I’ll pick you up when you’re getting down

di XavierGiuli
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I. ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** XI Capitolo ***



Capitolo 1
*** Capitolo I. ***


I'll pick you up when you're getting down

 

And it's dark in a cold December...

.but I've got ya to keep me warm

And if you're broke I'll mend ya and keep you

..sheltered from the storm that's raging on

Ed Sheeran - Lego Hause



Cap. I

 

 

L’aria di novembre aveva già reso il castello molto tetro, quasi uno di quelli di cui Beda il Bardo raccontava nelle sue fiabe. Non che la cosa dispiacesse, a Draco, visto che amava l’autunno in maniera particolare. Almeno i bambinetti del primo anno non giravano scorrazzanti per tutta Hogwarts, e non lo infastidivano, o peggio, lo fissavano.

E’ questo che facevano la maggior parte del tempo: si nascondevano dietro una colonna e lo additavano, mormorando “Quello è Malfoy!”. “Si, bambino dei miei stivali, sono Malfoy, a te cosa importa? Bada che ti crucio” Era la sua risposta preferita, soprattutto la parte del “Crucio”, momento in cui sul suo viso nasceva il suo ghigno migliore. Decisamente aveva preso qualche vena pazzoide dalla zia inquietante, Bellatrix Black in Lestrange. Solo pronunciare il nome faceva rabbrividire qualsiasi mago, ma per lui era quasi motivo d’orgoglio.
Ecco chi doveva incontrare, quella pazza di sua zia, ad Hogsmeade. Chissà come gli era venuto in mente a lei, di farsi trovare lì per parlargli: come se la sua faccia da Mangiamorte non fosse su tutti i muri, in quanto ricercata speciale.

Draco camminava svelto tra le viuzzole del villaggio magico, evitando di scontrarsi con le persone intorno a lui, che non lo vedevano. L’idea di rubare il mantello di Potter gli era tornata utile, infondo. Continuò a camminare, finchè non si trovò di fronte al Paiolo Magico, che quella sera era gremito di persone. Si fermò qualche secondo: sentiva molti mormorii all’interno, e una voce familiare. Si avvicinò con l’occhio grigio ad uno spiffero e vide in lontananza il guardiacaccia di Hogwarts, Rubeus Hagrid. Una smorfia di disgusto gli comparve in viso, odiava quell’uomo, anche se non sapeva bene il motivo..
Doveva muoversi, e non poteva permettersi distrazioni. Così si girò di nuovo, a guardare in che direzione potesse essere il luogo di ritrovo; la Stamberga Strillante. Osservò bene i cartelli vecchi e rovinati, e si incamminò per prendere la prima via a sinistra.
Il freddo era aumentato, così si strinse nel cappotto, e la terra sotto i piedi era fangosa. All’idea di sporcare i suoi amati mocassini in pelle, regalatogli dalla madre a Natale, il ragazzo rabbrividì. Arrivato a quella casa alquanto sinistra e buia, si sedette su una pietra, togliendosi il mantello di dosso. Iniziò a giocherellare con la sua cravatta, attendendo l’arrivo della zia: a quanto pare era di poco in ritardo. Sbuffò, allentando il nodo; era sempre così, quando doveva incontrare qualche Mangiamorte, una strana ansia lo prendeva, soprattutto se si parlava di Greyback o di sua zia.

C'è troppo silenzio, qui..

Dopo qualche minuto di attesa, una figura comparve tra i rovi: avvicinandosi. Draco d’istinto sfiorò la bacchetta nella tasca destra, e tremante, l’agguantò. Rimase fermo in quella posizione, osservando la figura avvicinarsi a lui.

“Chi è la?!”

Una voce stridente risuonò nella foresta, facendo rabbrividire Draco ancor di più. Deciso a capire chi fosse, lanciò un incantesimo. LUMOS! La bacchetta si illuminò, facendo scorgere i lineamenti di Bellatrix Lestrange nel buio. Quando si rese conto di chi aveva davanti, il ragazzo abbassò la bacchetta, riponendola nella tasca, tuttavia, continuò a sfiorarla, quasi non si fidasse.

“Draco, nipote mio, fatti abbracciare!”

Il ghigno sul viso della zia era alquanto rivoltante, ma lui doveva dimostrarsi forte, o almeno, questo era ciò che sua madre gli aveva detto. Si avvicinò e l’abbracciò, facendosi stringere in quell’abbraccio freddo che sua zia era così felice di dargli. Si staccò da lei, osservandola.

“Perché mi hai chiamato qui, zia? E’ pericoloso, potrebbero catturarti.”

La donna si tolse il cappuccio del mantello, e un espressione soddisfatta gli comparve in viso..

“Tu non preoccuparti, Draco. Dovevo parlarti, è urgente! Il signore oscuro…”

A sentire quel nome, brividi di terrore risalirono tutta la schiena del ragazzo, finendo all’altezza della fronte. Quell’essere che tutta la sua famiglia stimava, aveva tutt’altro che belle intenzioni per lui, in mente. Lo aveva capito, non era stupido, lo voleva tra loro. Era sicuramente anche un pretesto per punire gli errori di suo padre: voleva Draco, sapendo che il padre ne avrebbe sofferto, come se tutti i Crucio lanciati su di lui non fossero stati abbastanza. Sospirò, e si preparò ad ascoltare.

“Cosa devi dirmi, zia Bella?”

L’espressione di Bellatrix mutò: gli occhi brillarono di felicità, e l’aria soddisfatta divenne un vero e proprio moto d’orgoglio verso di lui. Gli sfiorò la guancia con la mano gelida, e sorridente sussurrò

“Sei stato scelto, nipote. Sii fiero, porterai il suo marchio! E’ il tuo momento, Draco! E' il tuo momento.”

Aveva pronunciato quelle parole come se si fosse appena congratulata con lui per il buon rendimento a scuola. Il ragazzo rimase impassibile, il suo cervello stava ancora cercando di rielaborare ciò che gli era stato detto. Anzi, ciò che era stato deciso per lui: un Mangiamorte. Sarebbe diventato ciò che aveva sempre odiato, ciò che anziché riempirlo d’orgoglio, lo riempiva di orrore. Sapendo di non avere scelta, il ragazzo fece la scelta più giusta: doveva salvare la sua famiglia, e non poteva tirarsi in dietro. Prese coraggio, e alzò gli occhi azzurro-ghiaccio verso di lei.


No, sono troppo codardo.
Non ce la farò mai, è una responsabilità troppo grande.
Potrei scappare, ma.. Mia madre?
E mio padre, non uscirebbe più da quel posto orribile. 
Non posso permetterlo, non io.
Forse.. 


“Sono pronto."




 
 

Ok, scusatemi. Davvero, vi ho fatto leggere un obbrobrio :'D

Comunque, è la mia prima fanfic, vi prego di capirmi.
Questo è il capitolo 1, il mio prologo.
Un chiarimento semplice e conciso: le cose scritte in corsivo sono pensieri. (:
Penso che vi darò il secondo entro pochissimo!
Un bacione dall'autrice :3

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***



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..And of all these things I've done,

 I think I love you better now. *

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Cap. II
 


Il ritorno ad Hogwarts dopo la visita di Bellatrix, fu più veloce del previsto. Draco non seppe come e ne perché, ma quasi corse terrorizzato verso il castello. Non si era preoccupato nemmeno di rimettersi il mantello, mentre scappava via.
Sotto lo sguardo impietrito di tutti gli abitanti era riuscito ad arrivare a destinazione in non più di cinque minuti, seppur ritornare ad Hogwarts necessitasse di almeno dieci minuti buoni.
Dopo aver spalancato il portone principale, si fiondò verso la porta dei sotterranei, sbattendo contro chiunque gli passasse davanti. Non gliene importava niente, al ragazzo, di quante imprecazioni gli stessero urlando dietro: era terrorizzato, non riusciva a capacitarsi di niente di quanto successo poco prima. Entrò nella sala comune, per fortuna semivuota.
Lo sapeva, Draco, lo sapeva benissimo: nessuno l’avrebbe capito, nessuno guardandolo negli occhi avrebbe potuto abbracciarlo e consolarlo, dicendogli che tutto sarebbe andato bene.
Forse qualcuno sì..
Con gli occhi tremanti si avvicinò alle scale del dormitorio femminile, e sapendo di non poterle salire, si mise ad urlare.

“Pans? Pans sei lì? Scendi per piacere, ho bisogno urgentemente..”

Rimase immobile appoggiato al muro in pietra per almeno tre minuti. E in quell’attesa, che gli sembrò quasi eterna, non ricevette nessuna risposta. Probabilmente non c’era, forse era via con quel coglione di Blaise, che da anni provava a portarsela a letto, seppur aveva sempre notato ciò che Draco provava per lei. La cosa lo innervosì ancora di più, facendogli tirare un calcio contro la poltrona preferita della ragazza.

“Pansy Dalilah Parkinson, dove Merlino sei?!”

Non la chiamava mai per nome intero, se non quando si arrabbiava. O quando doveva prenderla in giro, s'intende..
Alcune lacrime gli solcarono il viso, scendendo a bagnare la guancia e buona parte del collo.
La detestava, in quel momento: non c’era.
Dove cavolo potrà mai essere?
Corse fuori dalla sala comune in preda ad un attacco d’ira, e schiantò qualche ragazzino che gli si parò davanti, senza paura di essere visto dai professori. Tutti lo fissavano, nessuno escluso, e tutti erano ammutoliti, incapaci di dire qualcosa anche solo per offenderlo.
Nemmeno quella lurida mezzosangue della Granger, immobilizzata a pochi passi da lui. A lei non sdegnò uno sguardo schifato, pieno d’odio: quel tipo di odio che sapeva tirare fuori incredibilmente solo a lui. Esisteva per irritarlo, e la cosa lo faceva andare in bestia completamente; anche solo l’idea di averla davanti lo schifava più di tutto. Avrebbe preferito curare per mesi uno Schiopodo Sparacoda piuttosto che starle vicino e insozzarsi con la sua presenza, e non si era mai fatto problemi nel farglielo notare in tutti i modi possibili e immaginabili.
Lei arretrò di qualche centimetro, spaventata nel constatare in che stato emotivo fosse, e fu solo un gesto saggio: imbestialito com’era, avrebbe potuto cruciarla seduta stante, solo per il fatto di averlo guardato.
La superò velocemente, diretto alla Biblioteca, sperando di trovare Pansy per poterle parlare, bisognoso com’era di sentire almeno un suo abbraccio.  Una volta entrato, cercando di mantenere la calma,  la cercò con gli occhi qualche minuto; non era facile non vederla, raggiante com’era. Era seduta sorridente di fianco alla sua migliore amica, Millicent Bullstrode, una mezzosangue di Serpeverde diversamente attraente, come la definivano gli altri.
Per qualche secondo rimase immobile, ad osservarla come imbambolato, mentre parlava tranquilla con la sua amica, accennando di tanto in tanto qualche sorriso. Draco aveva notato come suoi lineamenti erano notevolmente cambiati nel corso degli anni, definendo pian piano un viso ben più dolce di quando era bambina.
Altro che Daphne Greengrass, come tutti scimmiottavano.. Si era reso conto, in quegli anni, che Pansy era una delle poche persone che gli rendevano la vita migliore. Non che fosse chissà che donna, non era di quelle che bastava vederle per strada, per innamorarsene, o che amava farsi vedere. Tutt’altro..  
Era una di quelle che conoscevi pian piano, di cui ti affezionavi solo a sentirla parlare durante i discorsi che faceva, che la facevano sembrava sempre più matura di quanto in realtà fosse. Era quel tipo di ragazza che senza un motivo ben preciso, si apriva lentamente a chi amava, senza essere invadente ne troppo fredda, ponderata nel rapporto con gli altri.
Era quel tipo di ragazza che di cui Draco aveva bisogno, non come fidanzatina tra mille smancerie, ma di cui sentiva di aver bisogno sempre.
Si risvegliò dal suo pensiero alquanto profondo, nel momento in cui notò tutti quanti guardarlo con aria interrogativa e spaventata al tempo stesso. Era normale, erano parecchi minuti che stava fermo li nel bel mezzo della Biblioteca, osservando, anzi, fissando Pansy.  Probabilmente sembrava un maniaco.
Si passò la mano tra i capelli biondi, cercando di rimanere calmo e non cruciare tutti i presenti, quando all'improvviso lei alzò gli occhi su di lui. Notò un sorriso crescere pian piano sul suo viso, e un espressione quasi sollevata fare capolino dolcemente. Si alzò di colpo, facendo rimanere Millicent di sasso.

“Draco, allora sei vivo!”

Gli corse incontro, mentre lui rimase immobile, incapace di dire niente di sensato in quel preciso istante. Non era mai stato bravo a parlare, soprattutto quando significava chiedere aiuto alle persone più care. Decisamente, non era il suo forte! Pansy intanto era arrivata vicino al ragazzo, e notando il suo comportamento, lo guardò un po’ stupita e spaventata al tempo stesso. Aveva fatto qualcosa di sbagliato? Era forse arrabbiato con lei? Questo pensiero la rabbuiò più di quanto ci tenesse ad ammetterlo.

“C’è qualcosa che non va? Desideri parlarmi?”

Lui ricambiò il suo sguardo, senza spiccicare parola. Le prese una mano e la portò fuori, non fermandosi nemmeno un istante, fin che non arrivarono alla riva del Lago Nero.
Lei ovviamente lo conosceva perfettamente, e non osò dire nulla, nemmeno fare contestazioni sul come la stava portando in giro davanti a tutti. Si limitò ad aspettare una sua mossa, una qualsiasi parola che potesse spiegargli questo comportamento così strano da parte sua, mentre continuava iperterrita a porsi domande sui suoi recenti comportamenti. Per quanto si sforzasse, non riusciva a trovare una motivazione plausibile per la probabile ira del ragazzo.
Proprio mentre pensava, Draco si fermò tutto d’un tratto; guardandola negli occhi intensamente, cercando qualcosa a cui aggrapparsi per potersi salvare da quella situazione. Stupendo la ragazza, si lasciò cadere per terra, con il viso tra le mani.

“Pans.. Sono.. Sono stato scelto.” 

Il giovane Malfoy non seppe dire quanto fu lungo e assordante quel silenzio, ma fu certo fosse più di quanto riuscisse a sopportare. Pansy non aveva mosso un muscolo, fuorché alcune lacrime che caddero sull’erba.
Dal suo canto, lui non aveva avuto le forze di guardarla, rimanendo fermo nella sua posizione purchè sapeva perfettamente che non appena l'avesse guardata, avrebbe capito che lei provava solo odio verso di lui. Si morse un labbro, se doveva essere odiato, voleva esserne certo.
Quando trovò la forza di alzare gli occhi, rimase impietrito da ciò che vide: lei era immobile, e visibilmente terrorizzata. Lo schifava, in quel momento, e lui non poteva farci nulla fuorché cercare di scusarsi e sperare nella sua comprensione, che tanto anelava. Il problema era come scusarsi; non essendoci abituato fu la cosa più difficile che gli capitò di dover fare, e non mancò di balbettare nel tentativo.

“P-Pans io.. Mi dispiace. Scusami.. S-so che ti faccio schifo.. Perdonami, se puoi”.

La guardò, aspettando qualche risposta, anche un singhiozzo, qualsiasi segno di vita. Ma lo stupì: non fece nulla. Si limitò a sedersi di fianco a lui, ancora tremante, e a sfiorargli la mano.

“Fa lo stesso. Scusami tu. Non dovrei comportarmi così, tu hai bisogno di qualcuno che ti stia vicino, in questo momento. Perché tu ne hai bisogno, vero Draco?”

In quel momento fu lui a rimanere impietrito. Si sedette più composto, osservandola con attenzione, e boccheggiando qualche secondo. Non riusciva ad articolare delle parole sensate, che ammettessero ciò di cui davvero aveva bisogno: un'amica, qualcuno che lo capisse e lo supportasse in quell'oblio. Quando capì di non avere speranze, almeno non in quel momento, cambiò argomento.

“Tu non mi odi? Dovresti farlo..”

Lei abbozzò qualcosa simile ad un sorriso di circostanza, e sospirò malinconica. 

“E per quale motivo dovrei? Ti ho sempre detto che ci sarei stata, anche nei momenti peggiori, Draco. Questo, se ho ben capito, è un momento di quelli. Ti ricordi? Ti tirerò su, quando sarai triste.”

Quella frase era ciò che aveva sancito la loro infanzia, e Draco sorrise d'istinto, non appena la pronunciò. Trattenne l'istinto di sfiorarle le labbra con le proprie, che improvvisamente s'impossessò di lui. Se lo ricordava ancora, lui triste e piangente sotto il Salice di Malfoy Manor, e lei che saltellando gli asciugava una lacrima e pronunciava quella frase.
Da quel giorno non aveva più fatto a meno di lei.

Rimasero in silenzio per un po’, e inaspettatamente  poi fu lui ad aprirsi verso di lei. In un modo e in una tranquillità mai vista neanche quando erano bambini, tempi in cui nessuno dei due si faceva problema a parlare di se. Non lo aveva mai fatto veramente, ma quel giorno si sfogò, sdraiato sull’erba fresca e con la testa appoggiata sulle sue gambe.
Non si accorse di parlare per delle ore, nemmeno quando sbadatamente osservò il cielo ormai roseo. Lei non fece altro che ascoltarlo, rimanendo in silenzio, analizzando ogni singola parola e cercando di dargli quel senso di tranquillità di cui aveva bisogno, senza fare ciò che avrebbe fatto normalmente.
Di sicuro, in circostanze normali, sarebbe saltata in piedi terrorizzata e in preda al panico: lui sapeva quanto fosse dura per lei parlare di Mangiamorte, suo padre era uno di loro ed era morto per gli ideali in cui credeva, solo un anno e mezzo prima. Per lei era ancora dura da accettare, e non avrebbe sopportato un'altra perdita così grande.
Draco sapeva bene cosa volesse dire doverla consolare durante le notti in cui piangeva per la paura di perdere chi amava, paura che si era realizzata pochi anni dopo. E Draco sapeva anche in questo modo di averla quasi tradita, e per questo si sentiva in colpa, troppo in colpa.
Sei così innocente.. Mi faccio schifo da solo.

La ragazza però sorrideva tranquilla, e lui scacciò via quel pensiero, per concentrarsi sul discorso che stava facendo. Pansy capì che forse, anzi, probabilmente, lei era l’unica ragazza con cui avesse parlato così apertamente, e di questo non poté far meno che esserne fiera.
Fiera di se e di ciò che poteva significare lei nella sua vita; di sicuro non più di quanto Draco avesse sempre significato, dal primo momento in cui i loro sguardi si erano incrociati sotto il Salice, nella sua. 









*: E dopo tutte le cose che ho fatto penso di poterti amare di più adesso
- Ed Sheeran.


 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


 

 

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..Asking about a scar
and I know I gave it to you months ago.
I know you're trying to forget...
- Tonight we are young; Fun.

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Cap. III


 

Draco quella sera rientrò molto tardi, seguito a ruota da Pansy e Blaise, che avevano incontrato per strada. Era una situazione abbastanza imbarazzante per i due, in quanto Draco ghignava spavaldo verso l’amico, facendo trasparire la sua soddisfazione. A Blaise non ci volle molto per capire che cosa aveva in mente, fece due più due e capì che era meglio mettersi da parte, per il momento.
Non che gliene fregasse qualcosa a lui, ma sapeva benissimo che distrarre Pansy da Draco era faccenda persa da anni. Sospirò cercando di fare meno rumore possibile, ma finì per attirare l’attenzione della ragazza, quando erano ormai vicino alla Sala Comune dei Serpeverde. Difatti le
i inarcò un sopracciglio, osservandolo in maniera attenta.

“Blaise, come mai stasera sei silenzioso? Non è da te!”

“Nulla Pans, sono solo un po’ giu per l’esame di Storia della Magia, non è andato molto bene, ecco.. Sta' tranquilla”.

Evidentemente era stato fortunato, lei si bevve la storia inventata sul momento.. Fortuna volesse che Blaise fosse ottimo con le bugie, e che lei non sapeva i suoi voti, o almeno, non tutti quanti. In quel momento, sapendo che se fosse rimasto un minuto di più si sarebbe sicuramente fatto beccare, decise che era meglio ritirarsi, per quanto gli bruciasse lasciarli soli.

