Solo Per Amore

di Carla Volturi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Insieme! ***
Capitolo 3: *** Un Addio, Un Arrivo ***
Capitolo 4: *** Come Educare I Tuoi Figli ***
Capitolo 5: *** Incontri Inaspettati ***
Capitolo 6: *** Le Due Di Notte! ***
Capitolo 7: *** Il Buongiorno Si Vede Dal Mattino! ***
Capitolo 8: *** Una Lunga Notte ***
Capitolo 9: *** 15 Giugno (Prima Parte) ***
Capitolo 10: *** Isolati Noi Alla Spiaggetta! (Seconda Parte) ***
Capitolo 11: *** Ciao, Sono Qui Per Te! ***
Capitolo 12: *** Inaspettato (Prima Parte) ***
Capitolo 13: *** Il Ritorno Di Adriano (Seconda Parte) ***
Capitolo 14: *** Buonsenso ***
Capitolo 15: *** Rivelazioni ***
Capitolo 16: *** Dialogo! ***
Capitolo 17: *** E Poi, Chi Sa! ***
Capitolo 18: *** Solo Per Amore ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Image and video hosting by TinyPic Non ce la faccio, è piu' forte di me: devo assolutamente scrivere e pubblicare, per sapere cosa ne pensate.
Ormai ho perso il conto, non so quante storie ho scritto. Vi lascio una piccola introduzione e niente, spero che vi piaccia!

Dedico questo capitolo alla mia amica Leitmotiv



INTRODUZIONE= Lei, Lucilla insegnante di italiano trentanovenne, sposata con due figli; lui, Antonio, avvocato quarantenne divorziato. Tutto avviene a Vietri, città del sole, del mare e di un incontro: il loro!
ATTENZIONE: I PERSONAGGI DI QUESTO RACCONTO SONO PRESENTI NELLA MIA ULTIMA STORIA “LA STAGIONE DEL CUORE-PARTE SECONDA-”.
TUTTAVIA “SOLO PER AMORE” PUO’ ESSER LETTO INDIPENDENTEMENTE DAL RACCONTO APPENA CITATO, POICHE’ I PROTAGONISTI PRINCIPALI CAMBIANO, DUNQUE NON SI PUO’ PARLARE DI UN VERO E PROPRIO SEGUITO.

P.S.= Nella foto vi sono: in alto a sinistra LUCILLA (protagonista del racconto, è vestita in rosso), accanto a lei CRISTIANO (fratello gemello di Lucilla), in basso da sinistra BIANCA (moglie di Cristiano, ha i capelli lunghi sciolti), accanto a lei ADRIANO (marito di Lucilla).


PROLOGO (CAPITOLO 1)

Gambe incrociate. Piedi appoggiati sul muretto del mio terrazzo. Shorts di jeans , maglietta bianca a mezze maniche. Immancabile bicchiere di limonata tra le mani e sguardo rivolto al panorama: spiaggia affollata e mare cristallino, ricco di diverse tonalità di colore, che rendono questa distesa d’acqua assolutamente meravigliosa. Un ombrellone blu aperto copre il mio capo, riparandomi dai potenti raggi solari, che non so per quale barbaro motivo, vogliono per forza di fatti incendiare la mia pelle già ben abbronzata. Il cielo cosi azzurro, cosi infinitamente infinito, senza confini. Molti lo paragonano all’amore. Molti dicono che l’amore non abbia limiti proprio come il cielo. E’cosi? Non credo. Tutto nasce per finire e l’amore è bello finchè dura…almeno un noto film cosi proclama!.
No aspettate un attimo: ma da quand’è che noi non ci sentiamo? Fatemi pensare…tre anni. Tre lunghi anni, durante i quali di cose ne sono accadute, per gli altri non per me: Lucilla, insegnante/ casalinga trentanovenne  ero ed insegnante/casalinga sono. Due figli avevo, Marta e Luca e due figli ho. Ero sposata e lo sono tuttora. Ero una moglie e ora non lo sono piu’: nel contratto matrimoniale da me firmato piu’ di quattordici anni fa non era prevista la clausola ”stai accanto a tuo marito, pur non amandolo da tempo”.
Ed allora cosa dovrei fare?...forse meglio terminare la mia bevanda e pensarci su…ancora una volta!. 

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Capitolo 2
*** Insieme! ***


Image and video hosting by TinyPic Buona serata a tutti, posto un nuovo capitolo. 
Un bacio e grazie mille!

CAPITOLO 2- INSIEME

POV. BIANCA


Molti turisti vanno via da Vietri con sguardo basso e triste. Rimpiangono i giorni spesi in questo piccolo paradiso terrestre… e non perché sono semplicemente terminate le ferie agognate: questa minuscola città ha il potere di entrare nel tuo cuore e poco serve dirle addio per sempre: resterà in un piccolo angolo del tuo organo principale, silenziosa e taciturna, salvo rifarsi viva come e quando vuole. Io ne sono un esempio lampante: poco è valso andar via tre anni fa. Poco è valso allontanarmi dal mio amore per questo paese e per il mio uomo. Sono tornata, ho affrontato i miei problemi, ho ripreso in mano la mia vita…e sono rinata!.
Il sole è una componente importante a Vietri: splende piu’ che mai, anche se negli ultimi tempi se ne prende di parolacce, visto il caldo allucinante che ci riserva. Pensate che mi son morte tutte le piante in giardino, completamente bruciate e stecchite, nonostante io le annaffi quotidianamente. Ma, parliamoci chiaro, una città soleggiata infonde felicità nella vita delle persone, dunque per sopperire all’afa bisogna solo installare dei condizionatori in casa o starsene all’ombra, cosi come faccio io da un po’.
Ultimamente spendo la maggior parte del mio tempo nel mio piccolo giardinetto, dal prato ben curato. Una stagione fa ho comprato un bell’ombrellone rosso, come la pittura esterna di casa e ci ho posto sotto un tavolo e un divanetto in vimini. Di solito sono qui, seduta, con in mano un bicchiere di limonata e un asciugamano, bagnato con acqua fredda. Tolgo sempre le pantofole e mi sdraio, cercando un po’ di tranquillità. Non chiudo spesso gli occhi per rilassarmi, devo essere sempre vigile, almeno fin quando son sola. Sono mesi che non mi reco piu’ in galleria: ho affidato l’edificio ad una giovane del luogo, Ornella, la quale provvede all’intera gestione. Sono stata senza dubbio fortunata: è in gamba la ragazza e sa il fatto suo.
In compenso mi dedico alla famiglia, la mia bellissima famiglia: Elena e Carlo. Come son cresciuti i miei piccoli, quasi non me ne sono resa conto. Hanno già tre anni e da bravi gemelli quali sono collaborano sempre, soprattutto quando si tratta di farmi impazzire. Entrambi hanno gli occhi del padre e di ciò ne sono molto compiaciuta, visto che adoro l’azzurro…e non solo!. Elena ha i capelli lunghi (glieli ho fatti tagliare solo una volta da quando è nata) ricci e scuri come i miei. Si porta abbastanza alta per la sua età, è dolce, gentile, sorride in ogni istante…ha la risata di suo padre, identica. Adora stare all’aperto, molto spesso la vedo annusare i fiori: li osserva stupita, li analizza ed infine li porta sotto il naso. Respira piu’ forte che può, tanto da divenire paonazza, alza le spalle e tutto d’un tratto esclama “Ah!”, dopo aver lasciato liberi i suoi polmoni di inglobare nuova aria. E’un po’ viziata ad esser sincera e preciso che la colpa non è mia: suo padre le sta sempre attorno, la bacia, la coccola. Di notte lo sorprendo vicino al suo lettino, intento ad ammirarla mentre dorme. Le canta la ninna nanna, le sfiora i capelli e le da un bacio sulla fronte. Lei chiude gli occhi e lui resta li, seduto e silenzioso. Molte sere si è addormentato nella camera dei suoi figli e poco sono servite le mie parole: non li lascia per un attimo soli. Dice che vuole esser sempre presente nelle loro vite. Carlo, il maschietto invece, è il mio piccolo ometto, fotocopia del padre. E’ tremendo, corre avanti ed indietro, non si ferma mai. Adora il mare: ogni pomeriggio va con Cristiano sulla barca. Mio marito pesca qualche pesciolino e senza farsi sorprendere da suo figlio, lo lega al suo amo. Quando il nostro piccolo alza la lenza quasi muore, nel rendersi conto di aver preso una piccola preda e non contento lo mostra al padre, che purtroppo ha l’amo vuoto e senza esca…chi sa perché!.  Carlo è un vanitoso di prima categoria: viene nella nostra camera da letto e si specchia. Talvolta aggiusta la camicia, altre i capelli, rigorosamente a spazzolino. La sua prima parola: niente mamma e papà, ma “bello”. Non sapete come ne era orgoglioso mio marito…e ti credo hanno lo stesso carattere, la stessa testa. Ma ciò nonostante resta il mio piccolo principe, che di notte viene nel lettone, spalanca gli occhi azzurri e con voce bassa mi dice “Mamma”: appoggia il suo capo tra la mia spalla e il braccio e si addormenta. Cosi Cristiano, per avere la famiglia al completo, si alza, prende in braccio Elena e la porta da me. Ci piace risposare insieme ai nostri figli. Mi piace osservare lui, ancora cosi bello e forte, con i suoi bambini, felice di ciò che siamo. Una volta li ho ritratti: erano in cucina, precisamente sul divano. All’epoca i gemelli avevano appena un anno. Carlo dormiva sul petto del padre, Elena tra le sue braccia. Ho adorato quel momento. Adoro lui, Cristiano, l’uomo della mia vita. Dipendo totalmente dal nostro amore, non posso pensare alla mia vita senza di lui e senza i nostri figli. Preferirei morire piuttosto che ritrovarmi da sola in casa. Sono pazza del mio bel capitano di trentanove anni. C’è sempre feeling tra noi, ci capiamo con uno sguardo, ci amiamo sempre di piu’.  
Mi siedo sul divano, tengo d’occhio Carlo ed Elena, che giocano con le costruzioni colorate. Aspettiamo che torni il loro papà, cosi da poter andare al mare. Mentre rido e scherzo con i miei figli, intenti a costruire una casa, giunge Cristiano e resto senza parole. Occhi azzurri magnetici, spalle dritte, fare da militare e immancabile divisa bianca, che mi fa impazzire all’inverosimile. Posso annusare il suo profumo da lontano, quel magnifico profumo che mette da quando l’ho conosciuto. I piccoli gli corrono incontro, li prende in braccio e sorride come solo da fare da tre anni a questa parte. Si baciano, si coccolano. Elena lo chiama “amore mio”. E’ innamorata del suo papà…cosi come lo sono io.
Si avvicina. Poggia i bimbi a terra e viene da me. Si siede e mi abbraccia forte: “Stamattina sono dovuto scappare”. Gli sfioro la guancia: “Lo so amore”.
Le sue labbra vicino le mie e occhi puntati l’uno contro l’altro: “Non ti ho nemmeno salutata”.
Sorrido: “Puoi farlo adesso”.
Scuote la testa: “Ci sono i ragazzi”. Ed inizia a farmi l’occhiolino maligno. Scoppio a ridere, prendo il suo viso tra le mani e lo bacio con passione e devozione.
Mi fiondo sul suo petto. Le sue braccia cingono il mio addome. Abbassa la testa, per osservarmi: “Come ti senti oggi amore?”.
Benissimo”, rispondo sincera. Continuo: “Allora tra un po’ andiamo al mare?”.
Annuisce: “Si e poi ci trasferiamo all’altra casa cosi stai tranquilla”.
Sono tranquilla se ci sei tu”, replico, mentre tocco le sue spalle.
Arrossisce. Afferra il mio asciugamano e lo porta alla fronte: “Non fare cosi Bianca, che me ne vado di testa e non è cosa”.
Sbotto: “Si lo so, ci sono Carlo ed Elena”.
Accarezza la mia pancia: “E loro!”.
Il mio viso si illumina: sono incinta di cinque mesi e per la gioia di Cristiano sono altri due gemelli. Non vi dico quando l’abbiamo saputo, era cosi soddisfatto di se stesso, quasi vaneggiava…si è auto definito l’uomo piu’virile di Vietri. Credo che non abbia preso in considerazione i nostri geni: lui ha una sorella gemella, e anche nella mia famiglia, a detta di papà Paolo, ci sono stati casi del genere. Dunque c’era da aspettarselo. Nel pieno dell’euforia mi ha proposto di generare un'altra coppia, cosi da formare una squadretta di calcio…è impazzito!.  Visto che ben presto saremo in sei abbiamo deciso di far costruire un secondo piano su casa nostra, in modo da avere un bel po’ di spazio, che non è mai abbastanza se pensate a quattro figli in circolazione. Proprio oggi verranno gli operai: devono provvedere agli impianti.  Meno male che abbiamo la mia casa natia: per un po’ ci stabiliremo li.
Mammina sexy ricordati che dobbiamo decidere i nomi dei nostri piccoli Scala”, afferma Cristiano eccitato: i suoi figli sono tutto per lui. Nel portafoglio ha una foto di Carlo ed Elena con me e un ecografia, quella dei piccolini in grembo.
C’è ancora tempo”, affermo, deliziata dal momento romantico. Interrompe il mio discorso: “E quando saranno nati mi dedicherò solo a te amore”.
Mi sollevo di scatto: “E’ una minaccia?”.
Aggrotta il sopracciglio: “No perché?”.
L’ultima volta che l’hai detto ho scoperto di esser incinta”, gli dico, mentre ci raggiungono i nostri figli.
Spalanca le braccia: “Non è colpa mia se sono sexy, macho, adorabile…”. Ci pensa Carlo a concludere l’affermazione di suo padre con la parola chiave: “bello!”.
Scoppiamo in una fragorosa risata. Legati come solo una vera famiglia sa fare. Le nostre mani incrociate, le nostre fedi, il nostro amore, i nostri bambini…la nostra vita, qui a Vietri…insieme!

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Capitolo 3
*** Un Addio, Un Arrivo ***


Image and video hosting by TinyPic Buon Venerdi a tutti!
Pubblico anche oggi un nuovo capitolo, sperando che vi piaccia.
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 3- UN ADDIO, UN ARRIVO


Vuoi o non vuoi in un piccolo paese come Vietri accade che tutti conoscano te e viceversa. Può sembrare assurdo ma di ogni singola persona sei capace di tracciare l’albero genealogico, magari indicando bisnonni e trisavoli. Non so se vi è mai capitato di incontrare il cuore pulsante delle piccole cittadine, ovvero gli anziani del luogo: ricordagli il nome della zia della cugina della suocera della bisnonna della tua mamma e loro sapranno dirti chi sei!.  
Certo che un paese come Vietri è un’arma a doppio taglio: da giovane ti permette di conoscere tutti i coetanei del luogo, il che è senza ombra di dubbio un fattore positivo, voglio dire piu’ amici hai meglio è; ma allo stesso tempo, in determinate situazioni, può esser fonte di dolore. Pensate per un secondo a cosa significhi vivere in un piccolo centro senza tuo padre che è scappato via di casa: ti osservano peggio di un appestata, ti parlano alle spalle e giudicano a prescindere, non badando ai sentimenti della gente. In quei due anni soffri’ molto e la mia famiglia con me. Ricordo che un giorno d’inverno mio padre, stanco delle chiacchiere, si mise ad urlare sul lungomare, chiedendo ai suoi compaesani di curarsi dei loro scheletri nell’armadio, piuttosto che dei nostri. Da quell’istante nessuna voce piu’ circolò sul nostro conto.
I paesini di mare o campagna son belli ed accoglienti, ma diffidate da chi ci abita…ovviamente non da tutti. Pensate son piu’ di dieci anni che dimoro qui e ho stretto un magnifico rapporto d’amicizia con la mia vicina di casa Rossella. Siamo coetanee, entrambe trentanovenni, capelli rossi e sguardo molto dolce e materno. Non appena ci presentammo ci rendemmo conto che potevamo tranquillamente contare l’una sull’altra ed è stato cosi. I nostri primogeniti hanno la stessa età e per giunta hanno frequentato lo stesso asilo, la stessa scuola elementare ed ora la stessa scuola media. Rimembro tuttora quando erano piccoli: se ne davano di santa ragione Marta e Giuseppe, una volta mia figlia la dovetti portare da mio padre Carlo, poiché il suo amichetto le aveva procurato un taglio sul braccio. Nulla di rilevante, ma Marta, non appena tornammo a casa, se ne vendicò, dandogli un pugno in faccia. Sono sempre stati cosi, amici per la pelle e complici, soprattutto quando si tratta di mantenere un segreto importante, come eventuale nota a scuola.
Ed ora ti voglio, ora che Rossella, divorziata da cinque anni, deve trasferirsi per lavoro a Napoli. Ha fatto ogni cosa in suo possesso per evitare di separare il proprio figlio da Vietri e conoscenti, ma non c’è riuscita. Non sapete quante sere è venuta da me, piangendo e colpevolizzandosi. Rossella è una donna troppo buona, troppo spesso crede di essere la causa di ciò che avviene nella sua famiglia. Quando lasciò il marito stette malissimo: lui la tradiva con una collega di lavoro e nonostante questo dettaglio non trascurabile lei puntava il dito contro se stessa. Ripeteva sempre la stessa frase “Forse non gli ho dato troppo amore”…e no amica mia forse è tuo marito che non ama te e ancora non l’hai capito. Siamo sinceri uno si sposa con i migliori dei presupposti, ma se il sentimento finisce, finisce e non è colpa di nessuno.
Ed ora il trasloco a Napoli: ha paura che Giuseppe l’accusi di essere il motivo di questo ulteriore sconvolgimento. Le ho detto che il ragazzo diverrà grande e che prima o poi capirà…capirà che tutto ciò che è stato fatto è unicamente per amore. Solo per amore!.
Mi sdraio sul divano sul terrazzo di casa mia. Vestito bianco e capelli legati. Labbra morbide e rosse. Piedi nudi. Sole tondo e bello, niente caldo afoso a Giugno. Un leggero vento rinfresca la mia pelle. Ed immancabile limonata tra le mani: non c’è giorno in cui non bevo la mia bevanda preferita. Sono sola, come sempre d’altronde. Adriano negli ultimi tre anni è preso dai suoi successi lavorativi: ha ottenuto la cattedra come insegnante di storia al liceo classico di Napoli e nel periodo estivo si dedica alle summer school in giro per la Campania. Questa volta è di turno a Napoli. Ma io mi chiedo e già mi scuso per i francesismi che utilizzerò: ma dopo aver avuto le vacanze a scuola, chi cazzo va a ste dannate summer school per il mese di Giugno e Luglio? E aggiungo: ma a cosa può servire un corso del genere? cioè un ragazzino tra i 13/16 anni non preferisce stare in allegria con i propri amici? Boh…mistero della vita!.
I miei figli ad esempio di questi tempi amano andare in “colonia”. Non so se esiste quest’istituzione da voi, dunque ve ne parlo. Essendo io una lavoratrice, sono iscritta ad un sindacato, il quale ogni estate organizza dei viaggi di due mesi per i figli dei suoi associati. Questa, in poche parole, è la colonia. Marta e Luca, oggi 13 e 8 anni, impazziscono solo ad udire il termine appena citato. Lì incontrano amici, compagni di scuola e conoscenti vari. Quest’anno sono in Toscana…li ho sentiti cinque minuti fa e come di consueto urlavano, presi dall’euforia. Li invidio da morire: si divertono e non hanno alcun pensiero, diversamente da me che penso unicamente a loro e a quel che rimane del mio matrimonio.
Sento pronunciare il mio nome. Mi volto e vedo Rossella, abbigliata con maglia rosa e gonna scura. Mi alzo, andandole incontro. Ci salutiamo. L’invito a sedersi sul sofà. Accetta e iniziamo ad interloquire. La rassicuro, le faccio comprendere che la decisione di andare a Napoli non è per niente male, anzi è la giusta occasione della sua vita: cosi avrà la possibilità di cambiare un po’ aria, di affrontare una nuova vita, con suo figlio. E poi diamine esiste l’auto…andrò di certo a trovarla con quei mattacchioni dei miei bambini, ormai cresciuti.
Apre la borsa. Fruga dentro, caccia l’impossibile: portafogli, fazzoletti, sigarette, addirittura un rotolo di nastro adesivo. Finalmente trova ciò che cerca: un mazzo di chiavi.
Me le porge: “Tieni”.
La guardo perplessa: “E che ci faccio?”.
Tossisce: “Potresti darle al nuovo proprietario? Si chiama Pecci”.
Annuisco: “Ok non ti preoccupare, ma avvisalo che ho io la chiave”.
Mi sorride: “Va bene”. Guarda l’orologio al polso: “Devo andare, che il treno mi parte tra dieci minuti”.
Ci alziamo. L’abbraccio piu’ forte che posso, con la promessa che mi recherò da lei non appena potrò. La sua partenza mi dà tanta tristezza: mi mancheranno le nostre chiacchierate, io sul terrazzo e lei che si affaccia dalla scalinata, che conduce alla sua porta. Ma la vita è cosi: ti dà e ti toglie qualcosa, senza avvisarti. Eppure una vera amicizia dura per sempre e sconfigge la lontananza.
L’osservo andar via, visibilmente commossa. Piu’ scende gli scalini piu’ scompare. Mi riaccomodo: nel corso della mia vita, nel corso dei miei trentanove anni, ho visto solo persone allontanarsi da me. Ce ne fosse stata mai una che avesse detto “Ciao sono qui per te!”.

