che ripetergli che andare lì e presentarsi è la cosa più giusta da fare.
Mentre si avvicina e calpesta l'erba, lei sembra non accorgersene nemmeno. Rimane un secondo a guardarla ad un passo da lei, e poi si siede e tocca la sua spalla con la propria. La ragazza sobbalza leggermente, alza una mano e si toglie gli auricolari. Chiude il libro di botto e si gira a guardare la persona che ha interrotto non solo il suo pranzo, in realtà ancora ben chiuso nella carta stagnola che ha nella borsa, ma anche la sua lettura. Fa un sospiro per riprendersi la calma che stava scappando via.
Il ragazzo accanto a lei è strano: intanto, le si è seduto di fianco senza nemmeno conoscerla e ora le sorride in modo strano, e poi quel taglio di capelli è ridicolo.
«Alex» le dice, porgendole la mano. Il contatto con lui la disturba, ma per educazione gli stringe la mano e si presenta a sua volta. Incontra il suo sguardo.
Lei ha gli occhi grigi, che sfumano sull'azzurro solo in alcuni punti e sotto una luce particolare sembra di vedere anche del verde. Sono grossi, a palla, e come aveva notato lui in precedenza, sono truccati.
«Haley» gli risponde. Lui sorride. «Sei nuova?» le chiede e lei annuisce.
«Che classe frequenti?» «La terza, lingue» lui sorride di nuovo. Frequenta la stessa classe. Le chiede da dove viene, ma a quella domanda sposta lo sguardo davanti a se e alza le spalle. Lui non vuole scendere nel personale per ora, e la lascia pensare alla sua vecchia casa per qualche secondo. Poi spezza il silenzio.
«Sei da sola. Perché sei sola? Ti va se ti presento qual-» «No, grazie. Sto bene qui» lo interrompe Haley, quasi bruscamente. Lui annuisce. Qualcosa, in quegli occhi, pensa, lo fa sentire triste. Sembra quasi che dentro di se, quella ragazza nasconda dolore, che trascina ovunque come un masso nello stomaco.
«Come mai sei in questa scuola?» riprova lui. Non mollerà la presa, e lei se ne rende conto.
«Non ti arrenderai mai eh?» prende il libro e lo infila nella borsa, afferra gli auricolari e gli arrotola intorno all'ipod, «Beh, se ci stai provando con me, mi dispiace dirti che hai trovato la ragazza sbagliata. Non sono interessata» si alza e guarda Alex. Il ragazzo riesce a vedere ancora quel dolore nel grigio.
«No, io..» ma lei l'ha già salutato e si sta allontanando con la borsa sulla spalla. Lui appoggia la testa al tronco dell'albero e scuote la testa.
 
Haley apre la porta di casa ed entra nel salotto. Dalla cucina, sua zia sporge la testa e le rivolge un enorme e caloroso sorriso. Quella casa è così accogliente da far venire il voltastomaco.
«Ciao tesoro! Com'è andato il primo giorno di scuola?» lei alza le spalle.
«Come tutti i giorni di scuola degli ultimi quattro anni» l'espressione della donna alta e magra cambia totalmente. Quanto vorrebbe poter far qualcosa per cambiare le cose.
«Beh, speriamo che i giorni a seguire siano migliori allora! Vai pure in camera, la cena sarà pronta tra un'ora! Voglio sapere tutti i dettagli in ogni caso!» Haley accenna un sorriso e fa per uscire dalla porta sul retro quando la voce della zia la fa tornare sui suoi passi «Ah, Haley, Alice è di sopra» le dice con tono dolce. Alice è la sorella di Haley, ha quasi quattro anni ed è la bambina più bella che Haley abbia mai visto. Ha gli occhi verdi, enormi, i capelli biondi quasi bianchi sempre legati in due treccine che le cadono sulle spalle, il faccino rotondo e un sorriso meraviglioso. Alice è la sua piccola fonte di felicità, ma in quel momento ha solo voglia di farsi una doccia.
Apre la porta a vetri ed esce nel giardino. Quella villa è davvero enorme e se fosse stato per lei, non sarebbe mai andata a vivere in un posto così grande. Per questo sua zia acquisita, Christine, moglie di suo zio Jeremy, aveva chiesto all'architetto che stava progettando la loro nuova casa, di aggiungere una camera in cui si poteva arrivare solo passando dal giardino, isolata dal resto della villa, per dare all'adolescente la privacy e la libertà di cui aveva bisogno.
«Potrai invitare le tue amiche e fare qualche pigiama party» le aveva proposto quando, tutta eccitata, le aveva fatto vedere la bellissima stanza che le spettava. Lei aveva abbracciato la donna, e aveva pianto un po' di gratitudine - aveva sempre desiderato un posto tutto per se, per rimanere sola e crescere come voleva - e un po' di tristezza: non avrebbe mai invitato nessuno in quella casetta, perché lei non aveva amiche. Ma questo la zia non lo sapeva, e Haley non voleva che lo sapesse. Christine era sempre stata perfetta con lei e sua sorella, aveva preso l'impegno di crescerle entrambe dopo la morte dei genitori senza nessun obbligo di sangue e Jeremy, parente leggittimo, non aveva dovuto nemmeno chiedere a lei il permesso di ospitarle a casa: era stata lei, infatti, ad avere l'idea e a chiedere i documenti per l'affidamento.
Apre la porta di camera sua con le chiavi che teneva attaccate al mazzo personale ed entra. La prima cosa che fa è buttare la borsa a terra, poi si sfila la maglia e si dirige verso il bagno. Apre la doccia e attende che l'acqua diventi calda prima di spogliarsi del tutto. Entra nella cabina e rabbrividisce a contatto con le piastrelle. Si strofina forte gli occhi sotto il getto d'acqua e sente il trucco che si scioglie sotto le sue dita. Prende il sapone e si lava il corpo, poi si riempie di shampoo al cocco i capelli. Il cocco è l'odore che più le piace, e anche uno dei suoi frutti preferiti. L'odore riempie la cabina e sale nell'aria insieme al vapore. I capelli sono puliti ma lei ha bisogno ancora qualche secondo sotto l'acqua, perché sta nascondendo le lacrime che le rigano il volto. Per la prima volta in vita sua, qualcuno le si era avvicinato e l'aveva trattata come una persona normale, senza guardarla in modo strano o senza ridere di lei. E lei l'aveva allontanato, e lui non sarebbe più tornato. Ma lei conosce i ragazzi. I ragazzi o vogliono il sesso, o vogliono una relazione seria, e quell'Alex sembrava davvero un bravo ragazzo. Haley non ha nessuna intenzione di rovinargli la vita.
Si appoggia al muro e rabbrividisce ancora, le poche lacrime diventano fiumi e il suo corpo viene scosso da singhiozzi. Non riesce a smettere e si sente sempre più debole. Ha voglia di fumare e di bere ma si accascia a terra con le gambe strette al petto. Si sente piena di rabbia, piena di odio, piena di dolore. Avrebbe voglia di tagliarsi a metà e far uscire tutto ciò che la riempie così tanto.
Ha voglia di mettersi due dita in gola e vomitare i problemi. E ha anche voglia di rimanere lì per sempre, ad aspettare che l'acqua si alzi e la sommerga. Vuole annegare in una doccia, e si sente stupida per questo pensiero.
Si alza in piedi e si lava di nuovo, sperando di essersi tolta di dosso qualcosa che la opprime.
 
E' l'ora di cena e Haley si sente meglio. «Tesoro vai a prendere tua sorella per favore, così io metto la pasta in tavola?» la ragazza annuisce, sale i gradini e si ritrova davanti a camera di sua sorella, che è chiusa solo da un cancelletto per bambini per evitare che la piccola vada in giro per casa. La sua stanza è grande, ha il letto rialzato con sotto i cesti pieni zeppi di giocattoli e un'armadio a forma di casa. Il sogno di ogni bambina.
Alice si alza e cammina verso la sorella maggiore con un sorriso enorme stampato sulle labbra. «Hals!» urla e la ragazza la prende tra le braccia, le bacia la fronte e la guancia morbida e spegne la luce.
«Andiamo a fare la pappa Alice? Eh? Ti sei divertita all'asilo» la bambina annuisce e batte le mani, per poi abbracciare forte la sorella mentre scendono le scale. Arrivano in cucina e si siedono a tavola. Nel frattempo è arrivato anche Jeremy che prende posto davanti a Haley.
«Oh le mie donne al tavolo! Allora, bimbe, com'è andato il primo giorno di scuola?» Alice comincia a parlare dei suoi nuovi amichetti e del suo insegnante, Alexander. A quel nome Haley tossisce.
«Anche la mia giornata è andata bene, anche se le prime ore di lezione sono state sospese. Ho conosciuto la professoressa di Spagnolo e quella di Italiano però. Sembrano brave» dice senza troppa convinzione.
«Bene Hales, sono felice di sentirlo. E i compagni? Qualche nuova conoscenza?» la ragazza scuote la testa e sorride. «C'è tempo per fare amicizia dai» continua lo zio, ottimista, come sempre.
Per un secondo Haley si chiede come sarebbe stato se fossero stati Christine e Jeremy a crescerla sin da piccola, ma scaccia questo pensiero veloce così com'è affiorato.
La pasta è buona, l'odore che emana fa venire l'acquolina in bocca e il sugo è cotto alla perfezione.
L'arredamento della cucina, come quello di tutto il resto della casa, è moderno e ordinato: al centro della stanza, leggermente spostato verso il fondo, c'è il tavolo per la cena e il pranzo, più vicino ai fornelli invece c'è un ripiano per la colazione. Il frigorifero è vicino alla finestra che affaccia sul fianco della casa. Si può vedere solo la staccionata che divide il loro giardino con quello dei vicini e un pezzo di prato.
Attaccato alla cucina c'è il salone, con due divani, tre poltrone e due puff. La televisione è grande quasi quanto la parete che occupa e attaccata ad essa ci sono tutti i tipi di videogiochi, registratori o lettori DVD possibili e immaginabili. Al pano di sopra ci sono le stanze da letto di Alice, Jeremy e Christine, due bagni e anche una stanza per gli ospiti.
Ma la cosa che, ovviamente, Haley preferisce, è la sua stanza: era enorme, grande quasi come un appartamento, e comprendeva anche un bagno e una stanza segreta. Entrando la prima cosa che noti è l'infinita collezione di CD disposta su una libreria che occupata tutta l'enorme parete in fondo; poi c'è un muretto al centro della stanza, davanti alla porta, verso l'uscita, e dietro ad esso c'è il letto matrimoniale, enorme, comodo, enorme, enorme, enorme. La scrivania è sulla sinistra, è grossa e sopra ad essa c'è una libreria piena di libri: vecchi, nuovi, rotti, perfetti, consumati e mai letti. Al lato della scrivania e dall'altra parte della stanza ci sono delle casse per lo stereo, e, infine, nell'angolo più bello della stanza, quello che sarà destinato ad una scritta, ci sono appoggiate le due chitarre di Haley: quella elettrica e quella acustica, che la ragazza suona da quando è piccola.
Quando Haley va a dormire, si gira verso le sue chitarre e le osserva nella luce soffusa che viene dalla casa affianco. La fanno sentire così bene che le viene voglia di alzarsi e toccarle, ma proprio mentre pensa di muovere un piede per farlo, cade in un sonno profondo e non si sveglia fino alla mattina seguente. 
 