“Scusatemi ragazzi, io domani ho una punizione sul presto con Ruf e mi conviene andare a dormire. Ci vediamo domani a lezione”.

Anche se Draco aveva notato il suo fare vago, non disse nulla per metterlo alle strette, anzi: si limitò a sorridere e a dargli la buonanotte, mentre Pans gli scoccò un bacio sulla guancia, come sua solita abitudine ormai da anni. A Blaise non sfuggì lo sguardo insistente di Draco su ogni sua mossa, e accennò un sorriso divertito.
Una volta salite le scale, rimase nascosto, curioso di ascoltare ogni singolo particolare; aveva pensato di voler capirci di più, non poteva chiedere qualcosa a Malfoy, altrimenti non avrebbe ricavato uno Schiopodo dal buco.
Aguzzò l’orecchio e si sedette sulle scale, nascosto dal muretto in pietra. Vide di sfuggita i due seduti sul divano, che parlottavano divertiti, e riuscì a sentire qualcosa come i ringraziamenti di Draco per il pomeriggio passato, e la mano di Pans che giocherellava distrattamente con i capelli biondi del ragazzo.
Non aveva idea di cosa stessero parlando, non avevano accennato a nulla sul pomeriggio in cui nessuno li aveva visti. Anzi, a quanto aveva sentito in giro, li avevano visti eccome, tutti tranne lui! Una ragazzina del II anno dei Serpeverde si era avvicinato di soppiatto per dirgli che erano stati visti entrambi in biblioteca, a seguito di una sfuriata di Draco: da quanto aveva capito, lui l’aveva presa per mano e se n’era andato.
Era un gesto insolito, per il freddo Malfoy, che a malapena di solito le concedeva un abbraccio alla sera prima di andare a dormire. O almeno, così dava a vedere agli altri Serpeverde! Vederli così in sintonia gli diede fastidio, e anche molto, ma non poteva di certo rovinarsi il sonno per queste cose; dopotutto non c’era ancora nulla di certo.
Sicuramente era solo una loro svista, erano amici dalla nascita, e può succedere di confondere una grande amicizia per una cotta. Alzò le spalle, e silenziosamente si mosse per andare a letto: si lasciò cadere sul suo letto a Baldacchino, chiuse gli occhi e finì per crollare in un sonno profondo. 


 




Quella mattina Pansy uscì dal dormitorio di buon’umore, raccattando velocemente tutti i suoi oggetti per avviarsi in Sala Grande a colazione. Scese le scale, stupendosi di non trovare nessuno, forse era troppo presto e tutti erano ancora nei bagni.
Si sentì sola nell’immensa Sala Comune, e per ingannare la noia si mise a girare distrattamente per la stanza, osservando ogni cosa. Per la prima volta si incantò osservando il Lago Nero attraverso la vetrata magica: era qualcosa di estremamente affascinante. Notò l’increspatura di alcune alghe, e pensò che era lo spettacolo migliore che il loro stimato fondatore, Salazar Serpeverde, potesse donare.
Sorrise, quando all’improvviso sentì qualcosa cadere per terra, probabilmente un pacchetto di dolci.
Si girò di scatto, spaventata: notò Draco nella penombra, intento a cercare di raccogliere le caramelle. La ragazza si legò distrattamente i capelli in una crocchia, e si avvicinò a lui sorridente.

“Anche tu mattiniero eh, Malfoy?”
Lui si chinò a recuperare ciò che aveva fatto cadere, e appoggiò il pacchetto sul tavolino con fare elegante, come suo solito

“A quanto pare si, Pans.”

Si avvicinò lentamente anche lui, abbracciandola e dandole il buongiorno con un bacio sulla guancia rosea. Non che non ci fosse abituata ai suoi scatti di dolcezza improvvisa, ma questo la stupì parecchio: in ogni caso, lo strinse a se comprensiva.

“Buongiorno a te. Vedo che oggi ti senti meglio, Draco. Non temere, passerà anche questa.”

Staccandosi dall’abbraccio, con la mano distrattamente sfiorò il suo braccio sinistro, scoperto dalla camicia a cui aveva elegantemente arrotolato le maniche. Fortunatamente notò con la coda dell'occhio che il suo braccio era ancora candido, senza nulla di anormale, senza ciò che le metteva paura e inquietudine. Non sapeva se una volta marchiato sarebbe stata capace di sfiorargli il braccio senza urlare; dopotutto forse non era così forte come la dipingevano. Tremò abbassando gli occhi, pensando che anche il suo migliore amico (almeno così si sforzava di vederlo) un giorno sarebbe diventato così.
Merlino, sono inutile..

Non poteva aiutarlo più di così, ed era tremendamente frustrante per Pans. Lui non mancò di notare questo suo cambiamento improvviso d’umore nello sguardo, ma preferì non farci caso per non metterla nella situazione di dovergliene parlare. Sarebbe stato difficile sia per lei che per Draco, incapace di dire qualsiasi cosa a riguardo.. Per cui deciso a non farle pesare nulla, sorrise anche lui, grattandosi la testa distrattamente.

“No, Pans, sappiamo entrambi che non passerà. Però sapere che mi sei vicina mi aiuta a stare meglio. Quindi non mi lasciare solo e tutto filerà liscio. Va bene?”

Le sfiorò la guancia con un buffetto molto affettuoso, come quando erano bambini, poi le strinse la mano con cui lei gli aveva sfiorato il braccio. Notò la ragazza arrossire, e scuotere la testa decisa.

“No che non ti lascio solo”.

All’improvviso un rumore simile ad un brontolio rimbombò nella stanza. Lei ridacchiò, a quanto pareva aveva fame. Incrociò le braccia sbuffò, annoiata e leggermente imbarazzata.

“Allora milord, andiamo a mangiare o no? Ho fame!”

Lui non poté fare a meno di ridere: in tutti gli anni passati insieme, se c’era una cosa che Pansy non aveva perso era proprio la sua passione per il cibo. Mangiava come un piccolo di dinosauro, e la cosa era estremamente divertente, soprattutto per lui e Blaise che non mancavano di prenderla sempre in giro. Allargò le braccia, consapevole di non poter rimandare la cosa.

“Va bene, va bene! Andiamo”

I due si avviarono verso la Sala Grande, e casualmente incontrarono Theodore Nott al quarto piano. Nott era un personaggio molto inquietante visto da fuori, o almeno finchè non lo conoscevi. Quando prendeva confidenza tuttavia diventava molto divertente e Draco non poteva negarlo, lo aveva giudicato male all’inizio del primo anno.
Non gli sembrava simpatico, anzi! Agli occhi di tutti era un musone che se ne era sempre stato per conto suo, e non gradiva la compagnia di nessuno. Tuttavia un pomeriggio Zabini aveva avuto l'occasione di conoscerlo, e lo presentò anche agli altri. Da quel giorno Draco Malfoy cambiò completamente idea su di lui, iniziando ad apprezzarlo.
Andandogli in contro, lo salutò con una pacca sulla spalla e incominciarono a parlare del più e del meno; per poi finire inevitabilmente a discutere sulle ultime partite di Serpeverde a Quidditch. Theo sosteneva di aver trovato una tattica per stracciare i Grifoni, e Draco pareva molto interessato; Pansy un po' meno.
Le piaceva molto il Quidditch, ma quello agonistico!
Scherzarono sulla sua poca abilità nel volo, ma le loro risate cessarono quando videro con la coda dell'occhio il professor Severus Piton camminare in loro direzione, con il suo solito passo veloce. Si fermò di colpo di fronte a Draco, passando in rassegna anche gli altri con uno sguardo serio.

“Mi dispiace interrompervi, ma ho una comunicazione. Oggi non avrete Storia della Magia, vi voglio nella mia aula tra 30 minuti. Passate parola ai compagni, arrivederci”. 

La sua voce era melliflua come al solito, e faceva trasparire il suo solito sarcasmo che Pans ammirava particolarmente. Detto questo si era dileguato, e i ragazzi si erano guardati un po’ confusi. Speravano proprio che Ruf fosse morto di nuovo, era troppo noioso e non avevano nessuna voglia di subirsi le due ore della sua materia, altrettanto noiosa. Draco fece un ghigno soddisfatto, cacciando una gomitata a Theodore.

“Indovinate con chi siamo a Pozioni.”

Subito gli altri non afferrarono a dove voleva arrivare, ma quando si ricordarono che erano stati accoppiati per l’ennesimo anno con i Grifondoro nelle ore di Piton, scoppiarono in una sonora risata.  Draco si allisciò i capelli, come al solito.

“Bene, bene. Dopo andremo da Piton. Ma ora, COLAZIONE!"

I ragazzi annuirono e si affrettarono ad andare in Sala Grande, sbafandosi tutto d'un fiato le omelette e le salsicce che trovarono già servite nel piatto. A pancia piena, dopo venti minuti si avviarono con calma nei Sotterranei, decisi ad arrivare in orario. Entrarono di fatto cinque minuti in anticipo, seguiti a ruota da Blaise che per far quadrare la sua bugia aveva finto di aver dormito poco.
Quando entrò San Potter, Draco diede una gomitata agli amici, e restarono tutti in attesa: tempo dieci minuti, difatti, e Severus Piton aveva tolto almeno 60 punti alla sua Casa per il solito ritardo e la sua arroganza. Draco diede un cinque a Blaise e Theodore, e si concentrò nella preparazione del Distillato di Morte Vivente, mentre Pansy armeggiava con le fiale vicino a Millicent.
Il ragazzo era completamente perso nell'osservarla attentamente, mentre eseguiva con maestria tutti i passaggi richiesti dal professore. La guardò sfiorare il Mortaio e affrettarsi, con l'aiuto della Bullstrode, a pestare le radici di Asfodelo: era incredibilmente affascinante nei suoi movimenti decisi ma delicati. Per Draco poi ancor di più, in quanto se c'era una cosa a cui non resisteva in una ragazza era proprio la sua abilità in Pozioni.. Sapeva inoltre che Pans era da Eccellente, la migliore del suo anno. Si risvegliò dal suo stato di trance quando Blaise gli cacciò una dolorosa gomitata nello stomaco..

"Amico, SVEGLIA! Stai bruciando l'Artemisia! Gira quel mestolo!"

Il ragazzo strabuzzò gli occhi, deglutì e si buttò di nuovo sulla preparazione del loro Distillato, cercando di salvare il salvabile.  

 

 

 





Grazie per la prima recensione! Sono entusiasta che il mio lavoro stia piacendo a qualcuno. Ma mi raccomando, fatevi avanti, anche delle critiche negative possono servirmi! Un bacione a tutti e prometto a breve il 4 capitolo! (:

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***




Cap. IV



Al termine della lezione, alle 11 in punto, i ragazzi si affrettarono ad uscire dall’aula cupa del professor Piton, incamminandosi per gli ancor più bui Sotterranei. Per quanto amasse con tutto se stesso quel posto, Draco non aveva nessuna voglia di starsene rintanato tutto il giorno in Sala Comune, per cui si avvicinò a Pans e a Blaise, che parlottavano tranquilli con Theodore Nott poco più avanti di lui.

“Ciao ragazzi! Che dite, ce lo facciamo un giretto ad Hogsmeade? E’ un pomeriggio perfetto..”

Con un rapido gesto del mento appuntito indicò la finestra, attraverso cui si poteva scorgere un cielo limpido e un bel Sole.
Theo si grattò la testa, un po’ indeciso sul da farsi: sapeva di dover finire il rotolo di pergamena che la McGranitt gli aveva assegnato per punizione, e se fosse uscito di sicuro non sarebbe riuscito a finirlo in tempo. Blaise pensò qualche secondo.
Pans invece non si vece problemi, e sorridente rispose subito che sarebbe venuta più che volentieri. Nott si sfiorò il collo, desolato di dover passare, quella volta a causa di forze maggiori.

“Ragazzi io passo, ho il tema della Vecchia Megera da finire. Anzi, corro subito, magari vi raggiungo appena posso, oppure ci vediamo direttamente a pranzo! Portatemi qualcosa da Mielandia.”  

Detto questo, si allontanò mentre salutava tutti con un cenno della mano. Rimase solo Blaise, che ancora indeciso rimaneva immobile e pensieroso sul da farsi. Draco non voleva di sicuro escluderlo, e gli diede una pacca sulla spalla amichevolmente 

“Dai amico, non mi lascerai solo con quella pazza, vero?” 

Rise di gusto, facendo poi l'occhiolino all'amico. Pans nel frattempo, dopo aver sentito, incrociò le braccia alquanto irritata della sua battutaccia. Sempre simpatico, quel ragazzo!

“Pazza eh? Bella considerazione che hai di me, Malfoy!"

Rimase seria qualche secondo, per poi ridere anche lei, essendo incapace di tenergli il muso a lungo. Girandosi poi verso Zabini, sorridente, fece il possibile per convincerlo a venire con loro ad Hogsmeade. Il ragazzo sul momento non seppe cosa dire, ma si affrettò ad allisciarsi la divisa.

“E sia, se sono così richiesto posso degnarvi della mia presenza. Ci vediamo tra mezz’ora al Portone Principale, guai a voi se non vi presentate".

Rimasero solo Draco e Pansy sul pianerottolo delle scale, quando Blaise si dileguò. La ragazza si slegò i capelli, che per tutta la mattinata aveva tenuto raccolti in una crocchia un po’ disordinata. Al ragazzo parve solamente ancora più bella di prima.

“Draco io vado a cambiarmi, ci vediamo tra poco, va bene?”

Si ravviò poi i capelli all’indietro, sorridente come non mai. Gli fece l’occhiolino e si girò per allontanarsi, un po’ di fretta. Doveva pur farsi bella, no?

“Certo, io vi aspetto lì. A dopo, Pans.”

Il ragazzo le sorrise e si avviò verso il portone con le mani in tasca, ogni tanto osservandola mentre si allontanava. Si allentò il nodo della camicia, mordendosi il labbro.
Salazar, dammi la forza di starle lontano.


Strinse i pugni e con questo pensiero si sedette sul bordo di una statua, di fronte al portone della Sala Grande. 
E’ solo un amica, suvvia.
Osservò per qualche minuto tutti i passanti con aria più che assente: a breve sarebbero usciti insieme. Grazie a Salazar il suo migliore amico Blaise sarebbe stato presente, per cui un modo per distrarsi lo avrebbe avuto sicuramente. Sospirò, torturandosi le mani in attesa.

Davvero la vedo solo come un amica?
Non sapeva cosa rispondere a se stesso, a dirla tutta: da una parte era entusiasta all’idea di vederla, e ancor di più di poterla vedere sorridente in compagnia. Ma lo incupiva pensare a loro come ad una coppia, dopo anni di amicizia sincera; avrebbe potuto solo combinare qualche guaio, egoista com’era.

Io sono solo un ricco ragazzo egoista, vanitoso e leggermente codardo.
Sicuramente si stava aspettando troppo da lei, non gli aveva mai confessato una cotta nemmeno quando erano piccoli, era sempre stata impassibile!

Perché mai si sdovrebbe invaghire di me proprio ora?
Era assurdo, e quantomeno impossibile. Sarebbe stata una pessima figura baciarla nel bel mezzo di un pomeriggio e aspettarsi anche che lei fosse felice di ricambiare.

Per Salazar, ma cosa mi salta in testa!
Nemmeno il suo migliore amico Zabini gli aveva mai accennato nulla di simile, nemmeno per scherzo. Quindi probabilmente stava solo confondendo una semplice amicizia con qualcosa di più, si stava illudendo, di sicuro. 
Draco a quel pensiero sospirò, stropicciandosi il viso stanco con le mani: avrebbe passato poche ore fuori, e alla sera sapeva benissimo di dover sbrigare una faccenda importante.
La madre Narcissa Black durante la mattinata gli aveva inviato un gufo, comunicandogli con la sua scrittura elegante - ma a tratti tremolante - che la sera stessa ci sarebbe stata una riunione dei Mangiamorte. Lui avrebbe partecipato come nuova recluta, ma non avrebbe ricevuto il marchio: il Signore Oscuro lo reputava ancora non idoneo. Da un lato ne fu felice, dall’altro si sentiva inutile e non all’altezza. Erano due parti di lui che erano perfettamente contrastanti, come se avesse una doppia personalità: da un lato il Mangiamorte che era stato educato a diventare; e dall’altro il normale purosangue ricco sfondato qual’era.

Lei non aveva potuto dire di più, in quanto non era saggio scrivere molto via gufo, qualche Auror avrebbe potuto controllare; e la saggia Narcissa non si faceva sfuggire nulla. Aveva ritenuto opportuno non esprimere troppo, anche se questo avrebbe significato per il suo amato figlio dover decifrare parole apparentemente con senso completamente diverso.
Draco riprese il foglio di pergamena che aveva accuratamente nascosto nella tasca interna della sua giacca nera della divisa, e l’aprì per rileggerlo. Di colpo un aroma di menta e vaniglia si diffuse, facendo riconoscere il meraviglioso profumo di sua madre. Lo ispirò, rendendosi conto di quanto gli mancasse, e riportò gli occhi sul biglietto, facendo scorrere gli occhi sulle righe scritte a penna:



“Caro figlio,
sono spiacente di dirti che ho avuto un terribile malore la sera scorsa, e per ovvi motivi non potrò venirti a trovare ad Hogwarts per qualche settimana. Tuttavia, questa sera tornerai a casa proprio per far sì che finalmente ti riveda; è molto che non passiamo del tempo insieme. Io e il tuo amato padre confidiamo nella tua presenza, potremmo morire di crepacuore non trovandoti: e ti assicuro, Draco, non solo di quello. Ti aspettiamo per una cena, e porta qualche abito, ritornerai a scuola domani pomeriggio.
Non ti crucciare, sei già stato giustificato al Preside.

Tua madre,
Narcissa B. in Malfoy”
 


Di sicuro nessuno leggendolo avrebbe potuto pensare ad una madre che convocava il figlio ad una riunione di Mangiamorte, ma ad una amorevole madre dispiaciuta per la mancanza di suo figlio. Sorrise, pensando a quanto astuta fosse stata, e richiuse il foglietto, riponendolo nella tasca con estrema cura.
Guardò distrattamente l’orologio magico appeso ad una parete, rendendosi conto che entro poco sarebbero arrivati gli altri.
Con la bacchetta si cambiò d’abito, rendendosi più comodo ma allo stesso tempo rimanendo impeccabile: si trasfigurò la divisa in un pantalone nero abbastanza aderente, sopra pensò di far apparire una camicia bianca e un cardigan altrettanto nero. Ghignò, mentre con la bacchetta si lucidava le scarpe; e quando si rese conto di essere perfetto, ripose la bacchetta nella giacca.
Adesso doveva solamente attendere l’arrivo degli altri, ed avrebbe potuto finalmente passare una giornata tranquilla ad Hogsmeade, ignorando il resto.
 

 



Pansy era in panico, nella sua stanza, seduta sul letto. Entro poco avrebbe dovuto raggiungere i ragazzi, esattamente entro a malapena dieci minuti.
E adesso? Come mi comporto?

Non solo Draco la confondeva parecchio in quel periodo, ma in un certo senso si sarebbe sicuramente sentita a disagio per la presenza di Blaise. Non che non gli volesse bene, anzi, erano migliori amici da anni.. Ma la metteva a disagio stare con entrambi, visto che aveva colto il leggero attrito tra i due la sera prima.
Alzò le spalle, cercando di tranquillizzarsi, e corse verso il suo baule enorme, iniziando a rovistarci dentro. Doveva trovare qualcosa di carino, ma non di esagerato con cui vestirsi; diciamo che ci teneva a farsi carina per un uscita del genere. Iniziò a provare e riprovare qualsiasi cosa gli capitasse a tiro, ma alla fine optò per abbigliamento semplice: una camicetta grigia e bianca a strisce sottili, lasciata aperta leggermente sul petto, e un pantalone nero aderente. Si legò la cravatta Slytherin un po' allentata, come per ribadire chi fosse veramente, e ghignò allo specchio soddisfatta. Per le scarpe scelse un paio di ballerine nere semplici, che sotto i pantaloni stretti le conferivano un aspetto carino e curato.
Sorrise di fronte allo specchio, pettinandosi i capelli e optando per una pozione allisciante: si passò un velo di rossetto chiaro sulle labbra, lo tamponò con un pezzetto di carta e si osservò.
Sono pronta. Un momento, lo sono davvero?

