Il sole rosso

di dragon_queen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap. 1 ***
Capitolo 3: *** Cap. 2 ***
Capitolo 4: *** Cap. 3 ***
Capitolo 5: *** Cap. 4 ***
Capitolo 6: *** Cap. 5 ***
Capitolo 7: *** Cap. 6 ***
Capitolo 8: *** Cap. 7 ***
Capitolo 9: *** Cap. 8 ***
Capitolo 10: *** Cap. 9 ***
Capitolo 11: *** Cap. 10 ***
Capitolo 12: *** Cap. 11 ***
Capitolo 13: *** Cap. 12 ***
Capitolo 14: *** Cap. 13 ***
Capitolo 15: *** Cap. 14 ***
Capitolo 16: *** Cap. 15 ***
Capitolo 17: *** Cap. 16 ***
Capitolo 18: *** Cap. 17 ***
Capitolo 19: *** Cap. 18 ***
Capitolo 20: *** Cap. 19 ***
Capitolo 21: *** Cap. 20 ***
Capitolo 22: *** Cap. 21 ***
Capitolo 23: *** Cap. 22 ***
Capitolo 24: *** Cap. 23 ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Elettra guardava assorta l'ambiente al di fuori della finestra della stanza che divideva con le sue sorelle. Era piccola e forse anche un po' spoglia, ma era l'unica cosa che loro avessero mai considerato come casa.

La piccola porzione della città che si intravedeva dall'orfanotrofio nel quale vivevano era offuscata dalla fitta pioggia che cadeva ininterrottamente da quella mattina. Quelle giornate le mettevano una gran malinconia, anche se non sapeva con esattezza il perchè.

Era da quasi tredici anni che viveva in quel posto assieme a Niobe e Cleo. Era un giorno come quello quando avevano bussato alla porta del Santa Caterina. Elettra aveva cinque anni, Niobe quattro e Cleo due. Erano ricoperte da ferite e lividi, gli abiti stracciati e sudici. In tasca solo il biglietto con quell'indirizzo.

Ormai avevano la certezza che i loro genitori erano morti o che non le avessero volute tra i piedi, visto che nessuno era mai venuto a cercarle. La loro vita prima del loro arrivo all'orfanotrofio era un mistero, come se qualcuno lo avesse cancellato dalle loro menti.

La ragazza spostò lo sguardo verso l'interno della stanza, dove le sorelle stavano beatamente dormendo nei loro letti. Guardò l'orologio attaccato sopra la porta: quasi mezzanotte. Era tardi, sarebbe dovuta essere a letto già da un'ora. La mattina dopo aspettava loro un lungo viaggio, una gita di una settimana con le altre ragazze.

Il comunicato era stato fatto quella mattina e le sorelle erano rimaste spiazzate: non si erano mai allontanate dalla città e un po' la cosa le preoccupava.

Poi però l'ansia dei preparativi ebbe il sopravvento, soprattutto per Cleo, la più piccola, che non vedeva l'ora di partire.

Persino Niobe, più riservata rispetto alla minore, si vedeva che era contenta.

Per Elettra, invece, il pensiero principale era quello di tenerle d'occhio. Era sempre stato così, aveva sviluppato una sorta di protezione nei confronti delle due, come se fosse stata la loro madre. Non avevano nessuno, solo loro.

Nessuna delle persone che erano giunte per conoscerle avevano voluto adottarle tutte e tre, solo una o due. Così ormai lei era diventata troppo grande e le sorelle non se ne sarebbero mai andate senza la maggiore.

Si stirò, sbadigliando rumorosamente. Si alzò dal piccolo balcone sotto la finestra e si diresse verso il suo letto. Le valigie erano già pronte e poste ai piedi di ognuna. Sorrise: in fondo quella gita ci voleva proprio, avrebbero staccato un po' la spina. C'era qualcosa però che la preoccupava, qualcosa di insito e nascosto nella sua mente. Poi però la stanchezza fu più forte e così si infilò a letto.

Rimase per qualche minuto ad osservare il soffitto, pensando se avesse dimenticato qualcosa da infilare in valigia. Dopo che fu certa di non averlo fatto, chiuse finalmente gli occhi. La meta proposta era interessata, colma di mistero e antichità. I loro nomi, così particolari, pensavano che provenissero proprio da quel luogo, così magico per loro: Atene.

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Capitolo 2
*** Cap. 1 ***


-Elettra, Elettra, svegliati-

La voce di Cleo la riscosse. I suoi brillanti occhi azzurri le si presentarono non appena si destò.

-Che c'è? Che succede?- chiese, senza capire.

-Svelta, altrimenti ci lasciano qui. Hai dormito troppo, il pullman sta per partire!!-

-Come?-

Si iniziava proprio bene.

Dopo essersi lavata e vestita alla velocità della luce, prese le sue cose e, seguita dalla sorella, scese le scale a rotta di collo. Alla fine della rampa, all'apparenza scocciata e rassegnata insieme, stava Niobe, poggiata al lato della porta con le braccia incrociate. Scrollava la testa.

-Sei sempre la solita-

-Zitta tu e muoviti- la ammonì Elettra e tutte e tre corsero velocemente verso il pullman fermo fuori dall'orfanotrofio.

-Avanti ragazze su, altrimenti perdiamo l'aereo-

-Arriviamo, signorina- gridarono alla direttrice.

La chiamavano “signorina” perchè non si era mai sposata e aveva quasi sessant'anni. Era alta e secca, con capelli color fumo e un paio d'occhiali con piccole lenti poggiati sul naso aquilino. Trattava le sue studentesse, perchè tali le reputava, con severità, ma non era cattiva. Voleva solo prepararle a cosa il mondo le avrebbe riservato.

Elettra già un po' lo sapeva, visto che, con il raggiungimento dei quasi diciotto anni, si era dovuta cercare qualche lavoretto, in modo da provvedere alle sue sorelle più di quello che già non faceva l'orfanotrofio.

Una volta sistemati i bagagli, si sedettero comodamente tra le altre, ma come al solito si isolarono. Non gli interessava i pettegolezzi di quelle ragazzine, volevano rimanere nel loro mondo e basta.

Elettra, mentre le sorelle ridevano euforiche per il viaggio, si mise a guardare i palazzi che sfrecciavano fuori dal finestrino. Ben presto gli occhi le si fecero pesanti e li socchiuse. La levataccia le aveva lasciato addosso una grande stanchezza. Calcolando che per arrivare all'aeroporto ci sarebbero volute un paio d'ore, se non tre, si appisolò, con le risate di Niobe e Cleo nelle orecchie.

 

La donna si alzò di scatto dal suo giaciglio: qualcosa non andava. Il lineare scorrere del cosmo aveva avuto uno sbalzo, come se qualcosa si fosse risvegliato, fosse tornato alla vita. La sensazione che potesse accadere di nuovo dopo la guerra con Hades era sempre stato vivo in lei, ma non ci aveva dato un gran peso.

E invece qualcosa stava per verificarsi di nuovo e pareva terribile. Abbassò lo sguardo: grazie a non si sa quale potenza, tutti i suoi cavalieri d'oro erano tornati in vita e adesso custodivano nuovamente le dodici case dello zodiaco. Aveva paura per loro, non voleva che finissero per soccombere ancora una volta.

Poi, all'improvviso, capì da dove proveniva l'aura di malvagità che percepiva e in quel momento, non fu affatto tranquillizzata. Se era chi pensava ad essersi ridestato, allora il pericolo era maggiore di quello che pensava.

 

Ad un tratto i suoi sogni furono oscurati, ma lei non riusciva a svegliarsi.

-Che succede?- si chiese, mentre cercava inutilmente di aprire gli occhi.

Poi, all'improvviso, un tenue chiarore illuminò il buio in cui era piombata, lasciando intravedere un ambiente assai particolare: era una grotta, completamente inondata dall'acqua, dove, al centro, sorgeva una piccola piattaforma di pietra. Si avvicinò, poiché su di essa aveva intravisto qualcosa. E infatti, galleggiavano tre oggetti: all'apparenza una spada, uno scudo e una frusta.

-Non riesco a capire-

Poi dei flash: una battaglia, guerrieri con splendenti armature, una donna, un'ombra che incombeva su di loro.

Si svegliò di botto, il fiato corto.

-Ehi Elettra, tutto a posto- le chiese Niobe, mentre stava sfogliando una rivista.

-Si, tutto bene- rispose lei e si voltò dall'altra parte.

Il suo corpo era percorso dai brividi, mentre lo strano presentimento che la tormentava si faceva più forte. Cosa era quel sogno? E quegli oggetti? A tempo debito tutto le sarebbe stato rivelato.

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Capitolo 3
*** Cap. 2 ***


A parte il piccolo contrattempo del pullman, il resto del viaggio era andato a meraviglia. Nonostante le preoccupazioni della direttrice, erano riuscite a prendere il volo in perfetto orario.

Era quasi un'ora che erano decollati e già si intravedevano le coste della Grecia. Niobe e Cleo facevano a spintoni per poter vedere dal finestrino, mentre la giovane hostess di servizio cercava in tutti i modi di calmarle. Elettra avrebbe dovuto intervenire, farle smettere, ma come al solito era in un mondo tutto suo.

Più si avvicinavano alla penisola, più quel suo presentimento diventava più forte. Eppure sentiva che era destino che loro arrivassero ad Atene. Ciò che non aveva mai detto a nessuno era che, la notte in cui giunsero all'orfanotrofio, oltre al biglietto con l'indirizzo, lei aveva anche una foto, vecchia e consumata, di un paesaggio campestre e di una piccola casetta. Nell'angolo in alto a destra una scritta: “Saluti dalla Grecia”. Qualcosa doveva pur significare.

 

I cavalieri erano riuniti nelle stanze della Dea, ma quella ancora non accennava a farsi vedere.

Uno ad uno iniziarono a guardarsi intorno, in quanto ognuno aveva raggiunto il tredicesimo tempio per un solo motivo: tutti avevano avvertito un potente sbalzo nel cosmo.

Finalmente la giovane si presentò a loro, seria ed enigmatica come ogni volta, il suo scettro sempre stretto nella mano destra.

Nessuno parlò per qualche istante, poi la donna chiese:

-Cavaliere, perchè vi trovate qui?-

Quelli si guardarono, interdetti: era mai possibile che la Dea non avesse avvertito quella pericolosa vibrazione nel cosmo?

Uno di loro allora le si avvicinò:

-Milady, abbiamo avvertito uno sbalzo nel lineare scorrere del cosmo, cosa avvenuta solo in presenza di un attacco di Hades e ancor prima di Nettuno. Chi ci minaccia stavolta?-

Lady Isabel abbassò lo sguardo, rendendo la sua esile figura ancora pià scura:

-Non ne ho la certezza, ma avverto un'aura maligna provenire dal Sud della penisola-

-Con esattezza?- chiese un altro dei cavalieri.

-Nel luogo dove un tempo sorgeva Sparta, nemica di Atene fin dalla loro fondazione-

-Che cosa significa questo?-

La donna prese a scendere gli scalini che la separavano dai suoi guerrieri. La tensione del momento si poteva quasi toccare con mano.

-Cavalieri, è inutile girarci intorno: ciò che sta per colpirci è l'ennesima collera di un Dio, molto potente, forse più degli altri...-

Ci fu un attimo di silenzio.

-C'è solo una divinità che risiede in quella parte della Grecia, divinità che io stessa ho rinchiuso con un mio sigillo che, a quanto pare, meno di due giorni fa è stato rimosso-

-Ci dica di chi si tratta, milady-

-L'unico che potrebbe emanare un'aura del genere è Ares, dio della guerra-

 

Perchè in quel posto la luce non filtrava? Eppure non erano nell'Ade dove risiedeva quel patetico e apatico Dio, erano nella gloriosa terra di Sparta, la quale aveva visto così tante battaglie combattute da uomini gloriosi che avrebbe avuto da raccontarne per secoli. Era la sua terra, a lui consacrata anima e corpo.

Dopo secoli, quel dannato sigillo si era rotto e lui poteva finalmente urlare vendetta. Purtroppo si trovava ancora bloccato nel suo palazzo che quella Dea aveva fatto sprofondare nelle viscere del monte Taigeto. Non solo lo aveva imprigionato, ma gli aveva anche privato di ammirare il magnifico paesaggio delle terre che gli appartenevano.

Adesso era il momento di recuperare ciò che gli era invece stato impedito secoli prima, ma aveva bisogno dell'antico libro che gli era stato sottratto e che la Dea probabilmente aveva nascosto chissà dove.

Aveva necessità di recuperarlo, al più presto. Alzò il capo e parlò:

-Ragazzi, ho un lavoro per voi-

 

-Cleo, non ti allontanare- gridò Elettra, mentre tratteneva l'altra sorella per il colletto.

Entrambe erano talmente euforiche che scattavano da tutte le parti, ma nel caos dell'aeroporto, Elettra non voleva che si perdessero.

Quando finalmente le ebbe calmate, le tre seguirono il gruppo che si stava dirigendo al pullman che le avrebbe portate alla loro meta.

Quando però iniziarono ad abbandonare le affollate strade di Atene, per imboccare un paesaggio molto fuori dal concetto di cittadino, iniziarono tutte a farsi domande. La direttrice spiegò che, con i fondi dell'orfanotrofio, non erano riusciti a trovare un albergo in città, ma si erano dovute accontentare di un ostello nei pressi dell'acropoli di Atene. Sorridendo disse che sarebbe stato comunque un bel vedere.

Le ragazze si guardarono e cominciarono a lamentarsi e frignare. Tutte tranne le tre sorelle. A loro non dispiaceva, dopotutto si sarebbero potute calare totalmente nell'aria della Grecia antica.

-Perchè quelle bertucce si dovranno lamentare in questo modo? Non riescono a godersi proprio niente- disse Niobe, innervosendosi all'ennesima lamentela.

Elettra tentò di calmarla, credendo che potesse fare male a qualcuno: quella ragazza era troppo irrascibile.

Ad un tratto fu Cleo a parlare:

-Guardate, il mare!! Non lo avevo mai visto!! E' bellissimo!!-

Tutte e due le sorelle si voltarono a guardare dal finestrino: il paesaggio che stavano attraversando era tremendamente bello e suggestivo. Le campagne si stendevano a vista d'occhio e qua e là si poteva scorgere qualche resto di tempio o abitazione antica. Sullo sfondo, come se il cielo di unisse alla terra, si stagliava una distesa azzurra che a tratti si colorava di qualche spruzzo bianco: il mare Egeo.

Elettra e Niobe sorrisero per l'entusiasmo della sorella: nonostante avesse quasi quindici anni, si comportava ancora come una bambina. Ma a loro non dispiaceva. Ci voleva un po' di innocenza in quelle giornate così piatte e Cleo era bravissima a risollevare loro il morale.

All'improvviso ad Elettra sembrò di veder sfrecciare l'edificio della sua foto, ma il tempo di collegare che quello era già sparito alla vista.

-Forse me lo sono immaginato- si disse.

 

-Stiamo scherzando, non è vero?- obiettò sonoramente Niobe quando vide dove avrebbero alloggiato.

D'accordo lo stile assai spartano, ma così si esagerava. Davanti ai loro occhi si ergeva un vecchio edificio, all'apparenza assai pericolante, mentre una vecchia signora, nell'abito tipico, sorrideva loro dalla porta.

In un italiano un po' arrangiato, disse loro di entrare. Il gruppo si dovette ricredere: il fuori non rendeva per niente l'idea.

L'interno era carino e accogliente, luminoso e fresco. Le pareti erano bianche e qua e là erano appesi mazzi di fiori secchi. Attraverso una rampa di scale di pietra si arrivava al piano di sopra, dove si trovavano le stanze da letto. Il bagno era in comune, ma poco male.

Quando le tre sorelle si furono sistemate, Elettra spalancò la finestra per far entrare la luce. Davanti ai loro occhi si aprì una vista da mozzare il fiato: la collina dei tempi dell'acropoli e poco sulla sinistra la distesa azzurra dell'Egeo.

Si misero ad osservare la gente per strada. Ciò che le colpì più di tutto fu il modo di vestire di alcuni: parevano proprio abiti dell'antica Grecia.

-Mi piace- disse Niobe divertita.

 

Il sole era già alto nel cielo quando la vecchia signora servì loro il pranzo. Insieme a lei c'era anche una ragazza, forse dell'età di Elettra, che si presentò come la nipote.

Le sorelle spolverarono il piatto in un batter d'occhio.

-Buono- dissero in coro Niobe e Cleo.

In effetti i piatti tipici non erano male. Lo ammise anche Elettra, che di solito mangiava poco e poche cose.

Ad un tratto la porta d'entrata fu sbattuta con violenza. La vecchia signora fece cenno alle ragazze e alla nipote di aspettare dov'erano che sarebbe andata a controllare.

La giovane però, preoccupata, si precipitò dietro di lei. Le sorelle, nonostante le raccomandazioni della direttrice, le si fecero dietro: in fondo quella vecchietta era simpatica e gli sarebbe dispiaciuto se gli fosse accaduto qualcosa.

Quando si affacciarono sulla stanza adiacente rimasero impietrite: sulla porta erano spuntati due tipi dall'aria poco raccomandabile. Uno aveva anche una cicatrice sulla guancia sinistra e lo sguardo non preannunciava niente di buono.

Quello senza cicatrice stava parlando:

-Vecchia, ci serve una stanza-

-Non ne ho. Sono tutte occupate-

-La tua è la sola locanda in questo sputo che voi chiamate villaggio. Liberaci una stanza-

-Non posso-

-Vi prego, andatevene. Non abbiamo dove ospitarvi- intervenne la nipote.

Quello che non aveva ancora parlato sorrise maligno:

-Oh, ma guarda che bellezza abbiamo qui. Forse, in fondo, potremo divertirci un pò- e afferrò la ragazza per un polso.

-Vi prego lasciatemi- supplicava lei.

-Per favore, lasciate in pace mia nipote- pregava la donna, ma il campare le diede una spinta, facendola finire a terra.

Ad un tratto il polso del guercio fu afferrato da qualcuno che i due non avevano visto arrivare. Quello abbassò lo sguardo e si trovò a fissare un'altra ragazza, con lunghi capelli castani e occhi azzurri.

-Credo che la signorina abbia detto di lasciarla- disse e gli storse il polso.

Quello, non aspettandoselo, lasciò la presa. Poi tornò a guardarla con odio: come era possibile che quello scricciolo di femmina avesse una tale forza?

In effetti nessuno sapeva come, ma Niobe aveva una potenza dentro di sé che non aveva eguali. Nel frattempo Elettra e Cleo erano andate ad aiutare la vecchia e la nipote.

I due uomini le guardarono per un attimo, poi uno sorrise all'altro:

-Credo che sia meglio andarcene. Non vorrei dire di essere stato messo KO da una femmina- e se ne andarono, ridacchiando.

Chi erano quei due? Perchè Elettra aveva percepito in loro qualcosa di maligno?

 

-Che cosa ti è saltato in mente?!?- stava gridando Elettra alla sorella.

-Io...ho agito d'istinto. Sai che non mi piacciono le ingiustizie- si difese Niobe.

-E se quei due non se ne fossero andati? Cosa avresti fatto?-

-Li avrei stesi- sorrise la ragazza alzando la guardia, ma visto lo sguardo della sorella, le toccò chiedere scusa.

Cleo ascoltava senza intervenire. Non poteva dare contro ad Elettra, visto che Niobe aveva agito in maniera imprudente, visto che, oltretutto, i due brutti avevano anche una forma fisica niente male. Ma non poteva dare contro totalmente all'altra sorella, visto che se ne avesse avuto la possibilità, anche lei avrebbe agito allo stesso modo.

Le tre sorelle se ne stavano sedute su un muretto di vecchie pietre al ciglio di una strada, il quale dava su un campo di ulivi. La direttrice aveva dato loro la giornata libera prima di cominciare con le visite guidate. Che barba!!

si stavano godendo la gentile brezza proveniente dal mare che odorava di salmastro, quando a Niobe si illuminarono gli occhi.

-Ehi Elettra, strafighi ad ore due-

La sorella socchiuse un occhio e guardò verso dove le era stato indicato. All'inizio non ci fece molto caso, poi, in mezzo alla gente, vide due giovani, capelli lunghi, entrambi con una tonalità sul blu. Uno in particolare aveva attirato l'attenzione della ragazza: il suo sguardo era assente e spento, ma sembrava racchiudere un immensa tristezza. Il suo passo era però fiero e, constatò lei, anche molto sensuale.

L'altro invece sembrava una macchinetta, non si era zittito un attimo. Anche se l'altro non gli rispondeva, quello continuava a parlare. Però Elettra doveva ammettere che anche lui non era male, anzi aveva un che di estremamente sexy.

Ad un tratto quello con lo sguardo triste si voltò, incontrando quello di Elettra, la quale arrossì visibilmente. Lei, veloce, distolse lo sguardo.

 

-Ehi Camus, mi stai ascoltando?- disse Milo quando vide il compagno intento a fissare qualcosa che non fosse lui.

Così si voltò. A pochi metri da loro stavano tre ragazze, e che ragazze, che li stavano guardando. Poi, quella che sembrava la più grande, prese a spintonare le altre due, facendo in modo che si allontanassero. Mentre se ne andavano però, quella si voltò ancora e Milo potè regalargli uno dei suoi sorrisi ammaliatori.

-Non male- disse.

-Ricorda cosa siamo venuti a fare- disse Camus, guardandolo con quello sguardo così vitreo.

-Certo che me lo ricordo, ma un po' di svago non fa male a nessuno. Dovresti rilassarti qualche volta, amico mio-

 

-Che razza di figuraccia- stava continuando a ripetere Elettra, anche dopo che erano rientrate in camera.

-Credo di essermi innamorata- stava dicendo Niobe.

-Smettila- le disse la sorella.

-Ma cosa è successo?- chiese allora Cleo.

-Niente-

-Elettra ha fatto gli occhi dolci ad un ragazzo- la canzonò Niobe.

-Non è vero-

-E invece si-

-Niobe, se ti prendo, ti cancello dalla faccia della Terra-

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Capitolo 4
*** Cap. 3 ***


La mattina seguente le tre si svegliarono di buon'ora e scesero per la colazione. Trovarono l'anziana e la nipote intente a rassettare.

-Dove sono le altre?- chiese cortesemente Elettra.

-Si sono già avviate all'acropoli. Hanno tentato di svegliarvi, ma niente. Così la vostra direttrice ha detto di raggiungerle là- rispose la ragazza.

Le sorelle si guardarono, avendo avuto tutte e tre lo stesso pensiero:

-Ci squoierà vive!!-

Così radunarono un po' delle loro cose in tre zaini e schizzarono fuori dalla locanda, senza neanche fare colazione.

Correndo si ritrovarono sulla strada che saliva all'acropoli, affollatissima di gente e turisti.

-Fa un caldo terribile- disse Niobe.

-Avanti, non ti lamentare. Dopotutto se ci siamo svegliate tardi è colpa tua, visto che sei rimasta fino a notte fonda ad elogiare le splendide forme di quello sconosciuto con i capelli blu- rispose Elettra.

La sorella le rivolse una linguaccia.

Finalmente giunsero in cima alla collinetta dove sorgeva il grande tempio di Atena e rimasero a bocca aperta: nonostante fosse pressocchè in rovina, trasmetteva ugualmente una grande aura di potenza e autorità. Le tre ragazze furono improvvisamente investita da una sorta di forte corrente, ma che stranamente solo loro riuscivano ad avvertire.

-Cos'è questa sensazione?- sussurrò Niobe.

Il mondo intorno a loro sembrava essersi fermato. I contorni dell'edificio ebbero una sorta di vibrazione, come l'effetto che provoca l'aria calda sull'asfalto o sul tettuccio delle macchine.

-Non lo so, ma mi fa paura- aggiunse Cleo.

-State calme, sta passando- le rassicurò Elettra.

Le sorelle si mossero dalle posizioni che avevano assunto, tirando un sospiro di sollievo.

-Forse è perchè non abbiamo fatto colazione- sorrise la maggiore.

-Di sicuro- rispose la mezzana, anche se poco convinta.

Ad un tratto una voce alle loro spalle:

-Signorine, era ora che ci degnaste della vostra presenza!!-

Le tre si voltarono e incrociarono lo sguardo severo e spazientito della direttrice e le risatine del resto delle ragazze.

-Siamo fregate- enunciò Niobe, incurvando le spalle in segno di resa.

 

Il cavaliere camminava spedito verso le stanze della Dea per comunicare ciò che aveva sentito dalla sua posizione nella prima casa. Quando aprì le porte, la donna lo stava già aspettando.

-Cosa ti porta qui, Mur dell'ariete?- chiese lei.

Quello si inginocchiò.

-Ho percepito una vibrazione nella barriera che circonda il sacro tempio, come se qualcuno avesse cercato di superarlo-

-Lo so-

Il giovane la guardò, interdetto.

-Ho avvertito subito tre cosmi molto potenti avvicinarsi alla zona del tempio-

-Nemici?-

-Direi di no-

 

-Elettra, io me la svigno-

-Niobe non ti provare. Sono stufa di correrti continuamente dietro-

-Ma questa roba è una barba. Io voglio andare a cercare quei bellissimi esemplari che abbiamo intravisto ieri-

-Sono più che sicura che non si vogliono far trovare, soprattutto da te-

-Ah ah ah, divertente-

-Silenzio per favore, voglio sentire- le interruppe la più piccola, portandosi un dito alle labbra.

La guida stava raccontando della Dea Atena e delle leggende ad esse connessa. Cleo era affascinata e non voleva perdersi neanche una parola. Si raccontava che Atena si circondasse di valenti guerrieri per combattere contro chi minacciava l'equilibrio del mondo.

Elettra sorrise a guardare la sorella. In quel momento si sentì proprio come una madre che guarda una figlia, orgogliosa. Fu scossa di Niobe, la quale gli fece cenno di guardare dietro di loro. La ragazza si voltò e si stupì nel vedere i due brutti che si erano presentati alla locanda il giorno prima.

Si lanciavano rapidi occhiate intorno, come se temessero di essere seguiti. Poi, come ombre, abbandonarono l'acropoli per scendere lungo un pendio.

-Sono curiosa- disse Niobe e, senza che nessuno la vedesse, gli corse dietro.

-Accidenti, che testa dura- disse Elettra, seguendola di corsa.

-Non riesco mai a sentire la fine delle cose che mi interessano. Che pazienza- si disse Cleo e anche lei le seguì.

 

-Dove sono?- chiese Elettra a Niobe, nascosta dietro un cespuglio.

-Là, a fissare il vuoto. Non capisco proprio cosa stiano facendo- le rispose la sorella.

-Io l'avevo detto che non ne valeva la pena. Devono avere dei seri problemi-

Nel frattempo i due ragazzi continuavano a fissare una piana deserta, parlottando tra di loro.

-Sento la barriera- disse uno.

-Dobbiamo essere vicini. Non avremo difficoltà ad attraversarla- rispose l'altro.

-Non siamo qui per ingaggiare alcun combattimento. Di sicuro se non facessimo attenzione i cavalieri verrebbero allertati. Dobbiamo introdurci e cercare indisturbati il libro-

-Sei sempre così prudente. Io voglio un po' di azione-

-E tu troppo precipitoso. Sai bene cosa ci è stato ordinato-

-Si, non c'è bisogno che me lo ricordi-

-Bene, volevo essere sicuro-

In quel momento avvertirono un rumore alle loro spalle.

-Abbiamo compagnia-

-E te ne sei accorto solo ora?-

 

-Cavalieri, qualcuno sta cercando di superare la barriera del tempio e non ha buone intenzioni- disse Atena.

-Prepariamoci a riceverli-

 

-Accidenti!! Pensi ci abbiano sentito?- sospirò Cleo.

-Spero di no- rispose Elettra.

-Ragazze...-

-Che c'è?-

-Sono spariti-

-Cosa?-

-Cercavate noi?-

Le tre sorelle si voltarono di scatto, trovandosi i due individui alle spalle che le guardavano con un sorriso maligno sul viso.

-Siamo nei guai- valutò Niobe.

-Voi non siete quelle della locanda? Ragazzina, tu hai un conto in sospeso con me- disse quello con la cicatrice, mostrandogli il polso.

-Se ti dicessi che mi dispiace?-

-Niente da fare- sorrise quello.

-Sentite, che ne dite di sotterrare l'ascia di guerra e andarcene ognuno per la propria strada?- propose Elettra, frapponendosi tra i due sconosciuti e la sorella.

Quello che aveva parlato si abbassò rapido al suo livello e le prese il mento con una mano.

-Niente da fare bellezza. Direi che abbiamo proprio voglia di divertirci un pò-

Era vicinissimo e la ragazza inghiottì sonoramente.

-Lasciami- disse.

Quello si avvicinava ancora. All'improvviso gli arrivò un colpo in pieno viso, così forte da fargli lasciare la presa su Elettra e farlo allontanare di qualche passo.

-Mia sorella ti ha detto di lasciarla-

-Sai ragazzina, mi hai proprio stancato- disse quello, girandosi e asciugandosi un rivolo di sangue ad un lato della bocca.

-Fatti sotto, grand'uomo-

Quello, per tutta risposta, si voltò verso l'altro.

-Posso?-

Il ragazzo si guardò intorno, poi rispose:

-Basta che fai veloce-

-Bene, sarà un piacere farvi provare un po' di paura vera-

 

-Niobe, accidenti alla tua boccaccia- si disse la ragazza, mentre arretrava ad ogni passo dell'avversario.