Quando il sole sorge sulla città, lento e caldo, Alex è già sveglio e lo vede salire nel cielo dalla finestra, già vestito e lavato. Ha fatto ancora una volta il sogno che più lo perseguita, e non è più riuscito ad addormentarsi. Alle sette, decide di uscire e arrivare a scuola prima. E' stufo di stare in quella camera che in quel momento sembra opprimerlo. Scende in cucina e prende una banana dalla cesta della frutta, la apre e la mangia mentre esce dalla porta principale con lo zaino sulle spalle.
E' a mezzo isolato dalla scuola quando una chioma di capelli biondi attraversa la strada. Alex sgranò gli occhi: era proprio Haley, con la borsa marrone a tracolla e il passo svelto, crede di riuscire a passare inosservata, ma Alex la raggiunge e la affianca.
«Ciao!» esclama e lei si porta una mano al cuore. Poi si gira e guarda Alex con espressione terrorizzata.
«Ah, ancora tu. Non ce la fai proprio ad avvicinarti ad una persona senza spaventarla eh?» e accenna un sorriso che si spegne quasi subito. E' leggermente scocciata. Non si è svegliata bene, non riusciva a fare la doccia perché mancava l'acqua calda e non trovava i vestiti che voleva mettere, e infine, è anche uscita troppo presto. Ci mancava solo lui, pensa.
«Già, scusa. Come mai già fuori così presto?» intanto Haley continua a camminare come se non avesse nessuno al fianco. Accellera anche il passo ma il ragazzo le sta dietro senza problemi.
«Un errore che mi è... costato caro, a quanto pare» lo dice guardando Alex negli occhi. Lui si sente in imbarazzo ma qualcosa in lui scatta e si mette davanti a lei sbarrandole il passaggio.
«Senti, non mi interessa abbordarti, ok? Non voglio cose strane, voglio solo essere gentile e provare a conoscere una persona nuova: tu. Sei nuova nella scuola e mi sembrava carino scambiare due parole. Nessun secondo fine, niente di niente, e per un amico non serve niente fisicamente, no? E per ora è l'unica cosa che puoi criticare. Ti prego, ci tengo. Dammi una possibilità, come amico, niente di più» quelle parole lasciano Haley a bocca aperta, e in un secondo sente la sua corazza vaccillare e il suo viso si apre in un sorriso, che Alex prontamente ricambia.
«Tanto ho capito che non mi lascerai in pace fino a che non accetterò di darti questa possibiltà.. mi arrendo. Ciao, Alex» dice, e gli porge la mano. Lui la stringe. «Ciao Haley, ti va di far colazione? E' un po' presto per entrare in classe» lei lo guarda storto, poi annuisce ed entrambi riprendono a camminare.
«Allora, mi spieghi cosa ci fai qui o no?» le chiede sorridendo. Lei sposta lo sguardo in basso.
«No..» lui la guarda come per rimproverarla e lei capisce il suo errore. Amico, un amico. Non ha un amico da troppo tempo, e non è più abituata ad averlo. «...non ora, andiamo.. andiamo a fare colazione!» dice e si dirige verso la scuola con Alex dietro. Lei sorpassa un piccolo bar alla sua sinistra e Alex la prende per un braccio e la trascina dentro.
«Questo è il mio posto della colazione. E' figo perché sembra piccolo e nessuno ci entra ma in realtà è enorme. La cosa più bella è il retro che affaccia nella piazzetta qui di fianco, infatti se qualcuno deve entrare ci entra da lì. Vicino alla vetrina c'è un tavolino stupendo, vieni!» le dice, tutto così velocemente che lei non riesce a seguire il filo del discorso ma non gli chiede di ripeterlo, si lascia semplicemente trascinare tra i tavoli fino a quello di cui aveva parlato il ragazzo un minuto prima: il più bello. E lo è davvero, è rotondo e il legno sembra leggermente invecchiato, al centro c'è un vaso con due piccole rose rosse e il menù. Si siedono entrambi, uno davanti all'altra e Haley afferra il menù. Fa scorrere lo sguardo sulle bevande e poi sul cibo che offre il bar e alla fine sceglie un caffè e un pancake con lo sciroppo d'acero. Lui la osserva mentre indecisa discute quasi con se stessa se scegliere lo sciroppo d'acero o la nutella. Sembra la decisione più importante del mondo in quel momento, ma lo sciroppo d'acero è decisamente la scelta migliore, soprattutto di prima mattina. Alex ordina per se e per Haley, le stesse cose.
Due caffè e due pancakes con lo sciroppo d'acero, grazie.
Il silenzio si spezza solo quando i due ragazzi vengono serviti e, stranamente, viene spezzato dalla ragazza che, imbarazzata, chiede ad Alex che corsi frequenta.
«I tuoi stessi corsi, penso. Terza, lingue. Ma non è questa la domanda del giorno, potremmo parlare di me dopo. Voglio sapere di te: sei nuova, perché? Qual buon vento ti porta qui?» chiede, e riesce a vedere una scintilla di dolore negli occhi di lei. Ancora quella sensazione di dolore.
Lei sorride «Nessun buon vento, in realtà» e si ferma. Il flashback le prende cuore e mente e non riesce più a dire niente: si ritrova, in una frazione di secondo, scaraventata nel suo peggior passato.
 
L'uomo la prende per le spalle piccole, da bambina, e la alza come se fosse una piuma. La sbatte al muro e il rumore non è abbastanza forte da coprire le urla della piccola. La madre guarda suo marito spogliare sua figlia come fosse una bambola, e piange, incapace di muoversi. E gli occhi della bambina incontrano quelli della donna: sono disperati, chiedono aiuto e pietà, chiedono la vita e la morte. Chiedono e pregano di scappare via. Ma cosa può fare la donna, costretta ad assistere alla rovina della sua stessa figlia?
L'uomo si diverte, le infila tre dita dentro senza pensarci due volte e la bambina urla di dolore. Cerca gli occhi del padre e quando li trova, vede degli occhi assatanati, eccitati e spaventosi. Allora chiude i suoi perché tanto sa che il padre non avrà pietà, nemmeno questa volta, nemmeno con quegli occhi dolci e innocenti. Ma lui se ne frega e le sue dita distruggono quell'innocenza e creano quel dolore che lei, piccola com'è, si porterà dietro tutta la vita.
 
