Astoria, il personaggio sconosciuto.

di zora_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo - Al lago. ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo - La festa. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Astoria, il personaggio sconosciuto.

 

Astoria Greengrass era una giovane strega purosangue di diciassette anni, una ragazza tranquilla e riservata ma non per questo da sottovalutare.

Fisicamente era misteriosa ed assolutamente imperscrutabile, alta e sottile, i soffici capelli scuri le arrivavano appena sotto le spalle, in contrasto con i colori chiari e cangianti degli occhi.

Aveva un viso non del tutto regolare, ma in ogni caso armonioso ed indubbiamente elegante, il mento appuntito, gli occhi dall'iride grande e profonda, il naso pronunciato e la pelle pallida non facevano altro che contribuire alla sua nobile figura.

La giovane aveva una sorella minore di nome Daphne piuttosto diversa da lei: estroversa e mite, aveva lunghi e lisci capelli biondi che sfioravano i fianchi e sembrava nata per far impazzire i ragazzi.

Quando la minore era stata invitata a presentarsi alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, in Inghilterra, Astoria si era già trasferita in Francia, all'Accademia di Magia di Beauxbatons. Per anni aveva ascoltato con malcelato fascino ed invidia le storie che la sorella raccontava della sua scuola, arrivando persino a maledire l'impeccabile educazione che le veniva impartita in Francia.

Solo al termine degli studi la maggiore delle due sorelle fece effettivamente ritorno in patria, e si poteva dire che non fosse cambiata poi tanto.

Infatti, nessuno era riuscito a mettere piede nella sua vita, anche se alcuni temerari avevano tentato l'ardua impresa. Alla fine dei sette anni di studio, nessuno aveva più nemmeno provato a chiamarla ancora “verginella” (anche se era chiaro che era effettivamente vergine, in quanto sembrava trovarsi molto più a suo agio in solitudine piuttosto che in compagnia) e l'intero corpo studentesco sembrava conoscerla come “la vergine di ghiaccio” e varianti sul tema.

La giovane infatti non sembrava darsi troppa pena per il pensiero altrui, ma non per questo accettava di essere presa per i fondelli gratuitamente.

In ogni caso, all'età di diciotto anni, la nostra misteriosa ragazza si trovava in Inghilterra, a ricongiungersi finalmente alla sua famiglia.

Avrebbe dovuto aspettare altri due anni prima che anche la sorella tornasse definitivamente a casa, e non aveva idea di come occupare il tempo che mancava.

Di certo la sua famiglia non aveva bisogno di soldi, quindi trovarsi un qualche lavoretto era un'opzione da scartare. Di viaggiare non ne aveva voglia, non ne aveva mai avuta.

Si limitò allora a pensare.

Non era il tipo di persona che non sa passare più di cinque minuti nella stessa stanza, e non aveva problemi a passare un'intera giornata cibandosi di libri.

Daphne l'aveva spesso e volentieri presa in giro per questo, diceva che se si fosse trovata ad Hogwarts sicuramente sarebbe stata smistata a Corvonero, e sarebbe senz'altro stata la prima della classe anche tra i suoi compagni di casa.

Quello che Astoria non comprendeva appieno era il disgusto che la sorella sembrava provare per ogni persona che fosse al di fuori del famigerato circolo Serpeverde, ma nemmeno per quello si dava troppe angosce.

Scoprì così , durante quei due anni sabbatici che si apprestava a concedersi, un'insperata inclinazione per l'arte che sembrava rilassarla almeno quanto la musica, e si diede tempo per studiarne la storia, l'evoluzione, e poi ancora l'esecuzione stessa. Non si lasciò limitare da nulla, procedeva spedita e con passione dalla pittura alla scultura, senza mai lasciarsi scalfire dagli insuccessi.

Si diede tempo per creare.

Scrisse molto, scrisse su sé stessa e sulla vita che la circondava. Anche lì, quando incontrava un qualsivoglia ostacolo, non si lasciava certo fermare.

Lesse e studiò ancora, perché le sembrava il modo giusto di affrontare ogni cosa, come con le persone: prima di mettersi in contatto con qualcuno, aveva bisogno di conoscerlo a fondo.

Così, i due anni che inizialmente sembravano eterni scorsero veloci, tra un'opera e l'altra, e il 14 giugno arrivò quasi di sorpresa.

 

 

Quella mattina Astoria si era alzata sufficientemente presto da potersi preparare con calma. Quella mattina l'avrebbe dedicata alla cura di se stessa.

Erano appena le otto di mattina, quando appoggiò il bicchiere di spremuta d'arance sul legno massiccio del tavolo della Sala da Pranzo, per poi alzarsi ed avviarsi ai suoi appartamenti come faceva ogni mattina.

Il palazzo era avvolto nel più completo silenzio -i suoi genitori non sembravano dell'idea di uscire dalla loro camera al più presto, e se gli elfi in quel momento stavano svolgendo un qualche compito lo stavano facendo con la massima discrezione, come loro solito- ed Astoria lo attraversò velocemente, godendosi la luce intensa della mattinata estiva che entrava dalle ampie vetrate spalancate nei corridoi.

Una volta giunta a destinazione lasciò il libro che aveva portato con sé sul letto e procedette verso il suo bagno personale.

Chiuse la porta alle sue spalle e si spogliò mentre l'ampia vasca incassata nel pavimento si riempiva di schiuma. Una volta nuda, entrò senza esitare nell'acqua tiepida, affondando con tutto il corpo.

Senza fretta, tornò fuori col capo e procedette con il suo programma giornaliero, massaggiandosi la pelle già levigata e curando i lunghi capelli scuri.

Dopo un lasso di tempo indeterminato si decise ad uscire dal bagno, portando con sé solo un pettine intagliato nella madreperla.