Si lasciò cadere sul letto, indecisa sul da farsi.
Sì, lo sono. Devo esserlo!

Si alzò di scatto dal letto e uscì di fretta dal corridoio, facendo le scale due a due, per evitare di farli aspettare, e quando arrivò all’altezza delle scale incontrò Blaise. Lo salutò con un accenno di mano, e lui ricambiò il suo sorriso, avvicinandosi a lei.

“Ma come siamo belle, Pans!”

Lei abbozzò una risata tranquilla, sfiorandogli la spalla sorridente e ringraziandolo, se si sentiva orribile, lui era sempre pronto a farle ritornare un po' di autostima. E se anche quel giorno non era uno di quelli, ne era felice comunque!

“Andiamo? Dov’è Draco, pensavo fosse con te!”

Il ragazzo si sistemò la cravatta nera della camicia, era evidente che si era cambiato: indossava un completo di pantaloni neri aderenti e un cardigan color beige sopra. Era a dir poco affascinante, e Pans non poté non notarlo.

“Penso che sia al portone principale. Non l’ho visto da quando ci siamo lasciati lì. Andiamo a controllare altrimenti facciamo tardi, e poi chi lo sente!”

Lei accettò di buon grado e lo seguì; dopo poco giunsero davanti al portone, cercando con lo sguardo Draco. Lo videro seduto sul bordo di una statua verso la fine del corridoio, così si avvicinarono correndo verso di lui. Lei esibì il suo solito sorriso quando lo vide e deglutì, osservando com’era affascinante nel suo cambio d’abito. Si soffermò con lo sguardo un secondo sui suoi lineamenti e sugli occhi grigi, temendo di affogarci per qualche secondo.
Oh Santo Salazar, sei meraviglioso.

Gli propose subito di andare, e lui la guardò, altrettanto sorridente. Si alzò e batté un cinque amichevole a Blaise, per poi ravviarsi lentamente i capelli biondi.

“Certo, andiamo. Sapete, dovremmo andare da Mielandia, ho una voglia di Cioccorane incredibile..”.

All’affermazione del ragazzo gli altri annuirono decisi, era molto che non passavano per quel negozio, e forse era il caso di fare di nuovo scorta di quei dolcetti! Detto questo si avviarono verso il portone, per poi prendere la strada più corta per Hogsmeade.
I tre incominciarono a parlottare tranquillamente del più e del meno durante la loro breve passeggiata: Blaise per lo più si lamentava del voto che la McGranitt gli aveva dato nel nuovo esame, Draco annuiva e ogni tanto accennava qualche aneddoto divertente sul professor Vitious. Pans invece raccontava ai ragazzi  la figuraccia 
che la professoressa Cooman aveva fatto quella mattina a Divinazione . A quanto spiegò, lei aveva incominciato a predire morte e disgrazie per tutte le persone presenti, e nella sua foga di parlare era rovinosamente rotolata sul pavimento.
I ragazzi non frequentavano più quel corso, a detta di Draco incredibilmente inutile, e ridevano pensando a quella pazza che cadeva nel bel mezzo delle sue “profezie”. Anche Pans, come molti Serpeverde, la reputava una ciarlatana, ma doveva frequentare qualche corso extra per avere crediti in più ai M.A.G.O., per cui aveva optato per Divinazione sapendo che non avrebbe dovuto studiare molto.
Dopo qualche minuto giunsero finalmente all’entrata di Hogsmeade, dirigendosi velocemente dentro il negozio perfetto, Mielandia. Pansy si era fiondata immediatamente verso lo scaffale delle Api Frizzole, mentre Draco di soppiatto a quello delle Cioccorane, comprandone per 10 Galeoni.
Blaise era rimasto fuori a fumarsi una magi-sigaretta, non amando molto i dolci, e nessuno aveva avuto da ridire. Dopo poco i due uscirono carichi di sacchetti, mentre lui li osservava tranquillo:  spense la sigaretta alla vaniglia ormai finita, e diede un occhiata rapida ai loro acquisti: Api Frizzole, Cioccorane,  Fildimenta Interdentali, Gelatine Tuttigusti+1 e qualche sacchetto di Scarafaggi a Grappolo..
Siete pazzi. Vi verrà male ai denti.

Alzò le spalle, non amando particolarmente i dolci non gli faceva nessun impressione: i ragazzi invece erano entusiasti, e addentavano qualsiasi cosa gli capitasse in mano mentre rovistavano nei sacchetti.

“Che ne dite se andiamo a berci una burrobirra?”

Si stava facendo l’ora di Pranzo ed entro poco sarebbero dovuti ritornare, per cui avrebbero dovuto fare in fretta. Annuirono decisi, per poi incamminarsi verso i Tre Manici di Scopa, pochi metri più avanti.

 










Angolo dell'autrice :3

Allora, sono felice di aver ricevuto tre recensioni, vi ringrazio tantissimo!
Ma sarei felice di averne altre, sapete mi ci sto impegnando in questa storia, visto che è la prima.. So di non essere un gran chè ma sapere che mi leggete è davvero bello per me, figuratevi sapere che ne pensate davvero! :3
Mi scuso per l'attesa del 4° Capitolo, ma ho avuto un po' da fare con la scuola e poco tempo per scrivere, se poi ci mettiamo un blocco di fantasia.. :')
Cooomunque, recensite mi raccomando! 
Un bacio, al prossimo capitolo!
<3

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


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..So when you're lost and you're tired 
When you're broken in two 
Let my love take you higher 
Cause I still turn to you..

- J. Bieber, Turn to you

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Cap. V°


 

I tre amici si stavano avviando verso il locale di Madama Rosmerta, quando Draco scorse tra le viuzzole del villaggio magico una figura familiare, troppo familiare per i suoi gusti. Dai capelli bruni scompigliati e dall’espressione inconfondibilmente idiota, capì che aveva davanti Harry Potter, suo acerrimo nemico, e la sua compagnia di idioti al seguito. Notò poco più addietro di lui difatti la mezzosangue sotutto-io della Granger e Ron Weasley, alias Lenticchia.
Diede di colpo una gomitata a Blaise, che si girò subito verso l'amico.
Zabini non aveva esattamente la vista di un aquila, per cui ci mise un po’ per mettere a fuoco chi ci fosse a qualche metro da loro. Scorse anche lui i lineamenti di Potter & Co., e quando si rese conto che c’era anche la Granger, diede una piccola gomitata a Pansy.

“Pans, guarda chi c’è. La tua amichetta!”.

Lei, che fino a quel momento si era distratta mangiucchiando qualche dolcetto, alzò gli occhi di scatto per capire cosa stesse succedendo. Appena capì chi aveva davanti, sul viso le nacque un espressione infastidita, e leggermente schifata: era lo specchio del viso di Draco. Blaise era rimasto impassibile, aveva assunto un espressione quasi divertita mentre osservava i due compagni.. Non capiva perché li infastidissero tanto, e alzò le spalle.

“Beh, chissene frega, io voglio una Burrobirra! Fregatevene e andiamocene..”.

Sul momento Draco e Pans si osservarono, e Blaise giurò di aver visto la mano dell’amico sfiorare la bacchetta nel mantello, mentre la ragazza fissava la mezzosangue con l’aria di chi volesse trucidare qualcuno seduta stante. Dal canto suo, Potter e i due amici se la spassavano ridendo, ma quando li videro cambiarono radicalmente espressione tutti, dal primo all’ultimo. Lenticchia era sbiancato, Potter li fissava reggendo lo sguardo e la Granger aveva un espressione che sarebbe stata perfetta per un funerale. Solo quando Blaise spazientito strattonò i due amici loro diedero segno di vita. Ne aveva le abbastanza, così li spinse con poco garbo verso la porta dei Tre Manici di Scopa.

“Andiamo, non ho mica voglia di perdere tutto il pomeriggio a causa vostra!”

I ragazzi di colpo si risvegliarono, e scrollarono le spalle, facendosi strada per il locale: non avevano idea di dove sedersi, ma Draco finì per scegliere un tavolo appartato il più lontano possibile dalla porta d’entrata. Si sedettero, e per qualche secondo rimasero tutti in silenzio; fu proprio il giovane Malfoy a romperlo, battendo un pugno sul tavolo..

“Quell’idiota di Potter!! Chi si crede di essere, lurido mezzosangue schifoso.”

Tutti i presenti si girarono ad osservarlo, e così Blaise fece segno all’amico di abbassare il tono della voce, mentre Pans arrossì di colpo. Malfoy prese un bel respiro, e stringendo il pugno fino a far diventare la mano completamente bianca, ricominciò inevitabilmente ad urlare.

“Giuro che prima o poi lo crucio. Non avete idea, lo detesto. E’ un completo idiota! Lui e quella sua aria da Sonoilfottutoprescelto, amatemi! Per Salazar, fosse anche l’ultima cosa che faccio ma l’ammazzo, non lo posso vedere.”

Blaise lo guardò con un sopracciglio alzato, e fece segno alla cameriera di portare tre Burrobirre. Pans giocherellava con la sua cravatta, ma rimaneva in silenzio: sapeva che disturbare Draco da un suo monologo rabbioso sarebbe stata una cattiva scelta. Solo Blaise osò parlare ed interromperlo.

“Sai cosa penso, amico? Penso che ti crucci per niente. Non dovresti dar corda, a queste cose. In fondo, è soltanto un emerito idiota, e tu lo sai bene. Non puoi fare certe scene, dai disonore a te e alla tua famiglia. Draco, rifletti, per Merlino! Stai facendo solo ridere tutto il locale!"

“Amico, hai ragione. Non dovrebbe importarmene. Bene, facciamo finta di niente..”


Draco si ammutolì di colpo, guardando il tavolo, e la ragazza alzò gli occhi verso Zabini, colpita dalla sua affermazione. Malfoy deglutì, e si ravviò i capelli sospirando e provando per una volta a lasciar correre.
Dopo pochi secondi arrivarono le tre Burrobirre, e i tre brindarono alla loro amicizia, sorridenti. Blaise a quel punto si scusò e si alzò, dicendo di avere bisogno di un bagno. Così rimasero solo Draco e Pansy, che si misero a parlare del più e del meno, senza fare riferimenti a quanto avvenuto il pomeriggio prima. Ridacchiavano tranquillamente, accennando qualcosa sul professor Ruf, e per qualche minuto si scordarono il Trio dei Miracoli.
Ma questo breve momento di pace durò poco, difatti dopo qualche minuto di chiacchiere tranquille, entrarono Potter&Co nel locale, sedendosi poco più avanti di loro. Draco lo fissò con odio, mentre Potter aveva sulla faccia quella solita espressione soddisfatta: strinse i pugni sul tavolo, e Pans capendo la situazione gli sfiorò la mano. Di colpo il ragazzo si rilassò, e prese respiro, rimettendo a fuoco la situazione e concentrandosi sulla mano della ragazza appoggiata alla sua.. Era così morbida. 
Pan, non la togliere, ti prego..

Blaise dopo poco tornò al tavolo, e quando vide l’espressione di Malfoy, inarcò un sopracciglio: spostò lo sguardo in profondità e vide il gruppetto di Grifondoro. Sospirò, portando alle labbra la Burrobirra calda, ne bevve un sorso e riappoggiò il boccale sul tavolo lentamente, per poi incrociare le dita davanti al viso elegantemente.

“Amico, rilassati. Sei troppo nervoso, oggi. Ci devi parlare di qualcosa, vero?”

In quel momento Draco sbiancò di colpo, sperando che nessuno dei due sapesse del fatto che aveva una riunione. Fece per parlare, ma rimase in silenzio cercando di trovare qualche scusa. Che diamine avrebbe potuto dire adesso?

“Non ho molto da dire, in verità. Vado al Manor stasera, per passare.. ecco, una serata in famiglia. Mia madre sembra che sia stata male, non so altro.”

Pans, che in quel momento stava sorseggiando la sua Burrobirra, per poco non si strozzò con la bevanda, e buttò di colpo il calice sul tavolo anche lei. La sua mano si spostò inevitabilmente da quella di Draco, che fino a poco prima sfiorava.
No, l'hai tolta..

“C-cosa? Narcissa è stata male?! Oddio, Draco, non lo sapevo! Sta bene adesso, vero?”

Sul viso era diventata paonazza: conosceva quella donna dalla nascita, e per lei era parte della famiglia. Gli occhi le tremarono visibilmente, e Draco le sorrise, sfiorandole il viso.

“Pans, tranquilla. Sta bene, se fosse successo qualcosa di grave sarei stato il primo a dirtelo. Mi ha inviato un gufo stamattina, non so nient’altro. Ti scriverò io dal Manor appena posso, te lo prometto.”

Lei arrossì lievemente, ma sembrò calmarsi e gli sorrise, mormorando un flebile grazie. Blaise si rigirò l’anello di famiglia sull’anulare, e osservò l’amico. Aveva sempre avuto una grande stima per i membri della famiglia Malfoy, e soprattutto per la madre. Era una donna come poche, graziosa ma anche scherzosa quanto bastava per una del suo rango, e sapeva bene quando Draco fosse affezionato a lei.

“Amico mi dispiace, spero stia bene. E’ una gran donna, tua madre..”

Draco fece un cenno di ringraziamento, e poi finalmente prese la Burrobirra, e se la scolò tutto d’un colpo: non aveva tempo per Potterino e altre cavolate, doveva crescere e ignorare, proprio come faceva suo padre. Suo padre, che per la cronaca, era rinchiuso ad Azkaban grazie a quell’idiota.
La rabbia si impossessò di nuovo di lui, ma respirò e allontanò il pensiero.
La pagherà, ma a tempo debito. Non ora. Non posso permettermi distrazioni.

Il ragazzo però non faceva che pensare al fatto che sua madre nella lettera aveva parlato anche del padre; se era in carcere, come faceva a essere presente al Manor? Forse l’Oscuro Signore… No, non era probabile.
Lo aveva deluso due anni prima mentre tentava di prendere la profezia, e Lord Voldemort non dimenticava facilmente certi affronti; tutt’ora la sua famiglia ne pagava le conseguenze, offrendo all'Oscuro perfino la loro villa.
Sospirò, appoggiando il bicchiere sul tavolo con calma.

“In ogni caso, torno domani. Vi saprò dire tutto al mio ritorno, oppure vi scriverò stasera via gufo.. Un modo per informarvi lo trovo, ragazzi.”

I due annuirono, e Pans iniziò a giocherellare con i suoi capelli  biondi sperando di riuscire a farlo rilassare. Madama Rosmerta arrivò e tolse i boccali ormai vuoti dal tavolo, così i tre le lasciarono i soldi. Non dovevano stargli molto simpatici, li aveva guardati in maniera strana, ma non avevano voglia di pensarci, per cui avevano fatto finta di niente.
Solo Pans provò  a sorriderle, gli altri due rimasero impassibili, e la donna abbozzò un sorriso in risposta.
Dopo questo i tre si alzarono, dirigendosi verso la porta: Draco mentre camminava si sentiva gli occhi di Potter addosso, per non parlare della Granger che lo osservava in maniera inquietante. Si girò di scatto verso di loro, impassibile.

“Non avete di meglio da fare, voi Grifondoro?”

Aveva calcato apposta la pronuncia sulla loro Casa, come per ribadirgli ancora una volta quanto fossero diversi da loro.
La Granger deglutì, Ronald divenne paonazzo e Potter - come al solito -  fu l’unico a sostenere lo sguardo di sfida che Draco gli stava lanciando.
Stupendo tutti, Malfoy scrollò le spalle, e mormorando un “idiota” fece per allontanarsi ed uscire.
Pans rimase a bocca aperta, Blaise fu ancora più stupito: quando mai non aveva iniziato a urlargli qualcosa di estremamente offensivo a dietro, dopo questi affronti? Non sapevano spiegarselo. I due fecero molte ipotesi, lungo il tragitto che stavano percorrendo per tornare al castello: la più normale era che forse Draco era semplicemente maturato, ecco tutto. Ma in fin dei conti, non potevano sapere cosa stava per affrontare, qualcosa che era più grande di lui, fin troppo.
Pans ne sapeva la metà, Blaise ancora meno: Draco non aveva ancora avuto modo di parlargliene, o forse si, ma non si era sentito ancora pronto; era già tanto che avesse svuotato il sacco con la sua migliore amica. Continuarono a camminare in silenzio, scrutandosi con la coda dell’occhio l’un l’altro, incapaci di dire nulla in merito a quanto successo poco prima da Madama Rosmerta.
Draco ruppe quel silenzio assordante dopo poco, scrocchiandosi di colpo le mani.

“Ragazzi, siete inquietanti. Vi prego, dite qualcosa, o finirà che mi addormenterò seduta stante”.

Inarcò un sopracciglio, e gli altri due si guardarono un po’ confusi.

“Sul serio, ragazzi. Potete parlare anche delle mutande che porta la McGranitt, basta che parliate”

A quel punto nessuno dei tre riuscì a trattenere una risata sincera, mentre attraversavano le porte del castello, sotto gli sguardi stupiti di chi Draco Malfoy non l’aveva mai visto ridere davvero.

 

 


 

Draco si rigirava tra le mani la bacchetta, colto da una forte sensazione d’ansia.
Si allentò la cravatta,  e si ravviò i capelli, con le mani tremanti e mille pensieri che gli vorticavano in testa, stremandolo.
Era seduto sulla scalinata fredda di Malfoy Manor Manor, in attesa che qualcuno lo venisse a chiamare per incominciare la riunione: minuti d’attesa, per il giovane ragazzo. Un attesa di quelle che ti logorano dentro, che ti fanno venire le fornicazioni alle mani, tanto snervanti che sono.

Appoggiò all’improvviso la bacchetta sulle scale, e prese così dalla tasca interna della giacca nera un pacchetto di sigarette, sfilandone poi una alla menta e vaniglia. La mise delicatamente tra le labbra e l’accese, portando una mano leggermente sopra la fiamma dell’accendino prezioso che suo padre gli aveva regalato. Ci mise un po’ ad accendersi, ma dopo vari tentativi finalmente ci riuscì. Fece un tiro profondo, e subito sentì i muscoli rilassarsi e l’aroma alla menta calmargli, per modo di dire, i sensi.
Si appoggiò meglio alla scalinata limpida con i gomiti, rabbrividendo un po’ per il freddo: era incredibile quanto l’ascesa del Signore Oscuro avesse fatto diventare gelida e tetra casa sua. L’esatto contrario di quanto gli ricordava da bambino.
I pavoni non giravano più allegri e rilassati nel giardino, la madre non ricamava più nel soggiorno, e il sole non irradiava più le stanze del Maniero mostrandone la bellezza. Il cielo era sempre oscurato, le camere erano così diventate nere, fredde, e Draco poteva giurare di sentirsi gelare il respiro ogni qualvolta valicasse la soglia di quella che un tempo era stata casa sua.
Non si sapeva ne come e ne perché, ma il Signore Oscuro aveva deciso di stanziarsi esattamente a Malfoy Manor. Non a Dolhov, non a Yaxley, non a Nott Manor e nemmeno a Parkinson’s. Esattamente in casa loro. Sospirò, portando di nuovo la sigaretta alle labbra, e fece un altro tiro amaro.  Rimase per un po’ ad osservare distrattamente il pianoforte a coda poco più in là delle scale.
Delle note gli tornarono alla mente, ricordandogli qualcosa..


..Anni prima.