La scena è chiara come l'acqua davanti ai suoi occhi, spalancati e rivolti al nulla davanti a se. Quando torna alla realtà, sicuramente migliore, si sente schiaffeggiata dalla sua vita, un'altra volta, e le lacrime le rigano il volto senza bagnarlo. Alex, davanti a lei, ha uno sguardo preoccupato, allarmato e spiacevolmente sorpreso. Allunga una mano verso Haley e le sfiora il braccio. Lei, automaticamente, lo ritrae immediatamete.
I loro occhi si incontrano.
«Haley...» lei si asciuga le lacrime. E' così stanca, di tenersi quel segreto nello stomaco, di rivivere il suo passato e condividerlo solo con la sua mente consumata, di guardare la gente negli occhi e trovare sempre un accenno allo sguardo assatanto del padre mentre abusava di lei, e così stanca di sentirsi sempre diversa dagli altri, allontanata dagli altri, per colpa della storia della sua stessa vita. «Senti, Haley, io non ti conosco e non ho nessun diritto di dirti ciò ma, beh, se vuoi parlare, e dirmi quello che sta succedendo nella tua vita, io.. insomma ti ascolto. Non sembra facile, ma forse dirlo a qualcuno che non conosci e di cui ti puoi fidare – ti puoi fidare di me – renderà tutto più semplice. Con questo, non voglio obblig-»
«Al momento nella mia vita non è successo niente ma è successo così tanto, Alex, così tanto che non ci basteranno dieci minuti..» dice lei, sorridendo di un sorriso davvero sincero e guardando l'orologio. Il ragazzo annuisce.
«Ma questo discorso vale sempre» dice lui e le sorride. Lei ricambia e sente di potersi fidare del ragazzo davanti a se. E' la prima volta che una persona che non conosce le da questa sensazione. 
«Ho bisogno di condividere il mio passato con qualcuno che non sia il mio specchio» sussurra con lo sguardo basso e Alex la sente appena, e non risponde a parole a quella frase, la guarda negli occhi e annuisce. Lei si sente stupida e in imbarazzo, si fa leggermente rossa in viso e sposta lo sguardo altrove.
La piazza che si vede dalla vetrina è deserta meno che per alcuni uccelli che cercano le briciole tra le piastrelle di pietra. E' già abbastanza illuminata ma si vede che il tempo sta cambiando. L'aria, infatti, quando escono, è leggermente più fresca. Camminano verso la scuola uno affianco all'altro e già dopo due passi cominciano a parlare. Lui le racconta che cos'ha fatto quell'estate, soffermandosi particolarmente sulla settimana passata con il suo migliore amico, Jack, in Florida.
«Ti devo presentare Jack! Oh, amerai Jack! Tutti amano Jack!» dice allegro, prendendo con due dita le spalline dello zaino e tirandole un po' avanti. Il libro di biologia insieme a quello di italiano costituiscono un peso superiore a quello che nessuna persona normale riuscirebbe a portare sulle spalle alle otto del mattino.  
Haley ride e si immagina Jack: alto, biondo con gli occhi verdi. Poi scuote la testa e scaccia quell'immagine, sperando vivamente che non abbia nessuna di quelle caratteristiche.
«Devi conoscere anche Rian! E Zack! Insomma, devo presentarti questa gente. Abbiamo una band, sai? Ci esibiamo ogni tanto in qualche locale qui intorno ma niente di serio..» la ragazza annuisce e gli occhi le brillano.
«Tu cosa suoni?» gli chiede e la mente va alla sua chitarra nell'angolo di camera sua. Quella acustica, perché è il primo strumento musicale che abbia mai suonato. L'aveva chiamata “Jasey” quand'era bambina, e non le aveva mai cambiato nome, nome che era stato inciso da lei stessa qualche anno prima sul retro del manico dello strumento con un coltellino.
«Chitarra» gli occhi di lei brillano sempre più «e canto!» 
La vecchia lei l'avrebbe spinto leggermente e poi l'avrebbe ripreso per il braccio dicendo “Voglio sentirti cantare!” e ad una sua negazione l'avrebbe pregato ridendo e scuotendogli il braccio come una bimba. Ma la nuova Haley non è così. Non ama il contatto fisico con gli estranei e, anche se per un secondo ha voglia di tornare la ragazzina estroversa che era, si limita a guardarlo a bocca aperta e dire: «Un giorno ti sentirò cantare! E anche io suono la chitarra..»
Nel frattempo sono davanti all'aula di francese e non hanno voglia di entrare. Vogliono continuare a parlare di cose banali e semplici, senza entrare nel personale. Ma le lezioni iniziano e il loro discorso sugli accordi viene spezzato dal suono fastidioso della campanella. Entrano in classe e si siedono uno affianco all'altra.

------------------------------------
my fucking corner: ciao, eccomi qui con un'altra roba (?) sugli All Time Low, che in realtà, come band, ci saranno seriamente solo alla fine (se va come ho in programma u.u). Beh, che dire? Sono molto attaccata al personaggio di Haley per tanti motivi che non sto ad elencarvi ma, insomma, una parte di Haley è una parte di me, quindi di conseguenza questa FF è molto importante per me *-* Spero che vi piaccia come a me piace scriverla e pensarla, spero che capiate tutto quanto (anche se ora non sarà tutto poi così chiaro), spero che tutti i capitoli saranno lunghi come il primo (lol) e soprattutto, spero che non vi annoi. Le critiche sono ben accette: voglio crescere, migliorare e imparare, quindi, se avete qualcosa da dire, sparate! Nessuno si offende  :)
PS: la fanfiction selling your body won't fix your heart andrà avanti normalmente, lasciatemi solo il tempo di rielaborare ciò che voglio scrivere e di scriverlo perché con la scuola e casini vari non ho mai tempo/voglia/volontà/ispirazione per postare (e creo altre robe LOL)!
Grazie a te che stai leggendo, significa tanto per me <3
Halscott

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Restart. ***


E' venerdì e suona la campanella per il pranzo. Haley prova a scappare fuori dalla porta ma il resto della classe, che si ferma sulla porta a parlare, ostacola il suo passaggio, così Alex la afferra per un braccio e la tira a se. Lei sbuffa e lo guada con il tipico sguardo della bambina che va dalla mamma perché vuole comprare il giocattolo in vetrina. Il ragazzo scuote la testa e non molla la presa sul braccio di lei.
«Prima o poi dovrai conoscerli, non puoi rimandare questo momento per sempre!» dice, sorridendole. Lei scuote la testa.
«No, infatti, non per sempre, solo per qualche altro mese... o anno!» lui ride e la trascina verso la mensa. Haley cerca di liberasi dalla stretta ma lui non glielo permette, così alla fine si arrende.
E' l'unico giorno in cui hanno la stessa lezione prima di pranzo. Gli altri giorni, Haley è riuscita ad evitare Alex per non pranzare con lui e il suo gruppo di amici ma, se ne rende conto anche lei stessa, oggi è un'impresa impossibile.
E' stata una settimana strana, diversa, per Haley. Ha parlato, ha riso, ha passato il suo tempo con qualcuno. E da una parte odia ammettere che è stata davvero una bella settimana, questa passata con Alex. Odia ammetterlo perché le fa paura, la felicità, e le fa paura perché dura sempre troppo poco, e il dolore che la segue è sempre più forte. Le fa paura perché non la conosce e non l'ha mai conosciuta fino in fondo se non in momenti che le hanno lasciato dolore, si sente in dovere di studiarla, impararla, così da trovarla nel caso la perdesse o la dimenticasse da qualche parte. 
Alex  le passa un braccio dietro le spalle e la trascina verso il suo tavolo già occupato da quattro ragazzi e una ragazza. Lei scuote la testa.
«Alex, ti prego, dai, non mi va!» dice lei, e cerca di cambiare direzione ma lui non glielo permette. La porta davanti alla sedia e la fa sedere per poi sedersi affianco a lei.
«Ciao froci, lei è Haley» dice quando tutti gli sguardi sono puntati sulla ragazza. Jack si allunga sul tavolo e avvicina al viso a quello della nuova, che lo guarda storto. «Piacere, io sono Jack!» dice e le porge la mano.
Due secondi dopo, ad Haley sembra di aver dimenticato già tutti i nomi, ma quando tutti cominciano a parlarle e a farle domande, riaffiorano nella sua mente.
Quello con i capelli più lunghi, di un colore biondo scuro particolare, si chiama Zack ed è quello che le sta più simpatico: è il più silenzioso e si limita a sorriderle rimanendo al suo posto. 
Poi c'è Rian, con un sorriso meraviglioso, i denti bianchi che splendono come nelle pubblicità per i dentifrici e i capelli castani lunghi poco meno di quelli di Zack. Anche lui è al suo posto e sembra uno dei più tranquilli.
Jack è decisamente il più agitato, la sta riempiendo di domande e la guarda in modo strano. Ha i capelli marrone scuro con dei colpi di sole sul ciuffo che gli scende sul viso. Ha una voce buffa e, anche se Haley non è abituata né a ridere né a parlare, lui riesce ad inserirla in una discussione e la fa ridere più volte, una delle quali quasi con le lacrime.
L'ultimo è Matt, ha i capelli corti a spazzola e il piercing sul labbro ed è l'unico con un vero accenno di barba, che però gli dona.
«OHHHH Alex! Domani sera, da Andy, c'è una festa e Matt qui presente ha detto che non possiamo perdercela. Andiamo, vero?» Alex sorride e batte il cinque all'amico. «Ovvio!» poi si gira verso Haley. 
«Che fai bionda, vieni?» le chiede. Lei sente qualcosa di strano nello stomaco e si sorprende di essere capace a sentire ancora certe emozioni. Cerca di nasconderle il più lontano possibile. Non può permettersi nemmeno mezza farfalla nello stomaco.
«Emh, io.. non lo so, cioè, dovrei chiedere.. insomma-» 
«Fai in modo che ti rispondano sì! Dai Haley, ora che ti conosco sappi che non potrò mai più fare a meno di te» dice Jack sorridendole. E' proprio scemo. «Ha ragione Jacky, non puoi non venire!» il primo si allunga verso Alex e lo bacia sulla guancia. Haley riesce a vedere dai loro sguardi che il loro rapporto è speciale.
 