-Sai, mi hai veramente stancato. Sei forse gelosa perchè tua sorella ha attirato la mia attenzione?-

-Cosa? Ma ti sei visto? Non piaceresti neanche al più grande cesso sulla piazza. E poi con quella cicatrice? Chi pensi di essere? Rambo?-

-Rambo?- disse quello perplesso.

-Lascia perdere-

Nel frattempo Elettra si era allontanata con Cleo.

-Dobbiamo aiutarla- disse la più piccola.

-Sai che se la sa cavare-

-Ho una brutta sensazione-

La ragazza doveva darle ragione. Era come se quel ragazzo emanasse un'energia negativa e spaventosa e anche lei temeva per Niobe.

-Allora, cosa hai intenzione di fare?- gli chiese la seconda sorella.

-Sei così ansiosa di farti picchiare?-

-Ti piacerebbe-

-Sai, in fondo mi dispiace, perciò userò con te solo una parte della mia potenza-

La ragazza lo guardò interdetta, poi, senza che se ne rendesse conto, le arrivò un pugno dritto nello stomaco. Quella si piegò, sputando saliva e strabuzzando gli occhi.

-Come hai fatto? Non ti ho neanche visto- balbettò, arretrando.

-Non devi essere così duro- lo ammonì l'altro.

-E fammi divertire un pò- rispose quello.

Nel frattempo Elettra e Cleo avevano raggiunto la sorella.

-Sei proprio una testa dura. Adesso come ci togliamo da questa situazione?-

-Perchè devi sempre sgridarmi? Non credo sia il momento adatto- sorrise Niobe alla sorella maggiore.

-Dobbiamo trovare una soluzione-

Poi la voce del ragazzo risuonò:

-Allora, ne hai già abbastanza, ragazzina?-

-Per favore, ha capito la lezione. Lasciaci in pace- rispose Elettra guardandolo negli occhi.

Fu in quel momento che il compagno vide brillare una luce strana in quella ragazza, ma prima che potesse avvertire l'altro, quello stava già attaccando. Il colpo però non andò a segno, in quanto il ragazzo sbattè violentemente contro un muro.

-Che diavolo succede?-

-Possiedono un cosmo-

-Che cosa?!?- esclamarono all'unisono il ragazzo e le tre sorelle.

-E sembrano anche forti-

-Davvero? Allora sarà ancora più divertente-

 

Cosmo? Di cosa stavano parlando? Eppure le sembrava di sapere cosa fosse. Ma come poteva essere? Elettra guardò le sorelle, ma quelle le rivolsero uno sguardo altrettanto stranito. Poi tornò a fissare i due sconosciuti. Adesso anche il secondo aveva raggiunto il compagno.

-Siete spie di Atena?- chiese.

-Atena?- pensarono le tre.

-Non sappiamo di cosa state parlando- rispose Elettra, continuando a mantenersi davanti alle sorelle.

Niobe era ancora debole e non sarebbero riuscite a svignarsela. Così non restava che tener loro testa, sperando che arrivasse qualcuno ad aiutarle. Magari le altre, accorgendosi della loro assenza, sarebbero venute a cercarle.

-Poco male. Direi quindi che possiamo anche scoprire le carte- disse quello con la cicatrice.

In un attimo i due si circondarono di una sorta di luce e i loro corpi furono ricoperti da due armature, una rossa e una nera. Le ragazze li guardarono straniti.

-Addio bellezze- disse quello con l'armatura rossa e, con una mano tesa, lanciò il suo attacco.

Elettra si ricordò solo di lei che si parava davanti alle sorelle, poi la terra sotto i loro piedi franare e loro cadere in una grande oscurità. Poi più niente.

 

Una dolce melodia si fece strada nel buio della sua mente. Elettra aprì timidamente gli occhi e cercò di mettere a fuoco dove si trovava. Con fatica si mise in piedi e cercò le sorelle, le quali stavano poco distanti, ancora prive di sensi e un po' ammaccate.

Ad un tratto di nuovo la melodia.

-Che succede?- pensò.

Tentò di capire da dove proveniva quel suono e fu così che le vide: illuminate dal tenue cono di luce che filtrava dal buco da dove erano cadute, stavano tre armature. L'alone che emanavano sembrava andare al ritmo di quella musica che lei udiva così soave.

Mosse un passo e solo allora si accorse di essersi storta una caviglia nella caduta. Poi però, come se la volontà di avvicinarsi alle strane vestigia fosse più forte, zoppicando, si fece vicino. Era come se l'armatura reagisse al suo respiro, al battito del suo cuore. Timidamente avvicinò una mano e la sfiorò.

Accadde come se un fulmine le avesse attraversato il cervello. All'improvviso ebbe la certezza che quella le appartenesse, come fosse stata forgiata per lei.

In quel momento udì le sorelle che si stavano riprendendo e si voltò. Anche loro guardavano stranite le due armature al fianco di quella di Elettra. Si avvicinarono e anche per loro avvenne il collegamento.

Qualcosa però gli diceva che avrebbero dovuto mostrarsi degne di indossarle.

All'improvviso udirono dei passi: i due sconosciuti, ancora rivestiti dalle armature, le avevano seguite.

-Bene bene bene, vedo che hanno trovato delle strane armature. Devo dire che non ne ho mai viste di così particolari-

Elettra strinse i denti e, zoppicando, si mise nuovamente di fronte alle sorelle, allargando le braccia.

-Sai che non potrei proteggerle dal nostro attacco?- disse quello con la cicatrice e alzò una mano.

Niobe e Cleo si strinsero alla schiena della sorella maggiore e tutte e tre chiusero gli occhi. Prima che il colpo potesse raggiungerle, avvertirono qualcuno che si poneva dinnanzi a loro e un rumore di mantelli che si muovevano nel vento.

Aperti gli occhi si trovarono a fissare due candidi mantelli bianchi e chiome dal particolare colore blu. Elettra strabuzzò gli occhi: e adesso quei due chi erano?

-Non vi sembra un po' da vigliacchi mettersi contro tre fanciulle indifese?- disse uno.

-I cavalieri di Atena. Questa non ci voleva- aggiunse uno degli avversari.

-Ritiriamoci. La copertura è saltata- e i due sparirono.

Elettra avvertì un'improvvisa debolezza nelle gambe. Poi i due salvatori si voltarono e si stupì nel riconoscere i ragazzi di quel giorno.

-Tutto bene?- le chiese quello con i capelli più scuri, tendendole una mano.

Lei, anche se diffidente, la afferrò e il ragazzo l'aiutò ad alzarsi in piedi. Non appena lo fece però, le forze la abbandonarono totalmente e finì nelle braccia del suo salvatore.

-Grazie- sussurrò e perse nuovamente i sensi.

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Capitolo 5
*** Cap. 4 ***


-Ehi, ehi, si sta svegliando- udì la voce della sorella più piccola.

-Elettra, mi senti? Tutto a posto?-

Adesso era stata Niobe a parlare.

La ragazza socchiuse timidamente gli occhi, venendo accecata dalla luce del mattino. Li richiuse immediatamente, stringendo forte le palpebre. Provò ad alzarsi, ma la testa e girava terribilmente. Si portò una mano sulla fronte e sospirò.

-Come state?- chiese alle sorelle.

-Bene. Non crederai mai dove siamo finite-

-Ah si? E dove, con esattezza-

-Nel tempio di Atena-

Elettra riuscì finalmente ad aprire gli occhi e osservò le sorelle.

-Sai che novità. Siamo all'acropoli di Atene- e sorrise.

-No sorellona, non capisci. Siamo al vero tempio di Atena, quello di cui parlava la guida, con i cavalieri e tutto il resto- rispose Cleo eccitata.

-Penso che ti viaggi troppo di fantasia-

-A me non sembra di essere un'allucinazione. E a te, Camus?-

Quella voce fu come un fulmine a ciel sereno. La ragazza si alzò di botto, stupita. Poco dietro alle sue sorelle, sedute accanto al giaciglio, stavano i due tipi che erano giunti in loro aiuto. I loro corpi erano rivestiti da scintillanti armature d'oro e sulle spalle avevano bianchi mantelli.

-Non è possibile. Sto ancora sognando- sospirò e si gettò di nuovo distesa.

In quel momento si trovò il volto di quello che aveva visto per l'ultima volta prima di perdere i sensi a pochi centimetri dal suo.

-Forse la bella addormentata ha bisogno di un bacio per risvegliarsi- le disse sornione.

Lei arrossì e il fiato le si mozzò in gola. Poi il ragazzo fu preso per un orecchio dal compagno che lo fece allontare.

-Sei sempre il solito Milo. Credo che adesso le ragazze debbano riposare adesso-

-Andiamo Camus stavo solo scherzando...- ma la sua voce sparì dietro la porta che si richiuse.

Ci fu un attimo di silenzio, nel quale le tre sorelle si osservarono tra loro e osservarono l'ambiente circostante.

Poi Niobe lanciò un urlo:

-Ma hai visto quanto erano fichi quei due?-

Elettra emise un sospiro di resa.

-Sorellina non riesci proprio a pensare ad altro-

 

Quando Elettra riuscì finalmente a reggersi sulle sue gambe, insieme alle sorelle, si affacciò dall'edificio nel quale si trovavano. Sotto di loro si estendeva una lunga scalinata, la quale attraversava dodici edifici, i quali assomigliavano a piccoli templi.

-Sono le case dello zodiaco, ognuna custodita da un cavaliere d'oro- disse Cloe.

-Come lo sai?-

La ragazzina le guardò di sottecchi.

-Ah giusto...la guida-

In fondo alla rampa di scale che pareva infinita, si intravedeva il piccolo villaggio nel quale alloggiavano con le compagne e all'orizzonte si apriva il grande mare Egeo, con il suo colore cristallino.

-Come abbiamo fatto a non renderci conto prima di questo posto?- chiese Elettra.

-Solo chi possiede un cosmo può accedere al grande tempio- disse una voce di donna alle loro spalle.

Le tre si voltarono e si trovarono a fissare una ragazza, forse poco più grande di Elettra, con un candido abito bianco, uno strano colore violetto dei capelli e tra le mani uno scettro con un misterioso simbolo.

-Che cosa significa? E voi chi siete?- chiese la maggiore.

-Scusate, non mi sono presentata: io sono Lady Isabel, o, come molti mi conoscono, Atena-

Le ragazze non credevano alle loro orecchie: quella non poteva essere la Dea alla quale era stata consacrata una città. Non era né logico né razionale. Visti i loro sguardi, la ragazza sorrise:

-So che è difficile da credere, ma io sono realmente Atena e se vorrete ascoltarmi vi racconterò ogni cosa-

-Prima una domanda: cosa significa che solo chi possiede un cosmo può accedere a questo posto?-

-Venite con me. Sediamoci. Le cose da raccontare sono tante- e fece cenno loro di seguirla.

Le ragazze, pronte a scoprire ogni cosa, la andarono dietro senza fiatare. Ad un tratto giunsero in un enorme spiazzo, pieno di luce, e davanti ai loro occhi si ergeva austera una altissima statua che raffigurava la Dea. Le ragazze e Lady Isabel si sedettero sui gradini ai piedi dell'effige.

-Bene, per rispondere alla vostra prima domanda: il cosmo è la fonte di vita di ogni creatura, ma anche ciò che sta alla base di qualunque materia. Perciò chi possiede un grande cosmo è capace di mutare la natura stessa. Ogni essere vivente lo possiede, ma solo alcuni lo percepiscono e riescono ad attingerne forza. Questi sono i cavalieri, come i due che vi hanno portate qui-

-Quindi è il cosmo ciò che abbiamo percepito al tempio dell'acropoli? E anche quello che circondava i due che ci hanno attaccato?- chiese Elettra.

-Esatto. Anche voi tre possedete un cosmo e, da quello che riesco a percepire, è anche molto potente-

-Ciò farebbe di noi dei cavalieri?- chiese euforica Cleo.

La sorella maggiore la fulminò con lo sguardo.

-In un certo senso si, ma c'è qualcosa di diverso nel vostro-

-Che vuol dire?- domandò Niobe.

-Ancora non lo so di preciso, ma persino le armature che abbiamo recuperato sono di una fattura mai vista-

Elettra si ricordò delle vestigia nella grotta e della soave melodia che irradiavano.

-Perchè abbiamo sentito della musica provenire da quelle armature?- chiese allora.

La Dea le guardò stupita.

-Musica?-

-Si, una leggera e soave melodia, come se fosse eseguita da qualcosa di celestiale-

-Non so, non è mai capitato. Probabilmente è perchè vi appartengono e solo voi siete in grado di percepirne l'essenza. Adesso il cavaliere della prima casa le sta esaminando. Tra breve ci porterà il responso-

Le sorelle si guardarono, poi Niobe parlò:

-Chi erano quei due che ci hanno ben bene malmenato?-

La donna abbassò lo sguardo per un attimo, poi rispose:

-Quelli erano Deimos e Phobos, i due generali del Dio Ares-

-Ares? Esiste anche lui?-

-Se esisto io come Atena, perchè non possono anche gli altri Dei?-

-Il discorso non fa una piega-

Isabel sorrise.

-E cosa ci facevano qui?-

-Erano venuti a cercare un oggetto di cui Ares ha bisogno e che io stessa ho nascosto quando lo sigillai la prima volta-

Per un attimo, un flash attraversò la mentre di Elettra. Le apparvero le immagini dello strano sogno che aveva fatto. Scosse la testa per scacciare quelle visioni.

-Tutto a posto?- le chiese la Dea.

-Si si, certo. Grazie. Ma adesso che ne sarà di noi?-

-Beh, in fondo siete cavalieri. Potete rimanere al tempio e addestrarvi-

Le tre rimasero interdette. Poi Cleo esclamò:

-Si, diventeremo cavalieri-

Elettra e Niobe sorrisero. La prima però si fece subito seria:

-E quelli dell'orfanotrofio? Ci cercheranno di sicuro-

-Abbiamo pensato a tutto noi-

 

-Mi dispiace signorina, ma non c'è traccia di loro- disse un poliziotto mortificato.

-Non possono essere sparite nel nulla- sospirò la direttrice.

-Le abbiamo cercate per tutta la costa, ma nessuna traccia di loro, come se si fossero volatilizzate. Direi che a questo punto potremo contiunuare a cercare, ma sarebbe inutile. Non hanno nessuno da avvertire?-

-No, erano orfane e nessun parente stretto. Avevano solo noi-

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Capitolo 6
*** Cap. 5 ***


Atena aveva convocato una riunione straordinaria con tutti i cavalieri per farli conoscere alle ragazze e per aggiornarsi sui progressi compiuti da Mur. Così, mentre le tre se ne stavano sedute sui gradini al di sotto del trono della Dea, uno alla volta, i dodici cavalieri d'oro fecero il loro ingresso nella sala.

Niobe si avvicinò ad Elettra:

-Sono tutti dei fichi-

La sorella arrossì, dovendole dare ragione dopotutto: quegli sguardi seri, ma allo stesso tempo luminosi di un misterioso bagliore, davano a tutti un'aria austera e rispettosa.

Per ultimi entrarono i due che l'avevano portate al tempio. Quello che era stato chiamato Milo, quando passò loro di fronte, fece un occhiolino. Quelle arrossirono. Subito il compagno, Camus gli fu dietro e lo congelò con lo sguardo. Le sorelle si lasciarono scappare un risolino.

Poi finalmente Atena parlò:

-Mur dell'ariete, hai finito di esaminare le armature che Camus e Milo hanno riportato al tempio?-

Un ragazzo dai particolari capelli violetti si fece avanti e si inginocchiò:

-Si milady e devo dire non averne mai viste di simili prima d'ora-

-Che significa? Spiegati-

-Il materiale non è né oro, né argento, né bronzo. Il cosmo che emanano è strano, come se ne fosse l'aspetto più primordiale, più antica-

I presenti si guardarono l'un l'altro, come se non potessero credere alle parole del cavaliere.

All'improvviso le tre sorelle avvertirono qualcosa dentro di loro, come se le informazione le fossero state innestate in un attimo. Chiusero tutte gli occhi.

-E' acciaio- disse Cleo, ma la sua voce pareva differente, come storpiata.

Atena si voltò a guardarle.

-Acciaio? Non si sono mai viste armature di questo tipo- intervenne uno dei cavalieri con corti capelli blu-argento.

-La lega è stata bagnata in una soluzione antica che adesso non esiste più o che viene tramandata solo nelle leggende. Era chiamata la “lacrima di Urano”- aggiunse Niobe.

-Che roba è?- chiese Milo.

-Conosco la storia. Si dice che la lacrima fosse un composto di acqua di una fonte esistente solo nei campi Elisi e il residuo di una cometa che finì sulla terra in tempi assai antichi. Si narra che qualunque cosa ci venisse immerso diveniva pressocchè indistruttibile- rispose Camus.

-Sempre il solito saputello- lo canzonò il compagno.

La Dea ormai aveva intuito che quelle informazioni non derivavano dalle ragazze, ma da qualcosa di superiore. Perciò pose una domanda:

-Rivelateci allora le vostre costellazioni-

Fu Elettra a parlare stavolta:

-Noi non possediamo costellazioni. In noi risiede il cosmo di una sola stella-

-Che significa?- chiese quello che custodiva la settima casa

-Che sono delle piccole e deboli ragazzine, anche se con un cosmo- rispose di nuovo uno dei cavalieri.

-Sbagli cavaliere- continuò la ragazza.

-E' vero Deathmask. Avere il proprio cosmo che risiede in una sola stella significa che è molto più concentrato e puro di qualunque altro che fa affidamento su una costellazione, ma altrettanto complicato da dominare- rispose Atena.

-Ma non è mai esistita una cosa del genere- intervenne Mur.

-Ragazze, diteci le vostre stelle- domandò la Dea, senza considerare l'obiezione.

Fu Cleo a cominciare:

-Io sono Syrma, della costellazione della Vergine-

Virgo ebbe un sussulto.

-Io sono Vega, giudice dei cieli, della costellazione della Lyra- intervenne Niobe.

-Ed infine io sono Antares, della costellazione dello scorpione- concluse Elettra.

Sulle labbra di Milo si aprì un sorriso, mentre da quelle di Atena si dischiuse un sussurro:

-Antares...che sia una coincidenza?-

In quel momento le ragazze tornarono in sé, ricordandosi però ogni parola che avevano pronunciato. Come se qualcosa avesse abbandonato i loro corpi, si sentirono svuotate.

-Dunque cosa facciamo?- parlò il cavaliere della terza casa.

-Le ragazze devono essere addestrate. Non è una coincidenza che siano arrivate al tempio proprio nel momento in cui Ares si è risvegliato e non dobbiamo sottovalutare questo fatto. Propongo quindi che tre di voi cavalieri le prendano in consegna e le rendino degne delle loro armature-

Le sorelle si sentirono improvvisamente trafitte dagli sguardi dei dodici guerrieri di Atena.

-Io chiedo di allenare la bella Elettra. Dopotutto appartiene alla mia costellazione- si fece avanti Milo.

-Per te va bene?- le chiese la Dea.

Lei si limitò ad un accenno della testa.

-Secondo questo ragionamento, allora io mi offro per Cleo. Non ho mai avuto allievi, ma penso di potermela cavare- disse un altro dei cavalieri.

Aveva lunghi capelli biondi e gli occhi stavano chiusi. In mezzo alla fronte aveva un puntino rosso, come quelli dei monaci buddisti.

-Virgo, sentiamo cosa ha da dire Cleo-

La ragazzina guardò il cavaliere: le ispirava una grande tranquillità e una grande pace. Così accettò.

-Niobe, rimani tu- disse allora Atena, rivolgendosi all'ultima sorella.

-Se non vi dispiace, vorrie scegliere io-

-Certamente-

-Vorrei che fosse il ragazzone laggiù ad addestrarmi-

Tutti si voltarono verso Aldebaran del toro. Quello, un attimo interdetto, si puntò un dito contro, facendo una faccia strana.

-Si tu. Sempre se va bene. Mi sembri un tipo tosto e credo che saprai insegnarmi al meglio-

Sul volto del cavaliere si aprì un sorriso.

-D'accordo piccoletta, ma ti avverto che non sarò per niente tenero-

-Non chiedo di meglio-

-Bene, direi che la riunione è finita. Le ragazze alloggeranno nelle rispettive case dei loro maestri e provvederò immediatamente di far capitare immediatamente le loro armature. Speriamo solo che Ares attenda ancora un po' per scatenare la sua furia-

 

-Ripetetemi ancora cosa è andato storto...- chiese il Dio, irato.

I due generali erano in ginocchio davanti a lui, a capo basso. Erano stati scoperti e questo non faceva parte dei piani.

-Abbiamo avuto un contrattempo con delle ragazzine. I cavalieri d'oro ci hanno scoperto-

-E perchè due dei miei berserker più forti dovrebbero intrattenersi con delle ragazzine qualunque?-

-Possedevano un cosmo, perciò abbiamo pensato che fossero spie di Atena. Hanno trovato anche delle armature-

-Davvero? Interessante. E come erano?-

-Sinceramente non ne ho mai viste di simili. Sembravano brillare come quelle d'oro, ma il materiale non era lo stesso-

Il Dio si alzò dal trono, pensieroso. Non potevano costituire un problema tre mocciose, ma la cosa non era da sottovalutare.

-Continuate a cercare il libro. Nel frattempo, raccogliete informazioni anche sulle nuove arrivate. Sono curioso-

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Capitolo 7
*** Cap. 6 ***


Elettra oltrepassò la soglia della casa dello scorpione con un po' di titubanza: non le piaceva l'idea di separarsi dalle sorelle, anche se in fondo sentiva che con i cavalieri d'oro sarebbero state al sicuro.

Ancora però non era del tutto convinta di quella situazione. Aveva visto gli occhi di Atena quando le sue labbra avevano pronunciato il nome della stella alla quale apparteneva.

Che non fosse davvero una coincidenza il loro arrivo al tempio? Che quella sensazione che la attanagliava da quando erano partite riguardasse proprio la battaglia che si prospettava?

Poi la voce di Milo la riscosse:

-Ehi, hai intenzione di rimanere impalata sulla porta? Non ti mangio mica sai?-

Lei arrossì, poi fece un cenno di diniego con la testa e si affrettò per seguirlo. Il cavaliere si incamminò all'interno della casa, passando per corridoi con un'infinità di porte, sino a giungere a quella che cercava. La aprì e, rivolto alla ragazza, disse:

-Questa è la tua stanza. Spero ti piaccia. Le tue cose e l'armatura sono già state recapitate-

-Grazie-

Mentre lei varcava la soglia, il ragazzo la fermò per un braccio. Dopodichè le si avvicinò e le sussurrò ad un orecchio:

-Un consiglio. La notte chiudi la porta a chiave. Sono sonnambulo e non vorrei che incorressi in episodi spiacevoli-

Poi si allontanò per vedere la sua espressione, la quale era tra lo sconvolto e l'imbarazzato. Dopodichè scoppiò a ridere:

-Avanti scherzavo- e sempre ridendo si allontanò.

Elettra lo guardò mentre spariva nella penombra del corridoio, pensando che sarebbe stata una convivenza alquanto particolare.

 

Ormai era quasi due mesi che le sorelle si trovavano al tempio e, a causa degli allenamenti alle quali erano sottoposte, si vedevano poco o di sfuggita.

Di Ares non si era più sentito parlare, anche se l'espressione di Atena si faceva sempre più tesa. Il cosmo malvagio che si alzava dal monte Taigeto diventava sempre più forte e potente.

Doveva ammettere che Milo non era male come insegnante: era paziente, ma duro quando la situazione lo richiedeva. Ormai Elettra si era abituata ai suoi modi da don giovanni e non si scandalizzava più alle allusioni o alle battute che il ragazzo le rivolgeva, ridendo addirittura di alcune. Aveva però la sensazione che qualche volta il cavaliere si sentisse ferito dal suo riso.

Grazie ai suoi insegnamenti, era riuscita ad aumentare la sua velocità e il suo tempo di reazione, ma ancora non era abbastanza per impedire al cavaliere di colpirla ogni volta. Tornava all'ottava casa sempre più malconcia, ma Milo la curava e le fasciava le ferite, cercando sempre a spronarla a fare di meglio.

Cloe stava in eterna meditazione assieme a Virgo, ma anche lei stava migliorando. Il suo maestro era un illuminato, metteva la meditazione alla base del suo cosmo e aveva insegnato alla ragazzina l'umiltà, la modestia e il rispetto del prossimo. Nonostante questo, la sorella minore diventava sempre più forte.

Anche Niobe non era da meno. A volte Elettra, assistendo di sfuggita a qualcuno degli allenamenti con il massiccio Aldebaran, si chiedeva come quella ragazza così mingherlina potesse tirare dei pugni così potenti.

Purtroppo, nonostante i loro miglioramenti, le armature ancora non le avevano riconosciute.

Quella sera, dove l'ennesimo estenuante allenamento, Elettra se ne stava a fissare le stelle sui gradini della casa dello scorpione, assorta completamente nei suoi pensieri.

All'orizzonte, verso sud, un'alone rosso vivo stonava con il nero della notte.

Ad un tratto avvertì dei passi dietro di lei. Si voltò e trovò Milo.

-Non riesci a dormire?- le chiese, sedendosi al suo fianco.

-Avevo bisogno di un po' d'aria fresca. Nonostante siano passati più di due mesi, ancora non mi sono abituata molto all'idea di questa realtà. Sono preoccupata per le mie sorelle-

-Il loro cosmo è potente e i cavalieri le stanno addestrando magnificamente- cercò di tranquillizzarla.

-Non è questo. So che può sembrare stupido, ma siamo sempre state solo noi. I miei genitori non ce li ricordiamo nemmeno e il nostro passato è un grosso buco nero, una voragine di cui non abbiamo il minimo ricordo. Essendo la maggiore, mi sono sempre presa cura di loro, riparato ai guai che Niobe combinava e asciugato le lacrime della piccola Cloe. E adesso che ci è piombata addosso questa assurda situazione, non riesco quasi a riconoscere la sensibile e la combinaguai con cui ho sempre vissuto. Persino io non mi riconosco-

Milo tacque per un attimo, aspettando che Elettra si sfogasse. Poi parlò:

-Non posso immaginare come tu ti possa sentire, ma ciò che posso dirti è che non lasceremo che affrontiate da sole tutta questa faccenda. Sai, penso che tutti ci siamo ormai abituati alla vostra presenza qui al tempio-

Elettra si voltò e vide che lui stava fissando il cielo. Le stava dicendo quelle cose solo per farla star bene? Comunque sia, doveva ringraziarlo. Si sentiva molto meglio. Si alzò e sorridendo, si stiracchiò le braccia.

-Forse è meglio che vada a letto. Domani allenamento-

-Buonanotte- le disse Milo, continuando a guardare l'orizzonte.

Lei fece per andarsene, poi ci ripensò e tornò indietro. Si piegò sino a raggiungere il volto del cavaliere, ancora assorto nei suoi pensieri. Gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia.

-Grazie- disse e si allontanò, senza rendersi conto del pallido rossore che aveva colorato le guance del ragazzo e del sorriso che si era allargato sulle sue labbra.

 

Il buio, poi una fioca luce che lo rischiarava. Le tre armi che fluttuavano a mezz'aria. Delle parole nella sua mente:

Eracle...forza; Teseo...saggezza; Perseo...giustizia”

Una colonna di fuoco nacque davanti ai loro occhi. Poi improvvisamente prese ad allontanarsi, mentre una grossa porta di pietra si richiuse davanti a lei.

All'improvviso il pianto di neonato, o meglio, più di uno. Un altare, la luna piena, poi una luce accecante.

 

Elettra si svegliò, madida di sudore e con il fiatone. Il sogno ricorrente stava diventando sempre più nitido e lei doveva assolutamente scoprire cosa significasse.



N.A. Milo è sempre il solito, ma Elettra impara presto a conviverci.
Cosa significherà questo sogno ricorrente?
Seguite la storia e lo scoprirete.
(Mi scuso per aver fatto un salto temporale di due mesi, ma altrimenti la storia risulterebbe noiosa)
Saluti Marty

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Capitolo 8
*** Cap. 7 ***


-Maestro, perchè l'armatura non mi ha ancora riconosciuto?- chiese Elettra nel bel mezzo dell'allenamento, proprio mentre schivava un affondo da parte del cavaliere.

-Entrare in contatto con la propria armatura richiede tempo e una buona conoscenza del proprio cosmo. Ma non ti avevo detto di non chiamarmi maestro?- rispose quello, mentre schivava un calcio.

-Ma allora perchè Niobe e Cleo ci sono già riuscite?-

In effetti, un paio di giorni prima, le sorelle erano arrivate correndo da Elettra, comunicando che erano riuscite ad indossare le vestigia di Syrma e Vega. Era stata una sensazione fantastica, come se tutta l'energia dentro di loro si concentrasse nell'armatura, amplificando le loro già straordinarie capacità.

A lei invece non era ancora successo e ciò la faceva pensare: non era forse destinata all'armatura di Antares? Eppure quel giorno nella grotta l'aveva sentita reagire con il suo cosmo, come se fossero una cosa sola.

Quei pensieri però avevano finito per distrarla, tanto che Milo l'aveva colpita con un colpo nello stomaco e lei era finita a terra.

-Elettra, smetti di pensare e agisci-

Lei, il fiato corto e una mano poggiata sulla parte colpita per tentare di lenire il dolore, lo guardò con occhi dispiaciuti. Quello le sorrise e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi. Quando però tentò di alzarsi in piedi, una caviglia le cedette dolorosamente. Lei ricadde in ginocchio, gemendo.