Ancora svestita, con solo un asciugamano a coprirla, si accomodò sul letto guardando ancora una volta il panorama che si stendeva fuori dal palazzo famigliare. Con tutta la calma del mondo, lasciò vagare i pensieri, tranquilla e in pace con se stessa, mentre faceva scorrere i dentini del pettine tra i capelli.

Pensò che era quasi felice, sentiva che le cose erano rimaste immutate per troppo tempo, il che significava solo una cosa: stava per accadere qualcosa d'importante. E il primo cambiamento stava per arrivare, lo sentiva dentro, e tutti i suoi sensi erano in allerta per cogliere anche il più piccolo particolare.
Quel giorno sarebbe andata al binario nove e tre quarti, a King's Cross, e qualcosa stava per succedere.

 

 

 

 

 

__________________

 

Spazio all'autrice. (Autrice? L'ho scritto davvero?)

 

 

Ebbene sì, sto riuscendo a creare qualcosa di più di una minuscola one shot.

Beh, c'é da dire che ci sono particolari leggermente modificati (ad esempio, Astoria ha due anni in meno di sua sorella, non due di più, ed ha frequentato Hogwarts, non Beauxbatons) e lo so, lo so che si chiamerebbe Asteria, ma l'ho conosciuta come Astoria e ormai non riesco più a carvarmi il nome sbagliato dalla testa.

Ho scoperto che Astoria è un personaggio splendido, posso giocarci esattamente come mi pare e piace, e a dire il vero mi sono divertita parecchio a scrivere questa short -sì, è già completa, non preoccupatevi!- e mi sono ispirata a me stessa. Si, lo so, è una cosa abbastanza narcisistica, ma che ci volete fare.

In effetti, non mi sono ispirata a me stessa solo come carattere, ma tutta la trama si basa su una faccenda che mi ha segnata parecchio. Solo, non posso dirvi altro, sennò ve la racconto tutta! 

Spero di avervi incuriosita, e sappiate che presto arriveranno nuovi svolgimenti.(Molto, molto presto. Non vedo l'ora di leggere qualche commento per pubblicare il prossimo capitolo.)

Nel frattempo vi saluto con tanto affetto.

Vostra, 

Aurora.

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Capitolo 2
*** Capitolo primo - Al lago. ***


 

Astoria per l'occasione si era vestita in modo elegante, senza dubbio: il caldo estivo si faceva sentire, e quindi aveva optato per una lunga casacca di seta. Il grigio perla del tessuto era stato riflesso dalle iridi dei suoi occhi non appena era uscita all'aperto, e quella era una cosa che la ragazza adorava, di se stessa. Sarà anche stata una giovane restia ad apprezzare la compagnia, ma non per questo dimentica della cura del suo aspetto esteriore.

Assieme ai genitori, attraversò il muro che separava la stazione babbana da quella magica, per ritrovarsi immersa nella nebbia che aleggiava sul binario.

Sbattendo appena un po' le ciglia per scacciare il fumo dagli occhi, avanzò ancora di qualche passo per poi fermarsi a cercare la sorella tra la folla di ragazzi appena scesi dal treno. Erano in perfetto orario, come si addiceva al buon nome della famiglia, ed Astoria non ne era affatto sorpresa.

Cara, la vedi?” chiede gentilmente la madre, alle sue spalle.

Fece appena in tempo a girarsi e negare col capo, quando una sessantina di chili di ragazza le venirono addosso, travolgendola.

 

Tori! Mi sei mancata!” Le strillò nell'orecchio la sorella, stringendola con tutte le sue forze tra le braccia, incurante dei fini capelli biondi che aveva gettato in faccia ad Astoria.

 

La giovane rise contenta, contraccambiando l'abbraccio.

 

Mi sei mancata anche tu, Daphne. Ma quante volte ti ho detto di non chiamarmi così?!” Cercò di sembrare arrabbiata, ma sapeva benissimo di avere ancora il sorriso sulle labbra, e che si sentiva anche nella sua voce.

La sorella si allontanò un poco, ridendo ancora ed appoggiandole le mani sulle spalle.

Ti devo raccontare un sacco di cose, quest'anno è stato incredibile.” le disse, un ghigno malandrino sul viso. Astoria poteva ben immaginare che presto la ragazza si sarebbe lanciata in una descrizione dettagliata delle sue ultime bravate o delle sue migliori conquiste. Ridacchiò divertita, pregustandosi il momento, senza accorgersi che un altro paio di occhi grigi, appena celati da un altro ciuffo biondo, la osservavano tra la folla, di nascosto.

 

Qualcosa stava per succedere.

 

 

 

 

 

Astoria si stava ancora una volta dedicando alla lettura, quando Daphne irruppe nella sua stanza con una lettera in mano ed un sorriso sornione sulle labbra.

 

Tori, non ci crederai: ti ho trovato un ragazzo.” disse la bionda, lanciandosi scomposta sul letto dove la sorella riposava tranquilla.

 

E cosa ti fa' pensare che io possa volerlo?” chiese la maggiore a mo' di risposta.

In effetti, Astoria non voleva nessuno nella sua vita che non ci fosse già: un ragazzo avrebbe significato una notevole diminuzione del tempo a disposizione per se stessa ed i suoi interessi principali.

Per un ragazzo sarebbe dovuta uscire spesso, soprattutto quando non ne aveva voglia; per un ragazzo avrebbe dovuto lasciare a metà un libro, oppure adeguarsi al suo modo di vedere il mondo e no, Astoria Greengrass non ne aveva assolutamente voglia.
Era vero, c'erano notti in cui era troppo stanca persino per leggere, e si arrendeva al sonno, ma proprio quando si stendeva e si lasciava avvolgere dalle tenebre sentiva il cuore piangere, e si sentiva magra, magra da far male.

Affamata di abbracci da dietro e di baci sulle spalle, sotto le coperte, mentre guardava le luci della vallata fuori dal terrazzo.
Ma erano momenti, e Astoria era veloce a mettere a tacere quegli sciocchi sentimentalismi che la coglievano in contropiede.

