Flames to dust

di 365feelings
(/viewuser.php?uid=54908)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** O-Fu-Jing ***
Capitolo 2: *** In un giorno di pioggia ***
Capitolo 3: *** Faraway ***
Capitolo 4: *** Letter to Anija. ***
Capitolo 5: *** Heart of Darkness. ***
Capitolo 6: *** Carthago Delenda Est. ***
Capitolo 7: *** Weakness ***
Capitolo 8: *** Sonata al chiaro di luna ***
Capitolo 9: *** Un imperativo categorico in gonnella. ***



Capitolo 1
*** O-Fu-Jing ***


Autrice: KumaCla
Titolo: O-Fu-Jing
Pairing: Cina/Yao Wang-Inghilterra/Arthur Kirkland 
Warnings: angst - storico - flashfic
Note: tremate! Dall'unione delle diaboliche menti della sottoscritta e di Aelite arriva sul fandom Flames to dust, raccolta di drabble/flashfic/forse oneshot turpi, storiche e drammatiche (forse, ma solo forse i nostri amati personaggi riceveranno un po' di fluff. Da me non di certo. Forse dalla mia compare) che aderisce all'ultima fantastica iniziativa del CoS. Ditelo che non aspettavate altro.
Per la vostra somma gioia inizio io.
Aelite mi aveva chiesto di scrivere una Cina/Inghilterra ambientata alla fine dell'ottocento, durante il colonialismo inglese, con particolare attenzione al commercio forzato dell'oppio.


I’m the voice inside your head
You refuse to hear
I’m the face that you have to face
Mirroring your stare
I’m what’s left
I’m what’s right

The pretender, Foo Fighters
 

«Le fumerie d'oppio, dove si può comperare l'oblio, sono covi di orrore dove il ricordo di vecchi peccati può essere distrutto dalla follia di quelli nuovi». 

 

Volute di denso fumo saturano l’aria, si contorcono fino a disfarsi. Lambiscono le sue membra, si insinuano nelle sue narici, le respira a pieni polmoni, gli strisciano nella mente e lì svaniscono in quel suadente sussurro che rifiuta di sentire.
Mentre le osserva giace su un divanetto annerito dalla sporcizia: prima di lui si sono sdraiati molti lord e anche qualche operaio nel suo giorno di paga. È circondato da altri inglesi dagli occhi cerulei e vacui, i vestiti sciupati e un colorito sempre più pallido - malato.
Un gesto e un cinese gli procura altro oppio, assicurandosi di servirlo al meglio, di fornirgli il miglior veleno.
Nuovi serpenti di fumo si intrecciano sopra la sua testa: gli pare di vedere un dragone.
È lì, davanti a lui, è magnifico e terribile, gronda sangue.
E dietro il dragone trema un volto.
Cerca di scacciarlo, ma non ci riesce: nella sua mente annebbiata guizza feroce un ricordo - di sangue e polvere da sparo - e una nuova follia si annida.
Arthur sorride ferino prima di perdersi.
La mano si apre piano e la pipa cade a terra.
Il rumore è solo un eco lontano. 




    

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** In un giorno di pioggia ***


Autrice: KumaCla
Titolo: In un giorno di pioggia
Pairing: Inghilterra/Arthur Kirkland, OC!Irlanda/Enya
Warnings: double drabble - malinconico - lontanamente storico
Canzone: In un giorno di pioggia, Modena City Ramblers



« E' in un giorno di pioggia che ti ho conosciuta,
il vento dell'ovest rideva gentile
e in un giorno di pioggia ho imparato ad amarti
mi hai preso per mano portandomi via» .
 