.. Narcissa Black era seduta sullo sgabello del pianoforte, con il piccolo Draco in braccio. Stava suonando qualcosa di estremamente dolce, e Lucius passeggiava rilassato davanti al camino acceso, sfiorando con i mocassini in pelle il tappeto di velluto ad ogni passo. Draco osservava il padre rapito, ma si distraeva di continuo quando la madre suonava. Era una melodia particolare, la sua ninna nanna, dicevano. “Draco, amore mio, prova anche tu”. Gli prendeva le dita dolcemente e gli faceva sfiorare il pianoforte. Il bambino, poco più che di qualche anno, ritraeva la mano sentendo la nota che ne usciva. Non era come quella della madre, ma ci assomigliava, così batteva le mani felice e borbottando qualcosa di incomprensibile. Narcissa sorrideva come non mai “Un giorno imparerai anche tu a suonare come la mamma. E’ una promessa!”. Lucius aveva osservato la scena con occhi inteneriti. Così si avvicinò sorridente al pianoforte, chinandosi sulle ginocchia per afferrare il piccolo con le mani, e prenderlo in braccio “Oh si, diventerà bravissimo il nostro piccolo, Cissy”…


Tremò per qualche secondo, dopo essersi ricordato un particolare della sua infanzia, e ne sorrise.
Si guardò intorno indeciso, e quando capì che non c’era nessuno nei paraggi si alzò, dirigendosi con passo sicuro verso il piano. Ne sfiorò la superficie, nera ma polverosa, troppo polverosa. TERGEO! 
Di colpo il pianoforte riprese colore, mentre la polvere e le ragnatele sparivano. Si sedette sulla sedia, e alzò il coperchio dei tasti lentamente. Qualche piccolo ragno uscì, e lui schifato non ci fece caso scrollando le spalle. Quel pianoforte a coda era di sua madre, ed era tutto ciò che gli rimaneva di quei ricordi.
Lei ormai, non lo suonava più. O forse si, di notte, quando nessuno la sentiva.
Sfiorò un tasto, e una nota solitaria si fece eco per il soggiorno, rimbombando per l'immenso salone.
Deglutì, cercando di ricordarsi qualche nozione base che sua madre aveva cercato di insegnargli, e si grattò la testa..
Se vuoi suonare, devi provare. Non importa se non ti ricordi come, esegui e rimembrerai tutto, figlio mio.

Annuì, deciso a fare come sua madre gli aveva sempre consigliato; così si stiracchiò le dita, e partì incerto con un pezzo di un importante musicista tedesco babbano, il primo che aveva imparato.
Fur Elise, di Beethoven. Si stupì di come ritornasse alla mente ogni piccola nota, ogni piccola sfumatura di quando era più piccolo e suonava per rallegrare la madre.
Mentre si distraeva, passarono minuti interminabili, e una volta finito il pezzo, ricominciò daccapo, questa volta con più sicurezza, che via via diventava perfezione.
Non seppe quanto tempo passò lì, ma quando lo interruppero gli dispiacque parecchio, come se ci avesse passato meno di 10 minuti. Dei passi erano scesi lungo la scalinata, passi piccoli e incerti. Si girò di colpo, interrompendo la suonata, meravigliandosi di chi aveva a pochi metri da lui.
Sua madre era immobile, con una mano ancora sullo scorrimano bianco della scala. Aveva l’altra mano esile che le copriva la bocca, visibilmente aperta per lo stupore.

“D-Draco? Figlio mio, stai suonando?”

La vide sfiorarsi le labbra, incredula di ciò che aveva appena pronunciato. Lui annuì distrattamente, e lei pian piano si avvicinò al ragazzo, prima con passi incerti e poi con tranquillità. Gli sfiorò delicatamente una spalla, mentre osservava strabiliata il suo amato strumento tirato a lucido. Passò una mano sulla sua superficie,e Draco giurò di vederle gli occhi tremare, emozionati grazie a lui. 

“Figliolo, starei qui ore. Ma.. Purtroppo la riunione è cominciata. Mi hanno mandato a chiamarti. Andiamo..”.

Mentre con occhi tristi osservava il suo pianoforte, Narcissa si allontanò, spostando lo sguardo da qualche altra parte. Aveva appena fatto uno sforzo incredibile, e Draco non voleva farle pesare nulla.

“Certo, madre. Andiamo dagli altri, suoneremo dopo cena”.

Lei sorrise, grata al figlio per ciò che aveva detto, era incredibile come potesse tranquillizzarla nel suo modo di fare.
Sei così simile a tuo padre, figlio mio..
Lo prese sottobraccio - anche se sembrava più che vi si aggrappasse - e presero a camminare per i corridoi semibui, arrivando poi alla porta della riunione in pochi minuti.
La donna prese un lungo respiro, e il vociare nella stanza si interruppe bruscamente: li stava aspettando. Ancora non era riuscita a capacitarsi di come l'Oscuro pretendesse la sua presenza alle riunioni, anche se non portava il Marchio Nero. Cos'era, una tortura? Riuscì a frenare le lacrime prima che prendessero a scendere sulle sue gote, e si aggrappò al figlio abbracciandolo.
Il tempo di tranquillizzarsi, e di respirare finalmente aria di famiglia, si staccò, portando una mano sulla sua guancia e baciandolo sulla fronte. Non serviva mormorare un "ti voglio bene", glielo aveva già detto a modo suo.

"Madre, conto ancora su di te. Ci sarai sempre?"

"Si, figliolo.. Sempre."

All'improvviso però Codaliscia arrivò vicino a loro, spuntando da un angolo buio, e aprì loro la porta, sorridendo malignamente.
Una voce fredda investì Draco e sua madre, poco prima di entrare.

“Draco, carissimo, finalmente sei qui. Dolce Narcissa, è sempre un piacere.. Sedetevi”.

Lui deglutì, e impassibile si sedette di fianco alla madre e alla zia Bellatrix, premurandosi prima di spostare con garbo la sedia a sua madre. Era un gesto che amava fare, e che aveva sempre fatto da quando Lucius non era più lì.
Il rapporto tra Narcissa Black e Lucius Malfoy era uno dei più meravigliosi e altrettanto stracolmi di mistero che il ragazzo avesse mai visto, anche a 17 anni non riusciva a capirlo appieno. Si amavano, si erano sempre amati, e questo se lo erano dimostrati ogni giorno, a modo loro. Piccoli gesti, ecco di cosa viveva il loro amore.
Gesti come scostare la sedia per far sedere la moglie all'immenso tavolo, ascoltarla quando suonava camminando avanti e indietro strascicando i piedi sul tappeto, ammirarla mentre si pettinava i lunghi capelli biondi alla sera prima di coricarsi.
Erano quel tipo di gesti che Narcissa aveva ancora dentro, e di cui sentiva la mancanza ogni giorno da quando Lucius era  stato rinchiuso ad Azkaban.
Ed era proprio per quello che Draco si sentiva in dovere, quando poteva, di farglieli sentire ancora. 

Bellatrix gli sfiorò la spalla per salutarlo, e lui rabbrividì, ma chiuse la mente consapevole che in quel momento l’Oscuro Signore lo stava osservando. La madre lo guardò, dispiaciuta per quanto dovesse sopportare suo figlio, pur avendo solo 17 anni.
Di colpo la porta si aprì, e il suo padrino, nonchè professore 
Severus Piton, corse nella stanza consapevole del suo ritardo.

Il Signore Oscuro si girò verso di lui, con voce gelida..


“Severus.. Temevamo ti fossi perso anche tu.





.. To be continued..











 

Angolo dell'autrice

Oh per Salazar, perdonate il mio ritardo pazzesco nel pubblicare il 5° capitolo della fanfiction.. Ho avuto poca ispirazione, ma alla fine la mia voglia di scrivere ha avuto la meglio!:) Sono molto felice di avere visite, e vi ringrazio, spero di non deludervi. Come vedete in questo capitolo non ho voluto approfondire la riunione, probabilmente lo farò più avanti tramite flashback o piccole citazioni, preferisco darvi un po' di suspance .
So che molti di voi penseranno, cosa ci azzecca Justin Bieber? La verità è che secondo me era adatta al tipo di dialogo che ha con sua madre..
Che tra parentesi, è uno dei personaggi che più stimo di HP. :)
Al prossimo capitolo,
Giuli.

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


 

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Un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro.
Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito.

 

Alessandro Baricco, Novecento.

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Cap. VI

 

Pansy camminava avanti e indietro per la Sala Comune dei Serpeverde, ormai da ore. Era in ansia, quel tipo di ansia capace di farti sentire i brividi per tutta la schiena. Draco non si era fatto vivo, seppur avesse promesso sia a lei che a Blaise di scrivere un gufo il prima possibile.
Per quale motivo tarda ancora?! Per Salazar, è la volta buona che mi prende un colpo..
 Si morse le labbra nervosa, torturandosi le mani; alla fine Blaise la strattonò per un braccio, ordinandole con un ringhio di starsene seduta..

“Basta, Pans. Mi metti ansia, ora stattene un po’ buona. Scriverà, ne sono sicuro!”

Così si trovò con il fondoschiena sul divano ancora prima di poter contestare. Fece per urlargli dietro qualcosa, ma capì che non avrebbe avuto senso. In un certo senso, aveva più che ragione. Si morse un labbro di nuovo, sistemandosi i capelli, abbozzando qualche scusa.

“Scusami, Blaise.. Davvero, non lo faccio apposta. Sono in ansia.. Non ho notizie nemmeno della mia madrina, povera Narcissa!”.

Sospirò profondamente, e l’amico le cinse le spalle con le braccia, accarezzandole i capelli proprio come faceva per consolarla quando era piccola. In certi momenti, per quanto fosse insopportabile, sapeva che aveva bisogno del suo affetto, e lui c'era sempre.

“Su, Pans. Non ci pensare. Piuttosto, forse è il caso che finiamo il rotolo di pergamena che ci ha ordinato di fare Piton per domani, quello sui Vampiri Irlandesi. Va bene?”

In effetti, forse era il caso di farlo. Li avevano cominciati in biblioteca, ma non avevano trovato ne la forza ne la voglia per poterlo finire e consegnarlo in anticipo. Così la ragazza annuì, sciogliendo l’abbraccio. Blaise le sorrise e fece levitare i loro compiti fatti a metà il giorno prima, fino a poco prima buttati sulla scrivania. Se si sbrigavano, avrebbero finito entro un ora e sarebbero potuti andare a dormire. Sempre che lei ci fosse riuscita, dopotutto. Si piazzarono entro poco sul tappeto, circondati da dolcetti di Mielandia, pronti a lavorare per la prossima ora. Ne avrebbero avuto, di lavoro da fare.. Intanto Pans continuava a spiare l’entrata della Sala Comune, sperando di vedere qualcuno entrare con il suo gufo.
Si morse le labbra, e si concentrò sul libro da cui prendeva spunto per il tema.


 





Poco dopo aver concluso la riunione dei Mangiamorte, Draco e sua madre si affrettarono ad uscire dalla stanza.
Appena fuori dalla vista di chiunque altro, il ragazzo si appoggiò al muro, respirando a fatica e lasciandosi cadere per terra. Quel tipo di riunioni gli mettevano sempre un ansia terribile, quasi lo mandavano in panico. Il modo in cui l’Oscuro Signore lo squadrava e come guardava sua madre, lo mandavano in bestia.
Sembrava la desiderasse, non aveva mai nascosto che per lui fosse una donna splendida, in effetti.
Sospirò, portando le mani alle tempie, cercando di rilassarsi. La madre era rimasta ad osservarlo tutto il tempo, con gli occhi tremanti. Le dispiaceva, ma cosa poteva fare infondo? Rimanere lì con lui in quei momenti, in cui era certa che se fosse stato da solo, sarebbe crollato. Non aveva la forza di Lucius, era solo un ragazzo.
E' solo un ragazzo..

Le parole pronunciate un anno prima al suo amico Severus le ritornavano in mente. La donna deglutì di colpo, accarezzando una spalla al figlio. Lui dal canto suo era grato della sua presenza. Respirò con calma e si ricompose, sistemandosi la giacca elegante e mormorando un flebile ringraziamento alla madre.

“Madre, vi avevo promesso che avrei suonato per voi. Che ne dite di farlo adesso?”

Lei sorrise, di colpo. Uno di quei sorrisi capaci di irradiare la stanza, ormai buia e fredda, dell’antico e perfetto Maniero dei Malfoy. Si sistemò i capelli, come suo gesto solito da nobildonna, e gli accarezzò una guancia con la mano morbida.

“Certo, figliolo. Andiamo, sono impaziente di sentirti ancora.”

Draco era ben lieto di allietare la madre con le sue suonate al piano, e questa volta contava di eseguire qualcosa di più complicato. Annuì, e si avviarono insieme a braccetto verso il salone d’ingresso.
Arrivati al pianoforte, lei fece levitare con grazia un divanetto e lo fece delicatamente appoggiare proprio di fianco al piano. Si sedette sopra di esso, con la sua solita eleganza, e ordinò ad un elfa di portarle una tazza di thè verde. Il ragazzo fece un inchino, sorridendo a sua madre, e si sedette sullo sgabello.
Accarezzò con una mano la superficie del piano, ancora candida dalla pulita ricevuta due ore prima.
Osservò la madre, attendendo un qualche gesto che gli concedesse di incominciare a suonare. L’elfa si materializzò di nuovo nella stanza, porgendo la tazza di thè a Narcissa. Lei la ringraziò educatamente e assaggiò il suo thè, poi, con un sorriso rilassato sulle labbra gli fece segno di incominciare. Draco pensò qualche secondo a che cosa potesse eseguire.. E la madre capì al volo la sua indecisione.

“Tesoro.. Perché non mi esegui il Nocturno di Chopin? Sai quanto la amo..”

Lui le sorrise, si ricordava di quanto amasse quella particolare sinfonia. Era certo che qualcuno l’avesse suonata al matrimonio dei suoi genitori, al momento del ballo degli sposi. Evidentemente era per questo che l’amava così tanto.
Dopo aver ricordato come eseguirla, incominciò a sfiorare con leggiadria i tasti, facendo risuonare nel Maniero ogni nota.
Dopo tutte le prove fatte due ore prima, ormai non era più incerto sui tasti da dover sfiorare. La madre era felice, su questo non c’era alcun dubbio: bastava osservare l’espressione rilassata del suo viso per comprenderlo. Per qualche secondo Draco immaginò quella che un tempo era casa sua, riprendere vita.
I pavoni, ormai chiusi nel loro recinto sporco, correre liberi per i giardini; il loro magnifico prato, ormai secco e smorto, tornare di quel verde sgargiante di cui era sempre stato. Era semplicemente fin troppo bello per essere vero, e in quel momento la malinconia si impossessò di lui. Tuttavia, non smise di suonare, ma continuò deciso a non dare dispiacere a Narcissa.
L’elfa Tibby, ormai al loro servizio dalla nascita del Padroncino Draco, ebbe la magnifica idea di aprire le tende, che ormai erano tenute sempre chiuse. La luce filtrò nelle stanze, sfiorando il viso perfetto ma stanco di Narcissa, che con gli occhi semi chiusi sorseggiava il thè verde. Con la coda dell’occhio il ragazzo notò qualche Mangiamorte affacciarsi allo stipite della porta in legno antico, ad osservare la scena, probabilmente attirati da suono del pianoforte.
Bellatrix Lestrange si era avvicinata lentamente, senza farsi notare.

Il ragazzo alzò gli occhi dai tasti, continuando tuttavia ad eseguire il brano, ed ebbe modo di notarla. Le fece un segno con lo sguardo e la invitò a sedersi. La zia si morse le labbra: anche lei, come Narcissa, aveva ricevuto lezioni di pianoforte da giovane. Si ricordava quando erano solite suonare insieme, per il loro padre. Ma tuttavia, erano anni che non ne sfiorava uno.
O forse l’aveva sfiorato, poco prima di distruggerlo solo per il gusto di rompere qualcosa.

Fece segno di non voler suonare scuotendo la testa, e si sedette con calma di fianco a sua sorella, per godersi lo spettacolo: era incredibile come per un secondo qualcosa di umano si era smosso in lei. Draco concluse la suonata, meritandosi gli applausi che la madre - e di nascosto, anche della servitù - gli fece.
Gli occhi della donna erano emozionati: erano anni che non aveva l’occasione di sentirlo così tranquillo e sereno mentre dava prova della sua bravura. Si alzò dal divanetto, dirigendosi verso il figlio, e gli diede un bacio leggero sulla guancia. Lui sorrise, alzandosi dallo sgabello.
I suoi colleghi Mangiamorte, ghignarono tutti, visto che erano praticamente incapaci di fare qualcosa che assomigliasse lontanamente ad un sorriso. Lui li fissò tutti, uno ad uno, trattenendo l’espressione schifata che avrebbe tanto gradito poter fare. Si voltò verso la zia, osservandola con attenzione e curiosità al tempo stesso: c
ercò di essere cortese. Lei, dal canto suo, si alzò immediatamente dal divanetto.

“Mi ha fatto piacere che tu sia venuta qui, zia”.

“Non credere di essere un genio al pianoforte, Draco. Ora, se non ti dispiace, ho da fare. Faccio il mio dovere, IO!! ”

Rivolse un ghigno sprezzante a lui e alla sorella, e si affrettò ad uscire dalla stanza, mentre gli altri Mangiamorte le facevano spazio per farla uscire. Non ci tenevano ad essere cruciati solo per essersi trovati nel posto sbagliato durante una sfuriata di madame Lestrange.
Draco alzò le spalle, non le rispose anche perchè non c'era nulla da dire.
Era troppo rilassato per farlo, e di certo non voleva rovinarsi quel momento per una pazza! Di colpo si ricordò che con tutto questo trambusto non aveva avuto il tempo di scrivere un gufo a Pansy e a Blaise, per informarli della situazione al Manor. Così si girò verso la madre, dicendole tranquillamente che sentiva il bisogno di ritirarsi nelle sue stanze, probabilmente un bagno caldo gli avrebbe solo fatto bene. 
Narcissa gli accarezzò la spalla, per poi dileguarsi in direzione di sua sorella.
Sperava di riuscire a calmarla, dopotutto era pur sempre - in un certo senso - l'unica sorella rimastole.
Draco nel frattempo salì le scale lentamente, avviandosi al corridoio dove si trovava la sua stanza. Appena aprì la porta, si stupì di quanto a lungo non fosse entrato nella sua camera. Da mesi, ormai, probabilmente dall’inizio dell’anno scolastico.
Finalmente a casa..

Ispirò l’aria che sapeva di chiuso e di seta fresca, e osservò ogni cosa con particolare attenzione. Si fece strada nell’enorme stanza da letto, sfiorando il copriletto di velluto verde con le dita. Era stupefacente, lo riportava indietro nel tempo a quando tra quelle lenzuola vi dormiva ogni notte. Ispirò di nuovo quell’aria, mentre un sorriso prendeva forma sul suo viso.
Deciso a cacciare quell’odore di chiuso, si avviò velocemente alla finestra: aprì le tende, facendo filtrare il poco sole della giornata, e spalancò la finestra che dava al giardino. Non che ci fosse nulla di bello da vedere, come già detto era morto, secco e completamente inguardabile.
Un vero schifo casa mia, ormai.. Ma è pur sempre casa. 

Gettò lo sguardo sull’ambiente intorno a lui; solo aprire le tende, a dire la verità, aveva cambiato tutto. Sembrava più vivo, più suo. Sorrise e decise che era l’ora di darsi una mossa: sicuramente aspettavano sue notizie e non era cortese farli aspettare ancora. Si sedette sul letto e fece levitare un foglio di pergamena e una penna d’oca di fronte a lui. Li afferrò, pronto a scrivere.


 

Cari ragazzi,

Scusate il mio ritardo incredibile. Ho avuto un gran da fare qui al Manor, e non ho potuto scrivervi prima. Mia madre sta bene, non preoccupatevi, le ho dato soltanto una pozione per i nervi poiché è molto stanca. Sarò lì domani pomeriggio.
 
Con affetto,
Draco


 
Non poteva dire di più, questo era certo; o almeno, non era così stupido da farlo via gufo. La rilesse più volte, e si decise che poteva andare. Corse in balcone con il foglio piegato in mano, e con un fischio lungo chiamò Abraxas, il gufo di casa.
Quando lo vide lo accarezzò affettuosamente, e lui in risposta picchiettò la testa contro la sua mano. Gli diede un pezzo di cioccorana, come era solito fare prima di assegnargli un compito, e legò alla sua zampetta il messaggio.

“Consegnalo ad Hogwarts, per Pansy e Blaise. Non farti notare, mi raccomando”

Il gufò picchiettò con il becco sulla sua mano di nuovo, come se avesse capito, e si alzò in volo, sparendo poi all’orizzonte. Sapeva che non ci avrebbe impiegato molto; forte e veloce com’era, poco dopo l’ora di cena sarebbe arrivato il messaggio.
Sospirò e rientrò nella stanza, buttandosi sul letto: forse era il caso di farsi un bagno caldo, per schiarirsi le idee e rilassarsi. Ordinò così ad un elfo di riempirgli la vasca con i suoi oli alla vaniglia, e si nascose dietro al paravento. Si slacciò la cravatta lentamente, buttandola per terra, e si sbottonò la camicia facendogli fare la medesima fine. Slacciò la cintura in pelle e la ripose sulla sedia di fianco, sfilandosi poco dopo anche i pantaloni.
L’elfo gli porse il suo accappatoio, e se lo mise velocemente.
Lo congedò ed entrò in bagno, pronto a prendersi un po’ di meritato riposo: si sfilò gli ultimi vestiti da dosso ed entrò in acqua velocemente, lasciando riposare un po’ i nervi nell’acqua profumata e bollente.