-Che succede?- chiese Milo.

-La caviglia, mi fa male. Credo di essermela slogata-

Tentò nuovamente ad alzarsi, ma senza successo. Ad un tratto si sentì sollevare delicatamente e si ritrovò tra le braccia del cavaliere. Arrossì, poi balbettò:

-Non ce ne era bisogno. Potevo provare comunque a camminare-

-E allora io cosa ci sto a fare?-

Lei si zittì, imbarazzata. Lui la riportò sino all'ottava casa, non senza provocare i commenti dei custodi di quelle che dovevano superare. Soprattutto quelli di Deathmask resero Elettra ancora più impacciata.

Giunti alla casa dello scorpione, Milo la fece stendere su un divanetto e le ordinò di non muoversi. Tornò pochi minuti dopo, con del ghiaccio e delle fasce. Le fece togliere lo stivaletto e lei ebbe un sussulto.

Il suo tocco però era delicato e fu come se per un attimo non avvertisse più dolore. Il cavaliere le fasciò la caviglia e si rialzò, senza mai guardarla negli occhi.

-Grazie- sospirò lei.

-Adesso riposa-

Mentre se ne andava, Elettra lo chiamò ancora:

-Milo, posso chiederti un favore?-

Lui si voltò, sorpreso.

-Potresti chiedere alle mie sorelle di venire-

Sorrise.

-Non credo che Virgo e Aldebaran avranno niente in contrario-

 

-Sorellona, cosa è successo?- chiese Cleo non appena entrò nella casa dello scorpione.

-Niente, solo una caviglia slogata-

-Vedo però che qualcuno se ne è già preso cura- disse Niobe maliziosa, lanciando un'occhiata verso Milo, il quale se ne stava appoggiato ad una colonna, lo sguardo basso e le braccia conserte.

Elettra giurò di averlo visto arrossire.

-Perchè ci volevi vedere?-

-Ho bisogno di parlare con voi, in privato-

-D'accordo, ho capito. Se avete bisogno di me, sono da Camus-

-Non fate cosaccie!!- gli gridò dietro Niobe.

-Taci mostriciattolo!!- ribadì lui.

Quando se ne fu andato, la sorella maggiore si mise a ridere.

-Perchè lo stuzziche sempre, Niobe?-

-Mi diverto. E poi ci vuole un po' di spirito in questo grande tempio. Hanno tutti dei musi...-

-Il periodo non è dei migliori-

-Certo, lo capisco. Ma un po' di umorismo non fa mai male-

Un attimo di silenzio.

-E tu perchè lo difendi così?- chiese la sorella.

Elettra divenne paonazza.

-Sorellona, hai caldo?- le chiese Cloe, anche se anche lei aveva capito a verità.

La ragazza fece in modo di cambiare discorso.

-Sono preoccupata-

-Perchè?-

Lei si decise a raccontare loro del sogno che ogni volta diveniva sempre più nitido e ricco di particolari. Fu sconvolta però dalle parole di Niobe:

-Anche tu hai fatto quel sogno?-

-Perchè? L'hai avuto anche tu?-

-Si, proprio l'altra notte. Ma pensavo fosse un semplice incubo-

-Ma anche io l'ho fatto- intervenne Cleo.

La cosa era preoccupante.

-Dobbiamo scoprire cosa significa-

-E come dovremo fare?-

-Ho sentito che in questo tempio c'è una biblioteca fornitissima di qualunque informazione si cerchi. Direi che è ora di farci un salto-

-Noooooo, i compiti no...- sospirò Niobe.

 

Non con poca difficoltà, le ragazze giunsero alle porta dell'edificio adibito a biblioteca. Quando entrarono, rimasero a bocca aperta: non avevano mai visto tutti quei libri in una sola volta.

-Saranno tutti quelli che vedrò in una sola vita- sospirò Niobe, sempre con il naso per aria.

Elettra scosse la testa.

-Cosa cerchiamo con esattezza?- chiese Cleo.

-Qualunque cosa parli di quegli oggetti, fuoco o riti alla luna-

-D'accordo. Meglio iniziare allora-

 

-Milo, mi ha sorpreso la tua visita. Non dovevi allenare la tua allieva?- chiese Camus con il suo solito tono piatto.

-Si è fatta male ad una caviglia. L'ho lasciata con le sorelle-

-Non credevo potessi avere dei riguardi quando si tratta di allenamenti. Ti stai forse intenerendo?-

-Ghiacciolo, in confronto a te sarebbe tenera anche una roccia-

Quello lo fulminò. Poi esibì un sorriso quasi accennato.

-Temo che in te sia cambiato qualcosa-

-Spiegati-

-Credo tu mi abbia capito-

Lui scostò lo sguardo, quasi offeso, ma allo stesso tempo imbarazzato.

-Lascia solo che ti dia un consiglio: questo è il momento meno opportuno per intenerirsi-

 

-E così queste sono le informazioni che mi portate? Non avete ancora trovato dove Atena ha nascosto quel dannato libro e, per di più, mi venite a inventare che quelle tre ragazze non sono normali cavalieri?- disse Ares, in preda ad un attacco d'ira.

-E' ciò che abbiamo sentito. Quelle tre non sono collegate ad una costellazione, ma ad una sola stella. Una di loro, in particolar modo, si rifà ad Antares-

-Antares? Che sia una coincidenza?-

Guardò dalla finestra, ma poco del paesaggio era visibile a causa del luogo dove si trovava quel palazzo.

-Sapete, sono curioso di conoscerla-

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Capitolo 9
*** Cap. 8 ***


Quella biblioteca era immensa e di libri ce ne erano troppi per tre sole menti. Ci avevano quasi rinunciato, quando Cleo si schiuse in un gridolino:

-Ho trovato qualcosa-

Le sorelle la raggiunsero. Lei mostrò un grosso tomo, dall'aspetto assai antico, le pagine ingiallite e uno sbuffo di polvere si liberava per ogni pagina che si voltava.

-Che hai trovato?- le chiese Elettra.

-Credo sia qualcosa che riguarda i tre oggetti del sogno, anche se, essendo in greco antico, non sono riuscita a tradurre tutte le parole-

E pensare che quando Cleo aveva detto alle sorelle di voler frequentare un corso di greco, loro si erano messe a ridere, dicendo che era troppo piccola e che non le sarebbe mai servito a niente. In quel momento si maledissero per non averla appoggiata.

-Allora, qui dice che più di duemila anni fa, quando ancora la Grecia stava nascendo, si svolse la prima guerra tra i divini. Una parte, guidata da Ares (per l'appunto), il quale diceva che il genere umano doveva essere plasmato sulla violenza, in modo da svilupparne la forza e la crudeltà e voleva eliminare ogni elemento che lui reputasse inadatto, mentre Atena (guarda caso), la quale comandava la fazione opposta, credeva invece che l'uomo dovesse essere libero da ogni influenza divina, doveva decidere autonomamente se essere buono o malvagio. Malgrado tutto, anche i mortali vennero coinvolti in questa guerra e tra loro si distinsero tre semidei: Eracle, Teseo e Perseo...-

-Ah, ma questi li conosco anch'io!!- interruppe Niobe.

-Shh, silenzio. Falla continuare-

-Bene, dicevo: Atena concesse loro tre armi divine. Una spada ad Eracle che simboleggiava la forza, uno scudo a Perseo che rappresentava la giustizia e infine una frusta a Teseo, che raffigurava la saggezza. Ares fu attirato dalla potenza di quegli oggetti e tentò in molti casi di impadronirsene, ma i loro proprietari glielo impedirono. Dopo molti anni venne finalmente sconfitto, giurando però che sarebbe tornato e si sarebbe impadronito di quei manufatti. Le armi divine scomparvero, in un luogo che solo i tre semidei conoscevano e che per molti anni fu sorvegliato da dei guardiani, i quali si tramandavano il segreto di generazione in generazione: gli adepti di Ecate, la dea che aveva la possibilità di spostarsi liberamente per i tre regni-

-E adesso questi adepti dove sono?-

-Se ne sono perse le traccie. Si dice che siano spariti e con loro il segreto del luogo dove si trovano le armi-

-Non è del tutto giusto...- disse una voce alle loro spalle che le fece sobbalzare.

Si voltarono e trovarono Atena.

-Posso sapere che cosa ci fate in biblioteca quando dovreste invece allenarvi e soprattutto perchè fate questo tipo di ricerche?- chiese la Dea.

-Semplice curiosità. Il libro l'abbiamo trovato per caso- rispose Elettra.

-Ops, credo che siamo in ritardo per gli allenamenti. Andiamo?- disse Niobe e trascinò via le sorelle con un sorriso plastico, anche se la maggiore le seguì con una certa difficoltà vista la caviglia.

La donna le osservò andarsene, poi si avvicinò al tomo che le tre avevano lasciato aperto sul tavolo. Lo sfiorò. Dopodichè lo richiuse, rimettendolo nel suo scaffale.

Sorrise e se ne andò.

 

-Ce la siamo vista brutta- disse Niobe con il fiatone, mentre si accasciava su uno dei muretti che costeggiavano le scalinate che collegavano i templi.

-Però abbiamo scoperto qualcosa di utile-

-Insomma, io ci capisco meno di prima- intervenne nuovamente la mezzana.

Elettra rimaneva in silenzio.

-A cosa pensi?- le chiese allora Cleo.

-Alle parole di Atena. Da quello che ho intuito il luogo dove le tre armi sono custodite è conosciuto, ma allora perchè Ares non le ha ancora recuperate?-

-E chi lo sa, probabilmente lui è l'unico di cui non è a conoscenza- rise Niobe.

-Ricordate quello che stavano dicendo quei due quando li spiavamo alle pendici dell'acropoli?-

-Sinceramente no-

-Parlavano di un libro. Probabilmente è quello che Ares cerca e sono pronta a scommettere che si trova tra le mura di questo santuario-

Non poterono però continuare a parlarne, visto che furono trovate da Camus, sempre glaciale, come al solito.

-Ah, eccovi qui. I vostri maestri vi cercano, soprattutto Milo-

Le tre si scambiarono un'occhiata di intesa, poi Niobe si alzò, avvicinò la fronte alla sorella e le disse, sorridendo:

-Tu pensi troppo e questo non ti fa bene. Cerca di non lambiccarti il cervello con cose che probabilmente non sono neanche vere. Adesso torna dal tuo moro e vedi di fare un po' di attività fisica-

Non dette il tempo ad Elettra di reagire che stava già scappando verso il secondo tempio.

-Niobe, io ti ammazzo-

Persino Camus era arrossito.

-Beh, allora vado anch'io- disse Cleo e si diresse verso la quinta casa.

Elettra rimase da sola con il cavaliere dell'acquario. Continuava a guardarsi i piedi, colma di mille dubbi.

-Vieni, ti riporto da Milo- disse in quel momento il cavaliere e le mostrò la schiena.

-Sulla schiena?- chiese lei.

-E allora? Hai una caviglia slogata, deve farti male-

La ragazza rimase per un attimo spiazzata: in effetti le dava delle fitte, ma era talmente preoccupata per quella storia delle armi divine che non ci aveva più fatto caso. Adesso il dolore le era tornato. Fece un cenno di assenso con la testa.

-Bene, allora che aspetti?-

Lei, anche se titubante, accettò il passaggio. Le braccia del cavaliere erano forti e le davano sicurezza. Poggiò, senza pensarci, una guancia a contatto con la superficie fredda dell'armatura. Non credeva che quel ghiacciolo di Camus fosse capace di pensare a qualcun altro oltre a se stesso.

 

-Ma che...- sussultò Milo quando vide tornare Elettra in spalla a Camus.

La ragazza, quando vide la sua faccia, smontò malamente dal cavaliere e per un attimo la caviglia la fece gemere. L'attenzione dello scorpione si spostava da Camus a lei.

-Dove sei stata?- le chiese.

-In biblioteca-

-Ti avevo detto di non muoverti-

-Ecco...io...-

-Adesso vai, tra poco verrò a cambiarti la fasciatura- e lo disse in un tono che non ammetteva repliche.

Lei, sguardo basso e zoppicando, si diresse verso la sua stanza.

Sparita Elettra, Camus fece per andarsene.

-Che intenzioni hai?- gli chiese Milo quando quello gli aveva già girato le spalle.

-Non capisco-

-Elettra.- rispose semplicemente.

-L'ho trovata vicino alla biblioteca con le sorelle. Te l'ho semplicemente riportata-

-Sarà, ma mi è sembrato di intravedere uno spiraglio nel tuo strato di ghiaccio. Non è da te, comunque-

-Senti, non sono affari miei quello che tu pensi, ma sappi che non mi sto facendo intenerire da una donna. Adesso scusa, ma torno alla mia casa- e se ne andò.

Forse Milo era stato azzardato a trattarlo in quel modo, ma quando li aveva visti entrare tutti e due in quel modo, dentro di lui era scattato qualcosa, una sensazione che non aveva mai provato e per un attimo ne fu spaventato. Cosa gli stava succedendo? Perchè era così protettivo nei confronti di Elettra da prendersela addirittura con il suo migliore amico?

 

La ragazza se ne stava seduta sul suo letto, le ginocchia al petto. Per un attimo, quando aveva guardato Milo negli occhi, aveva avuto paura. Ma non timore di essere uccisa o altro, ma di essere repudiata come allieva e allontanarsi da lui. Non sapeva perchè, ma lui si era comportato come qualcuno di più vicino ad un amico di quanto lei avesse mai avuto e non voleva in alcun modo deluderlo.

In quel momento sentì qualcuno che bussava alla porta. Lei non rispose, ma il battente si aprì comunque. Entrò il cavaliere dello scorpione. Anche lui non parlò, ma si sedette su un lato del letto e le fece capire di stendere la gamba. Lei obbedì.

Quello gliela sfasciò e vide che il viola del livido non era poi così grave come aveva pensato.

-Un paio di giorni- disse, mentre le rifaceva la fasciatura.

-Come?-

-Ancora un paio di giorni, poi sarà come prima- disse, alzandosi.

Mentre se ne andava, Elettra lo fermò:

-Maes...cioè...Milo, mi dispiace di averti disubbidito, ma ti prego, non essere arrabbiato con me-

Quello non si voltò subito, poi però un sorriso gli si allargò sulle labbra.

-Vedo che hai imparato a non chiamarmi maestro- e se andò.

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Capitolo 10
*** Cap. 9 ***


Il cavaliere dello scorpione ci aveva visto giusto, visto che dopo un paio di giorni Elettra era tornata a camminare quasi decentemente. Lui però sembrava più freddo nei suoi confronti e a lei questo non piaceva. Perchè era cambiato così repentinamente? Era successo quando l'aveva vista rientrare con Camus.

Aveva anche notato che non parlava più neanche con lui. Che fosse a causa sua?

Senza rendersene conto arrivò fino alla seconda casa, dove Niobe si stava allenando con Aldebaran. Quando la vide, la sorella si distrasse e fu atterrata da un destro del gigante.

-Ma ti sei ammattito? Mi hai quasi sfondato la mandibola!!- gli gridò lei mentre si rimetteva in piedi.

-Tu non devi distrarti. Il nemico non ti concederà solo una mandibola rotta- rispose lui serio, ma si vedeva che era rimasto spiazzato dalle parole di lei.

Elettra sorrise.

-Allora sorellona, dove hai lasciato il moro? A giocare al dottore con il ghiacciolo?- le chiese la sorella avvicinandosi.

-Smettila di prenderlo in giro. La verità è che è da due giorni che non si fa vedere né da me né da Camus-

-Cosa gli hai fatto?- chiese subito Niobe.

-Scusa, perchè dev'essere stata per forza colpa mia?-

-Perchè è sicuramente colpa tua. Cosa è successo?-

-L'altro giorno Camus mi ha riportato all'ottava casa...sulle spalle-

-Che cosa!! Ma sei impazzita?!? Ci credo che Milo ci è rimasto come uno stoccafisso-

-Non capisco-

-Ma ti si deve spiegare sempre tutto? Hai per caso gli occhi foderati di prosciutto? Lo scorpione è cotto di te-

-Che cosa?!?- stavolta fu Elettra a gridare.

-Non dirmi che non te ne sei mai resa conto-

-Ecco...io...ma non è possibile. Ti sbagli- e fece per andarsene.

Niobe, da dietro, le gridò:

-Il tempo mi darà ragione-

 

Ma cosa veniva in mente a quella sciocca di sua sorella? Milo che aveva una cotta per lei? Non sia mai. Ma questo in fondo spiegava perchè non le rivolgeva più parola e neanche a Camus.

Come faceva a non essersene mai resa conto?

All'improvviso un brivido le percorse la schiena. Si guardò intorno e, con suo grande disappunto, vide dove era finita.

La quarta casa. Eppure anche prima l'aveva attraversata e non aveva avuto quella sensazione. Che il cavaliere fosse tornato?

Siccome non avvertiva nessuna presenza, aumentò il passo, cercando di uscire il più in fretta possibile da quell'edificio. Ma una voce la bloccò:

-Stare con quel damerino dell'ottava casa ti ha fatto dimenticare l'educazione?-

Lei si voltò, vedendo spuntare Deathmask da dietro una delle colonne.

-Pensavo non fossi ancora tornato dalla missione-

-E invece l'ho fatto, dieci minuti fa- rispose, con un sorrisetto freddo.

-Bene, allora non penso che ti dispiacerà se passo. Ormai sono all'uscita-

Senza neanche potesse rendersene conto, se lo ritrovò alle spalle, tra lei e la sua via d'uscita. Non poteva ancora correre, la caviglia non stava benissimo.

-Chiedimelo di nuovo- disse lui.

-Per favore, cavaliere di cancer, posso attraversare la tua casa?-

-Ehm...no-

-Come sarebbe a dire no?-

Lui le si avvicinò.

-Significa no- le rispose, freddo.

-Ma questo è l'unico modo per tornare all'ottava casa. Non posso certo rimanere qui-

-A me non dispiacerebbe- disse quello, mentre le girava intorno, come un avvoltoio su una carcassa.

-Ti prego. Milo mi sta aspettando-

-Balle. L'ho visto mentre scendeva da Mur meno di cinque minuti fa-

Perchè non l'aveva visto? E adesso che poteva fare? Avvertì il suo respiro farsi vicino e fece un balzo.

-Cosa devo fare perchè tu mi faccia passare?-

Se solo in quel momento avesse avuto la sua armatura...

Quello le si avvicinò, ma dopo l'ennesimo passo per arretrare, sentì la schiena contro una delle colonne. Il petto del cavaliere si schiacciò al suo, mentre il suo viso si fece vicino.

-Un'idea ce l'avrei-

Non lo sentì neanche arrivare: Elettra sollevò un ginocchio e glielo piazzò nello stomaco. Quello si allontanò di botto.

-Tu...piccola s...come hai osato?-

La ragazza fece per guadagnarsi l'uscita, ma una mano le afferrò il polso e un braccio le cinse la vita. Dopodichè si ritrovò di nuovo tra le grinfie di Deathmask.

-Ne vuoi un altro?- gli chiese lei.

-Mi dispiace, ma non mi si coglie impreparato per due volte di seguito-

Lei cercò di liberarsi.

-Sai, mi sono sempre piaciute le donne ribelli...- e le chiuse le labbra con un bacio.

 

Lei rimase impietrita, dopodichè, riuscita a liberare il polso, puntò entrambe le mani sul petto di lui e si allontanò.

-Non ci riprovare-

Elettra si stava arrabbiando.

-Altrimenti che cosa mi fai?- chiese lui, con un sorriso maligno.

Lei lo sapeva, non avrebbe mai potuto competere con un cavaliere d'oro, ma un po' di male avrebbe sempre potuto farglielo. Fu così che, senza pensare, gli tirò una testata.

Quel colpo fece più male a lei che a lui. La ragazza, infatta, dopo un attimo di gioia per essere stata almeno lasciata andare, si trovò intontita e cadde in ginocchio. Sentì il cavaliere avvicinarsi. D'un tratto si sentì alzare per il colletto e sbattere contro il muro. Una mano sulla gola.

-Sarà divertente- sussurrò lui, mentre un rivolo di sangue gli scendeva dalla fronte.

Lei, ancora intontita, si sentì soffocare. Poi però la lasciò andare. Si voltò.

-Che cosa ci fai qui?- chiese a qualcuno nell'ombra.

Una risata si schiuse.

-Death, possibile tu debba essere sempre così violento con le donne?-

-Aphro, sono impegnato-

-Vedo. Peccato sembri che la donzella non sia d'accordo-

Elettra era ancora a terra, in ginocchio, la schiena poggiata al muro. Avvertì dei passi, poi una mano tesa. Senza pensare la afferrò e in pochi secondi si lasciò rapire da due profondi occhi azzurri. Era il cavaliere della dodicesima casa, Aphrodite dei pesci.

-Tutto a posto?- le chiese.

Lei si passò una mano sulla gola, mentre l'altra la liberava velocemente da quella del nuovo cavaliere.

-Aphrodite, non ti immischiare-

Lui guardò il cavaliere di cancer.

-Se non vuoi incorrere nell'ira di Scorpio allora non toccare questa donna. Sai bene come sia quando si arrabbia. Neanche tu saresti in grado di fermarlo.

Elettra potè notare una nota di disappunto sul volto di Deathmask.

-Posso andare?- chiese timidamente.

-Ma certo cara. Anche perchè il tuo maestro ti stava cercando-

Così lei, zoppicando e ancora intontita per la testata, uscì dalla quarta casa.

 

Tornata al tempio dello scorpione, la ragazza si chiuse in camera, cercando di coprire il collo con un foulard e la botta sulla fronte con del correttore. Non poteva permettere che il maestro scoprisse cosa le era capitato. E, neanche a farlo apposta, il cavaliere comparve sulla porta.

-Ti cercavo-

Lei ebbe un sussulto.

-Davvero?-

-Si. Volevo sapere come stava la caviglia-

-Benino. Penso che domani riuscirò a riprendere gli allenamenti- gli sorrise lei, ma ci fu qualcosa in quel gesto che non lo convinse.

-Elettra che c'è?- le chiese, entrando a quel punto all'interno della stanza.

-Niente-

-Da quando porti foulard?-

Lei rabbrividì.

-Ho mal di gola- mentì.

Lui le si avvicinò e la osservò con i profondi occhi blu. Lei riuscì a mantenere lo sguardo, ma le richiese uno sforzo considerevole.

-D'accordo. Allora andrò a comprare qualcosa giù in paese- rispose e se ne andò.

La ragazza tirò un sospiro. Nonostante tutto Deathmask avrebbe dovuto ringraziarla: gli aveva evitato una morte lenta e per niente indolore.

 

Il mattino seguente la ragazza si recò da Atena, senza però dirlo al maestro. Entrò nelle stanze della Dea e la trovò intenta a sorseggiare del the.

-Elettra, cosa ti porta qui?-

-Ho delle domande-

Lei posò la tazzina.

-Sapevo che saresti venuta prima o poi-




N.A. E bravo il nostro Deathmask. sempre il solito s.......O.O
Comunque per fortuna è arrivato Aphro, altrimenti povera Elettra.
Milo sarà davvero cotto di lei, come dice Niobe.
Atena le darà le risposte che cerca.
Ringrazio chi mi segue, con o senza recensioni. Saluti Marty. 

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Capitolo 11
*** Cap. 10 ***


Elettra fissava Atena in attesa che rispondesse. La Dea teneva gli occhi chiusi e rimaneva in silenzio. Poi disse:

-Prima voglio farti io una domanda: perchè mi chiedi delle armi divine? Come hai fatto a venirne a conoscenza?-

La ragazza non sapeva cosa rispondere, poi decise che si sarebbe confidata. In fondo era Atena.

-E' da prima di arrivare in Grecia che faccio uno strano sogno e di recente ho scoperto che lo fanno anche le mie sorelle-

-Me lo vuoi raccontare?-

Lei lo fece e la Dea non la interruppe neanche per un attimo.

-Adesso può lei rispondere alla mia domanda?-

Lady Isabel si alzò dalla sedia e si diresse verso la sala dove si tenevano le riunioni. Elettra la seguì, in silenzio. La donna si portò dietro il suo trono e ne tirò fuori un cofanetto, chiuso con un sigillo con una scritta in greco.

-Ad ogni mia nuova reincarnazione viene affidato questo cofanetto. Al suo interno si trova un libro, nel quale è indicato il luogo dove si trovano le tre armi sacre. È questo che Ares cerca. Io non l'ho mai aperto-

-Posso vederlo?-

Lei tolse il pezzo di carta e aprì la scatola. Elettra vide un piccolo libretto, molto antico, custodito su un cuscinetto di velluto. Lo prese delicatamente tra le mani e lo ammirò. All'improvviso questo, come se avesse avuto vita propria, si spalancò e le pagine presero a scorrere da sole. Persino Atena sembrava stupita.

Ad un tratto le pagine smisero di girare e si fermarono. La ragazza scorse uno strano simbolo, come un cerchio ai cui lati stavano due falci.

-Questo simbolo...-

-Cosa?-

-Niente, mi sembra familiare-

Poi, sotto di quello stavano delle strane parole. Ci sarebbe voluta Cleo per tradurle, ma in qualche modo lei riuscì a capirle quasi interamente. Dicevano all'incirca così:

Quando la luna le tre fasi avrà compiuto per la sua nona volta, ove uno dei cinque fiumi dei passati e quello dei terreni divengono un solo scorrere, tre fuochi rischiareranno l'oscurità, fiaccole rubate a chi un tempo credevamo invincibile e invulnerabile e che arroganza da un eroe dei mortali fu sopraffatta. Tre è il sacro numero, tre le porte che dovrete passare, tre i regni che sono simboleggiati, tre le divine che tra le mani potrete tenere...”

Concluso di leggere, Elettra ebbe uno scatto all'indietro e dei flash le passarono davanti agli occhi, come spezzoni del suo sogno. Per un attimo ebbe la sensazione che fosse capitato anche alle sorelle. Poi cadde in ginocchio. Atena le corse a fianco.

-Elettra, tutto bene?- le chiese.

-Penso di si-

-Adesso dammi il libro, dobbiamo rimetterlo nello scrigno-

La ragazza glielo porse, ma un'improvvisa percezioni di due cosmi ostili le fece ritirare la mano.

-Che succede?- chiese la Dea, poi anche lei li percepì.

-Ci dispiace per il disturbo, ma avremo urgente bisogno di impossessarci di quel piccolo volumetto che tenete là nascosto- disse una voce, in tono educato, ma che era palesemente finto e lusinghiero.

-Chi siete? Fatevi vedere!!- disse Atena, ponendosi davanti a Elettra.

Dall'ombra di due colonne spuntarono due cavalieri, i quali la ragazza riconobbe immediatamente: Phobos e Deimos.

-Come avete superato la mia barriera?- chiese ancora Lady Isabel.

-Il grande Ares è potente- rispose Deimos.

-Mi spiace per voi, ma da un momento all'altro arriveranno i miei cavalieri avvertiti dai vostri cosmi e voi non avrete possibilità-

-Ci basteranno pochi minuti. Adesso, da brave, dateci quel libro-

Mentre Atena cercava di guadagnare tempo, Elettra cercava di raggiungere il cofanetto per sigillare di nuovo il libro. Quando la sua mano era già a pochi centimetri dall'oggetto, una figura le si piazzò davanti. Lei alzò la testa e si trovò davanti il tipo con la cicatrice.

-Ehi bellezza, ci si rivede...- sghignazzò.

Lei fece uno scatto indietro, cercando di allontanarsi, mentre con la mente chiamava il suo maestro. Si meravigliò che il primo che le era venuto in mente fosse stato lui.

Il generale la afferrò per un braccio e la trasse a sé.

-Hai intenzione di darmi quel libro o devo prendermelo con la forza?-

Lei lo guardò in cagnesco, mentre tentava di concentrare il suo cosmo per potergli assestare un colpo che lo potesse almeno rintontire per un po'. Così caricò un pugno e lo indirizzò veloce verso la sua faccia. Quando però era convinta ormai di averlo colpito, quello glielo bloccò.

-Stiamo compiendo progressi, gattina, ma non abbastanza- e le assestò una ginocchiata nello stomaco che la fece allontare e cadere in ginocchio, ma il libro sempre stretto al petto.

Avvertì Atena che la chiamava e il nemico che le si faceva sempre più vicino. All'improvviso il portone della sala si spalancò e apparvero delle figure, stagliate in controluce.

-Atena- si udì la voce di Mur.

-Aiutate Elettra- disse lei.

In quel momento la ragazza si voltò e le parse di vedere anche Milo tra i cavalieri accorsi. Sorrise. Poi si sentì sollevare e un forte braccio le si chiuse alla gola, quasi soffocandola. Poi delle fredde lame le si avvicinarono al viso.

-Non fate un altro passo o provocherò uno sfregio su questo splendido viso. Adesso vi allontanerete e noi ce ne andremo, assieme al libro-

-Lasciala andare- disse una voce e sulla soglia apparvero Niobe e Cleo, vestite delle loro armature.

-Ah, ragazzina, ancora tu? Mi divertirò con te la prossima volta- disse Phobos, il quale era stato affiancato dall'altro generale.

-Prova a torcerle un solo capello e nemmeno Ares potrà proteggerti dalla mia ira- disse la mezzana tra i denti, mentre la minore la teneva per un braccio.