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Capitolo 4
*** Come Educare I Tuoi Figli ***


Image and video hosting by TinyPic Buongiorno e buona domenica, posto un nuovo capitolo della mia storia e mi scuso in anticipo per i francesismi presenti all'interno!
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 4- COME EDUCARE I TUOI FIGLI


Le mie classiche abitudini quotidiane non son proprio cambiate nel corso del tempo. Mi sveglio di buon ora, di solito per le 8 e mezza (quando sono in ferie, s’intende) e mi dedico alla colazione. Essendo sola in casa non spendo molto tempo nella preparazione del pasto mattutino, piuttosto preparo il caffè attendo che la cucina si inondi di quel magnifico odore di espresso. Nel frattempo accendo la tv e vedo un telegiornale, giusto perché amo tenermi aggiornata su ciò che accade in Italia e nel mondo. Bevuta la bevanda calda, lavo le poche stoviglie nel lavabo, utilizzando quintali di detersivo per i piatti, rigorosamente al limone. Non so quante volte mia madre mi ha sgridata a tal proposito, ma è piu’ forte di me: la schiuma bianca abbondante è sinonimo di igiene, secondo il mio cervello perverso. Passo un canovaccio bagnato sul tavolo, sul quale adagio un piccolo centrotavola, giusto per abbellire un po’ la mia umile dimora.
Passo alla seconda fase: doccia, trucco e parrucco. Dopo aver preso la biancheria intima e un vestito, mi reco in bagno. La stanza appena indicata è molto grande: vi sono due lavelli in ceramica bianca con ampio specchio, che occupa quasi tutta la parete. Sopra un paio di faretti di diverso colore: ad Adriano piaceva cosi, a me sinceramente non molto, soprattutto perché una delle lampade è rossa…io odio il rosso, il rosso per me è sinonimo di malaugurio. Ogni qualvolta ho indossato o semplicemente comprato un oggetto rosso mi è successa una disgrazia. Ve ne cito una: ero a Napoli, periodo universitario, ed avevo acquistato un pantaloncino del colore appena citato, per poterlo sfoggiare durante le mattinate estive. Morale della favola come uscii dal negozio un tipo stava per buttarmi sotto con il motorino. Ora voi direte: e vabbè Lucilla può capitare, siamo sotto il cielo! No, amici miei, è stato il rosso, è stato lui che mi ha portato sfiga…per tal motivo ho una bella forbice formato gigante, dietro la porta, a prova di malocchio!.
Raccontato uno dei tanti aneddoti della mia vita, decido di aprire la fontana della doccia, attendo un cinque minuti, tempo che si attivi la caldaia e che faccia uscir fuori dell’acqua calda. Mi ci fiondo sotto, incurante del fatto che indosso ancora il mio pigiama a giro maniche. Ok, lasciamo stare: lo tolgo ormai fracido ed afferro il mio bellissimo bagnoschiuma al latte. Sapete quei bagnoschiuma densi, bianchi, dal profumo intenso? Ecco, questo è il mio: cospargo sul mio corpo quasi tutto il contenuto della bottiglia, ovvero 750 ml e inizio a coccolarmi, detergermi, schiumarmi…e quasi soffocarmi, a causa delle centinaia di bolle che si son create. Alcune si rompono a contatto con i faretti pocanzi descritti: vai, vai…rompete il rosso! Chi se ne frega del costo, tanto ha pagato Adriano…rompete, rompete!.
Un quarto d’ora di doccia, un quarto d’ora per togliere tutto quel sapone, leggermente sprecato ad essere onesti. Ma poco importa: si campa una sola volta. Esco fuori e prendo un asciugamano giallo. Tolgo via l’acqua in eccesso ed infilo slip e reggiseno color carne.  Apro la porta, cosi da far uscire un po’ di vapore acqueo, che riempie la stanza. Sul WC bianco il mio vestito verde lungo senza spalle. Sotto il seno porta un ampia fasciatura del medesimo colore, dal quale partono del veli trasparenti. A piedi scalzi mi avvio nella stanza da letto, ove sono le mie scarpe con tacco non eccessivamente alto.
Abbigliatami, mi siedo di fronte alla mia toeletta, composta da specchio incastonato in cornice bianca abbastanza spessa e da una base, sotto la quale partono due cassetti spaziosi. L’anno scorso, essendo sempre sola, dunque senza Adriano e senza bambini,  mi è venuto lo spiri pizio di cambiare il mobilio della mia stanza. Ho acquistato un letto matrimoniale senza cassettone sotto, sulla cui superficie in legno chiaro è poggiato il materasso. Schienale a strisce. In ambo i lati vi è un comodino a due scomparti color beige, sopra il quale è stata collocata una lampada argento molto luminosa. Tappeto ampio del medesimo colore, cosi come l’armadio a quattro ante. Cassettiera con quadro dipinto da Bianca e lampada da terra posta a destra del balcone. Dalla toeletta tiro fuori correttore, mascara, matita per gli occhi rigorosamente nera. Un po’ di cipria, giusto per infondere un tocco di colore sulle gote. Capelli corti sin alla spalla, mossi: tiro la frangetta di lato con una forcina. Un po’ di rossetto e sono pronta. Che faticaccia, eh?.
Sbuffo, stringo le mani alla base del mobile dinanzi al quale mi trovo e spingo all’indietro la sedia. Mi alzo. Chiudo il balcone, abbasso la tenda. Prendo la borsetta, controllo che ci sia telefonino (potrebbero chiamarmi sempre i miei piccini) e soldi (babbo mi ha sempre detto che non si esce mai di casa senza denaro!). Dopo essermi dedicata ai dettagli, apro la porta. Doppia mandata ed è chiusa. Nel camminare sul terrazzo, porto lo sguardo verso il portone dell’abitazione di Rossella: chi sa che persona è il Pecci!. Certo che tristezza mi fa non vederla piu’ sulle scale, mentre mi aspetta magari per uscire insieme. Quei scalini vuoti sono peggio di una fitta al cuore. Rossella era l’unica persona su cui potessi contare nell’immediato. Ovvio che ci sono anche mio fratello e mia cognata, ma non mi va di disturbarli sempre…hanno una loro vita, magnifica per giunta!.
Mi ritrovo per strada ed inizio a deambulare: però, i turisti sono pochi ma ci sono. Eh furbacchioni avete capito che a Giugno le vacanze costano meno!.  Il bar è come di consueto strapieno, a maggior ragione di Domenica: i ragazzetti ventenni fanno gli splendidi della situazione con la classica frase “Cara ti offro qualcosa?”. Mezza volta mi sentii dire una cosa del genere e non vi dico la rabbia: ma che si conquista cosi una donna, con un cocktail al bar? Tu come minimo mi devi mandare rose rosse tutti i giorni, di mattina. Mi devi sorprendere con gesti galanti e frasi ad effetto. Mi devi dire a macchinetta che sono io la piu’ bella del mondo. Ed infine dimmi “Lucilla svegliati che questo è solo un sogno”: vallo a trovare uno cosi!.
Piano piano giungo nella curva senza accorgermene. Tentenno: che faccio salgo o non salgo, salgo o non salgo. Una voce femminile urla: “Sali!”. E’ Bianca, mi ha vista dalla finestra che sporge sulla strada.
Fatte le scale a piedi, me la ritrovo li, con il suo pancione megagalattico…a stento riesco ad abbracciarla.
Lo sfioro: “Quanto è cresciuto!”. E’ solo di cinque mesi, eppure ho quasi l’impressione che stia per partorire da un momento all’altro, visto le dimensioni esagerate. Ma nel suo grembo ce ne sono due di bambini, dunque siamo nella norma. Mi viene da ridere solo quando ripenso a po’ di tempo fa, o meglio il giorno in cui Bianca precisò che avrebbe avuto un'altra coppia di gemelli: Cristiano, il mio Cristianuccio, steso morto a terra, con i figli che gli saltavano addosso, senza comprendere che al padre gli era preso un coccolone. E Bianca con un ventaglio, che tentava di rianimarlo. E’sempre cosi: Cristiano diventa padre, uguale svenimento. Pensate che ha avuto questa stessa reazione anche quando sono nati i miei di figli.
Mi siedo vicino al tavolo, dopo aver aiutato mia cognata ad accomodarsi sul divano.
Ma non era meglio per te restare nell’altra casa? Qui ci sono pure le scale!”, le chiedo preoccupata per la sua condizione.
Scuote la testa, sorridente: “No, va bene cosi e poi mi aiuta tanto Cristiano: pensa, ora ha portato i bambini alla barca, pur di farmi stare un po’ tranquilla”. Guarda il calendario: “Massimo tra un mese e i lavori dovrebbero finire”.
Mano sulla tempia e gomito appoggiato: “Si ma non ti strapazzare”.
Accarezza il pancione: “No, ma che! Penserò al mobilio del secondo piano piu’ in là. Per il primo annetto i bambini staranno con noi, quindi non avrò problemi”.  Tende il braccio destro: “A proposito ma Marta e Luca?”.
Stanno bene, anzi Luca è senza voce: Marta mi ha detto che è dovuto al casino che fa ogni giorno”, rispondo alla sua domanda.
I miei amori…mi mancano tanto”: la vedo pensierosa per un istante: “Non appena tornano organizziamo una festa, che dici?”.
Annuisco: “Lo sai che è una bella idea. Si dai facciamola!”.
E diventa seria tutto d’un tratto. Si aggiusta meglio, posizionandosi perfettamente di fronte a me: “Adriano?”.
Abbasso lo sguardo verso terra. E vengo presa dalla tristezza. Da una forte sensazione di fallimento. Respiro ed ispiro. Lascio che l’amarezza si impossessi di me. Punto gli occhi verso Bianca e schietta come sempre in vita mia le dico: “A Settembre gli chiedo la separazione”.
Sgrana le pupille, sorpresa e senza parole: “Ma che dici?”.
Eh che dico Bià! Dico che cosi non si va piu’avanti, sono tre anni che prende le ferie a scuola e invece di stare un po’ con la sua famiglia se ne va in giro per la Campania a lui e questi maledetti progetti estivi. Si è vero son soldi che entrano in casa, ma è anche affetto che va via”. Gesticolo animatamente: “Senza contare proprio la scuola, che qui ci posso spendere parole per tutto il giorno. Cioè tu che fai, chiedi il trasferimento a Napoli, perché sei un insegnante di storia e vuoi esercitare in un liceo classico? Anche io sono laureata, anche io ho le mie ambizioni, ma la famiglia viene prima di tutto, dunque preferisco lo stipendio di una comune docente di scuola media, piuttosto che quello di un professore dei superiori”.
Stropiccio la pelle del mio viso con le mani e scuoto la testa: “Cosi non va, cosi non va piu’”.
Bianca si avvicina, sedendosi accanto a me. Mi consola. Cerca in tutti i modi di trovare le giuste parole per porre fine ai miei pensieri, ma la realtà è questa: tra me e Adriano non c’è piu’ amore, ne passione, non ricordo neanche piu’ l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore insieme. D’inverno torna a casa solo nel fine settimana: Giovedì, Venerdì, Sabato. Domenica pomeriggio parte per Napoli e ritorna il Giovedì della settimana entrante, dopo l’orario scolastico. Dedica poco tempo alla famiglia…pensate ora Marta e Luca sono in colonia, lui è impegnato con il suo progetto: si vedranno il 15 di Agosto, quando i ragazzi torneranno. Ma che razza di padre sei tu? Ma che razza di marito sei diventato? Ed io per quanto ancora potrò sopportare questo?. Anzi no, non lo sopporto piu’.
Bianca io mi sento frustata. Ho trentanove anni e non mi sento amata. Non sento piu’ il calore di quello stronzo di mio marito. Lo chiamo e che mi dice: “Lu’ sono occupato, ti chiamo dopo”. Ma col cazzo che mi chiami dopo, io vengo fino a Napoli ti spacco la testa coglione”. Tiro un forte respiro e continuo: “Tutto questo da quando ha pubblicato il suo libro del cavolo “Come educare i tuoi figli”…diamine ma se tu non lo sai fare con i tuoi, come pretendi di farlo con quelli degli altri? Ora è il maestro piu’ bravo del mondo, tutti i ragazzini vanno da lui”. Sbuffo: “Coglione!”.
Sfiora la mia spalla: “Dai ora calmati”. Prende la mia mano: “Lo sai che tu sei come una sorella: ci sono sempre per te”. Strizza l’occhio: “Soprattutto ora che sono extra-large”.
Ridiamo di gusto. Quando mi sposai a 25 anni mai avrei pensato di ritrovarmi in una situazione del genere…credevo che fosse per sempre ed invece non è stato cosi. Ho speso ogni energia in questo matrimonio, ogni mia singola azione solo per salvare il nostro rapporto. Ma ora basta, ci rinuncio: a legare me ed Adriano è solo un foglio di carta e i nostri figli, forse piu’ miei che suoi negli ultimi tre anni. Non si è neanche accorto che Marta è diventata signorina…e non perché come ogni donna ha il ciclo mestruale, ma perché le stanno spuntando le forme femminili, si è aggraziata, canta e volteggia per casa, sorride come fanno tutti gli adolescenti. E Luca? Otto anni da poco, ha smesso di giocare con i pupazzi, ora confabula con i suoi amici e prima di uscire controlla che i suoi capelli abbiano la giusta quantità di gel. Tutte queste cose un genitore dovrebbe osservarle, ma lui non c’è…per il momento. Perché farò ogni cosa in mio potere per evitare che i miei bambini subiscano ciò che ho provato io tempo addietro, quando mio padre mi ha abbandonata per quei due lunghi anni. Loro non se lo meritano ed io, da brava mamma, non permetterò ad Adriano di distruggere ciò che è piu’ bello dei nostri figli: la loro anima!.

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Capitolo 5
*** Incontri Inaspettati ***


Image and video hosting by TinyPic Buon inizio settimana a tutti! Posto un nuovo capitolo, sperando che vi piaccia.
Un bacio da Carla.

P.S.= Nella foto Lucilla (protagonista della storia) e l'uomo misterioso, anche se credo abbiate capito chi sia ;)

CAPITOLO 5- INCONTRI INASPETTATI


Il lungo sfogo con Bianca è servito solo in parte: è vero che mi sono totalmente liberata, ma avrei preferito farlo con il diretto interessato, piuttosto con mia cognata. Per giunta mi sono sentita anche in colpa, perché le ho scaricato addosso le mie ansie e i miei problemi, senza contare che è incinta che in questo momento dovrebbe unicamente essere felice per ciò che le sta capitando. E’ come una sorella per me, le voglio lo stesso bene che riservo a Luna e Cristiano. Noi due ci siamo sempre capite a perfezione, non ci sono mai stati dei fraintendimenti e nel momento del bisogno l’una è stata accanto all’altra. E vogliamo mettere in conto i suoi due angioletti: sono tremendamente belli e dolci. Poi, sapete, i bambini piccoli ti strappano le coccole dalle mani e quando li vedo perdo il lume della ragione: mi faccio fare ciò che piu’ desiderano, compreso tirarmi i capelli. E’ una famiglia magnifica quella di Bianca e Cristiano, c’è tanto amore, tanta passione, tanta voglia di stare insieme e di non dividersi mai. Ecco il loro nucleo è l’esatto opposto del mio: pensandoci bene ma la mia si può chiamare ancora famiglia? Ma si dai: dove ci sono i figli c’è sempre una famiglia e la mia Marta e il mio Luca rappresentano ciò che piu’bello lascerò al mondo. Cammino per strada, dopo essermi congedata da mia cognata. Una casa non si mantiene con l’aria, dunque mi tocca fare la spesa. Osservo la merce dei negozi. Opto per il supermercato “Piscopo”, molto grande e ben fornito. Afferro a volo un carrello ed inizio a circolare tra i vari settori: prendo dei biscotti alla marmellata, fette biscottate, nutella. Ogni tanto mi sollevo sul piede destro per scrutare meglio i prodotti. Certo che le grandi marche non sanno proprio come abbindolarti: “Confettura di pura frutta”, “Confettura con frutti freschi”, “Confettura della nonna”….niente di meno! E sta nonna è una stakanovista, altro che ad un passo dalla fossa!. Ah mie care aziende non sapete come spillarci i soldi.
In un secondo reparto mi dedico alla ricerca del caffè. Aggrotto il sopracciglio: e dove si trova? Alzo lo sguardo in alto ed osservo il cartellone sospeso in aria “Settore 2: coloniali”: teoricamente qui dovrebbe esserci ciò che cerco. Cammino guardando ogni minimo dettaglio: zucchero a non morire, orzo…che brutto l’orzo!, thè di tutti i gusti possibili ed immaginari, camomilla. Ma si può sapere dove si trova il caffè? Mi occorrono solo due buste, niente di trascendentale. Spingo il carrello e mi adopero nuovamente alla ricerca, fin quando non retrocedo d’improvviso. Mi volto di scatto ed, imbarazzata ai massimi livelli, mi rendo conto di aver investito, con il dannato aggeggio tra le mie mani, un uomo. Gli vado subito vicino per scusarmi. Il malcapitato è chinato su se stesso, intento a massaggiarsi la caviglia. Datemi una pala e un bel terreno: voglio scavarmi la fossa da sola per la vergogna…sono un imballata cronica!.
Sfioro la sua spalla, coperta da una maglia blu scuro, cosi come il suo pantalone lungo di cotone.
Mi abbasso leggermente: “Le ho fatto molto male?”.
Si alza. E’ dinanzi a me. Un passo indietro e i miei occhi su di lui: avrà all’incirca la mia età, occhi verdi, barba incolta, capelli corti castano chiaro. Labbra carnose quanto basta, rosse. Il suo sguardo da sicurezza ma allo stesso tempo me la toglie. Sembra dolce e tenebroso. Sensibile e sicuro. Gentile ed impertinente. E’ un misto di sensazioni belle e soprattutto opposte. E’ affascinante, sexy. E’ bello da morire.
Scoppia a ridere. Ride davvero di gusto. Porta le mani nelle tasche del pantalone.
Perplessa esclamo: “Cosa c’è da ridere?”.
E’ la prima volta che vengo investito da un carrello”, afferma ancora divertito.
Faccio spallucce: “Contento lei”. Riprendo l’affare colmo di prodotti: “Mi scusi ancora!”.
Scuote la testa: “Non mi ha fatto nulla, non si preoccupi”.
Un ultimo sguardo e le nostre strade si dividono: procedo avanti, lui resta li a controllare chi sa cosa. Trovo il caffè, ne porto due confezioni nel mio cesto mobile e mi dirigo alla cassa. Pago il conto, scruto in lontananza: del bel misterioso non c’è traccia. Certo che visione però, peccato che non abiti qui a Vietri…lo sai quanti carrelli gli avrei lanciato addosso pur di fermarlo?.  Afferro la busta della spesa e chiamo Marta al cellulare: ho necessità di sentire la sua voce, la sua candida voce. Ho bisogno del loro affetto, che non manca pur essendo lontani. E nuovamente lui, mio marito, nella mente: ma che cavolo hai combinato Adriano? Ma che cavolo siamo diventati?.

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Capitolo 6
*** Le Due Di Notte! ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo capitolo! Baci a tutti.
P.S. = Nella foto i due protagonisti principali della storia: Antonio e Lucilla.

CAPITOLO 6- LE DUE DI NOTTE!