Irlanda - 1171

L’acqua scorreva sul suo volto bianco come sul letto di un fiume: spianava la fronte, scavava gli occhi e vi deponeva due smeraldi grezzi, levigava il naso e le guance, si insinuava tra le sue labbra, gocciolava dal mento e si perdeva sull’orlo del mantello che si gonfiava ai suoi piedi animato dal vento.
Lo stesso vento dell’ovest che giocava con i suoi crini di fuoco e si divertiva a gonfiarli nell’aria fredda come una sanguigna vampa.
La sentì dire qualcosa, sembrava stesse cantando: ciò che uscì dalla sua bocca fu un gorgoglio che si confuse con lo scrosciare della pioggia sulla brughiera.
«Cosa sta dicendo?» gli chiese spazientito Enrico II, guardando con diffidenza la giovane che fronteggiava il suo esercito.
«Non lo so» rispose Arthur cercando di cogliere qualche parola comprensibile, ma la lingua con cui si esprimeva gli era estranea.
Lentamente, con cautela - gli pareva un animale, una piccola volpe rossa, pronta a scappare al primo segno di pericolo - si avvicinò: era curioso, voleva comprendere ciò che gli diceva, era incantato da quella fanciulla.
La musica della sua voce iniziò a ripetersi, formando una singola parola.
«Puoi ripetere? Dillo ancora!»
Lei ripeté con pazienza.
«Enya?»
«Enya» confermò.
«Ti chiami Enya?»
«Enya» rispose portandosi una mano candida al petto.
 

Inghilterra - 1949

La pioggia scosciava delicata sull’ombrello nero che reggeva con la sua mano candida.
Le gocce picchiettavano sul tessuto impermeabile e poi cadevano al suolo vicino alle sue scarpe, un modello femminile che lasciava scoperto il collo del piede e la slanciava con i suoi tacchi. Indossava un vestito verde - lo stesso colore che accendeva la sua tunica il giorno del loro primo incontro, lo ricordava bene - sotto un impermeabile nero: in mano nessuna valigia.
Enya lo guardava con quei suoi grandi occhi smeraldini velati dalle lacrime, o almeno così voleva credere: gli piaceva pensare che in fondo anche a lei - a una piccola parte di lei - dispiaceva separarsi.
«Me ne vado, Arthur. Addio».
Nessun giro di parole.
Annuì.
«Non addio, Enya, arrivederci» sussurrò mentre osservava la sua figura scomparire tra la gente.
Poi anche lui la imitò, dirigendosi dalla parte opposta, camminando lentamente, le spalle curve - era stanco, era triste.
Un giorno si sarebbero rincontrati.



 

 « E in un giorno di pioggia ti rivedrò ancora
e potrò consolare i tuoi occhi bagnati.
In un giorno di pioggia saremo vicini,
balleremo leggeri sull'aria di un Reel» . 





 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Faraway ***


Autrice: KumaCla
Titolo: Faraway
Personaggi: OC!Pangea; OC!Laurasia; OC!Gondwana (con la partecipazione di OC!Panthalassa e OC!Tetide)
Warnings: drabble (non pura) - triste
Canzone: Run away - Maroon 5

Prompt: Tremendo tu sei, tremendo, e verso tremendi casi vai, sicché troverai una fama che sta salda nel cielo - Baccanti, versi 971-972
Note: mi trovavo a studiare geologia e la deriva dei continenti mi ha ispirata. La mia mente perversa ha immaginato una storia familiare travagliata. Pangea e Panthalassa sono le madri rispettivamente di Laurasia (femmina) e Gonwana (maschio) l'una e Tetide (femmina) l'altra. I due fratelli giungono alla deriva, alla separazione, a causa di dissidi che non tarderò a narrare; sono proprio le loro litigate a consumare Pangea. Quando la madre muore Laurasia incolpa il fratello della sua morte e se ne va, mentre Tetide si ritrova improvvisamente a dover crescere e separare i due fratelli. La citazione (a piacere) delle Baccanti è stato l'obbligo datomi da Aelite per la storia. La fama a cui Laurasia si riferisce è quella di aver ucciso Pangea.



Noter

Runaway, runaway
Turn around and run away, run away
Runaway, runaway

Run away - Maroon 5


 

Gondwana strinse un’ultima volta il corpo di sua madre, prima che Laurasia lo prendesse con sé e gli voltasse per sempre le spalle.
Quando sentì sua sorella strappargli il corpo della vecchia Pangea dalle braccia, disperatamente si aggrappò alla tunica bianca, ma il tessuto scorreva sotto le sue mani e ben presto si ritrovò a stringere il nulla.
«Tremendo tu sei, tremendo» sibilò Laurasia con il volto stravolto dalla rabbia e il dolore «e verso tremendi casi vai, sicché troverai una fama che sta salda nel cielo».
Furono le sue ultime rancorose parole, poi la vide allontanarsi con il corpo di Pangea fino a scomparire all’orizzonte.
Tetide si divincolò dalla presa di sua madre, l’anziana Panthalassa, e corse verso di lui, abbracciandolo. Gondwana cercò conforto nella stretta dell’amica e immerse il volto nel suo collo, soffocandovi le lacrime.
Un mare divideva ora lui e sua sorella ed era stato lui a crearlo.