Quella sera l'accompagnano a casa Alex, Rian, Zack e Jack in macchina, ovviamente facendosi notare il più possibile da tutto il vicinato. Haley scende e li ringrazia sorridendo della bella giornata, loro ricambiano il sorriso.
«Ma grazie a te pupa!» con questa frase Jack si prende uno schiaffo in testa da Zack e la ragazza lo ringrazia con lo sguardo. Entra in casa, per la prima volta, con un enorme sorriso e va in cucina dove trova la zia, come sempre, che prepara la cena.
«Vedo che ti hanno accompagnata a casa! Chi sono, nuovi amici?» chiede la donna, sorridente come al solito ma oggi più di sempre.
Ha un lungo grembiule bianco con tanti cuoricini rossi ricamati sopra e con una scritta sul petto che dice “The queen”, ha i capelli legati da un mollettone dietro la testa e si è tolta la fede, come fa sempre mentre cucina.
Il trucco è leggermente sbavato e la fa sembrare più stanca di quello che in realtà è, e ai piedi porta delle comode ciabatte da casa.
«Sì, sono simpatici e sono davvero dei bravi ragazzi, sono divertenti. Senti zia, domani c'è una festa e mi hanno invitato insomma... potrei...» Christina si volta di scatto e lascia cadere sul piano di lavoro la zucchina che stava tagliando. Ha gli occhi che le brillano e un'espressione stupita. Non sente la nipote chiedere una cosa del genere da tanto, tanto tempo. L'anno precedente e quello prima, infatti, quando voleva uscire per una festa, lo faceva di nascosto e i due zii se n'erano accorti solo dopo qualche mese, quando un giorno, tornando a casa, aveva sbattuto forte una porta. E solo un altro mese dopo si resero conto che quando la ragazza tornava a casa, per la maggior parte delle volte non solo aveva bevuto, ma era anche in compagnia – compagnia che scompariva la mattina seguente senza lasciare nessuna traccia. Questa richiesta apre una porta importante, la porta della fiducia, e la donna, che in realtà si è sempre fidata di Haley, anche quando l'adolescente le nascondeva la maggior parte della sua vita, si sente fiera di questo piccolo cambiamento. 
Comincia la frase balbettando ma poi si riprende: «C-c-certo, tesoro, certo che puoi andare a quella festa!» le dice, si avvicina e le stampa un bacio sulla fronte.
La ragazza sorride e apparecchia la tavola.
Quando Jeremy entra in cucina l'odore di pollo e zucchine si è già impadronito della casa e fa venire l'acquolina in bocca a tutti, compresa la piccola Alice che si dimena sul seggiolone. Haley si sporge verso di lei e le prende la mano – già grande ma ancora troppo piccola, così piccola che è la metà di quella della sorella maggiore.
«E' bello l'asilo nuovo?» la bimba annuisce.
«Sai, ci sono tanti giochi e c'è la cucina dove puoi cucinare come la zia e ci sono tanti bimbi grandi come me però loro hanno una mamma» quando la bambina, ancora troppo piccola per capire, vede che intorno a se è calato il silenzio, si zittisce. Gli occhi della sorella sono pieni di lacrime che non scendono sul viso, grazie alla sua forza di volontà che le ricaccia dentro, fino al cuore.
«Ma anche tu hai una mamma piccolina, è proprio qui» dice Haley e indica la zia, che arrossisce. Per Haley sua zia non potrà mai essere una madre, perché lei è cresciuta con la sua, quella vera, e ha così tanti ricordi di sua mamma che la coccola, che la protegge, che le racconta le storie, che la porta ad esplorare il mondo, che non potrebbe mai, mai sostituirla con nessun'altro al mondo. Ma Alice era così piccola quando la madre l'ha lasciata, che Haley pensa che la cosa migliore sia farla crescere con una madre migliore di quella che la sua stessa madre era stata sia per lei che per la più piccola. Una madre come Christina, che di figli non poteva averne.
«Christina è la mamma migliore del mondo» dice la bimba battendo le mani.
«Sì lo è» sussurra Haley guardando la donna davanti a se negli occhi.
 
Quando entra in camera sua sono le otto e mezza di sera, e Haley non è per niente stanca. Si siede sul letto e prende la sua Jasey, sfiora le corde vecchie e consumate, accarezza il manico e poi comincia a suonare, lentamente, quella melodia che ha in testa da sempre, e che la perseguita nei sogni e durante il giorno. Quella melodia che qualche anno prima l'aveva resa così felice. La loro meldia.
 
Fa freddo e il sole è già tramontato dietro le montagne, eppure i due ragazzi sono ancora lì, sdraiati sull'erba umida, abbracciati l'uno all'altra, e non hanno nessuna intenzione di abbandonare il loro paradiso. E' una di quelle giornate autunnali perfette, con la sera pungente e il pomeriggio caldo. Il cielo è limpido, come se qualcuno avesse soffiato via tutte le nuvole. E sotto quel cielo che comincia lentamente a riempirsi di stelle, l'amore cresce.
«Sai oggi stavo pensando che tra qualche mese facciamo tre anni» dice il ragazzo baciando la sua ragazza sulle labbra. Lei gli prende la testa fra le mani e ricambia il bacio con l'intensità che ci vuole.
«Io invece pensavo che sei l'unico che è rimasto con me per così tanto tempo» dice Haley, stringendosi nella sua giacca. La maglia che porta sotto la giacca di pelle è leggera e aderisce alla pelle perfettamente e lei riesce a sentire il calore della sua pelle sulla propria.
«Sarò sempre qui e lo sai bene. Sai che è una promessa e sai che sono bravo a mantenere le promesse» Michael la bacia e la fa rotolare su un fianco per mettersi sopra di lei.
«Ah, stai per sigillare la tua promessa con un po' di sesso da montagna?» gli chiede lei ridendo, mentre lui le passa la lingua sul collo.
«Esattamente, ti dispiace?» lei scuote la testa mentre i brividi le percorrono tutto il corpo. Si sente eccitata, si sente felice, si sente bene. Poi lui si alza e a lei viene voglia di prenderlo e ributtarlo a terra per farlo suo, ma sa bene cosa sta per fare e le sue mani fredde chiedono solo questo.
Lui prende le coperte che tiene in macchina e ne stende una per terra in modo che il terreno non passi il freddo ai loro corpi e poi ne stende un'altra sopra la ragazza che quasi trema dal freddo.
«Amore mio, ora vengo a scaldarti io» fa un sorriso e mentre riprende a baciarla ride. «Fa anche rima, ma quanto sono figo?» Lei gli prende il viso tra le mani e lo osserva. E' così bello. Ha la pelle bianca come il latte e gli occhi così verdi che sembra di entrare in una foresta solo guardandoli. I capelli sono biondi e con quella luce sono ancora più belli e un ciuffo gli cade sulla fronte e lo fa sembrare più perfetto di quello che è. Gli sfiora le guance fresche e lisce, e gli bacia le labbra rosse e calde rispetto al resto del corpo scosso dai brividi. Lui la circonda con le braccia e lei gli appoggia la testa sul petto e si stringe a lui. 
«Starei qui per sempre anche se fa freddo e devo andare a vedere come sta Alice. Michael, sei la cosa più bella che mi sia capitata» sussurra, e il vento trascina le sua parole fino al cielo. Sembra quasi che lo urli al mondo.
Lui la bacia e la bacia di nuovo, e il suo cuore scoppia di felicità. «Ti amo Hales, non lasciarmi mai» lei ride.
«Lasciarti, io? Non ti lascerei nemmeno se crollasse il mondo» lo dice e il suo cuore sembra annuire. «Promettimi invece che non mi lascerai mai tu» dice e incrocia segretamente le dita.
«Te lo prometto, non ti lascerò mai» le dice e la bacia. E' una promessa, e lei ci crede, la sua parola vale più di qualsiasi altra cosa al mondo e lei prende queste parole e le infila nel suo cuore, sperando di non perderle mai.
Il cielo è diventato scuro e i ragazzi sono ancora sotto le stelle, che brillano come gli occhi di due innamorati. Le dita dei due sono legate insieme e nessuno dei due sente più freddo. Si sfiorano, si toccano, si baciano, si vogliono e si amano. 
Oh, se si amano. Nessun'essere umano sembrava amarsi più di quei due ragazzi. 
E in quel bacio, in quell'amore, non c'è volgarità, non c'è niente di sbagliato, è tutto pulito e perfetto e costruisce un mondo, il loro mondo, invisibile agli occhi degli altri.
Haley sta bene lì, nel suo posto sicuro, accanto a Michael, con Micheal.
Michael ha la pelle che brucia e non vuole lasciarla andare, ma sa che tra poco il momento finirà e dovranno tornare alle loro vite. E' convinto che quel pomeriggio lontano dalla vita reale in un posto che pare magico sia stato il pomeriggio più bello dell'anno e l'idea migliore che abbia mai avuto.
 
Torna alla realtà quando la canzone finisce e l'ultima nota sfuma nell'aria. Gli occhi sono rossi e gonfi, ma lei non sbatte le palpebre e così cominciano anche a bruciare. Lascia che la chitarra cada a terra e si sdraia sul letto, con le mani dietro la testa. E poi sbatte gli occhi e si sorprende di sentir scendere una sola lacrima.
Il fatto è che si sente terribilmente in colpa per l'accenno di felicità che sta provando. Non vorrebbe, non dovrebbe ridere, scherzare. Non è quello che si era aspettata di dover fare. Cerca di allontanare Michael dai suoi pensieri perché sente che il cuore le sta per scoppiare dal dolore e pensa alla festa a cui sarebbe andata al giorno dopo. 
Nel momento in cui trova la forza di mettersi seduta senza sentire lo stimolo del vomito, prende il cellulare e scrive ad Alex: “Per domani sera è ok.” lo blocca e spegne la luce. Non ha nemmeno voglia di spogliarsi e si addormenta sopra le coperte, con le persiane alzate e le scarpe ai piedi.
 