 
Angolo dell'autrice :3

Ciao a tutti, ragazzi :D
Auguro a tutti voi un bellissimo primo maggio, seppur siano le.. 18:26 e ormai  sta per finire >.>
Che ve ne pare di questo sesto capitolo?
Per quanto riguarda i brani scelti, Per Elisa e Nocturno, spero di averci azzeccato,
altrimenti commentatemi pure suggerendone altre :3
Scusate se ci ho messo un po' a pubblicarlo, ma ho avuto  una serie di contrattempi che mi hanno fatto
perdere notevolmente il ritmo con il quale scrivevo prima. E' maggio, e si suol dire..
STUDENTE, FATTI CORAGGIO! :3
Spero vi piaccia, e come al solito recensitemi in tanti!
Spero di vedervi anche al settimo, ci saranno novità incredibili
per i nostri Draco e Pansy! :D
Un bacio, 
Giulia :3

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


 

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..This is how you remind me 
Of what I really am. 

 
- How you remind me, Nickelback.

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Cap. VII

 

La figura di Lucius Malfoy si notava appena nella penombra, in quella serata autunnale. Seduto alla sua scrivania in legno d’acero, osservava distrattamente il buio del suo giardino. Erano ormai passati giorni da quando il Signore Oscuro era penetrato nelle mura di Azkaban, scortato dai suoi Mangiamorte più fidati, per riportarlo alla sua tenuta. Il Signore Oscuro non poteva permettersi di perdere tutti i suoi seguaci per colpa del Ministero della Magia, e tanto meno il capofamiglia Malfoy!
Erano tutti fondamentali nella rivolta che voleva far scoppiare nel Mondo Magico.
Lucius aveva sentito dire che il suo unico figlio, Draco, era rientrato tra le mura del Manor: purtroppo però non gli era stato concesso di vederlo e tanto meno di parlargli, come con la sua amata moglie Narcissa.
Il motivo, non gli era dato saperlo.
Non sapeva nemmeno se lei ne fosse a conoscenza della sua presenza al Manor, e cercando di non farsi cogliere con le mani nel sacco dai suoi Colleghi, tanto tali quanto infami, chiese all'unico elfo a sua disposizione di fare il possibile per comunicarglielo.
L'elfo fece come ordinato e così sparì, ma il Malfoy non ne ebbe più notizie per ore.
Lo sapeva, o non lo sapeva? Si stava logorando l'anima, sperava nel suo profondo che sua moglie riuscisse quanto meno a sentire la sua presenza lì. Perchè lui era lì, e aveva promesso in cuor suo che non le sarebbe accaduto nulla finchè fosse rimasto in vita.

Narcissa dal canto suo sentiva disperatamente la mancanza dell'uomo che amava, non si era mai fatta problemi nel scriverglielo. La donna l'aveva scritto in una frase, nelle poche lettere che le era concesso di mandare ad Azkaban. La bellezza del loro amore, era la più totale devozione e sincerità tra di loro. 
Perchè era così che lei se lo ricordava, per cosa era davvero Lucius Abraxas Malfoy.

E lui l'amava troppo per non preoccuparsene. 

 Stava rimuginando guardando il ritratto di famiglia, pensando a quanto gli mancasse tutto quello che si era perso stando ad Azkaban. All’improvviso però le porte della camera in cui era stato segregato si spalancarono, rivelando la figura di Lord Voldemort illuminata dalla flebile luce della stanza.
Si sentiva un uccello in gabbia: rinchiuso addirittura in casa sua, ma ovviamente non aveva contestato le decisioni del suo Signore.
L’uomo, preso alla sprovvista e leggermente confuso, si alzò di colpo ed improvvisò così una riverenza.
Non capiva come mai l’Oscuro avesse pensato di passare nei suoi appartamenti.

“Mio Signore..”

In risposta, questo gli fece rapidamente segno di rialzarsi, ma nella voce si poteva notare un lieve tono scocciato dalla troppa gentilezza.

“Salve a te, Lucius.”

Fluttuò velocemente per la stanza, finendo per sedersi sulla poltrona in velluto verde di fianco alla scrivania dove poco prima si trovava Malfoy. Osservò il fuoco scoppiettante del camino, e poi portò gli occhi di nuovo sull’uomo. La sua voce fredda si fece eco nel poco spazio in cui erano, facendo rabbrividire il proprietario del Manor.

“Sicuramente ti starai chiedendo per quale motivo io sia qui da te..”

“Si, S-Signore.. In effetti, non mi è chiaro.. Spero non siano cattive notizie..”

Lucius rivolse rapidamente lo sguardo verso il carrello dei liquori, e deglutì. Sperava non fossero brutte notizie su Narcissa e su Draco, o che non riguardasse niente di negativo per lui. Osservando il carrello, pensò di comportarsi il più gentilmente possibile con l’Oscuro, magari offrendogli da bere. Almeno avrebbe ritardato di qualche secondo il suo discorso.

“Posso.. Posso offrirvi un Firewhiskey d’annata, mio Signore?”

Egli alzò le spalle, non era un gran bevitore, questo no. Non aveva nemmeno una gran considerazione di chi provava a rifugiare le proprie angosce nell’alcool, li reputava solo deboli; deboli che non erano degni di alcuna considerazione e che sarebbero dovuti essere eliminati. Quindi, pari di livello agli sporchi mezzosangue.
Di sicuro però, non avrebbe mai sdegnato un ottimo liquore in una serata come quella.

“Perchè no, fa' pure.”

Velocemente Malfoy prese con cura la bottiglia preziosa contenente il Firewhiskey del '48 e ne versò appena nei bicchierini, curandosi prima di versarlo all’Oscuro e di porgerglielo. Prima di bere il suo, attese con ansia che Lui lo assaporasse per primo, osservandolo attentamente portare alle labbra serpentesche il bicchierino d’oro. Quando lo sorseggiò appena, il suo cuore mancò un battito.

“E’… Ottimo, un buon liquore, Lucius. Come vedo, hai cura dei tuoi ospiti.”

Sia benedetto Salazar..

L’Oscuro finì rapidamente il suo bicchierino, riappoggiandolo poi sul tavolo. Malfoy tirò un sospiro di sollievo; non voleva immaginare cosa sarebbe potuto succedere se Lui non avesse gradito. Solo a quel punto si permise di sedersi, e portò alle labbra il suo. Lo assaporò lentamente, lasciandolo scivolare in gola nello stesso modo.   
Il liquore gli scaldò lo stomaco, facendolo così rilassare per qualche secondo; ma non appena riportò gli occhi azzurro-ghiaccio sul suo Signore, l’ansia lo colse inevitabilmente di nuovo.
Lui si alzò, sfiorando con la mano appuntita il legno del tavolo antico.
Di colpo si girò verso Lucius, mentre con cura si lisciava le vesti.

“Sono qui per.. Affari. Molto urgenti, temo.”

Malfoy deglutì, non osando spostare gli occhi dai suoi. Voleva parlare con fermezza, facendo trasparire la sua eleganza e serietà di un tempo, ma tutto ciò che uscì dalle sue labbra furono parole tremolanti e colme di timore. Si sentiva minacciato, e in qualche modo ciò lo terrorizzava.
Erano momenti, quelli, in cui non riusciva a capire come potesse essere davvero lui il Capofamiglia di una stirpe nobile quanto la sua.

“Mi.. Mi dica tutto, mio Signore.”

L’Oscuro ignorò il suo tono spaurito, e cominciò a muoversi lentamente per la stanza, osservando con visibile interesse l’arredamento antico intorno a loro. Non erano sfuggiti ai suoi occhi gli arazzi preziosi, i quadri raffiguranti antenati dei Malfoy e lo stile vagamente ottocentesco della scrivania. Sfiorò distrattamente con una mano una tenda di pizzo e seta, incredibilmente morbida al tatto, e gli ricordarono per qualche secondo quelle che vi erano ad Hogwarts, nella sua stanza da prefetto. Scacciò via il pensiero, erano passati cinquant’anni e aveva cose ben più importanti a cui pensare.

“Come saprai.. Ormai i purosangue nobili e influenti ormai sono veramente pochi. La maggior parte, ahimè, finisce per mischiare e sporcare il proprio sangue. La famiglia Greengrass tuttavia non è una di queste: nobilissima stirpe, pura e rimasta tale per secoli. Il nostro esercito purtroppo non può più contare su maghi come il coraggioso Altair Parkinson, e questo ci indebolisce maggiormente..”

Altair..

Quando sentì pronunciare dall’Oscuro il nome dell’amico, Lucius ebbe una stretta allo stomaco.
Era morto un anno e mezzo prima, rimasto ucciso dallo scontro avvenuto al Ministero. Se la ricordava come se fosse avvenuta ieri, la notte in cui i Mangiamorte più fedeli avevano cercato di rubare la profezia a Potter.
Lui aveva cercato di proteggerlo, ma un suo compagno aveva sbagliato obbiettivo e aveva finito per uccidere con un Avada Kedavra il suo compagno Altair. L’ultima volta che si erano parlati, come in moltre altre occasioni, aveva espresso la sua adorazione per Draco. Sapeva da anni quanto lo rendesse felice vedere insieme Pansy e suo figlio, ma non aveva mai voluto forzarlo ad un matrimonio con la ragazza.
Ovviamente, superato il dolore della sua perdita, aveva esaudito la sua ultima richiesta in parte, almeno finchè gli era stato possibile. Era corso ad avvertire la famiglia di Altair, e aveva chiesto a suo figlio Draco di stare il più vicino possibile alla giovane Pansy, crollata improvvisamente in depressione per la morte del padre.
Erano stati mesi duri, quelli.
Avevano fatto stabilire Pansy e la madre Dalilah al loro Manor, comprensivi e decisi a fare il loro meglio per farle stare bene.
Dalilah, che aveva una stretta amicizia con Narcissa, era rimasta shockata, amava molto suo marito e la sua improvvisa perdita l'aveva lasciata in un mare di debiti e nella tristezza più assoluta. Alla loro tenuta erano rimasti solo i servitori, che cercavano di non far morire quel Manor più di quanto lo fossero le uniche padrone rimaste; e della contabilità si occupava con piacere Lucius stesso.
Draco era sempre con Pansy, in quei mesi non aveva frequentato Hogwarts, ma era rimasto con lei per cercare di aiutarla ad uscire dalla sua depressione. Erano come morte dentro, entrambe.
Spesso si sentivano grida, nel Manor, e Lucius si sentiva molto impotente.
Nel cuore della notte gli capitava di vedere sua moglie correre all'impazzata verso gli appartamenti in cui dormivano le due Parkinson, e a volte non la vedeva nemmeno tornare nel letto. Dormiva lì, o di solito si addormentava mentre cercava di tranquillizzare Dalilah. 
Diversi mesi dopo, la situazione tuttavia si stabilizzò, facendo rifar capolino alla normalità nella vita del Maniero.
Pansy ritornò ad Hogwarts, continuando a contare sull'aiuto di Draco, la madre invece rimase ancora un po' al Manor.
Quando i Medimaghi accertarono che poteva tornare alla sua tenuta, se ne andò. Tuttavia, dopo quell'avvenimento, Narcissa continuò a temere una sua ricaduta improvvisa, e così tenne stretti i rapporti con Dalilah, visitandola quasi ogni giorno. 

Lucius ritornò con lo sguardo sull’Oscuro, si accorse di aver vagato a lungo nei ricordi. Deglutì e cercò di lasciar andare il peso sullo stomaco, ricordandosi che doveva ancora risponderGli.

“Si, Signore. Ne sono a conoscenza …”

Lord Voldemort per tutto il tempo grazie alla Legilmanzia, aveva spiato il ricordo di Lucius, e si era distratto. Non gli importava quasi nulla, per cui fece finta di niente, per cui liquidò l'argomento con una frase di circostanza. Fluttuò verso la poltrona e si risedette, poco di fronte al suo fedele Mangiamorte.

“La perdita di Altair è un fardello per molti maghi. Comunque.. Stavo pensando alla famiglia Greengrass perché Phineas, il capofamiglia attuale, ha una figlia frequentante Hogwarts. Si chiama, se non mi sbaglio.. Astoria”.

La piccola Astoria, si, me la ricordo.. Insopportabile e viziata quanto sua madre.

Malfoy spostò lo sguardo sul fuoco del camino, e pensò attentamente alle parole dell’Oscuro.
Non aveva mai avuto una grande stima della famiglia Greengrass, e nemmeno si era mai curato di pensare a loro come dei rivali. In ogni caso non era interessato nemmeno ad imparentarsi, questo era poco ma sicuro. Cosa poteva mai c’entrare la giovanissima Astoria Greengrass con il loro esercito? Non reputava possibile l’idea che il loro Signore volesse reclutare altre donne, ce ne erano già troppe! E di sicuro, non pensava volesse sposarla Lui.

“Signore, sì. Da quanto so di loro, la figlia più giovane si chiama Astoria. Ma non riesco proprio a comprendere.. Cosa c’entri lei con noi, mio Signore..”

Nel frattempo l’Oscuro si stava versando con calma e freddezza un altro bicchiere di Firewhisky, e non degnò Malfoy di risposta finché non l’ebbe sorseggiato. Con il bicchiere ancora tra le dita, tornò ad osservare Lucius.

“Vedi, tuo figlio Draco..  E’ ormai in età da matrimonio. Maggiorenne, affascinante, di buona famiglia: ha tutto, è oggetto di interesse di molte donne nel Mondo Magico. E la figlia di Phineas potrebbe essere un pretesto per arrivare al padre stesso. Inoltre, l’unione delle due famiglie porterebbe ancora più potere a te. E’ il caso di farti notare che un matrimonio in questo momento, rinforzerebbe anche il nostro esercito. La famiglia di Phineas è molto influente al Ministero, come ben saprai..”.

Non che non la pensasse come il Signore Oscuro, più volte difatti aveva cercato di parlare a Draco di matrimonio; ma non aveva mai ricavato uno Schiopodo dal buco. Di sicuro non avrebbe mai voluto combinargli le nozze, era una tradizione purosangue che lui e la moglie non avevano mai condiviso.

“Mio Signore.. Sono a conoscenza dell’influenza di Phineas Greengrass al Ministero della Magia.  Ma mio figlio Draco è un ragazzo particolare. Vede.. Io e Narcissa ci siamo sposati per amore, e abbiamo sempre desiderato per lui lo stesso destino.. E’ per questo che non l’abbiamo mai promesso a nessuno, nemmeno alla figlia di Altair, la giovanissima Pansy..”

L’Oscuro aguzzò lo sguardo improvvisamente, appena Lucius osò proferire parola. Un espressione schifata e incredula comparve sul suo viso, accentuando i tratti serpenteschi ancor più di quanto non lo fossero prima.

AMORE. Commuovente, Lucius. E altrettanto VOMITEVOLE.”

Il Malfoy deglutì, mentre un brivido di freddo risalì sulla sua schiena. Aveva detto qualcosa di tremendamente sbagliato, ma nemmeno se ne era reso conto. Vomitevole.. Definire l’amore a quel modo, non era comprensibile per lui. Tentò di parlare per salvare la sua posizione, ma riuscì solamente a balbettare in tono spaventato.

“Ma.. Signore..”

“LUCIUS.”

Lord Voldemort era scattato in piedi, rivelando la sua figura imponente sull’uomo, che ormai sembrava rimpicciolirsi sempre di più sotto la sua autorità. Sentirlo giustificarsi l’aveva irritato ancor più di prima di quanto non l’avesse fatto sentire il solo vocabolo “amore”.  Povero mago, non poteva capire quanto sbagliate e perverse fossero le sue parole!
Il Carcere di Massima Sicurezza di Azkaban lo aveva dovuto turbare nel profondo, rendendolo confuso sulle sue idee da nobile purosangue tradizionalista.
Così prese respiro, cercando di calmarsi, e fluttuò rapidamente vicino a lui. Si abbassò velocemente e accostò la testa vicino al Mangiamorte, proprio come avrebbe fatto un padre per far ragionare il proprio figlio.

“L’amore è debolezza. Ci rende deboli. Un vero mago non si fa incantare da simili frivolezze da donnicciola.. Mi sorprendi Lucius.
Anzi, mi deludi.”

Si rialzò rapidamente, congelando con lo sguardo il suo seguace. Malfoy non fece altro che abbassare la testa, perdendosi poi con lo sguardo sulla moquette del pavimento. Non sapeva cosa dire per riparare al gravissimo errore appena commesso; avrebbe dovuto pensarci prima.  L’Oscuro non poteva capire, o forse non aveva mai capito la bellezza della vita passata vicino a chi ami. Semplicemente perché non ne era capace.

“Avete.. Avete ragione, Mio Signore. Vi chiedo scusa. Non avrei dovuto..”

Il Lord continuò a vagare per la stanza; non gli interessava sentire le lagnanti scuse di un purosangue impaurito, e con un gesto rapido della mano lo zittì a metà discorso.

“Basta lagne. Ora devo andare, ma Lucius, ti consiglio di riflettere sulla mia proposta. Anzi, te lo ordino.”

Lo raggelò con lo sguardo per l’ennesima volta, prima di sparire passando per la porta antica. Non gli aveva neppure dato tempo di replicare, era semplicemente sparito.
E' un avvertimento, questo..

Solo quando l’Oscuro Signore scomparve, Malfoy si permise di riprendere fiato, e con una mano ancora tremante tentò di versarsi il poco Firewhisky rimasto nella bottiglia. Si lasciò cadere stanco sulla sedia di velluto verde, e portò un goccio di whisky alle labbra. Lo assaggiò lentamente, lasciando che l’alcool lo rilassasse il più possibile.
Quella sera, avrebbe dovuto chiaramente parlare con suo figlio, sperando che sua moglie non gli si rivoltasse contro.
Ma la conosceva troppo bene, la sua adorata Narcissa, lei teneva a Draco più di ogni altra cosa, più della sua stessa vita.


Già, più della sua stessa vita. 





 


 



Angolo dell'autrice

Salve a tutti (:

Chiedo scusa per il mio ritardo nel pubblicare, ma vedete, questo mese è stato molto difficile.
Sono dell'Emilia Romagna, ed abito più o meno a 40 minuti da Modena.
Come penso sappiate, qui sta avvendendo un vero e proprio sciame sismico!
Per cui, ho avuto molto poco tempo a disposizione per dedicarmi alla storia.
Chiedo scusa di nuovo, e spero vi sia piaciuto!
A presto, mi raccomando.. RECENSITEEE! <3

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


 

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Tutti desiderano possedere la conoscenza, ma relativamente pochi sono disposti a pagarne il prezzo. 

-  Giovenale.

