Cronache di Kerya

di Zwart Bloed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Remember Us ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - I'm Back ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Kill Him ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - No choice ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Dragon's Heart ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Under Siege ***
Capitolo 8: *** Avvertenze ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Prologo

 

 

Era notte fonda quando il ragazzino entrò nella stanza. Nonostante i suoi sette anni e mezzo era più silenzioso di un gatto.

Si avvicinò al letto della stanza e cominciò a scuotere la sagoma sdraiata al suo interno.

-Alzati, piccola Are, svegliati!- disse scuotendola per una spalla.

La ragazzina di appena sei anni si svegliò stropicciandosi gli occhi. Si aspettava di vedere la madre che veniva a svegliarla la mattina per gli studi, non che vi fosse il suo migliore amico.

-Ehi, 'fratellone', che ci fai alzato a quest'ora della notte?- biascicò con voce impastata la bambina. Il ragazzino non le spiegò niente, ma le disse soltanto che dovevano andare dai genitori di lei.

Contro voglia, Aredhel si alzò, si vesti velocemente e seguì il suo fratellone.

-Aspetta,- la fermò lui -prendi Isilrà con te, potrebbe servirti.

Lei annuì, corse ancora al letto, frugò sotto il cuscino e tirò fuori l'oggetto.

Era un pugnale dall'elsa di rubino rosso fuso con l'acciaio più resistente e la lama di puro diamante misto a sangue di Drago, che la rendeva indistrittuttibile e micidiale. Sul pomo vi era incastonato uno zaffiro a forma di goccia, come sul fodero appeso alla cinturina.

Una ragazzina della sua età in possesso di quell'arma era qualcosa di estremamente pericoloso, considerando la sua notevole capacità di utilizzarla.

Una volta preso il pugnale e legata la cinturina alla coscia -dovette stringerla molto, data la sua corporatura snella-, seguì il suo migliore amico, questa volta senza interruzioni.

Uscirono dalla sua stanza e si diressero verso la fine del lungo corridoio.

-Ma Adrian, non stiamo andando nelle stanze dei miei genitori!- sussurrò Aredhel al ragazzino per non farsi sentire da orecchie indiscrete.

-Infatti non siamo diretti là- la sorprese lui. Continuarono a correre fino ad arrivare in un'ala del castello sconosciuta alla bambina.

Entrarono in una grande sala circolare ed immersa nella penombra più buia.

Al centro di essa vi era un enorme tavolo circolare, a cui erano sedute varie persone.

-Addestrarli all'arte degli Assassini non è stata una grande idea!- urlò una, in piedi, sbattendo una mano sul tavolo. Dal rumore che Aredhel sentì eccheggiare nella sala, potè dedurre che si trattasse di legno di quercia.

-Invece no! Se non li avessi addestrati così bene, sarebbero entrambi morti tre anni fa, ricordi?!- urlò una seconda alzandosi a sua volta e facendo cadere la sedia.

In quel momento le nubi che oscuravano la luna si diradarono, e un suo raggio penetrò da una delle grandi vetrate della stanza.

Vide un uomo dai capelli castano scuro e gli occhi blu davanti ad un anziano dai capelli grigi sui cinquant'anni ma con una luce accesa negli occhi da far invidia ad un adolescente, erano suo padre Re Orion e suo nonno Seth.

Le altre dodici persone sedute erano altri conoscienti: la regina Merion sua madre, il comandante dell'esercito del Regno della Luce Altomare e tutti i regnanti degli altri cinque Regni.

-Non osare...- mormorò suo padre a denti stretti.

I due litigavano ancora. Lacrime amare cominciarono a premere agli angoli degli occhi di Aredhel, mentre pensava che non ne poteva più.

Lentamente, e con estremo silenzio, estrasse Isirlà dal fodero appeso alla cinta legata alla sua coscia e, mentre una sola lacrima le scivolava lungo alla guancia, con sommo stupore del ragazzino di fianco a lei, alzò il braccio e lanciò l'arma dritta al tavolo in cui andò a conficcarsi.

Tutti i presenti alla tavola si voltarono contemporaneamente verso di lei, accorgendosi per la prima volta da quando erano entrati di averli lì con loro.

-Aredhel...

Con uno sguardo penetrante zittì la madre, una donna dai capelli rossi e gli occhi verdi, che la stava guardando con compassione.

E non sopportava quando veniva guardata così.

-Sono stata svegliata nel bel mezzo della notte per assistere al vostro litigio?- chiese invece con la sua voce acuta. Il nonno e il padre le diedero ragione sedendosi.

-Vieni, figlia mia, dobbiamo parlare- concordò l'uomo dagli occhi blu.

La ragazzina prese per mano il suo compagno ed andarono a sedersi in mezzo ai due uomini. Attesero che Re Orion iniziasse a parlare, cosa che avvenne solo dopo svariati minuti.

-Vedi, molto tempo fa, l'Imperatrice è morta e....

-Questo lo sapevo anche io, padre.

-Già. Vedi, dato che la sua non era una morte naturale, ogni qual volta che muore un'Imperatrice senza lasciare un Erede, viene nominato una Cercatrice o un Cercatore.

Ora la storia cominciava ad interessarle. Nonostante i suoi sei anni, Aredhel comprendeva molto in fretta ogni cosa riguardasse la magia e l'Imperatrice.

-Sbaglio, o questa è la Seconda Imperatrice del Pianeta?- intervenne il ragazzino di fianco a lei.

-No, Adrian, non sbagli. L'Imperatrice Calisthia è stata la Seconda Imperatrice da quando i Draghi Guardiani hanno creato questo mondo- confermò Orion.

-Allora, dicevamo, Aredhel, tu sei....

Un fragoroso boato seguito da un potente fremito del pavimento lastricato impedì al Re del Regno della Luce di continuare il suo discorso.

Alcune sedie ancora vuote caddero a terra, mentre il lampadario di cristallo sopra la grande sala circolare oscillava minacciando di cadere su tutti loro.

Un soldato entrò trabballante dalla grande porta di ottone da cui erano entrati poco prima Aredhel e Adrian.

-Vostre Maestà, è iniziato l'Assedio da parte di Kalin- annunciò il soldato reggendosi alla lancia che aveva con sé per non cadere a terra.

-Un attacco a sorpresa!- esclamò Altomare, battendo il pugno sul tavolo -Dobbiamo azionare il piano di difesa!

-No- ordinò Orion -Dobbiamo rispondere all'attacco.

-Ma siamo impreparati!- replicò ancora il Generale Supremo -Se combattiamo ora, è sicura la sconfitta! Consiglio a Vostra Maestà di azionare ogni siste....

-Ho detto di no!- lo zittì di nuovo il Re -Non importa quanto sia forte la difesa, un attacco ancora più forte alla fine la oltrepasserà.

E purtroppo Orion aveva ragione. Il Generale Supremo abbassò la testa, rassegnato.

-Attaccano ancora!- esclamò un secondo soldato entrambo accanto al primo.

Aredhel potè sentire suo nonno inveire rabbiosamente, mentre i suoi genitori si scambiavano sguardi preoccupati.

Gli altri regnanti, fino ad ora rimasti immobili e in silenzio, si alzarono uno ad uno e cominciarono a parlare.

-Orion, sarebbe meglio che portaste la bambina in salvo- consigliò Re Salor, re del Regno delle Fiamme. Sua moglie la Regina Milsa annuì vigorosamente.

-Credete davvero che sia la soluzione giusta?- domandò titubante la madre di Aredhel, la Regina Merion.

Ricevette vari assensi e persino suo marito acconsentì dopo un attimo di esitazione iniziale. Allora la donna dai capelli rossi le si avvicinò.

-Aredhel, dobbiamo andare in un posto.

In questa frase, però, la ragazzina non vi trovò nulla di sensato. Al contario, Adrian ne aveva compreso il significato.

-No!- protestò stringendo i pugni. La Regina spostò lo sguardo su di lui, e il bambino vi lesse tristezza.

-Non voglio neanch'io, piccolo. Ma se vuoi che la tua amica, mia figlia, sopravviva a questo attacco è meglio portarla al sicuro.

Prima che lui si mettese a piangere, però, la donna parlò ancora.

-Puoi accompagnarci, se vuoi- soggiunse con voce gentile.

Il ragazzino tentennò qualche secondo, prima di dare il suo assenso con un cenno della testa.

Allora Merion prese la bambina per mano e, insieme ad Adrian, si diresse verso un passaggio segreto che li avrebbe condotti in un luogo sicuro per la Principessina.

-Madre, dove mi state portando?- chiese Aredhel dopo qualche tempo.

-In un posto che ti salverà la vita- rispose la donna dai capelli rossi.

Mentre scendevano una lunga scalinata a chiocciola, un secondo fremito percorse gli scalini, seguendo il boato da cui è stato causato.

 

Dopo quelle che parvero ore, finalmente i tre giunsero alla fine della scalinata.

Davanti a loro si apriva un'immenso arco a volta, al cui interno c'era solo in vuoto.

La Regina si mise di fronte ad esso, iniziando a recitare un Incantesimo e lasciando i due amici a darsi l'ultimo saluto.

-Dove stiamo andando?- chiese con voce incrinata la bambina.

-Non noi, solo tu, Aredhel- la corresse il ragazzino con il viso basso. I capelli corvini gli coprivano gli occhi a tratti, non permettendo ad Aredhel di scorgere la verità nascosta nelle sue iridi blu zaffiro.

-Cosa vuol dire? Mi state mandando via?- chiese ancora, confusa e con le lacrime agli occhi. Solo allora Adrian alzò lo sguardo. Anche lui era sul punto di piangere.

-No, piccola Are. Ti stiamo portando in un luogo in cui sarai al sicuro e, quando anche qui il pericolo sarà passato, potrai tornare- spiegò lui. Allora lei si aggrappò con entrambe le mani alla felpa del suo migliore amico e compagno.

-Ma io non voglio andarmene!

-Tornerai!

-Ma vi sarete dimenticati di me, allora!

-No, che non lo faremo!

-Promettimelo! Prometti che non mi dimenticherai!- supplicò allora Aredhel mentre le lacrime le rigavano il volto pallido. Il corvino sospirò, piangendo a sua volta.

-Prometto che penserò ogni giorno a te! Sei come una sorella per me e appena tornerai su Helmi staremo insieme per sempre e non ci serareremo mai più!- giurò Adrian. Ma oltre alle parole, fece una cosa che la bambina mai si sarebbe aspettata.

Lei sentì una leggera pressione sulle labbra, e capì che erano quelle di lui mentre la stava baciando. Era un bacio semplice, a stampo, a cui non era attribuito il significato di amore data la loro tenera età, ma valeva come il simbolo che sanciva la loro promessa.

Durò poco, ma per lei fu una piacevole eternità. Appena si furono separati, la Regina Merion terminò la sua litania.

-Devi andare, ora, figlia mia!- esordì sebbene la sua espressione dicesse che era tutt'altro che felice. Dentro l'arco a volta si era aperto uno squarcio rosso.

Aredhel gli si avvicinò e, quando era lì lì per attraversarlo, un'enorme bestia vestita da soldato fece la sua comparsa alle spalle della Regina.

Era alta quasi due metri e si stagliava sopra i tre malcapitati pronta ad ucciderli.

Nella mano umanoide ricoperta di pelliccia rossa, stringeva un'ascia da guerra che sollevò per colpire la donna dai capelli cremisi.

-No!- urlò Aredhel e si sovrappose tra i due. Estrasse nuovamente il suo pugnale dalla cintola alla coscia e affondò la lama nel ventre della bestia che mancò la Regina.

Subitò iniziò un furioso combattimento tra la bestia dell'esercito nemico e la Principessina Aredhel di sei anni con le capacità di uccidere quanto un Sicario pieno d'esperienza.

Ovviamente, agile com'era, lei riusciva ad evitare ogni colpo che la creatura cercava di inferirle, a differenza di quest'ultima che ad ogni affondo mancato guadagnava profonde ferite in ogni parte del corpo.

Dopo un po', però, la stanchezza cominciò a sopraffare la ragazzina che diventava più lenta e stremata ad ogni schivata.

Ad un certo punto, la vista le si annebbiò e dovette fermarsi per qualche tempo, purtroppo sufficente alla bestia per preparare un colpo che di sicuro l'avrebbe uccisa.

Ma ci pensò Adrian a scansarla e a salvarle la vita.

Continuò a portarla sulle spalle finò ai pressi dello squarcio rosso.

Aredhel, contrariata, cercò di scendere dalle sue spalle e continuare il duello.

-Vai! Tieni a mente la nostra promessa e vattene!- urlò il ragazzino, fermandola.

-Ma...

-Niente ma! Scappa, corri via di qui!

E detto questo la spinse oltre lo squarcio.

 

Sulla Terra, una coppia di sposi stava cenando a casa propria, felici e senza alcuna preoccupazione.