Una giornata ricca d’emozioni quella di oggi, non c’è stato un attimo in cui non abbia pensato alla mia realtà, decisamente poco positiva. Il sogno di ogni donna è il matrimonio, una vita felice con il proprio marito e dei figli, sani, belli e felici. Ma proprio questi stessi sogni non durano a lungo: sono come delle grandi bolle di sapone, volano in cielo libere, almeno fin non urtano contro un oggetto pesante e si rompono, lasciando di se poco e niente. Mi conoscete per la mia onesta, dunque lo sarò anche in questo istante: non amo piu’ mio marito, non lo amo da tempo e lui ne è consapevole, gli ho rivelato prima che partisse per Napoli ciò che provo. Dopo essermi sfogata la sua unica reazione fu fare spallucce, prendere la valigia ed andar via…ancora una volta. Poi dice che io mi arrabbio facilmente, e ti credo: stupido hai sentito quanto da me pronunciato? Non ti amo, non ti amo piu’ come dieci anni fa e passa, non ci sei piu’ nel mio cuore. Sono tre anni che tento di salvare il nostro legame, ma non ci sono riuscita e sai perché? Perché non sei mai con me, perché non dialoghi con me, perché siamo sempre lontani, perché mi sento una sorta di vedova, una vedova con marito a carico. Avrei preferito un suo tradimento, piuttosto che esser messa da parte per il lavoro, che come ben sapete è anche il mio. L’insegnamento gli è andato cosi tanto alla testa, che ha dimenticato ciò che teoricamente dovrebbe essere piu’ importante di ogni altra cosa: la famiglia!. Per una donna la fine di un matrimonio cosi lungo è una vera sconfitta, solo ora comprendo i veri sentimenti della mia amica Rossella. Non appena Adriano ritornerà a Vietri, contatterò un avvocato per le pratiche della separazione. Voglio altro dalla vita, voglio un uomo vero, un uomo che non pensi unicamente a se stesso, un uomo che mi faccia sentire donna sempre e comunque, un uomo che mi stia accanto quando ho bisogno di lui. Semplicemente un uomo e no un ragazzino egocentrico e pieno di se. Ancora i ricordi universitari nella mente: Adriano era cosi solare, generoso, protettivo, affidabile. Dopo i quaranta anni è mutato, sostanzialmente lui non c’è piu’ per me, predilige il successo all’amore, il lavoro alla sua casa. Ed io non posso piu’amare una persona del genere, non è la persona giusta per me…non lo è piu’!.
Certo che l’oscurità della notte poco aiuta a distrarmi dai miei pensieri negativi. Ho cambiato posizione al sofà sul terrazzo, in modo da pormi di spalle alle scale, che conducono a casa mia. Dinanzi ai miei occhi un magnifico panorama: un’alta montagna cinge la città, proteggendola e cullandola, la luna fa capolino da dietro una nuvoletta piccola, che mi appare soffice e leggera. Numerose stelle scintillano, sembrano dei piccoli diamanti, che mossi, regalano un po’ di luce. Il mare è calmo e silenzioso: minuscole onde si infrangono sulla sabbia bagnata e sulle rocce nere, sulle quali si son formate delle alghe verdastre. Ombrelloni ben posizionati nella zona lido: quelli della prima fila son gialli, quelli della seconda blu e cosi via, alternandosi. Una barca al largo con luce accesa: son sicura che siano dei pescatori…a quest’ora si va alla ricerca dei polpi, venduti l’indomani ai ristoratori della zona. I lampioni del lungomare illuminano la strada deserta: alle due di notte la gente dorme o si ingozza nelle taverne, ove potrete mangiare dei magnifici piatti a base di pesce. Io preferisco l’aragosta e la seppia arrostita con abbondante spruzzata di limone. Mi vien l’acquolina solo a pensarci!. Da lontano osservo l’insegna della pasticceria “De Riso”: focalizzo al meglio…si, molto probabilmente è aperta, staranno sicuramente preparando i dolci per domattina. Qui si usa mangiare una calda sfogliatella verso le dieci, le undici del mattino, insomma poco prima di pranzare. Io ci abbino volentieri un bicchierino di limoncello: di solito quando sono nervosa bevo il liquore appena citato tutto d’un sorso…magari ci scappa anche l’imbriacatura del giorno.
Con i pensieri che affollano la mia mente sapete quante volte avrei voluto ubriacarmi? Ma forse meglio restare lucidi: l’effetto dell’ alcool dopo un paio di ore svanisce, a differenza dei nostri problemi. Mi godo ogni singola cosa di questo piccolo paradiso e tento di rilassarmi, chiudendo gli occhi e sdraiandomi sul sofà. Poggio la testa sul bracciolo. Quasi sto per addormentarmi: un po’ di relax è ciò che ci vuole. Inizio a sbadigliare. Porto la mano alla bocca. Trovo la giusta posizione. Ancora un ulteriore sbadiglio e Morfeo giunge da me: mi prende tra le sue candide braccia, mi culla e mi sorride. Poco importa se la luce del terrazzo è tuttora accesa, non ho la forza per alzarmi e chiuderla…se ne parla domani. Un po’ di vento scuote i miei capelli, mi fa rabbrividire. Percepisco sulla pelle il sale del mare. Adoro dormire, se fosse per me resterei a letto tutto il giorno…in tal modo ho anche l’opportunità di non scervellarmi sui miei guai familiari. Ma non sempre ciò che si desidera dura a lungo: sento qualcosa che tocca il mio braccio e presa dalla paura e soprattutto alla sprovvista, lancio il mio arto destro verso l’alto. Una botta incredibile ed un urlo breve ma intenso. Mi sollevo di soprassalto. Strizzo le pupille e ancora mezza addormentata cerco di capire cosa diavolo stia accadendo. Mi ritrovo un uomo seduto a terra, piegato su se stesso con una mano in volto, dolorante. Afferro una scarpa. Sbraito: “Chi cavolo è lei?”.
Con voce nervosa e severa grida: “Sono il signor Pecci”. Zittisce per un istante: “Signora ma le pare il modo questo di comportarsi?”.
Che cosa ha detto il tipo? Le pare questo il modo di comportarsi? Cioè lui si palesa dinanzi i miei occhi all’improvviso, senza pronunciare una schifosissima parola e mi dice pure “le pare questo il modo di comportarsi”. Non ha capito con chi ha a che fare il signor Pecci: sono cosi adirata che quasi mi viene voglia di ammazzarlo. Ma per voi è normale che uno sconosciuto ti svegli nel cuore della notte, a maggior ragione dopo che hai preso sonno da poco? No ho capito, questo vuole morire stanotte.
Stringo i pugni ed inveisco il piu’ non posso: “Ma lei è normale? Io stavo dormendo”.
Ancora con la mano in fronte replica: “Si dorme in casa, no sul terrazzo”.
Ummmm vuole proprio morire questo! Ora l’affogo a mare. Se mi volete come nemica allora destatemi dal sonno senza preavviso: statesicuri che non vi darò pace.
Ma saranno fatti mie dove voglio dormire, ma quanta confidenza!”, affermo esasperata dall’atteggiamento di quello che dovrebbe essere il mio vicino di casa, “perché non prova a pensare a se stesso: viene a prendere le chiavi di casa alle due di notte?”.
Le sue urla non si placano: “A chi devo dar conto?”.
Mi alzo di scatto, in preda alla rabbia: “A me, scostumato che non è altro, visto che ho io le sue fottutissime chiavi”. Mi dirigo verso la porta di casa, l’apro. Allungo una mano sul davanzale della finestra e afferro ciò di cui necessita il signore. Mi rivolgo a lui, avvicinandomi.
Se ne sta sotto la luce, con gambe incrociate e fronte leggermente rossa.
Arretro: stesso sguardo, stessi capelli, stessi muscoli di oggi. La catetina sottile d’oro, che cinge il suo collo. La barba e il pizzetto. Capelli corti: noto un po’ di stempiatura in ambo i lati. Un orologio dal quadrante grande blu. Muscoli in tensione. Stesso abbigliamento del primo incontro. Sorride, perplesso. Un paio di rughe sotto gli occhi e vicino al labbro. Punta l’indice: “L’investitrice del supermercato. Ma allora ce l’ha per vizio quello di far male!”.
Senza espressione esclamo: “Mi creda se volevo farle del male ora non era qui all’in piedi”. Penso cinque secondi: “Il che sarebbe stato un bene per me e il mio riposo notturno”.
Pochi centimetri ci separano. Gli porgo le chiavi: nel prenderle sfiora la mia pelle. Ha le mani calde, la sua epidermide è secca. Ci guardiamo per un nanosecondo. Sbuffa: “Allora grazie”.
Annuisco: “Allora prego”, batto un piede a terra e con espressione contrariata, “e benvenuto a Vietri”.
Risponde con un sorriso. Si allontana da me, indirizzandosi verso le scale, che portano alla sua dimora, edificate in parte sulla mia proprietà: per poter entrare in casa sua deve necessariamente salire sul mio terrazzo. Cammina lentamente sugli scalini e rivolge un ennesimo sguardo. Io, dal canto mio, resto immobile, senza parole.
Si ferma: “Mi scusi per prima”.
Scuoto la testa: “Non mi svegli mai piu’!”.
Alza le braccia al cielo: “Giuro che non lo farò, promesso”.
Introduce la chiave nella serratura e prima di chiudere il portone alle sue spalle, mi augura la buonanotte. Ricambio il gesto carino e me ne ritorno sul mio adorato sofà, sola con i miei pensieri, con la mia sonnolenza e con il mio nuovo vicino di casa: il bel signor Pecci!.

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Capitolo 7
*** Il Buongiorno Si Vede Dal Mattino! ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti, vi lascio un nuovo capitolo, sperando che vi piaccia.
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 7- IL BUONGIORNO SI VEDE DAL MATTINO!


Mani agli occhi, dita che stritolano le mie palpebre appiccicose. Tiro i muscoli facciali. Braccio sinistro piegato, che copre il mio naso e parte delle labbra. Sbadiglio lungo a bocca aperta, degno dei migliori cafoni del mondo…certe volte so come esser rozza!. Stendo le gambe, cosi da mettere in moto la muscolatura. Respiro, trattengo il fiato per un po’, pancia gonfia. Ed ispiro: si abbassa il diaframma. Mi sollevo sui gomiti, ancora presa dal sonno. Do una sbirciata all’orologio sul polso destro: le nove del mattino. Un mal di schiena atroce: Lucilla hai dormito sul divano, cosa ti aspettavi?. Incrocio le mani e le porto dietro le natiche. Petto in avanti e legamenti in tensione: teoricamente ho debellato il mio malessere fisico. Piedi nudi a terra, una terra fredda, a causa delle mattonelle in ceramica. Gratto il capo e scompiglio i capelli, di sicuro non al massimo dell’ordine. Un ulteriore sbadiglio e mi alzo. Mi reco verso il muretto del terrazzo, sul quale poggio gli avambracci. Gambe incrociate. La città si è rianimata senza ombra di dubbio: pur essendo io non vicina al lungomare riesco chiaramente a vedere la spiaggia e il lido affollato. Molta gente fa il bagno a mare, compreso i bimbi con i loro canotti colorati. L’acqua è pulitissima, ma soprattutto molto chiara e limpida. Oltre la fascia verde scuro, che fa da limite per la zona balneazione, vi sono delle barchette piccole e dei pedalò bianchi e arancioni. I negozi sono tutti aperti, compresa la pasticceria di ieri sera, che lavora 24 ore su 24. Poche auto in circolazione, in compenso il parcheggio residenti è al collasso: tra po’ i parcheggiatori posizioneranno le vetture sui loro capi. Turisti ce ne sono, ma ancora pochi: sono certa che qui ad Agosto non si capirà assolutamente nulla. Mentre mi dedico al panorama, sento dei rumorini provenire dal mio stomaco: ho una fame tremenda. Dunque mi accingo ad entrare in casa, non senza aver calpestato una candela gialla, accesa ieri notte per creare un po’ di atmosfera. Che cosa deprimente, non credete? Da sola in casa do vita a qualcosa di romantico e dolce…ma per chi poi? Per nessuno!.
Apro la porta di casa ed eccomi nel lato soggiorno, diviso dal lato cucina mediante uno snack di pietra chiara, sotto il quale vi sono due ampi mobili, dove normalmente ripongo gli oggetti monouso. Oltrepassati i divani e alcuni mobili, vado dinanzi al fornello, vicino al quale vi è una macchina espresso nera, regalatami da mia cognata Bianca: la sua credo sia stata una pura decisione di sopravvivenza, il mio caffè è peggio dei sali inglesi, quindi meglio esser muniti di questo sacro affare. Inserisco dentro due cialde e metto sotto un bricco in acciaio inossidabile. Nel frattempo apro un cassetto e tiro fuori un vassoio, dei bicchieri di plastica e una scatola con cornetti alla crema imbustati. Un paio di cucchiaini, tovaglioli di carta e zuccheriera. Dal frigorifero prendo la limonata e uno yogurt bianco.  Porto il tutto sul plateau trasparente, compreso il sopracitato bricco, pieno di espresso. Una tovaglia sotto il braccio e mi reco fuori.
Noto con piacere che il sole c’è,  ma niente afa: oggi sembra proprio che si suderà poco…Dio sia lodato! Odio il sudore e odio vedere quelle chiazze brutte, schifose ed imbarazzanti che si formano sotto il giro della maglia. Ovvio che è una cosa normalissima, siamo comuni mortali, ma la gente ti osserva e ridacchia, manco se avessi fatto chi sa cosa…la mamma dei cretini è sempre incinta!.
Mi siedo. Sistemo in modo meticoloso il mio abbondante pasto (di solito a pranzo mi limito a mangiare un po’ di frutta) e inizio a zuccherare il caffè. Chiudo gli occhi per cinque secondi: sono una sbadata, non ho preso la tazzina. Mi volto verso la porta. Quanto mi rompo di alzarmi. Sbuffo: chi se ne frega, userò i bicchieri monouso. Faccio scoppiare la busta del cornetto (certe volte sono peggio di una bambina) e addento il dolce appena menzionato. Ma io dico, ma la crema a queste benedette aziende quanto costa? 100 euro ogni due grammi? Non ce ne è neanche una goccia. La prossima volta seguirò il consiglio di Bianca, li prenderò congelati…quelli si che son buoni. Bevo un po’ di limonata fredda e fresca.
Mentre mi concedo anima e cuore alla mia colazione, sento aprire la porta di casa del mio vicino, il signor Pecci, alias strafigo pazzesco. Due mandate di serratura. Scende gli scalini con molta calma, senza mantenersi al corrimano di cemento, rivestito di mattonelle color giallo chiaro. Fatto ciò si palesa dinanzi i miei occhi, che beati si gustano la magnifica visione. Uno deve dar a Cesare quel che è di Cesare: il Pecci è proprio bello ed il mio non è un parere soggettivo, ma oggettivo, perché oggettivamente piacente, a maggior ragione oggi che indossa una polo bianca sbottonata con bermuda blu scuro. Scarpe ai piedi aperte del medesimo colore. Catenina d’oro al collo sottilissima ed immancabile orologio al polso. Capelli ben pettinati. Niente barba, solo pizzetto molto curato. Inclina la testa, sorridendo. I suoi occhi chiari si illuminano: sono magnifici. Avanza giusto un po’: “Buongiorno…”. Aggrotta il sopracciglio: “Mi scusi ma lei come si chiama?”.
Lucilla Scala”, rispondo, mentre pulisco le labbra con un tovagliolo, restando seduta a tavola.
Allora buongiorno signora Lucilla”: corregge il suo saluto. Dopo ciò si volta, dirigendosi verso la seconda rampa di scale, che conduce alla strada.
Senza badare all’effetto della mia frase, richiamo la sua attenzione: “Ed ora dove va?”. Arrossisco leggermente…come se fossero fatti miei ciò che Pecci fa, nel corso del giorno.
Si gira. Fa spallucce: “Non ho nulla a casa, vado al bar”.
Se vuole può farmi compagnia?”: e brava Lucilla non c’hai pensato due secondi a farti avanti con il bel tenebroso. Si ma se anche fosse, siamo solo vicini di casa, che c’è di male ad esser cortesi? Si può esser cortesi con un nuovo arrivato in città? Si che lo si può essere, anzi vi dirò di piu’: tutti dovrebbero comportarsi come me, tutti dovrebbero esser gentili con chi è nuovo della zona. Lucilla Scala: la cittadina modello di Vietri!. Se ora ci fosse Cristiano si metterebbe a ridere e puntandomi la mano destra a palmo aperto, esclamerebbe: “Luci’, ma chi ti crede!” .
Intanto la risposta non tarda ad arrivare: si accomoda di fronte a me.
Gli verso del caffè ancora caldo e nel passargli il bicchiere domando: “Ma lei un nome ce l’ha?”.
Annuisce: “Antonio. Mi chiamo Antonio, signora”.
Nascondo il labbro inferiore con il superiore: “E no signora no, può chiamarmi Lucilla, se le va bene”.
Si certo che mi va bene Lucilla, ma voglio che lei mi chiami Antonio”, zittisce per cinque secondi, “magari dandomi del tu”.
Sorrido: “Si va bene Antonio”, gli indico il vassoio, “serviti da solo!”.
Inizia a mangiare, mentre io riempio lo stomaco con il mio yogurt bianco, l’unico che mi preferisco: detesto i gusti alla frutta o alla crema…li trovo pesanti, soprattutto d’estate ho come l’impressione che si ammassino nell’esofago, senza scendere nell’intestino. Mezza volta ne presi uno e non so quanta acqua mi misi a bere.
Per rompere il silenzio gli chiedo: “Sei qui per vacanza?”.
Scuote il viso: “Magari. Sono un avvocato, mi hanno chiamato per una consulenza esterna al comune”. Affonda la schiena nella sedia: “Tu invece ci abiti da quanto ho capito”.
Si ormai sono quattordici anni che vivo qui, praticamente da quando mi sono sposata”, affermo, mentre avvolgo il cucchiaino sporco in un tovagliolo.
Ah bene, mi farebbe piacere fare la conoscenza anche di tuo marito”: la sua frase ha un effetto alquanto strano su di me. Inizio a ridere di gusto, sembro una pazza. Mi osserva sconcertato, senza proferire parola. Ma voi che sapete ogni cosa di me comprenderete bene che il mio riso proviene da un malessere interiore: non volendo Antonio ha toccato un tasto dolente. La mia è solo una risata nervosa. Mi rendo conto di aver esagerato, dunque mi scuso e gli spiego che mio marito è impegnato con il suo lavoro.
Le sue domande non terminano: “Quindi insegni? Deve essere una bella responsabilità”. I suoi gomiti sul tavolo, le mani incrociate vicino la labbra: “E dimmi hai dei figli?”.
Si due: Marta di tredici e Luca di otto. Tu invece?”, replico curiosa.
Voce seria, a tratti triste: “Sono divorziato da due anni, mia moglie non ha mai manifestato il desiderio di avere un figlio”.
Senti scusa non volevo essere inopportuna”, esordisco, gesticolando per nascondere l’ imbarazzo.
Sorride leggermente: “No ma che scherzi, non è nulla”. Fa due calcoli mentali: “Quindi all’incirca dovresti avere la mia età, quaranta anni?”.
Antonio non si chiede l’età ad una signora”, gli dico. Tenta di scusarsi, ma tranquillamente affermo: “Ne ho trentanove, uno in meno…sono piu’ giovane di te!”.
Ride: “Di un anno, precisiamo”.
Guarda l’orologio con attenzione. Si alza di scatto: “Lucilla non mi dire niente ma ora devo scappare al Comune”. Affonda le mani nelle tasche del bermuda: “Grazie mille per la colazione, sei stata molto gentile”.
Inclino il viso: “Eh di che figurati, non ci sono problemi Antonio”.
Per un po’ restiamo occhi negli occhi, presi dai nostri sguardi penetranti. Deglutisco a fatica, colta dal momento inaspettato e per nulla cercato da entrambi. Il venticello di stamane scuote i miei capelli e muove il colletto della sua maglia. Niente risate, niente parole, solo noi seri, travolti da qualcosa che non so come definire. Non mi batte il cuore, ma percepisco un’ emozione nuova…è come se fossi attratta da lui e non solo fisicamente. E’ il suo modo di guardarmi che mi colpisce.
Toglie le mani dalle tasche e allungandole leggermente verso me esclama: “Vabbè, ok. Ciao Lucilla”.
Lo seguo, sconcertata da me stessa: “Ciao Antonio”.
E ciao Antonio, scendi le scale e vai via. Ma non è tra dieci minuti, non è tra un ora, non è tra cinque ore, prima o poi sempre devi tornare a casa. Sempre tornerai qui, dove ci sono anche io. E a quel punto cosa mi accadrà? Con i tuoi occhi mi attrarrai di nuovo? Mi stupirai di nuovo?.
Un altro pensiero per la testa: Luci’ alzati va…sparecchia la tavola che è meglio!