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Cap. VIII

 

 

Pansy Parkinson era ancora sdraiata comodamente sul tappeto della Sala Comune Serpeverde, intenta a finire i compiti insieme a Blaise Zabini. Lì distesi ormai da due ore, con fatica cercavano di completare il tema sui Vampiri Irlandesi che aveva assegnato il Professor Piton: purtroppo per loro l’ansia per il silenzio da parte di Draco era motivo di frustrante distrazione.
In fin dei conti, chi veniva distratta principalmente era Pansy, “la mente” della situazione, per cui in realtà era come se fosse perso anche Blaise.
Anzi, lo era per davvero.
Il ragazzo tutto poteva definirsi meno che una cima in Teoria di Difesa contro le Arti Oscure, e, se per sette lunghi anni era riuscito a sopravvivere ad Hogwarts era solo grazie alla sua migliore amica. Era dal II° anno che ormai si poteva dire lo seguisse meglio di un professore, rimanendo anche ore intere ad aiutarlo e spronandolo allo studio, per cui le doveva moltissimo.
Ovviamente, Pansy rimaneva comunque una Serpe fino al midollo: non faceva MAI niente per niente. Il prezzo da pagare per un sostegno costante era la più totale disponibilità alla sua persona e a tutto ciò che ne riguardava.
Blaise Zabini ci teneva parecchio alla sua media e al lustro che poteva portare alla propria nobile famiglia per mezzo dei successi scolastici, per cui era disposto ad accettare qualche compromesso, per quanto scocciante potesse essere.
Spesso esserle disponibile significava doverle spifferare la nuova ragazza di turno del suo migliore amico, Draco, e in seguito anche dover distogliere la sua attenzione per levarla di mezzo. Al contempo, l’aiutava nelle materie in cui non eccelleva particolarmente, come Trasfigurazione e Aritmanzia. In più, vi erano una serie di piccole clausole, tra cui le più importanti erano consolarla quando piangeva, oppure andare a comprarle i dolci di Mielandia che soleva smangiucchiare di notte, quando nessuno poteva vederla o giudicarla.
In pratica, era vincolato come sotto contratto magico, volente o nolente.
Si poteva definire dunque un lavoraccio essere il migliore amico di Pansy Dalilah Parkinson, ma lui lo svolgeva senza problemi. Per lei, avrebbe fatto questo e altro ancora, solo per vederla sorridere.
Il loro lavoro nella Sala Comune continuava senza sosta, anche dopo piccole distrazioni. Il ragazzo stava giusto scrivendo qualche aneddoto sulla vita del Conte Williams della contea di Wexford, quando realizzò di essere al culmine della sopportazione. In ogni caso, si sforzò al massimo per arrivare almeno alla fine della frase.
Dopo poco difatti Blaise chiuse il libro di scatto e lasciò cadere la piuma sul tappeto, le gambe ormai gli formicolavano da impazzire e aveva bisogno di muoversi un po’.  Guardò l’amica e si alzò in piedi con fatica, cercando di riprendere il controllo del proprio corpo.

“Scusami Pans, ma non penso di reggere un minuto di più. Ormai ho praticamente finito, stasera vedrò di scrivere una conclusione all’altezza e lo consegnerò domani.”

Le sorrise, sperando che capisse e che non lo ammonisse per il poco impegno, o cose come "Tu da qui non ti muovi finchè non lo concludi". In risposta lei borbottò qualcosa di incomprensibile, mentre era intenta a scrivere meccanicamente, come se avesse la mano incantata. Il ragazzo inclinò la testa di lato, curioso e divertito dal suo comportamento. Conosceva quel modo di fare da anni, lo inquietava e allo stesso lo inteneriva: quando Pansy cominciava ad impegnarsi, difficilmente si sarebbe riuscito a distrarla! Ci entrava dentro con tutta se stessa, e finché non portava a termine ciò per cui stava lavorando non si schiodava da quel punto nemmeno pagandola fior fiori di galeoni.
In ogni caso, certo che non avrebbe concluso niente se fosse rimasto lì ad osservarla mentre studiava, sospirò, e disse di voler fare due passi per il Castello.
Non ricevette risposta, ovviamente.
Scrollò le spalle, e prendendo la bacchetta uscì dalla Sala Comune, non sapendo esattamente dove andare. Sedersi era fuori discussione, se voleva recuperare l’utilizzo degli arti inferiori era il caso si muovesse, era poco ma sicuro!
In ogni caso, aveva urgente bisogno di una sigaretta, e di fare pausa con un po’ di relax.
Arrivò salendo le scale al terzo piano, incurante dei Prefetti che giravano per i corridoio: quell’anno lo era Draco per la casa dei Serpeverde insieme a Marcus Flitt, ma a causa della sua assenza aveva preso momentaneamente il suo ruolo Blaise. Ghignò beffardo e si appoggiò ad una colonna, per poi prendere con calma il pacchetto di sigarette dalla tasca del pantalone. Ne sfilò una e la portò alle labbra, per poi accenderla con un colpo di bacchetta. Ispirò profondamente e buttò fuori il fumo, finalmente si poteva rilassare dopo due ore di strazio! Certo, una sigaretta non era nulla in confronto a respirare il profumo alle viole di Pansy per due ore, ma in ogni caso lo apprezzava più di quanto ci tenesse ad ammettere a se stesso.
Il suo vizio del fumo era come Pansy, conturbante e fin troppo oppresso nel cuore del ragazzo.

Lì dove si trovava era praticamente quasi impossibile che arrivasse qualcheduno ad infastidirlo, così si rilassò senza farsi alcun tipo di problema.
Mezz’ora più tardi, mentre passeggiava per i Corridoi con la scusa di fare il proprio lavoro, riconobbe la figura di un ragazzino del II° anno. Lo aveva visto qualche volta nella Sala Comune: minuto, moro e con gli occhi verdi e vispi, il genere di ragazzino tutto pepe che gli ricordava se stesso ai "tempi d'oro", come era solito chiamare il periodo del biennio felice. Si chiamava Xavier Mihailov, e da quanto ne sapeva era rumeno, trasferitosi da poco in Inghilterra, ovviamente Purosangue. Aguzzò lo sguardo e lo raggiunse piombandogli alle spalle,  mentre con una mano lo fece girare forzatamente.
Doveva essersi spaventato parecchio, perché per poco non gridò, e Blaise dovette tappargli la bocca con il palmo della mano. Gli occhietti del Mihailov lo studiarono qualche secondo, per poi soffermarsi sui toni della sua divisa. Prese un sospiro di sollievo solo quando la luna illuminò i toni verde-argento, e ringraziò mentalmente ogni suo antenato e Salazar Stesso. Era salvo!

“Ehi ragazzino, che ci fai qui a quest’ora? Dovresti essere nel dormitorio!”

Il bambino non disse nulla, balbettò qualche scusa incomprensibile, e per poco Blaise temette di dover portare sulla coscienza il peso di un bambino svenuto a causa sua.

“Calmati! Non sarò di certo io a togliere punti alla mia Casata!”

Lo prese per un braccio senza troppe cerimonie e sicuramente senza troppa delicatezza, portandolo dietro un angolo buio e guardandosi intorno: se in quel momento fossero passati Prefetti di altre casate, avrebbero tolto dei punti a Serpeverde, e non poteva permetterlo. Doveva trovare una soluzione, ad ogni costo.

“Sta’ zitto, ragazzino, o ci scopriranno sul serio!  Ascoltami bene, ora ti accompagno in Sala Comune, ma devi stare attento, in modo da non farti vedere. Poi mi spiegherai che ci facevi in giro a quest’ora!”.

Il bambino non disse nulla, annuì spaventato e si nascose dietro di lui. Blaise sbuffò leggermente irritato dalla scocciatura: tutte a lui dovevano accadere? E poi i bambini non erano il suo forte, ma diciamocelo, non aveva altra scelta. Sospirò e prese a camminare con fare vago,  non mancando però di guardarsi intorno ogni tanto..
Strano, non sta passando nessuno.

Fece cenno a Xavier di raggiungerlo e cominciarono a scendere le scale.
Non aveva nemmeno avuto il tempo di chiamarlo, quando con un gesto della mano lo ricacciò subito nel suo angolo buio. Difatti, qualche secondo dopo passarono Seamus Finnigan e la sua amica Hannah Abbott, entrambi Caposcuola. Appena si resero conto della presenza del Serpeverde, lo guardarono ghignando, fermandosi nel bel mezzo del corridoio.

“Bene bene, Blaise Zabini che gira per il Castello a notte fonda.. Sarà meglio avere una scusa plausibile, Serpe, o la tua Casa ne subirà le conseguenze”.

Grifondoro: nobili e coraggiosi di cuore. Ma chi, quello? Per poco non rise in faccia al ragazzo, che per quanto ne sapeva era capace solamente di far esplodere tutto. Si vantavano della loro lealtà, quando erano tutto tranne tali. Tuttavia Blaise non si scompose, non era proprio il tipo che per simili scempiaggini tornava strisciando nel suo buco. Al contrario, si avvicinò ai due in modo fin troppo tranquillo.

“Bene bene, come vedo la vostra mentre brillante si è applicata, e ancora una volta siete riusciti ad arrivare alla conclusione sbagliata”.
L’espressione dei due Caposcuola non mutò, lo osservavano con un sopracciglio inarcato. La giovane 
Hannah Abbott, di Tassorosso, era scattata in avanti, sentendosi minacciata da quel tono prepotente della Serpe.

“Ah si, Zabini? Illuminaci, allora”

“Forse è il caso che vi ricordi che Draco Malfoy, il nostro Prefetto, è assente da due giorni. Essendone necessari due per ogni Casa, ha ritenuto giusto chiedermi di svolgere questo compito al posto suo. Se avete dubbi, chiedete al Professor Piton. Sempre se avrà voglia di ricevervi, cosa in cui non confiderei se fossi in voi”.

Detto questo, il ragazzo li guardò torvo. Sapeva benissimo quanto potessero tenerci a far visita al Professor Piton nell’orario in cui il coprifuoco era già saltato, e sapeva altrettanto con certezza che non avevano motivo per non credergli. Si guardarono tra di loro, dal principio indecisi sulle parole della Serpe, e infine scrollarono le spalle. A parlare fu di nuovo Seamus, e come potè notare piacevolmente la Serpe, il suo tono era decisamente meno saccente e arrogante del solito.

“Beh, se le cose stanno così.. Non abbiamo motivo per dire alcun che. Buona ronda, Zabini.”

Blaise non si premurò nemmeno di rispondere, e seguì i due con lo sguardo fin che non sparirono dalla sua vista, e il suono dei loro passi non cessò. Tirò un sospiro di sollievo, ci era mancato davvero poco e avrebbero potuto beccare quel ragazzino in fragrante. Si girò sui tacchi, e controllando ancora un po’ il corridoio, decise che la strada era libera ed era il caso di affrettarsi.
Si schiarì la voce e lentamente uno scalpicciò di passi leggeri si avvicinò a lui, rivelando l’ombra di Xavier.

“G-Grazie..”

Prego, ragazzino.

Il Serpeverde non era tipo da ringraziamenti o carinerie simili, per cui abbozzò un sorriso e scompigliò i capelli al ragazzino. Si incamminarono in un silenzio assordante verso le scale, e scesero con tutta la calma possibile, dovevano stare attenti!
Certi che nessuno li stesse seguendo si avviarono ai Sotterranei, finendo irrimediabilmente per passare davanti a Flitt. Essendo anche lui Prefetto di Serpeverde li guardò in cagnesco per qualche secondo, almeno finchè non aveva capito chi fosse davvero quel ragazzo alto e di colore. Si era insospettito, per cui aveva abbandonato il suo posto di guardia per avvicinarsi ai due, dopo aver analizzato i colori della divisa dello strano accompagnatore di Blaise. 

“Zabini? Che ci fa questo in giro?”

Indicò in malo modo il ragazzino,e Blaise scrollò le spalle. Fantastico, avrebbe dovuto dare spiegazioni pure a Marcus.

“A quanto pare, non solo il Trio dei Miracoli si diverte a scuriosare di notte. Ringraziami, Flitt, se non l’avessi trovato avremmo già perso punti. Lo porto al Dormitorio, così sarò sicuro che ci rimanga. Ti auguro una buona ronda.”

Flitt scrollò le spalle, fece un cenno di saluto al compagno di squadra e ritornò al suo posto senza far domande. Se c’era una cosa che si sapeva di Zabini, era che fosse una persona leale, e per cui non aveva motivo di non credergli. L’importante per lui era non aver perso punti per simili sciocchezze, e quindi lasciò correre. Li guardò sparire nel quadro, e ritornò a camminare per il Sotterraneo, sperando di beccare sul fatto qualche ragazzino imprudente di un'altra Casata.
 
Blaise e Xavier entrarono in Sala Comune, sotto lo sguardo stizzito di Pansy. Non era più tra i libri, intenta a scrivere, ma seduta sulla poltrona con un pacchetto di Api Frizzole in mano. Evidentemente aveva già terminato il suo tema da parecchio, cosa che non stupì affatto Zabini. La ragazza osservò entrambi, soffermandosi poi sulla figura del bambino affianco al suo migliore amico. L’aveva visto prima, ma non aveva idea che Blaise se la facesse con ragazzini del secondo anno!

“E questo chi è?”

Xavier arrossì di colpo, mantenendo però un comportamento dignitoso. Era pur sempre un Serpeverde. Fece un passo avanti, per presentarsi alla ragazza, che trovava estremamente carina.

“Sono Xavier Mihailov.. Ero in giro a scuriosare, non riuscivo a dormire, e per poco mi beccavano i Prefetti. Meno male che c’era lui!”

Indicò Blaise, e Pansy si gratto la testa leggermente confusa. Il suo migliore amico non proferì parola, finchè sul viso non gli comparve un espressione come “illuminata” da un pensiero fulmineo. Tolse le parole di bocca a Pansy.

“Oh, giusto. Mi devi ancora spiegare che ci faceva un ragazzino del II° anno in giro per il Castello a quest’ora. Potevi farti scoprire!”

“Io.. Ecco.. L’ho detto, non riuscivo a dormire. E.. E poi mentre ero in giro, un Gufo mi si è appollaiato addosso, lasciandomi in mano questa. Stavo appunto per tornare in Sala Comune, ero  certo che un cognome del genere potesse essere solo della mia Casata”.

Blaise e Pansy si guardarono confusi, e poi il ragazzino tirò fuori dal mantello una lettera, portando lo sguardo sul destinatario.

“C’è scritto che è per Pansy Parkinson e Blaise Zabini..”

I due si illuminarono, e la ragazza saltò giu dalla poltrona, correndo verso il ragazzino. Lui la guardò terrorizzata: probabilmente per un secondo immaginò che volesse ucciderlo.

“Potevi dircelo subito!”

Pansy per poco non gli strappò la lettera dalle mani, e l’aprì con foga, mentre le sue labbra boccheggiavano solamente “E’ Draco!”. Lasciò cadere la busta e tornò con passi lenti sulla poltrona, sperando che ci fossero solamente buone notizie. I suoi occhi poi scorsero con velocità incredibile le poche righe scritte, e un sorriso sollevato le comparve in volto.
Blaise si avvicinò a lei, sedendosi sul bracciolo e scrutando il foglio tra le mani della ragazza, mentre Xavier era rimasto imbambolato dov’era. Solo quando il ragazzo le fece un segno di ringraziamento, si congedò, borbottando confuso “Mah.. Chi li capisce i grandi!”. Aprì la bocca solo quando vide il bambino sparire.

“Sono buone notizie?”

Pansy annuì e gli cedette la lettera, permettendogli di leggerla con calma. L'indomani pomeriggio sarebbe finalmente tornato, e il cuore di Pansy prese a martellarle in petto. Possibile che si sentisse così nervosa e impaziente di vederlo?

Lui.. Lui torna domani. Oh, per Morgana!

 Blaise parve accorgersene, e dopo aver ripiegato la lettera in modo ordinato, la spinse ad alzarsi.

“Sarà di ritorno domani e Narcissa sta bene. Ora che hai le tue notizie, fila a dormire. E’ tardi, domani abbiamo lezione. Coraggio.”

La guardò in un modo che non ammetteva repliche, fino a quando la ragazza imbronciata non acconsentì a dargli la buonanotte. Ora che sapeva come stavano le cose, era molto più sollevata, e non mancò di sbadigliare: la giornata era stata pesante. Sorrise al suo migliore amico, e gli scoccò affettuosamente un bacio sulla guancia, mormorando un semplice “Buonanotte Blaise”; per poi dileguarsi verso le stanze del dormitorio.
Il ragazzo la guardò allontanarsi senza perderla di vista, dopo averle sorriso, e attese che entrò nella sua stanza. Una volta sparita, si lasciò cadere sul divano, portando le mani dietro alla nuca con fare distratto.

Ah.. Se solo sapesse..


 

 





 


 

 

Scusate, sono imperdonabile, lo so.

Ho avuto la crisi della scrittrice (?) e mi dispiace per avervi fatto attendere tanto! 
Mi raccomando, recensitemi :3
Ci vediamo al 9, che pubblicherò il prima possibile!
Giuli.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***




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could stay awake just to hear you breathin'
Watch you smile while you are sleeping
While you're far away and dreaming..
.. I could spend my life in this sweet surrender
I could stay lost in this moment forever
Cause every moment spent with you is a moment I treasure.

Aerosmith - I don't wanna miss a thing

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I've seen you cry, I've seen you smile. 

I've watched you sleeping for a while. 
I'd be the father of your child. 
I'd spend a lifetime with you.  

James Blunt - Goodbye my Lover

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Cap. IX

 

 

Draco si era svegliato sul presto nel suo spazioso e morbido letto a baldacchino, quella mattina del 1 Dicembre. Gli era bastato lasciarsi cadere sul piumone bianco la sera prima e chiudere gli occhi, per cadere in un sonno profondo. Le finestre semi aperte avevano diffuso la luce del sole direttamente sul suo viso pallido ma riposato, e seppur si alzò infastidito, alla fine ne sorrise. Era a casa, e nient’altro ora aveva importanza per il biondo. Certo, quel pomeriggio sarebbe dovuto tornare ad Hogwarts dai suoi amici, ma per il momento voleva godersi  il più possibile la sua semi-permanenza al Manor. Si alzò velocemente dal baldacchino e si fece una doccia veloce, si vestì in maniera curata e scese le scale, diretto in cucina per la meravigliosa colazione che l’attendeva. Dei Mangiamorte per i corridoi non v’era traccia, probabilmente le 8:00 del mattino per loro era fin troppo presto, e Draco ne fu solo sollevato. Fece il suo ingresso in cucina, sbadigliando distrattamente e stropicciandosi i capelli: gli Elfi lo notarono, gli diedero il  Buongiorno e lo invitarono a prendere posto per potergli servire la colazione. Una volta seduto vide la figura della madre avvicinarsi alla cucina, e si alzò per poterla salutare e spostarle la sedia come suo solito.

“Buongiorno, Madre. Ti trovo splendida come sempre.”

“Suvvia, Draco.. Così lecchino di prima mattina?”

Il ragazzo venne come fulminato, non appena l’altra figura proferì parola. Si aspettava la voce soave della madre che lo ringraziava timidamente, ma la voce dal tono grave lo prese di sorpresa. Si girò di colpo: era impossibile. Non credeva ai suoi occhi. Se li stropicciò, ma quando li riaprì quella figura statuaria e seria era ancora davanti a lui. Incredibile. Per Merlino, cosa ci faceva lì? Per poco non svenne, e tra le cose più incredibili, la figura davanti a lui stava sorridendo. Si accorse solo in quel momento, spostando gli occhi su Narcissa, che sua madre era molto più felice del solito, mentre Lucius Malfoy le cingeva la vita con un braccio.

“Pa..Padre?! Merlino, perché sei..”

Gli morirono le parole in gola. Non seppe cosa dire, in quei giorni pensava fosse in Carcere, e la sua presenza lì lo aveva lasciato senza parole. La madre gli si avvicinò, gli diede un bacio affettuoso sulla guancia e gli poggiò la mano delicata sulla spalla.

“Piaciuta la sorpresa, Draco? Tuo padre è finalmente tornato a casa e credimi, ho reagito nel tuo stesso modo ieri notte..”

La madre era talmente felice che aveva gli occhi lucidi, e Draco affettuosamente le sfiorò la mano che la donna aveva ancora sulla sua spalla. Il padre abbozzò un sorriso, la moglie gli aveva spiegato quanto il figlio fosse diventato responsabile e si fosse preso cura di lei, nonostante stesse ancora studiando. Ne era veramente fiero, così si avvicinò a lui per stringergli la mano e salutarlo come si conveniva. Ormai era un uomo.

“Buongiorno a te Draco. Prendiamo posto, ti spiegherò.”

Il ragazzo era ancora con un espressione stupita e incredula sul viso, così fu la madre a spingerlo dolcemente verso il tavolo e a farlo sedere. Il ragazzo si sedette e osservò l’elfo servirgli le salsicce e omelette mattutine, per poi versargli il suo Succo di Zucca. Deglutì, aveva fame ma il suo stomaco si era chiuso nel momento in cui aveva visto il padre in cucina. Ne era felice, molto, ma non riusciva ancora a capacitarsene. I suoi genitori fecero lo stesso, ma non prima che Lucius spostasse con fare affettuoso la sedia per far sedere la moglie. Prese posto anche lui, e addentò con eleganza la sua colazione, finalmente felice di poter avere un pasto decente.
Draco invece era ancora immobile, che osservava un punto indefinito nel vuoto, il che incominciava ad innervosire Malfoy Senior. Lasciò cadere la forchetta nel piatto, stupendo perfino Narcissa che alzò lo sguardo spaventata.

