injury.

di bethfuckoff
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** after coma. ***
Capitolo 2: *** your hand in mine. ***
Capitolo 3: *** And I love you so much I'm gonna let you kill me. ***
Capitolo 4: *** mental disorder. ***
Capitolo 5: *** if i ever feel better. ***



Capitolo 1
*** after coma. ***


Okay, salve a tutti, bla bla. Questa è nuova FF, ma dai? D: Btw, sarà diversa, sarà narrata in terza persona e per ogni capitolo ci sarà un personaggio diverso, oggi tocca al nostro Richard. Spero vi piaccia e soprattutto spero lasciate qualche recensione. çAç

Non andrai mai molto lontano se fuggi da qualcosa che hai dentro. — F, ~ A Midsummer Night's Dream.

-Rich.

Gli slayer risuonavano a tutto volume nell'ampia stanza buia, la sua solita sveglia. Ma questa mattina Rich non aveva voglia di alzarsi, come le ultime tre settimane insomma. Aveva saltato scuola più volte, piuttosto che incontrare Alo e gli altri. Ma questa mattina sarebbe dovuto ritornare o sua madre l'avrebbe fatto fuori con le sue mani. Una cosa che odiava tantissimo di quella donna è che per lei tutto fosse scontato: Grace era morta? Tutti moriamo, prima o poi. Lui si sentiva male, in lutto, depresso? Era solamente una reazione psicologica. Era stata l'estate più brutta della sua vita, non che le altre fossero state migliori, però questa volta c'era stata lei. La sua piccola ballerina, era morta per colpa di quel coglione di Matty, se solo fosse legale l'avrebbe ammazzato. Aprì lentamente gli occhi e cercò di abituarsi al buio, da quanto tempo era rinchiuso qui dentro? Un paio di giorni, sicuramente. Spense la sveglia e si alzò, il forte impatto con la gravità non fu uno dei migliori, insomma lui e il letto erano amici stretti da un bel po' di tempo. Si sgranchì le ossa e si diresse verso la finestra, la spalancò e notò che oggi Londra era soleggiata. «Anche la mia città mi prende per culo.» Pensò ad alta voce, insomma lui era depresso a livelli cosmici e Londra brillava di luce propria, era una contraddizione di solito pioveva 363 giorni su 364 e se l'anno fosse stato bisestile avrebbe piovuto 364 su 365. E Rich oggi aveva scelto il giorno 363 o 364, si confondeva spesso sull'anno bisestile, in realtà non ricordava neanche se oggi fosse Lunedì, mercoledì o venerdì. «Richard Hardbeck!!» La voce fastidiosa di sua madre rimbombò dal piano inferiore, così fu costretto a prendere alcuni vestiti a caso e catapultarsi giù per fare colazione. Diciamo che la sua 'colazione' sarebbe stata quella di prendere un toast, fare un sorriso falso e far finta di andare a scuola. Ma quella mattina, come le altre decise di saltarla. Tanto era venerdì! Ma quella mattina fu diversa dalle altre, era seduto sulla riva del lago a fissare il nulla più assoluto quando una risata lo risvegliò, fu come uno schiaffo in pieno volto. Era solo la sua immaginazione, dato che nell'arco di un miglio non c'era nessuna forma di vita, non era la risata di Grace, ma allora di chi diamine era? Sentì un fruscio tra le foglie, così prese una sigaretta e l'accese, il tabacco riusciva a calmarlo, soprattutto ultimamente. Così chiuse gli occhi e ascoltò il rumore del vento, il continuo infrangersi delle onde vicino alla riva e.. delle urla. No, che cazzo! Il ragazzo si guardò attorno ancora una volta, ma questa volta erano vere, urla vere. Si alzò e cercò di captare le grida, provenivano da est, così incominciò a correre, correre il più velocemente possibile. Le grida cessarono, e si sentirono gemiti di un'incessante pianto. Notò tra le frasche una figura esile che era rannicchiata, quasi svestita. Impaurita, sola, senza nessuno. Rich si avvicinò il più possibile a lei, quando si girò di scatto e prese a respirare regolarmente. «Hai bisogno di una mano?» Rich le si avvicinò pian piano per paura di toccarla, sembrava fragile. «Che ti è successo?» Si sedette accanto a lei e le donò la propria giacca, la guardò per un attimo nei suoi occhi e si sentì sollevato. Era enormi, di un colore tra il verde e l'ocra con delle ciglia enormi. «Ho saltato scuola e così ero venuta qui a fare un giro.. fin quando un barbone mi ha quasi..» La ragazza non finì la frase che scoppiò a piangere. Rich istintivamente l'abbracciò, aveva quello strano senso protettivo che si era sviluppato per colpa di Grace. Gli prese una fitta al cuore solo per aver pensato a quel nome, solo per un semplice ricordo.