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Capitolo 8
*** Una Lunga Notte ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti. Nuovo capitolo del mio racconto, spero vi piaccia.
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 8- UNA LUNGA NOTTE

Dopo un’ accurata doccia e una spruzzata di deodorante, mi reco nella mia camera da letto, cinta da un asciugamano abbastanza lungo. Apro il primo ripiano della cassettiera, tiro fuori un completo intimo color beige. L’indosso. Involontariamente vedo riflessa la mia immagine nello specchio di una delle ante dell’armadio aperto: mi sollevo sulle punte dei piedi scalzi, porto le mani sui glutei…però credevo di avere piu’cellulite, sono soddisfatta di me stessa. Molto probabilmente devo rendere grazie alla rampa di scale di casa, che nel giro di un giorno salgo e scendo un centinaio di volte. E’ in fin dei conti la mia palestra a domicilio. Mi chiedo solo come farò una volta che le gambe non mi sosterranno piu’: si invecchia e non si ringiovanisce. Prima o poi dovrò fare i conti anche con questa realtà.
Mi dirigo proprio verso l’armadio: afferro dei vestiti, che dopo un attenta analisi, vengono gettati sul letto…nessuno mi va bene. Ne resta uno: è rosso. No, il rosso no, porta sfiga. Mi volto verso il mio giaciglio, divenuto una sorta di montagna multicolor: eh ma li non mi piace nulla!. L’abito prima indicato mi fu regalato da Cristiano un anno fa, non si festeggiava nessun occasione importante, ma mi disse che era adatto a me e che senza dubbio mi avrebbe portato fortuna. Che stupidaggine: può un semplice vestito rosso portarmi fortuna?. Dopo aver sbuffato ripetutamente, prendo la crucciata e lo sfilo. Tanto vale metterlo. Saltello, tentando di chiudere per bene la zip dietro: ma una di lato no eh, cari stilisti? Non è detto che in casa debba esserci per forza di fatti qualcun altro oltre me. Siete proprio dei maschilisti: la cerniera è collocata in quel posto solo per permettere all’uomo di accarezzare la tua pelle. Tu, povera donna fatta di carne ed ossa, impazzisci e auguri e figli maschi: molto spesso ci si ritrova mezzi nudi sul letto. Però se il partner in questione fosse un bronzo di Riace allora sapete che vi dico miei cari stilisti? Mettetene tre di zip dietro l’abito!.
Scarpe con tacco non molto alto nere. Solita forcina nei capelli per fermare la frangia. Ed ora postazione toeletta: un po’ di rossetto rosso sulle labbra, precedentemente deterse con burro cacao alla camomilla. Mascara e correttore. Matita per gli occhi nera sottile. Niente cipria, solo un pizzico di luminante per dare risalto alle gote. E sono pronta.
 Chiudo il balcone nella stanza, dopo di che vado in cucina, o meglio nel lato soggiorno, ove vi è un’ampia vetrata ancora aperta. Afferro la pochette nera ed esco fuori di casa. Tre mandate di serratura, tiro il pomello color oro, per rendermi conto che la porta sia realmente chiusa. Mi volto per un secondo verso il panorama della città: il lungomare è gremito di gente, un classico visto che sono solo le otto di sera. Il bar ha allestito un piccolo buffet, per attirare nuovi clienti, soprattutto turisti. Un venditore ambulante di granite al limone è invaso dai bambini, di cui la maggior parte gli chiederanno un gelato al cioccolato anziché il prodotto tipico di Vietri. Poverino, non so quante volte si arrabbia, ma dopo anni mi chiedo ancora per quale barbaro motivo non si attrezzi anche con i ghiaccioli: in tal modo accontenterebbe i bimbi e guadagnerebbe di piu’. Non ci vuole la zingara per indovinare!. La luna anche questa sera è generosa con i suoi ammiratori, da ampio sfoggio della sua bellezza. Chiudo gli occhi: non manca giorno in cui non annusi volentieri l’odore del mare. Trascorrono cinque minuti: sto tardando all’appuntamento. Mi giro nell’esatto momento in cui Antonio apre la porta. Cammino molto piano, tenendo lo sguardo alto: pantalone classico scuro, camicia celeste chiaro. Sempre gli stessi accessori e capelli ben ordinati. Sembra che stia andando chi sa dove, è decisamente molto elegante. Molto affascinante. Scende il primo gradino e si arresta tutto d’un colpo. Mi sorride, meravigliato: “Buonasera Lucilla”. Tace e: “Sei bellissima”.
Arrossisco e percepisco un forte calore, sintomo di imbarazzo. Se ci fosse il mio gemello anche in questo caso riderebbe di gusto, prendendomi in giro: ti pare che alla soglia dei quaranta anni mi faccio prendere dall’imbarazzo? E poi è solo un uomo, ma quanta importanza gli sto dando!. Ciò nonostante rispondo al suo complimento: “Buonasera Antonio, grazie. Anche tu non sei male”. Tentenno: “Dove vai di bello?”.
Cosa ho detto? Dove vai di bello Antonio? Ma che son fatti tuoi, mezza rincoglionita che non sei altro? Ma questo benedetto Antonio mica ti è parente o una cosa del genere. Ora se ti manda gentilmente a quel paese, mica ha torto?.
Continua a scendere le scale: “Non me ne parlare: cena con il sindaco. Al Russo gli piace stare in compagnia”.
Annuisco: “Si lo so, ma è una brava persona ed un ottimo rappresentate della città”.
Terminata la scalinata, poggia la spalla sinistra al muretto: “E tu dove vai?”.
Ah ma allora ti interessa avvocato, eh? “A cena da mio fratello e mia cognata”, replico, avvicinandomi a lui.
Decidiamo di scendere insieme la rampa che conduce alla strada. I nostri corpi si urtano, dato le dimensioni ristrette del posto in cui ci troviamo. La sua mano sfiora la mia, quasi ho la percezione che voglia prenderla, e chi sa, stringerla. La sua pelle è molto calda, contrariamente dalla mia,  gelida come al solito. Mi sento molto a disagio, e non perché non gradisca la sua compagnia. Anzi, è proprio la sua presenza che mi manda in un altro posto del mondo. Un posto bello, sensuale, a tratti erotico. Non mi succedeva da tempo che un uomo mi comunicasse delle cosi forti sensazioni, forse perché in questi lunghi quattordici anni non ho avuto che riguardi per mio marito Adriano, il latitante. Lo sento cosi lontano da me. Sono all’incirca due anni che non mi firmo piu’ con il suo cognome, bensì con quello del mio papà. Proprio papà Carlo mi ha suggerito di lasciarlo e la cosa buffa è che me lo disse il giorno in cui Bianca partorì i gemelli: mi abbracciò e affermò che non sarei rimasta a lungo con Adriano. Conoscendomi, si era reso conto che le cose sarebbero mutate ed è stato cosi: dopo un paio di mesi tutto è andato in frantumi nella mia famiglia. Mi sono ritrovata sola ed anche in questo caso devo ringraziare papà e Cristiano, gli unici due uomini su cui potrò fare sempre affidamento.
Le scale sono terminate. Siamo per strada, sul marciapiede. Ci fissiamo a lungo, occhi negli occhi. Deglutisco a malapena. Lui, dal suo canto, inizia a tossire numerose volte. Gli sfioro la spalla: “Stai bene?”.
Annuisce: “Sisi”. Gli sorrido: “Ora devo andare”.
Va bene”, replica, portandosi via da me. “Allora a domani Lucilla”.
Si a domani”, affermo felice.
Mi avvio verso la mia auto: una 500 blu notte. Prendo le chiavi dalla borsa ed apro la porta conducente. Chiedo ad Antonio se vuole un passaggio, ma declina l’invito. Entro e metto in moto. Prima di andar via, vedo il mio bel vicino fermarsi. Si volta verso di me, verso la mia macchina. Porta la mano sinistra nella tasca del pantalone, l’altra l’alza in segno di saluto. Ricambio il suo gesto e vado via, un po’ dispiaciuta che non abbia accettato la mia proposta.
 
                                                                        ***
Posteggio la mia piccola 500 prima della curva a sinistra. Scendo dall’auto, chiudendo a chiave la porta. Sistemo il vestito: di solito quando guido la gonna sale su, lasciando le mie gambe scoperte. Una volta un tizio si accostò e fischiò: non l’avesse mai fatto, gli urlai un bel “stronzo” in faccia. Una donna non può mostrare parte del suo corpo che viene subito additata come poco di buono e diviene oggetto degli sguardi maliziosi degli uomini, convinti fortemente che un abito succinto venga indossato unicamente per fare colpo. Questi uomini di oggi sono un tantino maschilisti e fanatici, credono di essere fondamentali nella vita del gentil sesso. Poveri ignoranti, non sanno quel che dicono e fanno. Potrei tranquillamente paragonarli alla testa del corpo umano, che senza il collo non si muove. Ecco gli uomini sono proprio come la testa, se non ci fossero le donne a sostenerli sono convinta che non farebbero nulla di buono nella loro vita. La donna soffre, affronta i problemi, ama; l’uomo si limita molte volte a seguirla, facendo sue le vittorie di lei.
Cammino verso il piccolo porticato, che conduce alla casa natia di Bianca, dove l’intera famiglia di mio fratello si è trasferita, in attesa che terminino i lavori a Via Pennarella. Salite le scale, busso alla porta. Attendo cinque minuti e mi ritrovo mia cognata, con pancione in bella vista, magnifica nel suo abito premaman bianco. Ha i capelli legati in una lunga coda. Non facciamo a tempo a salutarci che i miei bellissimi nipotini mi saltano addosso. Elena è una delizia di bambina, sempre molto tranquilla e dolce. Carlo, invece, è la peste della situazione: salta, urla, fa i dispetti alla sorella e sorride. Li adoro, sono la gioia della nostra grande famiglia. Non vi dico mio padre come ci tiene a Carlo: quando seppe che portava il suo nome scoppiò in lacrime…il mio papà, pur avendo una certa età, continua ad essere un tenerone. Do un occhiata in giro, vedo il mio Cristianuccio ai fornelli. Gli vado vicino. Porto la mano sulla spalla. Non si volta neanche, che inizia a prendermi a calci nel sedere, poiché ha le mani occupate con le pentole. Ho io la meglio: lo riempio di buffetti. Tra noi è sempre stato cosi, ci prendiamo a “mazzate” per manifestarci il nostro bene. Mamma dice che siamo strani, che solo noi riusciamo a capirci fino in fondo. Ed è cosi: Cristiano è l’unico a comprendere il mio stato d’animo e viceversa. Afferro un cucchiaio e assaggio il primo preparato da mio fratello, è buono, se la cava bene in cucina, soprattutto ora che deve aiutare sua moglie. E’ pensieroso, tuttavia. Fissa la pentola che ha dinanzi, senza accorgersi che l’acqua bolle. Poggio la testa sulla sua spalla e cingo il suo fianco: “Che c’è Cri?”.
Mi osserva, consapevole che deve sfogarsi con me: “Bianca ha paura”.
Aggrotto il sopracciglio: “E di cosa?”.
Getta la pasta nel tegame: “Lei non si lamenta mai, anzi è perfetta, ma è mia moglie e io sento che c’è qualcosa che non va”. Sussurra al mio orecchio, per non farsi udire dalla diretta interessata, che nel frattempo è sul divano, presa dai baci dei suoi bambini: “Lu’ una cosa sono due figli, un'altra quattro. Quando nasceranno i gemelli si ritroverà a far da madre a quattro bimbi piccoli e non è facile. E’preoccupata per questo, ha paura di non farcela ne fisicamente, ne psicologicamente”.
Scommetto tutto l’oro del mondo che ha un piano in mente, quindi gli chiedo cosa ha pensato di fare. Appoggia la schiena al lavabo della cucina: “Prenderò un aspettativa, non mi va di consumare le ferie, quelle le userò piu’ in la. Ho già interloquito con i miei superiori e vista la mia carriera impeccabile, hanno accettato la mia richiesta”.
Mangio un biscotto salato al pepe: “Per quanto tempo?”.
Massimo dieci mesi. Non sono tanti, ma non sono pochi”. Tentenna: “Non la posso lasciare sola con i nostri figli”, spalanca le braccia: “non per niente sono anche i miei. Devo fare la mia parte”.
Gli sorrido, mentre accarezzo il suo viso: “Fossero tutti come te Cri’”. Zittisco per due minuti: “Senti Bianca come ti bacchetterà quando le dirai sta cosa”.
Imposta il petto ben muscoloso: “Sono io l’uomo di casa”. Mi fa un occhiolino e si avvicina: “Tanto se fa casino, le do un paio di baci, mi metto in divisa e vedi come cede”.
Scoppiamo in una fragorosa risata, alla quale si aggiungono i piccoli di casa in festa. Ci sediamo a tavola. Servo quanto cucinato da mio fratello: spaghetti con le vongole. Carlo ed Elena hanno già lo stomaco pieno, eppure, causa fuoriuscita dei dentini, mangiano del pane, che portano sotto le gengive doloranti.
Cristiano e Bianca mi fissano da un po’, con occhi dolci, senza emettere una parola. Perplessa scruto la situazione ed affermo: “Chi inizia per prima?”. Detto fatto: le loro voci si accavallano. Mia cognata con una mano gesticola, con l’altra regge la pancia, poiché si muove come una trottola. Tanto che si muove la sua coda di cavallo oscilla all’inverosimile, come un orologio a pendolo. Ed è rossa: meno uno all’esplosione dell’arteria di Bianca. Cristiano prova un po’ di mosse di box: prima pugno destro, poi il sinistro. Parla in dialetto e quando Cristiano parla in napoletano son cavoli, significa che è giunto al limite. Del suo lungo discorso capto solo la frase: “Gli tolgo i denti da bocca a quell’idiota”. Li lascio dire ciò che vogliono, nel frattempo mi godo lo spettacolo, mentre mangio il mio piatto preferito. Comprendono che non li ascolto e mi mirano allibiti. I miei spaghetti sono finiti, i loro sono freddi ed incollati.
Mano tra guancia e tempia, gomito sul tavolo: “Avete finito?”. Dal loro silenzio denoto che hanno realmente terminato. Dunque gli racconto ciò che penso ormai da un po’. Asciugo le labbra con il tovagliolo di cotone: “La cosa ormai è molto semplice, non c’è neanche bisogno di fare un chi sa quale discorso: io ed Adriano non andiamo piu’ d’accordo, peraltro il mio sentimento nei suoi confronti è cambiato tanto. Lo rispetto come padre dei miei figli, per tutto il resto mi ha deluso: non è l’uomo che ho sposato tempo addietro e soprattutto non è l’uomo che voglio accanto, proprio perché non sa essere uomo”. Affondo la schiena nello schienale della sedia: “Parliamoci chiaro, ma quale padre di famiglia lascia una moglie e due figli per la propria carriera professionale. Tutti abbiamo delle ambizioni personali, che passano in secondo piano quando ci sono realtà piu’ rilevanti, in questo caso la famiglia”. Mi libero totalmente: “Cioè fa da padre ai suoi figli tre giorni su sette. Stamane ho sentito Marta e Adriano ancora non l’ha chiamata, pur sapendo che lei e il fratello sono in gita…ma vi pare normale?”. Spalanco le braccia: “Avrei preferito centomila volte che mi avesse tradita, piuttosto che tutto questo. Per un attimo ho pensato che avesse un'altra, ma cavolo non è cosi. La sua unica amante è il lavoro”. Porto le mani alla fronte: “Ve lo giuro è inconcepibile per me una cosa del genere, davvero mi ha deluso, non ci voglio spendere neanche piu’ mezzo secondo della mia vita con una persona cosi egocentrica ed inaffidabile”.
Cristiano, dopo avermi ascoltata, afferma: “E’ una delusione Adriano, andavamo cosi d’accordo, ma ora non lo capisco piu’. Sono tre anni che ormai fa vita a parte. Ognuno decide per se, ma tu e i bambini non ve lo meritate”.
Abbasso lo sguardo e deglutisco a malapena. Questa è una brutta ferita nel cuore, una brutta sconfitta personale…un matrimonio che fallisce è pur sempre un matrimonio che fallisce e non è facile accettarlo. Ma io non sono quel tipo di donna che piange su se stessa, anzi mi rimbocco le maniche e combatto per ciò che è giusto, in questo caso Marta e Luca e me stessa, perché anche io, dopo tre anni trascorsi a tentar di ricucire un rapporto finito, merito un po’ di felicità.
Sorrido lievemente: “La decisone è presa da un po’: a Settembre gli invierò la pratica per la separazione. Ho già riferito tutto all’avvocato, bisogna solo firmare ed è quello che farò”.
Bianca tenta di trovare una strada per una possibile riappacificazione, ma non c’è, non ne esiste una. Nonostante questo apprezzo i suoi sforzi: altro che semplice cognata, lei è la mia migliore amica in assoluto, le confido ogni cosa.
A discapito di quanto si possa pensare la serata procede in diverso modo, prendendo in considerazione i temi piu’ disparati, come “quale nome dare ai gemelli in attesa?”. Invidio l’armonia presente in questa casa: un altro po’ sono a cento di loro eppure nessuno trascura l’altro, ci si parla, ci si confronta e soprattutto ci si ama intensamente.
Dopo aver sparecchiato e aiutato mio fratello con i piatti da lavare, decido di andar via…si è fatto tardi. Cristiano si propone di accompagnarmi a casa, ma gentilmente rifiuto, poiché, come ben sapete, ho la macchina giu’ che mi aspetta. Saluto la mia famiglia e do un bacio ai miei nipotini, che nel frattempo dormono nel lettone dei loro genitori. Li osservo ancora sotto l’arco della porta: Cristiano cinge da dietro il ventre di sua moglie, i cui occhi brillano all’inverosimile…sembrano due pietre preziose. Cavolo sono una coppia perfetta e soprattutto sfornano figli all’impazzata: due coppie di gemelli e mio fratello che si è autodefinito l’uomo del secolo. E’ unico nel suo genere.
                                                                  ***
Sono in macchina, nella mia comoda 500. In una città piccola come Vietri questa è un auto a dir poco fantastica, ti permette di parcheggiare ovunque…sempre se hai la fortuna di scovare un posteggio. Un altro fattore positivo di Vietri sta nel fatto che, non essendo una metropoli, la gente circola a piedi, piuttosto che con l’autovettura, dunque traffico stasera pari a 0. Normalmente a quest’ora, ovvero mezzanotte, si scende per fare una passeggiata sul lungomare: si mangia un gelato, si chiacchiera e si attende il panificio: all’una preciso sforna dei deliziosi cornetti. Si diffonde un profumo per strada…e che ve lo dico a fare!. La distanza tra casa mia e quella di mio fratello è pochissima, sono quasi arrivata. Eppure nel guidare vedo una figura per me non sconosciuta. Accosto al marciapiede e busso. Si volta e sorride.
Ora il mio invito puoi accettarlo!”, affermo: chi mi vede penserà che sto rimorchiando il bell’individuo.
Apre la portiera e sale: “Accetto e come. Non sai che mal di testa ho Lucilla”.
Ingrano la marcia e riparto: “Immagino Antonio, il sindaco Russo è un vero chiacchierone”.
Porta la mano alla testa: “Mannaggia va, se lo sapevo me ne stavo a casa”.
E ti credo!”, rispondo sincera.
Trovo un posto proprio sotto casa mia. Parcheggio e scendiamo. Mi viene incontro ed solleva il gomito. Sorpresa da tanta galanteria porto il braccio sotto. Camminiamo sulle scale: “Sei stata bene stasera alla cena?”.
Annuisco: “Si, come sempre d’altronde”. Lo fisso per un attimo: “Se avrò l’occasione te lo presento mio fratello”.
Con molto piacere”, replica da vero galantuomo.
Raggiungiamo il terrazzo. Ci fermiamo. Infila le mani in tasca (il suo è un vero e proprio vizio) e afferma: “Buonanotte Lucilla”.
Stringo forte la mia borsetta: “Buonanotte Antonio”.
Mi avvio verso la porta, non senza rivolgergli lo sguardo. Fa la mia stessa cosa e ciò non fa che rendermi felice. Antonio è un uomo che non passa inosservato. Mi piace molto e non solo da un punto di vista fisico: c’è qualcosa che mi attrae di lui, qualcosa che mi spinge verso lui. Luci’ fai una cosa entra in casa e dormici su, che è meglio!.
 

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Capitolo 9
*** 15 Giugno (Prima Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic Oggi non mi andava proprio di pubblicare, ma posto ugualmente.
Un bacio da Carla.