“Si può sapere che ti prende Draco? Non hai toccato cibo!”

“Mi dispiace padre. E’ solo che.. Non.. Non riesco a capire come mai sei qui. Pensavo fossi ad Azkaban! Tutti lo pensavamo!”

Lucius incrociò le mani davanti al viso, e fece una leggera pressione sulle tempie. I ricordi del suo soggiorno ad Azkaban gli riempirono la mente, facendolo quasi rabbrividire dal terrore. Se quella notte era riuscito finalmente a disfarsene tra le braccia di sua moglie, ora lo avevano colto nuovamente, rendendolo debole quanto lo era prima. Suo figlio dubitava che fosse stato in quel luogo infernale? Era inaudito, e finì inequivocabilmente per offendersi. Si morse la lingua prima di poter dire qualcosa di estremamente sgradevole, e borbottò qualche secondo. Gli bastò lo sguardo che la moglie gli lanciò, a fargli ritornare la calma in corpo; capì da solo che non era il caso di arrabbiarsi il primo giorno che poteva passare in famiglia. Sciolse l’intreccio delle mani e appoggiò le braccia sul tavolo con fare tranquillo e paziente, pronto ad esporre l’accaduto.

“Sono stato ad Azkaban, figliolo. Ti assicuro che non è un esperienza che augurerei a nessuno, nemmeno al mio peggior nemico.  Sono semplicemente uscito in anticipo. Ora, mangia qualcosa, o farai prendere un colpo alla tua povera madre!”

Draco fece due più due, sapeva che era meglio che non s’arrabbiasse. Così cominciò con calma a mangiare la prima forchettata delle sue omelette, masticando con calma ed eleganza come gli era stato insegnato fin da bambino. La madre sorseggiò con calma il suo thè, lanciando ogni tanto occhiate al marito: sapeva che doveva assolutamente parlare con il figlio. Ancora non riusciva a crederci, l’amore della sua vita era lì, nella stessa stanza, dopo quasi un anno di assenza. Appoggiò la tazza di thè e portò una mano su quella del marito, come per fargli capire di esserci, di sostenerlo. Lucius la ringraziò con lo sguardo e continuò a mangiare, dopotutto c’era ancora tempo per discutere. Era appena tornato, e voleva godersi almeno la sua colazione in tranquillità! Mentre osservava il suo unico figlio mangiare, finalmente meno irrequieto, ripensò alla sera prima, e un sorriso spontaneo gli si formò sulle labbra. Il suo rientro era stato alquanto improvvisato, senza dire nulla l’Oscuro aveva mandato verso le 11 di sera alcuni Mangiamorte, con l’ordine di scortarlo da Narcissa. Inutile dire che la donna era rimasta senza parole, nel trovarlo di fronte alla sua porta, e per un momento lui temette di doverla sorreggere nel caso svenisse. Aveva boccheggiato per qualche secondo, come se gli arti le si fossero improvvisamente atrofizzati, e lui le era corso in contro, con gli occhi lucidi per l’immensa gioia di averla ancora tra le braccia. “Sei qui”, la donna non riusciva a dire altro, così la strinse a se il più che poté, sussurrandole che non se ne sarebbe più andato, che avrebbe combattuto per lei, per il loro amore e la loro famiglia. In fondo, sapeva bene quanto lei che le scelte fatte in passato avevano solo rovinato la loro vita, rendendola molto più complicata di quanto fosse in realtà. L’aveva baciata, con bramosia di chi le labbra più anelate non le sfiora da anni; l’aveva lentamente spogliata della sua vestaglia da notte e presa di nuovo tra le braccia, ammirandone la bellezza, per poi portarla sul letto che per anni avevano condiviso. L’aveva appoggiata delicatamente sul piumone candido con la dolcezza di chi sfiora della porcellana, l’aveva amata per tutta la notte mormorandole il suo amore e non l’aveva lasciata fino al mattino dopo. In quel momento, e solo in quel momento, si era sentito vivo dopo mesi di mancata felicità. Dopo aver raggiunto l’apice insieme, aveva finalmente capito quanto fossero state sbagliate le sue scelte, seppur fossero state fatte a fin di bene. La consapevolezza di averla ancora tra le braccia, del passarle le dita tra i morbidi capelli biondi, e di poter finalmente respirare il suo profumo nuovamente lo avevano reso più vivo, gli avevano restituito le emozioni a cui per troppo aveva rinunciato. Si era scoperto un uomo nuovo, e sapeva che non ci sarebbe stato modo per lui di ricambiare questo alla sua adorata moglie, se non amandola ancora di più. Dopo la loro meravigliosa notte insieme, si era risvegliato tra le coperte candide della SUA camera, e aveva respirato l’odore della seta fresca delle SUE tende. Per quanto banali fossero questi piccoli gesti agli occhi altrui, dopo un anno di lontananza per lui fu come una boccata d’aria fresca in piena estate. Si era alzato lentamente dal letto per osservare dalla finestra il suo giardino, notando con rammarico che non era più bello come un tempo. Un rumore lo aveva distratto, facendolo voltare di colpo verso il baldacchino. Aveva visto Cissy muoversi appena tra le lenzuola, passare lentamente una mano vicino a se e meravigliarsi di trovare quel piccolo pezzo di letto vuoto. Aveva sbarrato gli occhi dalla sorpresa e dall’orrore, e si era alzata con un movimento brusco mormorando “Lucius?”. Evidentemente era terrorizzata all’idea di aver solo sognato, così si affrettò a ritornare affianco a lei, la strinse a se dolcemente e le baciò la fronte, sussurrandole che era lì. La donna si era poi tranquillizzata, e dopo aver abbracciato il marito si era dileguata verso il bagno per lavarsi. Indeciso se parlare o meno di ciò che riguardava Draco, Lucius Malfoy aveva finito per seguirla nella vasca, e rivelarle ogni cosa. Inizialmente, la donna era rimasta spaventata e irrequieta: suo figlio si sarebbe dovuto sposare per una stupida convenienza, senza un briciolo di amore. Avrebbero concepito un figlio senza nessun sentimento, senza niente che legasse davvero la loro coppia. Aveva abbassato lo sguardo, vergognandosi di dover sopportare una simile oscenità, e il marito nuovamente l’aveva stretta a se, dicendole che avrebbero trovato una soluzione. Ma ci sarebbe riuscito davvero? Il rumore di una forchetta d’argento caduta sul piatto lo risvegliò di colpo dai suoi pensieri, facendogli alzare lo sguardo sul figlio. Aveva finito di mangiare, e ora osservava distrattamente la Gazzetta del Profeta che era stata appoggiata sul tavolo la mattina stessa da un Elfo. Riportò gli occhi su Narcissa, sapendo che era arrivato il momento di parlare a Draco, e lei con un gesto del viso lo invitò ad aprirsi, non osando spostare la mano dalla sua.

“Figliolo, ho bisogno di parlare con te.. Seguimi, per favore”.

Draco non si fece attendere, e si alzò immediatamente, non dopo essersi garbatamente ripulito le labbra con un tovagliolo di stoffa e aver salutato con un cenno del capo la madre. Lucius baciò elegantemente il dorso della mano alla moglie, non mancando di lanciarle uno sguardo languido e pieno d’adorazione; poi prese a camminare verso il giardino con fare tranquillo. Il figlio lo seguiva a pochi passi di distanza, mentre nella mente gli si affollavano mille pensieri, di cosa avrebbe dovuto parlargli il padre? Non gli pareva di aver fatto cose sbagliate, in quel periodo.. Sperò vivamente che non fosse un rimprovero. L’adulto non proferì parola fin quando non furono a pochi passi dallo stagno, e si sedette con eleganza su una delle tante panche in pietra bianca. Attese che il suo unico figlio prendesse posto vicino a lui, e per qualche secondo cercò di pesare le parole necessarie a dar via a quel discorso, che si proferiva tanto spiacevole quanto necessario. Il ragazzo ruppe quel silenzio assordante, riportandolo con la mente lì.

“E’ successo qualcosa di grave, Padre?”

Lucius alzò gli occhi su di lui, e fece oscillare qualche secondo il suo bastone da passeggio davanti al viso, continuando a pensare.

“Figliolo.. Mi addolora dovertene parlare a questo modo, e non puoi capire quanto sia difficile per me e tua madre dover accettare una cosa del genere..”

“Padre, così mi stai spaventando! Non sarà che debbo andarmene dal Manor, vero? Mi state cacciarando?”
Lucius sgranò gli occhi, e con un movimento veloce della mano lo zittì. Sia mai che avrebbe cacciato il suo stesso figlio da casa.

“No, Draco, non faremmo mai una cosa simile! Purtroppo però il Signore Oscuro ha piani ben definiti per la tua persona, e ci addolora doverteli comunicare proprio oggi, quando sono appena tornato tra le braccia della mia famiglia..”

“Devo andare in missione, Padre? Ci andrò. Sono stato scelto, è il mio momento! Sono pronto padre, davvero. Non vi deluderò”

Il capofamiglia scosse la testa, zittendolo un'altra volta. Era incredibile come ciò che gli era successo lo incoraggiasse ancor di più a voler essere un Mangiamorte, eppure negli occhi poteva scorgere la paura velargli lo sguardo. Lo studiò qualche secondo, non spostando gli occhi cerulei dai suoi. Draco non era pronto per un simile compito, e doveva cercare di scoraggiarlo da quel ruolo quanto prima. Non sarebbe mai tornato indietro, se fosse stato marchiato.

“NO, figliolo. Non è nessuna missione. Il Signore Oscuro, per convenienza, vuole che io ti faccia sposare quanto prima”

Il ragazzo rimase immobile, non riuscendo ancora a capacitarsi di quanto era appena uscito dalle labbra del padre. Nel suo profondo in quel preciso istante, avrebbe preferito di dover compiere una missione per il loro Signore.  Sposarsi? Aveva solo diciassette anni, per Merlino!

“Ma.. Padre.. Ho solo diciassette anni! Non contavo di sposarmi prima dei venticinque! E.. Gradirei sapere con chi, oltretutto!”

Malfoy Senior spostò lo sguardo sul prato ormai smorto, e rimase in silenzio. Non aveva nemmeno il coraggio di dirglielo, per quanto lo infastidisse. Avrebbe dovuto obbligare il suo unico figlio a sposarsi con una donna che conosceva di vista, anzi, in quel caso, una ragazza! Scosse la testa, il suo corpo rifletteva il suo disappunto in maniera totale. E ancor più di tutto, sapeva benissimo che in questo modo il figlio non avrebbe mai ereditato nulla!
Nel testamento che il suo defunto padre, Abraxas Malfoy, aveva stipulato poco prima di morire, era chiaramente scritto che l’unico modo per ottenere l’immenso patrimonio di famiglia per il suo unico nipote era quello di contrarre un matrimonio VALIDO, sia magicamente che sentimentalmente. Questo metteva il figlio in grave difficoltà, in quanto secondo le rigide regole Purosangue la parola del Capofamiglia valeva più di qualunque altra. Lucius per cui non avrebbe mai potuto aver voce in capitolo, nemmeno essendo il padre di Draco. Non sarebbe stato valido nemmeno somministrare un filtro d’amore a Draco, in quanto l’effetto provocava solo una forte infatuazione. Se avesse sposato Astoria senza serbare un briciolo d’amore per lei, le sue speranze di poter accedere al Patrimonio ed averne una parte si sarebbero sgretolate immancabilmente. In un modo o nell’altro, la difficoltà sarebbe stata quella di raggirare quella clausola, seppur in cuor suo sapeva fosse praticamente impossibile. Cosa avrebbe dovuto fare allora? Le possibilità erano veramente poche e deboli, e non avrebbe di sicuro potuto cambiare la mente del Signore Oscuro. Non seppe nemmeno con che coraggio pronunziò quelle parole, guardando negli occhi il figlio.

“Vuole farti maritare con Astoria Greengrass, figliolo.”

In quel mattino fresco di Dicembre, le speranze di Draco Malfoy crollarono come un castello di carta, sotto gli occhi rammaricati del padre. Vide sgretolarsi l’immagine di Pansy davanti a lui, e tutti i suoi desideri più nascosti scomparire. Avrebbe dovuto dimenticarla. Cosa avrebbe fatto adesso? E soprattutto, cosa avrebbe mai potuto pensare la piccola Astoria di lui? Abbassò gli occhi, e si perse con lo sguardo vuoto sull’erba. 









 







Salve a tutti :)
Probabilmente solo alla fine avete compreso per quale motivo ho messo due canzoni. Se non è chiaro, lo spiego ora..
Ad ogni cosa positiva corrisponde la quantità eguale di dolore, solitamente.
E purtroppo è dura da ammettere, ma se da una parte Lucius e Cissy si sono ritrovati, dall'altra abbiamo un sentimento stroncato sul nascere..
Le cose cambieranno? 
Lo vedremo al prossimo ;)
Un bacio,
Giu. 

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


 


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It's a beautiful lie,
it's the perfect denial.
Such a beatiful lie to believe in..
So beautiful, beautiful it makes me.


30 Seconds to Mars  - Beautiful lie

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Capitolo X



 

Per quanto ormai fosse inverno inoltrato, il Sole non aveva ceduto, ed era ancora lì ad illuminare il grazioso maniero antico dei Greengrass. Le rigogliose pervinche e le rose bianche avevano resistito a lungo nel loro giardino curato, rendendolo ammaliante, quasi come se fosse primavera.

Il loro antico Maniero si estendeva lungo l’estesa pianura del Wexford, facendosi spazio tra l’affascinante Wex Lake ed il piccolo insediamento magico della contea. I maghi che lo abitavano, erano una famiglia Purosangue, e come tali non avrebbero mai accettato di stanziarsi tra i babbani come gentaglia qualunque. Si poteva quasi definire un piccolo Castello, per la sua sorprendente superficie: copriva la maggior parte del terreno più fertile della contea,  e poteva vantare una servitù che superava in gran numero quella delle famiglie ancor più influenti. 


Il capofamiglia, l’ormai 50 enne Phineas Heathcliff Greengrass,  stava passeggiando per il suo immenso giardino, in compagnia della moglie Althea Thalia Broadmoor. Stavano chiacchierando sottovoce sulle ultime novità della loro famiglia, quando all’improvviso un Elfo domestico ruppe la loro tranquillità.

La creatura corse incontro ai due, e di sfuggita l’uomo potè intravedere tra le sue mani affusolate una lettera.
Phineas la prese con calma tra le mani, scrutandone il sigillo che la teneva chiusa: lo avrebbe riconosciuto tra mille, lo stemma dei Malfoy.
Guardò incuriosito la moglie, grattandosi il mento, alquanto confuso nel ricevere una lettera proprio da loro. Lei, di rimando, lo osservava curiosamente: fece scorrere lo sguardo su quella busta, e potè intravedere benissimo lo stemma. Incrociò le braccia sotto al petto e prese a parlare al marito con fare indagatorio, colmo tuttavia di incredulità evidente.

“Che mai vorranno i Malfoy da noi, Phineas? Non avrai ancora dei debiti di gioco con Lucius, vero?”


L’uomo sbiancò di colpo, la voce dubbiosa della moglie lo colpì all’improvviso, ridestandolo dai suoi pensieri quasi come un fulmine a ciel sereno. Sì, in effetti ne aveva avuto qualcheduno in passato, ma si parlava di pochissimi galeoni relativi ad un terreno da spartirsi. Non di sicuro di Magi-Poker, con quel vizio aveva chiuso da tempo. Ma da quanto ne sapeva lui, era ancora troppo presto per saldare il debito del terreno.
L’unica spiegazione plausibile era che Malfoy avesse bisogno di quel denaro, per cui era possibile che fosse un invito a restringere il tempo a disposizione di Phineas per saldarlo.
Borbottò tranquillamente, continuando con una mano a grattarsi il pizzetto scuro, ormai tendente al grigio.

“Ma cosa dici, Althea! Si, abbiamo il debito nei suoi confronti per il terreno a est di Northampton, ma non è ancora il momento per saldarlo. Mal che vada sarà un invito a restringere i tempi, del tutto amichevole. Non che sia un problema per noi, tra l’altro..”

“Allora, aprila, su! Sono curiosa di sapere che cosa vogliono.. Spero vivamente sia quello di cui mi hai parlato.”

La donna lo fulminò con lo sguardo, facendogli capire che sarebbe stato meglio per lui aver detto la verità. L’uomo non aveva nessuna intenzione di dormire nello studio quella notte, per cui si augurò che la misteriosa lettera riguardasse quel terreno sul serio. Borbottò tra se e se e strappò lo stemma di cera che la teneva sigillata; estrasse il foglio di pergamena dalla busta e fece rapidamente scivolare gli occhi sulle righe scritte a calligrafia inconfondibile ed elegante. Una volta terminatane la lettura, alzò lo sguardo verso la donna, leggermente pensieroso più di prima. Deglutì, e guardò la moglie con aria confusa: ora si che le cose erano sul serio preoccupanti. Senza dargli il tempo di  commentare, Althea  gliela strappò dalle mani, scorrendola con gli occhi rapidamente.


                                                                                                                                                                   Londra, 1/12/1998

Caro Phineas,               
Mi auguro che le cose da voi a Wexford proseguano bene. Non ho avuto molto tempo per scriverti di recente, e ne sono rammaricato, non mi sono mostrato un buon amico verso di te. Ma come ben saprai leggendo il Daily Prophet, qui a Londra le cose non sono molto tranquille. Il Signore Oscuro ha preso possesso del nostro Manor, e noi Mangiamorte siamo sempre in missione; allo stesso tempo la Londra Magica è in subbuglio per le rappresaglie contro i Mezzosangue e NatiBabbani. In ogni caso, non ti sto scrivendo per lamentarmi della situazione londinese, per cui non angustiarti inutilmente per me. C’è una cosa molto importante di cui desidero parlarti al più presto, e spero tu abbia tempo nelle settimane a venire di presentarti qui, per discuterne. Non posso darti altre informazioni via gufo per ora, sappi solo che sarai il benvenuto al Manor, insieme ovviamente alla tua splendida famiglia. Porta i miei più cari saluti ad Althea, e alle giovanissime Astoria e Daphne.
Con la speranza di vederVi al più presto,

Lucius Abraxas Malfoy.

P.s: Conto di ricevere la tua risposta in seguito alla lettura della mia lettera, Phineas. Come hai già potuto capire, è abbastanza urgente. Fammi sapere se debbo preparare le stanze per gli ospiti, ed entro quale data, appena puoi. Narcissa e Draco porgono i loro saluti a tutti voi, e  saranno lieti di incontrarvi!

 


La donna fece cadere le braccia lungo i fianchi, mentre tra le dita della mano destra stringeva ancora la lettera. Era alquanto confusa, e dopo aver scrutato di sottecchi lo sguardo del marito, capì che lui ne sapeva quanto lei.
Si sistemò così lo scialle color cremisi appoggiato alle sue spalle elegantemente, e gli riconsegnò la lettera tra le mani.

“E sia, Phineas. La settimana a venire saremo dai Malfoy, non vorrai deludere i nostri amici. In effetti, desidero avere il piacere di rivedere la dolce Narcissa da tempo..”

Dopo aver detto questo, Althea si dileguò verso il Manor a passo tranquillo, mentre l’uomo continò a grattarsi il mento confuso nella stessa posizione di prima. Sapeva bene che le decisioni di sua moglie erano praticamente irremovibili e indiscutibili, per cui se anche avesse voluto evitare l’incontro con i Malfoy, ormai era una partita persa in partenza.
Si rassegnò al suo volere, e scrollando le spalle si ridestò dai suoi pensieri. Con le mani intrecciate dietro la schiena, infine l’uomo quindi si diresse al Maniero, per comunicare all’intera famiglia l’improvviso cambio di programma per la settimana a venire.

 

 
 


 

  
Una settimana dopo, Hogwarts.