 

Tori.” Daphne interruppe le sue elucubrazioni “Tu sei sola. Tu non sei felice.” disse, come se fosse una cosa ovvia, come se fosse una risposta valida.

 

Del resto, Astoria sapeva che la sorella non riusciva a capirla, e non era certo l'unica. Daphne era abituata ad una vita frenetica, una vita vissuta nel dormitorio femminile, una vita piena di risate, amici ed amanti.

Astoria era una ragazza molto più ritirata, e aveva vissuto la sua vita in una camera singola e sobria, a studiare ed apprezzare le piccole cose della vita. Non era abituata a ridere spesso, tanto meno delle risate chiassose che faceva sua sorella ogni due per tre.

 

Daphne, non ho bisogno di nessuno, davvero.” ed era sincera.

 

Tori, guarda che puoi dirmelo. E poi lui è rimasto affascinato da te, non dovresti fare assolutamente nulla. Prova, no, che ti costa?”

Astoria s'innervosì, odiava essere commiserata.

 

Senti, Daphne, non ho nessun intenzione di mettere questo libro sul comodino per qualcun'altro che non sia tu, d'accordo? Non ho intenzione di muovermi di casa se non per fare il bagno al lago, e tanto meno di sorbirmi un ragazzino dipendente dal sesso che blateri di quali siano le cose valide della vita. Mi hai capita?”

 

No, Astoria, tu sei davvero troppo chiusa. E di questo passo invecchierai prima dei tuoi trent'anni, invecchierai dentro. Io voglio che tu conceda a questo ragazzo almeno una possibilità, d'accordo? Devi solo provare a lasciarti andare, a capire che non sei più in Francia, che puoi cominciare a vivere davvero.

Sei restata chiusa in questa casa per anni, è ora di uscire.

E tu inizierai da Draco Malfoy, capito? Non dovrai fare nulla, perché lui è uguale a te, Astoria. E che io sia dannata se tu muori vivendo la tua vita così. Tu puoi dare molto, molto di più.” Tirò tutto d'un fiato.

 

Astoria la guardò intensamente mentre valutava le sue parole. Fece scontrare i suoi occhi grigi con quelli azzurri della sorella, e si fermò a pensare.

 

Vide la sua vita cambiare, allargarsi, amplificarsi. Si vide abbracciata la sera, sotto le coperte, si vide a leggere con una testa dormiente appoggiata in grembo, si vide camminare per il bosco dietro il palazzo vicino accanto ad altri passi, si vide osservata mentre nuotava nel lago dall'acqua scura poco distante dal palazzo.

Cercò d'illudersi, d'immaginarsi una vita più bella.

Eppure non riusciva a crederci davvero.

 

Astoria, tu sarai felice.”

 

 

 

Astoria chiuse il libro nel silenzio assoluto della sua camera, assaporando il rumore della copertina rigida che scricchiolava. Chiuse un attimo le palpebre, stanca, e allungò il braccio per soffiare sulle candele che teneva sul comodino.

Dolorante per la posizione mantenuta troppo a lungo, si stese sistemandosi sul fianco sinistro, guardando come ogni sera fuori dall'ampia vetrata della sua camera.

Era priva di tende, e questo le permetteva di guardare la luna crescente e le stelle immerse nell'oscurità più completa, e di sentirsi parte di un tutto, una parte infinitesimale di un mondo intero, eppure in pace con se stessa.

 

Chiuse gli occhi e sospirò a fondo.

Sapeva che sua sorella non stava bluffando, quel pomeriggio. Chi non la conosceva avrebbe potuto dire che stava straparlando e basta, ma lei sapeva perfettamente che da quel momento in poi la sua vita sarebbe cambiata.

Si ritrovò a pensare che effettivamente lei stessa aveva avuto lo stesso presentimento, pochi giorni prima.

Eppure, appena l'altro giorno il suo subconscio sembrava aspettare con ansia i cambiamenti in arrivo, anche se lei non se n'era resa pienamente conto. Al contrario, ora ne era quasi intimorita.

 

Sospirò ancora, e si lasciò andare tra le braccia di Morfeo, pensando vagamente che quella sera non valeva la pena sentirsi sole, perché forse presto avrebbe visto la fine del tunnel dove si trovava.

Forse, pensò, presto sarebbe stata abbracciata davvero.

 

 

Aprì gli occhi che il sole ancora doveva sorgere, la sua luce lontana e ancora fredda aveva appena iniziato a dipingere il cielo terso.

Ormai sveglia, uscì dalle coperte e poggiò i piedi sulla pietra fredda, poi si alzò in silenzio e prese la vestaglia blu scura dalla sedia dove l'aveva lasciata la sera prima.

Se la allacciò in vita e la lisciò sul ventre, raccolse la bacchetta e se la mise in tasca, poi si sistemò i lunghi capelli sciolti dietro le spalle.

Infine, si decise ad avviarsi ai confini del palazzo. Scese tutte le scale che la separavano dal portone d'entrata ascoltando il silenzio assoluto che impregnava il palazzo, per poi finalmente uscire all'aperto. La frizzante aria estiva era ancora coperta dall'umidità notturna, ma lei non se ne curò più di tanto e prendendo un lembo della lunga veste camminò a piccoli passi svelti, attraversando i campi, avanti e avanti ancora, fino a raggiungere le sponde del lago.

Il pozzo di acqua scura si trovava al limitare dei possedimenti famigliari, e per chi non era invitato era impossibile valicare i confini.

Rallentando il passo, arrivò sulla riva. Portò le dita affusolate sul laccio che chiudeva la veste e lo slacciò, per poi lasciarla cadere a terra.

Si piegò per prendere il fondo della camicia da notte che indossava, lunga fino ai piedi, e se la sfilò, lasciando cadere anche quella. Infine si liberò anche della biancheria che aveva addosso, e finalmente mosse i primi passi nell'acqua gelata.