CAPITOLO 9(PRIMA PARTE)- 15 GIUGNO

Certo che è bellissimo farsi destare dal sonno da un magnifico sole di Giugno. Gli uccellini cinguettano allegramente. Strizzo gli occhi e spalanco le braccia, per distendere i muscoli rilassatisi durante la notte. Do una sbirciata al comodino: le nove e mezza del mattino. Lucilla hai fatto tardi stamane…di solito alle otto sei già in piedi!. Sbuffo: chi se ne frega, sono in ferie. Per un attimo penso a Settembre e ai ragazzini indemoniati, ai quali faccio da insegnante d’italiano: ho come l’impressione di udire la classica frase del mio alunno modello, Enrico Esposito, “Prof. Non ho studiato, domani ja!”. E quel domani ja diviene un secolo, salvo minaccia di bocciatura che costringe Enrichetto mio a portarmi almeno un argomento a piacere. E’ piu’ forte di lui, lo studio proprio non gli va, in compenso adora starsene con il padre sulla barca a pescare. Negli ultimi tempi, per avvicinarlo alla mia materia, gli sto facendo leggere dei libri che trattano il tema del mare e devo dire che la mia non è stata una cattiva idea, poiché ho visto il ragazzo interessarsi di piu’ alle discipline umanistiche.
Nel frattempo mi alzo, non senza cadere a terra come una mela cotta, poiché il lenzuolo giallo si è attorcigliato sulla mia gamba. Fortuna che riesco a mantenermi al letto, altrimenti avrei dovuto chiamare papà, il quale avrebbe sicuramente esordito con: “Che cosa ti sei rotta oggi?”. Poveretto, ha fatto tagli e cuci sulla mia pelle. Spalanco il balcone della mia camera e tiro un gran respiro: che aria fresca che c’è stamattina. Adoro il mese di Giugno: c’è sole ma non fa caldo, ne tanto meno troverete quell’afa incredibile di Agosto. Indosso una vestaglia celeste: ho dormito solo in biancheria, coperta leggermente dal drappo di cotone. Afferro un fermaglio dalla toeletta e lego i capelli, appiccicati al mio viso.
Vado in cucina. Gironzolo nella stanza, con le mani nei fianchi. Non ho molta fame e francamente mi scoccio pure di prepararmi da mangiare, dunque opto per un bell’espresso, gentilmente offerto dalla macchina nera. Dopo aver posto la cialda, attendo che la bevanda calda rigenerante venga fuori. Intanto appoggio la schiena al mobile della cucina e con gambe incrociate inizio a ricordare quanto accaduto ieri:  Cristiano e la sua preoccupazione per Bianca…non temere amore mio che vi aiuterò anche io con i gemellini e Antonio e i suoi bellissimi occhi magnetici. Ma avete capito che è proprio bello il mio vicino? No perché ogni tanto credo di non essere tanto precisa nel descriverlo. E’ alto, ha un fisico tonico, asciutto e amici miei ha delle labbra rosse…io le prenderei a morsi. Non so voi ma quando un uomo mi piace, mi parte l’embolo, mi si annebbia la vista e non capisco letteralmente piu’ nulla, sarei capace di fiondarmi su di lui. Il guaio è se il diretto interessato non ricambia i vostri pensieri…li si che son guai, rischiate anche di passare per i maniaci della situazione. Ma chi se ne frega, meglio essere simpatici ed intraprendenti che morti ed egoisti. Il termine egoista non mi suona nuovo…vediamo un po’ nel mio vocabolario mentale egoista allude a….ad Adriano, quel coglione di mio marito, prossimamente ex. Anche oggi ho saputo da Marta che suo padre non si è fatto vivo: oggi 15 Giugno mia figlia non ha ricevuto una chiamata dal suo papà. Marta e Luca sono partiti il primo del mese appena indicato: come glielo spiego che Adriano ha deciso di intraprendere la carriera del padre-latitante, quali scuse ancora dovrò usare: “Papà è a lavoro”, “Si è rotto il cellulare di papà”, “Papà vi saluta, è in bagno non può parlare”. I miei ragazzini non sono stupidi e comprendono che le miei son solo bugie. E quel cretino che mi son sposata mica si decide, mica si fa vivo, nonostante io lo martelli ogni giorno: pensate che una volta lo chiamai per tutto il pomeriggio e quando si decise a rispondere mi puntò il dito contro dicendo che lui lavora, che è impegnato 24 ore su 24…poverino lui è impegnato, eh…cosa volete da lui?. Meglio che non si fa vedere altrimenti lo cancello dalla faccia della terra. Anzi no, mi correggo prima firma la separazione, poi lo ammazzo a quel decerebrato.
Scusate lo sfogo, ma se non parlo con voi rischio di impazzire.
Bevo il caffè e corro in bagno: qui urge una doccia e un po’ di relax a mare!.
 
                                                                 ***
Dopo una lunga camminata, eccomi sul lungomare di Vietri, non eccessivamente affollato. Non mancano i classici gruppi di giovani ragazzi, che in preda all’euforia per le vacanze estive, scelgono di recarsi a mare per spendere delle ore in allegria. Presenti anche le famiglie del luogo, che portano a passeggio i propri bimbi. Un cagnolino meticcio beve dell’acqua gentilmente offertagli dal suo padrone. Un adolescente fa degli esercizi ginnici vicino ad una panchina in ferro battuto. Il bar nell’angolo è aperto: vi sono numerosi clienti, molti dei quali optano per una bella colazione a tavolino, protetti da un gran ombrellone bianco. mi reco al lido, unico e solo in questo piccolo paese. La spiaggia libera è ormai al collasso. Salgo una piccola scalinata di tre/quattro gradini in legno e mi ritrovo subito sulla terrazza, sul cui lato destro vi è l’angolo ristoro e un ufficio informazioni microscopico. Mi sporgo leggermente dalla balaustra: la situazione qui non è delle migliori, non c’è un buco. Decido, tuttavia, di scendere in spiaggia, dopo aver superato una seconda rampa di scale. Deambulo su di una pedana in legno chiaro, sporca di sabbia. A destra e sinistra distese di ombrelloni e sdraio di diverso colore. Giungo alla prima fila, ove normalmente mio fratello fitta un posto per tutta la stagione. Scruto attentamente e mi ritrovo dinanzi proprio Cristiano con i gemelli in braccio. Mi viene vicino, sorridendomi. Ci salutiamo, dopo di che prendo il piccolo Carlo tra le mie braccia. Andiamo tutti insieme da Bianca, bellissima nel suo costume nero con pailette variopinte. E’ distesa su un lettino, all’ombra. Si solleva, non appena mi vede: “Buongiorno Lu’”.
Le do un bacio sulla guancia. Lei in cambio afferra il figlio e lo compre con un accappatoio arancione.
Buongiorno Bianca, come ti senti?”.
Sorride: “Bene, bene. Ho fatto un bel bagno a mare con il mio capitano”, fa un occhiolino a suo marito, che ricambia il gesto. Continua il suo discorso, “e i bambini”. Elena abbraccia la mamma, mentre tiene stretto il ciuccio in bocca: “Oggi non fa eccessivamente caldo, ma una capatina in acqua ci vuole”.
Cristiano, coperto solo da un costume blu, mostra tutto il suo fisico da 10 e lode: muscoli scolpiti, braccia possenti e gambe toniche. Con un telo mare asciuga leggermente la sua pelle e i suoi capelli non molto lunghi. Una giovane ragazza lo mira con occhio intrigante, quasi se lo mangia vivo. Bianca capta la cosa e a voce alta afferma: “E’sposato con quattro figli”. La terza incomoda sgrana gli occhi e arrossisce per la vergogna. Mio fratello ride di gusto e si siede accanto alla moglie: “Sei gelosa, eh?”.
Bianca mette il broncio. Non riesce ad incrociare gli avambracci, a causa del pancione: “Non sono gelosa”. Cristiano si accosta a lei e con fare sensuale dice: “Però mi ami amore mio, cosi come io amo te”. Mia cognata gli sorride con aria sognante e lo bacia con passione. Questa scena non fa molto bene al mio cuore malandato, fortuna che ci sono Carlo ed Elena a distrarmi: facciamo un castello di sabbia con i secchielli e le palette. Il piccolo non fa altro che dire “bello, bello”…non so proprio chi gli abbia insegnato questo termine, proprio non lo so!. Visto che la sabbia non tiene senza acqua, afferro un recipiente e mi reco a riva. In quell’istante mi sento chiamare. Mi volto. Mi si annebbia la vista: lui, Antonio il sexy-vicino di casa, con un costumino scuro. Mi saluta. Petto impostato, tartaruga perfetta, al pari del mio fratellone, muscoli cosi bene precisi, che quasi potrei tracciarli con un dito. Spalle forti e formose ed occhi, i suoi occhi magnetici e chiari. Capelli bagnati tirati indietro. Tra le mani una sacca verde.
Ciao Antonio, buongiorno”, esordisco, rendendomi conto di esser ancora vestita e con i bikini ai piedi.
Buongiorno Lucilla”, risponde sempre con il suo sorriso a 360 gradi, “cavolo stamane non c’è un buco ne qui, ne nella parte libera”.
Annuisco: “Si hai ragione. Sono in compagnia di mio fratello e di mia cognata, ma penso che me ne andrò”.
Allunga la mano destra: “Eh si. Io ho preso in affitto una cabina qui al lido per la mia attrezzatura da pesca, ma di ombrellone non se ne parla proprio. Il proprietario mi ha detto che me ne darà uno tra un paio di giorni, il tempo che termini un abbonamento”.
E sei stato pure fortunato guarda: mio fratello occupa il posto ad Ottobre per tutta la stagione estiva”, affermo, mentre mi dedico ancora al “Contempla il figo da paura con cui conversi”. Inclino la testa: “Vieni che ti presento la mia famiglia”. Accetta volentieri la mia proposta.
Sotto l’ombrellone Antonio fa la conoscenza di Bianca e Cristiano. Parliamo del piu’ e del meno. Il bel vicino resta sconvolto nell’apprendere che i due miei familiari hanno la bellezza di due coppie di gemelli e si congratula con Crì, che dal canto suo imposta i pettorali, pavoneggiandosi per il risultato conseguito. In dieci minuti i due si raccontano mezza vita trascorsa, sembrano andare molto d’accordo. Antonio prende in braccio Elena, le bacia la mano e la guarda come se avesse dinanzi un vero dono della natura. Dice a Cristiano che è un uomo fortunato e che invidia molto la sua meravigliosa famiglia.
Intanto la situazione al lido non cambia, anzi arriva piu’ gente del previsto. Dunque affermo, battendo la mano destra contro la sinistra: “Crì io quasi quasi andrei. Qui non si può stare”. Mio fratello mi da ragione, ma Antonio irrompe nella nostra discussione: “Lucilla mi ha detto il proprietario che hanno il servizio navetta per la spiaggetta qui vicino. Che dici vuoi venire con me?”.
Attimo di panico ed imbarazzo e la mia decisione: “Si perché no!”.
Vado da Bianca, per prendere la mia borsa mare. Mia cognata mi blocca per il braccio: “E’single?”. Perplessa sentenzio: “Chè?”.
Ripete la frase:“E’ single?”.
Si perché?”, rispondo alla domanda alquanto imprevista.
Perché è bello, bravo e ti piace”: detto ciò mi porge la borsa e scuote il capo, volendomi comunicare chi sa cosa. Non ho tempo di pronunciare nulla che continua: “Vai che Antonio aspetta”.
Annuisco e dopo i dovuti saluti, seguo il mio vicino di casa, non senza accorgermi delle occhiate di mio fratello compiaciuto e di Bianca sorridente.
 

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Capitolo 10
*** Isolati Noi Alla Spiaggetta! (Seconda Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic E dopo giorni posto un nuovo capitolo, spero vi piaccia!
Un bacio da Carla.


CAPITOLO 10 (SECONDA PARTE)- ISOLATI NOI ALLA SPIAGGETTA!

La spiaggetta, presso la quale un imbarcazione del lido gentilmente ci ha condotto con altre dieci persone, è davvero magnifica. Stranamente non so come si chiami, devo chiederlo a Cristiano: se non lo sa lui, significa che è senza nome!.
Ciò nonostante è bellissima: la sabbia sembra riso bianco, friabile e caldo. E’ raro trovare del materiale cosi particolare su una comune spiaggia. Ma questa, forse, di comune ha ben poco, visto l’acqua marina trasparente a riva e un misto di verde ed azzurro al largo. Tanto chiara è che puoi specchiarti, riuscendo a vedere di te stessa anche il dettaglio piu’ futile. Immancabile la roccia che sovrasta questo piccolo paradiso, tenuto con estrema cura e pulizia dal Comune di Vietri. Penso che se deturpassero qualcosa qui, verrebbe un infarto al sindaco Russo, che lo tramortirebbe a terra in un nanosecondo. E’un chiacchierone, questo è vero, ma ci tiene molto alla sua città: da quel che mi hanno detto a Vietri c’è nata e vissuta la sua intera famiglia, dunque il nostro caro sindaco, politico a tempo pieno, ha un legame speciale con la sua terra d’origine. Se si ricandida, gli do il mio voto.
Non fa molto caldo, ma gli scogli a mare e la roccia fanno si che i raggi solari si incollino sulla mia pelle. Chi ha voglia di darsi letteralmente fuoco può recarsi tranquillamente qui, magari in dolce compagnia. Abbasso lo sguardo: in dolce compagnia, eh?. Di giorno non ci rifletto molto, ma quando arriva la notte e le tenebre mi avvolgono totalmente, allora si che penso. Allora si che mi rendo conto di esser sola, come moglie si intende. Come donna assolutamente no: non ho mai permesso a nessun uomo di cambiarmi la vita, se non a mio padre. Lui in parte l’ha fatto, quando scappò di casa. Certe volte osservo delle vecchie foto, in particolar modo quella in cui ci siamo tutti: io, Adriano e i piccoli. Piu’ la miro e piu’ mi rendo conto che la figura di mio marito scompare senza preavviso: un giorno i suoi occhi, un altro le sue labbra, un altro ancora il viso ed infine il suo corpo…sino a lasciare un vuoto accanto a me. Ma sono convinta che se non fosse stato per il lavoro, si sarebbe presentato un altro problema a dividerci, forse perché non vi è piu’ un valido sentimento a legarci, ad unirci. Il tempo trascorre e le persone cambiano: lo vedo con Adriano, lo vedo con me stessa. Le mie esigenze sono diverse, cosi come le mie aspettative. Gli vorrò sempre bene, ma solo come padre della mia Marta e del mio Luca, niente di piu’.
I miei pensieri svaniscono, quando sento una mano calda sulla mia spalla. Mi volto: Antonio mi sorride. Ricambio il gesto.
Ho trovato un bel posto”, esordisce, inclinando il busto verso destra.
Fammi vedere un pò”, gli dico, curiosa della fantomatica posizione scovata dal mio vicino.
Lo seguo, camminando con i bikini sulla sabbia rovente. Due bambini cercano invano di creare una piccola costruzione, ma con queste pietre minuscole è difficile fare anche un solo castello. Guardo dinanzi e l’occhio casca sulle natiche di Antonio: però, mica male!. Ha un bel fondoschiena il ragazzo…e come si muove bene: gamba destra in avanti, la sinistra indietro, con tanto di muscolatura in tensione. Polpaccio ben visibile. Caspita non è neanche assai peloso: vi è mai capitato di vedere l’uomo-scimmia? Io mi imbattei in uno che aveva la mantella di lana merinos sulle spalle e sul busto. Ovvio che il maschio per eccellenza deve avere il pelo, ma non cosi tanti. Chi sa se quel tipo si è mai fatto una passata di rasoio elettrico sulla sua trapunta matrimoniale. Ummm chi sa!.
Allora ti piace?”, chiede Antonio, indicandomi con la mano destra il luogo X.
Ancora sovrappensiero rispondo con una domanda: “Chè?”.
Qui, va bene? Se hai caldo ti metti all’ombra della roccia, se hai voglia di sole ti sposti un pò”: i suoi occhi sono puntati su di me, attende l’agognato responso.
Annuisco: “Sisi va benissimo”. Aggrotto il sopracciglio: “Hai pensato a ogni dettaglio”.
Porta la mano dietro la nuca, tra i capelli: “Fosse stato per me mi sarei messo ovunque, ma ci sei tu”. Tentenna: “Insomma ho tentato di trovare un posticino che potesse andar bene anche a te”.
Stendo il telo mare arancione, sorridendo lusingata: “Va benissimo, grazie”.
Tolgo in un battibaleno il mio copricostume blu, stesso colore peraltro del mio “due pezzi”. Piego il vestito , cosi da riporlo nella borsa. Mi abbasso, apro la sacca, chiusa precedentemente con la zip di ferro, e ci adagio l’abito. Silenzio tombale. Alzo gli occhi e me lo ritrovo li, dinanzi, mezzo imbambolato, nuovamente in costume scuro. Scuoto la testa, come per dirgli “che hai passato?”. Ma nulla, è ancora in trans. Si risveglia dopo alcuni secondi e l’unica risposta è: “No, niente”.
Mi sdraio sul mio asciugamano, cosi come fa lui. Entrambi con gomito sulla sabbia e mano tra tempia e zigomo. L’uno difonte l’altro.
Come mai avevi tu le chiavi di casa mia?”: Antonio decide di intavolare la discussione.. e fa bene: proprio non so con cosa avrei iniziato.
L’ex proprietaria è una mia cara amica”, rispondo, dopo aver schiarito la voce, “i nostri figli frequentavano la stessa scuola, stavano sempre insieme”.
Sono piccoli i tuoi figli?”, domanda curioso.
Non molto: Marta 13 anni e Luca 8”, rispondo, mentre verso per entrambi un po’ d’acqua fresca.
Poggia il capo sul suo telo giallo. Sguardo in alto: “Deve essere bello esser genitore, mia moglie non ne voleva di figli”. Punta i suoi occhi su di me: ”La prima donna che non vuole esser madre!”.
Credimi, non è mica la prima. Apprezza almeno il fatto che sia stata sincera con te. Immagina se avesse messo a mondo dei bambini, per poi non prendersene cura”, esclamo totalmente sincera.
Ah su questo hai ragione”, dichiara Antonio, “anche per questo motivo abbiamo divorziato, non c’era nulla che ci tenesse insieme”.
Sorrido alla sua affermazione: “Ascolta Antonio, i figli non sono il collante del matrimonio. Ci si lascia per altre motivazioni,  ma non perché non si ha figli. Magari su te ha inferito la scelta di tua moglie di non allargare la famiglia, proprio perché tu sei di un altro punto di vista. Ma scordati del figlio come garanzia del matrimonio”.
Si porta alla precedente posizione: “Come mai sei cosi pessimista?”.
Non sono pessimista, ma realista. Io ho due figli ma sono in procinto di separazione da mio marito”. Spalanco le braccia: “Diciamo che sono l’esempio che confuta la mia tesi”.
Scusa non volevo esser…”, interrompo la sua frase, “Non è nulla Antonio, fossero questi i mali della vita per cui scusarsi”.
Il tempo passa eppure non ce ne rendiamo conto, poiché presi dai nostri infiniti discorsi. Dalle nostre infinite parole. Quasi ho come l’impressione di conoscerlo da un secolo, potrei dirgli qualunque cosa, proprio perché a mio agio. E credo che la cosa sia reciproca, visto che anche lui non si risparmia in nulla. Ha scelto un ottimo posto: all’ombra io e lui, isolati, senza lasciarci coinvolgere dagli altri. Senza permettere alle chiacchiere altrui di contaminare le nostre. Proprio cosi…noi due all’ombra, isolati da tutto e da tutti!. 

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Capitolo 11
*** Ciao, Sono Qui Per Te! ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo capitolo!
Baci a tutti da Carla.

CAPITOLO 11-“CIAO SONO QUI PER TE!”