Una donna dai capelli castano chiaro, corti fino alle spalle, e gli occhi color bronzo stava apparecchiando il tavolo a due posti che avevano in sala pranzo, mentre suo marito stava cucinando.

-Ehi, Sanne! Portami i piatti, la pasta è pronta!- urlò lui dalla cucina.

-Arrivo, Leon!- esclamò lei in risposta. Prese due piatti e andò in cucina, una stanzetta di otto metri quadrati con mobiletto, forno, fornelli, lavandino e lavastoviglie.

Suo marito, un uomo dai capelli biondi e gli occhi azzurro-grigi, stava chino su una pentola, intendo a mischiare col mestolo di legno la pasta al ragù che aveva preparato per quella sera.

Mentre Sanne posava i piatti vicino ai fornelli come aveva detto Leon, una fortissima luce rossa illuminò la finestra e li accecò per qualche secondo.

Quando finì, i due sposi si precipitarono nel cortile sul retro, perplessi.

Vi trovarono una ragazzina di circa sei anni, sdraiata su un fianco e svenuta.

Corsero incontrò alla fingura snella di quella ragazzina e la svegliarono. La piccola si alzò in piedi, stretto nella mano aveva un pugnale rosso dalla lama intrisa di sangue, ma i due non se ne accorsero.

Bensì, prestarono attenzione agli occhi della bambina che, una volta alzatasi, li aveva aperti rivelando due iridi rosse come il sangue appena versato misto al fuoco appena acceso.

Spaventati e sconvolti di trovarsi una ragazzina simile nel giardino, comparsa dopo una luce cremisi accecante, nessuno dei due sposi riuscì a parlare.

Fu Sanne a rompere il silenzio creatosi. Si avvicinò alla bambina che li guardava smarrita e confusa, si chinò sulle ginocchia per raggiungere la sua altezza e le mise la mani sulle spalle.

-C-chi sei tu, piccolina? Cosa ci fai qui?- domandò tra un balbettio e l'altro. La piccola ragazzina la guardò negli occhi per molto e, quando decise di potersi fidare, socchiuse le sottili labbra per parlare.

-Io non lo so- rispose mentre una lacrima di sangue le rigava il volto.


 

 

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Angolo autrice: Ebbene sì! Sono ancora viva!

Molte persone sanno ormai che questa storia l'ho pubblicata tre volte in tre forme diverse, e non sempre hanno letto tutte e tre.

So solo che ormai sono sicura di aver delineato la trama in modo quasi definitivo e sono sicura di non doverla più eliminare per poi ripostarla una quarta volta.

Spero che come l'ho scritta ora vi piaccia e spero anche che una volta letto il prologo di Cronache di Kerya mi lasciate un commento. Anche se piccolo piccolo, anche se dice che fa schifo, vi prego!

Ringrazio in anticipo le persone che so leggeranno queste cinque paginette di Word che ho scritto per raccontare il mondo creato dai miei stessi sogni e di cui vorrei raccontarvi la storia: S_Anonima_E ; SkyDragon; LailaOsquin e Kety100.

Spero di ricevere una vostra recensione contenente i vostri pareri su questo piccolo prologo iniziale, per ora vi dico solo:

Al prossimo capitolo!

Aredhel

 

P.S. Un'altra cosa che stavo dimenticando: gli aggiornamenti non saranno regolari come normalmente vi avrei detto, perchè rispettare l'orario delle consegne dei capitoli diventerebbe per me un impegno che a stento riuscirei a mantenere. Se ho pubblicato questa storia non è stato per prendermi un impegno del genere, ma perchè ho passione per la scrittura! Perciò non vi scomodate a dirmi che sono in ritardo o in anticipo, visto che non ho neanche fissato la data, ok? ;)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Remember Us ***


 

 

1. Remember us

Ricordaci

 

 

 

Si trovava a terra, stesa sul fianco destro, le mani chiuse a pugno e le gambe unite.

Non sapeva come ci era arrivata, però sapeva di doversi alzare. E così fece.

Facendo leva sulle mani si alzò a sedere, scoprendo di essere a qualche metro da una scogliera a strapiombo. Una volta in piedi, si sporse verso la scogliera e vide le grandi onde che il mare in tempesta mandava addosso alle rocce.

La brezza del mare le veniva in faccia, portata dal vento che soffiava furioso contro di lei. Sembrava che il cielo fosse irato col mare, scagliando fulmini e annerendosi con grandi e spaventose nuvole scure, e il mare non esitava a rispondere alzandosi con le sue onde e sporgendosi furioso verso il cielo. Il vento faceva da punto d’incontro fra entrambi, e non sembrava partecipe a quella lotta naturale che si stava svolgendo davanti agli occhi di lei.

I capelli che frustavano il viso, gli occhi socchiusi dalla potenza dell’aria, la ragazza assisteva impotente a quella tempesta che sembrava non dover più finire.

Guardava il mare contro il cielo, conscia dello spettacolo a cui stava assistendo. Era meraviglioso e orribile allo stesso tempo, sembrava che due Dei stessero scontrandosi.

Era tanto immersa nel paesaggio che la circondava che non si accorse di essersi avvicinata allo strapiombo. Un altro passo soltanto e sarebbe precipitata. Se ne accorse appena in tempo, di conseguenza si fermò.

Portò lo sguardo sotto di sé, dove l’acqua si scontrava con la roccia, incurante dell’ignota spettatrice. All’improvviso un potente ruggito scosse il suolo, facendola tremare fin nel profondo. Si dovette aggrappare sodo alla roccia per poter mantenere un briciolo di equilibrio.

Provò a rialzarsi, ma commise un errore. Il sibillio dell’aria spostata la fece voltare di scatto. Non riuscì a scorgere nulla salvo delle splendide squame d’oro, prima di essere spinta oltre lo strapiombo.

 

Selene si svegliò di soprassalto nel suo letto, completamente sudata. Non sapeva qual’era il significato del sogno appena fatto, ma era stato fin troppo realistico.

Si buttò di nuovo sul cuscino impregnato del suo sudore, e chiuse gli occhi, rivedendo per un momento le squame d’oro che come un lampo erano comparse nel suo campo visivo.

Cercò di riaddormentarsi, ma proprio in quel momento suonò la sveglia, dicendole che erano le sette del mattino.

Fantastico.. Un’altra notte insonne… – commentò lei scostando le coperte di cotone e alzandosi dal letto. Si diresse in bagno per sciacquarsi la faccia e quasi non si riconobbe davanti allo specchio: gli occhi rossi circondati da profonde occhiaie violacee erano spenti, color sangue rappreso, mentre i capelli mossi sembravano di un castano più scuro degli altri giorni, ed erano inoltre appiccicati alla fronte sudata. Era molto pallida, e sembrava anche dimagrita negli ultimi tempi.

Dannazione a quegli incubi.. – inveì con voce roca, passandosi una mano sul viso.

Al posto di una semplice sciacquata, fece una doccia completa per rimettersi in sesto.

Uscì dalla bagno in asciugamano e ritornò spedita nella sua camera, dove aprì l’armadio guardaroba. Prese i primi vestiti che le capitarono sotto mano, un paio di jeans e una canottiera, e uscì di nuovo.

Scese le scale dirigendosi in cucina, dove la aspettava una donna dai capelli castano chiaro e gli occhi di bronzo.

Ciao mamma– la salutò la ragazza dandole un leggero bacio sulla guancia.

Ciao, Selene– rispose lei, poi soggiunse –Cos’hai, non ti senti bene?

Evidentemente aveva notato il pallore della sua pelle. Nonostante l’apparenza, Selene fece segno di no con la testa.

No, mamma, sto bene. Sono solo un po’ stanca, tutto qui – replicò impedendo alla madre di ribattere ancora una volta. In quel momento scese il padre, un uomo sui trenta dai capelli biondi e gli occhi azzurro-grigi.

Buongiorno, ragazze! – esordì l’uomo di buon umore. Diede un bacio a stampo alla moglie e uno sulla guancia alla figlia. Poi mise un pacchetto regalo davanti a quest’ultima, la quale si sorprese notevolmente.

E questo? – chiese prendendolo in mano. Il padre la guardò stralunato, mentre la madre ridacchiò sotto i baffi. Selene li guardò entrambi, confusa.

Come come? Ragazza, ti sei dimenticata che giorno è oggi?!– esclamò Leon. – Sanne, dimmi che sta scherzando!

Ma la donna non rispose alla supplica del marito e continuò a ridere. Selene non ci capiva più niente.

Oggi è il 23 aprile, quindi? – rispose con noncuranza. Suo padre si batté una mano sulla fronte.

Impossibile, davvero impossibile! – proruppe – nostra figlia fa undici anni e non si ricorda nemmeno il giorno del suo compleanno!

Allora la ragazzina ricordò. Malgrado la nuova scoperta, però, mantenne sul volto un’espressione alquanto scettica.

Papà, quante volte ti ho detto che non voglio regali durante il mio compleanno? – lo rimproverò, ogni anno sempre la stessa storia. – Sono solo uno spreco.

Leon non sembrò aver badato alle parole della figlia, perché la incitò ad aprire il pacchetto regalo. Selene cercò di ribattere, ma lui non volle sentire scuse,

Coraggio – la incitò dopo l’ennesima replica. Alla fine, dopo un sonoro sbuffo, decise di accettare il regalo, ma non lo aprì.

Lo farò a pranzo, promesso. Ora, però, devo andare a scuola – disse rassegnata alla prospettiva di tutti i suoi amici carichi di attenzione nei suoi confronti.

Dieci minuti dopo era davanti l'edificio che rappresentava la sua scuola.

Corse all'interno di esso facendo rimbalzare lo zaino sulla schiena.

Si diresse verso il suo armadietto e posò i libri che le servivano per le ore seguenti, tenendo solo quello per la prima ora di Letteratura.

Restò davanti all'armadietto a leggere il suo libro preferito, mentre sentiva due delle sue canzoni preferite insieme a tutte soundtrack tratte dai film che le piacevano di più.

Si era talmente persa nella lettura che non si accorse di una mano sulla sua spalla.

Sobbalzò a quel tocco leggero.

Mi hai fatto paura, Carl – borbottò mettendo al suo posto cuffie e libro.

Un ragazzo dai capelli rossi e gli occhi blu le sorrise.

Mi fa piacere – ridacchiò lui dandole un buffetto sulla testa. Insieme si diressero in classe, dato che la campanella era suonata segnando così l'inizio delle lezioni.

Entrarono nell'aula prendendo posto accanto alla finestra.

Sistemarono i libri per la prima ora, poi cominciarono a ripassare insieme.

Cinque minuti dopo, entrò in classe il Professore Italico, insegnante di Letteratura.

Buon giorno, professore – salutarono tutti gli alunni della classe in coro, alzandosi contemporaneamente.

Buon giorno – rispose cordiale il professore, un uomo sulla quarantina dai capelli nero spento e gli occhi castani. – Sedetevi prego – aggiunse poi.

Passò qualche minuto sistemando i suoi libri, e poi iniziò la lezione.

Bene ragazzi, oggi parleremo dell'Odissea e dell'Iliade, classico argomento di prima media. Allora, chi vuole introdurre l'argomento con un'interrogazione?

Nessuno osò fiatare. Nessuno a parte lei.

Selene si alzò dalla sedia e si offrì volontaria alla lezione, salvando molti suoi compagni da un bel Impreparato.

Bene. Signorina Giulvern, venga davanti alla cattedra e incominci la sua interrogazione – le disse il professore.

Sì, professor Italico – rispose lei facendo un sonoro sospiro.

E così cominciò un'altra esasperante giornata di scuola.

 

Ore 14.30, uscita della scuola

Driiiiiiiiin!

Finalmente quella faticosa giornata era finita, pensò Selene, non ne poteva più!

Oltrepassò il portone principale e si sentì libera. Al collo portava la collana d'oro che i suoi genitori avevano deciso di regalarle, nonostante raramente si potessero permettere certi lussi, a causa del discreto stipendio di entrambi.

Troppo stress per te? – le chiese Carl spuntando alle sue spalle. La ragazza annuì.

E pensare che mi sono offerta volontaria... Non la smetteva più di farmi domande quello lì. In più sembra che la prof. Avvoltoio mi abbia presa di mira. Quanto odio storia! – borbottò Selene mettendo il broncio. L'amico le diede una pacca sulla spalla.

Dai su! Mica tutti riescono ad ottenere un bel 9 e mezzo con quel professore! E poi hai svolto l'espressione di matematica alla grande!

Un po' più sollevata, la ragazza sorrise e, insieme a Carl, s'incamminò verso la strada di casa.

Per un po' nessuno parlò.

Che stavi ascoltando prima? – chiese il rosso. Lei fece spallucce.

Eminem.

Quale? Not Afraid o Lose Yourself?

La seconda – rispose quasi con indifferenza la ragazza.

Mmm... piace anche a me – concluse il ragazzo guardando in alto.

Davvero? Non sapevo ascoltassi rap.