Nel frattempo, Elettra si era a poco a poco rassegnata e si stava visibilmente commiserando. Adesso erano addirittura le sorelle che si impegnavano a proteggerla, mentre sarebbe dovuto essere il contrario? Non era in grado di richiamare neanche un pugno decente, figuriamoci indossare un'armatura come quella di Antares. Questo spiegava anche perchè non era ancora riuscita a richiamarla. Si sentiva inutile e inadatta. È vero, era migliorata nel combattimento, aveva imparato molte cose, ma a cosa era servito? Adesso stavano per perdere tutto solo a causa della sua inutilità.

In quel momento incontrò gli occhi di Milo, i quali la osservavano, come se avessero capito cosa stava pensando. La stavano ammonendo, anche senza che lui parlasse. Ad un tratto una voce dentro di lei:

-Perchè la custode della mia armatura deve essere così fragile?-

Lei si stupì.

-Chi sei?- chiese.

-Come chi sono? Io sono la tua forza, il tuo spirito, l'essenza del tuo cosmo. Io sono Antares-

-Antares? Ma come è possibile?-

-Le domande a dopo. Adesso vedi di trovarmi dentro di te e spazzare via questi due babbei-

-Ma non ho possibilità contro di loro-

-Non è vero. Ricordi Atena cosa disse? Il cosmo di una sola stella è molto più forte rispetto a quello di una costellazione, perchè più concentrato e puro. Adesso libera quella forza e convincimi che non ho fatto la scelta sbagliata-

-Tu mi hai scelto?-

-Certo, ma ora come ora ho qualche dubbio. In te vidi la forza di combattere, proteggere coloro che ami senza mai tirarti indietro. Adesso però mi sembri solo una bambina che si piange addosso. Vuoi così poco bene alle tue sorelle?-

-No, loro sono la mia vita-

-Bene, allora cosa pensi che accadrà loro se Ares dovesse vincere?-

-Io...non posso permetterlo-

-Allora Elettra, brucia il tuo cosmo e richiama l'armatura!!-

 

Un improvviso bagliore rosso circondò il corpo di Elettra, lasciando andare la presa al generale di Ares. Nessuno capiva, quel cosmo era potente, forse troppo. I suoi occhi erano scuri, mentre i capelli le levitavano attorno alla testa. Sembrava un'altra.

Quasi contemporaneamente, dalla casa dello scorpione, si levò il medesimo bagliore, il quale piombò davanti a lei in pochi secondi. Quando la luce si fu affievolita, di fronte ai presenti era apparsa l'armatura di Antares. In un attimo si scompose e veloce andò a circondare il corpo di Elettra. Dopodichè la ragazza, come in trance, si voltò verso i nemici.

-Che intenzioni hai, ragazzina?-

-Io sono Elettra di Antares e voi non troverete scampo dalla mia furia-

-Con chi credi di avere a che fare? Non siamo al tuo livello-

-Appunto- rispose lei e alzò una mano.

-Esplosione vermiglia!!- gridò poi e un intenso fascio di luce investì i nemici, facendoli volare contro la parete.

-E' forte- disse Atena.

-Milady, dobbiamo aiutarla- la raggiunse alle spalle il cavaliere dello scorpione.

-Aspetta Milo, guarda-

Uno dei due generali si erano scagliati su di lei, ma sembrava che la ragazza riuscisse a prevedere le loro mosse. Era come se una forza sconosciuta si fosse impossessata del suo corpo. Si vedeva che non era in sé, come fosse stata sotto ipnosi. I suoi movimenti non erano volontari e la rabbia si stava diffondendo nel suo animo.

Dopo l'ennesimo colpo ricevuto, Phobos fu chiamato dal compagno, il quale gli mostrò il piccolo libro nella sua mano.

-Abbiamo ciò che ci interessava. Andiamocene-

Un sorrisetto si aprì sulle labbra del generale, poi guardò verso Elettra.

-Mi è piaciuto giocare con te dolcezza, ma con mio sommo dispiacere me ne devo andare-

Scomparve e ricomparve davanti a lei, lasciandola per un attimo spiazzata. Le afferrò il mento e vicinissimo le disse:

-Non temere, ci incontreremo ancora e vorrei che la prossima volta i nostri giochini fossero un po' più seri-

La ragazza si liberò dalla presa e fece per dargli un pugno, ma quello lo evitò.

-Arrivederci cavalieri, ossequi Atena. La prossima volta ci incontreremo per il giorno dello sterminio- e detto ciò i due scomparvero.

Elettra, dopo un attimo di silenzio, si dischiuse in un grido che fece tremare anche le pareti.

-Che succede?- chiese Niobe, preoccupata.

-Ricordate? I vostri cosmi sono potenti, ma instabili. Elettra sta perdendo il controllo- rispose Atena.

-Che facciamo?-

-Dobbiamo calmarla-

Non finirono neanche il discorso che già Milo si era avvicinato alla sua allieva. La temperatura attorno alla ragazza sembrava incandescente, ma lui proseguì. Lei si voltò, avendo avvertito la sua presenza.

-Elettra, devi calmarti- disse piano.

-Milo, sono un essere inutile. Non sono riuscita a proteggere il libro, non ho sconfitto il nemico, non controllo il mio cosmo che mi sta divorando e vi sto mettendo tutti in pericolo- disse lei, con le lacrime agli occhi.

-Non è vero-

-Si invece e sono anche stata capace di rovinare l'amicizia tra te e Camus-

Il cavaliere la guardò stupito e si voltò verso quello dell'acquario, il quale gli rivolgeva il medesimo sguardo interdetto. Tornando a voltarsi verso Elettra, le sorrise:

-Io e Camus abbiamo litigato tante volte, ma siamo come fratelli. Tu non c'entri niente, non devi colpevolezzarti anche di questo-

-Mi stai raccontando una bugia-

-No invece. Tu non hai mai litigato con le tue sorelle? Avete sempre fatto pace, vero?-

Le parole del maestro la fecero riflettere e a poco a poco, mentre lei si calmava, l'alone del suo cosmo si faceva più flebile, sino a scomparire del tutto. Dopodichè la ragazza guardò il ragazzo davanti a lei e, sorridendo, disse:

-Grazie-

Dopodichè le gambe le cedettero e gli occhi le si chiusero. Cadde. Ma non toccò il pavimento, in quanto si sentì afferrare da qualcuno. Socchiuse un occhio e a guardarla stavano i profondi occhi blu di Milo. Arrossì, ma decise comunque di abbandonarsi a quell'abbraccio. Poi, prima di perdere i sensi, sussurrò:

-Ares avrà una bella sorpresa-




N.A. Finalmente anche Elettra è riuscita a indossare la sua armatura, ma i due generali sono riusciti a rubare il libro.
Perdonatemi per aver dato voce addirittura al suo cosmo, ma alla ragazza ci voleva una scrollata XD
E cosa avranno voluto dire le sue ultime parole.
Continuate a leggere e lo scoprirete :3 :3 
Saluti Marty

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Capitolo 12
*** Cap. 11 ***


Nel buio del suo palazzo, il Dio della guerra attendeva. Ad un tratto alzò lo sguardo, avendo percepito il cosmo dei suoi due generali. Quelli apparvero al suo cospetto, in ginocchio.

-Allora?-

Deimos tirò fuori il libro da sotto l'armatura.

-Abbiamo recuperato ciò che voleva-

-A dir la verità non proprio tutto, ma conoscendo i risultati delle vostre imprese mi accontento- e detto ciò si sporse in modo che il cavaliere potesse consegnargli il volumetto.

Con una risata maligna disse:

-Finalmente la vittoria sarà mia e questo dannato pianeta verrà ripulito dagli inetti e gli inadatti- e prese a sfogliarlo.

Poi, d'improvviso, il suo sguardo cambiò.

-Cosa significa questo?!?- sbraitò.

-Che succede?- chiesero i cavalieri.

-Razza di incapaci. Le pagine di questo libro sono completamente bianche!!-

 

Milo aveva riportato Elettra alla casa dello scorpione e l'aveva lasciata in camera sua. La ragazza non aveva ancora ripreso i sensi, ma le sue labbra erano inarcate in un sorriso, provocato dalle ultime parole che aveva pronunciato.

Già, chissà cosa aveva voluto dire. Il cavaliere posò una mano su quella di lei. Si era spaventato quando l'aveva vista in quello stato e non voleva che accadesse di nuovo. Aveva temuto per lei. Non era da lui, ma in qualche modo sapeva che era giusto.

Ad un tratto qualcuno entrò nella stanza e lui ritirò in fretta la mano, cosa che però non passò inosservato ad un occhio attento come quello di Niobe, la quale però preferì tacere.

-Che ci fate qui?- chiese il cavaliere.

-Moro, è nostra sorella. Vogliamo sapere come sta-

-Non si è ancora svegliata, quindi è inutile che vi accalchiate tutti qui dentro. Mi riferisco anche a voi. So che ci siete- disse Milo.

Alcuni dei cavalieri uscirono allo scoperto.

-Eravamo preoccupati- disse Virgo da dietro le spalle di Cleo.

-Non temete. Nel complesso sta bene, ma ha solo bisogno di riposare. Usciamo ora- e fecero tutti per andarsene.

-Aspettate...-

Una flebile voce li fermò. Le sorelle si gettarono su di lei, contenta di vederla.

-Sorellina, sei sempre la solita imbranata. Possibile che ti debba cacciare sempre nelle situazioni più complicate?- disse Niobe.

-Elettra, ho avuto tanta paura- disse Cleo, venendo stretta nell'abbraccio della sorella.

La ragazza alzò lo sguardo e passò in rassegna i cavalieri presenti, sorridendo, e soffermandosi particolarmente su quello dello scorpione.

Ad un tratto fecero il loro ingresso anche Atena assieme a Mur, i quali si erano trattenuti per ripristinare la barriera attorno al grande tempio.

-Elettra, come stai?- chiese la Dea.

-Sto bene, anche se un po' deboluccia- sorrise lei.

Poi ad un tratto fu Milo a parlare:

-Cosa significavano le ultime parole che hai detto?-

-Quali?-

-Che Ares avrebbe avuto una sorpresa-

Allora lei capì e si mise a ridere lasciando spiazzati i presenti.

-Che pena che mi fa quel Dio. Tanta fatica per recuperare un libro che adesso è completamente bianco-

-Come sarebbe a dire? Io stessa ho visto le parole scritte tra quelle pagine-

-Certo, ma adesso non esistono più. Sono sparite-

-E dove sono?-

Elettra indicò se stessa, o meglio, puntò la sua fronte e fece l'occhiolino.

-Tutto qui dentro-

 

Per i giorni seguenti vennero molti a farle visita. Le sorelle lasciarono perdere alcune ore dei loro allenamenti per stare con lei, ma poi era la stessa Elettra ad insistere perchè tornassero ai loro doveri. Milo invece non si faceva vedere più di tanto, mentre persino Camus andò a trovarla.

Nonostante fosse un tipo freddo e distaccato, sembrava seriamente interessato alla sua salute e a lei questo faceva piacere. Non perchè fosse attirata da lui in qualche modo, solo perchè era amico del suo maestro.

Dopo un paio di giorni Elettra provò ad alzarsi da letto. Avuta la certezza che le gambe l'avrebbero sostenuta, andò a farsi una doccia.

Mentre l'acqua le scorreva sulla pelle e tra i capelli, si mise a pensare. Una parte del mistero che avvolgeva il loro arrivo al tempio adesso era svelata, ma non tutto era al suo posto, compreso il fatto che loro non ricordassero il loro passato. Era più che sicura che avrebbe trovato una risposta anche a quello.

Dopodichè uscì dal bagno, si mise un asciugamano che coprisse il suo corpo e un altro che le asciugasse i lunghi capelli castani. Tornò nella sua stanza e prese ad asciugarsi e vestirsi.

Ad un tratto la porta si aprì ed entrò Milo. Ci fu un attimo di gelo, dove lei rimase a fissare lui e viceversa. Poi il cavaliere, visibilmente imbarazzato, le dette le spalle e lei si coprì alla bene e meglio.

-Ma non potresti vestirti?- balbettò lui.

-E tu non potresti bussare?- ribattè lei.

-Ero venuto a vedere come ti sentivi, ma pare che vada tutto bene- disse e fece per andarsene.

-Aspetta- disse lei.

Quello si bloccò. Sentì la ragazza che gli si faceva dietro e gli poggiava una mano sulla schiena. Elettra era rossa come un peperone, ma voleva assolutamente ringraziarlo. Abbassò la testa e balbettò:

-Grazie, non finirò mai di dirlo. Scusa se posso sembrare monotona, ma voglio che tu lo sappia. Apprezzo che tu perda il tuo tempo con me-

Lui non si voltò, ma rispose ugualmente:

-Tu non sei una perdita di tempo e non c'è bisogno che mi ringrazi ogni volta. Adesso vestiti e se ti senti meglio vediamo un po' di migliorare il tuo destro- concluse ed uscì dalla stanza.

Elettra rimase a fissare la porta chiusa. Possibile che Milo avesse una corazza talmente spessa da non poter essere scalfita da niente e nessuno?

 

Il cavaliere dello scorpione se ne stava seduto sugli scalini della sua casa, immerso nei suoi pensieri. Perchè non aveva reagito alle parole di Elettra? Perchè aveva così paura di lasciarsi andare? Eppure lui era sempre stato un tipo sciolto e imprevedibile, che agiva secondo cosa pensava. Eppure quando lei era presente si bloccava, come se avesse paura di sbagliare qualcosa.

Aveva sempre criticato Camus per il suo carattere freddo e distaccato, ma lui in quel momento si era comportato allo stesso modo.

I suoi pensieri furono però interrotti dalla presenza di Elettra. Si voltò e lei gli sorrideva.

-Sei pronta?-

-Si, andiamo che ho bisogno di sfogarmi-

 

Milo non aveva dato molto credito alle parole dell'allieva, ma da quello che poteva vedere Elettra aveva proprio voglia di menare le mani. Doveva ammettere che da quando aveva indossato per la prima volta l'armatura di Antares, i suoi movimenti erano diventati più veloci e precisi, quasi da metterlo in difficoltà. Li evitava a fatica e un paio di volte un pugno lo raggiunse.

Dopo quasi due ore di allenamento, si gettarono entrambi all'ombra di uno degli alberi che circondavano l'arena.

Ad un tratto Elettra parlò:

-Milo, hai riparlato con Camus?-

-Ancora con questa storia? Non devi preoccuparti. Tra me e lui non c'è rancore, è stata solo una discussione-

-E' per me che avete discusso?-

Quella domanda arrivò come una fucilata, lasciando il cavaliere spiazzato. Così, senza rispondere, si alzò.

-Forse è meglio se torniamo verso l'ottava casa- e fece per allontanarsi.

Lei lo trattenne, afferrandogli una mano.

-Milo, ti prego, parlami. Non so più che fare. Sembra che tu mi eviti. È cambiato qualcosa da quando ci siamo conosciuti?-

Elettra si stava avvicinando alla realtà e lui non poteva permetterlo. Con un sorriso beffardo disse:

-Pensi davvero di essere al centro di ogni mio pensiero o di quello di Camus? Pensi di essere così importante? È vero, non sei una scocciatura, ma ti ho preso con me solo perchè Atena ha insistito che qualcuno vi allenasse e mi è sembrato giusto accontentare la Dea. Adesso pensa solo a migliorare e meritarti l'armatura che indossi-

La ragazza avvertì come se un fulmine le attraversasse il corpo e lo mandasse in mille pezzi. Perchè lui aveva avuto quel cambiamento? Perchè le aveva rivolto quelle parole così dure, mentre poche ore prima il suo comportamento lasciava vedere cose molto differenti?

Lasciò andare la sua mano e abbassò la testa.

Milo si rese conto di aver esagerato e tentò di rimediare, ma lei rispose dura:

-Vattene-

Lui capì che non era il caso e ubbidì. Elettra avvertì calde lacrime che le solcavano le guancie e si strinse forte le ginocchia al petto. Prese a tremare. Come aveva potuto essere così crudele? Quelle parole l'avevano colpita come un pugno nello stomaco. Niobe si sbagliava e anche lei lo aveva fatto. In fondo aveva sempre provato qualcosa per quel cavaliere: all'inizio rispetto, poi gratitudine, amicizia e infine si era trasformato in qualcosa di più. Ma lui era riuscito a rovinare tutto, lasciandola come un guscio vuoto.

Era così che ci si sentiva quando il cuore andava in pezzi?

 

Ad un tratto avvertì una risata. Alzò lo sguardo, asciugandosi le lacrime. Poi un applauso e vide comparire il cavaliere di cancer. Lui era proprio l'ultima persona che avrebbe voluto incontrare. Di scatto si alzò.

-Cosa vuoi?-

-Il damerino ti ha dato il buon servito? Povera ragazza. Hai forse bisogno di un altro paio di braccia nelle quali rifugiarti?- disse lui, maligno.

-Non sono affari tuoi- rispose lei e si voltò, pronta ad andarsene.

Lui la afferrò per le spalle.

-Non ti meriti quell'idiota. Puoi scegliere di meglio-

-E tu saresti il meglio, Deathmask?-

Lui la fece voltare, trovandosi ad un respiro l'una dell'altro. Le fece una leggera pressione sul collo, facendole alzare leggermente la testa.

-Può darsi-

-L'offerta è allettante, ma penso di essere costretta a rifiutare-

-Perchè sei così testarda?-

Odiava quel suo ghigno, il quale nascondeva una mente sadica e violenta.

-Non sei il mio tipo-

-E allora? Io voglio solo divertirmi, mica impegnarmi-

-Cavaliere, per il tuo bene, toglimi le mani di dosso-

Quello si allontanò di poco.

-Non mi fai paura ragazzina e quello che voglio lo ottengo-

-Non sono un oggetto-

Lui si mise a ridere. Elettra si stava arrabbiando e provò ad assestargli un sonoro ceffone, ma quello glielo bloccò.

-Sei ancora troppo lenta, ragazzina. So che in fondo lo vuoi anche tu- disse, sollevandole di più il viso.

-Nei tuoi sogni- rispose lei.

Lui si stava pericolosamente avvicinando. La ragazza stava sudando freddo. Ad un tratto si udirono dei passi e sulla scalinata apparve Camus.

-Elettra, tutto a posto?-

Deathmask aveva fatto in tempo ad allontanarsi e, sorridendo, rispose:

-Niente paura ghiacciolo, stavamo solo parlando- e se ne andò, lanciandole però prima un'occhiata di sfuggita.

-Si Camus, solo parlando- rispose lei, anche se aveva la sensazione che il cavaliere avesse intravisto qualcosa.





N.A. Milo, accidenti a te!! Elettra è cotta e tu ti tiri indietro? Sei una frana!!
E Deathmask ci prova...
Grr, se non l'avessi scritto io andrei a picchiarlo personalmente.
Comunque continuate a leggere e se volete recensite ( mi farebbe piacere)
Saluti Marty.

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Capitolo 13
*** Cap. 12 ***


Nei giorni seguenti, Elettra era cambiata e le sorelle se ne erano subito accorte. Niobe, in particolar modo, pareva la più preoccupata, tanto che se ne accorse anche Aldebaran, durante uno dei loro allenamenti.

-Ehi, ragazzina. Cosa ti prende?- le chiese.

Quella, come ridestata da un sogno, disse:

-Sono preoccupata per mia sorella-

-Virgo è un buon maestro-

-Non mi riferivo a Cleo, ma ad Elettra-

-Perchè?-

-Dall'attacco dei due generali di Ares sembrava essersi ripresa bene, ma all'improvviso è come se fosse caduta in un serio stato di depressione e sono più che convinta di sapere di chi è la colpa-

-Illuminami-

-Del moro-

-Chi Milo?-

-E chi sennò?-

-E perchè dovrebbe essere colpa sua?-

-Lascia perdere. So solo che è necessaria un'azione drastica- e detto ciò si alzò.

-Dove vai adesso?-

-Scusa ragazzone, ma ho bisogno di parlare con Elettra. Sarò di ritorno tra un paio d'ore- e corse via, lasciando il cavaliere del toro in un serio stato confusionale.

 

Elettra, da quel giorno, non aveva voluto neanche più allenarsi. Se ne stava nella sua stanza chiusa, a fissare la sua armatura ai piedi del letto. Un paio di volte aveva sentito il passo di Milo indugiare davanti alla sua porta, ma non aveva mai avuto il coraggio di entrare.

Quelle poche volte che si incrociavano nei corridoi, lei si voltava dalla parte opposta. Aveva pensato più di una volta di chiedere ad Atena di essere affidata ad un nuovo maestro, ma qualcosa dentro di lei la frenava, nonostante ci stesse male.

Ad un tratto qualcuno bussò. Il suo cuore perse un battito. Si sedette con le spalle alla porta.

-Avanti- disse.

-Ehi sorellona!!-

Non era lui, ma sua sorella Niobe.

-Che ci fai qui?- chiese lei sorpresa, voltandosi verso di lei.

-Ci deve essere un motivo perchè tua sorella ti venga a fare visita?-

-Conosco quell'espressione e di solito per me significa solo guai. Cosa c'è sotto?- le chiese, guardandola di sottecchi.

Sentendosi scoperta, Niobe si sedette a sua volta sul letto.

-Va bene, sono venuta perchè sono preoccupata per te-

-E come mai?-

-Elettra, lo ammetto, non sei mai stata una persona solare o scherzosa, ma adesso stiamo rasentando la depressione più nera. Da quanto è che non esci da questa stanza?-

Quella non rispose.

-Lo vedi? Cosa è successo con il moro?-

Lei ebbe un sussulto: non aveva tanta voglia di raccontare delle parole che lui le aveva rivolto e che l'avevano completamente svuotata.

-Non è successo niente. Sono ancora un po' stanca per lo scontro con i generali-

-Tesoro, è passata quasi una settimana- rispose la sorella.

Elettra abbassò la testa e sorrise: ormai avrebbe dovuto sapere che non poteva nascondere niente a Niobe. Il loro legame forse era molto più forte di quello con Cleo, anche perchè tra di loro correva a malapena un anno di età. Erano cresciute praticamente insieme. Capivano immediatamente i problemi l'una dell'altra solo con uno sguardo.

Così decise a parlare e, ad ogni parola, Niobe diventava sempre più tesa. Quando Elettra ebbe concluso, si limitò a dire:

-Io lo ammazzo- e strinse il pugno.

-No, lascia stare. Dopotutto sono io che mi sono illusa-

-Mi sento anche io in colpa. Eppure non mi sono mai sbagliata, è come un dono-

-Una volta doveva succedere. È solo che...-

-Solo che...-

La ragazza rialzò il capo e stava piangendo in modo ininterrotto.

-Non pensavo che si stesse così male a venire rifiutata, soprattutto quando si prova qualcosa per quella persona. Mi sento a pezzi, il cuore sembra aver rallentato i battiti, non mi va più di stare all'aperto o al sole. Sono proprio una scema- disse, sorridendo appena.

Niobe la strinse allora in un caldo abbraccio e iniziò a cullarla leggermente, cercando di calmarla. Lei si abbandonò a quel gesto, a quel punto piangendo ancora più disperatamente.

Mentre sentiva e vedeva sua sorella in quello stato, Niobe sussurrò:

-Milo, perchè sei così stupido?-

 

Le due ragazze non sapevano che fuori dalla porta, rimasta socchiusa, il cavaliere dello scorpione aveva sentito ogni parola. Si sentiva uno schifo, aveva messo il suo orgoglio di fronte ai suoi sentimenti. Non aveva idea che anche Elettra provasse qualcosa per lui, anche se doveva ammettere di averne avuto da sempre il sospetto.

Avrebbe voluto entrare ed essere lui a consolarla, chiederle scusa per ciò che le aveva detto e come l'aveva trattata, ma qualcosa lo bloccava. Si appoggiò al muro e rimase a sentire i singhiozzi di Elettra.

Non riusciva a riconoscersi: lui, cavaliere di scorpio, spietato e velenoso, non aveva mai avuto pietà di nessuno. Eppure, con lei, si rammolliva, sentiva il bisogno di proteggerla.

Si era davvero innamorato?

 

Niobe se ne andò dopo un paio d'ore, avendo avuto la certezza che lei si fosse calmata e con la promessa che il giorno dopo si sarebbero allenate insieme. Dopodichè Elettra si era fatta una doccia e si era accasciata sul letto.

Parlare con la sorella e sfogarsi l'avevano aiutata molto, ma doveva ammettere che lo smacco era grande. Strinse il cuscino e si rannicchiò, socchiudendo gli occhi.

-Milo sei un vigliacco. Avresti dovuto dirmelo fin da subito che mi stavo illudendo e non portarmi a provare qualcosa per te-

La notte era ormai calata e la luce della luna illuminava tenue la sua stanza. Lei decise di rimanere in quel modo, non aveva voglia di accendere la luce.

All'improvviso, quando ormai i suoi occhi, gonfi dal tanto piangere, si stavano per chiudere, arrendendosi a Morfeo, avvertì una presenza alle sue spalle. Era flebile, ma vicina.

Si voltò e rimase impietrita: davanti ai suoi occhi si stagliava la figura di un uomo, bello ed avvenente, ma allo stesso tempo imperioso e dallo sguardo che pretendeva rispetto. Lunghi capelli neri con riflessi rubino svolazzavano attorno al suo corpo. La sua presenza sembrava incorporea, come un sogno.

-Chi sei?- chiese lei.

Quello la guardò con profondi occhi rossi e le si avvicinò:

-Portami il rispetto che merito mortale. Porta il rispetto che riservi ad un Dio-

-Ares?- disse lei.

Non era lì, non nella sua stanza. Lo sapeva bene, aveva capito che era una sorta di proiezione astrale. Ma allo stesso tempo aveva paura e il cosmo che percepiva era potente.

Lei tentò di alzarsi, ma quello allungò una mano. Una strana forza la inchiodò al letto.

-Ma cosa...?-

-Non posso permettere che tu te ne vada-

Si stava avvicinando e lei non riusciva a muoversi.

-Cosa vuoi?-

-Sai, mi è piaciuto lo scherzo del libro con le pagine bianche-

-Cosa ti fa pensare che sia stata io?- chiese lei, con un sussurro.

Quella sorta di potere la stava quasi soffocando.

-I miei generali, nonostante siano degli incapaci, mi hanno detto che l'unica che ha avuto il libro tra le mani sei stata tua e sono sicura che hai fatto qualcosa perchè le parole sparissero-

-Non so di cosa tu stia parlando-

In quel momento si ritrovò il volto del Dio ad un palmo dal suo e non potè fare a meno di arrossire.

-Sei tu il cavaliere di Antares, non è vero?- chiese lui sorridendo, fissando di sfuggita la sua armatura in un angolo.

-Non credo che la cosa dovrebbe preoccuparti- rispose lei, tra i denti.

Quello tornò a fissarla.

-Sai cosa significa “Antares”, vero ragazza?-

Lei scosse la testa in segno di diniego.

-Significa letteralmente “rivale di Ares”-

Elettra rimase interdetta per un attimo.

-E' destino che tu mi crei problemi, quindi sono certo che le informazioni che cerco siano finite dentro la tua testa, anche se ancora non ho capito perchè-

La ragazza rabbrividì, mentre sentiva il leggero tocco di una mano incomporea sfiorarle il corpo. Poi lui le si avvicinò ad un orecchio.

-Quando il sole non sarà ancora tramontato per la settima volta, tu sarai al mio palazzo-

D'improvviso sentì la forza che la inchiodava al letto sparire e con lei la presenza di Ares. In quel momento si sentì del tutto indifesa.





N.A. Milo, soffri come un cane!!! Siiiiiiii!!
Elettra ha confessato alla sorella che anche lei prova qualcosa per il bel cavaliere.
Nel frattempo Ares fa la sua mossa...
Continuate a leggere. Saluti Marty.

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Capitolo 14
*** Cap. 13 ***


Elettra camminava verso la seconda casa, dove la sorella l'attendeva per allenarsi. Non ne aveva la minima voglia, ma aveva promesso e se non si fosse presentata, Niobe sarebbe andata a cercarla anche in capo al mondo. Sorrise, ma subito tornò seria: era preoccupata per la visita di Ares. Perchè le aveva detto che l'avrebbe voluta al suo palazzo? Non era solo lei quella protetta da una sola stella e non da una costellazione, ma allora perchè non aveva parlato anche delle sue sorelle? Forse perchè la sua era Antares?

Era talmente assorta nei suoi pensieri che non sentì neanche ciò che gli diceva Deathmask mentre passava dalla quarta casa, lasciandolo letteralmente senza parole.

Finalmente arrivò al tempio del toro e trovò Niobe fuori ad aspettarla. Dietro di lei apparve il cavaliere.

-Ciao Aldebaran- disse Elettra con poca enfasi.

-Ehi piccola, come va?- le chiese lui.

-Si tira avanti-

Ma prima che il maestro potesse tradirsi, Niobe era già intervenuta per portare via la sorella.

-Andiamo forza. L'arena ci aspetta-

Mentre scendevano verso il campo di allenamento, non dissero una parola. Niobe pensava che la sorella si fosse ripresa, ma sembrava proprio di no. E le cose non andarono certo meglio. Infatti, quando arrivarono all'arena e si trovarono uno spazietto per allenarsi tranquillamente, lo sguardo di Niobe fu attirato da qualcuno che non sarebbe dovuto trovarsi lì.

Vista la sorella distratta, anche Elettra si voltò e rimase impietrita: Milo era là assieme a Camus. Una rabbia profonda iniziò a montare dentro di lei.