Draco Malfoy aveva un carattere forte, e così era sempre stato, per cui non si sarebbe mostrato disperato agli occhi della ragazza a cui teneva, nemmeno in quel frangente. Per quanto ovviamente il suo cuore urlasse il contrario, non poteva mostrarsi debole, non ai suoi occhi. Un suo sguardo, una sua parola gentile, l’avrebbero sicuramente fatto vacillare ancor più di quanto non lo facesse già da per se. Con fare elegante il ragazzo camminava pensieroso verso la riva del Lago Nero, che si mostrava quieto e affascinante come al solito.  Sembrava fatto apposta, la quiete poco prima della tempesta che sarebbe avvenuta lì a breve: la tanto temuta verità sarebbe dovuta venire a galla. La notizia del suo matrimonio gli era stata data una settimana prima, da suo Padre, a Malfoy Manor. Il ragazzo non ebbe nemmeno la forza di rientrare a scuola per i successivi due giorni, in cui aveva preferito starsene nel suo amato baldacchino a cercare di accettare il suo destino.
L’idea di maritarsi a soli 17 anni era alquanto orribile ai suoi occhi, non tanto per il fatto del doversi sposare, ma per il suo obbligo nei confronti della piccola di casa Greengrass. Non si ricordava neppure il suo viso, i suoi gesti, non sapeva la sua età, era un estranea ai suoi occhi, e questo lo rendeva irrequieto. Come sarebbe riuscito a dividere il letto con lei, se a malapena sapeva il suo nome? Scosse la testa, le aveva pensate tutte, ma per quanto si fosse sforzato aveva dovuto arrendersi al fatto che non c’era modo di venirne fuori da quella situazione.
Sapeva bene che se fosse stato costretto a sposarsi con Pansy, le cose sarebbero state diverse, e forse lui avrebbe persino provato qualcosa di vicino alla “felicità”. Ma in cuor suo sapeva altrettanto che quello non era il tempo di pensare con i “se” e con i “ma”, era il tempo di dover accettare la sua terrificante situazione, e di trovare il coraggio per dimenticare.
Aveva passato ore a rimuginare su come avrebbe dovuto rivelare a Pansy il suo destino, ma le parole che gli vorticavano in testa gli erano sembrate sempre fuori luogo, o fin troppo dure da dover pronunciare. Se a malapena lui era riuscito ad accettarlo, come avrebbe potuto fare lei?
Era un sentimento stroncato sul nascere il loro, quel loro vivere dei reciproci sorrisi e delle loro mani che si sfioravano per puro caso. L’idea di dovervi rinunciare, di dover voltare le spalle a quel sentimento, lo faceva sentire ancora più vuoto di come si era sempre sentito da un anno a questa parte. 
Dopo aver rimuginato per due giorni a Malfoy Manor, il ragazzo era tornato a scuola, sotto lo sguardo entusiasta dei suoi migliori amici. Si era mostrato impassibile, comportandosi come sempre, senza mai far trasparire la sua tristezza; era stato un ottimo attore, non v’era altro che finzione in ogni suo gesto. Forse gli unici che mostravano la più totale sincerità erano quelli versi di lei, ma soltanto per lei. Quel suo sfiorare di sfuggita i capelli della ragazza e attorcigliare una ciocca tra le dita, sfiorarle le guance quando arrossiva o osservarla mentre studiava: tutti gesti che stava cercando di godersi appieno, prima di dover dirle addio definitivamente. Non si ricordava di averla abbracciata così tante volte, in sette anni di scuola, ma per quanto ci provasse non riusciva a staccarsi da lei, dal suo abbraccio che per lui era come panacea.
Aspettava il momento giusto, il ragazzo, ma per quanto si sforzasse non riusciva mai a trovarlo, o forse, in effetti, non voleva trovarlo.
Quella sera aveva già programmato tutto, senza ritornare sui suoi passi come faceva da una settimana. Con voce ferma e irremovibile gli avrebbe detto che si sarebbe dovuto sposare, cercando di voltarle le spalle, per non vedere la sua reazione. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, si sa da secoli, per cui le cose sicuramente non sarebbero andate a questo modo.
Sospirando si sedette sotto le fronde di un salice, dove il pomeriggio stesso aveva dato appuntamento alla ragazza.
Un piccolo accenno di vento era l’unica cosa che sembrava minacciosa, in quella serata di Dicembre. La sera tuttavia era calata buia e fredda sul Castello, costringendo il giovane Malfoy ad indossare un maglioncino più pesante del solito. Si stava attorcigliando le maniche della camicia, quando sentì dei passi sopra la ghiaia avvicinarsi nella sua direzione. Alzò lo sguardo lentamente, aguzzandolo al buio, quando vide la figura di Pansy poco avanti a lui.
Non potè non sorriderle, quando la vide, e lei ovviamente ricambiò, continuando ad avvicinarsi spostando con le mani le foglie del salice che le ricadevano sul viso.


“Sei in anticipo, lo sai?”

“Oh, lo so bene. Mi stupisco invece del fatto che tu sia in perfetto orario..”


“Come siamo simpatici stasera, Draco. Tanto che ti paragonerei ad un adorabile Schiopodo Sparacoda.”

 

La ragazza lo guardò in cagnesco, divertita tuttavia della sua battuta, e si sedette di fianco a lui. Draco sorrise altrettanto divertito e le sfiorò una guancia teneramente, per poi attorcigliarsi una ciocca all’indice. La osservò arrossire e sorridergli, e solo in quel momento capì che stava già vacillando. Respirò, e decise che quello era il momento per poter parlare.
 

“Pansy.. Ecco, mi chiedevo se.. Facciamo due passi, ti va?”
 

IDIOTA! Avrebbe dovuto parlare, ma poco prima si era morso la lingua. Perché continuava a rimandare? Cosa c’era di così complicato nel dover dire che non potevano più vedersi, ne desiderarsi con lo sguardo, poiché si sarebbe dovuto maritare? Non v’era nulla di difficile in realtà, era molto più semplice di quanto sembrasse, ma per lui era un impresa titanica. Dopo averle detto questo gli tese la mano, invitandola ad alzarsi per andare, così lei gli sorrise e gliela strinse.

“Certo, perché no! Ma.. Draco, tu sai quant’è sviluppato il mio senso di orientamento, per cui vedi di non perdere la strada..”

I due presero a camminare per il sentiero sdrucciolato, che li avrebbe condotti verso Hogsmeade. Ovviamente non si sarebbero allontanati così tanto, ma era una buona scusa per avere una lunga chiacchierata. Quasi involontariamente il ragazzo le portò un braccio sulle spalle, stringendola a se e baciandole la fronte. Si incupì immediatamente, e lei capì che c’era qualcosa che non andava da tempo. Morgana, era una settimana che gli vorticava intorno, come se fosse un satellite. Non la mollava un secondo, la stringeva più che poteva, e dopo aver sorriso si incupiva nuovamente: non era stupida, le sembrava piuttosto qualcosa di strano. Deglutì e si fermò di colpo, sotto lo sguardo stupito del ragazzo.

“Ascolta.. Draco, non offendere la mia intelligenza, dimmi la verità. E’ una settimana che ti comporti in modo strano, che mi vortichi intorno, ed ogni volta.. Ogni volta è come se fosse l’ultima volta che puoi starmi vicino.”

 

Lui rimase sconvolto, l’idea che avesse capito non gli era balenata nemmeno per un istante nella mente già fin troppo affollata. Abbassò lo sguardo sul terreno, e le si avvicinò, indeciso su cosa fare. Sentì un forte bisogno di stringerla tra le braccia, ma ovviamente si sforzò di reprimerlo. Lei non la pensò allo stesso modo, e ruppe quel poco di distanza che c’era tra i loro corpi, buttandogli le braccia al collo e stringendosi a lui. Se possibile, lui rimase ancor più sconvolto, mentre sentiva sbriciolarsi il muro di pietra che stava cercando di frapporre fra loro. Ricambiò il suo abbraccio, stringendole le braccia alla vita e intrecciandole le mani dietro la schiena. Appoggiò la testa all’incavo della sua spalla, respirando il suo profumo alle viole, e le sfiorò il collo con le labbra. Lei sussultò, e si staccò appena per guardarlo, mentre le guance le si coloravano di un rosso acceso..

“D-Draco!”

“S-Scusa..”

“No.. No, fa nulla.”

 

Gli sorrise e tornò immediatamente tra le sue braccia, accarezzandogli i capelli biondi dolcemente con la mano affusolata. Lui si stava godendo quelle carezze, ma in testa il pensiero di doverle parlare una volta per tutte lo martellava: forse doveva approfittarne ora, sperando che non s’arrabbiasse.
Si staccò dal suo abbraccio e la condusse su una panchina poco lontano da loro, invitandola a sedersi. Lui tuttavia non fece lo stesso, non riusciva a stare seduto in quel momento. Rimase impalato davanti a lei, torturandosi le mani.

“Draco, siediti..”

“No. Devo parlarti, e mi devi ascoltare. Per favore, è difficile, non mi interrompere. Ascolta e basta.”

“Ma Draco..”

“No, Pan, ti prego.”

“Va bene.”

 

Lei si zittì improvvisamente, osservandolo curiosamente. Incominciava ad essere veramente preoccupata, chissà che diavolo passava per la testa a lui, in questo momento. Lo guardava torturarsi le mani, mordersi le labbra, passarsi la mano tra i capelli.. E si innervosì, inevitabilmente.

“DRACO! Per l’amor del cielo! Parla e basta!”

Il ragazzo si ammutolì di colpo, rabbuiandosi, e guardando in terra.
Draco, forza, parla.
Peccato che per quanto il suo cervello spingesse per fargli dire una volta per tutte la verità, le sue corde vocali si rifiutavano di esprimersi.

“Ecco.. Volevo che sapessi che.. Mi farò marchiare, a breve. Non posso evitarlo, o i miei genitori ne pagheranno le conseguenze. Lo sai meglio di me, non.. Non si può voltare le spalle al Signore Oscuro, Pan.”

 

Ovviamente, non riuscì a dire la verità. Si era sforzato, per qualche secondo, ma il suo viso e quegli occhi, quegli incredibili occhi verde smeraldo, lo avevano fregato. Sapeva benissimo che prima o poi il Signore Oscuro lo avrebbe reclamato come Mangiamorte a tutti gli effetti, ma in realtà, per il momento,  non era nemmeno lontanamente in programma. A quel punto però, avrebbe dovuto per forza, per farle credere di averle detto la verità. La ragazza a quel punto si rabbuiò, spostando lo sguardo sulla ghiaia, improvvisamente diventata interessante. Sospirò, e gli strinse la mano, alzandosi per poterlo guardare dritto negli occhi.

“Sapevo che prima o poi sarebbe successo, non preoccuparti per me. Fai.. Fai quello che è giusto. Ti chiedo solo una cosa, Draco. Non abbandonarmi, non ora.”

 

Quel muro che aveva cercato di creare tra di loro, già frantumato poco prima, venne abbattuto completamente. Lui non riuscì più a resistere al desiderio di averla tra le braccia, non in quel momento, non dopo quelle parole. Così,  approfittando della mano stretta tra quella di Pan, la tirò a se, stringendola tra le braccia per i fianchi. Le sfiorò le labbra morbide con le proprie, baciandone ogni centimetro, mordicchiandole e leccandone il contorno.
Dopo poco lei si risvegliò dalla rigidità dovuta alla totale incredulità nel vederlo compiere un gesto simile, e rispose al suo bacio, stringendogli le braccia al collo e accarezzandogli i capelli biondi. Lui chiese accesso alla sua bocca con la punta della lingua, e lei schiuse le labbra, intrecciandola finalmente alla sua. Respirarono l’uno con l’altro, incastrandosi per la prima volta perfettamente, come due tessere di un puzzle incompiuto. Per quell’attimo eterno, nessuno dei due pensò al futuro, a cosa aspettasse la loro coppia; erano troppo presi dal presente, per pensarvi sopra.
 Solo dopo qualche minuto sciolsero l’abbraccio, e lei sospirò, stringendogli nuovamente la mano.

“Non mi abbandonerai, quindi?”

Lui la guardò negli occhi, prima di risponderle, e di nuovo le sue sicurezze crollarono. Si riavvicinò a lei, le sorrise dolcemente ed infine mormorò.

“Mai.”

 

La strinse a se, come se cercasse di aggrapparsi a lei per l’ultima volta. Sospirò in silenzio, sentendola finalmente tranquillizzarsi tra le sue braccia, cercando a sua volta di rilassarsi. Ma per quanto ci provasse, il pensiero di averle mentito gli martellava in testa. Sapeva che sarebbe stato costretto ad abbandonarla, ed era talmente dura da ammettere che per lui era stato più semplice raccontarle una bugia. Per ora, gli rimaneva che pregare che le nozze fossero rimandate al più tardi possibile, e che lei non ne venisse mai a conoscenza. Ma in realtà, sarebbe stato inevitabile, come la pioggerellina che di lì a poco incominciò a bagnarli, e li costrinse a rientrare al Castello, mano per mano. 







 




Ed ecco finalmente il tanto atteso decimo capitolo, ragazzi.
Sono imperdonabile, ma vi assicuro che scriverlo è stato molto complicato, in questi giorni..
La mia fantasia andava e veniva, così ho deciso di godermi la vacanza, e sono tornata con mille idee :)
Fatemi sapere che ne pensate, recensite!
Vi aggiorno appena posso.
Un bacio,
G.

P.S: i nomi dei coniugi Greengrass sono stati inventati da me, dopo una lunga ed estenuante ricerca. Che ne dite, vi soddisfano? Fatemi sapere u.ù

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Capitolo 11
*** XI Capitolo ***


XI Capitolo


 

Astoria Greengrass non era esattamente il tipo di ragazza che si faceva mettere i piedi in testa, tanto meno dalla sua famiglia: in particolare dal padre, da cui aveva ereditato il carattere dispettoso. Era piuttosto quel genere di ragazza quindicenne con la voglia di girare per il mondo, crearsi un armadio venti volte più grande di quanto non lo fosse già, e purtroppo, tremendamente viziata. Stava litigando con la sorella più grande, Daphne, su quale delle due fosse più bella in abito da sera: Astoria sapeva benissimo che la sorella era di gran lunga più bella di lei, con quei capelli mossi biondo dorato che oscillavano ad ogni suo passo,  gli occhi cerulei, le forme prosperose e le labbra perfette. Astoria era mora, di corporatura minuta, le sue forme erano – ahimè - appena accennate ed i suoi occhi piccoli e scuri, completamente diversa dalla sorella.
Ed era proprio per questo che erano sempre in competizione, la piccola di casa si sentiva inferiore, un mostro in confronto alla Dea della casa, e questo non l’aveva mai sopportato.
Quel giorno, purtroppo, ognuna delle sorelle di casa Greengrass diede il peggio di se. Daphne scese improvvisamente da quel piedistallo di perfezione assoluta, provocando in Astoria un’enorme soddisfazione personale.
Litigando, finirono per distruggere l’unico abito alla quale la padrona di casa tenesse davvero: Althea possedeva quel vestito da nientepopodimeno di 25 anni, e rappresentava per la donna il ricordo del primo Galà alla quale aveva avuto l’onore di partecipare, appena 18 enne.
Quel pregiato abito blu notte di fattura Magica, contornato di preziose sete si era lacerato tra le urla di entrambe le sorelle, che si erano contese il diritto di poterlo indossare. Di sicuro la loro impassibile madre, alla vista di quell'orrore, si sarebbe arrabbiata come non mai.
Proprio mentre Daphne in un impeto di furia stava per saltare addosso a quell'oca di sua sorella, la figura del padre piombò nel salotto, portando con se un silenzio assordante e le espressioni impaurite delle due ragazze.

“Che sono queste urla indecenti, per Merlino! Vi ho sentito dal piano di sotto. Daphne, come me lo spieghi? Quello-..
Santo Salazar, quello non è l’abito di tua madre?”

“Astoria ha cominciato a rompermi i boccini, papà! Sì, è il suo.. Non glielo dire, per favore! Si può riparare..”

“Non è vero! Non ho cominciato a frignare!” ribattè la mora, calpestando un piede dal nervoso.

“DAPHNE! Frequentare i Mezzosangue ti ha avvelenato la lingua, per caso? Non tollero un linguaggio simile in casa mia.  Comunque sia.."

L’uomo fece una piccola ma inquietante pausa, nella quale respirò a fondo per non cedere alla tentazione di mettere in punizione entrambe le figlie. Dopo poco, riprese a parlare, incrociando le mani paffute dietro la schiena.

”Grazie a Morgana si può riparare, figliole. “

A queste parole, le sorelle sospirarono di sollievo,  provando un senso di gratitudine alle parole del padrone di casa. Ma non ebbero nemmeno il tempo di poterlo ringraziare, che questo riprese il discorso, con un tono più serio di prima.

“Ma non lo farò. Non lo farò perché non mi sembra corretto, ed in questa casa, vi ho cresciuto diversamente. Non ci saranno sotterfugi, qui. Dovrete portarglielo così com’è, assumervi le vostre responsabilità e chiederle scusa. E per quanto mi riguarda.. Non ci tengo ad esserci.”

Le parole di Phineas H. Greengrass risuonarono severe e ragionevoli nelle orecchie delle due ragazze, che d’istinto abbassarono la testa in segno di obbedienza. Sapevano bene quanto le sue decisioni fossero definitive, soprattutto quando si trattava di istruirle al meglio.

”Comunque sia.. Preparatevi, la settimana a venire saremo dai Malfoy. Non-una-parola.”

Detto questo si era dileguato nel salotto padronale, senza dare la possibilità alle due ragazze di ribattere.
La mora e la bionda, ancora irate l’una con l’altra, rimasero a guardarsi confuse riguardo alle parole poco prima pronunciate dal loro padre.
Il fatto che sarebbe dovuta andare nel Wiltshire non faceva impazzire Astoria particolarmente, dal momento che non aveva mai avuto nessun tipo di contatto con quella famiglia. Daphne, invece, cominciò a sorridere e sistemò il vestito lacerato su una sedia immediatamente, cominciando a riordinare la camera senza mancare di fischiettare in tono allegro.

“Com’è che sei così felice che andiamo dai Malfoy, Arpia?”

“E a te che importa, piccola ed irritante Banshee!”

“Non ti piacerà il loro figlio, vero?”

“PER SALAZAR, sta zitta se non sai di che parli, piccolo mostriciattolo! Si da il caso che Draco Malfoy sia il mio migliore amico. E in ogni caso, non sono affari che ti riguardano! Ora sparisci, non ho voglia di subirti oltre oggi.”

“Ah si? Bene… Ciò non cambia che sei comunque un'Arpia.”

Concluse la mora allontanandosi dalla stanza per dileguarsi verso i suoi appartamenti, facendo appena in tempo a chiudere la porta della stanza prima che la scarpa della sorella le raggiungesse la testa. Il rumore di quest’ultima che si scontrava sonoramente contro la porta chiusa la fece dapprima sussultare, poi sbuffò infastidita ed infine si girò per fare una linguaccia all'aria.
Mentre si dirigeva verso la sua stanza da letto, in un corridoio vicino, il suo cervello cominciò a tramare numerosi scherzi malefici che avrebbe potuto fare a Daphne durante la settimana passata dai Malfoy.
Infatti, se c’era una cosa che le veniva alla perfezione, era infastidire fino all’esaurimento sua sorella maggiore.
Una volta arrivata davanti alla sua porta, l'aveva avuta vinta: il barlume di una piccola idea malefica quanto divertente la illuminò quanto il Sole di prima mattina. Afferrò la maniglia della porta ed infine si chiuse quest’ultima alle spalle sghignazzando divertita, provocando persino la curiosità dei suoi avi nei quadri appesi lì vicino.
Gliela avrebbe pagata, quell’Arpia: dopotutto, quell'affronto personale, per lo più di fronte al padre non l'aveva digerito.
Più passava il tempo più cercava - invano, ovviamente - di capire per quale motivo Daphne non scendesse da quel piedistallo che s'era innalzata, e si concedesse un po' di sana umiltà verso di lei.
D'altro canto, invece, la bionda era stanca delle frivolezze della mora: da mesi si chiedeva quando sarebbe finalmente cresciuta, di modo che il suo complesso di inferiorità - molto evidente, di fatto - potesse finalmente cessare, per lasciare un po' di tregua.
Se c'era tuttavia una cosa che era quanto più che assodata, era che la bionda non avrebbe cercato di stuzzicare Astoria, per evitare di sentirla frignare come una bambina a cui viene tolto il primo pacchetto di Api Frizzole.
Ma Astoria.. Astoria non poteva contare sullo stesso suo quoziente intellettivo, purtroppo. Se c’era una cosa che Astoria Greengrass aveva ereditato dai suoi avi più che della perfetta sorella, era proprio la vendetta.
E la sua vendetta l'avrebbe avuta, in qualsiasi modo possibile, corretto o meno che fosse.

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