Solo perché non lo sapevi, non vuol dire che non lo faccia.

Grande risposta, davvero! – borbottò nuovamente Selene.

Scese ancora una volta il silenzio, finché qualcosa non li fece smettere di camminare.

Un ragazzino dai capelli neri era appoggiato davanti al muretto della casa di Selene, un piede addosso al muro, l'altro a terra, le mani in tasca. La sua espressione raccontava della più totale indifferenza al mondo che lo circondava. Nonostante ciò, quel tizio aveva tutta l'aria di non essere lì per caso.

Selene portò istintivamente la mano sopra la coscia destra, là dove teneva la sua arma, il pugnale Isilrà, dal quale non si separava mai.

Fece segno a Carl di continuare, e ripresero il cammino.

Solo allora il ragazzo appoggiato al muretto aprì gli occhi, due brillanti zaffiri blu, e si degnò di guardarli.

No, la sua presenza in quel luogo non era un caso.

Ma la ragazza era decisa ad ignorarlo totalmente, e gli passò davanti come se niente fosse.

Ehi, Aredhel, da quanto tempo – proruppe il ragazzo, però. Selene si arrestò di colpo, memore di quella voce. Si voltò e restò a guardare quegli occhi zaffiro con espressione truce.

Io non mi chiamo Aredhel – replicò, suscitando così una risata da parte del ragazzo.

Ah no?

Esattamente, hai sbagliato nome. E ora, se permetti, io me ne andrei – rispose Selene.

Lui la guardò strano, sempre con quel ghignò stampato in faccia.

E tu invece? Lo sai chi sono? – domandò il ragazzo, costringendola a fermarsi ancora. La ragazza lo guardò scettica, e negò.

Tutto ciò, però, non fece altro che ridere il corvino di fronte a lei.

Non hai mantenuto la promessa, vedo – disse – Pensa, ti sei persino dimenticata come ti chiami!

Ma io mi chiamo Selene – ribatté lei. Lui fece no con la testa.

No, mia cara elfa, tu ti chiami Aredhel – disse con un sorriso beffardo. Carl si mise davanti a Selene, come un scudo.

Senti, non so chi sia tu, ma la mia amica ed io non ti abbiamo mai visto in vita nostra e gradiremmo gentilmente che tu te ne andassi adesso e la smettessi di importunarci.– gli disse con voce fredda e alquanto decisa il rosso.

Senti, senti. La nostra cara elfa adesso ha anche bisogno di una guardia del corpo! Mi meraviglio di te, Aredhel, non me lo sarei mai aspettato– sogghignò il corvino con sarcasmo. Spazientita, la ragazza cominciava a perdere il controllo.

Ascolta, imbecille che non sei altro, io sono umana, mi chiamo Selene, non ti ho mai visto in tutta la mia vita e no so nemmeno come ti chiami! – gli urlò lei. Il sorriso del ragazzino si spense e la guardò con astio. Esitò sulla risposta.

Drake. Mi chiamo Drake. E non è vero che non ci conosciamo. Mi hai già visto. O forse non ti ricordi più del tuo caro migliore amico come avevi promesso di fare in questi cinque anni? Vedrai, entro stanotte capirai chi sono.

E poi si voltò per andarsene. Selene era sul punto di chiedergli qualcos'altro quando Drake, ormai lontano, aprì un portale blu, grande quanto la strada, e sparì oltre.

Mio Dio...” pensò Selene, “Di bene in meglio...”. Poi si voltò a guardare Carl, che come lei, non aveva capito un bel niente dell'accaduto.

 

Mezz'ora più tardi Selene era in bagno, intenta a farsi una doccia bollente e a schiarirsi le idee. Il suo pugnale era sopra il lavandino, accuratamente riposto nel fodero.

Ma che mi succede?” pensò la ragazza esponendo il viso al getto d'acqua bollente.

Quel ragazzo, Drake, è strano... cosa voleva dire con 'entro stasera capirai chi sono'?” restò a rimuginare su quello strano episodio accaduto quel pomeriggio per tutta la doccia.

Solo quando, dopo aver cenato, dovette andare a dormire, si concesse una pausa dalla sua lunga riflessione, nonostante la confusione nella sua testa non era diminuita.

Una frase, però, emerse nei suoi pensieri.

 

Quando sarai pronta per ricordare tornerai da noi...”

 

E quella notte ricordò. Ricordò Helmi, la sua vita, il suo Reame, Isilrà.

Ricordò di chiamarsi Aredhel, di essere un'elfa nonostante negasse la loro esistenza, ricordò di avere un amico, ricordò Adrian.

Purtroppo non capì che lui e Drake erano la stessa persona, ma ricordò tutto il resto.

Soprattutto la promessa fatta quando era bambina, solo sei anni prima.

E, all'improvviso, un portale rosso come quello che l'aveva condotta sulla Terra comparve sopra di lei, e la riportò nel luogo da dove era venuta.

Tutto ciò che rimase di lei fu la collana d'oro del suo regalo.

Il giorno seguente nessuno si ricordava più di Selene, o meglio Aredhel.

Nessuno si ricordava della ragazzina umana dagli occhi rossi, o meglio dell'elfa.

Nessuno tranne i suoi genitori adottivi, Leon e Sanne Giulvern.

La ragazzina era scomparsa da ogni foto, le sue cose non erano mai esistite.

Lei non era mai esistita, ma loro l'avrebbero ricordata.

Avrebbero ricordato per sempre Aredhel di Dorthonion, nonostante non avessero mai saputo la sua vera identità, e sarebbe rimasta per sempre nei loro cuori.

 

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Giorno a tutti!! Sì, lo so che vi ho fatto attendere molto, ma avevo un bruttissimo blocco dello scrittore.
Non riuscivo proprio a superarlo, ma per fortuna se n'è andato da solo!
Infatti ora ho scritto il vostro capitolo e lo sto scrivendo!
Un grazie infinito a S_Anonima_E, SkyDragon, LailaOsquin e Kety100 per aver recensito il Prologo, eccovi ricompensate!
Al prossimo capitolo! (che spero riuscirò a pubblicare presto!)

Aredhel

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - I'm Back ***


 

 

2. I'm Back

Sono tornata

 

 

 

Castello d'Ombra, Regno della Notte, Helmi

Silenzio.

Un silenzio inquietante.

In nessun luogo si poteva udire un solo rumore. Nemmeno il leggero respiro dei dormienti. Ma non voleva dire che non vi era nessun movimento.

Perché qualcuno sveglio c'era.

Perché il male non riposava mai, rimaneva sempre vigile.

E quel male, stava in quel momento tessendo la sua tela.

Se il piano funzionava a dovere, presto lui sarebbe diventato potentissimo.

L'uomo si alzò dal letto su cui riposava per potersi ammirare allo specchio.

Studiò il suo volto: viso asciutto, mascella quadrata, naso all'insù e labbra sottili. Una vera bellezza per tutti, specialmente le donne. Ed infine gli occhi.

Crudeli, senza pietà alcuna, erano di un nero così oscuro e malvagio che nessuno riusciva a guardarlo in faccia per più di qualche minuto. Tutti chinavano la testa sotto il suo sguardo. Erano decisi e inquietanti, dalla terrificante pupilla bianca, come fosse cieco, ma in realtà, la sua vista era migliore di qualsiasi elfo. In poche semplici parole, incuteva terrore.

Ma l'uomo non si spaventò davanti a sé stesso. Anzi, ne fu rigorosamente orgoglioso.

Io sono colui che governerà il Mondo. E niente potrà fermarmi! – si disse.

E una risata gelida, senza gioia né calore, seguì quelle parole.

 

In un'altra enorme stanza, lontano dall'uomo agghiacciante, un ragazzo sui dodici anni sedeva su un divano in posizione tutt'altro che comoda.

I capelli neri erano in disordine, mentre gli occhi zaffiro spenti.

Mi hai dimenticato.. – mormorò, pensando alla ragazza dagli occhi unici.

Aveva fatto una promessa a quella ragazza, e ne era rimasto oltremodo deluso quando aveva scoperto che lei stessa non l'aveva mantenuta.

Increspò la fronte mentre altri pensieri si fecero largo nella sua mente.

Chi era il ragazzo roscio che stava con lei? Qual era il loro rapporto? Era un amico? O qualcosa di più? Era forse qualcosa che Adrian stesso voleva essere?

Qualsiasi cosa ci fosse, Aredhel era sua. Sua e di nessun altro.

E te lo dimostrerò.. Fosse pure sulla tua stessa pelle.. – giurò pensando agli occhi di lei.

All'improvviso entrò nella stanza un'altra persona, che lo distolse dai suoi pensieri.

Adrian, Kalin ti ha dato un Ultimatum. Entro la prossima settimana dovrai dare la tua risposta – disse un ragazzo alto quanto lui, identico a lui, anche le orecchie erano a punta. Aveva i capelli poco più lunghi di un bruno scuro, e gli occhi erano viola, freddi.

Adrian si alzò, si mise di fronte a lui.

Non ce n'è bisogno, fratello. Ho deciso – affermò convinto.

Dopo tutto quello che era successo, il corvino non se la sentì di rifiutare la generosa offerta del sovrano del regno della Notte dopo che gli aveva ridato suo fratello.

Infatti Dorian, il suo gemello, vittima di un incidente a cui solo il fratello sembrava sopravvissuto, fu dato per morto insieme ai suoi genitori. Fortunatamente era stato trovato dai soldati di Kalin, che l'avevano portato da lui. E il sovrano l'aveva accolto sotto la sua ala protettiva, allevandolo come se fosse figlio suo.

Poi, quando Adrian era fuggito, aveva trovato ospitalità nella stessa Reggia in cui abitava l'altra meta della sua moneta.

E si erano ritrovati.

Questa volta, però, sarebbero rimasti insieme.

Adrian sancì questa promessa silenziosa con un abbraccio al fratello. Erano entrambi commossi.

Andiamo a dirlo a Kalin – disse Dorian sciogliendo l'abbraccio e dirigendosi verso la porta. Poi esitò ed aggiunse.

Bentornato, fratello.

 

Intanto, una ragazza era appena precipitata da due metri di altezza, uscita da un portale rosso. Attraversando quel portale, un'abbagliante luce cremisi aveva illuminato i dintorni.

Cadde di schiena e le sfuggì un gemito di dolore.

Si alzò a sedere, confusa. Intorno a lei si estendeva un paesaggio impresso nella sua memoria remota.

Le mura di Dorthonion..” e infatti, ad ovest, c'erano le mura. Erano enormi, solidi blocchi di marmo bianco, oltremodo resistenti, uniti con la magia dei Draghi Guardiani.

Ad est, invece, si estendeva la Foresta d'Ombra.

Si alzò, si sistemò meglio i vestiti, e si accorse di non indossare il suo pigiama, ma era in jeans e canotta, e si toccò le orecchie, scoprendo di averle a punta.

Ma cosa...

Non perse tempo a blaterare, che decise di entrare in città. Cercò di non farsi riconoscere da nessuno camminando a testa bassa. Vide gli abitanti della città, il suo popolo, girare per i viali nella più totale allegria. Non c'era povertà, non c'era guerra.

Nella sua infanzia era esattamente uguale.

Si diresse al centro del mercato, rivide tutte le bancarelle dei mercanti.

Chi vendeva la frutta, chi vestiti. Chi vasi di ceramica, chi gioielli.

Ne vide uno in particolare che la attraeva.

Si avvicinò al bancone, sopra v'erano i più vari brillanti. Erano strani, ma sapevano di magia. Poi vide quel ciondolo. Era il più unico di tutti: una stella d'oro con al centro un rubino incrociata ad una luna di zaffiro azzurro e circondati da un cerchio di platino.

Senza rendersi conto, avvicinò la propria mano per poterlo sfiorare, ma prima che potesse toccare la pietra comparvero due donne.

Erano avvolta in lunghi mantelli, uno bianco e uno nero.

Sembravano molto giovani.

Chi sei, viandante? – chiese quella col mantello bianco. Il suo tono era duro.

M-mi chiamo Aredhel – rispose lei intimorita. Cercò di abbassare lo sguardo, temendo di essere riconosciuta.

Calma sorella – si intromise la seconda, dal mantello nero e il tono dolce.

Non dovresti trattare così i nostri clienti, specialmente se si tratta di lei.

La donna sottolineò l'ultima parola con enfasi, confondendo Aredhel.

L'altra sorrise, e in quel momento la ragazza seppe che la conoscevano. Ma, a differenza loro, lei non aveva la minima idea di chi fossero quelle due donne.

Voi.. sapete chi sono? – chiese infatti.

Esse risero.

E come potremmo? – rispose la bianca con quella che ad Aredhel sembrò ironia.

Non siamo di queste parti, noi. Siamo viandanti come te. – rispose l'altra. – Allora, vuoi comprare qualcosa?

Allora Aredhel ricordò il ciondolo. Esitò.

Io.. non ho soldi, mi dispiace.. – mormorò con un pizzico di vergogna.