Lo strano colore delle acque facevano sembrare il suo colorito ancora più pallido, quasi mortale. Ignorando la pelle d'oca, Astoria s'immerse in acque ancora più profonde, per riemergere solo dopo qualche bracciata subacquea, portandosi i capelli all'indietro.

Il freddo era già diminuito, e ora sentiva solo la pace assoluta che l'avvolgeva. Aprì gli occhi ed effettuò qualche altra bracciata a rana in superficie, con calma, mentre si guardava attorno.

Un lampo chiaro nella vegetazione scura attirò immediatamente la sua attenzione.

Si fermò ed affilò lo sguardo. Uno scricchiolio, come di un ramo spezzato, interruppe la quiete.

Poteva essere un coniglio, una faina od un furetto, un qualsiasi piccolo animale del sottobosco, ma Astoria si sentiva osservata.

Eppure, non poteva essere nessuno.

Sua sorella dormiva sempre fino a tardi, come i genitori, e se anche fosse stata lei non c'era motivo di preoccuparsi.

Sicuramente era stato un animale.

Decise comunque di tornare a riva e rivestirsi, quindi di tornare nei suoi appartamenti.

Si mosse velocemente e una volta a riva si accucciò a terra e con la bacchetta fra le dita evocò un ampio asciugamano bianco per coprirsi a dovere. Si tirò in piedi e ancora una volta scrutò il punto da dove aveva sentito provenire il rumore sospetto, senza aspettarsi di trovare granché.

Per questo rimase sconvolta, quando vide un ciuffo biondo ed una sagoma umana seduta dietro un cespuglio. Si rese conto di essere nuda, e che quei capelli erano corti, seppur biondi, e sua sorella li aveva lunghi, lunghissimi... Raccolse di fretta i suoi abiti con una mano mentre con l'altra stringeva sul petto l'asciugamano, come a difendersi da un pericolo che effettivamente, ancora non sussisteva.

Corse a perdifiato fino alle sue stanze, dove finalmente lasciò andare i vestiti a terra e si gettò sul letto per far tornare i suoi battiti ad una velocità normale, gli occhi chiusi.

Sentì la porta cigolare.

 

Astoria, va tutto bene? Perché hai sbattuto la porta a questo modo?” chiese rimproverandola Daphne. “Cosa ti è successo?” aggiunse, una volta avvicinatasi al letto dove la sorella ansimava disperatamente, ancora bagnata e con solo un asciugamano addosso.

 

Astoria fece segno di aspettare ancora un attimo e si poggiò sui gomiti.

 

C'era qualcuno, al lago. Le barriere hanno delle falle.” non riuscì a cavare altro, ancora stremata.

 

Chi hai visto?” chiese calma la sorella, come se stessero parlando del più e del meno. Eppure, un effrazione non era certo una cosa da sottovalutare.

 

In che senso, “chi ho visto”?! Chi dovrei aver..-” Astoria vide il viso calmo della sorella, e capì: lei sapeva.

 

Daphne la osservava impassibile, perfettamente vestita e con le braccia incrociate.

 

Tu!” cominciò a strillare Astoria, montando su tutte le furie. “Tu! Come ti sei permessa... Cosa hai combinato, questa dannata volta?! Chi era?!”

 

La sorella continuò a guardarla dall'altro al basso, imperturbabile. Sembrava aspettarsi un reazione simile, dalla mora.

 

Cerchi il suo nome? Si chiama Draco Malfoy. Gli ho chiesto io di materializzarsi al lago, quando ti ho vista uscire. Non sapeva cosa avresti fatto.” Spiegò tranquilla.

 

Astoria rimase scandalizzata. “Daphne Greengrass, tu stai cercando di dirmi che, sapendo perfettamente che mi sarei spogliata completamente, hai invitato un tuo compagno al lago, così per passatempo?”

 

Daphne sorrise sorniona, incapace di resistere. “Oh, spero per Draco che tutti i suoi passatempi siano così piacevoli come guardare te fare il bagno nella natura selvaggia...” Astoria non esitò un secondo a schiantarle in faccia un cuscino.

 

Daphne, non mi pare il caso. Già questo ragazzino sembra aver manifestato un preoccupante interesse nei miei confronti -preoccupante per lui, sia chiaro. Ti pare una buona mossa incitarlo così?” Era una domanda retorica, per sua sorella quanto per lei, lo sapeva già. La risposta era però differente dai punti di vista.

Si sentiva terribilmente irritata, perché non capiva come uscire da quella sconveniente situazione.

 

Astoria, ne abbiamo già parlato, tu proverai ad avere una vita sociale, che tu lo voglia o no. Non intendo ripetermi. Inoltre, dovresti smetterla di fare la donna vissuta, perché hai solo due anni più di noi. Ora vestiti, che dobbiamo scendere per la colazione. Ti aspetto di sotto.” chiuse la faccenda ed uscì chiudendosi la porta alle spalle.

 

Astoria, di nuovo sola, si buttò frustrata sul materasso, sbuffando con forza.

Guardò il soffitto come se lì ci fossero tutte le risposte che cercava, come se ci fossero le consolazioni di cui aveva bisogno.

Ripensò a quello che era appena accaduto, cercando di guardarlo dalla nuova prospettiva di cui disponeva. Come aveva immaginato, sua sorella aveva messo in atto da subito il suo piano, e non sembrava aver una gran voglia di mollare l'osso.

Però si sentiva piuttosto strana, riguardo l'accaduto: sapeva che avrebbe dovuto sentirsi violata, eppure... Eppure si sentiva più che altro lusingata da tutte quelle attenzioni che quel ragazzo sembrava rivolgerle. Doveva essere questo il motivo che le aveva impedito di azzannare sua sorella per quello che aveva fatto.

Perché non era vero che Daphne non la capiva, anzi. Tante volte la capiva più di quanto non fosse in grado di fare da sola.

Aveva capito che Astoria aveva bisogno di qualche incoraggiamento, e non aveva esitato a buttarla tra le braccia di questo Draco Malfoy.