Certo che oggi è stata una bellissima giornata, piu’ che divertita mi sono rilassata. Sono stata molto bene in compagnia di Antonio, che ho scoperto essere anche una persona decisamente divertente e simpatica: non appena gli fai capire che può esserci confidenza tra te e lui scattano scherzi e battute ironiche. Insomma è di compagnia e questo non può farmi che piacere, visto che siamo vicini di casa. Forse preferisco piu’ lui che Rossella, con questo non voglio fare un torto alla mia amica, ma c’erano dei giorni che proprio ti ammazzava il morale con il suo netto pessimismo. E poi, siamo franchi, Rossella è una donna, Antonio è un uomo…e che pezzo d’uomo, aggiungo.
Saranno all’incirca le dieci e mezza, undici di sera e come di consueto me ne sto sul mio divano sul terrazzo, a stomaco vuoto. Vorrei mangiare qualcosa, ma non sapete quanto mi rompo di alzarmi ed andare in cucina. Magari avessi dei poteri magici, senza dubbio esclamerei “Panino con prosciutto crudo vieni a me!”. Ma sono una povera umana, dunque o provvedo da sola o mi arrangio.
Anche stasera un piacevole vento accarezza la mia pelle per niente sudata. Indosso un pantaloncino beige e una maglia blu con fiocchetto di raso del medesimo colore sul lato destro. Ballerine ai piedi, l’unica scarpa che adoro portare d’estate. I tacchi sono belli, ma ti uccidono in un nanosecondo. La luna non si lascia ammirare, o meglio dal mio terrazzo non si vede…forse è visibile dall’altra parte della città. In compenso mi godo i tanti scintillii delle stelle gialle.
Vibra il mio cellulare sul sofà. Lo prendo: è un messaggio di mia figlia Marta.
Lo leggo: “Mamma ci stiamo divertendo tanto,ora andiamo a dormire. Domani abbiamo la gita in montagna e dobbiamo alzarci presto. Salutaci papà. Ti vogliamo bene, Marta e Luca”.
 Quasi mi commuovo leggendo le parole dei miei bimbi. Invio la risposta alla mia piccola, cosi da rassicurarla. Auguro una buonanotte a lei e al fratello. Domattina sarà mia premura chiamarli quattro, cinque volte come faccio normalmente. Sono una mamma premurosa.
All’improvviso riprendo il telefonino e rileggo quanto scrittomi da Marta: “Salutaci papà”.
Porto la mano alla fronte, chiudo gli occhi e tento di placare la rabbia, non riuscendoci. Scovo nella rubrica il suo numero e chiamo. Uno squillo, due squilli, tre squilli, quattro squilli: “Pronto Lucilla?”.
Hai telefonato a Marta e Luca, Adriano?”, gli domando subito, perché subito voglio che mi tolga il dubbio.
Sono impegnato Lucilla in questi giorni”, risponde con voce indifferente.
Eh no, ora devo urlare. A quanto pare Vietri e dintorni devono conoscere i problemi di casa mia: “E certo Adriano sei impegnato, poveretto…”. Irrompe nel mio discorso: “Dai Lucilla li chiamerò”.
Stringo forte i pugni: “Stronzo quelli sono i tuoi figli e vengono prima di tutto”. Gesticolo come una pazza furiosa: “Giuro Adriano che se non ti fai vivo con loro, domani vengo a Napoli e ti strappo il cuore da petto e lo sai che sono capace di tutto, soprattutto ora”.
Ride di gusto: “Che mi stai minacciando?”.
Non mi provocare. E si, ti sto minacciando, che problema hai?”, prima di terminare la conversazione ribadisco: “Professore di sto cazzo prepara la tua cara penna a sfera per Settembre: i documenti dall’avocato ti aspettano”.
Con voce severa replica: “Ne riparliamo quando ho tempo”.
Metto il telefono davanti la mia bocca e grido: “Non ho piu’ tempo per te, Adriano. Sono tre anni che mi sto alle tue decisioni, ora sei tu che fai come dico io”.
Freddo e gelido ribadisce: “Ne riparliamo quando ho tempo”.
Lo mando a quel paese e stacco la telefonata.
La rabbia è tanta e cresce ogni giorno di piu’ nei suoi confronti. Ma voglio specificare che condanno Adriano in quanto uomo e marito, lungi da me condizionare il suo rapporto, già precario, con i nostri figli…non farò mai una cosa del genere. Marta e Luca hanno diritto ad avere una mamma come un padre. L’unica cosa di cui avrò premura è far comprendere ad Adriano che i frutti del nostro amore hanno bisogno anche di lui. Per tutto il resto è finita tra noi…tra me e quello che a tutti gli effetti è il mio ex marito, colui che ha spezzato il nostro futuro, il nostro amore, la nostra famiglia. Eppure mi chiedo: e se fosse finita lo stesso tra noi? E se fossi stata io al suo posto a rovinare il nostro legame? Non troverò mai risposta a queste domande, che tuttavia mi illuminano su una grande verità: ci saremo lasciati ugualmente io e lui. Forse non siamo fatti l’uno per l’altro. Ma non rinnego nulla, anzi…è stato tutto bellissimo, finchè è durato!.
Schiocco le dita della mano destra. Incrocio le gambe sul divano. Inclino la testa all’indietro, poggiandola sullo schienale. Chiudo gli occhi e ripeto ad alta voce numerose volte: “Adriano che cavolo hai fatto”. Strofino l’epidermide della mia fronte. E sospiro, nervosa. Una mano calda sulla mia spalla. Non mi muovo e respiro a pieno il suo profumo: “Antonio?”.
Massaggia con cura la pelle delle mie scapole. Socchiudo le labbra, per il piacere infertomi. Mi dona tanto relax e pace. E’ come se sapesse di cosa necessito in questo preciso istante.
Si Lucilla”, risponde, mentre decide di accomodarsi accanto a me, “Era tuo marito?”.
Annuisco, guardandolo negli occhi: “Si era lui”. Tentenno: “Mi hai sentita urlare, scusa”.
Fa spallucce: “Non è nulla, figurati. Mi dispiace solo vederti cosi arrabbiata”.
Lascia perdere va, tanto è una guerra persa con lui”, replico, portando le ginocchia al petto, “L’importante è che si prenda cura dei nostri figli. Con me ha chiuso oramai”.
Lo farà, non temere”, risponde serio. Sfiora la mia mano dolcemente: “Io non chiuderei con una donna come te”.
I miei occhi puntano i suoi. La sua affermazione mi sorprende, ma è sintomo di piacere. Mi disorienta, ma è ciò che volevo udire da lui. Mi spaventa, ma è quanto di piu’ bello potesse dirmi.  La luce accesa sul terrazzo mi permette di visionare il suo bellissimo viso. Le sue labbra cosi rosse, cosi invitanti. La sua maglia bianca, il suo pantalone scuro. La sua barba curata. Il suo sorriso. E io, presa dal desiderio di darglielo sto benedetto bacio…ma non è il momento. Non ora, non qui.
Te li preparo due spaghetti aglio, olio e peperoncino?”, esordisco, per evitare che accada qualcosa tra di noi. Preciso che mi piacerebbe che questa serata prenda una certa piega, ma non ora. Non dopo la litigata che ho avuto con Adriano.
Annuisce, felice: “Si Lucilla”.
Gli prendo la mano e lo tiro verso di me: “Vieni in cucina”.
Accetta il mio invito e ci rechiamo insieme dentro casa. Una volta dissi:nel corso della mia vita, nel corso dei miei trentanove anni, ho visto solo persone allontanarsi da me. Ce ne fosse stata mai una che avesse detto “Ciao sono qui per te!”.
E se quella misteriosa persona fosse realmente e finalmente arrivata da me?

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Capitolo 12
*** Inaspettato (Prima Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic Vi lascio un nuovo capitolo, spero vi piaccia.
Un bacio!


CAPITOLO 12 (PRIMA PARTE)- INASPETTATO

Alle prossime elezioni comunali chi non da un volto al Russo è proprio un cretino. E lo dico ad alta voce, perché è realmente difficile trovare un primo cittadino che si impegni cosi tanto per la sua città. Pensate che ha organizzato quest’anno un evento, ribattezzato con il nome di “Festa del Sole”, il cui obiettivo è rilanciare l’economia della nostra Vietri, offrendo ai visitatori i frutti del caldo sole della Costiera Amalfitana, ovvero limoni, arance, pompelmi e derivati, come liquori e biscotti. In tempo di crisi reputo quest’iniziativa davvero interessante ed originale.
Dunque mi abbiglio elegantemente: non sapendo come si svolgeranno le cose, preferisco indossare qualcosa di bello e particolare, in modo da non sfigurare. Ma riflettendoci: sfigurare dinanzi gli occhi di chi?. Opto per un vestito nero non molto corto, ma senza dubbio aderente, cosi da mettere in risalto le mie forme: avrò pure trentanove anni, ma non son mica da buttare!. Tacchi alti e un po’ di schiuma bianca nei capelli, cosi da dare volume alla mia capigliatura. Dal cassetto della toeletta tiro fuori un rossetto decisamente rosso fuoco. Si lo so cosa state pensando: ma il rosso non ti portava sfiga? Ebbè ma quando vuoi essere bella solo questo colore devi usare!. Mettiamola cosi, il rosso mi porta sfiga a momenti. Annuso la mia pelle…che odore di bagnoschiuma alla rosa, quasi mi spruzzo un po’ di acqua di colonia della stessa profumazione, cosi da accentuare il buon odore. Una catenina sottile di oro bianco con una medaglietta, sotto la quale ci sono incise una “C” ed una ”L”: ma ve ne siete mai accorti che il nome mio, di Cristiano e Luna non sono scelti a caso? Per le figlie mamma e papà hanno usato la L di Lucia, per Cri’, unico maschio, la C di Carlo. Tale tradizione è portata innanzi da mio fratello e moglie, anche se il mio gemello ha precisato che il nome Elena gli è stato suggerito da alcune persone che ringrazierà sempre. Chi sa chi sono!. Tempo fa feci trascrivere anche la lettera M della mia dolce Marta.
Preparatami a dovere, afferro la borsetta, controllando che dentro vi sia il cellulare(Marta e Luca potrebbero chiamarmi). A proposito mia figlia mi ha avvisata che Adriano li ha telefonati…Dio sia lodato!. Speriamo che lo faccia anche nei prossimi giorni, altrimenti dovrò ricorrere alle mie minacce, che a quanto noto portano qualcosa di positivo.
Mi reco in cucina ed infine apro la porta di casa. La chiudo e do due mandate alla serratura. Metto le chiavi in borsa.
Mi volto e sorpresa mi rendo conto che Antonio è seduto sul divano, sul mio divano. Non appena mi vede, si alza di scatto. Però che bell’uomo che è nel suo completo scuro. Bello davvero senza cravatta e con la camicia chiara che traccia la sua fisicità. Ed ora che faccio, gli salto addosso? Quasi quasi…
Sei bellissima”, afferma, venendomi accanto. E dalle, ci risiamo: Antonio piu’ mi fa complimenti e peggio è, non capisce che son fatta di carne ed ossa. Non capisce che mi piace. Ecco l’ho ammesso, mi piace e come. Mi piace tanto.
Anche tu non sei male”, replico assolutamente schietta.
Alza il gomito e sorride: “Vuoi venire con me alla festa?”.
Annuisco e porto il braccio sotto il suo: “Certo”.
 
                                                                      ***
Una lunga passeggiata la nostra, quanto sarà durata un quarto d’ora, trenta minuti? Chi sa, ho perso quasi la cognizione del tempo. In silenzio camminiamo l’uno accanto all’altro. Il mio braccio sotto il suo, sul quale poggio la mia mano, che nel giro di pochissimi istanti impercettibili viene coperta dalla sua. Occhi negli occhi e i nostri sorrisi. E’ da tanto che non mi capitava una cosa del genere, sentirmi lusingata da un uomo. Sentirmi importante per lui. Sentirmi finalmente donna, ancora una volta. Di tanto in tanto si avvicina al mio orecchio e sussurra qualcosa. Nulla di scabroso, precisiamo. Le sue sono semplici domande, giusto per conoscermi a fondo. Ma il modo in cui mi parla, quello si che è un grosso problema: la sua voce è sensuale, intrigante, rimbomba nella mia mente e raggiunge il mio cuore. Difficile mantenere la calma in situazioni analoghe a questa. Sento le sue dita solleticare le mie ed il bello è che lo lascio fare. Un modo come un altro per fargli comprendere che i suoi gesti sono ben accetti. Un modo per fargli capire che se non facesse lui il primo passo, sicuramente lo farei io, senza pensarci molto su. Mi attrae molto fisicamente e non solo, anche lui in quanto uomo mi interessa da morire. Forse i suoi atteggiamenti mi hanno colpita piu’della sua bellezza. Oddio anche l’occhio vuole la sua parte, ma per quanto tempo? Mica trascorriamo anni ed anni con una persona solo per ciò che rappresenta esteriormente? La bellezza viene messa in secondo piano, per dare spazio al carattere.
E Antonio è si di aspetto gradevole, ma mi prende di testa. Con lui riesco a parlare di ogni minima cosa, dalla piu’ banale sino alla piu’ importante. E ciò che apprezzo sono i suoi silenzi: lui si mette li, accanto a me, e mi ascolta per ore, senza interrompermi, senza averne mai abbastanza. E viceversa: quel giorno a mare sarò stata chi sa per quanto ad udire lui e il suo passato. E sono felice anche di questo, ne è valsa la pena, perché ho capito chi ho vicino…un brav uomo.
Prima di giungere sul lungomare, all’altezza di un striminzito vicoletto scuro, ci ferma il sindaco Russo, seguito dalla moglie, nonché sua segretaria fidata. Il Russo è uno in gamba, ma sono sicura che senza il consenso della sua consorte non andrebbe proprio da nessuna parte.
Ci salutiamo e il primo cittadino afferma: “Antonio dovremmo parlarti”.
Il mio vicino sbuffa: “E’proprio urgente?”.
La signora Russo si scusa e continua il discorso del marito: “Non ti avremmo mai disturbato se non fosse stato urgente”. Gesticola: “Tempo di una mezzora su per giu’”. Si rivolge a me: “Ci perdoni signora”.
Sorrido: “Non si preoccupi”. Poi voltandomi verso un Antonio palesemente mortificato esclamo: “Ci vediamo sul lungomare”.
Annuisce e mi bacia sulla guancia. Lo vedo allontanarsi da me con i coniugi. Si dirigono verso un ristorante qui vicino. Dunque decido di andar via, dirigendomi verso la meta agognata. A pensarci bene il sindaco è un gran rompiscatole, fa sempre questo durante le feste: ti viene vicino ed esordisce con la frase del secolo “E’urgente”. Ma non sai indire una riunione? Aspetti i momenti piu’ inopportuni per interloquire con i tuoi collaboratori? Manco se poi Vietri fosse una chi sa quale metropoli.
Mi arresto di botto nell’osservare quanto organizzato dal protagonista del mio monologo: tanti meravigliosi stand bianchi, all’interno dei quali vi sono esposti i prodotti tipici della nostra zona. Gentili ragazze e ragazzi camminano a destra e sinistra, offrendo cibi o bevande. Dei tavoli tondi in ferro battuto, coordinati da sedie del medesimo materiale. Tovaglie gialle dipinte a mano: questa è opera di Bianca, ci metto la mano sul fuoco. Sul lato del lido vi sono degli animatori con i bambini, che guardano stupiti uno spettacolo con le bolle di sapone. In effetti sono meravigliata anche io dalla bravura dell’artista. Scruto il mare: manca la classica barca con i fuochi pirotecnici. Qui qualcosa non torna: cosa avrà mai escogitato la mente perversa del nostro sindaco?. Staremo a vedere.
Nel frattempo scorgo mio fratello con i bimbi e sua moglie. Mi reco da loro. Cristiano abbraccia Bianca, mentre Carlo ed Elena stranamente dormono nei loro passeggini. Li guardo perplessa: che cosa avete messo nel latte dei vostri figli? Non li ho mai visti cosi calmi e per giunta a nanna a quest’ora.
Cristiano porta l’indice vicino le labbra: “Miracolo, eh?”.
Mi appresto a controllare se la cosa sia vera…e lo è: i gemelli sono nel pieno del sonno. E il rumore della festa non li scompone.
Ma gli avete dato qualcosa? E’troppo strano!”, affermo, sgranando gli occhi.
Ma che! Speriamo che stanotte non facciano i pazzi”, esclama mia cognata, bellissima nel suo vestito bianco e blu.
Hai visto l’arredo gentilmente dipinto dalla mia mogliettina?”: come è orgoglioso di Bianca Cristiano. Si vede da un miglio lontano che è pazzo di lei. E’cosi cambiato da quando l’ha conosciuta: prima amava starsene in giro, farsi adulare dalle donne; ora, invece, è sempre con lei. Avete bisogno di mio fratello? Andate da sua moglie e lo troverete.
Sisi. Complimenti sono bellissime le tovaglie”, replico, sedendomi di fronte a loro.
Bianca mi fa l’occhiolino: “Ne ho una per te a casa”.
Le sorrido, commossa dal suo pensiero: “Grazie!”.
E la serata trascorre cosi, tra noi tre che chiacchieriamo del piu’ del meno. Gli confesso quanto accaduto con Adriano. Mio fratello è su tutte le furie, Bianca non si da pace: mio marito è suo cugino e mai avrebbe pensato ad un atteggiamento del genere. Siamo tutti del punto di vista che il matrimonio è terminato, ma ciò che fa rabbia è questo legame-non legame che il mio ex ha con i suoi figli. Ho come l’impressione che non gliene freghi nulla. Anzi no, come dice Cri’, lui si fa forte del fatto che per Marta e Luca io ci sarò sempre ed inoltre è consapevole che io mai e poi mai lo denigrerei dinanzi a loro. La domanda che mi pongo ogni giorno è: ma i miei ragazzini che pensano del padre? Potrei chiederglielo, ma desisto e non so spiegarvi il perché. Magari mi voglio ancora illudere che i miei figli non si siano ancora interrogati sul trattamento riservatogli dal padre…non lo so, non ne ho la piu’pallida idea. Bianca mi suggerisce di discutere con loro, partendo da un argomento banale, sino a giungere al problema Adriano e ascoltare i loro pensieri. In effetti questa appare l’unica soluzione plausibile. Il mio caro gemello tiene a precisare che quanto prima devo firmare le carte della separazione, cosi da stabilire anche i periodi in cui il mio ex marito dovrà vedere i figli. Cristiano dice che forse, di fronte al potere della legge, Adriano si ravvedrà sul rapporto padre-figli. Ma le nostre sono solo supposizioni, congetture. Idee che non per forza di fatti daranno dei frutti positivi. Ovvio che tra un idea e l’incerto di ora prediligo l’idea…è già qualcosa di concreto, rispetto al niente.
Mi guardo attorno, un po’ annoiata. Un po’ scocciata. Si la festa è bella, ma la mia amica Rossella non c’è, i miei figli sono in colonia, mio marito…vabbè lasciamo stare mio marito, non mi va di disturbare mio fratello con la moglie: dopo tanto tempo sono riusciti a trovare un attimo di pace e serenità. Decido di alzarmi e di fare una passeggiata. Resto con i miei parenti che ci rivedremo dopo per salutarci.
Mi allontano, non senza aver bevuto un goccio di spumante che non guasta mai. Porta fortuna e io proprio di fortuna ne necessito un sacco!. Deambulo a fatica, la gente è tanta e difficilmente riesci a farti spazio, soprattutto se ti calpestano numerose volte i piedi. Attraverso la strada, ritrovandomi nei pressi del vicoletto, ove mi hanno fermata con Antonio. Già Antonio, me ne ero dimenticata. Chi sa cosa starà facendo. Mi accosto al ristorante di prima, saltello prima sulla punta del piede destro, poi su quella sinistra. Dannate tende, peraltro rosse: vedete la sfiga che mi insegue? Ora se non ci fossero questi orrendi drappi colorati io riuscirei a capire se il bell’avvocato è dentro o no.  Che rabbia, divento piu’ rossa delle tendine. Stanotte giuro che vengo qui e do fuoco al locale per vendetta.
Delle mani cingono i miei fianchi e d’un tratto mi sento spostata verso un viottolo scuro, illuminato a stento da una lampada a muro. Mi giro di scatto, con borsa ben stretta: senza ombra di dubbio la lancerò in faccia all’idiota della situazione. Ma mi blocco, vedendo i suoi occhi chiari. I suoi…di Antonio. La mia schiena contro il muro. Lui di fronte. Noi due cosi vicini. E’ capitato altre volte, ma non cosi…non come in questo istante. Affanniamo entrambi e il desiderio divampa. La pochette cade a terra. Le mie mani tra le sue guance e tempie. Le sue sui miei fianchi. E le nostre labbra unite. Ci baciamo con veemenza ed impeto, muovendoci velocemente. Ora potrei fargli di tutto, perché non ho piu’ controllo di me stessa. Le mie dita scendono. Passano sotto la giacca aperta. Cercano la sua camicia. Sbottono i primi bottoncini bianchi. Lo sento ansimare. Affonda la testa sulla mia spalla, salvo scendere sulla mia scollatura: bacia la parte scoperta dei miei seni caldi. E la sua voglia, che urta contro il mio inguine. Eros allo stato puro. Chiudo gli occhi per il piacere, un piacere che non provavo da anni. Un piacere che desidero totalmente e non solo stanotte. Porto le mani alla cintura, tento di sbottonarla, ma mi ferma: “Aspetta”, mi dice, riuscendo a malapena a contenersi, “Vieni con me”.
E lo seguo. Ripesco la borsa e mano nella mano corriamo insieme, ridendo come degli adolescenti, che incontratisi finalmente, hanno intenzione di svelarsi l’uno all’altro per la prima volta. Non ho mai vissuto una sensazione del genere: a diciotto anni mi infatuai di un uomo di quarantotto, ma praticamente non accadde nulla tra noi. A trentanove mi riprendo ciò che all’epoca non è stato, con un uomo decisamente piu’attraente. Piu’ uomo, scusate il gioco di parole.
Percorriamo il lungomare come due pazzi, scansiamo la folla allegra e varchiamo l’ingresso del lido. Scendiamo velocemente le scalette di legno e dritto alle cabine. La quarta: tira fuori una chiave ed apre la porta. Entriamo, senza accendere la luce, lasciando alla luna la facoltà di illuminarci, facendo filtrare la sua lucentezza da una piccola finestra in alto a destra.
E noi, ancora noi. Mi spinge verso un tavolo, mentre io gli sfilo la cinta e abbasso la zip del pantalone. Ricambia il gesto, ma non si limita a ciò, mi toglie l’abito, lasciandomi in biancheria intima. Mi osserva compiaciuto per un secondo: “Sei bellissima”.
Mordo il labbro inferiore, in preda alla follia: “Si lo so”. E lo tiro verso di me, baciandolo con forza. Ci spogliamo degli ultimi indumenti. Urto contro il tavolo, cosi come la sua mascolinità contro la mia essenza. Decidiamo di stenderci a terra e tra sorrisi vari e la gioia di essere finalmente insieme entra in me, dandomi piacere, ma soprattutto facendomi vivere un momento magnifico e di pace. I nostri gemiti si rompono con lunghe risate, quasi come se l’amore ora sia la cosa piu’ bella che potessimo fare. Forse perché lo è davvero. Le sue spalle strofinano la mia pelle. Le mie labbra socchiuse baciano la sua bocca. Le nostre gambe si incrociano. Le sue spinte decise mi portano subito alla fine, all’orgasmo. Ma poco importa, il nostro attimo poteva durare anche un solo secondo, sarebbe stato ugualmente magnifico. Stanca mi rilasso sul suo petto ardente. Antonio mi fa scudo con il suo corpo.
Mi fai stare bene”, gli sussurro all’orecchio. Sfiora il mio naso: “Anche tu”.
Restiamo cosi, immobili per un po’. Mano nella mano e labbra che si cercano. Respiriamo ciò che è stato prima, l’amore tra noi. Tutto questo non era previsto nella mia vita. Il mio volto si sfrega contro il suo, quasi desidero rintanarmi in lui e mettere da parte il mondo intero. Ma il mondo esiste e come e non puoi nasconderti. Non puoi restare in questa cabina per tutta la vita.
Squilla il mio telefono. Riluttante l’afferro. Leggo il messaggio, inviatomi da Cristiano. Spalanco gli occhi e di scatto verso Antonio: “E’tornato Adriano”.
 