 


 
 


 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Letter to Anija. ***


Hai trovato un baco su EFP, per questa non vedi il testo della storia.

Segnala il problema cliccando qui.
Si tratta di un form per violazioni del regolamento, ma copiate pure quanto scritto in grassetto nella casella.
La storia con indirizzo 'stories/36/365feelings/1004067.txt' non e' visibile.

L'amministrazione provvedera' a fare il possibile per sistemare.
Grazie in anticipo per la preziosa collaborazione.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Heart of Darkness. ***


Hai trovato un baco su EFP, per questa non vedi il testo della storia.

Segnala il problema cliccando qui.
Si tratta di un form per violazioni del regolamento, ma copiate pure quanto scritto in grassetto nella casella.
La storia con indirizzo 'stories/36/365feelings/1007157.txt' non e' visibile.

L'amministrazione provvedera' a fare il possibile per sistemare.
Grazie in anticipo per la preziosa collaborazione.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Carthago Delenda Est. ***


Hai trovato un baco su EFP, per questa non vedi il testo della storia.

Segnala il problema cliccando qui.
Si tratta di un form per violazioni del regolamento, ma copiate pure quanto scritto in grassetto nella casella.
La storia con indirizzo 'stories/36/365feelings/1010425.txt' non e' visibile.

L'amministrazione provvedera' a fare il possibile per sistemare.
Grazie in anticipo per la preziosa collaborazione.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Weakness ***


Autrice: KumaCla
Titolo: Weakness
Pairing: Germania/LudwigxPrussia/Gilbert
Warnings: OneShot - Malinconica - Slash
Canzone: White Rabbit, Jefferson Airplane
Obblighi: Germania/Prussia; yaoi; arancione o rossa; 1000w; prima del muro di Berlino
Note: ohibò, che è sta schifezza? Me lo chiedo pure io. Quando la mia compare mi ha mandato il messaggio con gli obblighi e la strofa della canzone, a momenti non mi veniva una sincope. Non sapevo se disperarmi di più per la canzone o per la coppia. Alla fine è venuta fuori una cosa meno allucinata e allucinante di quanto temevo. Quello che però è chiaro, è che io e Alice nel paese delle meraviglie non andiamo d’accordo. Non sapendo che pesci pigliare per la strofa della canzone, mi sono limitata a ficcarla alla fine: Ludwig come il popolo tedesco era stanco delle condizioni della pace di Versailles (1919), quindi quando Hitler gli ha presentato un piano di “rivincita” ha subito accettato (riferimento ai funghi della canzone), ma ben presto è diventato una pedina manovrato dagli uomini sulla scacchiera (vedi i gerarchi nazisti). In tutto ciò non chiedetemi dove sta Alice. Dimenticavo, il Boeing B-17 è un aereo americano e la Sauer 38H è una pistola semi automatica: sono entrambe arme utilizzate durante la seconda guerra mondiale.
Il mio amato Gilbert è come se non esistesse, lo avete notato? È tutto dal punto di vista di Ludwig; il motivo è semplice: amo Prussia e ho il terrore di renderlo disastrosamente OOC. Il mio amato è prossimo alla morte: non è un caso, la Prussia cessa di avere significato politico e geografico dal ‘45.

 

 

When men on the chessboard
Get up and tell you where to go
And you've just had some kind of mushroom
And your mind is moving slow
Go ask Alice
I think she'll Knorr

(White Rabbit, Jefferson Airplane)