-Allora sei pronta?- disse Niobe con un sorrisetto, avendo visto la reazione della sorella.

-Sono nata pronta-

Presero entrambe ad espandere il loro cosmo, non esageratamente, ma comunque sempre una quantità che potesse essere percepita. Fu allora che i due cavalieri si accorsero di loro.

Elettra partì all'attacco ed era quasi una furia. Per fortuna la forza di Niobe riusciva a contrastare quella degli attacchi della sorella, altrimenti era convinta che in quel momento persino un cavaliere d'oro si sarebbe trovato in difficoltà.

Milo osservava i progressi di Elettra quasi sconcertato, anche se si poteva distinguere che i suoi attacchi erano guidati dalla rabbia. Che fosse quella che provava per lui? Per fortuna non si era più voluta allenare, altrimenti l'avrebbe fatto fuori.

In pochi minuti tutti i presenti si fermarono in modo da seguire lo scontro. La velocità era elevata e le due erano quasi impossibili da seguire. Assieme ai novizi accorsero anche alcuni dei cavalieri: Mur, dalla prima casa, Aldebaran, preoccupato per la sua allieva, Deathmask, curioso per l'alto livello dei cosmi percepiti, e infine giunsero anche Virgo e Cleo.

-Che cosa stanno facendo?- chiese al maestro.

-Non ne ho la più pallida idea, ma non sembra un semplice allenamento-

In effetti quello che era iniziato come un allenamento si era trasformato in una forma di sfogo per Elettra e Niobe era lieta di aiutarla in questo. Ma, ben presto, si accorse che la sorella stava perdendo il controllo su se stessa e sul suo cosmo. Avrebbe dovuto fare qualcosa e subito.

-Elettra, calmati. Io non sono lui-

-Ho una gran rabbia dentro di me, ho bisogno di sfogarmi-

-Ma a un paio di ceffoni hai mai pensato?-

-E a cosa servirebbe? Non posso pretendere che lui ricambi ciò che provo-

-Sono sicura che è solo una questione di orgoglio-

-No Niobe, tu non hai visto i suoi occhi mentre mi parlava, la sua voce dura e atona mentre mi rivelava che per lui ero solo un impegno senza significato, un favore alla sua Dea. Tu non saresti arrabbiata al posto mio?!?-

Quell'ultima frase quasi la gridò. La sorella si rivolse verso il cavaliere dello scorpione, nascosto nella folla, e lo ammonì, come a dire “...visto cosa hai combinato...”. Elettra si schiuse in un grido e il suo cosmo aumentò ancora.

-Niobe, ti prego vattene- disse in quel momento.

-Sorella, non ti lascio-

-Sto perdendo il controllo!! Ho paura di farti del male!!-

-Non accadrà...Requiem Nocturne!!- gridò la mezzana e stese la mano dinnanzi a sé.

Il corpo di Elettra fu circondato da una sorta di tromba d'aria che, come accade al fuoco quando gli viene tolta l'aria, iniziò a influire sul suo cosmo impazzito, consumandolo. A poco a poco la ragazza si sentì sempre più debole, mentre cadeva in ginocchio.

In pochi attimi Niobe l'aveva resa inoffensiva. Le si avvicinò e disse:

-Mi dispiace, non sono riuscita a trovare un'altra soluzione. Ti senti bene?-

L'altra alzò la testa e sorrise:

-E' stato un bel combattimento. Adesso sto molto meglio. Però forse è il caso che torni all'ottava casa a riposare- e detto ciò si alzò in piedi e si incamminò, sola, verso l'uscita dell'arena.

Poco prima che imboccasse la scalinata che riportava verso le dodici case, si trovò davanti Milo. Niobe, che la seguiva pochi passi più indietro, impietrì. Quello si protese per aiutarla.

-Elettra....-

Lei gli spostò la mano che le tendeva.

-Non mi toccare. Non ho bisogno di aiuto, specialmente non il tuo- e gli lanciò uno sguardo di ghiaccio che fece desistere il cavaliere da qualunque buono intento.

Dopodichè iniziò a risalire verso la dimora dello scorpione, svuotata di ogni pensiero positivo.

 

Non appena Milo distolse lo sguardo dalle spalle di Elettra, si voltò nuovamente verso l'arena, trovandosi davanti Niobe.

-Sei contento?- gli disse con sguardo furente.

-Che vuoi dire?-

-Sono sicura che hai sentito le parole che sono uscite dalla sua bocca mentre stava perdendo il controllo. Possibile tu ti sia comportato in un modo così vile?-

Tutti li guardavano e il cavaliere non rispose. Fu Camus ad intervenire:

-Niobe, credo tu stia esagerando...-

-Non quando si parla di mia sorella. Lei si è sempre occupata di noi come una madre e vederla stare male in quel modo mi dà un gran dispiacere e montare una gran rabbia. Quindi non credo di stare esagerando- rispose lei, lasciando muto persino Camus.

Il suo tono di voce si stava alzando. In quel momento fu raggiunta da Aldebaran e Cleo, seguiti da Virgo, il quale, nel frattempo, aveva fatto allontanare gli altri novizi, in modo che il resto di quella scena, per quanto possibile, potesse rimanere privata.

-Ragazzina, forse è meglio se...- iniziò il cavaliere del toro, ma lei lo zittì con una mossa della mano.

-Prima voglio ficcare un po' di buon senso in quella sua zucca di antropode. Adesso ti rivolgerò una domanda: tu cosa provi davvero per lei?-

Milo abbassò lo sguardo e non rispose neanche quella volta.

-Io so ciò che pensi, non mi sono mai sbagliata e ti dico solo che anche lei prova lo stesso-

-E pensi che non lo sappia?!?- eruppe lui inaspettato.

Niobe lo guardò, severa. Poi sorrise:

-E allora cosa fai ancora qui? Lei aspetta solo te. L'unica cosa è che probabilmente ti spaccherà qualche osso mentre le chiederai scusa. A proposito ragazzone, credo di avere una costola incrinata-

 

Elettra era tornata verso l'ottava casa, ma dopo aver superato la sesta, la stanchezza la sopraffece e allora si lasciò cadere su uno dei giardinetti terrazzati tra una casa e l'altra. Chiuse gli occhi per un attimo, avvertendo quasi subito una lacrima che le scendeva solitaria, senza che lei lo volesse.

-Ci stai troppo male- disse una voce.

A pochi passi da lei comparve Deathmask.

-Senti, adesso non sono proprio in vena del nostro quotidiano botta e risposta. Sono abbastanza afflitta per conto mio-

Il cavaliere invece fece qualcosa di inaspettato: senza rispondere, si sedette accanto a lei. Elettra però non se ne accorse quasi.

-Sai, in fondo vorrei che la testa l'avessi persa per me-

Lei socchiuse gli occhi, vedendo la faccia triste del cavaliere del cancro.

-Non scherzare-

-Non sto scherzando. Non sai cosa significa quando tutti ti evitano, ti scansano come se avessi la peste. Sono il cavaliere a stretto contatto con la morte e solo lei è rimasta a farmi da compagna. Non sai cosa darei per il contatto di un altro essere umano-

-E Aphrodite?-

-Non abbiamo quel tipo di rapporto, cosa ti viene in testa? Lui è solo l'unico che mi si mai stato amico-

Elettra ebbe l'impulso di abbracciarlo. Pareva davvero afflitto, forse più di lei.

-Vedi cosa mi fai fare? Mi rammollisci- e si voltò a guardarla.

-Deathmask, io non posso darti il tipo di rapporto che tu vorresti da me, ma amica tua posso sempre esserlo. Anche se, con tutta sincerità, il tuo senso dell'arredamento mette un po' i brividi-

Quello scoppiò in una sonora risata.

-D'accordo ragazzina, per ora accetto l'amicizia. Tanto sono sicuro che tra non molto tempo correrai tra le mie braccia-

-Certo, nei tuoi sogni- sorrise lei, facendogli la linguaccia.

Dopo qualche minuto di silenzio, durante i quali i due se ne erano stati spalla contro spalle ad ammirare il cielo, il cavaliere parlò:

-Hai bisogno di un aiuto per tornare all'ottava?-

Lei socchiuse un occhio. Stava per rispondere, quando qualcuno lo fece al posto suo.

-Credo di essere sufficiente io, Death-

I due alzarono gli occhi e scorsero Milo controluce.

-Ok, damerino. Tutta tua. Elettra, quando vuoi-

-Grazie Death-

Dopo che quello si fu allontanato, Milo chiese:

-Cosa ci facevi con lui?-

-Non sono affari tuoi. Da quando ti interessa con chi parlo o trascorro il mio tempo?- e, anche se con fatica, si alzò.

Cercò di imboccare la scale, quando il cavaliere la fermò per un braccio.

-Non ho ben capito cosa vuoi da me- disse lei, secca, guardandolo negli occhi.

-Solo un attimo del tuo tempo-

-Hai due minuti- disse lei, incrociando le braccia sul petto, ma continuando a non guardarlo.

-Elettra, so di averti recato dispiacere con le mie parole e che non c'è modo di scusarmi. Ma se ti dicessi che non ho mai pensato ciò che ti ho detto?-

-Ti direi che sei uno stupido, che non ha senso ciò che stai dicendo. Mi sembra solo un patetico tentativo per cercare di recuperare l'irrecuparabile-

Ad un tratto sentì lui afferrarla per un polso e, in un attimo, si ritrovò con il petto schiacciato contro il suo. Divenne rossa come un peperone, nonostante la rabbia fosse più forte.

-Sono serio- disse lui, guardandola insistentemente negli occhi.

-Ma allora perchè mi hai parlato in quel modo?- chiese lei, con il tono un po' più sciolto, distogliendo comunque lo aguardo.

-Perchè, come hai detto tu, sono uno stupido. Ho messo l'orgoglio davanti alla ragione. Non potevo accettare ciò che tu mi stavi facendo, ciò che stavo diventando per ciò che provavo per te. La soluzione più semplice mi è sembrata quella di allontanarti, ma non mi sono reso conto fino in fondo ciò che ho provocato in me e soprattutto in te. Ho indugiato tante volte davanti alla tua stanza, con la tentazione di entrare e dirti ciò che in realtà sentivo, ma ho avuto paura. Paura, ti rendi conto? Io, cavaliere dello scorpione, ho sempre riso in faccia persino alla morte, ma la tua presenza ha instillato in me la scintilla dell'insicurezza. Cosa mi hai fatto?-

Elettra ascoltò fino in fondo ciò che lui aveva da dire, rimanendo senza fiato. Il cuore le batteva all'impazzata, come se le volesse schizzare fuori dal petto da un momento all'altro, mentre lo stomaco era sottosopra. Finalmente riuscì a trovare il coraggio di alzare nuovamente lo sguardo.

-Non mi stai ingannando, vero?- disse, quasi in un flebile sussurro.

-Non voglio più. Se inganno te, prendo in giro anche me stesso-

La ragazza avvertiva un calore strano invaderla, ma non era come quando espandeva il cosmo. Le mani le sudavano e le sembrava di perdersi nella profondità di quegl'occhi blu. Senza rendersene conto si stava avvicinando a lui e lui a lei. Socchiuse gli occhi, mentre le loro labbra erano ormai alla distanza di un respiro.

Ad un tratto entrambi avvertirono due occhi che li scrutavano. Si voltarono, allontanandosi imbarazzati, per trovarsi di fronte Cleo con un sorriso a trentadue denti.

-Elettra, vedo che stai meglio- disse.

-In effetti ancora non del tutto. Penso che andrò a casa- e prese a salire.

In quel momento sentì sollevarsi da terra e si trovò per l'ennesima volta tra le braccia del suo cavaliere.

-Se permette...- sorrise lui.

-Con vero piacere- rispose piano lei, lasciando andare la testa contro il suo petto.

 

L'aria nella casa dello scorpione era molto più rilassata di qualche giorno prima. Adesso Elettra e Milo convivevano serenamente, anche se non si erano più avvicinati da quel giorno.

La ragazza andò a trovare la sorella, la quale la maledisse per averla costretta alle cure di quell'energumeno, che la delicatezza non sapeva neanche dove stava di casa, ma fu comunque felice di sentire che il moro aveva finalmente fatto chiarezza.

Virgo, quando era andata a trovare la sorella minore, le aveva proposto di seguire qualche ora di meditazione con lui per riuscire a controllare il proprio cosmo e lei accettò volentieri. Non voleva più essere un pericolo per le sorelle e i compagni.

Deathmask si era rivelato un ottimo ascoltatore e consigliere, anche se non demordeva dal punto di vista fisico. Ormai lei però aveva preso questa sua insistenza come quotidianità.

Nonostante però che la serenità si fosse impossessata un po' della sua vita, il ricordo della promessa di Ares le tornava in mente ad ogni occasione.

Il tempo era quasi scaduto e aveva paura della comparsa improvvisa dei suoi generali. Se le cose fossero andate male, non voleva lasciare niente al caso. Niobe aveva insistito perchè riuscisse a “consumare”, così diceva lei, con Milo prima della fine.

Lei però non voleva forzare le cose. Dopotutto lui non le si era più avvicinato.

 

Il giorno dopo, ad un'ora improponibile del mattino, Cleo si catapultò letterarmente in camera della sorella, facendole sfuggire un grido che allertò persino il cavaliere dello scorpione, il quale arrivò addirittura con solo i boxer e, dopo aver ricevuto il cuscino in pieno viso, andò a rendersi più presentabile.

-Cosa ci fai qui, piccola peste?-

-Elettra, non ricordi che giorno è oggi?-

Lei la guardò stranita.

-Sinceramente no-

-Ma come sorellina? Oggi è il tuo compleanno-

Era vero. Quel giorno faceva diciotto anni e per il mondo diventava adulta.

-Auguri- e la ragazzina la abbracciò forte.

-Erano mesi che progettavamo questa cosa- sussurrò poi.

La maggiore se la staccò di dosso.

-Cosa stavate progettando?-

-Ma la festa per il tuo compleanno-

-Che cosa? Siete impazzite?- esclamò lei.

-Trovo che sia un'ottima idea- intervenne Milo, tornato completamente vestito ad affacciarsi sulla sua stanza.

Lei gli lanciò un'occhiataccia, come a volerlo ammonire a non dare spago alla ragazzina.

-Bene, allora immagino che anche tu sarai dei nostri. Anche Virgo, Aldebaran e Camus hanno accettato. Adesso corro a chiederlo agli altri. Anche ad Atena- e scappò via.

-Cleo, non passare da Deathmask prima di mezzogiorno. Altrimenti ti aggiungerà ad una delle maschere che abbelliscono il suo muro- le gridò dietro, ma non sapeva se la sorella l'avesse sentita.

Decise che più tardi sarebbe andata a controllare.

-Mi ci mancava solo questa- sospirò.

-Non ti piacciono le feste?- chiese Milo.

-Ah, ma tu sei ancora lì? Dovrei odiarti per avergli dato spago-

-E invece sarà un'occasione per svagarci. Siamo tutti un po' tesi per questa faccenda di Ares- e fece per andarsene.

-Dove vai?- gli chiese lei.

-Un compleanno non è lo stesso senza un regalo. Vado a reperirne uno- e, sorridendole, sparì nell'ombra della sua casa.

 

-Perchè mi sono fatta convincere?- si chiese Elettra, davanti alla porta della tredicesima casa.

Cleo le aveva detto che tutti i cavalieri avevano accettato l'invito, persino Gemini, il quale non usciva veramente mai dalla sua casa.

Che figura ci avrebbe fatto? La sorella le aveva anche detto che alle vivande e alle bevande ci avrebbe pensato Niobe e, conoscendola, ci sarebbe stato più alcool che acqua. La stupiva Atena che aveva permesso una cosa del genere.

-Cosa ci fai qui fuori?-

La voce di Death la raggiunse all'improvviso.

-Vedo che anche tu ancora non ti sei deciso-

Era strano vederlo senza l'armatura d'oro. Aveva un aspetto più umano, più affascinante e lei si trovò ad arrossire.

-Sai bene che non sono per rispettare gli orari. Ma per fortuna non dovrò entrare da solo- e sorrise.

-Non farti strane idee, granchio- rispose lei, con il sorriso sulle labbra.

-Oh, avanti. Lasciami almeno quelle-

In quel momento il portone si aprì e comparve Niobe, anche se da come era vestita e pettinata non sembrava neanche lei.

-Toh, guarda chi c'è. Mancavate solo voi. Avanti, entrate-

Era il momento. Speriamo che la cosa sia veloce e indolore. Ciò che però l'aspettava, andava al di là di ogni suo pensiero: tutti ridevano e scherzavano, anche chi di solito era più taciturno e musone, si era lasciato andare. Sembrava una festa in uno di quei college americani che si vedevano nei film.

Deathmask lasciò immediatamente il suo fianco per raggiungere Apho, il quale si stava scolando un'intera bottiglia di vodka pura.

-Niobe, dove hai reperito tutto questo alcool?- chiese lei sconvolta, continuando a guardarsi intorno.

-Non preoccuparti, tutte vie legali. Mi ha aiutato Ioria a trovare un negozio di fiducia-

Ioria? Il bravo ragazzo? Il mondo stava proprio andando al contrario. In quel momento si ritrovò un bicchiere tra le mani.

-Avanti sorellina, divertiti. È il tuo compleanno dopotutto-

-Mah si, cosa potrebbe mai succedere?-

 

Successe che Elettra si lasciò talmente andare che non riusciva più a ragionare lucidamente. Vedeva Milo chiacchierare con Camus e lanciarle rapide occhiate, ma non si era mai avvicinato. Lei, ormai quasi del tutto ubriaca, chiedeva di lui alle sorelle.

Alla disperazione, Cleo la fece uscire a prendere una boccata d'aria. Con la promessa che sarebbe tornata al più presto, la lasciò là da sola. Lei lasciò andare la testa contro la parete, le braccia in grembo e lo sguardo alla luna. Come capita quando una persona è offuscata dall'alcool, si mise a pensare, facendosi infinite domande.

Ad un tratto avvertì dei passi. Si voltò e le sembrò di scorgere una chioma dal particolare colore blu.

-Milo...- sussurrò.

Lui si voltò a guardarla.

-Elettra. La festa è finita e tutti se ne stanno andando. Mi hanno mandato a prenderti. Ma questo non è puzzo di vodka?-

-Milo, credo di aver esagerato con il bere-

Lui, senza troppi complimenti, la prese tra le braccia.

-Mi dispiace- disse lei, mortificata.

-Figurati. Mi piace prenderti in braccio- sorrise lui.

Lei si rannicchiò come una bambina.

-Milo-

-Dimmi-

-Tu ci sarai sempre da ora in poi?- chiese, in maniera così ingenua da farlo sorridere.

-Certo che ci sarò-

-Ho paura che ti accada qualcosa di brutto-

-Non mi succederà niente. Dopotutto sono un cavaliere di Atena-

Si abbassò per guardarla, ma lei gli stava rimandando uno sguardo così intenso da sconvolgerlo.

-Non voglio perderti. Sei importante per me- disse lei.

-Elettra...- sospirò lui e si avvicinò.

Quando però stavano per unirsi, la ragazza si accasciò, addormentata. Con un sorriso stampato sul volto, il cavaliere riportò la sua allieva all'ottava casa.




N.A. Finalmente Milo si è deciso, ma sotto pressione della cara e dolce Niobe.
Deathmask si è rivelato diverso da ogni aspettativa. Elettra è arrivata ai diciotto anni e sarà una festa che si ricorderà. 
Quale sarà il regalo di Milo?
Continuate a leggere e qualche recensione mi farebbe piacere. Saluti Marty.

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Capitolo 15
*** Cap. 14 ***


-No no no!!- continuava a gridare Elettra, mentre si muoveva svelta nella sua stanza.

-Sorellina, è stata solo una sbronza. Nulla di che- continuava a ripeterle Niobe, stesa sul letto.

-No, non capisci. L'alcool mi fa straparlare e ho paura di aver commesso qualche sciocchezza o aver detto qualcosa di troppo-

-E allora?-

-Allora? Devo ricordati chi è stato a riportarmi qui?-

-Ma dai, ormai tutti si sono resi conto che vi piacete-

-Non è quello il problema. È che non voglio che lui pensi che sono completamente cotta-

Niobe la guardò storta.

-Tu hai dei seri problemi- commentò.

-Oh avanti, finiscila. Adesso vai, Aledebaran ti starà aspettando-

-D'accordo. Ci vediamo a pranzo- e se ne andò.

Lei si lasciò andare sul letto, tirando un sospiro.

-Spero solo di non aver combinato qualche pasticcio-

 

Elettra passeggiava tranquillamente per i boschi ai piedi del tempio, spensierata. Aveva bisogno di un po' d'aria fresca e di rimanere sola con i suoi pensieri. Ad un tratto avvertì un ramo che si spezzava alle sue spalle. Si voltò, spaventata.

-Chi c'è?-

Nessuno rispose, poi, da dietro uno degli alberi, spuntò Deimos. La ragazza balzò indietro. Il generale era svestito della sua armatura, ma aveva lo stesso un aspetto pericoloso.

-Che cosa ci fai qui?- chiese.

-Sai bene perchè sono qui. Credo che il sommo Ares te lo abbia detto-

-Non verrò con te-

-Non ti chiederò questo, infatti. Il mio signore mi ha detto di avanzarti una richiesta: che tu ti consegni di tua spontanea volontà-

-Come sarebbe a dire?-

-Con tutta sincerità non lo capisco neanche io, ma questo è ciò che mi è stato ordinato-

-Puoi dire ad Ares che non mi presenterò mai a lui di mia spontanea volontà-

-Aveva previsto che avresti dato questa risposta e mi ha detto di riferirti che se non lo farai, ucciderà ogni cavaliere e ogni sacerdotessa presente al tempio fino a quando tu non sarai davanti ai suoi occhi-

Lei rimase come folgorata. Non sapeva se quella minaccia era da prendere sul serio, ma non poteva rischiare.

-Quanto tempo ho?-

-Tra due giorni, prima che il sole tramonti, torna in questa radura. Io sarò ad aspettarti- e, con una risata che gli si allargava sul volto, sparì.

Elettra cadde in ginocchio. Così era quello il suo fardello? Ma per i cavalieri e le sue sorelle avrebbe fatto anche di più.

 

Due giorni. Solamente due tramonti prima della fine. Che cosa avrebbe fatto? Non erano sufficienti a fare tutto quello che avrebbe voluto e ciò la faceva stare malissimo. Inoltre non poteva raccontare a nessuno ciò che l'attendeva, altrimenti avrebbero cercato di fermarla. Poi le venne alla mente il volto del suo cavaliere. Non poteva più indugiare, vista la possibilità che non lo rivedesse mai più.

Decise che quella sera gli avrebbe rivelato ogni cosa.

Quando però tornò alla casa dello scorpione la trovò vuota.

-Il damerino è partito per una missione improvvisa. Tornerà domani in mattinata- disse la voce di Deathmask, il quale era comparso sulla porta.

-Ma tu devi sempre essere così silenzioso?- chiese lei.

-Mi piace vedere quando ti spaventi- ridacchiò quello.

-Idiota-

Poi si rabbuiò.

-Tutto a posto?- le chiese lui.

-Si si, tutto a posto. Ho solo bisogno di riposare. Vado a farmi una doccia-

-Ti accompagno-

-Death!!-

 

-Cosa ha risposto?-

-Ha accettato-

-Bene. Quella ragazza mi attira. Non solo perchè custodisce il segreto del libro, ma per qualcos'altro che ancora non riesco a capire-

-Quando si accorgeranno della sua scomparsa, i cavalieri verranno a cercarla-

-E noi saremo pronti ad accoglierli-

 

Dopo quasi un'ora, nella quale era riuscita a far demordere il cavaliere della quarta casa a infilarsi con lei sotto la doccia, finalmente la ragazza potè concedersi ad un caldo scroscio d'acqua. Poggiò la testa contro il muro e si lasciò andare lentamente, sino a ritrovarsi in ginocchio.

-Milo, perchè quando mi decido a confidarti ogni cosa tu non ci sei?-

Dopo quasi mezz'ora, uscì e tornò in camera per asciugarsi e vestirsi. Ad un tratto irruppero le sorelle. Quando però Elettra si voltò, vide che erano seguite da Aldebaran, Shaka, Camus e Ioria. D'improvviso si ricordò di indossare solamente l'intimo, soprattutto guardando le faccie imbarazzate dei cavalieri. Così lanciò un urlo e si coprì in fretta:

-Possibile che in questo posto nessuno sia abituato a bussare?!?-

Così, dopo aver allontanato i quattro ragazzi, ancora imbambolati per l'imbarazzo, si rivolse alle sorelle.

-Che ci fate qui?-

-Abbiamo saputo che Milo è in missione-

-E allora-

-Come allora? Festa!!- esordì Niobe.

-Stai scherzando?-

-Avanti sorellona. Ci annoiamo tanto ad allenarci e basta-

-Ma abbiamo fatto una festa appena ieri-

-Che importanza ha? Ogni giorno è una festa!!- disse ancora Niobe, euforica.

-Sei sempre la solita- sorrise la maggiore.

Poi continuò:

-Se Milo ci becca...-

-Non lo farà. Lui tornerà domani in mattinata, giusto?-

-E' quello che mi hanno detto-

-Bene, allora cancelliamo ogni indugio...-

 

-Sapevo che non era una buona idea- sospirò Elettra, mentre un branco di cavalieri scalmanati si aggirava per la casa dello scorpione.

Gli unici estranei da quel marasma erano Mur e Shaka, seduti in un angolo, intenti a parlottare e fare cenni di dissenso con la testa.

-Che falsi. Pensare che erano in prima fila quando hanno parlato di festa- pensò lei, con un mezzo sorriso.

Ad un tratto si sentì circondare le spalle con un braccio. Si voltò e una tanfata di alcool la investì, facendole ricordare la nausea della sera prima. Poi si accorse da chi proveniva: Death.

-Ehi tesoro, tutto bene?-

-Io si. Tu, in compenso, sei ubriaco-

-Nooooo...forse solo un po'. Tu invece dovresti rilassarti- disse, accarezzandole un braccio.

Elettra intuì che c'era aria di guai. Così, sorridendo, afferrò il polso del cavaliere e si sciolse dal suo abbraccio.

-Ehm, credo che Aphro ti stia chiamando- tentò.

-Non è vero. Perchè non vuoi cedere? Vedo come mi guardi, mi desideri- continuò lui, avvicinandosi lentamente, mentre lei si allontanava.

Ad un tratto, quando ormai Elettra si sentiva in trappola, il portone dell'ottava casa si spalancò. Tutti si bloccarono all'istante. Colui che apparve non avrebbe dovuto essere lì: Milo. Quando vide cosa stava succedendo, assunse un aspetto quasi demoniaco.

-Fuori di qui...- sussurrò.

Poi il suo sguardo cadde sulla povera Elettra che tentava di far demordere Deathmask. I suoi occhi si infiammarono.

In un attimo il tempio si svuotò, mentre Milo sbraitava. Alla fine rimase solo lei.

Si vergognava per l'orrenda figura fatta. Lui le passò accanto senza proferire parola, poi lasciò cadere tra le mani di lei un piccolo pacchetto.

-Buon compleanno- si limitò a dire e passò oltre.

Elettra, mortificata, prese a mettere a posto la baraonda lasciata, pensando a quali sarebbero voluti essere i suoi intenti quella sera. Con molta probabilità adesso il cavaliere la odiava per aver trattato la sua casa come un circolo ricreativo.

Finiti di lavare gli ultimi piatti, Elettra uscì sulle scalinate del tempio. In tasca aveva ancora la scatolina che le aveva dato il cavaliere. Trattenendo a stento un sorriso la aprì, rimanendo senza parole: dentro vi era una catenina con un piccolo ciondolo a forma di stella a otto punto, con al centro un brillantino rosso fuoco. Gli occhi le divennero lucidi, ma lei li strusciò con forza, imponendosi di non piangere. Una voce alle sue spalle la fece trasalire:

-Non lo indossi?-

Lei si voltò: Milo, nascosto nella penombra, la osservava. Poi aggiunse:

-Non ti piace?-

Lei arrossì. Abbassando lo sguardo. I passi del cavalieri le si fecero vicini, sino a quando non lo vide abbassarsi ad afferrare la catenina.

-Posso?-

Lei si spostò i capelli, in modo da lasciare il collo scoperto. Il suo tocco le provocò un brivido. Quando il gioiello fu al suo posto, Milo si inginocchiò davanti a lei, in modo da poterla ammirare.

-Ti sta bene-

La ragazza sorrise, poi si accorse che lui si stava avvicinando. Non lo fermò, avendo aspettato da tempo quel gesto da parte sua.

-Forse stavolta ce la farò a baciarti- disse lui in un sussurrò, prima che le sue labbra toccassero quelle di lei.

All'inizio, entrambi avevano quasi paura di approfondire quel bacio, lasciando che le labbra si sfiorassero appena. Poi però furono investiti da una carica di passione talmente forte che si strinsero l'una all'altro, lasciando che quel bacio divenisse meno casto.

Nel breve secondo in cui ripresero fiato, lei sussurrò:

-Pensavo che fossi arrabbiato con me-

-Infatti. Sono furioso- rispose lui, continuando a baciarla.

-Allora devo farti arrabbiare più spesso-

Ad un tratto una lacrima le scivolò su una guancia e lui se ne accorse.

-Che c'è?- le chiese.

-Sono felice- e ricominciò a baciarlo, con molta più enfasi di poco prima.