Draco... Draco, Draco Malfoy. Suonava così bene. Così... Così familiare.

Biondo. Un ciuffo biondo. Biondo platino, non un biondo qualsiasi.

Draco, Draco, Draco... Draco, biondo platino. Malfoy.

Astoria si sentì morire.

 

Flashback

 

Astoria muoviti, dobbiamo andare.” la incitò sua madre mentre lei si pettinava con metodo i lunghi capelli scuri.

 

Madre, ma si può sapere dove diavolo mi volete portare? Non ho nessuna voglia di uscire!” disse petulante, infilandosi il cappotto.

 

Dobbiamo andare dai signori Malfoy, loro figlio Draco è un grande amico di tua sorella, te ne ha parlato tanto, no? Vi hanno invitate per passare un pomeriggio insieme, non è una bella idea? Inoltre, dobbiamo parlare di cose importanti. Quindi muoviti, Santo Cielo, arriveremo in ritardo!” Strillò infine, come se se ne fosse appena ricordata.

 

Astoria sbuffò, non sopportava quelle insulse gite improvvisate da amici di famiglia sconosciuti. Inoltre, lei aveva undici anni, e non conosceva nessuno della sua età, nessuno che abitasse in Inghilterra. Sua sorella aveva l'abitudine di trovarsi degli amichetti insopportabilmente invadenti, e lei ogni volta doveva sorbirseli e far finta di divertirsi per mantenere la facciata che i suoi genitori avevano messo su.

Questo di certo non sarebbe stato né il primo né l'ultimo.

Il palazzo non era più grande del loro, ed i giardini erano molto curati, fatti per le passeggiate in vesti eleganti. Percorsero il lungo viale d'entrata, e sugli ultimi scalini trovarono la famiglia Malfoy che li attendeva. Erano tutti e tre biondi, soprattutto il padre ed il figlio, di un biondo platino.

Sembravano in posa per un quadretto di famiglia, uno di quelli per i quali Astoria era più e più volte rimasta ferma, a posare per ore.

La donna era molto bella, ed austera, l'uomo aveva i capelli troppo lunghi per i suoi gusti, e il bambino aveva una faccia da rampollo viziato che Astoria già odiava.

Pensare che ci avrebbe trascorso tutto il pomeriggio assieme le faceva venire la nausea.

 

Ciao, Daphne.” salutò con eccessiva freddezza il ragazzino. “Salve, signore e signora Greengrass. Astoria, giusto?” Astoria annuì perplessa. Non sembrava affatto il bamboccio viziato ed odioso che dava a vedere. Aveva una voce così quieta, così calma.

 

Astoria si fermò a guardare l'avversario di sua sorella pensare alla mossa migliore da mettere in atto sulla scacchiera che li divideva.

Era così bello. Si chiese come aveva potuto pensare a lui come un bambino viziato, appena qualche ora prima.

Il profilo dolce, con quel nasino all'insù, e le ciglia lunghe abbassate, le labbra appena appena socchiuse.

Era così bello. Così dolce.

Draco alzò un attimo lo sguardo su di lei, vago, e la sorprese ad ammiralo.

Astoria si sentì morire.

Perché quel ragazzino così bello era un bambino. Toccarlo, anche solo sognarlo sarebbe stato un peccato enorme, sarebbe stato sporcare la polla più limpida di tutte, macchiare la tovaglia più pulita del mondo.

Eppure, era così vicino... Avrebbe potuto baciarlo, appena sfiorargli le labbra... No.

L'avrebbe odiata, se avesse capito. I suoi genitori, quella bella donna così severa l'avrebbe guardata con insopportabile disprezzo, e lei si sarebbe sentita morire anche di più.

E a guardarlo, così bello, così dannatamente pulito, angelico, bellissimo, lei non poteva fare a meno di desiderarlo. Ma non doveva.

Lo guardava, concentrato sul gioco, e sentiva il cuore stringersi, spezzarsi, strapparsi, tirato lontano da lui, inconsapevole.

E non poteva far vedere a nessuno i suoi sentimenti, altrimenti lui l'avrebbe odiata, ed avrebbe avuto ragione. Si sarebbe sentito violato, e lui non se lo meritava, non era certo colpa sua se lei si era follemente innamorata di lui, e stava tanto male per questo.

Non voleva che lui restasse scandalizzato da lei, non l'avrebbe mai potuto sopportare, piuttosto la morte.

Astoria avrebbe messo da parte i suoi sentimenti per lui. L'avrebbe fatto e basta, non importava quanto sarebbe venuto a costare. Non era colpa sua, povero innocente, lui si meritava di meglio, non certo una piccola pervertita come lei.

Astoria si sentì sporca, peccatrice. Delle voci urlanti, accusatrici, l'additarono nella sua testa. “Pervertita! Depravata! Sporca! Ignobile! Lontano da lui!”

Lui non doveva saperlo, mai.

Astoria avrebbe messo a tacere i suoi sentimenti.

Anche se lui continuava ad essere così bello.

Così bello.

 

Fine Flashback

 

Si sentì atterrata dai ricordi, lì, sul copriletto, a guardare il soffitto.

Come aveva potuto dimenticarlo?

Lui, la ragione per la quale era diventata la giovane arida che era.

Lui, bello come un angelo.

Lui, così puro.

Draco Malfoy.

Non riusciva nemmeno a sentire freddo, con l'acqua che le si asciugava addosso, la corrente dell'ampia finestra spalancata.

Draco Malfoy, l'unico che avesse mai amato.

Amato, sì, perché di quell'amore così sbagliato non poteva certo dubitare.

Quel ragazzino, quel bambino che dieci anni prima le aveva strappato il cuore dal petto senza saperlo.

Si sentì di nuovo sporca, sporca come si era sentita solo dieci anni prima.

Sconvolta da quell'inaspettata rivelazione, si alzò lasciando l'asciugamano umido sul letto, e si vestì come un'automa, guardando senza vedere ciò che si metteva addosso.