                                               

                                                      Il continuo nella seconda parte

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Capitolo 13
*** Il Ritorno Di Adriano (Seconda Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio e buona festa delle donne a tutte le mie lettrici. Lascio un mio nuovo capitolo, spero vi piaccia.
Un bacio da Carla.

Nella foto: in alto a sinistra Lucilla e suo fratello Cristiano; in basso a sinistra Bianca, moglie di Cristiano e Adriano, marito di Lucilla.


CAPITOLO 13 (SECONDA PARTE)- IL RITORNO DI ADRIANO

Sbuffo numerose volte: cavolo Adriano non ti fai mai vedere, proprio ora ti salta in mente di ritornare a Vietri? Proprio ora che stavo vivendo un momento magnifico con Antonio? Sai sempre come stupirmi, l’hai fatto tre anni fa con le tue decisioni lavorative, lo fai ora presentandoti senza preavviso. Diamine come vorrei che tu non fossi qui, come vorrei che Cristiano non mi avesse mai inviato alcun messaggio. Cammino da sola, dopo aver lasciato Antonio al lido: ha preferito non venire con me, ha preferito lasciarmi sola, in modo che io possa discutere con il mio ex. Mi ha chiesto se le cose sarebbero cambiate tra noi, in virtu’ dell’arrivo di Adriano. Gli ho risposto con una fragorosa risata: se fossi stata anche minimamente legata a lui mai avrei fatto l’amore con il mio bel vicino. E’ inconcepibile per me pensare di avere un rapporto intimo con un uomo, consapevole di amarne un altro. Ma nel mio caso il problema non sussiste, visto che tra meno di un paio di mesi chiederò la separazione al padre dei miei figli. Già i miei figli, non ho ancora riflettuto su come prenderanno questa nuova realtà. Di sicuro tenterò di trovare le parole giuste per fargli capire come stanno le cose. Spero in un vivo aiuto di Adriano, non può tirarsi indietro e lasciare a me il compito di interloquire con i nostri bambini.
Quanto vorrei stare in questo preciso istante con Antonio. Magari ora staremo a parlare, a farci due risate o semplicemente a continuare il discorso precedentemente lasciato in sospeso. Forse avrei trascorso una magnifica nottata. Forse avrei evitato di litigare con Adriano, perché so che cosi andrà a finire. Noi non comunichiamo piu’ da persone civili, ce ne andiamo fuori al terrazzo e iniziamo ad inveire l’uno contro l’altro, cercando di non rendere partecipi Marta e Luca del fallimento del nostro matrimonio. Una volta lo cacciai di casa, tanta era la rabbia nei suoi confronti. Non sapete come mi urta la sua indifferenza, il suo egoismo. Esiste solo lui sulla faccia della terra, il bravo Adriano, che deve realizzarsi da un punto di vista lavorativo. Come se il lavoro fosse tutto nella vita di un uomo. Ma lui è uomo? Cioè sa comportarsi da uomo? Non credo: un vero capofamiglia non abbandonerebbe mai moglie e figli. Ripeto quanto detto precedentemente: è un idiota!.
Percorro il lungomare a passo spedito, voglio proprio udire ciò che dirà. Non oso immaginare la scenata che gli avrà riservato mio fratello. Il mio abito si gonfia a causa del vento. Quello stesso vento che porta sotto le mie narici il profumo di Antonio, ancora ben saldo sulla mia pelle. Sollevo il braccio e chiudo gli occhi. Respiro ciò che resta del nostro momento di pura passione. Quelle labbra infuocate…pagherei sangue per sentirle posarsi sulle mie. Antonio mi fa impazzire, come nessun altro ha mai fatto. Mi infiamma. Potrei fargli fare ciò che vuole di me.
Nel frattempo ho una visione: Bianca seduta sulla panchina richiama suo marito, che sbraita contro Adriano, all’in piedi con braccia incrociate. Mi avvicino velocemente. Si accorge della mia presenza e in lontananza esclama con voce chiara: “Lucilla ma dov’eri?”.
Mi arresto d’un colpo e tento in tutti i modi possibili di non far esplodere la mia rabbia. Cristiano percepisce il mio stato d’animo e replica al mio posto: “Adriano certo che hai la faccia come il…”. Bianca poggia una mano su quella di mio fratello e lo guarda fisso. Lui zittisce e mia cognata prende la parola: “Adry quello che vuole dire Cristiano è che tu sei l’ultima persona a poter chiedere a Lucilla dove era. Magari è lei a doverti porre questa domanda, non credi?”.
Che diavolo ci fai qui?”, gli domando seccata.
Sono tornato a casa, dalla mia famiglia”, risponde, con aria serena.
Quale famiglia scusa? Marta e Luca sono in vacanza, quindi non c’è nessuna famiglia qui”, replico seccata dal suo atteggiamento stupido e poco coerente.
Fino a prova contraria sei mia moglie”, dice con sorrisetto sulle labbra. E Cristiano non si mantiene: scatta in piedi ed inizia a raccontargliene quattro: “Ah senti Adriano ora mi hai rotto le palle”, gli punta il dito contro, “sono tre anni che fai i porci comodi tuoi a te e il tuo lavoro ed ora te ne torni e parli di famiglia? ”.
Il diretto interessato si avvicina a mio fratello: “Non mi dare insegnamenti Cristiano”.
Mio fratello sfiora il petto del mio ex con il suo: “Una cosa è certa io l’uomo di casa lo so fare, non lascio mia moglie e i miei figli per fare il maestrino del cazzo, hai capito?. So io quanto ci ha sofferto mia sorella per te ed ho visto i tuoi figli chiedere alla loro madre quando tornava il padre. Fammi il piacere, vattene a fanculo, provvedi a Marta e Luca ma lascia in pace Lucilla, che si merita un uomo e non un ragazzino come te”.
Onde evitare che la situazione degeneri tiro Cristiano verso di me per il braccio. Bianca si alza e chiede al marito di andare via, cosi da mettere a letto i loro bambini. Mio fratello acconsente, ma prima di andar via afferma: “Ti tengo d’occhio. Un'altra cazzata e sei morto”. Ovvio che non lo ucciderà, la sua è solo una frase dettata dalla rabbia e dal rancore. Come me non credeva che Adriano sarebbe arrivato a tanto. Cri’ vuole solo proteggermi, pur avendo la stessa età lui mi considera la sua sorellina piccola. E’ sempre stato cosi, sin da quando eravamo piccoli. Ed è anche per questo che l’adoro.
Il mio sguardo si sposta su Adriano. L’unica cosa che riesco a dirgli è: “Andiamo a casa, abbiamo un po’ di cose da risolvere”. 

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Capitolo 14
*** Buonsenso ***


Image and video hosting by TinyPic Ciao a tutti, posto un nuovo capitolo, un pò piccolo, spero mi perdonerete!
Un bacio da Carla.


CAPITOLO 14- BUONSENSO

Salgo le scale velocemente, senza respirare. Quando mi chiama mi agito all’inverosimile, ho sempre paura che le possa accadere qualcosa, a maggior ragione ora. Busso alla porta ed attendo. Invoco il suo nome. Mi apre, sbigottita: “Ma ti è successo qualcosa?”.
Aggrotto il sopracciglio perplessa: ”Tu mi hai chiamata. Credevo fosse urgente”.
Sorride e scuote il capo: “Non ti preoccupare sto benissimo”. Mi indica il soggiorno: “Dai entra”.
Mi accomodo sul sofà, a cuore leggero. Ma ora la mia domanda è lecita: per quale motivo mi ha chiesto di raggiungerla il prima possibile a casa sua? Cosa c’è di cosi rilevante da comunicarmi?. Si siede accanto, sistemando il suo vestito rosa chiaro. Pone un cuscino dietro la schiena ed inizia a parlare: “Ti ho vista ieri sera”.
Spalanco le braccia: “Cosa?”.
Ti ho vista con Antonio ieri sera”, afferma sicura di se.
La sua illazione non mi sorprende: il lungomare non è grandissimo e francamente poco m’importa se anche tutta Vietri mi ha mirata, mentre correvo con il mio vicino di casa. Ma apprezzo che lei abbia deciso di conversare con me riguardo tale cosa, è un modo come un altro per me di poter svuotare un po’ la mia anima, affollata di sentimenti contrastanti.
Abbiamo fatto l’amore”, esordisco senza mezzi termini.
Inclina la testa sullo schienale del divano: “Immaginavo, si percepiva un certo feeling tra voi, te l’ho detto anche in spiaggia”.
Le do un buffetto sul braccio: “Non ti si può nascondere nulla, eh?”.
Ah perché non ricordi quando eri tu a sgamare le mie tresche con Cri’”, replica. Scoppiamo a ridere prese da reminiscenze del passato. Bellissimi momenti che non torneranno piu’. Il passato è tale, ma il presente? Bisogna ancora viverlo, senza dimenticare il futuro. Ed è proprio il futuro a spaventarmi: cosa accadrà? Cosa mi riserveranno i prossimi giorni?.
Coccola il suo pancione: “E Adriano? Ieri vi siete chiariti?”.
Scuoto la testa: “No, in realtà no e forse è stato meglio cosi: eravamo troppo agitati, troppo arrabbiati, non ne sarebbe uscito nulla di positivo. Ieri notte giusto il tempo di pronunciare qualche parola, è salito in macchina ed è andato dai suoi genitori. Suppongo che abbia dormito li”. Agito le mani: “Il punto sai qual è Bianca? E’che mi fa un male cane vedere come ci siamo ridotti, io e lui molto tempo fa eravamo complici, ci stuzzicavamo…ora a stento riusciamo a dialogare. E’tutto molto triste. Ma una cosa è certa: voglio che si prenda cura di Marta e Luca, solo questo e nulla piu’”.
 Bianca porta una mano alla tempia, sospira: “Dunque cosa hai intenzione di fare?”.
Faccio spallucce: “Gli ho mandato un messaggio. Gli ho detto di venire a casa per le 10. Magari dopo una bella dormita sarà piu’ facile conversare di determinate cose, almeno rispetto a ieri”. Guardo l’orologio al polso: “A proposito devo andare, dovrebbe essere già arrivato”.
Mi alzo. Ci salutiamo. Dopo di che scappo via da casa di mia cognata, correndo verso la mia, con la speranza di vederlo seduto sul divano ad aspettarmi. Ci sarà? Chi sa, vediamo il buonsenso cosa gli suggerisce! 

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Capitolo 15
*** Rivelazioni ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo capitolo, buon fine settiamana a tutti!
Un bacio da Carla.


CAPITOLO 15- RIVELAZIONI

Cammino per strada come una pazza squinternata. Velocemente scanso cose e persone. E ripenso a ieri sera, all’amore con Antonio, al ritorno di Adriano. Ripenso a questi due uomini, ormai presenti nella mia vita. E per un attimo vengo assalita dai dubbi, da numerose perplessità: ma che sto facendo? Cosa dovrei fare?. Mi lascio andare con il mio vicino di casa, si è vero il sentimento per mio marito è pressoché svanito, eppure Adriano esiste, è qui, come faccio a…non lo so neanche io cosa dovrei fare. Mi conoscete come una donna determinata, bene in questo periodo non lo sono per niente, sono l’essere umano piu’ insicuro della terra. Il punto è che non devo dar conto solo a me stessa, ho due figli a cui badare. Pensandoci bene mi sono comportata come Adriano, in questi giorni ho riversato tutte le mie attenzioni su me stessa, senza riflettere su una serie di punti fondamentali: come spiegherò a Marta e Luca della separazione? E Antonio…che ruolo avrà nella mia vita? Adriano?. Sono sempre stata onesta con voi, lo farò anche ora: ho immensamente paura, paura di non farcela, paura di lasciarmi sopraffare da sentimenti e circostanze difficili da gestire. Senza contare l’amore, io necessito certezze durature nel tempo, ho bisogno di qualcuno che mi capisca, qualcuno che mi aiuti in questo periodo cosi negativo. Se solo Adriano…se solo Adriano non…
Scuoto la testa e nel frattempo inizio a salire la rampa di scale che conduce a casa mia. Mi ci siedo su. Porto le ginocchia vicino il petto. Poggio la borsetta sul gradino ed inclino la testa verso il basso. Abbasso le palpebre, facendo si che le mie pupille non vedano piu’ la luce del sole, che filtra in questo angusto spazio. E nuovamente un vortice di emozioni e, chi sa, ripensamenti. Ricordi di un tempo passato, di una gioia andata via, sparita improvvisamente. La mia felicità racchiusa in tre nomi: Adriano, Marta e Luca. I nostri battibecchi, le nostre idee folli, il nostro creare qualcosa dal niente, la nostra complicità. Tutto distrutto dalle sue decisioni. Le sue, non le mie. Non mi dato neanche l’opportunità di dire “si, sono d’accordo; no, non lo sono”. Nulla di questo: mi ha messo dinanzi al fatto compiuto e li poco sono servite le mie rimostranze, quel che fatto è  fatto. Una casa vuota tutto d’ un tratto, né piu’ le sue risate, né piu’ la sua voce, né piu’ le sue urla, mentre giocava con i nostri figli. Un letto vuoto, di notte e di giorno. Una sola tazzina del caffè sul tavolo, un solo asciugamano in bagno. Uno solo, io sola e lui a Napoli, a realizzarsi in ambito professionale. Due concezioni di vita diverse le nostre, a quanto pare ho scoperto tale diversità solo dopo quindici anni di matrimonio. Io la famiglia, lui il lavoro. E il nostro amore? L’amore mio per lui? Conta, contava poco per lui…davvero poco. Ho trascorso giorni interi a torturare il mio cervello. Ho trascorso giorni a lenire le ferite del cuore e ora, Adriano, cosa diavolo sei tornato a fare? Cosa vuoi tu da me?.
Una mano calda sfiora la mia pelle. Di scatto mi desto e lo fisso, seduto accanto a me.
Tende la mano: “Hai il viso rosso. Non dovresti stare per molto tempo in questa posizione. Sai il…”.
Sbraito e corrugo la fronte: “Chi se ne frega Adriano del mio viso rosso. Dimmi piuttosto che sei venuto a fare”.
Sono venuto per te”, afferma sereno, mentre sistema la sua maglia verde, abbinata su un jeans scuro.
Riso di gusto. Porto l’indice alla tempia: “Forse è un po’ tardi non credi?”.
Pensala come vuoi”, schiarisce la voce, “ho rinunciato al mio incarico proprio per parlarti”.
Spalanco gli occhi, sorpresa e meravigliata: “Hai rinunciato alla tua brava summer-school per parlare con me? Non so se piangere o gioire”. Lo guardo dritto negli occhi. La rabbia monta sempre di piu’, è davvero tanta, forse troppa. Ancora un ulteriore sguardo e gli mollo uno schiaffo non troppo forte sulla guancia. Resta interdetto, con una mano che copre la sua pelle arrossata. Non contenta continuo, schiaffeggiando il suo corpo. Tenta di placare la mia ira, fino a fermarmi per i polsi. Non avendo piu’ la possibilità di fargli del male, mi affido alle parole, che si strozzano in gola, lasciando spazio ad un piatto isterico.
Sei uno stronzo Adriano, uno stronzo”, gli urlo in pieno viso.
Il tono della sua voce aumenta: “E cosa vuoi che ti dica? Che lo sono? Si sono uno stronzo, va bene?. Ma ora sono qui, possiamo farcela insieme”.
Lo strattono: “E’troppo tardi, potevi pensarci prima. Se fossi stata importante per te non mi avresti allontanata”.
Mi alzo. Inizio a salire le scale, avviandomi verso casa. Non ce la faccio a discutere con lui, è piu’ forte di me. Mi blocca per il braccio: “Non firmerò la separazione, non lo farò mai”.
Con occhi iniettati di sangue replico: “Posso agire ugualmente senza il tuo consenso, dovresti saperlo”.
Non può finire cosi”, afferma, balbettando.
Lo spingo via da me: “E’ già finita. Io non ti amo piu’”.
E riprendo a salire i gradini. Quei pochi gradini rimastimi per giungere a casa. Quei pochi gradini che mi porteranno a chiudere la porta dietro le mie spalle, cosi da proteggermi dalle sue parole, dalle sue richieste.
Io ti amo ancora”, grida forte con tutto il fiato che ha.
Mi volto di scatto ed utilizzando i suoi modi plateali esordisco: “Sono stata a letto con un altro”.
Arretra. Smorfie di incredulità e dolore sul suo volto. Sorride e tossisce. Le mani nei capelli folti e ricci. E la mia rivelazione, che rimbomba ancora prepotentemente nella sua mente.
Ma che cavolo dici”, scuote la testa, si piega su se stesso. Mi conosce cosi tanto sa sapere che mi è difficile dire una bugia e questa in effetti non lo è. “Ma che dici Lucilla”, ripete piu’ di una volta.
E’ la verità Adriano, ieri sera sono stata con un altro uomo”, affermo, affannando e in parte liberando la mia anima.
Nei suoi occhi tutta la delusione possibile, tutto il rammarico, tutto il dolore. Forse le immagini di ciò che è potuto esserci tra me ed Antonio. Forse immagina il mio piacere nel sentire dentro di me un corpo che non è il suo. La sua espressione mi fa comprendere quanto grande sia il macigno che ora porta sul cuore. Deglutisce a malapena. Trattiene le lacrime. Forse si colpevolizza, sa che il mio tradimento è anche opera sua. La sua lontananza non ha fatto bene a nessuno dei due. Io mi sono ritrovata sola, lui con una moglie infedele. Noi ci siamo ritrovati pieni di dolore, che in parte io sto affidando a terzi…ad Antonio. Perché Antonio ancora non sa di quanto sia accaduto ora, perché Antonio ancora non sa ciò che penso. Ma in realtà Antonio chi è per me? Ed io chi sono per lui?.
Adriano da un pugno al muro, cosi potente, cosi fragoroso. E va via, taciturno e silenzioso, lasciando me sulle scale. Ed ora mi chiedo: a chi fa piu’ male la scoperta appena fatta? A me o a lui? A me che ho tradito, forse senza pensare troppo al contesto in cui vivo, o a lui, che subisce la mia azione, alla quale ha contribuito lui stesso con le sue di decisioni?.    