Lontano da casa di Haley, Alex, Jack e Zack sono seduti al tavolo di un locale e si guardano intorno. Nessuno di loro è stanco, e tutti e tre guardano le liceali che li circondano. Ad un certo punto, Jack si alza e va verso una ragazza è gli lancia occhiate da qualche lungo minuto. Le sussurra qualcosa nell'orecchio e vanno sulla pista da ballo. Lei sembra una troia mentre si struscia sul ragazzo a ritmo di musica ma lui ha voglia di divertirsi e non gli importa. Alex guarda l'amico e la sua conquista con disprezzo e butta giù un altro drink. Ovvio, anche a lui piacciono le ragazze e anche lui si diverte spesso, ma le sceglie bene.
Ogni tanto, pensa che Jack sia esagerato. Basta che abbia l'organo genitale femminile e lui la prende. 
Il cellulare gli vibra nella tasca e lo tira fuori spostando gli occhi da Jack all'sms ricevuto: Haley. Sorride. Jack e la troia vengono trascinati via e anche i drink che ha bevuto non fanno più effetto. Quella ragazza, per quanto strana e sconosciuta, fa uno strano effetto ad Alex.
“Per domani sera è ok.” 
Il ragazzo sente qualcosa muoversi nella sua pancia e sul suo viso si dipinge un sorriso particolare. 
«Chi è?» Rian gli si avvicina e sbircia sul telefonino dell'amico l'sms appena ricevuto. Legge e sorride, poi batte una mano sulla spalla dell'amico e torna al suo posto a sorseggiare l'ennesima birra, in silenzio.
«Chi è?» ripete Zack un minuto dopo, spezzando il silenzio che Alex aveva tanto gradito. Alza lo sguardo di scatto e sorride. 
«Haley, dice che per domani sera va bene! Dici che Andy ha qualche problema se viene anche lei?» Zack scoppia a ridere.
«Ma ti pare? Più ragazze ci sono meglio è per Andy!» 
«Sì ma Haley non è quel tipo di ragazza. Lo vedi anche tu!» dice Alex, e sa benissimo di aver detto una cosa positiva sull'amica, che la differenzia dal resto delle normali adolescenti. Anche se non sa bene perché lei sia così diversa, così strana, così nuova e particolare. Così chiusa. 
«Già, ma è sempre una ragazza mio caro Alex. Magari che ne sai, si innamora di Andy o, comunque, gliela da. O, cosa migliore, ad Andy non interessa e non si preoccupa nemmeno di conoscerla. In ogni caso, non darà sicuramente fastidio. Con tutti gli imbucati che ci saranno a quella festa ti preoccupi di portare un'amica?» il ragazzo alza le spalle, sa che l'amico ha perfettamente ragione anche se gli piacerebbe evitare le prime due opzioni.
«Ragazzi, lei è Caroline, e, Alex, questa è Alice» dice Jack, sedendosi al tavolo degli amici con due bellissime ragazze. 
«Piacere» risponde il sopracitato, poi tira fuori dal portafoglio qualche banconota e le lascia sul tavolo per poi alzarsi «ragazzi per me è ora di andare. Ci vediamo domani a scuola!» e senza aspettare la reazione degli amici si allontana, mette una mano sulla porta e la spinge in avanti, sorpassa l'entrata ed esce nell'aria ormai gelida della notte.
 
Sono le sette della sera seguente e Haley è sotto la doccia. Sta cercando di liberare la mente dai ricordi, belli e brutti, per lasciar spazio al futuro che la riempirà, o almeno lei lo spera. Così si libera, sotto quell'acqua, e guarda i momenti passati con Michael scivolino giù nei tubi che fanno sparire l'acqua della doccia. 
Esce dalla cabina dopo troppo tempo e si avvolge in un asciugamano, poi ne afferra un altro e se lo mette sulla testa, attorno ai capelli bagnati. Si infila gli slip che, in un momento di particolare furbizia, si è portata in bagno, ed esce, per ritrovarsi nella sua casetta. Va verso l'armadio e lo apre, tira fuori un reggiseno nero e lo butta sul letto, seguito subito dopo da due, poi tre e infine cinque vestiti da sera diversi. Poi si gira, tenendosi una mano sul petto per non far cadere l'asciugamano che la copre e li mette in ordine, per scegliere. Li guarda tutti, e scarta subito il primo: troppo rosso, troppo corto, troppo scollato, troppo freddo.
Prende il secondo tra le mani e si rende conto che, per quanto sia bello, è anche questo troppo leggero, e lo mette da parte, sopra quello rosso. Per lo stesso motivo scarta anche il terzo. Gli ultimi due che restano stesi sul letto sono i più belli: uno è beije, con sopra ricamati dei fiori bianchi e l'orlo di pizzo bianco, senza spalline. Ovviamente, è leggero quasi come gli abiti scartati in precedenza, ma ormai Haley si è arresa e ha deciso di mettere una giacchetta sopra qualsiasi vestito. Il secondo invece è color panna, con le spalline e la scollatura profonda a V, pieno di pieghe e svolazzi, corto e con una striscia nera sotto il seno. 
Haley lo prende tra le mani e lo stringe a se, per un secondo pensa di riuscire a sentire l'odore di mare di quella sera, in cui l'aveva indossato, quella sera in cui aveva fatto l'amore con Michael sulla sabbia, ed erano tornati a casa sul motorino distrutto del ragazzo, all'alba, perché avevano deciso di passare la notte abbraccati a guardare le stelle, e quella notte tra le sue braccia e in quel mini-vestito non aveva sentito freddo, si era sentita bene e...
Lo butta sul letto di scatto perché qualcuno bussa alla porta. Dimenticandosi di essere mezza nuda, urla «Avanti!» e la porta si apre lentamente.
La figura alta e ordinata di Alex compare sulla porta e Haley si sente ribollire dall'imbarazzo.
«Mhm, wow!» esclama Alex chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandosi ad essa. Percorre il corpo della ragazza davanti a se almeno due volte e si lecca il labbro inferiore. «Ripeto, wow!» 
Lei sorride. «Già, wow. Ciao Alex, tutto bene? Puoi girarti, se proprio non ti va di uscire?» lui annuisce e si gira di schiena. Lei prende in mano i due vestiti rimasti e li stende meglio sul letto, come se quello giusto si potesse alzare in aria da solo. Ci pensa qualche altro secondo in silenzio, poi sbuffa, alza lo sguardo e Alex la sta guardando.
«ALEX! Bene, visto che sei girato, dimmi.. meglio questo o questo?» dice alla fine, mostrandogli i vestiti. Il ragazzo fa tutto il giro e le arriva affianco, per osservare meglio i due capi. Assume una posizione di meditazione, ma in realtà non sta pensando a scegliere il vestito adatto, sta semplicemente annusando Haley. Sì, perché riesce a sentire l'odore dello shampoo e del bagnoschiuma, l'odore che emana la sua pelle. Ed è così buono che lui ci si perde dentro. E si dimentica del compito assegnatogli.
«Alex?» lo riporta alla realtà la ragazza dopo qualche minuto, e lui indica istintivamente il vestito bianco e svolazzante. Lei sorride. E' anche il suo preferito e, alla fine, avrebbe comunque scelto quello. «Bravo! Ora via!» dice, e lo spinge, così lui dopo un po' di insistenza si allontana e si gira di schiena, come doveva essere.
Questa sera Haley è di buon umore, ha allontanato tutti i ricordi nel momento in cui ha visto la figura di Alex varcare l'entrata e anche mentre indossa il vestito ha il sorriso sulle labbra. Ha deciso di passare una serata per se stessa, una serata allegra, senza pensieri. E deve farcela a costo di sentirsi in colpa per i decenni successivi. 
Prende le scarpe nere con il tacco da sotto il letto e se le infila, poi fa un fischio all'amico che si gira a guardarla e fischia a sua volta. 
«Alla faccia, Haley, com'è che non ti vesti sempre così... poco?» lei lo fulmina con l o sguardo, ma è abituata a quel tipo di complimenti, anche se è un'abitudine ormai vecchia. Da quando è cominciato il trasferimento a Baltimore ha smesso di uscire e vedere tutte le persone che era abituata a frequentare. Si è semplicemente isolata dal mondo, per rendere meno difficile il cambiamento e il distacco dalla sua vecchia città. Gli amici, gli amanti, gli scopa-amici che aveva doveva lasciarli dove stavano insieme a tutti i ricordi che, però, cerca ancora di scrollarsi di dosso.
«Dopo questo commento molto poco fine, possiamo andare, o no?» lui fa una strana smorfia e annuisce con gli occhi socchiusi. 
Poi alza lo sguardo e le fa un occhiolino che lei ricambia.

----------
holachicosbuenosdias: mi scuso immensamente per il ritardo ma con la scuola, la mia testa che non lavora, la poca voglia e forza di volontà, ci metto sempre millenni a postare D:
lotoflove, halscott.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** The party is started, yeah it's over. ***