Le donne sorrisero, e presero in mano il ciondolo.

Era forse questo ciondolo che stavate ammirando? – disse la nera, sempre dolcemente. Aredhel annuì.

E vi attrae molto? – riprese la bianca in tono ancora duro. Annuì ancora.

Le due si scambiarono uno sguardo d'intesa, poi sorrisero. Aredhel non poteva vedere i loro occhi però, perciò non poteva capire se fosse positivo o no.

Abbiamo deciso che questo è un omaggio – disse la nera porgendole il ciondolo.

Io.. non posso accettare – ribatté la ragazza. Ma le due insistettero finché non cambiò idea.

Non so come ringraziarvi.. – mormorò tenendo il ciondolo in mano. Lo fissava da qualche minuto ormai.

Le due donne erano silenziose.

Salvando il mondo – rispose all'improvviso quella bianca. Allora Aredhel alzò lo sguardo interrogativo su di loro per chiedere spiegazioni, ma le due donne e tutti i gioielli erano scomparsi. Si guardò meglio intorno, ma non vi era traccia delle due. C'era solo una sacca a terra, ma non sembrava loro. La prese ugualmente, per consegnargliela se mai le avrebbe rincontrate.

A quel punto, Aredhel decise di tornare al castello.

Aprì la sacca e vi trovò dei vestiti. Sembravano fatti per lei.

Sotto di essi vi era un biglietto.

Diceva:

 

Un dono dagli Dei per la Principessa Aredhel,

la Cercatrice dell'Erede.

 

Un dono dagli Dei? Quindi.. Aveva ragione! Le due donne di prima sapevano chi era! Ma.. erano forse Dee? Impossibile. Poteva semplicemente essere tutto uno scherzo. Ma poteva anche essere vero.

Indecisa, indossò il mantello nero nella sacca. Le stava a pennello.

Riprese la sua camminata per il castello al centro della città, senza più fermarsi.

Man mano che andava verso il centro però, vide che i paesani erano in festa.

Allora fermò una donna, e le chiese informazioni.

Scusi, buon signora, mi sa dire perché la città è in festa oggi? – chiese cortesemente all'elfa. Perché lì, tutti erano elfi.

Non è di queste parti, vero? Oggi è festa perché si preannuncia il ritorno della Principessa – rispose la donna con gli occhi pieni di scintille.

Voi l'amate molto.. – si sorprese a dire Aredhel. La donna annuì.

Non c'è cittadino di questa città, anzi, di questo Regno che non la ama. È semplicemente fantastica, cercò di salvare sua madre poco prima di andarsene. E ci riuscì, diede la forza a tutti noi per combattere fino al suo ritorno. O almeno, quasi tutti... – raccontò. Poi cambiò discorso.

Ma ditemi, volete assistere al discorso del Re e della Regina? – le chiese invece. Aredhel, senza farsi riconoscere, acconsentì volentieri.

Camminarono per qualche minuto, nei quali la paesana, di nome Melin, le raccontò tutto quello che si era persa. I suoi genitori non erano cambiati affatto, ogni hanno davano una festa il giorno del suo compleanno.

Avevano portato avanti il regno, ma ogni giorno sentivano la sua mancanza.

E come stanno adesso?

Benissimo, oserei dire! Sanno che la loro bambina tornerà in un tempo brevissimo, quasi presente! L'Incantatrice stessa l'ha confermato a loro – annunciò come se fosse lei stessa la Regina, per quanto entusiasmo provava.

Arrivarono nel cortile interno del castello, e Aredhel poté vedere i suoi genitori sul balcone.

..Così l'accoglieremo noi! – finì di parlare suo padre.

Allora, la ragazza ringraziò Melin e si scusò con lei per non averle detto prima chi era.

Grazie per avermi portato qui, Melin. Sono sicura che i miei genitori te ne saranno grati – disse. La donna non capiva, perciò fu costretta a presentarsi.

Sono Aredhel di Dorthonion, figlia dei tuoi Sovrani – mentre lo disse le fece vedere i suoi occhi.

Allora la donna si convinse. Cominciò a inchinarsi, a piangere, ma fu costretta a smettere perché non voleva farla scoprire davanti a tutti.

Aredhel la ringraziò ancora una volta prima di voltarsi verso i suoi.

Adesso o mai più.. – si disse. Era il momento giusto. Prima che suo padre riprendesse a parlare, incominciò lei.

Re e Regina di Dorthonion! – annunciò facendo voltare lentamente tutti i sudditi radunati nel cortile verso di lei. – Credete che il ritorno di vostra figlia sia vicino?

Il Re Orion la squadrò, non riconoscendola a causa del mantello.

Chi sei, tu, viandante?

Rispondete prima voi, Sire, o non potrò dirvelo!

La Regina Merion rispose al posto suo.

Lo speriamo con tutto il cuore. Non è passato giorno senza che la nostra piccola Aredhel ci mancasse! – esclamò davanti al suo popolo.

Se lei fosse qui, in mezzo ai vostri sudditi, voi cosa le direste? – continuò la ragazza.

Le diremmo solo una parola che contiene tutto il nostro amore: Bentornata – rispose il padre, ancora ignaro, posandosi una mano sul cuore con solennità.

E sia! – disse allora Aredhel.

Si incamminò verso il balcone e la folla si divise, preparandole il cammino.

Poi, una volta sotto, si calò il berretto.

I presenti trattennero il respiro.

Aredhel alzò lo sguardo verso i suoi genitori, che finalmente videro il loro desiderio realizzato. La madre cominciò a piangere, e il padre era commosso.

Sono tornata – disse loro.




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 Angolo Autrice:
 Ebbene sì, sono tornata con un nuovo capitolino..
 Sinceramente non ne sono molto convinta.. ma non ho tempo per cambiare le cose e farmelo piacere.. spero che lo gradiate almeno un pochino.
 E perdonate eventuali errori di grammatica.. non ho riletto.
 Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, vale a dire: S_Anonima_E, Kety100 e LailaOsquin. Mi aspetto un'altra vostra recensione ;)
 Alla prossima
 Aredhel

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Kill Him ***


 

 

3. Kill Him

Uccidilo

 

 

 

Sono tornata. –

La folla, dopo un minuto intero di silenzio denso di tensione, esplose in grida e festeggiamenti. Il Re e la Regina guardarono Aredhel con occhi brillanti.

Non poté non sorridere di fronte a quell'accoglienza.

Vennero uomini forzuti che la sollevarono sulle loro spalle, e la gente intorno a loro la circondò, riempendola di adorazioni e auguri di bentornato.

Sembrava tutto così gioioso, ma..

Fermi tutti! – gridò una voce alle spalle dei Regnanti. La folla si zittì.

Dall'oscurità del corridoio alle spalle dei due sul balcone emerse il Generale Altomare. Era cambiato dall'ultima volta che Aredhel l'aveva visto. Adesso aveva una cicatrice che attraversava l'occhio sinistro.

Come possiamo sapere che tu non sia un'impostora?! – accusò il generale puntandole un dito contro.

Aredhel ne fu indignata. Scese dalle spalle degli uomini e si avvicinò al castello.

Come osi, tu, Generale Altomare, darmi dell'Impostora? Vuoi forse accusarmi di ingannare il mio popolo dando loro una falsa speranza? – ribatté con sdegno. L'uomo sorrise, ma in modo non rassicurante.

Come dite voi, è proprio di questo che io vi sto accusando, signorina – rispose.

Re Orion si fece avanti.

Generale, osate infangare la dignità di mia figlia? – esclamò oltraggiato gonfiando il petto. Il generale si rivolse a lui con molto rispetto, ma il suo tono era fermo e deciso.

Mio Re, voi non potete sapere se codesta ragazza sia veramente vostra figlia. Potrebbe benissimo essere una spia di Kalin venuta qui per distruggerci all'interno – affermò convinto. Il Re non poté fare altro che notare la verità nelle sue parole, ma la Regina Merion non fu d'accordo.

Cercò di protestare, ma Orion la zittì. Si voltò nuovamente verso la folla.

Popolo di Dorthonion, il Generale ha ragione – esclamò il Re. Aredhel restò senza parole. –In quanto Re del Regno della Luce, non posso far altro che sospettare. Quindi, ho deciso di sottoporre la ragazza ad una prova.

La folla cominciò a mormorare. Orion si rivolse a lei, poi.

Se la supererai, vorrà dire che sei nostra figlia. Se invece succederà il contrario, sarai esiliata da questo regno – annunciò con solennità. Aredhel rimase sconvolta.

Ma si riprese subito e parlò.

Che tipo di prova? – ebbe il coraggio di chiedere. Vide il Generale sorridere.

Si fece lui stesso avanti per annunciarla, ma il Re alzò una mano.

Non spetta a noi deciderlo – rispose serio. – Sarà l'Oracolo delle Tre Dee a consigliarci la giusta prova.

Le tre Dee. Vita, Morte, Nefer.

In quel momento Aredhel ebbe la visione di tre giovani donne, due delle quali incontrate quello stesso giorno: tre sorelle gemelle, una dai capelli neri e il mantello col cappuccio bianco, Vita la Crudele, l'altra i capelli bianchi e il mantello nero, Morte la Dolce e l'ultima, mai vista, dai capelli e il mantello più rosso delle fiamme dell'Inferno, Nefer il Caos.

Cercò di farsi coraggio, ed alzò di nuovo lo sguardo, austera.

Pensò a molte cose da dire. Dalla sua indignazione riguardo l'accusa, al fatto che anche lei al posto loro avrebbe sospettato un simile imbroglio. Ma non disse niente di tutto questo.

Per quanto la mia anima me lo permetta, per volere delle tre Dee, accetterò di incontrarne l'Oracolo, e di ascoltare quale sarà la sfida che lei sceglierà per me – annunciò con voce dura, ma leggermente incrinata dal timore.

Chissà cosa le avrebbero chiesto di fare...

Non seppe il motivo, ma un oscuro presentimento le disse che quella non sarebbe stata la sua unica prova.

 

Poche ore dopo fu scortata dalla Regina Merion in persona, e da un gruppo piuttosto numeroso di damigelle pettegole, verso quelle che per un po' di tempo sarebbero state le sue stanze.

E si sorprese molto quando scoprì che in realtà quelle erano le sue stanze. Quando Aredhel e Merion rimasero sole, le fu spiegato il motivo.

Io so che sei Aredhel, quella vera, figlia mia – le disse la Regina. In un atto impulsivo, la giovane le gettò le braccia al collo.

Grazie – le disse soltanto. E quello bastò. Sapere che sua madre le credeva era una gioia immensa. Ora era certa che qualsiasi fosse stata la sua prova, lei l'avrebbe superata.

Ma dovette aspettare ben due giorni prima che l'Oracolo si presentasse a palazzo.

Quando avvenne, lei stava parlando nel cortile interno con sua madre, seguita ovviamente da molti occhi dubbiosi della sua identità.

Credimi, – le stava dicendo Merion, – Nulla è cambiato in questo luogo.

Ne sono certa – aveva risposto lei.

O mia cara, sono così contenta di poterti riabbracciare! – le disse la Regina stringendola per le spalle. – Credevo di non rivederti più!

Non disperatevi, ora sono qui. E non me ne andrò più via così facilmente – le aveva risposto la mora.

Infatti non lo permetterò. E non mi dare del Lei, siamo madre e figlia in fondo, no?

La ragazzina aveva sorriso.

Sicuro. L'ultima volta che sono stata qui ero una bambina, non ricordavo tutto così bene – aggiunse poi riferendosi al castello.

Avevi solo sei anni e mezzo, cara. E anche adesso non sei niente più che una ragazzina molto giovane! – scherzò. Aredhel assunse un cipiglio offeso.

Ho undici anni, io! Non sono una ragazzina! – sbottò voltandosi dalla parte opposta e suscitando le risatine della madre.

Hai ragione, scusami – si scusò quest'ultima. – C'è qualcosa che ti preme, non è vero? – aggiunse poi.

La ragazzina si voltò di scatto sorridendo.

No, mamma, niente di grave – disse. Ma la madre non le credette, così, sospirando rumorosamente, le domandò quello che più voleva sapere.

Mamma, perché da quando sono qui non ho visto Adrian in nessun luogo? Dov'è?

Se prima stavano camminando, adesso non più.

Improvvisamente, a quella domanda, la Regina si era irrigidita fermandosi di colpo.

Be', vedi, lui è... – ma prima che potesse terminare la frase, le trombe suonarono.

Per un attimo a tutti sembrò l'allarme per un assedio improvviso, ma era solo un malinteso.

E qualche ora dopo, nella sala del trono, entrò una donna alta e dall'aspetto mistico: l'Oracolo.

Aveva i capelli blu e gli occhi neri come la pece.

Benvenuta Lùthien, Oracolo delle Tre Dee e Incantatrice del Regno! – annunciò Re Orion dal suo trono d'oro. La Regina Merion, nel trono accanto a quello del marito, si limitò a fare un breve cenno col capo alla donna e a lanciare occhiate ansiose ad Aredhel, che se ne stava in un angolo della sala con lo sguardo rivolto verso l'Oracolo.