Scese le scale e attraversò corridoi senza avere la piena consapevolezza di dove stesse andando, per trovarsi infine a sedersi scomposta di fronte a sua sorella, solo il tavolo di legno scuro dove Daphne stava consumando la sua colazione a separarle.

 

Astoria, cos'hai? Sei terribilmente pallida.” Disse preoccupata la minore.

 

Astoria continuò a trapassare il tavolo con lo sguardo, gli occhi imbambolati.

 

Lo conoscevo, non è vero?” Rispose atona.

 

Che cosa?!” Chiese Daphne spaesata.

 

Draco. Lo conoscevo. Tu, tu lo conoscevi. Dieci anni fa.” Disse, a mo' di spiegazione.

 

Dieci anni... Dieci anni fa? Dieci anni fa avevo appena una vaga idea di chi fosse Draco. Perché me lo chiedi?”

 

No, dieci anni fa siamo andate a casa dei Malfoy, con mamma e papà, non ti ricordi? E tu lo conoscevi, Draco!” si riprese Astoria, con uno sguardo strano negli occhi, chiedendo conferme sul passato come i pazzi.

 

Dieci anni fa Draco lo conoscevo di vista, Tori, ho cominciato a conoscerlo davvero solo ad Hogwarts.” cercò di spiegare Daphne comprensiva. “Ma non capisco, perché sei così sconvolta?”

 

Io non posso vederlo, non posso.” Rispose Astoria, scuotendo la testa e parlando ad alta voce con se stessa. Alzò lo sguardo sulla sorella. “Io non posso vederlo, Daphne, non puoi chiedermelo. Non posso.” Si alzò facendo stridere le gambe della pesante sedia sul pavimento di pietra scura.

 

Astoria, ma cosa stai dicendo? Perché?!” Chiese Daphne, cominciando seriamente a preoccuparsi. Quando la sorella cominciò ad allontanarsi si protese verso di lei. “Astoria, perché?!” urlò, mentre la maggiore scappava, la lunga veste che strusciava rumorosa sulle scale, mentre lei correva, correva di nuovo in camera, sperando di trovare un rifugio da tutte le sue paure.

 

 

 

 

 

 

Spazio all'autrice.

Beh, in realtà avrei voluto pubblicare questo secondo capitolo ieri, ma i miei programmi sono stati stravolti e mi sono ritrovata fuori città senza una valida connessione.

Spero di aver aggiunto un po' di sale alla storia, con questo nuovo capitoletto -finalmente di una lunghezza decente.

Che dire? Ringrazio infinitamente Nirvanavita che ha avuto addirittura il buon cuore di commentare, ma ringrazio anche quelle quasi-sessanta-persone che si sono prese quei pochi secondi per aprire il prologo.

Spero che il pairing non mi stia riuscendo così male, visto che è la prima volta che lo provo, ma in ogni caso se vi sembra il caso che la storia sia da Avada Kedavra fatemelo sapere!

Baci,

 

Aurora. 


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Capitolo 3
*** Capitolo secondo - La festa. ***


Astoria si era rifiutata di vedere chiunque, ed era rimasta chiusa in camera per più di un mese, esclusi i pasti.

Daphne non si era certo arresa, non aveva capito cosa aveva scosso tanto la sorella, ma era più che certa, conoscendola, che Astoria si vedeva sopraffatta da qualcosa di enorme, che in realtà tanto enorme non era.

Si era quindi mossa con astuzia, da brava Serpeverde, ed aveva organizzato una festa in grande stile, con tutti i suoi vecchi amici.

La festa avrebbe avuto luogo a Palazzo Greengrass durante la Notte delle Streghe o, come la chiamavano i babbani, Notte di San Lorenzo.

Sarebbe sembrata come un ritrovo per non perdere i contatti, ma in realtà si trattava di ben altro.

In quel mese Daphne si era vista con Draco abbastanza spesso, e lo aveva trovato piuttosto giù di corda.

Il ragazzo infatti sembrava essersi preso un'infatuazione bella e buona per sua sorella, ma aveva paura di non essere abbastanza per lei, aveva paura di averla soltanto allontanata quella mattina al lago.

Quello che il ragazzo non era riuscito ad esprimere a parole, ma che Daphne aveva saputo leggere nei suoi occhi era che era veramente ossessionato da Astoria.

Infatti, Draco ormai non passava un secondo senza pensare a lei, alla sua pelle chiara, i suoi capelli scuri, i suoi occhi dal colore indefinito, la sua figura esile eppure selvaggia, la sua anima sofferente.

Perché Draco l'aveva sentito sulla sua stessa pelle, il dolore di Astoria. Un dolore antico, persistente, una ferita nascosta ma mai rimarginata.

Non se lo spiegava, e tantomeno era riuscito a spiegarsi dove l'aveva già vista, fino a quando Daphne, paziente, gli aveva riportato il discorso insensato che le aveva fatto la sorella quella mattina del bagno al lago, interrompendo la sua colazione.

Eppure, Draco, di quel lontano pomeriggio tra ragazzini non ricordava praticamente nulla. Ci aveva provato e riprovato, a ricordare, ma non riusciva a trovare nemmeno l'ombra, di Astoria bambina.

Ad ogni modo, Daphne aveva organizzato una festa perfetta, e quella notte Draco avrebbe avuto la possibilità di sorprendere Astoria, e di renderla finalmente felice.

 

Astoria era rimasta a leggere fino alle prime luci dell'alba, quella notte, e quando si svegliò la luce era ormai calata.

Stralunata per l'incredibile dormita che si era appena fatta -ai limiti dello scandaloso, tenendo conto dei suoi standard- si alzò dal letto traballando un poco, e dirigendosi verso il bagno. Lasciò riempire la vasca sbadigliando nell'attesa, chiedendosi distrattamente che ore fossero.