Era una mattina come tante. L’inverno raggelava l’aria e i corsi d’acqua da molti mesi e i soldati sfidavo senza più convinzione il gelo. Il cielo, plumbeo e velato da grosse nuvole filamentose che sfioravano i pendii dei monti, era gravido di pioggia, ma questa sembrava indugiare e attendere il giusto momento per rovesciarsi al suolo e lavare il sangue che macchiava le strade e i boschi.
Nel tepore del suo letto Ludwig sentì il sonno scivolare via lentamente, come una marea che piano piano si ritira; andandosene, il torpore gli restituì dapprima il capo, poi il busto e le gambe, infine i piedi.
Aprì gli occhi sul soffitto di quella camera che già molte volte, in passato, lo aveva ospitato: il muro bianco, la ragnatela nell’angolo a sinistra, la crepa attorno la lampadina lo stavano aspettando sin da quando aveva chiuso gli occhi, la sera prima, cedendo al sonno. Erano immagini familiari, particolari conosciuti, quasi dei punti di riferimento: segnavano la topografia della stanza, ben impressa nella sua mente.
Insieme a quei dettagli noti, si aspettava anche l’abituale indolenzimento che lo accoglieva al suo risveglio.
Non sentendo nessuna ammaccatura aggiuntiva a quelle provocategli dalla guerra, per un istante - un breve istante - si chiese se stesse ancora sognando, se in realtà non si fosse ancora incontrato con Gilbert.
Alle sue orecchie, però, giungeva il respiro del compagno: era flebile, quasi impercettibile, ma c’era.
Ludwig portò le mani al volto, le passò sui lineamenti spigolosi nel tentativo di scacciare la stanchezza e infine scese dal letto.
Fuori dal soffice e caldo piumino, la temperatura si abbassava notevolmente, segno che il riscaldamento era stato staccato; rabbrividì, ma non si lasciò intimorire dal freddo, anzi, avanzò alla ricerca dei propri indumenti, sparsi sul pavimento e aggrovigliati a quelli di Gilbert. Anche quella era un’immagine familiare: quell’intrico di divise militari ricorreva ogni mattino, dopo che la sera prima se n’erano disfatti con una certa urgenza.
Quando si incontravano, la resa veniva dopo un’estenuante scontro. Gilbert era violento e aggressivo, a volte cercava di stenderlo con un pugno, altre volte arrivava a morderlo. Quando infine le loro bocche si incontravano senza più ferire, entrambi mettevano da parte orgoglio e stanchezza per arrendersi ai piaceri della notte.
Gilbert si divertiva a stuzzicarlo senza dargli soddisfazione e gioiva a ogni gemito strappato. Mentre vagava con la lingua sul suo addome teneva lo sguardo fisso nel suo: Gilbert lo incatenava senza possibilità di fuga, quegli occhi sanguigni, accesi dalla malizia, intrappolavano Ludwig in un gioco perso in partenza. Perché entrambi sapevano che lui non avrebbe resistito, che avrebbe ceduto e supplicato qualcosa di più di quelle languide carezze.
Ma quella notte - Ludwig lo ricordava molto bene - Gilbert lo aveva lasciato fare, limitandosi a godere sotto di lui; non c’erano stati morsi né insulti.
Entrando nella camera, aveva trovato il prussiano supino sul letto, in dormiveglia. Il petto nudo che malamente celava le ossa si sollevava lentamente, quasi a fatica, mentre una mano reggeva ancora una fiaschetta di liquore.
Ai piedi del letto, abbandonati malamente, stavano gli stivali neri sporchi di fango e la giacca militare strappata in alcuni punti e sporca di sangue rappreso: Gilbert non rinunciava a combattere fianco a fianco con i soldati.
Ludwig aveva richiuso la porta alle sue spalle e allentandosi il colletto era scivolato tra le gambe del prussiano, raggiungendo presto il volto e baciando le labbra: poco gli importava che stesse dormendo, aveva bisogno - un bisogno fisico e impellente - del prussiano.
A quel contatto - inaspettato e rude - Gilbert aveva stancamente riaperto gli occhi e con debolezza aveva cercato la sua bocca.
L’ultimo bacio di Ludwig si era posato sull’orlo dei pantaloni: lì aveva indugiato con malizia, con l’unico scopo di sentirlo gemere.
Le palpebre abbassate e il capo reclinato all’indietro, Gilbert aveva debolmente protestato, allungando le mani verso i pantaloni. Mani che Ludwig aveva prontamente intrappolato in una ferrea morsa senza fatica, stupendosi dell'assenza di reazioni: quando però aveva scorto le iridi color rubino guardarlo con esasperazione e bisogno si era deciso a riprendere da dove si era fermato.
Una volta spogliato Gilbert, Ludwig si era velocemente disfatto dei propri abiti ed era tornato all’oggetto del suo desiderio.
Per l’intera nottata aveva goduto dei gemiti di piacere dell’albino: la voce roca del prussiano era sfuggita dalle sue labbra esangui con intensità sempre maggiore. In quel turbinio di sensi, Ludwig aveva sentito le mani di Gilbert sulle proprie spalle e tra i suoi capelli, lo aveva sentito spingerlo verso il basso, supplicando silenziosamente di non smettere.
Quella notte le mani di Gilbert erano state leggere, gli era quasi sembrato di non sentirle, abituato a prese più decise.
Quella notte il corpo di Gilbert gli era parso in tutta la sua debolezza: una fragilità fatta di pelle candida tesa fino quasi a strapparsi sulle ossa del costato.
Quella notte, mentre cedeva al sonno, Gilbert gli era apparso dolorosamente umano, pericolosamente mortale.
Anche ora, guardandolo dormire, Gilbert non si era mai mostrato così debole.
Steso sotto il piumino, il prussiano pareva scomparire in tutto quel candore: le ciocche albine si perdevano sul cuscino, dove il volto emaciato svaniva tra le piume. La pelle, da sempre candida, era ora cinerea, malata: non era quello il colorito di una persona viva, si ritrovò a pensare con amarezza.
Dov’era finito il portamento tracotante che aveva sempre sostenuto la figura snella del prussiano? Ogni energia era stata risucchiata dall’organismo: Gilbert pareva consumare se stesso più dell’ossigeno e del cibo.
Da sotto il piumino spuntavano le fragili clavicole e il profilo spigoloso delle spalle; il resto del corpo era talmente magro da essere sbagliato.
Gilbert stava morendo e questa consapevolezza lo spaventava più dei Boeing B-17 che bombardavano le sue città.
Turbato da quello spettacolo di decadenza - era abituato a vedere il compagno attivo, famelico e voglioso, mai stanco -, rivolse lo sguardo al cielo, dove le nuvole si addensavano in masse informi, spinte da un vento che sapeva di polvere da sparo e cenere.
Il tedesco finì di vestirsi e controllò di avere con sé la propria Sauer 38H, prima di uscire: non gli piaceva lasciare il suo compagno così, ma non aveva altra scelta. Sulla scacchiera si stava per stabilire chi avrebbe fatto scaccomatto; in realtà lui non era che una pedina ormai - un fante sacrificabile -, ma voleva essere presente. Si era lasciato sedurre dalle promesse di Hitler, non era meno colpevole del Fü hrer: per questo avrebbe cercato, a tutti i costi, di porre fine a quel massacro.
Ludwig si richiuse la porta alle spalle con la speranza di ritrovare Gilbert ancora vivo.