Elettra non gli avrebbe mai raccontato la verità.

 

Quella notte la passarono insieme, facendo dei loro corpi lo strumento per i sentimenti che provavano. Le loro anime divennero una sola, mentre Elettra scopriva un mondo che fino a quel momento le era sconosciuto e che aveva desiderato fin da subito esplorare solo con lui. Il cavaliere dello scorpione, a suo modo, sapeva che quella ragazza sarebbe divenuta l'unica cosa che, da quel momento in avanti, avrebbe fatto di lui un uomo completo. Basta baldoria e scappatelle con le altre donne, adesso esisteva solo lei. Poi, entrambi sfiniti, si addormentarono.

Elettra si svegliò per prima e si accorse di essere stretta in un caldo abbraccio del suo cavaliere. Alzò un poco lo sguardo, posandolo sul volto addormentato di lui e sorrise: sembrava quasi un bambino. Così gli dette un leggero bacio sulle labbra.

Quello arricciò un poco il naso, fino a quando non aprì i profondi occhi blu, incontrando quelli verdi di lei.

-Buongiorno bellissima- sorrise.

-Buongiorno- rispose teneramente lei.

-Sto ancora sognando?- chiese ancora lui.

-Perchè?-

-Vedo una Dea di rara bellezza stesa qui davanti a me, nel mio letto- e la strinse ancora più forte.

Dopodichè fecero l'amore per una seconda volta.

 

Quando Milo si svegliò non avvertì la presenza di Elettra al suo fianco. Guardò fuori dalla finestra: quanto aveva dormito? Il cielo si stava già tinteggiando di rosso, segno che il sole era vicino a tramontare. Come aveva potuto dormire così a lungo? Poi un'odore strano gli sfiorò le narici: una sorta di incenso che sapeva di fiori, il quale però gli metteva una certa sonnolenza.

Con una mano lo gettò a terra. Ancora intontito si alzò, coprendosi con il lenzuolo. Si aggirò per la stanza, cercando Elettra, ma di lei non ve ne era traccia.

Ad un tratto l'occhio gli cadde su qualcosa che scintillava tra le coperte. Si avvicinò e notò che era il ciondolo che la sera prima le aveva regalato. Con quello c'era un foglietto ripiegato a metà. La scrittura era quella di Elettra. Ogni parole che leggeva lo faceva cadere sempre di più in una sorta di stato confusionale.

Poi barcollando si sedette sul letto, col foglio tra le mani. Dopodichè proruppe in un grido.

 

Sembrava strano, ma ad Elettra sembrò di udire un grido provenire dall'ottava casa. Si sentiva malissimo ad averlo abbandonato in quel modo, ma era lunica soluzione per non farlo soffrire più del dovuto.

Mentre si incamminava verso la radura dove aveva appuntamento con Deimos, i dubbi si insinuarono nel suo animo.

Poi si voltò per guardare un'ultima volta il tempio, prima di avvertire una voce:

-Hai mantenuto l'accordo-

-Si-

-Hai qualche ripensamento-

-Andiamo. Ora- 






N.A. Il nostro Milo ce l'ha fatta, ma è stato subito abbandonato dalla povera Elettra.
Cosa ne sarà di lei?
Continuate a seguire la storia e ringrazio chi la legge, chi la recensisce e chi l'ha aggiunta tra le seguite.
Saluti Marty

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Capitolo 16
*** Cap. 15 ***


Il cavaliere dello scorpione irruppe senza troppi complimenti nelle stanze della Dea, dove quella si stava intrattenendo con il cavaliere della prima casa.

-Che succede?- chiese lei, visibilmente spaesata.

Quello, di tutta risposta, posò poco delicatamente la lettera trovata sugli scalini sotto il trono.

-Se ne è andata- disse, burbero.

-Chi?- chiese Mur.

-Elettra. Si è consegnata ad Ares-

-Che cosa?!?- dissero in coro i due interlocutori.

-Dice che l'ha fatto per noi. Chissà che genere di ricatto le ha avanzato quel Dio! Dobbiamo andare a riprenderla-

-Calmati adesso, Milo. È necessario elaborare un piano-

-Ce l'ho io il piano: andiamo, entriamo, li facciamo fuori, riprendiamo Elettra e torniamo contenti qui al sacro tempio. Semplice-

 

Se ne stava rannicchiata contro la parete umida e fredda di quella prigione. Quando aveva attraversato il passaggio per il palazzo di Ares assieme a Deimos, le forza l'avevano improvvisamente abbandonata, facendole perdere i sensi. Si era risvegliata in quella segreta, dopo non sapeva quanto tempo.

Una catena le bloccava la caviglia, ma anche se avesse potuto muoversi, le gambe non l'avrebbero sostenuta. Si sentiva intontita, come se fosse stata drogata.

-Perchè devo sempre infilarmi in questi pasticci? Milo, potrai mai perdonarmi?- pensò.

Ad un tratto udì dei passi venire verso di lei, la serratura ebbe uno scatto e la porta si aprì, cigolando. Con la vista quasi annebbiata, Elettra vide qualcuno che si stagliava controluce. Poi una voce, che riconobbe essere Phobos, disse:

-Avanti gattina, il sommo Ares ti ha concesso udienza-

 

-Come sarebbe a dire che mia sorella adesso si trova nelle mani di Ares?!?- sbraitò Niobe, avuta la notizia.

Poi, rivolta a Milo, continuò:

-E tu moro? Non avevi il compito di tenerla d'occhio?-

-Mi ha drogato. Quando mi sono svegliato, era troppo tardi- cercò di giustificarsi.

-Ma...-

-Adesso calmati, Niobe. Andremo a salvare tua sorella- intervenne Atena.

La ragazza si calmò, mentre la sorella più piccola le stringeva una mano, preoccupata. Lei la guardò, senza sapere cosa dirgli per tranquillizzarla. Quello era un compito che di solito spettava a Elettra, accidenti!!

-Per il momento Ares non le farà del male, le serve la sua conoscenza- riprese Atena.

-Che vuol dire?- chiese Camus.

-Vedete, Elettra è l'unica a sapere dove si trovano le tre armi divine-

-Ma quanto ci vorrà prima che non le sia più di alcuna utilità?-

La Dea non rispose. Non lo sapeva neanche lei.

 

Elettra fu letteralmente trascinata nella sala del trono. Ad attenderla stavano Deimos, poco spostato dallo scranno, e Ares, il quale la fissava con uno strano sguardo.

-Finalmente ci incontriamo- disse, quando lei fu “delicamente” adagiata a terra.

Quella alzò un poco la testa e si trovò davanti lo stesso giovane che era apparso quella notte in camera sua. Solo che stavolta lui era reale e poteva fargli del male se avesse voluto.

-Cosa vuoi?- chiese.

-Voglio sapere l'ubicazione delle tre armi divine-

-Mi spiace, ma non posso aiutarti-

-Non scherzare con noi, ragazzina- disse Phobos, afferrandola per i capelli e costringendola ad alzare la testa.

Lei emise un gemito soffocato.

-Suvvia Phobos, non essere così duro con lei. Dopotutto è nostra ospite. So io il modo per farla parlare- intervenne il Dio e si alzò, procedendo verso di lei.

I suoi occhi rossi si fissarono in quelli verdi della ragazza, paralizzandola. Dopodichè si inginocchiò, arrivando alla sua stessa altezza. Dopodichè sorrise, maligno.

-Allora, mi dirai ciò che voglio sapere?-

-Mai-

-D'accordo, ma ti avverto questo farà un po' male-

Con un colpo secco, impose i suoi due indici sulle tempie della ragazza. Quella sentì come se una scarica gli attraversasse il cervello e immagini veloci presero a scorrere, come flash: le parole del libro apparivano in sequenza assieme agli spezzoni del suo sogno, il simbolo che aveva visto in cima alla pagina.

-Ah, gli adepti di Ecate- sussurrò lui, come se avesse avuto la conferma su qualcosa che sospettava.

Ma quella tortura non era ancora finita. D'improvviso, nuove immagini appervero nella testa di Elettra, fatti che lei non sapeva neanche di aver vissuto. Vide se stessa, molto piccola, con le sue sorelle, e un uomo e una donna che gli sorridevano.

Una lacrima le scivolò dagli occhi tenuti chiusi.

Poi uno strano rito, dove loro venivano immerse in acque scure, per poi vedere una piccola fiammella accendersi nei loro petti. Uno strano canto si propagava nell'aria. Poi di nuovo le porte, ognuna con uno strano simbolo.

Poi fuoco e fumo, case che andavano a pezzi, gente che urlava. Loro che erano state messe in salvo dai genitori, gli stessi che non avevano più rivisto. Poi il buio.

Avvertì la pressione che il Dio esercitava sulle sue tempie farsi per un attimo più debole. Poi ebbe la sensazione che quei ricordi le fossero stati appositamente oscurati.

D'improvviso Ares la lasciò andare e lei crollò a terra. Quello si alzò e, mentre si voltava verso il trono, disse:

-Phobos, Deimos, il vostro compito non è ancora finito-

 

Niobe e Cleo erano a terra, mentre si tenevano la testa e gemevano. Era accaduto all'improvviso, mentre tutti si trovavano nella sala di Atena. Virgo e Aldebaran erano subito andati in loro soccorso, ma non sapevano esattamente cosa fare. Anche gli altri erano preoccupati, persino la stessa Dea.

Ad un tratto le due smisero di soffrire e i rispettivi maestri si accertarono sulle loro condizioni.

-Piccola, stai bene?- chiese il cavaliere del toro a Niobe.

Lei aprì gli occhi e, con la fronte imperlata di sudore, si alzò. Lo stesso fece la sorella.

-Che cosa è successo?- chiese Atena.

-Non so come, ma adesso ricordiamo ogni cosa-





N.A. Mi dispiace per questo capitolo un pò breve, ma finalmente si comincia a far luce sul passato delle tre sorelle.
Continuo a ringraziare chi legge e chi recensisce.
Saluti Marty.

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Capitolo 17
*** Cap. 16 ***


-Spiegatevi. Cosa ricordate?- chiese loro Atena.

-Il nostro passato, i nostri genitori, la loro...morte- rispose tristemente Cleo.

-Come è possibile?-

-E' stato come se un fulmine ci attraversasse il cervello e poi “PUF” tutto è stato chiaro- rispose Niobe, mimando una sorta di esplosione.

-E questi vostri ricordi possono dirci qualcosa?-

-Non credo. Anche se alcune immagini ancora non riusciamo proprio a capirle, ma credo che abbiano a che fare con una sorta di strano simbolo, un cerchio...-

-Con due falci ai lati- concluse la Dea.

-Come fate a saperlo?-

-E' lo stesso che Elettra vide nella pagina del libro-

-Che strano. È familiare- aggiunse Cleo.

-Vero-

-Vado a fare qualche ricerca- disse Camus e, senza che nessuno potesse parlare, uscì dalla sala.

-Anche gli altri possono andare. Vi aggiornerò appena ci saranno novità- concluse Atena e il resto dei cavalieri se ne andò.

Gli unici che rimasero furono Niobe e Milo. Il ragazzo non alzava lo sguardo dal pavimento e pareva davvero afflitto. Dispiacendosi per lui, la ragazza gli si avvicinò. Senza preavviso gli tirò un pugno sul braccio, risvegliandolo tutto insieme.

-Ahia!! Ma sei impazzita?- chiese lui, tenendosi il punto colpito.

-Smetti di deprimerti!! Sei un cavaliere, santo cielo. Moro, se avessi immaginato questo tuo lato depresso, allora non avrei mai spinto mia sorella tra le tue braccia- poi, sorridendo per l'espressione che lui aveva assunto, se ne andò, lasciandolo solo.

 

Mentre aspettavano notizie da Camus, il quale era quasi tre ore che si era rinchiuso in biblioteca, Niobe e Cleo ne approfittarono per continuare gli allenamenti. Nonostante l'ora tarda, i loro maestri acconsentirono ad aiutarle, ammirando la loro tenacia.

Avevano avuto un assaggio del potere che la sorella sprigionava e loro non volevano essere da meno. Per la prima volta sarebbero state loro a salvare lei dai pasticci.

Mentre la mezzana prendeva a pugni il povero Aldebaran, la piccola Cleo dava dimostrazione a Virgo di quanto era cresciuto il suo cosmo.

Dalla quarta casa Deathmask percepiva i cosmi delle due sorelle crescere e un sorriso gli si allargò sulle labbra. In quel momento, nel buio, notò una figura ferma sulle scale della quinta casa. Strizzò gli occhi per mettere a fuoco l'ombra e si stupì nel notare il cavaliere dello scorpione che sconsolato, si rigirava qualcosa tra le mani.

Stupendosi addirittura di se stesso, gli si avvicinò.

-Ehilà scorpione, non hai una casa dove stare tu?- lo canzonò, sedendogli al fianco.

-Scusa Deathmask, ma non è il momento-

Milo che si scusava? Aspetta, aspetta...Milo che si scusava con lui?

-Quella ragazza ti ha proprio deviato, caro cavaliere- sorrise l'altro.

Lui alzò lo sguardo.

-Senti, risparmiami il discorsetto. Io e te non siamo mai stati amici, quindi scusa se non vedo il motivo perchè tu tenti di consolarmi-

-Non lo faccio per te, razza di stupido!! Lo faccio per lei. Non voglio che si ritrovi un uomo senza palle quando tornerà al grande tempio-

-Death, perchè lo fai?- insistette Milo, stupito.

-Lei è stata l'unica a trattarmi come una persona e non come un portatore di morte. Le devo molto- e, scocciato, si rialzò con l'intento di tornare alla quarta casa.

-Ti sei innamorato di lei?- gli chiese il compagno.

Deathmask si bloccò, poi voltandosi rispose:

-Che importanza ha? Non sono stato la sua scelta. L'unica cosa che posso dirti è che fossi in te non me la lascerei scappare. Sappi che ci sarò io sempre all'erta- e detto questo se ne andò.

Milo sorrise:

-Grazie Deathmask- sussurrò poi.

 

-Niobe, non pensi di esserti allenata abbastanza?-

-Taci, ragazzone. Non sono stanca-

In realtà aveva le nocche che quasi le facevano sangue. D'un tratto il cavaliere gli bloccò entrambi i pugni, costringendola a guardarla negli occhi.

-Non è facendoti del male che aiuterai tua sorella-

-Zitto. Devo diventare più forte!!- esclamò lei.

-Niobe, smettila. Elettra non vorrebbe questo-

La ragazza, sempre con i pugni bloccati, abbassò il capo. Quando consentì all'uomo di guardarla nuovamente in faccia, i suoi occhi erano già gonfi di lacrime. Aldebaran si stupì della sua reazione. Non l'aveva mai vista in quel modo. Niobe si era sempre dimostrata forte, piena di vita, aveva sempre cercato di frenare i suoi sentimenti. In quel momento però le sembrava di esplodere.

-Ho paura, ragazzone. Paura di non rivederla-

Il cavaliere le lasciò andare le mani. Lei fece qualcosa che non si sarebbe mai aspettato: gli saltò addosso e lo abbracciò. Quello, dopo un attimo di smarrimento, la strinse a sé, mentre lei tirava fuori tutte le lacrime che non aveva versato in molti anni.

 

La mattina seguente un messaggio telepatico della Dea destò i presenti al tempio, convocandoli immediatamente, in quanto Camus portava notizie.

In pochissimo tempo si presentarono tutti all'appello. Il cavaliere dell'acquario stava accanto ad Atena. Poi, quando l'assemblea fu al completo, si pose davanti a Niobe e Cleo e mostrò loro l'immagine che aveva trovato.

-E' questo il simbolo?- chiese.

Le due ragazze lo guardarono attentamente, poi annuirono.

-Che significa?- chiese la mezzana.

-E' il marchio degli adepti di Ecate- rispose lui.

-Adepti di chi?- domandò Cleo.

-Ecate, la dea dai tre volti, la quale poteva passare attraverso i tre regni indisturbata. L'unica a quanto si sa. I suoi fedeli formavano una sorta di comunità, la quale per secoli custodì le tre porte dei mondi, le vie per raggiungere le tre armi divine-

-E questo cosa ha a che fare con noi?-

-Ancora non lo sappiamo. L'unica cosa che ci rimane da fare è quella di visitare il luogo dove sorgeva il loro villaggio- disse Atena.

-Sorgeva?-

-Esatto. Un giorno scomparvero, senza lasciare segni o indizi. Fu come se semplicemente non fossero mai esistiti-

 

-Sommo Ares, cosa vi preoccupa?- chiese Deimos, vedendo l'espressione sul volto del suo signore.

-E' forse per ciò che avete visto nella mente della ragazza?- domandò ancora.

-Sai caro Deimos, non pensavo che potessero ancora esistere discendenti di quegli stolti fedeli alla dea con i tre volti-

-E perchè mai?-

-Vedi, fui io stesso a comandare il loro sterminio-

 

Atena e alcuni dei cavalieri rimasero al tempio, nel caso che ad Ares venisse in mente di attaccarlo, mentre Milo, Aldebaran, Camus, Virgo, Deathmask, Niobe e Cleo partirono alla volta delle rovine del villaggio degli adepti.

Si trovava distante dal grande tempio, quindi il gruppo dovette viaggiare in borghese, anche se gli scrigni delle loro armature non passavano certo inosservati. E il loro aspetto poi non aiutava di certo, visto che, ad eccezione di Aldebaran, il resto dei veri bocconcini per qualunque ragazza.

Persino Niobe e Cleo arrossivano, captando i commenti delle ragazze che incontravano sulla loro strada. I cavaliere però non sembravano curarsene, continuando verso la missione senza esitare.

Dopo quasi due ore di treno, finalmente arrivarono nei pressi della meta.

-Oltre quella collina dovremo trovare il passaggio- disse Camus.

-Bene, allora cosa aspettiamo?- concluse Niobe e il gruppo si mosse.

 

Dopo quasi mezza giornata di cammino, finalmente scollinarono. Ciò che trvarono però non li rese molto felici. Sotto di loro stava un grande lago artificiale, ma di case o costruzioni del genere non ve ne era traccia.

-Ghiacciolo, non è che ti sei sbagliato?- lo stuzzicò Deathmask.

-No, il posto è questo-

-Direi di accamparci mentre il nostro studioso trova una soluzione- disse Niobe, con lo stesso tono che aveva usato il cavaliere della quarta casa.

Camus la ghiacciò, ma dovette darle ragione. Così il gruppo piantò il campo. Non sapevano che qualcuno nell'ombra li osservava.

 

-Ares aveva ragione. Sarebbero arrivati proprio dove volevamo-

-Aspettiamo l'oscurità. Sarà più facile agire-

-Non vedo l'ora di vedere le loro faccie-

-Non sottovalutare i cavalieri d'ora di Atena-

-D'accordo, ma devi promettermi una cosa. La ragazzina arrogante è mia-





N.A. Bene, sta cominciando a delinearsi qualcosa. Vi è piaciuto il dialogo tra Milo e Deathmask? Ve lo sareste mai immaginato? Credo di no XD
Niobe ha dato prova che sotto la sua dura corazza, batte un cuore sensibile.
Continuate a leggere. Ne vedremo delle belle.
Saluti Marty.

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Capitolo 18
*** Cap. 17 ***


Gli occhi erano chiusi, ma l'orecchio era allerta. Aldebaran le aveva insegnato bene, a non perdere mai il controllo della situazione. E fu così che Niobe li sentì arrivare. Il passo era leggero e inudibile da un orecchio esperto, ma il camminare nel sottobosco provocava fruscii e scricchiolii.

Il fuoco scoppiettava ancora al centro del cerchio che il gruppo aveva formato e le loro ombre si allungavano in modo quasi innaturale.

Spostando un poco lo sguardo verso il suo maestro, coricato poco distante da lei in un enorme sacco a pello, vide che anche lui aveva avvertito quei movimenti. Vedendo sveglia anche la ragazza, le fece un cenno di intesa.

Niobe, veloce e leggera come un gatto, uscì dal suo sacco a pello e, altrettanto silenziosamente, sparì nella boscaglia.

 

-Dannazione, di questo passo ci scopriranno- sospirò Phobos.

-Se non la finisci di lamentarti, giuro che ti getto nel lago- replicò piano Deimos.

-Ma perchè dobbiamo muoverci così furtivamente. Non potremo semplicemente saltare fuori e coglierli alla sprovvista?-

-E' per questo che a me hanno dato il cervello e a te i muscoli, fratello-

I due tornarono a guardare verso l'accampamento improvvisato.

-Un attimo: la seconda sorella è sparita- disse Phobos, interdetto.

-Cercavate me?- disse una voce alle loro spalle.

Ai due sembrò di rivivere una scena già vista. Dietro di loro stava Niobe, con un sorrisetto maligno.

 

I due generali volarono ai piedi dei cavalieri. Presi alla sprovvista dalla ragazza, erano stati colpiti entrambi da un pugno ciascuno.

-Accidenti, a me sembra migliorata- disse Phobos, rivolto all'altro, mentre si massaggiava una guancia, ancora a terra.

L'altro lo guardò, sconfortato.

-Grazie- rispose Aldebaran, sorridendo.

-Che cosa fate qui?- chiese Camus con il suo tono glaciale.

I due, dopo un attimo di intontimento, si alzarono veloci.

-Siamo qui da parte del grande Ares-

-Questo l'avevamo capito-

-Dov'è mia sorella?- chiese invece Cleo, la voce insicura, ma lo sguardo serio.

-Oh, la ragazza sta bene. Il nostro signore si sta occupando di lei-

-Che vuoi dire, razza di deficiente?- sbraitò Deathmask.

-Che per ora non le è stato fatto niente. Sempre se la nostra missione andrà a buon fine-

-Facciamo così: prima vi pestiamo per bene e poi andiamo a cercare mi sorella- sorrise Niobe, ancora alle loro spalle.

-Se succede qualcosa a noi due, Ares non esiterà ad ucciderla. Tanto ormai ha ottenuto ciò che voleva sapere-

Milo rabbrividì pensando alla sua Elettra nelle mani di quel Dio. “Sua”? Si, da quella notte aveva cominciato a pensarla in quei termini.

-Che cosa volete?- chiese poi, rimediando una frecciata da tutti i compagni.

Phobos sorrise.

-Ares ci ha chiesto di condurre anche le altre due sorelle al suo palazzo-

-Cosa?- dissero quelli all'unisono.

-Perchè anche noi? Era Elettra che aveva immaganizzato le pagine del libro. A cosa gli serviamo?- pensò Niobe.

-Scordatevelo- rispose duro il cavaliere del toro, spostandosi davanti alla sua allieva.

-D'accordo. Allora saremo costretti ad eliminarvi-

-Potreste provarci- ridacchiò il cavaliere del cancro e in lampo indossò la sua armatura, seguito anche dagli altri.

Anche le due sorelle indossarono le proprie.

-Non crediate che ci faremo prendere alla sprovvista anche stavolta- ridacchiò Phobos.

-Fatevi sotto- concluse il fratello, lanciando la sfida con un gesto delle mani.

 

I cavalieri si scaraventarono sui due generali, ma questi sparirono in un lampo.

-Dove sono?- chiese Deathmask.

Un attacco gli arrivò dritto alla schiena, lasciandolo a terra. Il cavaliere però si rialzò quasi subito, sbuffando, scocciato.

Nel frattempo Milo e Camus, schiena contro schiena, cercavano di prevedere gli attacchi degli avversari, spariti nuovamente dopo l'attacco al quarto cavaliere. Ad un tratto davanti al cavaliere dello scorpione comparve Phobos, il quale, senza lasciargli il tempo di reagire, gli lanciò il suo attacco.

D'un tratto Milo fu trasportato in un altro luogo, quasi irreale. Camminava, ma i suoi movimenti erano difficili, mentre i contorni di ciò che lo circondava andavano sfuocandosi. Gli parve di trovarsi al grande tempio, ma questo era completamente distrutto.

-Cosa è avvenuto qui?- pensò.

In quel momento, poco distante, scorse una catasta di corpi. Si avvicinò e notò i volti dei suoi compagni, profondamente trasfigurati. Fece uno scatto indietro, iniziando a tremare. Poi, leggermente più lontano, un corpo solitario. Con le gambe che quasi non gli reggevano, fece due passi in quella direzione. Mano a mano che si avvicinava, il fiato gli si mozzava in gola. Quando fu a pochi centimetri, cadde in ginocchio: ai suoi piedi stava il corpo di Elettra, orrendamente ferito, che lo fissava con occhi vitrei.

Con le mani tremanti la prese tra le braccia e in quel momento gridò.

-Per il sacro aquarius!!- e una tormeta gelata dissolse la visione.

-Ma cosa è successo?- chiese Milo, ritrovandosi in ginocchio.

-E' stato l'attacco di Phobos e non riuscivo a risvegliarti. Pensavo stessi per impazzire- rispose Camus.

-Ci sono andato vicino- pensò il cavalieri.

-Vieni, gli altri hanno bisogno di noi-

 

Phobos e Deimos si erano dimostrati essere più forti del previsto, riuscendo a mettere in difficoltà anche Virgo, il più forte tra i cavalieri. Niobe e Cleo osservavano la scena, incredule. Due soli uomini stavano riuscendo a mettere in ginocchio i cavalieri d'oro di Atena, cinque dei più forti.

La minore strinse forte la mano alla sorella. Quella la guardò.

-Dobbiamo fare qualcosa- disse.

-Sai quale è l'unica cosa da fare- rispose seria l'altra.

-Per Elettra-

-Per il mondo-

 

-Fermi!!-

Un grido si dischiuse nella radura. I cavalieri si fermarono. Niobe e Cleo, tenendosi per mano, li fissavano.

-Veniamo con voi- disse la mezzana.

I cavalieri d'oro le guardarono, senza capire. I loro sguardi però non ammettevano repliche. Fu Cleo a parlare:

-Noi accettiamo di venire con noi, ma voi non dovrete fare del male a nessuno dei cavalieri-

Deimos sorrise e Phobos ridacchiò:

-Va bene. Ma adesso venite qui, da brave. E voi, allontanatevi-

Le ragazza obbedirono, liberandosi prima delle loro armature. Lanciarono un ultimo sguardo ai cavalieri come ad incoraggiarli. Poi Niobe guardò il suo maestro, il quale era rimasto incredulo.

-Vi aspettiamo- disse in un sospiro e in pochi secondi scomparvero, lasciando il gruppo senza parole.

 

-Ehi, che modi!!- disse Niobe, mentre Phobos la spingeva in malo modo in un'umida cella, seguita a ruota dalla sorella.

-Rimarrete qui finchè il sommo Ares non saprà cosa fare di voi- rispose quello e sbattè la porta con violenza.

Le due si trovarono a guardarsi intorno, cercando un'inesistente via di uscita. Poi gli occhi di Cleo furono attirati da una figura nell'ombra. Li strizzò, per poter mettere a fuoco.

-Non è possibile...- sussurrò.

-Che c'è?-

-Elettra!!- gridò la ragazzina e si diresse verso la sconosciuta, rannicchiata in un angolo.

Le sorelle le si posero davanti, osservandola meglio: era proprio lei, anche se sembrava provata e molto debole. Quella sorrise loro.

-Elettra, come stai?- le chiese Niobe.

-Io bene, ma...voi chi siete?-




N.A. Cosa succederà adesso?

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Capitolo 19
*** Cap. 18 ***


-Ci hanno fregato- disse sarcastico Deathmask dopo un angosciante silenzio, seguito alla scomparsa di Niobe e Cleo con i generali di Ares.

-Non è il momento di scherzare- ribattè Aldebaran, preoccupato.

-E cosa dovrei fare? Piangere? Si sono consegnate-

-Aldebaran ha ragione. Smetti di dire fesserie- intervenne Camus, glaciale come al solito.

-Sapete che vi dico? Siete noiosi-

-Dobbiamo andare a cercarle- intervenne Virgo, il volto serio.

Anche lui era preoccupato per la sua allieva. Anche se era un cavaliere che non faceva trasparire le proprie emozioni, doveva ammettere di essere affezionato alla ragazzina.

-E dove andiamo?- chiese ancora Deathmask.

-Atena ha detto che la città sacra ad Ares è Sparta e si da il caso che il monte Taigeto, dove ci ha detto che è stato rinchiuso, si intraveda anche da qui- rispose il cavaliere dell'acquario.

-Allora cosa aspettiamo?-

-Dovremo essere prudenti- aggiunse Milo, rimasto in silenzio fino a quel momento.

 

-Come sarebbe a dire? Si può sapere cosa ti prende?- chiese Niobe, scuotendola per le spalle.

-Mi dispiace, ma non vi conosco. Anche se i vostri volti mi sembrano familiari- rispose Elettra, interdetta.

-Cosa le ha fatto quel maledetto?!? Giuro che se me lo ritrovo tra le mani, gli faccio pentire di essere nato- disse la sorella con rabbia.

Cleo la prese per un braccio e la fece allontanare per un attimo.

-Probabilmente quando Ares ha acquisito le informazioni che voleva, deve averle però bloccato il flusso dei ricordi-

-E allora cosa possiamo fare?-

-Per adesso trattiamola come se l'avessimo appena conosciuta. Forzarla potrebbe provocarle uno shock-

-Ma tornerà a ricordare?-

-Non lo so. Forse Atena ci potrà aiutare. Per il momento troviamo il modo per uscire da qui-

-Bene-

La sorella minore si voltò nuovamente verso Elettra e sorridendole disse:

-Scusa, ti abbiamo scambiata per un altra. Ci presentiamo: io sono Cleo e questa è mia sorella Niobe-

-Piacere di conoscervi- rispose la ragazza, sorridendo.