Quest'ultima intuì il motivo della sua chiamata prima ancora che il Re parlasse.

Bene, vedo che la Principessa è tornata.

Allora la giovane si fece avanti.

Oh, mi piacerebbe molto se tutti la pensassero come te, Lùthien, ma a quanto pare sono sospettata di tradimento – commentò con acidità Aredhel.

Lùthien alzò un sopracciglio e guardò il regnanti come per chiederne il motivo.

Ma la risposta giunse da ben altra voce.

Incantatrice, sono il Generale Altomare. Dovete sapere che questa ragazza è apparsa in mezzo alla folla due giorni fa, durante il festeggiamento per la Principessina Aredhel, dicendo di essere lei e di essere tornata. Ma io sospetto che sia un'impostora e il Re è della mia stessa opinione – spiegò il generale facendosi avanti.

E io cosa dovrei farci con un vostro misero dubbio? – chiese l'Incantatrice con voce aspra.

Tu dovrai decidere la prova che la presunta Aredhel sosterrà per poter confermare che lei è, o non è, nostra figlia – disse il Re.

L'Oracolo inarcò nuovamente un sopracciglio, stavolta con curiosità.

Devo chiedere consiglio alle Dee prima di poter parlare con voi.

Detto questo, si congedò.

 

Passarono alcune ore prima che l'Incantatrice tenesse un altro incontro con i Regnanti.

Le Dee dicono che il vostro dubbio è infondato. Non c'è motivo di dubitare di lei – disse appena tutti furono nella sala del Trono.

Aredhel sorrise mesta. Ma il Generale non era affatto convinto.

Ma noi vogliamo che sostenga una prova. – disse il Re, ancora dalla sua parte.

Oh caro, possibile che tu non riconosca tua figlia? – lo implorò Merion. Lui non le rispose.

Tutti guardarono l'Oracolo.

Ebbene sia come voi chiedete. La ragazza sosterrà una prova – concluse allora lei.

Da quando si erano riuniti, Aredhel non aveva spiccicato parola, ma adesso era il momento buono per parlare.

Quale sarà la mia prova? – chiese con un velo di timore nella voce. Timore più che sensato.

Lùthien l'Incantatrice, detta l'Oracolo delle Tre Dee, esitò un attimo chiudendo gli occhi. Quando li riaprì erano completamente bianchi, e quando parlò la sua voce era più profonda e sembrava che più persone parlassero attraverso di lei.

Aredhel di Dorthonion, figlia di Orion e Merion, abbiamo deciso la tua prova – esclamò con le sue molte voci l'Oracolo.

Dovrai uccidere Eridor, Sacro Drago Guardiano del Regno della Luce e portarci il suo cuore come prova!

Un silenzio attonito cadde intorno a loro.

 

 

Adrian si svegliò nel bel mezzo della notte, madido di sudore.

Non ricordò il sogno che aveva fatto, ma seppe che era stato orribile e le goccioline sulla sua fronte lo confermavano.

Si chiese perché uno strano presentimento pesava sul suo cuore.

Ma un'ombra in fondo alla stanza lo distrasse dai suoi pensieri.

Non riesci a dormire? – gli chiese Dorian entrando dalla porta della camera. Adrian fece di no con la testa. Poi gli disse di sedersi con lui. Il fratello accettò.

Cosa ti passa per la testa, fratellino? – gli chiese nuovamente. Il corvino guardò verso la finestra da dove entravano raggi di luce lunare.

Per un pezzo rimase in silenzio e l'altro aspettò.

È in pericolo – disse lui soltanto, ma bastò perché Dorian capisse. Sospirò.

Adrian, la devi lasciar perdere quella ragazza. Non fa altro che tormentarti dalla mattina alla sera. Hai dodici anni, possibile che abbia scavato una così profonda voragine dentro di te? – lo rimproverò con dolcezza fraterna.

Credimi se ti dico che, nonostante i miei continui ed invani sforzi, non riesco a dimenticarla – rispose Adrian. – Da quando il Signore della Notte mi ha nominato suo Generale, insieme a te ovviamente, non ho smesso di pensare che probabilmente dovrò combattere contro di lei.

Il fratello sorrise nella notte.

Forse sarà così, pur ammettendo che sia tornata. Ma, fratello, devi capire che il nostro Signore ci ha dato un incarico importantissimo, senza tener conto della nostra età, ma solo delle nostre capacità e del nostro talento.

Lo so, Dorian, come potrei non saperlo quando tutta la corte del Regno della Notte continua a ripeterlo ovunque io vada?

Allora vuota la mente da ogni preoccupazione e riposati, fratello, domani ci aspetta l'addestramento dal Boia – gli ricordò Dorian con un sorriso.

Il Boia, o dio che paura... – borbottò Adrian con sarcasmo, ma gli obbedì.

Dopo una mezz'ora che se ne fu andato, Adrian cadde di nuovo in un sonno tormentato.

La mattina dopo una badante venne nelle sue stanze per svegliarlo.

Forza, signorino, il Re vuole che si alzi in fretta. Il Boia l'aspetta di sotto, nel cortile interno per l'allenamento. Suo fratello Dorian l'ha già raggiunto. – gli disse cercando di alzarlo dal letto. Ma il ragazzo aveva dormito talmente poco che faticava a reggersi in piedi.

Si vestì in fretta, mangiò la colazione che la badante gli aveva portato e corse fuori dalle sue stanze diretto al cortile interno come gli avevano detto.

Giunse una ventina di minuti dopo.

Vide suo fratello con indosso una cotta di maglia e accanto a lui un omone grande e robusto sulla cinquantina, ma dalla tempra forte. Dal suo aspetto non era un caso che lo chiamassero il Boia: era bruttissimo, con molte cicatrici, e il suo sguardo metteva una paura folle. Fortuna che Adrian era alquanto abituato a quegli sguardi inquietanti.

Allora, principini, da oggi comincia il vostro allenamento col sottoscritto – annunciò con voce cavernosa.

Detto questo fece indossare anche all'ultimo arrivato la cotta di maglia, e cominciò ad addestrarli.

In realtà l'addestramento sembrava esclusivamente per Dorian, perché Adrian conosceva tutto quello che il suo nuovo maestro gli stava insegnando.

Duellarono con le spade, usarono gli archi e le lance, i giavellotti persino, e il corvino riuscì ad eccellere in tutto.

Il Boia era alquanto stupito.

Dove hai imparato tutto questo? – gli chiese quello stesso pomeriggio, quando ormai avevano finito.

Il ragazzino sbuffò. Quella domanda gli riportò alla mente numerosi ricordi, tra cui quello del suo tradimento.

In realtà me l'ha insegnato un uomo molto potente, ma della schiera nemica quando a quei tempi per me era ancora alleata – rispose vago. Dorian gli lanciò una strana occhiata penetrante.

Beh, se continui così, ragazzo, non avrai rivali in battaglia – lo incoraggiò il Boia.

Tranne uno – soggiunse sottovoce Adrian, e solo il fratello lo sentì.

Entrambi pensarono la stessa cosa.

Tranne uno. Aredhel”.

Perché l'uomo che l'aveva addestrato era il nonno della ragazzina e lei stessa è stata una sua allieva. Erano sempre stati ottimi in tutto, ma l'agilità e la leggerezza della ragazza erano un vantaggio che lui non aveva.

Però Adrian era determinato e assolutamente convinto che presto sarebbe riuscito a sconfiggerla, se mai avesse dovuto combattere contro di lei.

 

Alle sei di sera, Adrian e Dorian si diressero nella gigantesca sala pranzo del Castello d'Ombra, e gli unici presenti erano loro, insieme ad un uomo che conoscevano bene.

Kalin, il Re della Notte.

Ragazzi miei, – li salutò una volta che furono entrati. – Il boia mi ha fatto rapporto delle vostre doti. Adrian sei davvero un ottimo guerriero, mi meraviglia questa scoperta. Dorian, il tuo corpo asciutto promette di diventare agile e veloce. Entrambi mi state dando molte soddisfazioni.

I due ragazzi sorrisero contenti.

Passarono un paio d'ore a discutere con il Re di alcuni piani di battaglia perché, nonostante l'età, entrambi i gemelli avevano un'intelligenza e una tattica straordinaria, davvero utile per organizzare piani di conquista e di battaglie.

Con voi due dalla mia parte, ho la vittoria assicurata – disse loro Kalin prima di iniziare a cenare.

Adrian e Dorian si sentivano al settimo cielo per quelle lodi che sembravano accrescere il loro orgoglio sempre di più.

Di sera, però, quando entrambi furono di nuovo soli nelle proprie stanze, il cupo presentimento tornò a pesare sopra il cuore di Adrian.

Che succede? – chiese al proprio riflesso nello specchio sul comò davanti al letto.

Come se quello potesse rispondergli.

Nonostante tutto quello che era successo quel giorno, lui sapeva che una sola parola poteva essere la risposta.

Aredhel.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - No choice ***


 

 

4. No choice

Nessuna scelta

 

 

 

Un silenzio attonito scese nella sala.

Aredhel aveva gli occhi sbarrati e stentava a credere a quello che aveva appena sentito. Ma le smorfie di terrore e incredulità che la fissavano le facevano credere il contrario.

U.. Uccidere Eridor? – balbettò confusa. – Non posso farlo, non posso ammazzare un Drago Guardiano!

L'Oracolo era appena tornata in sé quando parlò.

Dovrai. Le Dee questo hanno ordinato.

Tutti, persino il Generale Altomare, non erano d'accordo con lei, non questa volta almeno. Perché tutti sapevano che uccidere Eridor sarebbe equivalso ad un sacrilegio.

I-io.. non posso farlo.. – mormorò ancora scioccata. Ma l'Oracolo la guardava serissima, uno sguardo che non ammetteva repliche.

Tu sosterrai questa prova. Altrimenti sarai bandita da questo Regno e non potrai più incontrare nessuno che ci abiti – decretò prima di ritirarsi.

Non aveva scelta. Doveva farlo.

Ma non poteva, sarebbe significato compromettere il Cerchio dei Guardiani!

Il Cerchio dei Guardiani era un gruppo di Draghi. Ma non semplici Draghi. Si trattava infatti di Draghi Guardiani, vale a dire prescelti per salvaguardare l'ecosistema e il ritmo regolare della natura, evitando che esso sia compromesso dal Male.

In ogni Regno di Helmi c'era un Drago Guardiano, compreso il Regno della Notte.

Nel Regno della Luce c'era il Drago Eridor. Vale a dire quello che doveva uccidere.

La Regina Merion le si avvicinò e, sebbene fosse sconvolta quasi quanto lei, cercò di consolarla.

Figlia mia, sono.. scioccata, ma devi farlo. Se vuoi tornare tra noi con la tua vera identità dovrai farlo. – detto questo uno dopo l'altro uscirono dalla stanza lasciandola sola con i suoi pensieri.

Non ho scelta, si disse mettendosi in pace il cuore. Quando si tranquillizzò, si sentì invasa da un nuovo e insensato coraggio.

Tornò nelle sue stanze e si preparò per il viaggio che avrebbe affrontato il giorno dopo.

Preparò le bisacce con le provviste, indosso abiti da caccia, legò Isilrà alla coscia sinistra e si coricò presto.

La mattina dopo lasciò un biglietto alla madre per spiegarle dove stava andando e scappò dalla finestra. Percorse miglia e miglia prima di giungere in vista della foresta.

La riconobbe subito: la Foresta d'Ombra. Ci era cresciuta da quando aveva tre anni, dato che in quell'età aveva cominciato ad allenarsi con Adrian e suo nonno.

A proposito.. Sua madre non le aveva detto dov'era finito il suo migliore amico.

Non sapeva niente di lui da quando era andata via. Si chiedeva che fine avesse fatto.

Quando l'aveva chiesto a Merion, la donna si era irrigidita d'improvviso e aveva cominciato a balbettare confondendola.

Alla fine poi era arrivato l'Oracolo e non aveva potuto più rispondere.

Chissà cosa doveva dirle.

Forza, si riparte! – disse tra sé e sé.

 

Verso il crepuscolo arrivò nei pressi di una radura. Decise di accamparsi lì.

Accese un fuoco e cenò con un pezzo di pane con del formaggio presi dalle cucine del Castello. Aveva molto di più nelle bisacce, ma stranamente non aveva fame.

Sarà perché il giorno seguente avrebbe dovuto uccidere un Drago, anzi, il Drago, e portare il suo cuore in città, al tempio delle Tre Dee dove l'attendeva l'Oracolo.

Sarà perché il pensiero di Adrian scomparso non aveva mai smesso di ronzarle in testa.

Si caricò quando la luna era ormai alta in cielo. Secondo essa, doveva essere più o meno le undici di sera.