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Capitolo 2
*** your hand in mine. ***


"Potrei amare davvero una sola volta nella vita, ed era la prima. Nulla poteva turbare le mie gioie, finchè il destino mi sottrasse la felicità, tu. "

-Nick.

Si era svegliato nel posto sbagliato al momento sbagliato come si suol dire. Ma Nick non faceva altro che sorridere, forse un sorriso amaro. Perché? Per la prima volta nella sua vita si era innamorato di una ragazza: Franky. Ma ora c'era qualcos'altro che gli infiammava il cuore, non c'era mai riuscito nessuna. Lia. Tre semplicissime lettere, ogni volta che qualcuno sussurrava il suo nome il suo cuore prendeva un viaggio diretto per fanculandia. Ma si trovava in una posizione alquanto scomoda, prima aveva detto di amare Franky e poi? E poi, si era scopato Lia. Eccellente oserei dire! Ma c'era qualcosa in quella ragazza che era fuori dal normale, forse erano i suoi enormi occhi azzurri oppure semplicemente il modo in cui non se ne fregava un cazzo delle persone. L'odiosa suoneria del suo cellulare lo risvegliò da quel vortice di pensieri: un messaggio da parte di Lia. Sgranò gli occhi e cercò di nascondere quel sorrisetto che gli era appena apparso sul volto. Si guardò intorno e notò che Franky stava ancora dormendo, se si fosse svegliata non avrebbe potuto inventare altre scuse le aveva esaurite tutte per uscire con Lia. Ad esempio: il gatto ha mangiato il criceto di una mia prozia, mio fratello è rimasto incastrato con la testa nel cesso o cose così. Insomma, in cuor suo Franky lo sapeva che non erano qualcosa di definibile, insomma dovevano determinare una relazione ma nessuno dei due ne era in grado. Allora Nick si chiedeva che cosa fossero, amici? No, forse prima lo erano. Ma due amici non vanno a letto assieme o cose così. Allora forse erano fidanzati? No, i fidanzati erano fedeli, carini e dolci e loro due erano tutt'altro che dolci e fedeli. Allora l'ultima spiaggia era: amici di letto, insomma scopamici. Da una parte si sentiva anche in colpa, ma dall'altra non vedeva l'ora di rivestirsi e andare da Lia, non sapeva mai scegliere non era mai stato bravo. Si alzò dal letto senza far rumore, ma ovviamente la capacità di fare una o più cose assieme non era il suo forte. Si ritrovò praticamente ad amoreggiare con il pavimento ed imprecare anche i santi che non esistevano. «Ma porca troia, fottuto pavimento, e la miseria!» Si tirò su e stava per ricadere quando sentì una risata. fottuto. fu l'unica cosa che gli venne in mente in quel momento: era decisamente fottuto. Ora doveva trovare una scusa, anche quella più banale per fuggire da quella ragazza che gli aveva mandato a puttane l'intero sistema celebrare, se mai ne avesse avuto uno. Si schiarì la voce e si infilò la camicia, poi i jeans ed infine le scarpe. «Dove vai?» Ecco, bene, ehm.. che scusa poteva mai rifilare questa volta? Di certo non poteva dire: 'hey franks, vado a farmi una sana scopata.' No, non sarebbe andata proprio così. Allora forse.. «Ho ricevuto una telefonata urgente, debbo andare!» Non era del tutto una bugia, ma solo a metà. Era urgente perché aveva quel dannato bisogno di stringersela tra le braccia e fracassarle le palle sparando le cazzate più assurde. Aveva quel bisogno di sentire il suo profumo impregnarsi sui suoi vestiti ed infine aveva l'urgente bisogno di affondare il suo volto nei suoi capelli. Franky lo guardò e sorrise, se l'era bevuta alla grande, così le fece un cenno e scappò via. Un cenno, che cazzo fai Nick? Un cenno? Ma sei proprio deficiente. Scrisse velocemente un messaggio, il parco vicino al porto ormai era il loro ritrovo, incominciò a correre, chissà perché. Si fermò all'entrata del parco e la vide da lontano, i suoi lunghi capelli castani, il suo costante guardare il telefono in attesa di chissà che cosa. Si avvicinò lentamente e l'abbracciò, all'inizio Lia ebbe una reazione da 'ora ti ammazzo.' ma quando si girò si tramutò in un sorriso. «Ciao stronzetto.» Era sempre la solita, ma lui sentiva che ogni cosa che dicesse qualsiasi cosa gli cambiava l'umore. «Ciao anche a te Miss so tutte le posizioni di questo mondo.» Era tentato dal baciarla, di sentire di nuovo le sue morbide labbra, ma sapeva che lei orgogliosa com'era non avrebbe mai fatto il primo passo, allungo il braccio verso di lei e le accarezzò il volto. La tirò a sé e sentì di nuovo quel profumo impregnarsi sul suo maglioncino, aveva l'aspetto fragile ma aveva il carattere più forte di qualsiasi altra persona che avesse mai conosciuto. «Allora, hai deciso che fare stasera?» Oh.. cazzo. Oggi era venerdì, ed ogni venerdì c'era il rituale di Alo del 'ammazziamo il portafogli e lo stomaco.' E ci sarebbe stata anche Franky, allora doveva decidere, ed ovviamente avrebbe scelto Lia. «Avevo pensato di rimanere con te e non so fare qualcosa di acrobatico.» Si beccò un paio di pugni e qualche ceffone, rise lievemente. «Hai la forza del mio finto criceto nel picchiarmi.» Nick le prese la mano e la strinse tra la sua, era così piccola al contrario della sua. «Fammi capire.. ti sei steso anche il tuo finto criceto? Sei messo male.» Ecco cosa ci trovava in lei: il semplice modo di farlo sorridere.