 

La storia partecipa al Last night a DJ saved my fanfiction!, iniziativa ideata dal « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 » 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sonata al chiaro di luna ***


Autrice: KumaCla
Titolo: Sonata al chiaro di luna
Pairing: Austria/RoderichxPersonaggio storico/Beethoven; OC!Vienna
Warnings: FlashFic (ahimè 518 w) - triste, romantico (?), drammatico
Canzone: The story - Brandi Carlile
Obblighi: romantico, triste, drammatico; opera/occhi; descrizione di una sala della residenza dei reali d’Austria; "And all that's left are pieces of a dream" -Anastacia.; 500w.
Note: 1) non ho la più pallida idea se Beethoven in cinquantasette anni di vita sia mai andato a Schönbrunn e, nel caso, fosse all’epoca giovane: insomma, si tratta di una licenza poetica, concedetemelo. 2) sì, ho leggermente modificato la citazione e sì, ho leggermente sforato: ma tu non mi ucciderai, vero Eleo? <3 3) la Sinfonia numero 14 altro non è che la celebre Sonata al chiaro di luna 4) mai andata a Schönbrunn, quindi ho cercato su google immagini e ho provato a fare una descrizione 5) la storia è venuta così, spero che si comprenda e che non sia solo la mia mente a trovarci un senso; sì, so che starete cercando disperatamente del melenso romanticismo, ma non lo troverete, non fa per me, non riesco a inserirlo nelle mie storie e questo è il massimo che riesco a fare