Nel frattempo Niobe si era messa a tastare le pareti della cella, cercando un punto dove il muro potesse essere più fragile.

-Che sta facendo?- chiese Elettra.

-Cerca un modo per uscire da qui-

-Uscire di qui? Non ricordo neanche come ci sono finita- continuò quella.

Poi il suo sguardo si spostò sulla catena che le legava la caviglia.

-Ho però l'impressione di non dover essere qui-

-Direi. Chi vorrebbe stare in un posto così. Comunque credo di aver trovato qualcosa- incalzò Niobe e fissò il punto della parete davanti a lei.

Chiuse gli occhi e caricò il colpo, concentrandovi parte del suo cosmo. Mollò il pugno, ma il muro non si scalfì. Ebbe come la sensazione che la forza che aveva impiegato si consumasse prima di arrivare a contatto con la parete.

-Che significa?- chiese, sorpresa.

Cleo si avvicinò. Poggiò una mano sulla pietra e chiuse gli occhi.

-E' una prigione che blocca il flusso del cosmo-

-Dannati-

-Intanto pensiamo alle catene di Elettra-

Niobe fu d'accordo. Questa volta il pugno ebbe effetto, spezzando la catena come fosse stata un grissino.

-Grazie- disse la sorella maggiore.

-E di cosa?- sorrise Niobe.

-Che si fa adesso?- chiese, tornando a guardare Cleo.

-Non ci resta che aspettare che si faccia vivo qualcuno-

 

-Le sorelle sono qui?- chiese Ares, nervoso.

-Si. L'abbiamo rinchiuse insieme all'altra-

-Bene. Tenetele d'occhio. Anche se la prigione blocca il lo flusso di cosmo, sono comunque pericolose-

-Sono ragazzine- obbiettò Phobos.

-Ho l'impressione invece che racchiudano qualcosa di più-

 

I cavalieri si trovavano già alle pendici del Taigeto. La velocità della luce alla quale si potevano muovere si era rivelata molto utile.

-E adesso?-

-Dovremo essere prudenti. Sono sicuro che ci saranno i berserker nascosti un po' ovunque-

-Un po' di riscaldamento prima del grande incontro- sorrise Deathmask, scrocchiando le nocche.

 

-Ma si sono dimenticati di noi?- brontolò Niobe.

Le due avevano cercato di raccontare ad Elettra di come stavano realmente le cose, ma la ragazza era rimasta un po' restìa a credere a tutto. Soprattutto alla parte sugli Dei.

-Non ricordavo fosse così testarda-

-Comprendila. Se non li avessimo visti con i nostri occhi non ci avremo creduto neanche noi- la rimproverò Cleo.

Ad un tratto udirono dei passi. Qualcuno si avvicinava.

-Cleo, pronta?-

-Si-

Sulla porta, la quale lentamente si dischiuse, apparve Deimos, stavolta.

-Finalmente qualcuno si è degnato di farsi vedere- rise sarcastica Niobe.

-Non credere di essere così importante, ragazzina-

-Davvero? Credevo il contrario invece. Bene, allora possiamo anche andarcene-

-E come vorreste fare, di grazia?-

-Così-

Cleo, senza farsi vedere, era sgattaiolata alle spalle del cavaliere, il quale aveva mosso un paio di passi all'interno della cella, e lo aveva agilmente placcato alle gambe.

Quello, colto di sorpresa, era caduto lungo disteso, mentre un pugno di Niobe lo stordì ben bene.

-Direi che possiamo anche togliere il disturbo- sorrise e, presa Elettra per un braccio, uscirono dalla prigione e cominciarono a correre.

Quel posto era però un labirinto e ben presto capirono di essersi perse.

-Che pasticcio- disse Niobe.

All'improvviso si ritrovarono in un lungo corridoio, ai cui lati stavano solide colonne. Alla fine una luce.

-Forse ce l'abbiamo fatta- pensarono e ripresero a correre.

Ad un tratto avvertirono qualcuno che rideva, maligno. Si bloccarono.

Da dietro una delle colonne apparve Phobos.

-Non pensavo che sareste riuscite a scappare. Quell'incapace di mio fratello non è capace neanche di bloccare tre ragazzine-

Le sorelle si posero davanti alla maggiore.

-Parla per te. E pensa a fermarle- disse un'altra voce.

Alle loro spalle, a bloccare loro l'altra parte del corridoio, apparve Deimos, trafelato e orribilmente arrabbiato.

-Mocciosa, me la paghi- disse.

-Siamo fregate. Ma dobbiamo tener loro testa- si disse Niobe e scambiò uno sguardo con Cloe.

La sorella le fece cenno di aver capito. Ma erano senza armature, come avrebbero fatto? Ad un tratto però una luce rischiarò l'ambiente e le vestigia di Vega e Syrma comparvero davanti a loro.

-Non ci posso credere!!- esclamò Niobe, euforica.

In pochi secondi furono rivestite delle armature e pronte a combattere. Nel frattempo, Elettra, non credendo ai suoi occhi, si era rannicchiata in un angolo, spaventata.

-Non so come le vostre armature siano apparse qui, ma non vi serviranno a niente-

-E invece sono convinta che riusciremo a prendervi a calci nel vostro posteriore metallico- rispose Niobe, sorridendo.

-Fatti sotto, ragazzina- la provocò Phobos.

-Requiem nocturne!!- gridò lei e scagliò l'attacco contro il generale, il quale lo evitò con un balzo.

-Non male, ma non è sufficiente- ridacchiò quello e sparì.

Niobe sentì un improvvisa e tremenda ginocchiata alla bocca dello stomaco che le fece mancare il fiato.

-Ma allora è un'abitudine- disse poi.

Nel frattempo, Cloe, di fronte a Deimos, aveva chiuso gli occhi.

-Che intenzioni hai, ragazzina?- la prese in giro il cavaliere.

Lei non rispose. Così lui le si scagliò contro. Non appena il suo colpo stava per colpirla in pieno viso, venne bloccato da una sorta di lancia, comparsa dal nulla.

-Ma che...-

-Ti piace? A me tanto. Carità della vergine!!- gridò Cleo, aprendo gli occhi e fendendo l'aria con l'arma, respingendolo.

-Queste ragazzine sono incredibili. Sarà dura-

 

Niobe cercava di evitare i colpi di Phobos, ma il cavaliere era assai veloci. Non riusciva neanche ad elaborare un strategia.

In un attimo di respiro, voltò lo sguardo in direzione della sorella, la quale stava tenendo testa a Deimos, ma si vedeva che a poco a poco stava perdendo terreno.

-Non resisteremo per molto- pensò, iniziando a bruciare il suo cosmo.

Cleo lo sentì e anche lei cercò di fare lo stesso. Dopodichè entrambe si scagliarono nuovamente contro gli avversari.

 

Elettra osservava la scena, senza capire. Dove era finita?

Eppure qualcosa dentro di lei le diceva che c'era qualcosa che avrebbe dovuto ricordare, ma non sapeva cosa. Quell'energia, quel modo di combattere, quel luccicare di armature le era familiare, come appartente ad uno strano sogno. Poi un flash. Strizzò gli occhi, senza capire.

Quando rialzò lo sguardo, vide che le due ragazze era in evidente difficoltà. Si sentiva inutile, ma dentro di lei iniziò a sentir crescere uno strano calore.

Un altro flash: due volti sorridenti, i loro volti. I nomi che le rimbombavano nella mente.

-Che mi sta succedendo? Cos'è questo dolore?- si disse, premendosi le tempie con le mani.

-Perchè tutto questo mi sembra familiare? Perchè non riesco a smettere di provare questo dolore alla testa?-

Ad un tratto, poco lontano da lei, la parete si incrinò sotto il peso del corpo di Niobe. La ragazza scivolò a terra, con un sorrisetto però che gli si allargava sulle labbra. Un piccolo rivolo di sangue le scese dalla fronte.

-Quel bastardo è forte- sussurrò.

Elettra fissò quell'espressione. Una serie di flash le scoppiarono in testa. Era lei, non poteva sbagliarsi. Ma perchè aveva quei ricordi? Non l'aveva mai incontrata prima di allora. O forse si?

All'improvviso un grido e vide l'altra ragazza con un piede dell'avversario che la bloccava a terra. Vide il suo volto sofferente e un'immagine si fece spazio nella sua testa, la quale le sembrava dovesse esplodere da un momento all'altro. Il volto sorridente della ragazzina le passò davanti agli occhi.

-Basta- sussurrò, nascondendo la testa tra le ginocchia.

La sensazione era quella di una forte emicrania che però non accennava a cessare, come se un trapano le forasse il cervello.

Vide Niobe presa per la gola da Phobos, il quale la guardava sadico. Poco distante, il piede di Deimos sulla gola di Cloe, la quale stava soffocando.

Ad un tratto qualcosa esplose in lei, come se d'improvviso tutto le fosse stato chiaro. Un alone rosso iniziò a circondarla e l'aria si fece d'improvviso più calda. I generali si voltarono, lasciando per un attimo le due sorelle.

-Che succede?-

Elettra, capo basso, si alzò lentamente in piedi. L'aura intorno a lei continuava ad aumentare. Si portò al centro del corridoio, sempre sotto lo sguardo attendo dei due cavalieri.

Poi alzò lo sguardo, i suoi occhi gonfi di lacrima e il suo cosmo esplose.

-Niobe!! Cleo!! Lasciate stare le mie sorelle!!-

 

Le pareti del palazzo nel quale si erano appena introdotti tremarono e un potente cosmo li investì.

-Ma questo...-

-E' Elettra- disse Milo, il quale teneva ancora per la gola uno di berserker sconfitti.

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Capitolo 20
*** Cap. 19 ***


Le sorelle la fissavano come se stessero guardando un fantasma. Lei però era troppo impegnata nel tenere sotto tiro i due generali, i quali, stupiti da quel cosmo così forte, avevano arretrato di qualche passo.

-Elettra...- disse piano Cleo, ancora stesa a terra.

-Si sorellina, comincio a ricordare qualcosa. Ancora sono flash, ma a poco a poco i pezzi tornano al suo posto-

-Dicci ragazzina, che intenzioni hai?- domandò Phobos in quel momento, colmo d'ira.

-Per il momento uscire di qui. Poi si vedrà- rispose lei.

-Non credere che sarà facile. Il palazzo è circondato e voi siete troppo indebolite per combatterli tutti- aggiunse Deimos.

-Ci penseremo a tempo debito. Adesso, fateci passare- disse dura.

In qualche modo i due cavalieri erano intimoriti da quel cosmo, così strano per un cavaliere, soprattutto una femmina, così giovane.

Senza riflettere, entrambi però si misero in posizione di attacco.

-Ci dispiace, ma voi tre siete fondamentali per i piani del grande Ares. Non possiamo lasciarvi andare-

Quando però stava per ricominciare, un tremendo attacco abbattè uno dei muri laterali, provocando una profonda breccia e una fitta nuvola di polvere e detriti.

Le tre ragazze si tapparono gli occhi e la bocca per non respirare. I generali scattarono di lato, allontanandosi ancora.

-Ma che succede?- chiese Deimos.

Dal buco nella parete apparvero cinque ombre che veloci scattarono a protezione delle tre.

-Vi siamo mancati?- disse una voce.

Quando la nuvola si fu diradata, davanti alle sorelle stavano i cinque cavalieri d'oro, rivestiti delle loro scintillanti armature.

-Come siete entrati?- disse Phobos, colmo di rabbia.

-Dalla porta principale. L'accoglienza non è stata delle migliori, ma almeno ci siamo divertiti- sorrise il cavaliere del toro.

Poi si voltò verso la sua allieva, la quale si stava rialzando a fatica.

-Piccola, stai bene?-

-Bene ragazzone è una parolona. Ma sono stata peggio- sorrise lei, anche se debolmente.

Virgo, nel frattempo si era avvicinato a Cleo, aiutandola a rimettersi in piedi.

Milo fissava Elettra, la quale aveva una espressione che non si sarebbe mai aspettato: pareva spaventata.

-Elettra...- sussurrò.

-Scusa, ci conosciamo?-

Il cavaliere gelò e con lui i suoi compagni.

-Che significa?- chiese Deathmask.

-Crediamo che quando Ares ha carpito dalla sua mente le informazioni sul libro, le abbia bolccato i ricordi. Anche noi non aveva riconosciuto. I suoi ricordi si stanno però lentamente risvegliando- rispose Niobe.

Milo però continuava a guardarla, con la tristezza negli occhi.

-Amico, pensiamo prima ad uscire di qui- gli disse Camus, poggiandogli una mano sulla spalla.

-Bene. Giuro che me la pagherete per ciò che le avete fatto- ringhiò lui, mentre un'unhia scarlatta gli cresceva sull'indice destro.

 

Elettra fissava quel cavaliere. Eppure c'era qualcosa in lui che la fece tremare. Ma non era un brivido di paura, ma qualcosa di diverso. Quando aveva guardato i suoi occhi blu si era sentita improvvisamente al sicuro. La testa però aveva ripreso a martellare.

-So che c'è qualcosa che devo ricordare. Dannazione- pensò, premendosi ancora le mani sulle tempie e chiudendo gli occhi.

Era davvero una brutta sensazione. Poi a risvegliarla furono le grida dei due generali, colpiti dagli attacchi dei cavalieri.

-E' la nostra occasione. Andiamo- le disse quello che stava di fronte a lei e, afferrandola per un polso, la prese tra le braccia.

Lei arrossì interdetta. Dopodichè l'ambiente si fece sfuocato e in pochi secondi si ritrovarono tutti nella radura dove si erano accampati. Quando Milo la lasciò andare, lei barcollò un poco sulle gambe, per poi piegarsi in due, con lo stomaco rigirato.

-E così questa è la famosa velocità della luce?- chiese Niobe, con la stessa reazione della sorella.

-Ci dispiace, ma dovevamo allontanarci velocemente- rispose Aldebaran con un sorriso.

 

Quella sera, dopo aver medicato le ferite di Niobe e Cleo, i cavalieri si riunirono attorno al fuoco, decidendo il da farsi.

Elettra invece si allontanò dal gruppo, andandosi a sedere sulla riva del lago, sotto il chiarore della luna. Se ne stette là, da sola, a pensare, mentre alle orecchie le giungevano le parole preoccupate degli altri.

-Perchè non riesco a ricordare? Eppure sento di appartenere a questo mondo. Cos'è che me lo impedisce? Cosa mi hanno fatto?- e si mise la testa tra le mani.

Era frustrante. Ad un tratto avvertì dei passi che le si avvicinavano. Si voltò e vide quello che era stato chiamato Milo avvicinarsi. Quando però i loro occhi si incontrarono, lui si bloccò.

-Volevo sapere come andava- chiese piano e, all'apparenza, imbarazzato.

Lei si voltò nuovamente verso il lago.

-La testa mi sta scoppiando- rispose.

Quello le si avvicinò ancora.

-Posso sedermi?- chiese.

Come a rispondergli, lei si spostò appena. Così lui si accomodò, fissando la superficie del lago.

Dopo qualche minuto di silenzio, fu Elettra a parlare:

-Tu sei importante per me, vero?-

Quella domanda colse alla sprovvista il cavaliere e lei, continuando a non guardarlo, si massaggiò la fronte.

-Sento che è così, ma non riesco a ricordarlo e ciò mi fa rabbia-

Poi finalmente si voltò. Lui le sorrideva malinconico.

-Non so se sia il caso...-

-Voglio saperlo. La tua vicinanza mi fa muovere qualcosa dentro, all'altezza dello stomaco, un formicolìo strano. Quando ti guardo sento che qualcosa ci lega, qualcosa di importante. Scusa, non volevo sembrare sfacciata. Magari è solo un impressione...-

In quel momento qualcosa le toccò una guancia. Si voltò e vide Milo che continuava a sorriderle, mentre le accarezzava delicamente. Lei arrossì.

-Tu sei importante, ma non voglio forzare i tuoi ricordi. Sappi solo che non ti abbandonerò-

Un improvviso flash le percorse la mente e lei chiuse gli occhi.

-Tutto bene?- chiese lui, preoccupato.

-Si, tutto a posto- sorrise.

Quel sorriso ebbe la capacità di scaldare il cuore del cavaliere, facendogli sperare che non fosse tutto perduto. Le si avvicinò, mentre lei assunse un'espressione interdetta e in qualche modo preoccupata. Chiuse gli occhi.

Dove qualche secondo prima poggiava la mano, adesso Milo posò le sue labbra, lasciandole un bacio sulla guancia che la fece rabbrividire.

-Adesso vai, le tue sorelle hanno bisogno di te-

Lei annuì, imbarazzata a schizzò via, senza però non lanciare un ultimo sguardo al cavaliere. Si, era più che sicura che qualcosa di potente li legava, l'aveva visto nei suoi occhi, l'aveva intuito dalle sue labbra.





N.A. Elettra è stata salvata, ma peccato per lei che non si ricordi del suo caro Milo.
Ma il cavaliere non si arrende.
Continuate a leggere, siamo quasi alla fine e alla scoperta del segreto XD
Saluti Marty.

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Capitolo 21
*** Cap. 20 ***


-Come sarebbe a dire che ve le siete fatte scappare?!?- sbraitò Ares, alzandosi dal suo trono.

-Ci hanno colti di sorpresa. Quei cavalieri hanno messo fuori combattimento tutti i berserker- tentò di giustificarsi Deimos, ma fu zittito nuovamente.

-Non mi interessa. Spero almeno che sappiate dove si sono rifugiati!!-

-Sono tornati nei pressi del lago artificiale dove sorgeva il villaggio degli adepti di Ecate-

-Dunque non sono tornati al grande tempio? Buon per noi- pensò il Dio.

-Bene. È arrivato il momento di fare una visitina a questi fastidiosi cavalieri-

 

Elettra si svegliò, ma il sole non era ancora albeggiato. La semioscurità circondava il campo, mentre del fuoco erano rimasti solo un ammasso di tizzoni ormai quasi spenti. Un alito di vento la fece rabbrividire.

Si mise seduta: gli altri dormivano tutti, probabilmente stanchi a causa dello scontro appena sostenuto. Ad un tratto le parve di udire una voce. Si voltò nervosamente, ma non c'era nessuno, neanche un rumore, se non il vento che soffiava tra le fronde degli alberi.

All'improvviso fu come se avesse visto qualcosa brillare in mezzo al bosco. Si disse che probabilmente era frutto della sua immaginazione, ma poi la vide di nuovo. Così, incuriosita, si alzò e, stando attenta a non svegliare nessuno, si avventurò tra gli alberi.

Mentre camminava, le parve di sentire una leggera melodia che viaggiava nel vento, come a volerla guidare da qualche parte. Fu così che uscì su una radura, illuminata dalla luce della luna, la quale sorgeva nei pressi di una scura pozza d'acqua.

Davanti ai suoi occhi scorse una statua dalle fattezze femminili, o meglio, una scultura che ritraeva tre donne, tutte con in mano delle fiaccole. Sul piedistallo era inciso il simbolo del cerchio con le due falci ai lati.

Elettra non capiva, ma poi avvertì nuovamente la melodia. Era proprio lì allora che voleva guidarla. Si portò di fronte alla statua e la sfiorò. Non appena la sua mano toccò la fredda pietra, l'ennesimo flash esplose nella sua mente: un gruppo di persone con tre piccoli esseri tra le braccia, immersi sino alla vita in acque scure.

Ritirò immediatamente la mano come se si fosse scottata. In quel momento avvertì dei rumori alle loro spalle.

Dalla boscaglia apparvero le due sorelle.

-Che ci fate qui?- chiese la maggiore.

-Niobe ha visto che ti allontanavi da sola e così abbiamo deciso di seguirti. Poi, mentre ti raggiungevamo, abbiamo avuto un'altra visione- rispose Cleo.

-Cosa è quella?- disse allora la mezzana.

Elettra si voltò nuovamente verso la statua.

-Non lo so, ma guardate questo simbolo. È lo stesso che era nel libro-

-Lo stesso che abbiamo sognato-

-Ricordi Niobe? Camus ce ne ha parlato. Quella statua probabilmente raffigura la Dea Ecate- concluse la più piccola.

All'improvviso Elettra vide riapparire la piccola luce che l'aveva guidata sino a quel luogo. La scintilla si posò ai piedi della statua e là esplose, provocando un immenso bagliore. Le tre si coprirono gli occhi.

-Benvenute- disse una voce, flebile e astratta, come se venisse da un altro tempo.

Le sorelle tornarono a guardare verso la scultura e si trovarono davanti agli occhi l'essenza di una donna, la quale le fissava con occhi luminosi.

-Chi sei?- chiese Elettra.

-Io sono Agape, ultima gran sacerdotessa, o almeno quello che ne resta. Vi ho atteso a lungo-

-Aspettavi noi? Perchè?-

-Voi siete destinate ad una grande impresa. Voi siete le ultime consacrate alla Dea e protettrice delle porte dei Mondi. Voi sole possedete la chiave per aprirle-

-Noi consacrate alla Dea? Ma qui non ci siamo mai state- rispose Cleo.

-In verità voi qui ci siete nate. Il vostro passato vi fu cancellato dalla mente-

Le tre guardavano le spirito, senza sapere cosa pensare. Quella però poteva essere una spiegazione al buio che avvolgeva il loro passato.

-Cosa dovremo fare noi? Non possiamo competere con un Dio- disse Elettra.

-So contro chi state combattendo. Ares, nonostante la prigionia impostagli da Atena, continuò a cercare le tre divine, sino a giungere nel nostro villaggio, o meglio, giunsero le sue orde di berserker. Quando ci rifiutammo di consegnargli le chiavi, allora ci ha sterminato. Io riuscii però a salvare voi tre e cancellai la vostra memoria. Non volevo che veniste rintracciate. Purtroppo il vostro cosmo si è risvegliato lo stesso-

Le sorelle non potevano credere a quelle parole. Poi, ad un tratto, avvertirono dei fruscii alle loro spalle. Si voltarono e alla luce della luna spuntarono i cavalieri.

-Ma che succede qui?- chiese Deathmask, indicando lo spirito.

-Benvenuti anche a voi cavalieri. Io sono tutto ciò che rimane degli adepti della Luna-

-E' una sorta di messaggero- disse Camus.

-Siete arrivati in tempo. Stavo per mostrare ciò che avvenne quella notte- disse lo spirito.

In quel momento, l'ambiente cambiò.

 

I cavalieri raggiunsero le ragazze, preoccupati.

Si trovavano nella stessa radura che avevano lasciato, ma sembrava un altro momento, un altro tempo. La luna era piena e illuminava la superficie del lago alle spalle della statue. Là un gruppo di persone, era immersa sino alla vita nelle sue acque. Tra le braccia di tre di loro stavano dei candidi fagotti: erano bambini, profondamente addormentati. Dalla riva però si udivano delle grida disperate, le quale rompevano la pace e la quiete di quella notte.

Il gruppo si voltò e notò una donna che si dimenava, tenuta ferma da due uomini. Sembrava protendersi verso i tre bambini.

Elettra ebbe un colpo: quella donna assomigliava molto allo spirito della gran sacerdotessa. Guardò le sorelle e capì che anche loro lo avevano notato. Quando però si voltarono verso la figura, quella dava le spalle al lago, la testa bassa e la mascella serrata.

All'inprovviso udirono una voce:

-Sai che è per il mantenimento dell'equilibrio. Ci dispiace, ma sei l'unica che ha avuto tre figlie femmine. Loro saranno le prescelte per mantenere il segreto e possederne la chiave-

Era una delle figure che stavano nel lago, con in braccio uno dei fagotti.

La donna cadde in ginocchio, rassegnata.

In quel momento le candide coperte vennero rimosse.

-O mio Dio- sussurrò Elettra, scioccata, portandosi le mani alla bocca.

Erano tre bambine, addormentate. Ma la cosa più angosciante era che assomigliavano a loro in maniera sconvolgente.

-Quelle...quelle...-

-Siete voi- rispose lo spirito, senza voltarsi.

Poi la piccola Cleo fu alzata verso la luna, dopodichè fu immersa nell'acqua:

-La più piccola sarà colei che rappresenterà il mondo degli Dei, la giovinezza-

Una diammella si illuminò nel suo petto, per poi sparire.

Dopodichè fu il turno di Niobe. Fu fatta lo stesso procedimento della sorella:

-La seconda sorella rappresenterà il mondo degli uomini, la cui forza e costanza distingue i mortali e li fa sopravvivere, l'età adulta-

Anche a lei accadde la stessa cosa.

Alla fine toccò ad Elettra. Doveva avere circa tre anni. D'un tratto l'atteggiamento sembrò cambiare. La donna sulla riva, ricominciò a gridare, ma nessuno sembrò darle retta.

-Ed infine la più grande, colei che sarà il simbolo del regno dei morti, il cui spirito di sacrificio garantirà alle altre di sopravvivere, la vecchiaia-

La bambina fu immersa nell'acqua, ma non accennavano a tirarla fuori.

-Che succede? Perchè non mi fanno riemergere?- chiese Elettra, sconvolta.

Lo spirito strinse forte gli occhi.

Quando la bambina fu tirata fuori dalle acque scure, pareva ancora addormentata, ma la sua pelle era bianca e le labbra viola.

La ragazza cadde in ginocchio.

-Loro...mi hanno ucciso-

 

I volti dei presenti erano sconvolti.

-Io...sono morta...- continuava a balbettare lei.

-Come è possibile? Perchè?-

-Faceva parte del rito. Colei che sarebbe stata il simbolo del regno dei morti doveva prima arrivarvi-

-Ma allora come posso essere qui?-

-Guardate-

Quelli si voltarono. La figura che aveva tra le braccia il corpo di Elettra si avvicinò alla riva, deponendola ai piedi della donna.

-Se sarà veramente degna, allora la Dea te la restituirà. Il potere che le sarà donato è troppo forte per essere posseduto da un immeritevole-

La donna strinse la figlia al petto, cominciando a pregare.

-Pensavo di averti perso-

Tutti si voltarono a guardare lo spirito.

-Come ormai avrete capito, io sono quella donna e voi siete le mie figlie-

Le sorelle persero ogni parola. Elettra però continuava a fissare la scena. D'un tratto la statua della Dea illuminò gli occhi e lo stesso alone circondò il corpo della piccola Elettra.

La pelle d'improvviso prese a tornare del suo colore tenue, mentre i polmoni si riempivano di nuovo di aria. Nel petto una piccola fiammella, la quale scomparve poco dopo.

Il gruppo tornò nella radura, ai piedi della statua.

-Questo è tutto-

-E lo dici a questo modo? Ci hai mostrato nostra sorella che veniva uccisa e poi ci hai rivelato di essere nostra madre. E tutto quello che dici è “questo è tutto”?- disse irata Niobe.

Nel frattempo Milo si era avvicinato ad Elettra, poggiandole una mano sulla spalla.

-Tutto bene?- le chiese.

Lei gli sorrise e gli strinse la mano. Poi si alzò e, guardando lo spirito, disse:

-Cos'era quel fuoco?-

-Noi la chiamiamo “fiamma di Prometeo” ed è quella la chiave per aprire le porte dei Mondi-

-Dobbiamo distruggere le tre divine. Finchè esisteranno, Ares non ci lascerà in pace- disse Camus.

-Non è possibile. Le divine non si possono distruggere-

-Ma gli ingressi si- disse Niobe con un sorrisetto.

-Come troviamo l'entrata?- concluse Elettra, lo sguardo duro e fermo.

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Capitolo 22
*** Cap. 21 ***


Le tre sorelle si avvicinarono alla statua della Dea triplice. Lo spirito aveva detto loro di trovare il simbolo e attivarlo. Loro però non sapevano come fare. I cavalieri le osservavano da poco lontano.

Finalmente Cleo vide qualcosa.

-Guardate, qui, sul petto di ogni statua-

Le altre due si avvicinarono per vedere meglio. Su quella di fronte a Elettra stava il cerchio, mentre su quelle delle sorelle stavano le due falci.

-Avvicinate la mano destra ai simboli- disse l'essenza.

Quelle si guardarono per un attimo, poi obbedirono. Quando i loro palmi entrarono in contatto con la figura, leggermente in rilievo, furono investite da un intenso calore. Tentarono di ritirare la mano, ma quella non si muoveva. Ad un tratto il calore si fece più intenso, pareva quasi che la pelle stesse bruciando.

Lanciarono un gemito, mentre i cavalieri, preoccupati, fecero un passo per andare in loro aiuto.

-No, devono farlo se vogliono trovare l'ingresso- disse lo spirito, mettendosi loro davanti.

Quelli si bloccarono, continuando però a fissare le tre. Milo, in particolar modo, guardava Elettra, mentre il cuore sembrava spaccarsi in mille pezzi ad ogni suo gemito di dolore.

Improvvisamente una sorta di fiamma circondò il loro intero braccio destro. La terra prese a tremare, mentre un forte boato si avvertiva provenire dal grande lago al di là degli alberi.

Fu allora che le ragazze riuscirono a separarsi dalla statua. Caddero tutte e tre a terra.

-La via è aperta- disse lo spirito e sparì.

I cavalieri andarono in soccorso delle tre, le quali però, anche se debolmente, si rimisero in piedi. Poi, con un po' di timore nello sguardo, voltarono verso di loro il palmo destro, rimando a fissarlo per qualche secondo: sulle loro mani era marchiato il simbolo riportato sulle statue.