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Capitolo 3
*** And I love you so much I'm gonna let you kill me. ***


“Un amore perfetto?” “No, nemmeno io aspiro a tanto. Mi basterebbe poter fare i capricci. Questa perfetta libertà”. ─ haruki murakami, norwegian wood.

-Lia.

Il suo problema non era tanto conoscere qualcuno, tipo amici o conoscenti. Il suo problema era legarsi alle persone, amarle, sentirle sotto la sua pelle. Aveva la fobia di innamorarsi delle persone, così tendeva ad allontanarle il più possibile ma con lui non ci riusciva, non ci riusciva proprio. Qualsiasi cosa pensasse, qualsiasi strada prendesse lui la trovava sempre, era sempre al centro del suo cervello. C'aveva provato ad allontanarlo, a scappare da lui ma ogni volta c'era qualcosa che le diceva di tornare da lui. Sarà forse che sorrideva sempre anche quando tutto andava a puttane, Lia non riusciva a capire perché quel ragazzo l'attraeva come una calamita. Ora se ne stava tranquillamente seduta tra le sue gambe e accarezzava il dorso della sua mano come la cosa più naturale del mondo. E pensare che era cominciato tutto per caso, ad una festa mentre lei era praticamente in cerca di compagnia per evitare quelle teste di cazzo dei suoi amici che erano strafatti di cocaina, e poi eccolo lì. Era apparso dal nulla con un bicchiere di vodka liscia tra le sue mani e quel sorrisetto da perfetto stronzo e si erano ritrovati fuori alla veranda a fissare le stelle. Ma il suo problema non era neanche lui, era ciò che provava per lui. Era un sentimento che non riusciva a descrivere neanche lei, ed aveva una fottuta paura. Paura che quel ragazzo potesse diventare tutto, o forse già lo era? Profumava di tabacco e inverno. Era stato il suo inverno, quella coperta che lo scaldava durante la notte, quella cioccolata calda che l'aiutava ad addolcirsi ed infine era stata la sua medicina. Sì, sapete quando siete nel baratro dell'oblio? Ecco, poi arriva quella corda che ti porta su e ti salva la vita. La luce, durate un periodo di buio. «Ti va di venire a casa mia?» L'aveva buttata lì, sperava che anche stasera avrebbe rinunciato agli altri per lei, sì un pensiero egoista ma era fatta così: era gelosa delle sue cose. «Certo, andiamo?» Nick si alzò e le tese la mano, l'afferrò al volo e si diressero a casa della ragazza. Non era molto distante, bastarono dieci minuti ed arrivarono a destinazione. Una tipica abitazione londinese, in un tipico quartiere, non era niente di eccezionale. Ma ogni volta che Nick ci metteva piede, sembrava irradiarsi sembrava prendere un'altra sembianza. Inserì la chiave e fece scattare la serratura, la casa era vuota come sempre. «Bene..cioè-» Lia non riuscì a terminare la frase che Nick la baciò, sentì le sue labbra prendere all'improvviso fuoco e un nodo formarsi all'altezza della bocca dello stomaco, le mani incominciarono a fare su e giù tra i capelli e l'incavo del collo del ragazzo. «Okay, io non ce la faccio più..cccioè.» Nick sembrò per la prima volta insicuro