Non riuscì ad addormentarsi per molto, ma quando lo fece un ruggito iroso la fece sobbalzare violentemente nel piccolo giaciglio che si era preparata con le bisacce e il mantello.

È sveglio” pensò in un attacco di panico. Il ruggito veniva dalla radura accanto alla quale si era momentaneamente stabilita.

È qua” pensò ancora con terrore. In fretta e furia si risistemò ed raggiunse la radura.

Arrivata tra gli ultimi due alberi, si accinse ad osservare quello spazio circolare che si apriva davanti a lei. Era gigantesco.

Circondato da alberi maestosi come querce e faggi centenari, non aveva un singolo arbusto oltre quel confine naturale. Ma dal lato opposto al suo non c'era solo la foresta: da quella parte iniziavano i Monti del Drago, chiamati così perché, appunto, ci viveva un Drago.

Ai piedi dei monti si aprivano una grotta e, a distanza di un miglio, la cascata del fiume Cristallo, dalle acque così chiare da sembrare di cristallo.

Lentamente si avvicinò ad essi.

L'emissario doveva essere sotterraneo, perché la cascata si buttava in un laghetto dalle acque limpide e gelide.

La corrente sembrava molto forte.

Dopo qualche minuto di lento cammino, scorse delle sagome stagliarsi al limitare della radura. La luce lunare li illuminava, così poté scorgere fauni, centauri, folletti, fatine del bosco, driadi, naiadi e persino ninfe di fiume.

Aredhel si chiese il motivo della loro presenza, ma un nuovo ruggito la riscosse. Questa volta sembrava più un lamento straziante di dolore, ed era più debole del precedente.

Si arrestò per qualche minuto, incerta se continuare. Alla fine, si calò il cappuccio del mantello sul volto ed estrasse Isilrà dal fodero. Meglio prevenire eventuali scontri.

E quindi riprese a camminare.

Mentre si avvicinava, passo per passo, il Drago ruggì ancora in tono lamentoso.

Si chiese cos'avesse.

Arrivò a circa tre miglia dalla grotta e dalla cascata. Era proprio in mezzo alle due.

Si domandò dove sarebbe dovuta andare, se al laghetto della cascata, o all'interno della grotta.

Optò per la grotta, seguendo l'istinto. Mentre le si avvicinava un strano senso di Déjà-vu la pervase. Quando fu a distanza di tre metri da essa, vide una scritta d'oro sopra l'entrata, illuminata dalla luna. Diceva:

 

In hoc loco Draco Custos vivit

 

Sembrava latino. Aredhel non conosceva questa antica lingua, ma poté intuire il significato della frase: Qui vive il Drago Custode, vale a dire Eridor.

Una voce roca e profonda, con un tono sofferente e irritato, la fece sobbalzare d'improvviso, appena finito di meditare su quel pensiero.

Chi sei tu? – sussurrò la voce. Aredhel pensò che dovesse appartenere al Drago Eridor, colui che abitava in quel luogo. Non rispose, ma si fermò.

Da dietro le sue spalle sentì nascere un mormorio proveniente dal limitare della radura. Dovevano essere le creature del bosco che l'osservavano. Non ci badò più di tanto, il centro della sua attenzione era davanti a lei.

Elfa, ti ho chiesto chi sei – ripeté la voce. Veniva dalla cascata.

Non ti serve la mia identità – rispose lei con voce piatta. Non voleva fargli capire quant'era grande la paura che le faceva battere il cuore in modo frenetico.

Il Drago emise un ringhio soffocato, che Aredhel riuscì a stento a percepire a causa del rumore della cascata.

Cosa sei venuta a fare in questo luogo? – domandò ancora Eridor, col tono di chi pretende assolutamente una risposta.

Non posso dirtelo – disse Aredhel in risposta cercando di controllare il tremito della voce. Aspettò.

Dato che il Drago non accennava a rispondere, ricominciò a camminare verso la caverna.

Non ti avvicinare! – ruggì ancora la creatura. Il cuore di Aredhel perse vari battiti.

Aspettò ancora.

Sei venuta ad uccidermi – disse il Drago. Ma non era una domanda.

La ragazza aveva la gola secca, perciò inghiottì varie volte prima di aprire la bocca per provare a parlare.

Sì – disse soltanto con una vena di terrore nella voce, non avendo nient'altro in mente.

Un rumore gutturale le giunse alle orecchie. Doveva essere una risata lugubre, pensò Aredhel, e probabilmente sarcastica.

Così, tu sei venuta ad uccidere me.. – disse. Ma nella sua voce c'era un nota strana.. Tristezza? Malinconia, forse? Poteva essere così?

Sentì un tonfo sordo, e un altro lamento. Poi udì un rumore di pietre smosse e lo spostamento d'aria.

Non fece in tempo ad allontanarsi che una fiammata enorme esplose dalla grotta.

Aredhel si riparò con le mani, ma lo spostamento d'aria bollente le aveva fatto perdere l'equilibrio, cosicché cadde sull'erba e il cappuccio le scivolò dal viso mentre perse la presa sul pugnale. Fortunatamente non era stata ferita dal fuoco.

Alzò lo sguardo sull'entrata della caverna e quando sentì dei piccoli tonfi chiuse gli occhi di scatto, aspettando che Eridor uscisse e la uccidesse.

Ma il Drago appena la vide in faccia s'immobilizzò. Qualcosa in lei l'aveva fermato.

Aredhel, sentendo ancora il proprio cuore battere freneticamente, realizzò di essere viva e decise di aprire gli occhi.

Eridor vide i suoi occhi rossi, e seppe che non avrebbe mai potuto attaccarla.

Aredhel vide il drago dorato, e seppe che non avrebbe mai potuto ucciderlo.

 

Qualche ora dopo, la ragazza e il drago erano dentro la caverna, seduti su di un enorme giaciglio di paglia.

Lei era intenta a raccontare al drago cos'era successo di lì a cinque anni fa.

.. E così l'Oracolo, in contatto con le tre Dee, ha deciso la mia prova – disse. Il drago la squadrò con i suoi grandi occhi verdi.

È per questo che sei venuta qui. Devi uccidermi. Devi sostenere la tua prova – comprese allora.

Lei annuì.

Non avrei mai pensato di dover uccidere te– ribatté. – Non sapevo che tu fossi Eridor.

Perché, se io fossi stato un altro Drago qualunque, mi avresti ucciso? – domandò con asprezza la creatura. Aredhel sgranò gli occhi.

Io.. Io.. no.. non avrei potuto.. – ma oltre a questi balbettii confusi, non diede una vera risposta. Eridor scoprì le zanne.

Mi chiedo perché le Dee vogliano il mio cuore – disse tra sé e sé alzandosi sulla zampe anteriori.

La ragazza sospirò.

Perché prima mi hai attaccato?

La creatura enorme la squadrò nuovamente.

Pensavo fossi uno dei soliti cacciatori di Draghi. Ultimamente ne ho uccisi molti – rispose abbassando la voce di un'ottava. La ragazza rimase a bocca aperta, assolutamente senza parole.

Tu.. Tu hai ucciso degli uomini?!– esclamò sbalordita la ragazza. Il Drago sbuffò e annuì.

Per molti minuti ci fu solo silenzio.

Cosa hai intenzione di fare, quindi?– proruppe Eridor alla fine, facendola sussultare. Lo guardò intontita per un secondo, poi si riscosse e si decise a rispondere.

Sinceramente non lo so. Non sapevo già dall'inizio cosa fare, salvo affrontare un Drago; speravo che mi avesse uccisa durante lo scontro, perché avrei preferito di gran lunga la morte al dolore dei miei genitori nel credere che io non sono loro figlia– disse con voce atona, come se le emozioni di confusione e tormento presenti nelle sue parole non le appartenessero.

La creatura davanti a lei, in un attimo di riflessione, contrasse i muscoli delle potenti spalle e indurì lo sguardo. Infine si alzò completamente dal giaciglio di paglia e si incamminò verso la parte interna del laghetto della cascata alle spalle di essa.

Si sedette al bordo roccioso e guardò giù nell'acqua limpida che illuminava una piccola parte delle mure con un flebile luce azzurrina.

Restò in quella posizione per quelle che parvero ore. Aredhel non osava parlare, o fare il minimo rumore.

Approfittò dello stato d'animo della creatura per dare un'occhiata più a fondo allo spazio circostante. Era una grotta enorme, che si estendeva per quasi tutta la montagna, la quale era gigantesca. Ogni circa tredici metri c'erano delle colonne naturali, circondate da stalagmiti, che sorreggevano la volta della grotta per evitare che crollasse tutto; era alta circa trenta metri ed era impossibile dire quanto fosse larga.

Nonostante la semplicità del luogo, Aredhel percepì comunque qualcosa di magico.

Era talmente distratta che quando vide di nuovo la gigantesca sagoma di fronte a lei sussultò vistosamente. Notò passare negli occhi di Eridor un scintilla di quello che sembrava divertimento, e poi vide che erano più accesi e in fondo ad essi vi leggeva la soddisfazione.

Allora una piccola speranza le illuminò il volto.

E....? – attese con un velo di impazienza nella voce.

Ho trovato un modo per superare la prova senza che io venga ucciso, o tu bandita.–

sorrise il Drago Eridor con ferocia.

Ben presto le Tre dee - Nefer, Vita e Morte – avrebbero avuto ciò che desideravano.

 

 

Sono passati tre giorni da quando se n'è andata!– urlò furiosa e molto preoccupata la Regina Merion. Era nelle sue stanze, quelle che condivideva col marito - Re Orion - e stava urlando a squarciagola da una buona mezzora.

I capelli rossi in disordine, gli occhi verdi spalancati, era praticamente stressata.

Merion, cerca di calmarti!– implorò l'uomo passandosi una mano tra i capelli castani. La donna si fermò, e al re sembrò che il peggio fosse passato.

Ma si sbagliava di grosso: Merion digrignò i denti minacciosamente e ricominciò ad urlare.

È tutta colpa tua!– ululò puntando un dito sul petto di lui. –Da quando è arrivata qui che non fai altro che dubitare della sua esistenza!

Ma..

Lei è ed è sempre stata nostra figlia! Ma tu, no! Tu e quell'imbecille del tuo Generale– (era presente anche lui nella stanza, assistendo allo sfogo della sua Regina senza emettendo una singola sillaba) –non avete fatto altro che ripetere che lei poteva essere un'impostora!! E se adesso non c'è più? E se adesso, in questo momento, la nostra Aredhel è morta?!

Il discorso si era trasformato da furia cieca e frustrazione a pianto e disperazione. Merion cadde in ginocchio, le mani sul viso ornato da calde lacrima amare.

Il Generale distolse lo sguardo per rispetto verso la Regina.

Orion si chinò ad abbracciarla.

Tornerà.– disse soltanto.


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Ciao Ragazzi! Ebbene, ecco il quarto capitolo! 
Non avendo niente da fare qui in Albania (dove sono in vacanza) ho trovato molto tempo per scrivere nuovi capitoli!
Spero che gradirete questo qua, nonostante non l'abbia ricontrollato (avevo la correzione automatica... xD)
Aspetto vostre recensioni, a presto!!
Aredhel

P.S. tra pochi minuti pubblico il quinto :asd:

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Dragon's Heart ***


 

 

5. Dragon's Heart

Cuore di Drago

 

 

 

30 Idril 15.689 d.C, sei giorni dopo, nella Caverna del Drago

Sei sicuro che funzionerà?- disse Aredhel in tono dubbioso.

Ragazza, te l'avrò ripetuto cento mila volte che questo piano funzionerà se tu ti atterrai ai tuoi compiti– sbottò il Drago dorato spazientito.

Ok.. Ok.. Ho capito.. Non c'è bisogno che ti scaldi tanto..– disse a mo' di lamento la giovane elfa. Ma Eridor scoprì le zanne, conscio che lei covava ancora dei dubbi.

Smettila di lamentarti e procedi!

Ma io..

Niente ma! Fallo e basta!

Aredhel alzò il pugnale Isilrà nella mano destra e lo abbassò di scatto con un attimo di esitazione.

Sangue sprizzò nell'aria, e il suo odore si diffuse nella caverna.

 

 

A sessanta miglia da Dorthonion

Perciò.. durante la Cerimonia dei Sacrifici in onore alle Dee Vita, Morte e Nefer; noi attaccheremo dal lato nord e dal lato sud, in modo da costringere gli eserciti a dividersi per combattere su due fronti.– concluse Adrian, Generale Supremo dell'esercito del Signore della Notte.

Era in piedi poggiato su un tavolo, sul quale era distesa la mappa dei sette Regni di Helmi. Insieme a lui c'erano altri cinque suoi sottoposti, ma sempre Generali dell'esercito.

Suo fratello Dorian, anche lui Generale Supremo, e lui stavano discutendo con gli altri il primo d'attacco per il nuovo assedio alla città di Dorthonion.