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Capitolo 16
*** Dialogo! ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo capitolo, ormai ne mancano pochi...credo che li posterò tutti entro oggi!
Un bacio e grazie di cuore, 
Carla.


CAPITOLO 16- DIALOGO

Dopo la nostra litigata, non ho visto Adriano per due settimane. Due lunghissime settimane durante le quali il mio unico legame con mio marito o ex, chiamatelo come vi pare, è stato il telefonino e i pochi messaggi che ci siamo inviati, giusto per parlare dei nostri figli. Di una cosa sono felice, ha ripreso a chiamare Marta e Luca ,molto felici di sentire spesso il loro papà. Per il resto vuoto assoluto. Certo che è il massimo dell’aspettative rimanere in contatto con il proprio coniuge via sms.
Nel frattempo ho ripensato molto a quanto accaduto quella mattina, lui che mi confessa il suo amore, io il mio tradimento. Ed anche in questo caso sprofondo in una forte tristezza: non avevo programmato ciò, non volevo nulla di questo, desideravo solo una famiglia, l’ho creata ed ora è distrutta. Porca miseria mi stizzo solo a pensarci, ma cosa abbiamo fatto io e mio marito, perché ci siamo allontanati?. Non volevo che andasse a finire in questo modo…non volevo stare cosi male. Male da morire.
Questi quindici giorni mi sono serviti relativamente, i dubbi permangono e poco mi aiuta riflettere su ciò che è giusto o su ciò che è sbagliato.
Mi trovo seduta sul divano, con la mano destra sulla fronte. Sbuffo. Tiro pugni allo schienale e giuro che mi è cosi difficile interloquire con voi, non mi è mai capitato. Sono avvolta da un forte pessimismo, da un gran malessere, che non riesco a spazzar via. Ho cosi tante domande che mi frullano per la testa, ma non so per quale barbaro motivo non riesco a trovare una risposta. Eppure sono io la donna che svela gli enigmi, che da consigli a quintali: vi ricordate quanto siano stati decisivi i miei suggerimenti durante il fidanzamento di Bianca e Cristiano?. Accade sempre cosi, non c’è nulla da fare: se capita agli altri sei la miglior consigliera di Vietri e dintorni, se succede a te qualcosa…depressione totale!.
Il sole riscalda la mia pelle, forse anche troppo. Il caldo mi rende piu’ elettrica del previsto, in questo istante potrei fare di tutto, compreso prendere a ceffoni un individuo. Ora che ci penso ciò lo faccio anche quando sono nella mia fase “normale”.
Bevo un sorso di limonata fredda e stropiccio la pelle del mio viso. Batto la pianta del piede destro nudo a terra. Tossisco nervosa.
Ma che fine hai fatto?”, esordisce una voce sensuale e calda, quella di Cristiano. Mi guarda negli occhi, perplesso. Si accomoda a terra. Incrocia le gambe. E’bello come il sole, adorabile nella sua polo chiara e nel suo pantalone scuro. Ammazza che fisico che ha, se li porta una favola i suoi trentanove anni. E che problema ha: la moglie stravede per lui, quattro figli, di cui due in arrivo, una bella casa, un bel lavoro e nessun idea folle del tipo “ora mi trasferisco a Napoli e addio al mondo intero”.
Allora che fine hai fatto?”, ripete per la seconda volta la sua frase.
Con aria indifferente e mezza morta rispondo: “La fine del capitone…si vede solo a Natale!”.
Sconvolto da quanto da me detto afferma: “Wow il tuo umorismo è disarmante”. Morde il labbro inferiore: “Sfogati”.
E mi sfogo si, visto che di problemi ne ho un sacco. Corrugo la fronte: “Vediamo…ho fatto l’amore con Antonio, il mio vicino di casa, Adriano è tornato, mi ha confessato il suo amore, io il mio tradimento e… basta credo che vivremo tutti infelici e tristi. Fine della favola”.
Sgrana gli occhi: “Sei andata a letto con l’avvocato? E quante volte?”.
Aggrotto il sopracciglio: “Una. Vuoi anche i dettagli intimi?”.
Batte una mano a terra: “No, demente. Ecco perché Adriano stava in quel modo”.
Sobbalzo dal divano: “Hai visto Adriano?”.
Annuisce: “Si, ieri. Gli ho chiesto scusa per il mio atteggiamento, mi sono comportato come un idiota durante la festa. Non ha pronunciato una parola, aveva il viso scavato, stava messo maluccio”.
E poi?”, gli chiedo, avida di curiosità.
Lucì il fatto è questo, io non credo che lui non ti ami piu’, ne penso che non voglia bene ai suoi figli”. Sto per irrompere nel suo discorso, ma mi ferma: “Si lo so, è un idiota, le sue azioni dimostrano altro, ma dopo averci discusso un po’ posso dirti che l’ha fatto sia per ambizione sua, sia per dare qualcosa in piu’ alla sua famiglia”.
Sorrido sarcastica: “Nessuno gli ha chiesto questo”.
Agita le mani: “E pure tieni ragione. Ma ora che vuoi fare? Puntargli il dito contro per anni, facendo cosi soffrire i ragazzi e lui? Senza contare che anche tu ci stai male, non lo dici ma è cosi”.
Sbuffo: “E che dovrei fare? Dovrei riprendermelo in casa, mettendo una pietra sopra a tutto? Crì mi ha messo da parte in quanto moglie, il mio tradimento è paragonabile al suo”.
Scuote i capelli corti scuri: “Secondo me dovete solo discutere e come si deve. Dovete tirare le somme: o dentro o fuori. Basta mezze parole, basta rinfacciarsi cose che ormai appartengono al passato. C’è una possibilità di salvare questo matrimonio? Si…ok si salva, altrimenti procedete in diverso modo”.
Affondo la testa tra le ginocchia: “Ho una tale confusione in mente che non hai idea, senza contare che ora c’è Antonio…”. Mi zittisce con una frase ambigua: “Da quello che ho capito Antonio è un uomo attento ed intelligente”.
Attonita gli chiedo: “Che vuoi dire Crì?”.
No niente. Niente Lucì”, guarda l’orologio, “ora devo andare che mi aspetta Bianca per un controllo. A proposito chiameremo i bambini Brando e Cecilia, ti piace?”.
Sorrido, dopo aver sentito questa magnifica notizia: “Sono bellissimi questi nomi. Carlo, Elena, Brando e Cecilia…sono sicura che faranno scintille i tuoi figli”.
Petto muscoloso impostato: “E’ovvio, saranno uguali al loro papà!”.
Saluto Cristiano con un caloroso abbraccio, non so come farei senza il suo supporto, senza le sue parole, senza i suoi occhi. Siamo cresciuti insieme, i miei segreti sono stati i suoi, i suoi i miei, le mie azioni le sue, le sue le mie. La sua gioia, la sua felicità parte della mia. Una persona tempo fa disse che io cercavo negli uomini o meglio nel mio uomo parte di mio fratello: cara lettrice devo darti torto, in parte. Premettendo che tutte le donne del mondo vorrebbero un figo pazzesco come Cristiano in casa, io nel mio partner cerco solo sincerità ed amore. Eppure entrambi per lungo tempo abbiamo escluso dal nostro rapporto un dettaglio rilevante: il dialogo!.

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Capitolo 17
*** E Poi, Chi Sa! ***


Image and video hosting by TinyPic Secondo capitolo del giorno!
Baci da Carla.

CAPITOLO 17- E POI, CHI SA!


Primo Luglio, mattina, i giorni trascorrono in fretta qui a Vietri, quasi ti riesce difficile percepire il susseguirsi di lunghe giornate, fatte di pensieri, decisioni e caffè per rinvigorirti. Si, avete capito bene: decisioni, credo sia giunto il momento di prenderle, di fare ciò che è meglio per tutti.
Il sole scalda la mia pelle, la solletica, ho come l’impressione che mi stia coccolando. L’immancabile odore del mare: se ci fossero stati i miei figli credo che ora starei in acqua a divertirmi con loro. Ricordo che una volta, appena sposata, io e Adriano ci recammo di notte sulla spiaggia: facemmo il bagno nudi…fu davvero bellissimo. Questo è uno dei miglior ricordi che ho di lui. Fu una serata indimenticabile quella, piena di amore e incoscienza: non oso immaginare cosa fosse accaduto se ci avessero visti, sai che vergogna?. In realtà io ed Adry ne abbiamo fatte di follie insieme. Insieme, eh? Proprio come lo siamo ora!. Non si può negare il mio contributo negativo, se solo fossi stata piu’ razionale e meno istintiva forse mio marito non soffrirebbe come un cane. Ora che ci penso mi sono totalmente invaghita di Antonio, senza badare ad eventuali conseguenze. Insomma ho fatto crollare tutto per un uomo, che in fin dei conti non conosco. Può essere bello quanto vi pare, ma poco e niente so di lui…in compenso il mio matrimonio con la persona che ho incontrato piu’ di quindici anni fa è andato a monte.
Passi decisi dalle scale. Mi volto, poggiando il braccio sullo schienale del sofà. Sorriso leggero, non che non se lo meriti, ma il mio stato d’animo poco mi aiuta. Non si può gioire con una situazione del genere.
Poggia la sua valigia accanto il muretto: “Ciao Lucilla, come stai?”.
Bene, grazie. Tu?”, affermo mentre osservo i suoi occhi stupendi.
Stanco, ma è tutto ok!”, replica, mostrando una bellezza disarmante.
Si siede vicino, silenzioso. Scruta ogni mio piccolo particolare, la mia maglia, il mio pantalone, i miei piedi scalzi, il mio volto sciupato.
Tuo marito, giusto?”, esordisce sincero. Incrocia le braccia.
Ancora assorta nei miei pensieri, scuoto la testa perplessa e gli chiedo: “Cosa?”.
Annuisce, ripetendo la frase: “Si, tuo marito”.
Ispiro, emettendo un piccolo rumore. Fisso il vuoto: “Mio marito ed io, abbiamo sbagliato entrambi. Lui con le sue decisioni ed io…”, spalanco le braccia, “ed io non lo so, non so piu’ nulla, non so che fare, non so cosa pensare, cosa decidere” .
Schiarisce la voce: “Ora è ovvio ti serve molto tempo, tanto tempo. So cosa si prova, ci sono passato prima di te. Se non avessi avuto intere giornate per riflettere, credo che ora non sarei cosi calmo, cosi pacato…non avrei accattato la situazione, chi sa, ora starei ancora a rincorrere mia moglie”.
E lo fisso, dopo il suo discorso. Il mio non è uno sguardo a caso. Antonio tu sei l’unico ad avere la mente lucida, sei l’unico che può trovare una soluzione. L’unico che sa cosa bisogna fare in questo preciso istante.
Comprende i miei sentimenti, le mie richieste, dunque continua a parlarmi, con molta dolcezza: “E’ stato bello tra noi, bellissimo, ma a differenza tua io sapevo che non ci sarebbe stato nulla di piu’di quella notte, che non rinnego, anzi. Puoi anche non amare tuo marito, ma ci sono tante cose che devi risolvere nella tua famiglia, io ti sono solo di intralcio”, sfiora la mia mano, “senza contare che non posso chiederti nulla, non posso chiederti di amarmi o altro, ci conosciamo cosi poco, non sappiamo neanche cosa effettivamente può nascere tra di noi…ci siamo incontrati nel momento sbagliato Lucilla”.
Sbuffo: “Si è vero, ci siamo incontrati nel momento sbagliato”.
E senza dire altro ci abbracciamo forte, restando cosi per molto tempo.
 
 
CAPITOLO 17(SECONDA PARTE)- E POI, CHI SA!

La notte porta consiglio? No porta verità, quella che tanto attendo. La risoluzione ultima di ogni mio problema. La fine dei miei dubbi, la fine di tutto e l’inizio di una nuova vita, meno complessa si spera. Osservo la luna: almeno tu dammi un po’ di coraggio, stammi accanto, senza tradirmi. Un cielo senza nuvole, un leggero vento e i miei capelli che oscillano. Un forte odore di shampoo alla rosa. E l’immancabile divano sul terrazzo, che ha visto i miglior eventi di questo lungo periodo. Un mese che appare un anno. Delusione, passione, speranza…queste le sensazioni qui vissute. Ed ora? Cosa ne sarà di me e delle persone che mi circondano?.
Ora io e te, faccia a faccia, nessun segreto, nessuna rivelazione. Io e te, occhi negli occhi…e la realtà, le nostre vite, i nostri figli, il nostro matrimonio.
L’attesa non è lunga, termina in questo preciso istante. L’istante in cui Adriano si accomoda accanto a me, sfregando il suo viso con la mano.
Alzo il volto, pronunciando in avanti il mento: “Allora?”.
Allora niente, ci siamo fatti male abbastanza, non credi?”, afferma, con voce bassa.
Tu mi hai lasciata da sola”, replico, nervosa, mentre stropiccio la mia camicia bianca.
Tu mi hai tradito con un altro uomo”, abbassa lo sguardo, “tu non sai cosa significa subire un tradimento”. Lo zittisco ben presto: “Tu non sai cosa vuol dire starsene a casa senza il proprio marito, anche tu mi hai tradita, a modo tuo ma l’hai fatto…non lo dimenticare”.
Mi fulmina per un istante, ma tace, forse perché consapevole dei suoi errori.
Se avessimo parlato di piu’ io e te, chi sa…”, gli dico, sospirando e tirando le labbra.
Copre il volto con le mani: “Non lo so, ma una cosa è certa non ho mai sofferto cosi tanto in vita mia”.
Mi volto di scatto. Con forza afferro la sua testa e poco distante da lui, farfuglio qualcosa, ma taccio. I nostri sguardi si fondono e la rabbia esplode. La sua nei miei confronti, la mia nei suoi. Affanno, vorrei dirgli tante cose, vorrei ribadirgli che è stato un perfetto idiota, che lo vorrei ammazzare con le mie stesse mani per quello che mi ha fatto. Zittisco: cosa ho fatto io? Non posso affermare “nulla”, ho sbagliato e tanto. Senza contare la mia decisione di riversargli addosso in modo crudo e gratuito il mio tradimento. Io me ne sono liberata, lui porta il fardello sul cuore. Ma d’altra parte non potevo di certo nascondergli la verità, non sarei stata coerente con me stessa. Ci siamo fatti male abbastanza, non credi Lucilla? Cosa vuoi aggiungere piu’. Poco servono le parole, poco serve urlare ed inveire, se tutto ciò commesso resta nelle nostre menti.
Si scosta da me. Affonda una mano nella tasca del suo bermuda scuro e tira fuori il telefonino. Lo miro, stranita.
Compone un numero: “Chiamiamo i nostri figli insieme. Partiamo da dove abbiamo iniziato”.
Il mio sguardo fisso. Acconsento: “Si”.
E dopo pochi minuti ci ritroviamo vicini a ridere di gusto, ascoltando Marta parlare degli scherzi organizzati da Luca a danno dei suoi compagni. I nostri ragazzi ci descrivono le loro giornate spensierate, la caduta della mia bambina a mare, il mio maschietto, che si prende gioco di sua sorella e le strane storie horror, che raccontano in camera di notte a luce soffusa. Risate di una famiglia che per poco tempo si ritrova complice come una volta. Come tanto tempo fa. Un tempo che forse…chi sa!

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Capitolo 18
*** Solo Per Amore ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti. Ultimo capitolo della storia. Colgo ancora l'occasione per ringraziare tutte le mie amiche, che hanno letto e commentanto il racconto...non so come farei senza il vostro sostegno e soprattutto senza voi in quanto persone, mi dispiace tantissimo che siamo lontane, altrimenti vi avrei conosciute di persona ben volentieri.
Un bacio e alla prossima ;)



CAPITOLO (EPILOGO)- SOLO PER AMORE

               
                                                        Tre anni dopo- Novembre
 
Sono ancora qui, io e voi, voi con me. Ne è trascorso di tempo…tre lunghissimi anni, durante i quali è accaduto di tutto. Ma procediamo con calma, iniziamo questo piccolo ultimo discorso da dove ci siamo lasciati: io ed Adriano sul sofà…ne abbiamo fatti di progressi insieme. In primis mio marito ha deciso di ritornare a Vietri, io e i ragazzi abbiamo atteso un po’, ma il suo trasferimento dopo un annetto all’incirca è andato in porto. Attualmente insegna nella scuola media dove esercito anche io, a quanto pare si è reso conto che la famiglia viene prima di tutto, compreso la carriera. Il rapporto tra lui, Marta e Luca procede bene, anche se mia figlia tende a tenerlo distante da se, soprattutto quando Adriano vuole impicciarsi delle sue cose da giovane ragazza. Ormai è grande, tanto grande…sedici anni non sono mica pochi!. Con Luca c’è piu’ complicità, forse perché sono entrambi maschi: non fanno che parlare di motociclette e calcio, senza contare il tempo speso dinanzi quell’affare malefico, alias Play Station.
A Settembre di tre anni fa non c’è stato alcuna separazione tra noi, anche se non viviamo sotto lo stesso tetto. Nonostante gli sforzi non ce la sentiamo ancora di ritornare come tempo fa: una coppia. Diciamo che ce la mettiamo tutta, l’uno viene incontro all’altro: una volta una cena, un'altra una passeggiata, un'altra la spesa e si finisce per trascorrere la giornata insieme, anche per i nostri ragazzi. E’stata durissima per lui digerire il mio tradimento, è stata durissima per me credere nel suo cambiamento, ma per il bene di entrambi abbiamo deciso di darci una possibilità, mettendo questa volta al centro del nostro rapporto il dialogo e la sincerità. Non mi ha mai chiesto chi fosse l’uomo con cui ho avuto una breve relazione, una sera aprii il discorso, ma mi disse di non precisare altro. Non so perché abbia preso questa decisione, ma ormai poco conta. Mi manca molto mio marito, pur avendolo presente tutti i giorni sento la sua mancanza, forse dovremo ritornare sotto lo stesso tetto, chi sa!. Ho bisogno di lui ogni singolo giorno della mia vita.
Vi chiederete dunque di Antonio: ricordate quel lungo abbraccio sulla terrazza? Credo di si, siete sempre cosi attenti! Bhè quello fu il suo modo di salutarmi definitivamente, il giorno dopo trovai una lettera in cui mi spiegava che per lavoro era costretto a trasferirsi a Napoli. Ovviamente fece allusione anche a ciò che ci fu tra noi, ribadì quanto era stato importante quel mese di Giugno, ma non capita spesso che ci si incontri nel momento giusto!. Lui, a differenza mia, già sapeva che avrei dato un ulteriore chance al mio matrimonio. Non l’ho sentito piu’ da quel giorno, ma tramite queste nuove tecnologie sono venuta a conoscenza che ha avuto un figlio da poco…sono contenta per lui.
A quanto pare siamo un po’ tutti soddisfatti di noi stessi: Bianca e Cristiano hanno avuto i gemelli, Antonio è diventato padre ed io ed Adriano ci riproviamo, grazie anche allo zampino di Rossella, la mia cara amica, che ha affittato a mio marito la sua casa.
Ed ora? Cosa ci tocca fare? Semplicemente vivere le nostre vite a pieno, tentando di non commettere piu’ alcun errore e facendo si che ogni nostra azione sia compiuta solo per amore. Solo e soltanto per amore!.
 

NOTA AUTRICE:

Finalmente un piccolo angolo, ove posso parlare con voi. In primis chiedo umilmente scusa a tutte le mie lettrici: ho iniziato a scrivere questo racconto con le migliori intenzioni possibili, ma ad un certo punto mi sono bloccata, da qui la decisone di diminuire il numero dei capitoli. Credo che il mio blocco appunto sia dovuto al fatto che, essendo molto giovane, non conosco di preciso tutti quei vari meccanismi che entrano in gioco quando vi è un tradimento o comunque una situazione familiare cosi complicata.
Ciò nonostante ce l’ho messa tutta e spero con il cuore che il mio racconto vi sia piaciuto. Prometto che farò di meglio con il prossimo!
Un bacio grande, grandissimo e grazie mille a tutte,
Grazia.

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