delle sue azioni, così Lia lo trascinò nella sua camera e lo distese sull'enorme letto al centro del letto. Nick le sfilò delicatamente la maglietta e la fece scivolare sotto il suo corpo, cominciarono a svestirsi e Lia non poteva far a meno di accarezzare ogni singola parte del suo corpo, sembrava esserne quasi affascinata. Cominciò a sbottonargli i pantaloni, sembrava una scena che si ripeteva sempre nella sua mente. Ogni volta però provava sensazioni diversi, sempre più forti. Era innamorata di lui? No, non l'avrebbe mai permesso, l'amore era per le persone deboli. Ma allora perché continuava a provare tutte quelle sensazioni? E perché aumentavano sempre ogni volta che andavano a letto assieme? «Ti ho mai detto che..sei bellissima?» Nick le tolse la biancheria e appoggiò la sua fronte su quella della ragazza che a poco a poco si sentì le gambe cedere. Scosse il capo e si aggrappò al suo collo per poi baciarlo, le loro lingue stavano facendo un qualcosa di indefinito e strano, che procurava ad entrambi quelle fottute farfalle nello stomaco. Era il suo turno, gli tolse i box e prese un bel respiro. Sentì il ragazzo entrare dentro di sé, era sempre una strana sensazione, non l'aveva mai provato con gli altri ragazzi. ma che cazzo mi succede? era la domanda più frequente nel suo cervello. Inarcò leggermente la schiena e le sue unghie strinsero la carne del ragazzo, era un misto di emozione e quant'altro che al momento non sapeva spiegare. Il suo respiro cominciò a diventare man mano irregolare e quella sensazione di piacere aumentava. Non sapeva spiegarsi il fatto di come si fosse presa questa strana cotta per lui, era arrivato nella sua vita senza chiedere permesso, senza 'bussare' e l'aveva travolta come un urgano. Nessuno gliel'aveva chiesto, nessuno gli aveva aperto ma lui aveva buttato giù tutti i muri che lei si era creata. Sentì le spinte aumentare di grado e gli baciò l'angolo della bocca, per poi scendere sull'incavo del collo ed infine sostare sulla giugulare e fargli uno di quei succhiotti che lui tanto odiava, era palese che quando se ne fosse accorto lei sarebbe già espatriata in congo. «Cazzo. CAZZO!» Il ragazzo esclamò quasi senza fiato, era risaputo che a Nick bastava poco per far alzare il suo amichetto lì giù, e Lia lo sapeva bene. Non aveva mai perso occasione per prenderlo per culo o provocarlo, in qualsiasi modo. Rise lievemente, cercando di nascondere il suo imbarazzo. Le spinte diminuirono ed entrambi vennero. Fu una strana sensazione, Nick rimase a guardarla per un po'. «Sentì, che ne dici di spostare la tua barca dal mio porto?» Lia era sempre stata così.. diretta. Nick arrossì di colpo e la coprì con un lenzuolo, non avrebbe retto per molto. Nick stava abbattendo tutti i suoi muri.

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Capitolo 4
*** mental disorder. ***


Ci vogliono i baci a placare il dolore, a sciogliere le resistenze delle parole. Ci sono troppi paradisi e troppo poco amore. ─ Massimo Bisotti.  

-Isabelle.