Fece velocemente il bagno e una volta uscita raccolse i capelli per farli asciugare senza prendere freddo alla schiena, e tornò rapidamente in camera. Aggirò il letto e controllò l'ora sull'orologio che aveva lasciato sul comodino:erano le nove di sera.

Sconvolta dall'orario si disse che quello doveva essere il peggior risveglio mai capitatole, prese agitata la bacchetta e se la puntò alla testa, borbottando un incantesimo per far asciugare in fretta i capelli umidi.

Si avviò verso l'armadio per rendersi presentabile e scendere almeno per cena. Fu' allora che vide il biglietto sotto la porta.

Vi si avvicinò cautamente, e allo stesso modo lo aprì.

 

So che quando leggerai qui sarà piuttosto tardi,

e tu probabilmente sarai fuori di te per questo.

Calmati un attimo,

preparati e mettiti il vestito verde.

Non fare l'isterica.

D.

 

Astoria aveva effettivamente una gran voglia di fare l'isterica, in quel momento, perché l'idea che la sorella dovesse dirle di vestirsi in un certo modo voleva dire che c'era qualcosa sotto.

Ad ogni modo, intendeva chiedere spiegazioni, e i morsi della fame cominciavano a farsi sentire. Allora, scontrosa e arrabbiata col mondo, si mise il lungo vestito verde e si strinse una cinta di pelle sotto il seno.

Poco dopo, scendeva gli scalini con aria battagliera, dopo aver oltrepassato il confine dell'incantesimo silenziante imposto sulla sua camera ed aver sentito il volume folle della musica ai piani inferiori.

 

Daphne Greengrass!” Tuonò sulla soglia della Sala da Ballo gremita di ragazzi e ragazze intenti a darsi alla pazza gioia. Molte teste -le più sobrie, suppose sovrappensiero- si girarono verso di lei, compresa quella bionda di sua sorella.

Bollendo dalla rabbia sommata all'irritazione bruciante accumulata in camera, si lanciò verso la disgraziata sorella minore come una furia. La più giovane teneva tra le dita un flute di champagne ed era intenta a conversare con un viso sconosciuto che Astoria non si diede la pena di osservare, e la guardava con un sopracciglio alzato.

Una volta davanti a lei, Astoria l'avrebbe volentieri presa per il bavero, ma per l'occasione Daphne indossava un vestitino corto e senza spalline.

Si limitò quindi a puntarle un dito contro il petto come fosse stato una bacchetta -dannazione a lei, che l'aveva lasciata sul comodino.

 

Come diavolo ti sei permessa, di fare una cosa simile?!” Le avrebbe anche riversato addosso una marea d'insulti, ma ne aveva talmente tanti in gola che non riuscì a cavarne fuori nemmeno uno.

 

Lei la guardò divertita inclinando il viso di lato. “Cosa intendi, Tori?” sorrise con aria innocente. “Ho solo invitato qualche vecchio compagno di scuola a casa per la Notte delle Streghe, non pensavo fosse un problema. Oh, ma lo sai che questo vestito ti sta davvero bene?” Concluse con una logica nota solo a lei.

 

Io..Tu! ...Qualche amico?!” Strillò Astoria sconvolta. “Che concetto hai di “qualche”? Si può sapere?! E..- E che diamine c'entra il mio vestito?” Concluse abbassando appena il tono e rendendosi conto che stava cominciando a rendersi ridicola in mezzo alla folla.

 

Astoria, giusto? Chiedo scusa.” La fece sobbalzare una voce profonda e vellutata alle sue spalle.

Si voltò per trovarsi davanti ad un paio di occhi splendidamente chiari, di un grigio virante all'azzurro.

 

A- Ah, i-io...” Balbettò spaesata. “Draco.” Sussurrò atterrita, non appena l'ebbe riconosciuto. Fece per andarsene di riflesso, con tutte le particelle del suo corpo che le urlavano di restare lì, e il suo subconscio che la spingeva a scappare il più lontano possibile. Di colpo la sua mano le artigliò il braccio con forza, facendole quasi male.

 

N-no, aspetta...” Il ragazzo davanti a lei esitò un attimo lasciando vagare lo sguardo sulla maschera terrorizzata e sconvolta che era il suo volto e sorrise, inspiegabilmente.

Ti spiacerebbe accompagnarmi in terrazzo?” chiese sempre con il sorriso sulle labbra.

 

Astoria lo guardò dubbiosa. “In terrazzo?” sussurrò, e Draco annuì con forza.

Lei lo guardò ancora un attimo, poi gli voltò le spalle scrollando il braccio e finì di attraversare la sala per poi uscire sulla balconata.

Sentire dei passi maschili seguirla ed il cuore andare in tumulto furono una cosa sola.

Lentamente, infine, poggiò le mani al parapetto e ci si appoggiò contro con il bacino, scrutando l'oscurità.

Era tornata, più veloce di quanto ci aveva messo ad andarsene, l'ineluttabile e dolorosa consapevolezza di dieci anni prima, di quando l'aveva visto giocare a scacchi e l'aveva amato, l'aveva amato più del suo amore per lui.

 

Astoria, giusto?” Ripeté il giovane la frase formale di poco prima.

 

Astoria si voltò con tutto il suo antico dolore nel volto, e lui si sentì spezzare il cuore.

 

Vattene, Draco Malfoy, per favore.” Lo supplicò invano. Sentiva il cuore lacerarsi, ma per lui avrebbe fatto ben altro, per mantenere la sua angelica purezza intatta, purezza che gli anni non sembravano aver scalfito.

 

Lui la guardò addolorato, disperato lui stesso per il viso straziato di Astoria.

Perché dovrei?” Chiese inespressivo.

 

Astoria strizzò gli occhi per impedire alle lacrime di uscire, il dolore fisico e mentale amalgamati. “Non posso, ti prego, non chiedermelo.” singhiozzò senza lacrime.