Nessuno dei due sapeva che la Principessa era tornata, o meglio Adrian lo sapeva, e contavano di abbattere la difesa del castello prima di mezzogiorno di mercoledì prossimo.

Come dovremo dividere le truppe? Equamente?– domandò un Generale alla sinistra del corvino.

No. È molto semplice: tre di voi e delle vostre legioni, attaccheranno il lato Nord, quello più vicino al Tempio delle Dee; i restanti, attaccheranno il lato Sud della città.– rispose lui segnando tutto sulla mappa.

La città ha quattro porte principali e quattro inferiori. Le principali sono situate a Nord, a Sud, a Est e a Ovest; la prima e la seconda si aprono sulle vie commerciali più importanti del Regno, mentre la terza si apre sulla Foresta d'Ombra e i Monti del Drago, e la Quarta invece si apre a qualche miglia dal Mare, sul quale è situato il Porto. Le quattro inferiori sono invece a nord-est, sud-est, sud-ovest e nord-ovest, quelle non saranno necessarie all'attacco, ma sarebbe meglio tenerle d'occhio per ogni evenienza dall'interno.– disse Dorian, informando gli altri sui dettagli del piano.

Un piano eccellente non c'è che dire, davvero– disse un uomo alla sua destra. –Quando sarà la Cerimonia?

Questo pomeriggio.– annunciarono i due fratelli all'unisono con un sorriso sadico.

L'aria si riempì di tensione ed eccitazione per l'imminente assedio.

E voi due?– disse all'improvviso un terzo Generale. –Cosa farete mentre noi combattiamo?

Adrian sbuffò, il sorriso spento.

Data la nostra età, il Signore della Notte vuole che noi due assistiamo all'assedio dall'alto. Ma tra qualche anno ci uniremo anche noi a voi e alle vostre armi, non temete.– rispose con voce fredda.

Ora potete andare, dovete finire gli ultimi preparativi prima di partire– li congedò Dorian.

Finalmente soli, i due gemelli si sedettero l'uno accanto all'altro nella grande tenda del loro accampamento.

A cosa pensi?– disse ad un certo punto il moro.

Al Castello di Dorthonion– rispose Adrian. –Mi fa uno strano effetto dover attaccare quella che una volta chiamavo casa.

Non capisco. Eppure dovresti aver capito perché lo fai.. Secondo Kalin, se tutti i Regni del Pianeta fossero uniti sotto un solo stesso Re e non sotto diversi Regnanti che fanno rapporto ad un autorità superiore, non ci sarebbe più la Guerra immotivata. Quella spinta solo dalla sete di nuovi territori, ma sarebbero tutti uniti. Questo lo sai, no?– gli chiese Dorian pensieroso. Ma il corvino evitò il suo sguardo.

Certo che lo so. È solo che mi fa uno strano effetto, tutto qua.

Il moro non sembrava affatto convinto, e lo capì dall'occhiata che gli riservò.

Va bene, ma ora è meglio se ti riposi fratellino. Siamo dodicenni, abbiamo bisogno di essere in forze per questi viaggi– raccomandò prima di uscire dalla tenda e di dirigersi nella propria.

Adrian era rimasto solo.

Vorrei poterci riuscire..– si disse passandosi una mano tra i capelli.

 

 

Manca poco ormai– si incoraggiò Aredhel. Sentiva dolori in tutto il corpo.

E la bisaccia di nuovo piena che portava a tracolla non era certo leggera, specialmente il contenuto.

La prossima volta devo assicurarmi che quello che sto per fare non mi sfatichi troppo..– si lamentò ancora. Era appena uscita dalla Foresta quando avvistò in lontananza le mura esterne di Dorthonion. Accelerò impercettibilmente il passo, ormai sfiancata.

Dopo un'oretta di minuti entrò nella città, ma le vie erano deserte.

Ma cosa..?– poi ricordò: era il giorno della Cerimonia dei Sacrifici. Ecco un buon motivo per recarsi al Tempio, la sua vera meta.

Perciò riprese il cammino e una decina di minuti dopo giunse in vista del Tempio.

Stavano ancora celebrando la messa, perciò dovevano essere più o meno le tre di pomeriggio, minuto più minuto meno.

Quando i Regnanti la videro fecero tacere tutto. L'Oracolo invece si limitò a fissarla.

La folla si girò verso di lei, e Aredhel si fece largo tra le persone, riconoscendo Melin, la giovane donna che l'aveva aiutata e che le sorrise, fino ad arrivare davanti all'altare, posto all'entrata del Tempio dato che tutta quella gente non poteva entrare in quel posto.

Il Generale Altomare fu il primo a parlare, alla destra del Re.

Ragazza, hai compiuto la tua prova?– domandò.

Non sarei tornata altrimenti!– disse la giovane a mo' di risposta. Evidentemente il sangue scuro che aveva sulla camicia non bastava.

Quindi l'hai superata!– esordì la madre Merion. L'elfa annuì verso di lei.

Hai portato quello che le Dee hanno richiesto?– parlò allora l'Oracolo.

Aredhel si tolse la bisaccia dalla spalla, la aprì e mise la mano dentro.

Dopodiché la estrasse di scatto da essa facendola cadere a terra e sollevò il braccio in alto: il cuore di Eridor, Drago Guardiano del Regno della Luce, era stretto nel suo pugno.

 

Tutti trattennero il fiato. Aredhel teneva alto il cuore del Drago per far in modo che tutti lo vedessero.

In quel momento l'Incantatrice ebbe un mancamento e cadde in ginocchio, ma quando si rialzò era di nuovo l'Oracolo e le Dee parlavano al mondo attraverso il suo corpo.

Aredhel di Dorthonion, Principessa del Regno della Luce, ci hai portato il cuore di Eridor, il Drago Guardiano del Regno della Luce, Primo Membro del Cerchio dei Guardiani. Hai fatto come noi ti abbiamo chiesto, quindi hai superato la prova– disse con l'eco di tre voci. Il popolo esultò.

Ma hai anche commesso un sacrilegio uccidendo quel Drago.

Aredhel abbassò il braccio col cuore, il quale lo prese tra le mani a coppa.

Io non ho ucciso proprio niente– sogghignò l'elfa.

Cosa?!– esclamarono all'unisono Re e Regina, il Generale e l'Oracolo, o meglio, le Dee. La giovane emise una specie di richiami simile a un fischio. Subito un ruggito giunse in risposta.

Presto il popolo e gli altri si voltarono a Est e videro una sagoma dorata alzarsi dagli alberi e ingrandirsi sempre di più: man mano che si avvicinava si potevano distinguere enormi ali, quattro zampe ed un muso aperto nell'atto di ruggire.

Eridor il Drago era vivo.

Uno spazio si allargò in mezzo alla folla, per permettere al Drago di atterrare.

Come hai fatto?!– esclamò Altomare. La creatura si affiancò alla ragazza.

Tutti, le Dee persino, hanno dimenticato un'antica magia, antica quanto la Creazione– iniziò con la sua voce profonda.

La magia del Battesimo.– disse Aredhel. L'Oracolo sussultò, poi si aprì in un sorriso. Ma alcuni di loro non sapevano di che si trattava, perciò il Drago e l'elfa si unirono nella spiegazione.

Alcuni bambini, inspiegabilmente, vengono scelti dai Draghi e vengono battezzati da essi. Durante il Battesimo, il Drago non rivela mai la sua identità, ma viene sempre riconosciuto da bambino che ha battezzato, perché si crea un forte legame tra loro.– disse Eridor.

Io riconobbi Eridor nel Drago che mi battezzò, perciò non lo uccisi. Ma ero disperata perché sarei stata esiliata dal mio Regno.– continuò Aredhel. Il Drago dorato emise un basso rumore gutturale, come per consolarla.

Io non volevo farle del male e non volevo che finisse nei guai per una colpa che in parte era anche mia. Perciò chiesi consiglio alla Madre Terra, che nulla dimentica mai. E lei mi ricordò questa Magia, che avrebbe potuto salvarci ad entrambi–

Eridor allora mi ha informato del piano che avremmo seguito: avrei dovuto chiedergli di donarmi il suo Cuore, ma per farlo serviva un tributo di sangue che io avrei donato, insieme a lui ovviamente. Dopo ciò, guarimmo le nostre ferite con un Incantesimo. E poi, lui mi diede il suo Cuore.– concluse lei alzando nuovamente le mani a coppa. Eridor allora, con un artiglio della zampa destra, si scoprì una specie di buco nel petto, sotto le squame e la carne, esattamente dove doveva trovarsi il suo cuore. Una volta aperto quel posto, l'organo tra le mani dell'elfa cominciò a pulsare, quasi fosse vivo. Allora la ragazza si girò e lo mise dove doveva stare, vale a dire nel petto del Drago, dopodiché si sigillò di nuovo con una debole luce bianca.

L'Oracolo, dopo quel silenzio passato ad ascoltare, parlò ancora per conto delle Dee.

Aredhel, Eridor, grazie al vostro legame dovuto alla magia che avete appena raccontato, siete riusciti a superare la prova della Principessa evitando un esilio, ed un sacrilegio.– dissero le voci da quel corpo. Ma la terza, quella che Aredhel supponeva appartenesse a Nefer la Dea del Caos, non sembrava felice come le altre; forse se l'era solo immaginato. –Perciò siete liberi.

La folla esplose in un grido di gioia. Orion e Merion corsero giù dalle scalette del tempio e abbracciarono la loro carissima figlia.

Mi dispiace di aver dubitato di te, figlia mia!– si scusò suo padre.

Non serve, anche io avrei fatto la stessa cosa se il mio Regno fosse stato a rischio–

Anch'io chiedo umilmente perdono, Vostra Maestà. Ho offeso la vostra dignità dubitando di voi.– disse il Generale Supremo Altomare, inchinandosi di fronte a lei.

Alzati Generale e non ti scusare, hai svolto il tuo compito a meraviglia– rispose Aredhel.

Ma prima che potesse dire altro l'allarme suonò.

Ogni cittadino, lei, il Drago, l'Oracolo, tutti si immobilizzarono.

Erano sotto assedio.


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Eccolo qui, il quinto capitolo :asd: sono grande xD come ho detto prima non avevo niente di meglio da fare che scrivere,
Infatti il capitolo 6 è in elaborazione da due giorni e tra poco sarà terminato, riletto, corretto, e pronto per l'aggiornamento!!
(Amo il mio nuovo Pc portatile, facilita le cose *-*) 
Ed ecco quindi il seguito alla misteriosa prova che alcuni di voi attendevano con ansia :asd:
Ho ricevuto minacce persino per evitare di far del male ad Eridor (laila :asd:) Muahaha... ecco a te cara!
Adesso, vado, ciao ciaooo! Al prossimo capitolo!!
Aredhel

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Under Siege ***


 

 

6. Under Siege

Sotto assedio

 

 

 

 

Le trombe d'allarme suonarono. Si diffuse il panico.

Aredhel rimase impietrita, come se tutti i suoi muscoli fossero improvvisamente diventati di solida roccia.

Siamo sotto assedio!– urlò suo padre al Generale. –Riunisci gli eserciti, ordina alle truppe di contrattaccare! Non possiamo permettere che conquistino la capitale di Helmi!

Subito, Vostra Maestà!– rispose Altomare, prima di catapultarsi in mezzo a tutte quelle persone che, terrorizzate, correvano dovunque cercando di salvarsi e mettersi al riparo.

Io mi alzerò in volo– disse allora Eridor. –Così potrò controllare tutto dall'alto e dare una mano dove serve.

Il Re annuì.

Merion, prendi Aredhel e– cominciò a dire Orion afferrando la moglie per le spalle.

Io vado con Eridor– mormorò la giovane elfa improvvisamente sveglia, con voce appena udibile in mezzo a quel fracasso. I tre rimasero immobili nel loro sgomento.

Cosa? Signorina, tu non vai da nessuna parte!– abbaiò il Re. Ma lei scosse lentamente la testa.

Chiese con lo sguardo l'assenso della creatura. Quella annuì, visibilmente sorpresa.

Ci vediamo presto– disse Aredhel prima di voltarsi.

Aspetta.– la fermò Eridor, poi chiuse gli occhi e sul suo dorso comparve una sella di cuoi. –Così eviterai di ferirti le gambe strofinandole contro le mie squame.

E allora la ragazza salì in groppa al Drago, che spiccò il volo con un piccolo balzo mentre apriva le ali.

Un turbine d'aria si sollevò tutt'intorno. Orion si mise una mano davanti agli occhi per evitare che la polvere gli andasse in viso.

Poi insistette per portare Merion al sicuro al castello, dopodiché prese il suo cavallo e raggiunse i suoi eserciti.

All'attacco!– una volta ordinato agli uomini cosa fare, urlò queste parole e partì al galoppo insieme al Generale Altomare e i suoi soldati.

 

 

Aredhel osservava la scena sotto di loro con insistenza da una buona mezzora. Le cose non miglioravano per loro: le truppe nemiche erano in vantaggio numerico, anche se di poco, e si scoprì che l'attacco era su due fronti.