Isabelle, un nome apparentemente comune. Vi sbagliate, alla grande: isabelle è una ragazza totalmente instabile. A partire dal fatto che ha un disturbo ossessivo compulsivo, compie le stesse azioni tutti i giorni, non se ne rende conto ma continua a farle con ordine cronologico e se ne manca una impazzisce. La mattina si alza, fa colazione e si veste e poi va a scuola, ma nel frangente di tempo che attraversa il grande vialone che che conduce a scuola si ferma sempre a bere alla fontanella posta sulla sinistra, tra il parcheggio delle bici e quello delle auto. Ma oggi aveva saltato una di quelle azioni: aveva saltato scuola e si era ritrovata da sola in un bosco e un barbone la stava quasi violentando che cosa fottutamente strana. Poi era apparso lui all'improvviso con la sua giacca di pelle e tutti i capelli scompigliati, il sorrisetto triste e gli occhi stanchi. Ma lei lo conosceva fin troppo bene: Richard, Rich, Hardbeck. Era nella sua stessa scuola, nel suo stesso corso di filosofia e il suo armadietto era lontano di circa tre metri dal suo. Era triste per la morte della sua raga..ex ragazza Grace e non poteva far altro che biasimarlo, erano una coppia davvero carina, ma la cosa più assurda è che Bells aveva una cotta stratosferica per lui da circa qualche mese: esattamente il 20 Febbraio quando quel giorno l'aiutò a raccogliere i libri da terra perché Alo le era andato praticamente addosso. Quel ragazzo era tutto strano, non riusciva a capire cosa ci trovasse in Rich, ma tendeva sempre ad evitarlo. A partire dal semplice fatto che Alo le aveva detto che era instabile mentale, lavorava nella biblioteca nel tempo libero mentre ascoltava i suoi fedeli Ramones, aveva beccato qualche volta Rich a fissarle una delle tante magliette che indossava ma niente di che, ed ora era in lacrime davanti a lui, spaventata e sola lui l'aveva trovata. Sentì il suo profumo colpirla come uno schiaffo forte in volto, si limitò a stringergli le natiche e sorridere. «Grazie, mi hai trovata.» Ecco, quello era un altro di quei problemi che doveva risolvere. Parlava sempre a sproposito, non riusciva a tenere stretta le sue emozioni. Insomma in poche parole: sparava cazzate costantemente senza pensarci. L'aveva trovata in una foresta, da sola e senza una via d'uscita. Rich la guardò un po' spaesato e poi ebbe come l'illuminazione. «Tu sei Bells? Siamo nella stessa scuola.» Esclamò staccandosi da lei, il suo cuore ebbe un tonfo, si era ricordato di lei. Ogni giorno le sperava in un suo sguardo, in un semplice gesto. Il suo volto aveva ancora qualche lineamento da bambino, da quando aveva tagliato i capelli aveva acquistato più fascino. «Ti va di fare un giro? Non mi sembra sicuro questo posto.» La sua voce era qualcosa che la scuoteva completamente, sentiva quei brividi percorrerle la schiena e quella strana voglia di tenergli la mano, ma si limitò ad annuire ed alzarsi. Cominciarono a ripercorrere il tratto che portava fuori dalla foresta in silenzio, ogni tanto Bells lo guardava e sorrideva contenta come se fosse una di quelle bambine a cui vengono dati i biscotti nel momento post tristezza. Rich invece dal canto suo, si sentiva come se fosse stato scosso da qualcosa, forse erano i suoi occhi grandi color miele, forse i suoi capelli neri e lunghi color pece, non sapeva cosa fosse, ma in fondo non voleva saperlo. La mano di Rich sfiorò la sua e si sentì arrossire, anche un minimo contatto da parte del ragazzo la mandava in tilt. Stava per cadere quando sentì la mano salda di Rich afferrarla e riportarla su, si sentiva protetta quando c'era lui nei paraggi. Sbatté ripetutamente le ciglia e gli sorrise, era troppo distratta sembrava una ragazzina alle prime armi. Non che lei fosse una troietta di città, no. Semplicemente lei aveva una concezione dell'amore totalmente sballata. Allontanava ciò che amava e avvicinava ciò che odiava. Uscirono finalmente dall'enorme radura e Rich socchiuse gli occhi per la troppa luce, dopodiché si coprì con la mano destra e la guardò dritta negli occhi. «Allora Isabelle dove ti porto?» Le sorrise, questa era la quinta volta nell'arco di mezz'ora che sorrideva e sapeva anche il suo nome per intero il che la sbalordì. «Ovunque tu voglia Richard.»

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Capitolo 5
*** if i ever feel better. ***


Avere un “buon cuore” al giorno d’oggi è una qualità adatta solo per l’espianto di organi. ─ Serena Cerullo.  

-Alo.