La musica è così forte che si sente dalla macchina, mentre parcheggia davanti al vialetto, vicino a tante macchine disordinate. Alex scende per primo e Haley lo raggiunge seguita dagli altri. E' una bella casa. E' grande, e il pian terreno è chiuso solo da vetri, quindi si vede bene, all'interno, la gente che balla. Ed è tanta. Ecco perché questa casa è leggermente fuori città, ed ecco perché questo ragazzo può permettersi di dare una festa in piena notte senza ricevere alcuna lamentela. Semplicemente perché non ha vicini che possono lamentarsi.
Sullo sfondo si vede la spiaggia, illuminata solo dalle luci della casa. Il mare è nero e mette in soggezione. Nessuno lo guarda. Anche Haley, avvicinandosi alla porta principale, lo nota e distoglie lo sguardo.
Entrano e i suoni li assalgono come un'onda, insieme all'odore di alcool e gli aloni di fumo. Si fanno spazio tra la folla e raggiungono il centro tranquillo della festa, dove c'è il padrone di casa, che si alza barcollando con un sorriso e abbraccia Jack, batte il cinque agli altri quattro ragazzi e si ferma a guardare Haley nel suo vestitino.
«Mhm, ciao! Andrew, tu?» dice, sopra la musica.
«Haley» lei sorride, mentre il ragazzo le prende la mano, ammicca e gliela bacia.
«E' nuova, e ho pensato di portarla dato la tua bravura nelle feste. A proposito, Rachel?» Jack si avvicina ad Andrew e gli batte una mano sulla spalla.
«E' in bagno. Ora torna. Accomodatevi» non fa in tempo a finire la frase, che tutti sono seduti sul divano. Tutti trane Haley, che rimane in piedi vicino al muro, con le braccia incrociate e la giacca nera di pelle in mano. Si sente in imbarazzo e fuori luogo. Per un secondo, pensa di girarsi dall'altra parte, uscire, e passare il resto della festa sul marciapiede ad aspettare i suoi amici.
Poi però guarda Zack e vede che ha la sua stessa espressione disorientata, allora decide di prendere un respiro e si siede tra Zack e Alex. Il primo le sorride e le da una piccola spinta. «Sai, amo le feste solo dopo un bicchiere di birra. Prima, non so cosa fare, con chi parlare e come comportarmi. Vedi: ora sono seduto, e non so se stravaccarmi e accavallare le gambe, oppure tenerle aperte, oppure stare dritto, oppure fare come farebbe il 99,9% dei ragazzi in questa stanza: prenderti e farti sedere sulle mie gambe – principalmente per palparti. Ecco, io... Non sono così.» dice a bassa voce, e quando lei si gira incontra il suo sguardo. E' tranquillo, però sembra essersi tolto un gran peso. Gli sorride.
«Te lo dico, insomma, perché ho visto come ci guardavi prima. Da quanto tempo non vai ad una festa? O: ci sei mai andata? Non è un problema se la risposta è no. Però non negarlo: la cosa che vuoi di più al mondo in questo momento – o almeno, quello che volevi fino a pochi minuti fa – è alzarti, uscire e rimanere da sola. Te l'ho letto negli occhi. Mi sento così anche io, ogni tanto, ma solo all'inizio» si ferma per prendere fiato, poi quando è sicuro di avere l'attenzione di Haley, continua: «Lo senti il ghiaccio che ti blocca e ti rallenta i movimenti? Lascia che si sciolga, ok? Non sto dicendo “Haley, sembri vergine, fai un po' la troia”, sto dicendo “Haley, non so se tu sia vergine o no, ma divertiti! Lasciati andare e lascia che il calore ti sciolga i movimenti tesi.”» detto ciò, le fa un occhiolino, si alza e va al tavolo a prendere un bicchiere di birra e, senza voltarsi indietro, come se non avesse appena fatto un lungo e sensatissimo discorso senza ricevere alcuna risposta da Haley, sparisce tra la folla.
Quelle parole l'hanno stupita. Non che credesse che Zack fosse chissà chi, ma non lo credeva così... così sicuro di se, ecco. E invece lo era stato, e lo era stato anche parecchio. Con poche parole le aveva fatto mancare il fiato, l'aveva fatta sentire in imbarazzo, poi una debole, una facilmente scrutabile, capibile, dallo sguardo trasparente. E infine, l'aveva scossa, un po', giusto leggermente.
«Allora? Che ne pensi?» Alex si butta sul divano, affianco a Haley, e si sdraia con i piedi che escono dal bracciolo e la testa sulle gambe dell'amica. 
«Penso che sia una bella festa. Insomma, sì. Ho bisogno di bere, poi andrà meglio. Mi accompagni? Anzi, no, lascia stare, faccio io» gli sposta la testa e si alza, per dirigersi verso il tavolo dove aveva visto sparire Zack.
Era pieno di bicchieri rossi con l'interno bianco, un dettaglio che non può mancare in una tipica festa di adolescenti americani, e sono tutti pieni di birra. Poi ce ne sono alcuni, uno dentro l'altro, per gli alcolici più forti.
Haley ne afferra uno di birra, e nel secondo ci versa un po' di Vodka alla menta – la sua preferita – e torna al suo posto sul divano. Alex la sta aspettando con un sorriso e si affretta a prendere il bicchiere pieno di birra, che la ragazza aveva preso per se.
«Vuoi ubriacarti subito, Scott, o mi lasci il tempo di raggiungerti?» il fatto che l'avesse appena chiamata per cognome la fece rabbrividire. Le ricordava così tanto la sua vecchia vita, i suoi vecchi amici, il suo vecchio tutto. 
Scott era il marchio che l'avrebbe legata alla sua infanzia per tutta la vita, e allo stesso tempo era una delle poche cose che le ricordava la persona che era, gli ostacoli che aveva superato, il tempo che era passato, la forza che si era data e che aveva emanato, la debolezza, i graffi, le paure. Scott era il suo cognome, il suo passato, presente e, a quanto pare, futuro.
«Ti lascio il tuo tempo. Vediamo chi va fuori prima. Scommetto di reggere più di te, Gaskarth. Poi, questa cosa di chiamare per cognomi? Non so se esserne lusingata o schifata!» butta giù la vodka in un sorso. 
Non ha più voglia di niente. Non vuole pensare, collegare parole nel presente ad azioni del passato, non vuole sentirsi in colpa per un sorriso, non vuole sentirsi in colpa se flirta o bacia un altro ragazzo. Non più. Accavalla le gambe e ruba all'amico il bicchiere che stava portando alla bocca, e in un tre sorsi finisce anche tutta la birra. Alex la guarda con un sorriso strano, si alza e torna con altri due bicchieri, che finiscono presto.
Quando entrambi hanno bevuto abbastanza, Alex si alza e la fa alzare.
«Non voglio fare casini, capito Gaskarth? Quindi lasciami andare in bagno. Tu divertiti!» dice, e lo allontana per dirigersi nell'altra stanza.
Gira e rigira, si rende conto di non avere assolutamente idea di dove sia il bagno e capisce di non averne nessun bisogno. Si siede sulle scale e guarda i ragazzi che ballano. Parte “I Gotta Feelin'” dei Black Eyed Peas e si spengono le luci. Haley sbuffa e alza gli occhi al cielo: non solo odia quella canzone, ma luci spente significano sicuramente tante urla, tanto rumore, tanto casino e qualcuno che si avvicina.
E infatti così è. Le luci si riaccendono e un ragazzo le è affianco. E' un bel ragazzo, alto, con le gambe lunge e il corpo asciutto. Indossa una camicia bianca con i primi bottoni aperti e le maniche tirate su fino al gomito, dei jeans abbastanza stretti e delle scarpe da ginnastica bianche e nere. Ha gli occhi neri e i capelli castani arruffati ed è leggermente sudato. Sorride, ha un bel sorriso, i denti bianchi e dritti, sembra la pubblicità di un dentifricio miracoloso.
«Ciao!» dice sovrastando la musica. Haley gli fa un cenno accompagnato da un sorriso. «Ti va di ballare?»
«Non tanto, scusa. Non mi piace molto ballare...» risponde lei, cortese. Anche se in realtà, le piace ballare. Però non così, non lì, non ora, non dopo aver bevuto.
«Fantastico, nemmeno a me. Saliamo? Non voglio stuprarti» ride, la ragazza sorride: non lo trova affatto divertente «è solo che ci sono dei miei amici con un po' d'erba e mi chiedevo, beh... mi chiedevo se ti andasse... Qualche tiro, ecco. Niente di più, che dici?»
Lei lo guarda bene, ripercorre i suoi dettagli. Ha imparato a studiarle, le persone. A studiare i loro movimenti, le loro espressioni. Le capita anche, di riuscire a capire le intenzioni di qualcuno con uno sguardo. 
Lo sguardo del ragazzo davanti a lei, non è assatanato, non è eccitato né isterico. E' lo sguardo di un normale ragazzo che ha bevuto, vuole fumare e ci sta provando con una ragazza. Riflette un secondo sulla decisione che sta per prendere, poi gli sorride e si alza dallo scalino ricoperto da un tappeto marrone e fa un cenno alla nuova conoscenza di salire, per poi seguirlo su.
Lontani dal casino del piano inferiore, la loro voce sembra essersi alzata a tal punto che sembra che urlino. Prima di entrare nella stanza di cui le ha parlato, il ragazzo si presenta: «Io sono Liam, il migliore amico di Andy, tu?»
«Haley, un'amica di Alex, Jack, Ri..-» «E quegli altri, insomma. Conosco il gruppo» le fa l'occhiolino e si avvicina leggermente. 
«Sei impegnata?» chiede con un filo di voce. Ha una voce di quelle voci che ti fanno scordare tutto e ti fanno diventare bollente dalla testa ai piedi.
Haley scuote la testa e lui si avvicina di più, le prende i fianchi e le sorride, per poi accompagnarla nella stanza, in cui entra e si chiude la porta alle spalle.
Come le aveva precedentemente detto, in quella stanza c'erano quattro ragazzi e due ragazze che tiravano su qualche canna. Tre, forse quattro.
Si siede sul letto e accavalla le gambe. La ragazza più bassa, con i capelli neri come il carbone, le si avvicina e le sorride.
«Hey, io sono Lucilla, tu?» 
«Haley» l'imbarazzo sparisce completamente, senza un motivo particolare. Si sente trascinata indietro di qualche mese, dov'era abituale conoscere gente nuova ogni sera, fumare insieme, essere amici ma così amici che si ucciderebbe qualcuno per l'altro solo per alcune ore: quelle che si passano insieme.
«Dove vai a scuola?» le chiede. Gli occhi sono grandi e scuri, e la fissa con sincera curiosità.
«Alla Dulaney, tu?» il viso le si illumina e impercettibilmente si avvicina ancora di più alla bionda.
«Anche io! In che classe? No, aspetta, tu sei quella nuova! Quella del terzo, lingue, vero? Jack mi ha parlato di te. Conosci Bassam, vero?» 
Bassam è il secondo nome di Jack. O il secondo cognome, Haley non l'aveva ben capito, quando Alex l'aveva spiegato. Jack Bassam Barakat era il suo nome completo, in ogni caso, e a quanto pareva, si tendeva a chiamarlo “Bassam”.
«Sì, lo conosco. Sono venuta a questa festa con lui... Beh, non con lui, con loro. Con i ragazzi.» solo in quel momento si rende conto di avere tutti gli occhi puntati addosso, e tutti annuiscono. Intuisce allora lei, dai loro occhi e dai loro modi di fare, che quelle non sono le prime canne della serata che tirano su.
In pochi minuti la stanza si riempie di fumo che esce dalla finestra semi-aperta ed esce nell'aria della notte ormai inoltrata. L'erba gira veloce, non si fa in tempo a tirare una volta che arriva quella successiva e si tira di nuovo.
Haley non si disturba nemmeno a chiedere i nomi degli altri ragazzi presenti. Non le interessano. Lei fuma e si rilassa, butta la testa indietro e si passa entrambe le mani tra i capelli, prima dalla fronte verso il basso, poi da dietro al collo fino alla nuca. La rilassa. Lo fa sempre quando va in botta.
Liam la affianca e allunga le gambe sul letto, dietro la sua schiena. Appoggia la schiena alla testata e prende Haley per un polso per farla avvicinare. Lei non si tira indietro, si lascia trasportare. E' tutto così leggero. Si sente così leggera.
Il ragazzo comincia a passarle le dita tra i capelli esattamente come faceva lei poco prima e lei appoggia la testa sulla sua spalla.
Le loro labbra sono a pochi millimetri di distanza, lui sorride e si lecca le labbra. Ha gli occhi praticamente chiusi, e li chiude del tutto quando lei comincia a muovere le dita sul suo braccio, scoperto dalla camicia. Rimangono così, a coccolarsi per minuti, ore, poi finalmente lui la prende e la bacia.
Le prende il viso e si avvicina di più. Tra le dita ha ciocche bionde che gli solleticano la pelle e si intrufolano nel loro bacio, che comincia lento, dolce, fino a quando le loro lingue non si incontrano e diventa semplicemente più passionale. 
Che vi aspettate? Un bacio pieno di sentimento da cui nasce una di quelle storie d'amore perfette, da romanzo, in cui lui libera lei da tutti i suoi problemi e le permette di superare il passato? Vi sbagliate, e anche di grosso: questo è e rimarrà un semplice bacio dato dopo aver fumato, durante una festa di cui non si ricorderà nessuno. Niente amore, niente macchine del tempo, niente cuoricini.
E mentre Haley lo bacia, lo sa bene. Quante volte, quante, ha sperato di trovare quel bacio magico, che le facesse dimenticare il mondo e capire che era quella la persona con cui sarebbe voluta stare, con cui avrebbe voluto condividere il suo passato, il suo presente e soprattutto il suo futuro. La persona adatta, quella che l'avrebbe aiutata a scavalcare gli ostacoli che si era lasciata indietro: come livelli incompleti che servono per finire il gioco.
Ancora una volta, mentre si lascia stringere da uno sconosciuto, è delusa: per quel bacio, dovrà ancora aspettare.
 