Re Orion lasciò il comando ad Altomare per le truppe a Sud, mentre lei, il Drago, e suo padre si dirigevano a nord, dove l'attacco sembrava più accentuato.

Qui vi erano più soldati che a meridione, e Aredhel contribuì scoccando frecce con l'arco che le avevano lanciato gli arcieri mentre passava in volo sopra le mura.

Ne abbatté molti, quanti più potette, ma presto le frecce finirono e lei era troppo in alto per poterne chiedere una nuova scorta.

Erano comunque troppi per loro.

E poi Aredhel vide suo padre. Era intento a combattere contro un gruppo di cinque uomini che l'avevano circondato.

Era troppo presa dalla tensione per quello scontro per accorgersi delle sette sagome scure che comparivano all'orizzonte.

Eridor però la riscosse con un ringhio.

Catapulte!– esclamò appena le vide. Il Drago annuì.

Dobbiamo fare qualcosa..– mormorò quest'ultimo. –Andiamogli vicino e cerchiamo di bruciarle.

Così ripresero a volare verso i nemici con la speranza di riuscire a distruggere quello che si presentava davanti a loro occhi.

Aredhel dovette ammettere che era un assedio organizzato fin nei minimi dettagli, col solo scopo di conquistare o distruggere la sua città. Ma lei non l'avrebbe permesso, avrebbe distrutto i loro piani.

Il Drago aumentò velocità e in pochi secondi arrivò sopra le catapulte. Gli arcieri cercarono di colpirli, ma le frecce erano del tutto innocue contro le dure squame della creatura che li sovrastava.

Aggrappati forte, potrei disarcionarti senza volere mentre attacco loro– si raccomandò Eridor voltando brevemente il collo. Per tutta risposta Aredhel si aggrappò più saldamente alle cinghie della sella e annuì.

La creatura, quindi, inarcò il lungo collo e un forte rumore gutturale salì per la sua gola, poi eruttò una lunga e calda fiammata che investì in pieno i nemici sotto di loro.

Aredhel si spaventò. Attraverso le sue squame poteva sentire la potenza di quel getto che la percuoteva dentro come una forte scossa elettrica, ed era immensa.

Quando guardò sotto di sé non vide altro che resti di legno carbonizzati. Fortunatamente i soldati erano riusciti a salvarsi la vita.

Dobbiamo trovare il Generale nemico– disse la ragazza ancora un po' scossa.

Hai ragione, uccidendo lui costringeremo i nemici alla ritirata– concordò Eridor, di nuovo calmo. Aprì maggiormente le ali e si diede una spinta per riprendere il volo.

Volarono per altri cinque minuti, finché non giunsero in vista di un paio di tende bianche.

Sarà là dentro, non è così?– urlò Aredhel contro il vento che si stava alzando.

Vedo che si è tenuto una scorta di guardie!– le rispose il Drago con lo stesso tono guardingo, nonostante il soffio del vento.

D'un tratto le guardie si accorsero della loro presenza, dettero l'allarme e li attaccarono con gli archi.

Quasi tutte le frecce mancarono il bersaglio, tranne una che sfiorò la spalla dell'elfa e la sbilanciò per la sorpresa di esser stata colpita, facendola così precipitare.

Eridor, vedendola cadere nel vuoto, ruggì con forza.

 

 

All'interno delle mure di Dorthonion la situazione era drammatica.

Le armate del Signore Oscuro, decise e ben organizzate, erano vicine a conquistare la città.

Il popolo di Dorthonion si era rifugiato nelle proprie case, e chi era ancora in pericolo veniva soccorso dai soldati.

Re Orion si occupava personalmente di questo. Era proprio intento a soccorrere una donna con i suoi tre bambini quando il ruggito di Eridor scossa l'aria circostante.

Solo una cosa gli venne in mente. Pericolo.

Di sicuro il Drago e sua figlia erano nei guai. Ma ora non poteva pensarci, era suo dovere aiutare la gente. Condusse la famigliola al riparo proteggendoli da tutti i soldati nemici che li attaccavano.

Poi corse a dare man forte al resto delle truppe. Salì su un cavallo e raggiunse il Generale Altomare.

Come procede qui?– urlò appena gli fu accanto. Altomare, ferito superficialmente ad un fianco, scosse la testa. La situazione andava peggiorando.

Non resisteremo ancora per molto– disse soltanto, ma questo bastava per far salire in bocca al Re il sapore amaro di chi sa che ha ben poche speranze di farcela.

Combatteremo fino all'ultimo. Se dobbiamo soccombere, lo faremo per bene– disse Orion prima di lanciarsi di nuovo nella battaglia.

Uccise soldati su soldati, col solo pensiero di proteggere la sua famiglia. Ma, durante un momento di distrazione, un guerriero lo ferì alle spalle.

Lanciò un gemito, poi lo affondò la spada nel soldato fino all'elsa. Appena quel corpo senza vita cadde a terra, il Re si prese un momento di pausa per esaminare la propria ferita: non era profonda, ma perdeva molto sangue.

Non posso resistere a lungo...– pensò. –Spero solo che Aredhel e Merion stiano bene..

 

 

Aredhel sentiva il vento graffiarle il viso. Era in caduta libera da almeno quindici metri. Si chiese se sarebbe sopravvissuta.

Si rigirava nell'aria nel tentativo di rallentare la caduta, ma invano.

Dannazione!” pensò frustrata e spaventata. Chiuse gli occhi non riuscendo più a sopportare la vista del terreno che si avvicinava.

Attese che il suo corpo si scontrasse con il suolo, ma ciò non avvenne: al posto della terra, Aredhel cadde su di un albero.

Sbatte di ramo in ramo, finché non finì col sedere a terra. Gemette con forza, poi cercò di controllare le sue condizioni. No, nonostante l'albero, non era uscita indenne dalla caduta. Un ramo appuntito era penetrato nella coscia destra. Tentò di toglierlo, ma il sangue la confondeva. L'odore di quella sostanza vermiglia le dava il voltastomaco. Poi sentì un rumore proveniente da un arbusto non lontano da lei.

Chi va là?– domandò col cuore in gola. Se fosse stato amico, avrebbe potuto aiutarla, altrimenti... Per lei sarebbe stata la fine.

Il fruscio aumentò, ma non tacque.

Chi c'è?– ripeté Aredhel ancora. Una sagoma nera uscì dal bosco.

L'elfa trattenne un gemito. Era Adrian, dritto davanti a lei.

 

Che ci fai tu qui?– le parole le uscirono spontanee, sorprendendo persino sé stessa. Ma Aredhel sapeva che non avrebbe potuto dire nient'altro dato che da quando era ritornata lui non si era fatto vivo.

Adrian sostenne lo sguardo di lei, ma all'ultimo cedette e abbassò gli occhi.

Mi dispiace– disse solo. Lei lo guardò storto.

Non è una risposta– replicò secca.

Senti, non farmene una colpa se non sono potuto venire al castello, ok? Non è colpa mia!– sbottò Adrian con rancore, mentendo spudoratamente su una verità che la ragazza ignorava completamente.

Non è colpa tua? Si può sapere dove sei stato fino adesso? Per poco non mi facevo ammazzare! Anzi, in questo momento le armate di Kalin stanno cercando di uccidere la città intera! Comprendi imbecille?– ribatté furiosa.

Per questo sono qui– rispose, ma Aredhel non capì il doppio senso. Aprì la bocca per replicare, ma Adrian parlò ancora interrompendola.

Vuoi salvarti o vuoi restare qui a litigare mentre ti dissangui?– le domandò con un tono di voce alquanto rude. La ragazza era pronta a ribattere, ma constatò che in effetti la ferita stava peggiorando rapidamente.

D'accordo..– si arrese. Il ragazzo dagli occhi blu le si avvicinò e si accovacciò davanti a lei.

Farà un po' male– avvertì lui, ma non aspettò la risposta di lei ed estrasse subito con forza il ramoscello. Era penetrato più di quanto sembrasse, e per poco Aredhel non urlò. Dopodiché, lui si alzò e fece per voltarsi.

Ehi! Magari, se mi aiuti, forse riesco ad alzarmi, non credi anche tu?– disse la ragazza con una feroce ironia.

Adrian sbuffò, poi l'aiutò ad alzarsi mettendosi un suo braccio sulle spalle e sostenendola per i fianchi.

Grazie..– borbottò lei, zoppicando. Insieme raggiunsero di nuovo le tende, o almeno erano vicini ad esse.

Dobbiamo trovare Eridor– disse Aredhel. Il corvino si voltò verso di lei.

Chi?– chiese perplesso.

Eridor è un Drago.– rispose ancora.

Un Drago, dici?– replicò incredulo Adrian. Alla ragazza sembrò che nella sua voce vi fosse una vena di paura.

Esattamente. Un Drago enorme e dalle squame d'oro. Prima sono precipitata dal suo dorso..– spiegò Aredhel. Il corvino si fermò di colpo.

Che ti succede?

Niente.– ribatté subito il ragazzo riprendendo a camminare con lei. Stettero il più possibile lontano dalle tende, ma tenendole in vista.

Dove sei stato fino ad oggi?– domandò lei a bruciapelo. Ma come pensava, non ricevette risposta.

Dov'era stato Adrian fino a quel momento? Perché non era tornato a Dorthonion subito? Che nascondesse qualcosa? Queste erano solo alcune delle tante domande che continuavano a ronzarle in testa, ma che non avevano risposta. Perché l'unico che poteva dare pace al suo mal di testa tremendo, non ne voleva sapere di parlare.

Oh, Eridor, dove sei?” pensò la ragazza con intensità. Solo che non si aspettò di sentir pensare anche qualcun'altro dentro di lei.

Sono qua vicino!” le rispose la voce profonda del Drago. Aredhel per poco non urlò. “Co... come mai sei dentro la mia testa?” pensò, terrorizzata.

Non sono dentro la tua testa, sciocca! Sono solo collegato con i tuoi pensieri. Ora ti conduco nel luogo dove sono atterrato” le rispose.

La ragazza trascinò Adrian con sé, seguendo le indicazioni fornitele dal Drago.

Arrivarono vicino al Drago, che appena li vide, specialmente lui, si precipitò da loro.

Tu!– ringhiò Eridor contro Adrian. Il ragazzo fu costretto ad arretrare, lasciando Aredhel da sola che a malapena si teneva in piedi.

Eridor calmati! Lui è Adrian, un nostro alleato!– cercò di spiegare lei zoppicando verso la creatura.

Un nostro alleato? Lui?!– abbaiò ancora coprendo la ragazza con il proprio corpo e ringhiando contro il corvino.

Che cosa ti comporti così?– esclamò Aredhel cercando di superarlo. –Eridor, che stai facendo? Lasciami passare!

Eridor ringhiò più forte.

Lui è un nemico!– ululò feroce. Adrian si rabbuiò, Aredhel rimase scioccata.

Ma che stai dicendo?!– replicò. –Adrian diglielo anche tu che sei venut..

No– disse all'improvviso lui. –Io sono il Generale Supremo Adrian, a capo dell'esercito Nord del Signore Oscuro.

Io sono un Nemico. Sono contro di voi.



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Ciao ragazziii!!! Lo so, lo so... nonostante l'anteprima ho aspettato moltissimo prima di pubblicare sto cavolo de capitolo.
Ma ero insicura... probabilmente fa schifo come gli altri, ma abbiate pazienza!
Un giorno riuscirò a scrivere un capitolo decente! (aspettate che lo annoto sulla lista dei miracoli da compiere prima di morire...)
Ok, fatto..
Beh, comunque, leggetelo e commentate in molti, eh! Come sempre avete bandiera bianca per le recensioni, di qualunque genere!
Adesso vado che sono occupata :P
Al prossimo chappy,
Aredhel

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Capitolo 8
*** Avvertenze ***


Cari lettori e lettrici, 
Vi avverto con questo avviso che gli aggiornamenti di Cronache di Kerya - Il pianeta Helmi è momentaneamente sospesa. Questo è dovuto al fatto che, come ben molti di voi sanno, la trama ha subito molte modifiche e tutte legate tra loro. Non dovrò, come le volte precedenti, cancellare tutto e ripubblicare per carità; ma vi chiedo di rileggere tutti i capitoli una volta che riprenderò ad aggiornare la storia in quanto sarà corretta in modo che possiate capirla meglio. Spero di non perdervi e che continuiate a seguirmi, vi chiedo inoltre di lasciare un commento per potermi dire la vostra opinione su questa sospensione. 
Ripeto: E' MOMENTANEAMENTE sospesa, dovrei riprendere tra un mesetto, forse anche poco dopo Natale. Sono (quasi) sicura che le nuove modifiche vi piaceranno, ma abbiate pazienza. Sono una "scrittrice" con vari problemi relativi al libro e nonostante questo con il vostro aiuto riuscirò a superarli.
A presto,
Aredhel of Dorthonion

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