«Alo, segaiolo che non sei altro! Muovi quel culo e alzati.» Gentilezza, finezza, charme tutto in un solo uomo: il padre di Alo. Non lo faceva di proposito, era la sua sveglia personale. In un modo o nell'altro doveva svegliarsi, non che la paglia non fosse d'aiuto eh. Si alzò tutto stordito e cercò di fare mente locale, non ricordava assolutamente niente del giorno prima. Non che fosse una novità eh. Quando era assieme a Liv, Alex, Franks e gli altri perdeva il controllo e diciamola tutta perdeva anche i migliori soldi. In realtà cercava di evitare quei sabati devastanti poiché tutto ciò a cui pensava era una ragazza con i capelli rossi che si aggirava da sola nei pressi di Queen Share, lo aveva incuriosito sin dal primo momento. Okay, forse diciamo non proprio dal 'primo' poiché si era soffermato a fissarla per circa dieci minuti finché la ragazza non le aveva mostrato il medio. Forse anche quello la rendeva differente da Mini, ah..Mini! Quella ragazza l'aveva mandato in paranoia circa 143 volte ed ormai aveva lasciato perdere tutte le speranze di avere un dialogo sensato e civile con la ragazza, piuttosto doveva muoversi e andare a scuola. Si alzò e andò a battere contro lo stipite del letto. «Ma perché cazzo non posso vivere in una camera normale?» Sbuffò e si alzò alla ricerca di qualche abito da indossare, cioè.. qualche abito normale. Indossò le prime cose che trovò e si diresse verso quel luogo oscuro e dannato chiamato scuola. Ad Alo non era mai particolarmente piaciuta, ma se solo si fosse applicato avrebbe ottenuto qualcosa. Ed invece tutto ciò che riusciva a fare era mandare a puttane tutto ciò che la vita gli offriva. Aveva camminato così tanto che non si era accorto di essere arrivato, varcò l'enorme cancello e si ritrovò nella solita giungla. In lontananza intravide Nick e Rich che facevano i coglioni, come loro solito. Poi c'era Franks e una ragazza dal volto conosciuto ma che Nick puntualmente non gli presentava. Ma poi fu tutto d'un tratto che si rese conto di quella chioma rossa accesa a catturare tutta la sua attenzione, quella ragazza frequentava la sua stessa scuola, per una volta nella sua vita aveva avuto una botta di culo esagerata. Lasciò perdere gli altri e si diresse verso di lei che era intenta a fumarsi una sigaretta, doveva usare una scusa. «Scusa, hai da accendere?» Esclamò ad un tratto, non c'era scusa più pessima di quella e lui lo sapeva bene. La ragazza dai capelli color rosso fuoco alzò lo sguardo e Alo con sua grande sorpresa scoprì che c'erano due smeraldi al posto di comuni occhi mortali. Di un verde chiaro e delicato, come del resto il suo volto. La ragazza annuì lentamente e gli passò l'accendino. «Però smettila di fissarmi perché mi inquieti.» La ragazza riposò l'accendino e si diresse verso le aule, solo in quel momento Alo capì di quanto fosse stupido, era rimasto lì a fissarlo senza dire niente e non aveva neanche acceso la canna che si era preparato. Doveva rifarsi e anche in grande stile, dopo scuola l'avrebbe fermata e le avrebbe chiesto di uscire. Due ore, erano passate due ore da quella materia infernale. Doveva evadere così uscì dalla classe e si diresse nei bagni, quando la rivide. Alo non riusciva a capacitarsi dell'idea che ogni volta che la vedeva aveva quella dannata voglia di saltarle addosso. Scosse il capo e deviò strada, appunto verso di lei. «Ma sei ovunque dannaz..» La ragazza non fece in tempo a finire la frase che il ragazzo la spinse contro un armadietto e la baciò, era pressoché assurdo. La ragazza però, non rinnegò il contatto, anzi. Lo trascinò all'interno di una classe vuota e ormai abbandonata. La chiuse a chiave e cominciò a baciarlo, all'angolo delle labbra, al collo e scese sempre più giù: dire che era una tortura per il ragazzo era riduttivo. Alo strinse i pugni e la trascinò su un banco libero, le tolse prima la maglietta e poi il pantaloncino, e lei fece lo stesso. Era una delle cose più assurde che Alo avesse fatto nella sua vita, ma comunque. Una strana adrenalina prese vita nel suo corpo, quando entrò nella ragazza ritrovò la pace interiore, sentì quel profumo di zucchero a velo impregnarsi sul suo petto e le mani della rossa graffiare la sua schiena, erano sensazioni mai provate prima.

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