And they don't know what I've been through like you do
(The story - Brandi Carlile)


Le dita scivolavano leggere sulla tastiera e a ogni tocco sapiente corrispondeva una nota: la sinfonia vibrava tra le corde del pianoforte e prendeva vita, perdendosi nell’immensità della stanza. Dall’alto del soffitto i putti e le altre figure avvolte in impalpabili vesti osservavano le sue mani candide e curate accarezzare con dolcezza i tasti lucidi di quel vecchio pianoforte: l’intera stanza sapeva di antichità e il velo che avvolgeva i dipinti, gli stucchi, i lampadari e i marmi del pavimento non era polvere ma il peplo opaco della storia.
Nell’ambiente chiuso e fiocamente illuminato dai candelabri d‘oro appesi alle pareti tra una finestra e l‘altra, Roderich suonava quella vecchia melodia come era solito fare in passato, quando Schönbrunn non era ancora un museo ma la reggia degli Asburgo, scintillante di ori e stoffe preziose.
 
Le note continuavano a scivolare delicate nell’aria che odorava di nostalgia, la Sinfonia numero 14 si disperdeva lieve nella stanza e riecheggiava come il sospiro di un amante nell’immensità della reggia.
Allo scoccare della mezzanotte Roderich sorrise debolmente, con amarezza: erano centoottantacinque anni che lui era morto. Era più di un secolo che viveva con nient’altro che il suo ricordo, un lasso di tempo che avrebbe fatto impazzire chiunque.
Era quella l'eterna dannazione di Roderich - e degli altri come lui: vedere le persone più care morire.
Roderich esisteva da secoli quando era nato e quando era arrivato alla reggia, ancora giovane e inesperto della vita, tutto preso dalla sua musica e dai suoi spartiti, era lì. Beethoven aveva suonato per lui una melodia ancora acerba, ma Roderich aveva subito visto in lui quel genio innato che il tempo avrebbe fatto sbocciare. I giorni, gli anni gli diedero ragione: Beethoven, all'epoca, era il nuovo dio della musica, geniale e magnifico. Grazie alle sue composizioni Vienna si poté vantare di una nuova gloria; Roderich la vedeva, quella sua opulenta capitale, ammantarsi di pellicce e mantelli e non dar conto alle spese per ostentare quel suo gioiello più prezioso, fatto di carne e sangue, effimero e per questo ancora più raro.
Nella fredda solitudine della notte, il ricordo dei loro duetti gli riempiva l'animo di struggente malinconia: sedevano uno accanto l'altro, in silenzio, lasciavano che fosse la musica a parlare per loro, mentre sul pavimento una sola era l'ombra che le candele proiettavano.
Tornavano i momenti trascorsi insieme, le immagini, i ricordi che ogni giorno cercava di reprimere: tornavano ed esplodevano silenziosi. Sentiva gli applausi e le risate, sentiva gli elogi e sentiva i commenti.
Il mondo intero ignorava, all’epoca, il pesante fardello che gravava sul giovane Ludwig, non conosceva il suo tormento. Ma lui sì, Roderich sapeva e quella che altri chiamavano misantropia, altro che non era un silenzioso grido di disperazione. Aveva solo ventisei anni quando Ludwig aveva preso coscienza della sua malattia e cinquantasei quando aveva composto l’ultima opera: era ingiusto che un musicista come lui fosse privato del senso che più gli serviva, l’udito.
Nella tranquillità della notte le corde del pianoforte sussultarono un’ultima volta, mentre la sinfonia moriva.
Tutto quella che era rimasto - di lui, di loro, dei giorni trascorsi insieme - erano i frammenti di un sogno.
 

 

 La storia partecipa al Last night a DJ saved my fanfiction!, iniziativa ideata dal « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »  


  

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Un imperativo categorico in gonnella. ***


Hai trovato un baco su EFP, per questa non vedi il testo della storia.

Segnala il problema cliccando qui.
Si tratta di un form per violazioni del regolamento, ma copiate pure quanto scritto in grassetto nella casella.
La storia con indirizzo 'stories/36/365feelings/1024558.txt' non e' visibile.

L'amministrazione provvedera' a fare il possibile per sistemare.
Grazie in anticipo per la preziosa collaborazione.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=991118