 
Alex e Jack sono ubriachi quanto l'amica che stanno accompagnando a letto, e si reggono a vicenda. Non fanno altro che ridere, spingersi e ridere di nuovo.
Haley apre la casetta con le chiavi che tiene nascoste sotto una piastrella, ed entra seguita dai due amici. Si buttano tutti e tre sul letto, vestiti, ancora scossi dalle risate e con il fiatone. 
La ragazza si toglie le scarpe con il tacco e le lascia cadere sul pavimento di legno. Fanno un rumore sordo, e lei si sente libera: muove le dita dei piedi su e giù velocemente, per far riprendere la circolazione che mancava. 
«Che serata!» dice Jack, passandosi entrambe le mani sul volto.
«Che serata...» gli fa eco Alex.
«Grazie» sussurra Haley, aspetta che i ragazzi si tolgano le scarpe e tira le coperte fino ai loro visi.
«Grazie a te, Scott, buonanotte» nessuno ha la forza di rispondere. Si addormentano, uno affianco all'altro, e lasciano che un'altra notte a Baltimora passi.
 
Litigano ancora. Litigano, litigano, non fanno altro che litigare. Li sente urlare da almeno un'ora. Ma che dico? Lei li sente urlare da un'ora, ventisei minuti e cinque secondi. Sta guardando l'orologio da un'ora, ventisei minuti  e dieci, undici, dodici, tredici secondi. Le lacrime ha smesso di contarle alla centesima.
In quest'arco di tempo non ha sentito solo urla, singhiozzi, parole cattive, minacce: ha sentito rumori forti, porte che sbattono, schiaffi.
Guardando ancora l'orologio si promette che all'ora e mezza in punto, si alza e scappa. Non sa nemmeno lei dove andare. Però vuole uscire. Vuole andare da qualcuno che la faccia sentire meno in gabbia. 
Le urla di sua madre le perforano lo stomaco e aumenta il tempo all'ora e trentadue. Non vuole lasciarla sola. Lei è l'unica cosa che ha. E poi, la mamma era coraggiosa. Lei non l'avrebbe mai abbandonata solo perché aveva paura, o perché era stanca di sentire le urla o di sentirsi perforare lo stomaco.
La mamma è forte e deve essere forte anche Haley, piccola com'è. Ha solo sette anni e deve sopportare tutto quel dolore.
Si stringe le ginocchia al petto e per un secondo un pensiero le attraversa la mente: «meglio così, di quando si sfoga su di me».
Nel momento in cui lo pensa, la bambina si odia. Si odia a tal punto che comincia a piangere più forte, si tira i capelli e si nasconde sotto le coperte: spera, per un attimo, di sparire per davvero.
Assurdo come una bambina di quell'età potesse sentire così forte il senso di colpa per un pensiero che poteva sembrare quasi egoistico, ma che era semplicemente causato dalla paura e dal dolore fisico che aveva provato e che sapeva avrebbe provato ancora tante volte.
Assurdo come, nonostante la sua giovane età, - che dico, giovane? Infantile – lei riesca a percepire ogni movimento, a capire ogni parola, a interpretare ogni orrendo rumore.
Fa quasi paura. Si fa quasi paura.
Non sa per quanto rimane ancora lì, sotto le coperte, ad aspettare che il senso di colpa svanisca e che le urla si affievoliscano. Non sa neanche lei quanto tempo passa, dopo quell'ora, ventinove minuti e sedici secondi, prima di sentire la porta di casa sbattere e il passo lento e leggero della madre che sale le scale.
Non sa nemmeno lei quanto il suo cuore si senta sollevato quando le mani dolci della donna le scoprono il viso e l'accarezzano, evitando che lei apra gli occhi.
Ma lei sa, lei lo sa: dietro le sue palpebre, c'è sua madre: quella donna meravigliosa, quella donna forte, rovinata ancora una volta da lividi, ancora una volta da sangue, ancora una volta da violenza che non merita.
Haley con gli occhi chiusi si mette seduta e abbraccia l'unica cosa bella che ha nella sua vita e nel suo cuore incide qualcosa: «Non lasciarmi mai, come io ho fatto con te».
 
Quando Haley si sveglia, è in lacrime e Alex la sta guardando.
Come quand'era bambina, l'unica cosa che riesce a fare, è soffocare i singhiozzi nascondendosi sotto le coperte.


heylalà eccomi qua:
Ok, ok, ok, ci ho messo un po', lo so. Mi dispiace D:
Spero che vi piaccia. Stupida scuola, spero di riuscire a continuare presto.
LOVE YOU SO MUCH! Grazie per ogni singola parola di ogni singola recensione. <3
Vi prego, se ho sbagliato qualcosa o ripetuto qualcosa (tipo nomi etc) ditemelo :)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Night and mornin'. ***


Sembrano passate ore da quando Haley ha cominciato a piangere e solo ora Alex riesce a sentire i singhiozzi trasformarsi in respiri affannati e poi, piano piano, sempre più tranquilli, fino a diventare un respiro quasi regolare, solo leggermente più pesante, tipico di qualcuno che dorme. Ovvero non il ragazzo.
Alex, infatti, guarda il soffitto da un sacco e ha gli occhi che gli bruciano e lacrimano leggermente. Ormai sa i difetti, le crepe, le macchie e i punti di luce della parete a memoria, e li ripercorre uno ad uno, credendo ogni volta che quello successivo sparirà proprio quando lui ci metterà sopra gli occhi.
Sembra un po' una metafora della sua vita, pensa. E' fatto così, lui: dopo una bella sbronza, se si sveglia, passa poi un sacco di tempo a fare pensieri filosofici.
In effetti, tutte le volte che scava nel suo passato, spera di veder qualcosa di cancellato; come se non fosse mai successo. E invece, ogni singola volta, si rende conto che tutto in quell'arco di tempo che si è lasciato alle spalle è rimasto uguale, e ne ha la sicurezza perché ogni singolo particolare successo prima, si ripercuoteva continuamente sulla sua vita attuale.
Suo padre, ad esempio, non era a casa. Non era mai a casa. Per quanto ne poteva sapere lui, forse aveva anche cambiato stato, per quanto poco lo vedeva. Eppure sua madre continuava a ripetergli con la stessa espressione assurda e indescrivibile che aveva stampata in faccia da ormai quasi sei mesi, che tutto andava a gonfie vele, sia con papà, che con i soldi, e in famiglia.
«Come potresti pensare che ci sia qualcosa che non va? Quel che è successo è successo e basta, andato. Che sciocco che sei, certamente amo tuo padre. Che sciocco che sei, certamente io e tuo padre t'amiamo ancora. Solo, sai, è preso dal lavoro. Vedrai, è solo una settimana così. Certo che lo vedo tutti i giorni, è mio marito, vive con noi! Perché tu no? Come no? Sei proprio sciocco.»
Ripeteva quella  nauseante parola, “sciocco”, almeno sette volte al giorno, quando andava bene. In effetti, ogni volta che parlava con Alex, diceva “sciocco”. 
Ormai lui non ci fa più caso ai suoi discorsi falsi come il suo sorriso, o il suo sguardo felice. Ma quando dice “sciocco”, a lui si gonfiano le vene del collo dal nervoso.
Cazzo, mamma, dimmi che sono un coglione, un incapace, un deficiente cronico, una testa di cazzo completa, ma smettila, per Dio, smettila di dire che sono sciocco. Insulti la mia stupidità, in questo modo. 
E così eccolo, Alex. Che guarda il soffitto e vede i suoi occhi riflessi nel bianco con le crepe e lo sporco. 
“Chissà perché piangeva, Haley” si chiede. Ha pianto e urlato nel sonno, ma sembrava sempre attenta a quel che faceva. Ad esempio, ad un certo punto, aveva cominciato ad urlare, ma si era imposta immediatamente di smettere di urlare, e aveva emesso un suono simile ad un singhiozzo strozzato.
Aveva detto «Papà» due volte. Una delle due volte era arrabbiata, come se avesse avuto davanti suo padre, una pistola in mano, e avesse voluto sparargli.
La seconda volta che l'aveva detto, invece, sembrava lo stesse pregando, come se la situazione della pistola fosse all'inverso e lei dovesse inginocchiarsi per chiedere pietà.
“Chissà com'è fatto il padre di Haley” si chiede Alex, di nuovo. Se lo immagina alto, perché lei è alta, con gli occhi semi-aperti, come se osservasse ogni cosa, anche se Haley ha due occhi enormi color... Cielo. No, non cielo. Color oceano. Sì. Ecco. Però suo padre gli occhi color oceano non li ha, perché solo una persona al mondo può avere gli occhi tondi e di quel colore profondo. Quindi, decreta Alex, il padre di Haley ha gli occhi castani e semi-aperti. Le labbra carnose come quelle della figlia, ma non femminili, il naso piccolo e a punta e i capelli brizzolati. Non riesce a pensare a quell'uomo come una copia dell'amica. Gli sembra assurdo che ci sia qualcuno da cui possa aver preso bellezza, portamento, carattere e particolarità. Qualcuno di simile a Haley nel mondo. Qualcuno di così bello.
Si pente subito di questo pensiero, infatti chiude gli occhi e scuote la testa, senza riuscire però a trattenere un sorriso.
 