-Ma che...- sussurrò Aldebaran da dietro le spalle di Niobe.

Camus, il quale era sparito quando la terra aveva tremato, fece ritorno dal folto degli alberi.

-Dovete venire a vedere- disse e riprese la strada in mezzo agli alberi.

Il gruppo lo seguì. Poi lo videro: il lago, ai quali margini si erano accampati, era sparito, lasciando il posto alle rovine di un piccolo villaggio, lo stesso che le sorelle avevano sognato.

-E' sempre stato sotto i nostri occhi- disse Milo, con occhi sbarrati.

D'istinto Elettra, al suo fianco, gli strinse la mano.

 

Dopo qualche minuto i cavalieri e le sorelle si stavano avventurati nelle deserte strade del vecchio villaggio. Le abitazione erano semidistrutte e non perchè l'acqua le aveva sommerse sino a quel momento. Quelli erano segni di incendi e attacchi di cavalieri.

-Come si può sterminare tutte queste persone solo per delle armi?- sussurrò Cleo al fianco di Shaka.

-Ares è egoista e non si è fatto scrupolo alcuno a sacrificare degli innocenti- rispose il cavaliere.

Elettra e Milo, rimasti in disparte, si fermarono dinnanzi ad una delle abitazioni.

-Questa era casa nostra- disse lei.

-Mi dispiace molto, ma sono contento che adesso te ne ricordi-

-Io invece non lo sono. Non voglio ricordi di un passato di cui non rimane niente. Vorrei invece riacquistare quelli su di voi, ma soprattutto su di te-

-Ogni cosa a suo tempo. Io sarò qui per te quando ne avrai bisogno e, anche se i ricordi non torneranno, vuol dire che ricominceremo da capo- e gli sorrise, accarezzandole una ciocca di capelli castani.

Lei, arrossì.

-Ehi voi, abbiamo trovato qualcosa!!- li chiamò Niobe da dietro una delle case.

I due si affrettarono, trovandosi davanti ad una strana pietra circolare, la quale sembrava fare da chiusura ad una grotta, scavata nella montagna.

-Deve essere questa- disse Camus, sfiorando la pietra, inumidita dal lungo stare sotto l'acqua.

-Avverto un grande cosmo provenire dall'interno- intervenne il cavaliere della vergine.

E forse fu proprio per quel motivo che non li sentirono arrivare. All'improvviso un'esplosione li fece cadere a terra, lasciandoli intontiti. Non fecero in tempo a rimettersi in piedi che una grande forza li costrinse a rimanere giù.

Elettra riconobbe quel potere e non potè fare a meno di essere spaventata.

-Finalmente abbiamo trovato l'ingresso- disse una voce.

Dal nulla apparvero Phobos e Deimos, in mezzo ai quali stava un'altra figura, rivestita da un rosso mantello. I capelli neri svolazzarono al vento e gli occhi rubino scrutarono i cavalieri e le sorelle, ancora a terra.

-Ci avete risparmiato un bel po' di lavoro- parlò di nuovo.

Ares li aveva trovati.

In quel momento Niobe, Elettra e Cleo sentirono che su di loro il potere del nemico aveva perso effetto. Così si alzarono.

-Pensare che non lo avevo ancora capito che voi tre eravate la chiave di tutto. Adesso mi aiuterete nel mio intento-

-E se non volessimo-

-Allora farò in modo che i vostri cari cavalieri non possano più nuocere, ma stavolta per sempre- rispose il Dio e aumentò l'effetto del suo attacco.

I guerrieri gemettero, come se fossero schiacciati da una pietra di due tonnellate. Le sorelle li guardarono, sconvolte e senza sapere che fare. Poi Elettra dette voce alla loro decisione.

-D'accordo Ares, ti condurremo alle armi. Ma lascia andare i nostri amici-

-Prima rispettate l'accordo e prometto che a loro non verrà fatto del male-

Le tre sapevano che non c'era da fidarsi, ma accettarono ugualmente. Elettra gettò uno sguardo verso Milo, il quale la guardava, preoccupato. Poi, rivolta alle sorelle, concluse:

-Avanti, facciamolo- 

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Capitolo 23
*** Cap. 22 ***


Le tre sorelle si fermarono dinnanzi alla porta di pietra. Elettra pose la sua mano su di essa, scostando un poco di muschio ancora attaccato. Una falce voltata verso destra apparve ai loro occhi. Poi delle parole incise:

Prima è la porta del divino regno, luna calante per un'utopia che da spazio ad un'idea

-Il divino regno?- disse Niobe.

La maggiore si voltò verso Cleo, la quale fece un passo avanti.

-Capito, tocca a me-

Chiuse gli occhi e alzò il braccio destro, il quale, in pochi secondi, si circondò di quella strana fiamma che era apparsa quando avevano toccato la statua della Dea. Dopodichè, sotto lo sguardo stupito dei presenti, fece aderire il palmo alla pietra e la fiamma si separò a raggiera.

All'inizio non accadde niente, poi la terra tremò per un attimo. La porta si alzò con un rumore antico, lasciando cadere detriti e polvere. Davanti a loro si schiuse una rampa di scale che si perdeva nel buio.

Ares si fece dietro di loro.

-Ricordate. Una mossa falsa e li uccido-

 

I cavalieri si guardarono, ma erano troppo deboli per poter competere con il Dio e i due generali. Si sentivano inutili e in qualche modo inferiori.

-Non possiamo permettere che Ares raggiunga le divine- disse Camus avvicinandosi a Milo.

Quello non lo guardò. Ricordava l'occhiata che Elettra gli aveva lanciato.

-Sono sicuro che abbiano in mente qualcosa-

 

Dopo un bel po' che camminavano nella quasi oscurità, giunsero alla seconda porta. Intravidero il secondo simbolo, un'altra falce, stavolta rivolta verso sinistra. Le parole sotto riportate recitavano:

Secondo passaggio raffigura il regno mortale, la cui forza significa progresso, una luna nascente”

-Niobe- parlò Elettra.

-Ricevuto capo-

Prima però che la ragazza si potesse avvicinare, la scintilla a loro familiare si frappose. Dopodichè ricomparve lo spirito della donna.

-Fermatevi. Non procedete se non volete che il vostro sia un viaggio senza ritorno- disse.

-Che significa?- chiese il cavaliere del toro.

-Il cosmo emanato dalle divine è troppo potente. Sarà fatale per i vostri-

-Io non ho paura- disse beffardo Ares.

-Anche quello del Dio verrà consumato. Non dimenticare che furono proprio loro a sconfiggerti la prima volta-

Un ringhio di disappunto spuntò sulle labbra del Dio.

-E' inutile che tenti di fermarci spirito. E adesso, ragazza, apri la seconda porta-

L'entità si avvicinò alle sorelle:

-Figlie mie, cercate di ritrovare il senno. Non potrò salvarvi stavolta-

Fu Elettra a rispondere:

-Abbiamo delle priorità. Non possiamo tirarci indietro, da noi dipendono delle vite. Non temere, non ci accadrà niente-

Lo spirito le guardò, con seri dubbi. Poi vedendo le loro faccie decise, sorrise:

-Cercherò di rimanere al vostro fianco sino alla fine. Buona fortuna-

E fu così che Niobe aprì la seconda porta.

 

Ad un tratto Elettra si sentì affiancare da qualcuno. Si voltò e si meravigliò nello scorgere Milo al suo fianco. Questo le si fece ancora più vicino e le sfiorò la mano.

-Sapete quello che fate, vero?- le domandò piano.

-Si, o almeno lo spero. Non preoccupatevi, non vi deluderemo-

-Sono preoccupato, ma non per noi, ma per voi-

-Non devi. Questo è il destino che è stato scritto. È inutile fuggire, è necessario affrontarlo-

Poi lei gli si avvicinò:

-Spero solo di riuscire a ricordarmi di te. Questa cosa mi sta facendo impazzire-

Lui la fissò, dolcemente.

-Tu pensa solo a tornare-

 

Finalmente giunsero alla terza. In qualche modo sembrava più scura e tetra della altre, ma forse solo per il fatto che avevano continuato a scendere e la luce era sempre meno, nonostante l'illuminazione di alcune rare fiaccole.

Ormai il cosmo proveniente dalle tre armi si distingueva nitidamente: come era possibile che fossero appartenute a dei semidei? Dalla forza che srigionavano quelle non sarebbero state impugnate neanche da un Dio senza che ne fosse sopraffatto. Chissà se Ares se ne rendeva conto.

Sulla pietra era inciso il simbolo di Elettra il cerchio. La ragazza lesse:

Ultima porta è come la finale tappa, regno è dei morti quello che la distingue. Luna nuova per questa entrata, come la fine che porta ad un diverso inizio

Lei ebbe un brivido. Poi invece avvertì il calore della fiamma di Prometeo che guizzava in lei. Alzò il braccio destro e la fiamma nacque, potente.

-Finalmente- avvertì sussurrare al Dio.

Il fuoco si separò a raggiera come era avvenuto per le sorelle e anche l'ultima porta fu aperta. Dall'interno si sprigionò un forte vento e il cosmo sconosciuto paralizzò per un attimo il gruppo.

Il volto di Ares trasmetteva la bramosia che era quasi sfociata in pazzia, una brama divenuta ossessione.

-Le armi divine- disse.

Le tre sorelle si stupirono nel ritrovare lo stesso ambiente comparso nei loro sogni: la pozza d'acqua, il pezzo di terra al centro, le tre armi che galleggiavano sopra di esso.

Lo spirito della madre comparve di nuovo accanto a loro.

-C'è un modo per distruggerle, non è vero?- chiese Elettra, in quel momento.

-No-

-So che è così. Atena non avrebbe mai creato delle armi se non avesse saputo come distruggerle, soprattutto se le ha affidate alle mani di semidei, i quali potevano cadere in ogni momento nella bramosia di potere-

L'entità abbassò lo sguardo:

-In verità esiste un modo, ma solo le chiavi possono rendere il tesoro inaccessibile. Ma sarà pericolosa. La quantità di cosmo necessaria è troppa. Vi porterà ad un passo dalla morte-

-Non importa- intervenne Niobe.

-Dobbiamo farlo- aggiunse Cleo.

-Dopotutto, sono già morta una volta- sorrise Elettra.

 

Ares e i due generali si staccarono dal gruppo, dirigendosi verso le armi.

-Dopo tutti questi anni di ricerche, finalmente saranno in mano mia- disse il Dio, protendendo una mano verso la spada di Eracle.

Prima che ne potesse sfiorare l'elsa, una voce lo fermò:

-Non permetteremo che tu vinca!!-

Si voltò irato da quelle parole e vide i cavalieri d'oro in posizione di attacco.

-Cosa intendete fare? Non avete speranze contro di me- ridacchiò Ares.

-Che volete fare?- chiese Elettra, da dietro le loro spalle.

-Il nostro dovere di cavaliere- le sorrise Milo.



N.A E stiamo giungendo alla battaglia finale. Cosa ci riserverà il futuro? 
Continuate a seguirmi
Saluti Marty.

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Capitolo 24
*** Cap. 23 ***


Le sorelle osservavano affascinate i cavalieri che combattevano, i quali parevano guidati da qualche strana forza, apparsa all'improvviso.

Elettra, in particolar modo, avendo perso la maggior parte dei ricordi della sua permanenza al grande tempio, pensava di non aver mai visto niente del genere.

Il suo sguardo fu però nuovamente attirato dalle tre divine, le quali se ne rimanevano immerse nel cono di luce, in disparte, mentre la potenza del loro cosmo era chiara come l'aria che respiravano.

-Dobbiamo fare qualcosa- disse poi a Niobe e Cleo.

-E cosa possiamo fare? Io almeno sento il mio cosmo considerevolmente diminuito a causa dell'uso della fiamma di Prometeo- rispose la mezzana.

-Inoltre lo spirito ci ha detto che non possono essere distrutte, o almeno, non un modo sicuro per farlo- aggiunse Cleo.

In quel momento udirono il gemito di Phobos mentre spariva con Deathmask nella dimensione delle anime che il cavaliere adorava tanto.

-E uno è eliminato- sorrise Aldebaran.

-Non crediate che Phobos sia tanto facile da battere-

-Perchè tu non conosci il sadismo e la passione con cui combatte Deathmask, soprattutto quando si trova sulla bocca dell'inferno- rispose Virgo con gli occhi chiusi, come se le sue parole non avessero il minimo peso.

Nel frattempo Deimos lo attaccò alle spalle, ma lo oltrepassò, come se fosse stato incomporeo. Infatti, la figura del sesto cavaliere scomparve.

-Ma che diavolo...-

-Sei finito nella mia illusione, cavaliere. Ma non è a me che devi prestare attenzione- e gli indicò un punto alle sue spalle.

Quello non fece in tempo a voltarsi che l'enorme massa del cavaliere del toro si schiantò su di lui, preceduto dal grido:

-Per il sacro Torus!!-

Il generale rimase a terra, senza l'apparente intenzione di alzarsi. Il colpo ricevuto era stato consistente e il fisico non avrebbe retto ulteriormente.

Lo sguardo fisso sul soffitto di pietra, dalla bocca un rivolo di sangue e il torace scosso da qualche colpo di tosse. Il cavaliere della vergine gli si avvicinò.

-Nonostante tutto cavaliere, nonostante io sia il più misericordioso ed equilibrato tra i cavalieri, non posso fare a meno di pensare alle tue azioni, al modo in cui hai quasi ucciso la mia allieva a sangue freddo, al male che hai portato al grande tempio e a quello che avresti recato se fossi riuscito ad impugnare una delle tre armi. Per questo non lascerò che la tua anima vaghi sino a trovare la pace, ma preferisco spedirti io nell'Ade-

Deimos rabbrividì, mentre Virgo chiudeva gli occhi e cominciava a pronunciare strane parole a fior di labbra. Dopodichè portò una mano verso il generale e in gridò:

-Volta di Minosse!!-

Il corpo di Deimos scomparve, lasciando dietro di sé un grido quasi disumano.

-Sai Shaka, a volte mi fai davvero paura- disse Aldebaran affiancandolo, continuando a fissare il punto in cui qualche secondo prima c'era il corpo del generale.

Il compagno gli rivolse un caldo sorriso, come se quello che aveva fatto fosse qualcosa di assolutamente normale.

In quel mentre ricomparve il cavaliere del cancro, con una mano serrata attorno al collo di Phobos.

-Pensavo avrebbe resistito di più, invece questo sacco di rifiuti ci ha già tirato le cuoia- disse quello e lo scaraventò a terra.

-Bene, non ci resta che...- e si voltò.

Ares stava combattendo contro Milo e Camus e non sembrava che per i due fosse un'impresa facile.

 

Il cavaliere dell'acquario si affiancò al compagno, visibilmente provato. Competere con un Dio non era cosa da tutti i giorni, soprattutto con uno come Ares, per il quale la guerra e la battaglia erano come il pane quotidiano.

-Ce la fai?- gli chiese Camus.

-Non preoccuparti. Ci vuole ben altro per mettermi al tappeto-

Il Dio aveva estratto una strana spada, non minacciosa come quella sacra, ma lo stesso micidiale. Per fortuna i due attacchi finora scagliati li avevano presi solo di striscio, altrimenti la sarebbero vista brutta.

Lo sguardo di Milo vagò per la grotta: i compagni erano riusciti ad avere la meglio sui due generali, dei quali riusciva a scorgere solo uno dei corpi, ma i loro cosmi erano completamente spariti; le armi erano ancora al loro posto; le sorelle erano al sicuro, Elettra stava bene. La ragazza lo stava fissando.

-Sai cavaliere, è stato un vero idillio vedere i ricordi che lei aveva su di te- disse in quel momento Ares.

Quello gli lanciò un'occhiata colma d'ira.

-Ho pensato anche di farglieli dimenticare. Avevo delle mire con lei e non avrei lasciato nessuno a intralciarmi- rise ancora il Dio.

-Dannato!!- esclamò il cavaliere e si fiondò su di lui, il pungiglione dello scorpione pronto a colpire.

Rimasto stupito di tale reazione, il Dio fu colto di sorpresa e la prima puntura andò a segno. Il cavaliere scattò immediatamente indietro.

Ares emise un gemito.

-Maledetto, non ti permetterò di colpirmi un'altra volta. Morirete tutti, nessuno escluso, questa grotta sarà la vostra tomba!!- gridò e il suo cosmo si fece più forte.

Nel frattempo anche gli altri tre cavalieri avevano raggiunto i compagni. Non restava che aspettare e vedere che tipo di attacco avrebbe scagliato quel Dio.

 

-Non mi piace- disse Niobe, arretrando.

Elettra non poteva fare a meno di pregare. Vedeva i cavalieri feriti e stanchi e non sarebbero riusciti a contrastare il Dio ancora per molto. Dovevano fare assolutamente qualcosa per aiutarli.

Ad un tratto avvertì una melodia, simile a quella sentita quando aveva trovato la sua armatura per la prima volta.

Voltò lo sguardo verso le tre armi divine e notò che stavano rilucendo di una luce diversa.

-Vi stanno chiamando-

Lo spirito era apparso di nuovo.

-Che vuol dire?- chiese Cleo.

Anche le sorelle avevano avvertito il richiamo.

-Gli adepti di Ecate sono i discendenti dei tre semidei, la loro eredità. Per questo le armi sono state per generazioni il loro tesoro. Voi siete state le prescelte per custodirne le porte e le divine vi hanno riconosciuto-

-E cosa dovremo fare?-

-Dovete imprigionare nuovamente Ares. Trovate la forza dei semidei dentro di voi e liberatela verso il Dio. Vorrei fermarvi, ma so che sarebbe inutile. Buona fortuna, bambine mie- e sorrise loro.

-E come dovremo fare?- si chiese Elettra

 

Ares aveva accumulato l'energia necessaria per scagliare il suo attacco. I cavalieri erano in piedi davanti a loro, in attesa. Sapevano di non avere speranze, ma non avrebbero comunque abbandonato la loro battaglia.

Il pensiero di ognuno andò a ciò che aveva di più caro, mentre sentivano la presenza di Atena accanto a loro. Milo pensò ad Elettra, qualche metro dietro di loro, la quale continuava a credere in loro, in lui. Non poteva immaginare che quella sarebbe stata probabilmente l'ultima volta in cui si potessero vedere così lo faceva star male, ma in qualche modo gli infondeva anche la forza per cercare di impedire che ciò avvenisse.

Nel frattempo anche nella testa della ragazza stavano susseguendosi gli stessi pensieri. D'improvviso un nuovo flash rischiarò la sua mente e vide lei assieme a Milo, sotto la luna, abbracciati.

Un sorriso gli si schiuse sulle labbra e una lacrima gli scivolò su una guancia. Poi altri immagini si liberarono, riempiendo il suo cuore di gioia.

-Mi ricordo tutto adesso. Milo!!-

Lo chiamò, quasi senza rendersene conto. Quello si voltò:

-Voglio tornare con te al grande tempio. Voglio essere stretta ancora al tuo corpo come se fossi una bambina. Voglio che continui a dormire al mio fianco-

Il cavaliere si stupì nel sentire quelle parole, ma ciò gli fece capire che Elettra stava ricordando ogni cosa. Gli sorrise. Poi si preparò a ricevere l'attacco.

 

-Deflagrazione Celeste!!- gridò il Dio e tutta la potenza accumulata dal suo cosmo fu riversata all'esterno in una tremenda esplosione.

I cavalieri furono investiti in pieno, finendo a terra, parecchio malconci. Una luce abbagliante rischiarò l'antro e fece tremare le pareti.

Quando tutto si fu attenuato, Ares, con il fiatone, sussurrò:

-Ho vinto...-

Un movimento alle sue spalle lo fece però impietrire.

Si voltò e vide che i cavalieri si stavano lentamente rialzando. Erano feriti, le loro armature incrinate e in alcuni parti rotte, ma nei loro occhi una strana luce.

-Come è possibile che siate ancora vivi?- disse.

-Abbiamo la protezione della Dea dalla nostra, ci infonde la sua potenza. Poi ognuno ha un motivo per non lasciare questo modo- disse Milo, sguardo fisso su di lui.

All'improvviso accadde però qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato.

 

Un'esplosione di cosmo proveniente dalle divine li costrinse a voltarsi. Quando la luce si fu attenuata, non poterono credere ai loro occhi. Le armi erano adesso tra le mani delle tre ragazze, tutte rivestite delle loro armature, ma le quali parevano differenti da prima.

-Come avete fatto?- disse sconvolto il Dio.

-Sono loro che ci hanno riconosciuto. Noi siamo le eredi della forza dei tre semidei che un tempo ti imprigionarono. A noi adesso il compito di fare altrettanto-

-Non potete, non adesso che sono così vicino!!- gridò quello.

-Ci spiace Ares, ma è tempo per te di tornare a nanna-

Il Dio si stava irritando sempre di più.

Elettra si rivolse alle sorelle.

-Un solo attacco. Non avremo possibilità per un secondo-

-Afferrato-

-Ragazze, è stato per me un onore vivere questa esperienza con voi. Se non dovessimo farcela, allora ci vedremo dall'altra parte- sorrise la maggiore e le altre due ricambiarono, con lo sguardo un po' malinconico.

-Sei pronto Ares?!?- esclamarono.

Quello fece per scagliarsi su di loro, ma le ragazze gridarono:

-Irradiazione stellare!!!-

Poi non si vide più niente.

 

Qualcuno lo stava malamente scuotendo, forse per farlo svegliare. Gli sembrò di aver fatto uno strano sogno. Aprì gli occhi.

-Ehi, bello addormentato, è ora di muoversi-

D'un tratto Milo si rese conto che non era stato tutto un sogno e si alzò di scatto. Si guardò intorno. Non si trovavano più nella grotta sotterranea, ma erano all'aperto, nel punto dove avevano organizzato il campo.

I suoi compagni, poco distanti da lui, si stavano riprendendo.

Poi i suoi occhi cercarono qualcuno in particolare. Quando però la vide, non riuscì a trattenere un'espressione spaventata.

Le tre sorelle se ne stavano poco distanti, stese a terra, spogliate delle loro armature. Le divine erano sparite.

Il loro cosmo era debole e non sembravano accennare a riprendersi.

Il cavaliere dello scorpione le raggiunse, seguito dagli altri. Si inginocchiò al fianco di Elettra e la prese tra le braccia, passandole una mano tra i capelli castani.

-Per favore non abbandonarmi- le sussurrò.

Nel frattempo Niobe e Cleo erano state soccorse dai rispettivi maestri.

-Perchè non si svegliano?- chiese Aldebaran.

All'improvviso comparve nuovamente lo spirito della gran sacerdotessa.

-Non temete cavalieri, contro ogni mia previsione le mie figlie se la caveranno. Sono riuscite a scagliare un attacco potente, ma a conservare parte del loro cosmo. Sono sicura che siano state le stesse divine a proteggerle-

I presenti tirarono un sospiro di sollievo. Finalmente le sorelle dettero segni di vita. Elettra, tra le braccia di Milo, ebbe un sussulto e aprì i suoi brillanti occhi verdi. Trovandosi davanti il suo cavaliere sorrise e lui fece altrettanto. Poi si guardò la mano destra: sopra vi era ancora il marchio, ma meno evidente di prima. Poi si voltò in cerca delle sorelle, le quali si stavano riprendendo come lei.

Finalmente tirò un sospiro di sollievo.

-E' finita-

-Si, è proprio finita- gli disse lui, tenendole la mano.

Quando la lasciò, la ragazza sentì qualcosa. Aprì la mano e trovò il ciondolo che lui le aveva regalato.

-Torniamo a casa- concluse dolcemente.

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Capitolo 25
*** Epilogo ***


N.A. Ragazzi siamo alla fine. Il nostro Milo avrà una dolce sorpresa.



Milo camminava con passo spedito in direzione del grande tempio. Erano quasi quattro mesi che mancava, impegnato in una difficile missione affidatogli da Atena. Con lui c'erano Camus e Ioria.

-Ehi, il santuario non scappa mica- lo prese in giro Ioria.

-Credo che la sua fretta sia piuttosto per rivedere una certa persona- disse Camus, con un tono che voleva essere canzonatorio.

-Oh, tacete voi- rispose il cavaliere.

Purtroppo quella era la verità: non vedeva l'ora di rivederla. La sua Elettra. In quei mesi le era mancata davvero molto. Lei era stata l'unica persona che l'avesse mai fatto sentire in quel modo, che gli avesse mai dato un motivo per tornare ogni volta, senza arrendersi.

Era lei che voleva rivedere ad ogni costo.

Da quel giorno in cui avevano sconfitto Ares erano passati quasi sei mesi. Lei aveva ripreso gli allenamenti ed era stata accettata come sacerdotessa, assieme alle sorelle.

Finalmente raggiunsero la soglia della prima casa. Mur uscì per dar loro il benvenuto:

-Ben tornati. Come è andata la missione?-

-Egregiamente. Non vedevamo l'ora di tornare-

-Soprattutto qualcuno-

-Stai zitto Ioria-

-Posso immaginarmi perchè. Allora non vi trattengo. Sono sicuro che non veda l'ora di rivederti- rispose il cavaliere dell'ariete e gli rivolse un'occhiata che a Milo non piacque affatto.

Ma lasciò correre e proseguì.

Quando incrociò Aldebaran, con al seguito Niobe, la quale aveva insistito per rimanere alla seconda casa, fu accolto dal sorriso del primo e dallo sguardo fulminante della seconda.

-Ma cosa sta succedendo?- pensò, mentre usciva anche dalla casa dei gemelli.

Deathmask gli riservò uno dei suoi sorrisetti maliziosi.

-Fatto centro, eh scorpione?-

La cosa cominciava a puzzare e anche i suoi compagni sembravano confusi da quei commenti.

Lasciato Ioria alla quinta casa, Milo e Camus proseguirono.

Cleo, al contrario della sorella, li accolse invece con un caldo sorriso.

-Credo che qui ci nascondano qualcosa- disse Milo al compagno, mentre si dirigevano verso la casa dello scorpione.

Quando arrivarono, intravidero in lontananza due figure affacciate al terrazzo dello spiazzo davanti all'ottava casa. Avvicinandosi riconobbero Atena ed Elettra, quest'ultima voltata di spalle.

Un sorriso si allargò sulle labbra del cavaliere.

-Omaggi milady, la missione è andata magnificamente- disse Camus, una volta raggiunte le due.

Mentre la Dea si era voltata a guardarli, Elettra rimaneva nascosta.

-Cosa può essere successo?- si stava chiedendo Milo.

Accortasi della tensione, la Dea prese Camus per il braccio e la invitò a seguirla alla tredicesima casa per fare rapporto, lasciando da soli i due.

Finalmente la ragazza voltò di poco lo sguardo.

-Sono contenta di vederti. Mi sei mancato tanto- disse amorevolmente.

Il suo volto però sembrava stanco, anche se della stessa bellezza che aveva abbandonato quattro mesi prima.

-C'è qualcosa che non va?- le chiese lui.

-In verità qualcosa c'è. Se bella o brutta quello dipende da te-

Milo sudava freddo. Non sapeva che fare.

In quel momento Elettra si voltò. A lui sembrava la stessa di sempre, ad eccezione degli abiti, più morbidi e larghi. Poi notò la posizione che lei stava mantenendo. Le mani stavano a coprirsi la pancia. Osservando meglio la trovò leggermente più gonfia, ma in modo assai diverso e particolare.

-Non mi dire che...- balbettò lui.

D'improvviso tutti i commenti rivoltagli dai cavalieri ebbero un senso.

-Milo...io...sono incinta-

Lui si pietrificò. Non sapeva come reagire e questa sua indecisione si rifletteva sull'espressione sul volto di Elettra. Lei pareva triste, abbattutta, colpevole.

Un figlio. Era davvero pronto a quella responsabilità? Lui, il cavaliere che non si era mai preoccupato di niente e di nessuno. Poteva essere un genitore?

Poi si rese conto che il suo desiderio era di rimanere con quella ragazza, l'unica che era riuscita a fargli battere realmente il cuore, quella per la quale aveva rischiato tutto. Con lei e con la creatura che adesso portava in grembo.

Con uno scatto la strinse a sé. Lei, dopo un primo momento di smarrimento, si abbandonò al suo abbraccio.

-Piccola, sono felice. Non devi sentirti in colpa. Finalmente saremo davvero una cosa sola, forse con qualcosa in più, ma che non guasterà affatto-

Nella stretta dell'abbraccio potè percepire le reali dimensioni della pancia di Elettra: doveva averlo scoperto durante i suoi quattro mesi di assenza.

-Milo, io...non vorrei che questo momento finisse mai. Mi sei mancato davvero tanto. Non sai come è stata dura affrontare questa cosa da sola. Ma adesso che sei con me, so che potrò superare qualunque cosa-

Lui la baciò delicato, ma al tempo stesso carico di passione. Poi si piegò sulle ginocchia sino a giungere all'altezza della pancia. Vi pose sopra una mano e, provocando un sorriso dolce ad Elettra disse:

-Ciao figliolo, sono il tuo papà. Da ora in poi saremo una vera famiglia. Non vedo l'ora di vederti. Mi impegnerò al massimo per essere un buon genitore, crescerò con te. Da questo momento mi sento cambiato e, devo ammetterlo, in qualcosa di meglio-




N.A. E con mio grande dispiacere siamo giunti alla fine di questa storia. Spero vi sia piaciuta.
Ringrazio tutti quelli che l'hanno seguita e quelli che l'hanno commentata.
Saluti Marty.
A presto.

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