Eppure, non ce la fece, e l'amore, con tutta la sua incommensurabile potenza, l'atterrò.

E i singhiozzi divennero convulsi, mentre si premeva le dita sul viso, come sperando di arginare i fiotti di lacrime che per tutti quegli anni aveva repulso.

E si sentì come si sentiva la notte, sola, al freddo, e ancora sola come non mai, tremante e magra tanto che le ossa minacciavano di perforare la pelle.

 

Fu in quel momento che Draco capì l'immensità di Astoria.

Non seppe perché, ma se la trovò davanti in tutto lo splendore della sua decadenza, antica rovina di un popolo andato, eppure era dentro un corpo tanto giovane e tanto bello...

E seguendo forse gli astri, forse la chimica o la fisica, si strinse a lei come se fosse il naufrago ed il salvagente insieme.

La strinse a sé così com'era, anche se lei non ricambiava l'abbraccio, e la strinse forse troppo forte, comunque senza motivo, ma lo fece.

Lo fece, ed Astoria pianse come la bambina che da anni non esisteva più.

Pianse perché si era arresa, non aveva rifiutato il suo abbraccio, e lui era ancora inconsapevole di quanto lei lo stesse sporcando in quello stesso momento, lui era ancora il bambino di allora, e lei la vecchia arpia che era sempre stata.

E perché lui non se lo meritava, ma lei non aveva più la forza di volontà per resistergli.

Era così bello che Astoria si sentiva morire. Aveva un profumo che avrebbe richiamato Astoria dalla morte, solo per poterlo sentire un'altra volta ancora.

Aveva paura di non essere accettata, aveva paura di fargli paura e ribrezzo, ma era stremata, l'amore l'aveva battuta, dopo un braccio di ferro durato troppo a lungo.

Si abbandonò a lui, e strinse le unghie sulle sue spalle, disperata ma inerme, di fronte ai conti che l'amore aveva saputo rimettere in pari.

 

Dopo uno di quei tempi che tempo non ce l'hanno, Astoria aveva finito le lacrime.

Ora si sentiva svuotata, non aveva più senso scappare dall'abbraccio caldo ed irresistibile che l'avvolgeva. Emise un sospiro tremulo, con le lacrime che le si asciugavano sul viso, cominciando a sentire la fredda brezza notturna sulle spalle scoperte.

 

Shh...” disse Draco, come se fra le braccia avesse avuto una neonata che non riusciva a dormire, come se la bambina fra i due fosse lei. Le accarezzò piano la schiena sopra il tessuto il tessuto leggero sentendola rabbrividire.

Astoria si scostò e fece per abbassare lo sguardo, consapevole di avere degli occhi a dir poco rossi, quando incontrò quelli di Draco, e la verità universale più ovvia del mondo le si riversò addosso come una doccia fredda.

Draco non era più un bambino. Draco era una persona adulta, ormai, una persona che la stava cercando.

Era inconsapevole, certo, dell'amore sofferto che lei provava per lui, ma non per questo il sentimento era sbagliato. Almeno, non più.

E Astoria non aveva più voglia di chiedersi se ci fosse mai stato qualcosa di sbagliato in lei, voleva avere la certezza di essere nel giusto. Lì, nel presente.

 

Draco..-” cominciò, ma lui la interruppe.

 

Perché non potevi?” chiese solo. Astoria assaporò il verbo al passato come se si fosse trattato del cioccolato più fine, estasiata.

Involontariamente le sorse il vago sentore di un sorriso sulle labbra, mentre pensava che l'agonia, durata dieci lunghi anni senza che nemmeno lei lo sapesse, era finita.

Si sentì sollevata, leggera come l'aria, e libera. Libera come non era mai stata.

Si sentì una molecola completa, e allo stesso tempo una galassia, nulla aveva più importanza dei suoi sentimenti tornati liberi.

Non stava nemmeno pensando a rispondere, e Draco se ne accorse.

 

Astoria? Perché non potevi?” ripeté la domanda.

Lei si riscosse e, finalmente serena dopo lungo tempo, decise che ci sarebbero stati altri tempi per spiegare. Senza nemmeno porsi il problema dell'essere ricambiata, sentì solo l'amore per lui esplodere tutto attorno, impregnare l'oscurità che li avvolgeva.

 

Non ha importanza, Draco.” disse con il cuore in gola per la gioia. “Ho sbagliato tutto. Fai finta che io non abbia mai parlato.” Concludendo sorrise, per dare almeno una parvenza di sanità mentale.

Lui la guardò dubbioso per qualche lungo attimo, le sopracciglia aggrottate, poi scosse la testa e sorrise divertito. Si scostò da lei e le porse la mano destra.

 

Piacere, sono Draco Malfoy. Ci conosciamo?” recitò, come da copione.

 

Astoria sorrise, dimentica delle lacrime di poco prima, e gli resse il gioco.

Astoria Greengrass, il piacere è tutto mio.”

Spazio all'autrice.

Ci ho messo un'eternità a pubblicare questo capitolo, ma non ne trovavo la forza.

Chi mai l'avrebbe fatto, senza nemmeno un commento? Voglio dire, con una sessantina di visite e nemmeno un commento il primo dubbio che può sorgere è che, forse forse, la storia non è apprezzata.

Quindi il mio ego di autrice è finito per un periodo rintanato sotto il letto ad affogarsi di gelato e cioccolato.

Poi è giunta la mia salvatrice, la dolce Aly99, che il mio ego ambizioso non smette di ringraziare da ieri sera, quando ho letto il commento. Bellissima, sappi che non metto la storia come completa perchè aspetto il tuo parere. Fosse per me la farei finire forse qui... Ma mi affido a te.

In ogni caso ringrazio quelli che sono anche solo passati per caso, ma ricordate che ogni autore è dotato di un umore fortemente instabile e facilmente influenzabile! Quindi lasciate anche solo due righe per farmi sapere che sì, dovrei darmi all'ippica.

Baci,

 

Aurora. 

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