Quando riapre gli occhi, il soffitto bianco è ancora più bianco e Jack gli sta picchiettando il dito sulla fronte.
«Adesso spiegami che cazzo stai facendo!» chiede assonnato, e si gratta gli occhi.
«Niente, mi chiedevo, insomma, se potessi suonare... Con quelle!» dice, agitato come un bambino, indicando prima l'angolo della stanza e poi la porta del bagno, dove ci sono una chitarra classica, e poi una acustica e una elettrica.
«E lo chiedi a me? Che ne so! Comunque, solitamente – e lo sai – è odioso quando qualcuno ti tocca la chitarra. Anche se queste sono tre... Uhm» si mette seduto e guarda Haley dormire. Il viso non è più coperto dal lenzuolo e non c'è traccia del pianto sotto i suoi occhi. «Non saprei. Fai come ti pare, ma ti consiglio di non prendere né quella acustica né quella classica. Di solito le ragazze si legano più a quelle e ho capito che Haley non è proprio ciò che tu consideri “ragazza” ma... Lo è anche lei!» si ferma. Non sa nemmeno perché l'ha detto.
«Perché non dovrei considerarla una ragazza? E' una ragazza, è anche una gran bella ragazza. A volte i tuoi discorsi non hanno un senso, fratello. Comunque penso che tu abbia ragione, prenderò quella elettrica e starò attento al volume dell'amplificatore!» Alex non fa in tempo a collegare la parola “amplificatore” all'oggetto a cui è riferita, che Jack è già lì che strimpella qualcosa per accordare.
«Ma sei scemo?! La sveglierai!»
«Ma se il volume è bassissimo!»
«Ho capito, ma lei è proprio qui! E poi farai venire mal di testa a tutti, non ti è bastato l'alcool di ieri sera?»
Jack scuote la testa e sorride, poi comincia a suonare qualcosa. L'amico alza gli occhi al cielo e butta la schiena all'indietro, sul materasso. 
Haley si sveglia di colpo: Alex le si è praticamente sdraiato addosso e qualcuno sta suonando la sua chitarra.
«Buongiorno!» dice Jack, e le rivolge un sorriso.
Lei guarda prima Jack, poi Alex, poi di nuovo Jack, poi la sua chitarra; non fa in tempo a dire «vestitevi velocemente e fuori di qui, prima che mia zia vi becchi!» che la porta della casetta si apre e Christine entra con in mano un vassoio, tre bicchieri pieni di latte, una ciotola con il pane, la marmellata e la nutella, e tre piatti con bacon e uova.
«Buongiorno!» dice la donna, sorridendo. Poi guarda la nipote «Sono passata un'ora fa e stavate dormendo tutti e tre, ho pensato di prepararvi la colazione. Non siete stati un po' scomodi?» chiese, guardando i loro abiti. Tutti e tre infatti erano vestiti esattamente come la sera prima alla festa, compresa Haley, che aveva il vestito leggermente storto.
La donna attraversa la stanza sotto gli occhi terrorizzati, confusi e stupiti degli adolescenti ammutoliti, e appoggia il vassoio sul tavolo. Haley dopo un attimo infinito, si decide ad alzarsi e raggiungere la zia. Le si avvicina e le sussurra nell'orecchio:
«Li vedi anche tu quei due ragazzi, di sesso maschile, nella mia stanza, o meglio, sul mio letto, vero? Perché ancora non mi è molto chiaro il motivo per il quale tu non mi abbia ancora fatto una sfuriata. Insomma, hanno dormito qui. E non l'ho nemmeno chiesto, e...» «E non è successo niente. Ti hanno accompagnata a casa e si sono addormentati. Sinceramente, avevo pensato ad una sfuriata, ma sono i primi tuoi amici che porti a casa, e ci siamo appena trasferiti, e anche se non dovrà più capitare, non posso arrabbiarmi per questo. E poi, sono stata una ragazza anche io, tesoro. Va bene così, per questa volta...» Haley sente le lacrime che le premono sugli occhi, ma non le lascia scendere, e si lascia scivolare addosso anche il desiderio di abbracciare forte Christine. Le sorride e la ringrazia, semplicemente.
Dopo qualche secondo di silenzio imbarazzante, i tre ragazzi si siedono al tavolo.
«Grazie signora Scott» dice Jack, sorridendo alla donna che sta girando i tacchi per uscire e tornare in salotto a gustarsi un buon film con suo marito.
Si ferma, si gira e sorride al ragazzo. «Non c'è di che, buona giornata!» fa per girarsi di nuovo, ma ci ripensa «Ah, Haley, Alice chiedeva di te prima, adesso è sul divano con Jeremy, te la mando qui o le dico che stai ancora dormendo?» la ragazza ci pensa un secondo, poi sorride.
«Mandala qui, magari tra un quarto d'ora così posso mettermi a posto», risponde. La zia sorride ed esce chiudendosi la porta alle spalle.
Jack e Alex si sono già lanciati sul cibo. L'odore di bacon, in effetti, farebbe venire fame a chiunque. Le uova sono cotte al punto giusto e il pane è croccante. Se c'è una cosa che Christine sa fare bene, è cucinare la colazione.
Anche Haley si serve: prende due fette di bacon ancora fumante, un uovo, si versa del succo d'arancia e strappa una piccola fetta di pane.
«Amo la colazione!» dice Jack sottovoce mentre addenta l'ennesima forchettata.
«Chi è Alice?» chiede Alex, imitando l'amico.
Haley alza le spalle. «Mia sorella» finisce l'uovo e si alza. «Scusate, vado a farmi una doccia!» 
Apre l'armadio, prende un paio di jeans e una maglia larga, bianca, con una scritta nera sopra, delle mutande che nasconde sotto i jeans e un reggiseno pulito, poi si dirige in bagno, entra, si chiude la porta alle spalle e fa un giro di chiave.
Lascia i vestiti sul water, chiuso, e apre l'acqua calda. Appoggia le mani sui bordi del lavandino e si guarda allo specchio: ha il trucco sbavato e sembra davvero stanca. Sotto gli occhi ha un leggero segno di occhiaie, e sulle guance ci sono strisce di mascara come se avesse pianto tutta la notte. Eppure lei non si ricorda assolutamente niente.
Entra in doccia e il getto bollente la fa rabbrividire.
Resta tra quelle quattro mura d'acqua e vapore finché qualcuno non bussa alla porta annunciando l'arrivo della sorellina. «Arrivo!» urla.
Haley si passa le mani piene di shampoo tra i capelli e poi li risciacqua, si insapona il corpo e poi lascia che il sapone venga portato via.
Per un secondo sente le mani di suo padre che le prendono i polsi, trattiene un urlo e si lascia scivolare a terra.
Ricorda il sogno di quella notte, ma non sa di essersi svegliata piangendo, né che Alex l'avesse vista.
Chiude gli occhi e lascia che il dolore se ne vada.
«Ti prego ora no, ora no, ora no.» quella sensazione non l'avrebbe mai abbandonata, ma ora valeva la pena, forse, lottarci contro per farla sparire.
 
«Alice!» la bimba salta in braccio alla sorella e le da un bacino sulla guancia.
«Ieri sera Christine e Jeremy mi hanno fatto vedere il cartone del leone che fa male al papà e poi però non è colpa sua e deve tornare perché c'è quello cattivo che vuole diventare re con quegli animali brutti» dice Alice, con il tono più tenero che si potesse mai sentire.
Jack e Alex sorridono.
«Davvero? Era bello?» annuisce.
«E poi Alex e Jack hanno detto che c'è anche un'altra storia con lo stesso leone dove lui diventa g-ande, g-ande e c'è anche la bambina di Simba! Si chiama Simba il leoncino, lo sai Hals? Lo sai?»
«Ah sì, te l'hanno detto loro?» Alice annuisce felice e da un altro bacio alla sorella.
Haley si sente il cuore pieno.
Guarda i suoi amici che continuano a sorridere e a guardare quella piccola meraviglia che tiene tra le braccia. La lascia a terra.
«Jack fai ancora il leone! Poi lo guardiamo il film?»

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=826568