Three pieces of cake

di Sparrowhawk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm sorry world. ***
Capitolo 2: *** Never judge a book by looking only at his cover. ***
Capitolo 3: *** Couldn’t bare to say the truth. ***



Capitolo 1
*** I'm sorry world. ***


I’m sorry world.

Flippy si portò sconcertato una mano sull’orbita ferita, il sangue che usciva a fiotti da sopra il suo sopracciglio. Teneva gli occhi sgranati, confuso, incapace non solo di capire cosa aveva spinto Flaky a colpirlo, ma anche del fatto che una come lei fosse riuscita effettivamente a ferire qualcuno.

E non un qualcuno qualsiasi.

Aveva colpito lui, lui che più di tutti la amava e che, da mesi ormai, aveva la fortuna di poterla stringere fra le braccia neanche fosse il suo più grande tesoro, l’unica persona da cui mai si voleva staccare e dalla quale voleva andare quando aveva qualcosa di importante da dire, fosse questa bella o brutta. Flaky si era piegata, aveva afferrato uno dei tanti pezzi di vetro che stavano ai loro piedi – a proposito, come mai c’erano quei frammenti a terra? – e lo aveva blandito come un coltello, colpendo alla cieca fino a prenderlo in pieno.

- Scu-Scusami… - aveva mormorato lei, fra i singhiozzi, apparendo ora più sconvolta di quanto non lo fosse stato lui stesso – N-Non volevo… Io…io pensavo che tu v-volessi…

Flippy abbozzò un sorriso, uno di quelli poco convinti e caratterizzati da un labbro tremante. Ancora non capiva cosa fosse successo, cosa avesse spinto una dolce fanciulla come Flaky a colpirlo a sangue freddo. Per una volta, insomma, fu lui a provare paura.

- Che volessi…cosa? – domandò, desideroso di avvicinarsi a lei per scacciare quelle lacrime amare che vedeva a rigarle il volto, ma sentendosi totalmente incapace di farlo.

- Che volessi…farmi male…

- Farti male, Flaky? – ripeté lui, stringendo la mano sul viso senza neanche rendersene conto – Io non potrei mai farti male, e tu lo sai. Sei…sei il mio angelo.

La vide irrigidirsi tutta nel sentirsi dire quella cosa in specifico e, per quanto assurdo potesse essere, le lacrime parvero aumentare. Flippy sapeva che si poteva piangere dalla gioia, e confidava nel fatto che qualunque ragazza avrebbe trovato stupendo il fatto che il proprio partner la definisse come un “angelo”, tuttavia sentiva a pelle che quello non era un pianto liberatorio dettato da un moto eccessivo di felicità. No, lei stava piangendo davvero.

- S-Sei il mio angelo, guarda che dico seriamente! – esclamò, sentendosi improvvisamente in colpa.

Forse non sembrava convincente. Forse il suo tono di voce non era abbastanza deciso.

- Flippy…tu non ricordi proprio quello che hai fatto?

Stavolta toccò a lui irrigidirsi, stringendosi nelle spalle ora a disagio. Che aveva fatto?

- …li hai… - cominciò Flaky, prendendo respiri profondi fra un fremito e l’altro - …li hai uccisi tu-tutti… Hai…dato di matto e li hai… I nostri amici… N-Nutty, Giggles… Handy… tutti…!

Flippy abbassò lo sguardo e prese a fissarsi i piedi, osservando con minuzia di particolari i piccoli pezzi di vetro che stavano attorno ai suoi piedi e a quelli di Flaky. Notò delle macchioline rosse sui suoi stivali verde militare, macchie che neanche con tutta la buona volontà e l’ignoranza del mondo non avrebbe potuto non ricondurre al sangue. Deglutì, girandosi lentamente pur mantenendo gli occhi sempre bassi. Anche quando ebbe dato le spalle alla ragazza con cui aveva parlato sino a quel momento, si prese qualche secondo per trovare la forza, o il coraggio, di alzarli.

Lo fece.

Lo fece e subito cadde in ginocchio, il fiato corto ed il cuore in gola.

- No. – disse, in un sussurro – No, io… No, no, no.

Scuoteva forte il capo, cercando di autoconvincersi che era tutto un sogno, un incubo da cui si sarebbe presto risvegliato. In fondo poteva anche darsi che stesse solo dormendo, che ora, magicamente, si sarebbe risvegliato nel suo letto, stretto a Flaky, con le stelle ad illuminare la notte.

- Io non… Io non farei mai una cosa così. M-mai. Mai!

Venne preso d’assalto dal terrore e dal disgusto per se stesso. Cominciò a piangere anche lui, disperato, sentendo di dover essere biasimato non solo per l’omicidio di qualcuno, ma anche per il fatto di aver cancellato la cosa come se nulla fosse. Valeva così poco la vita di un altro? Poteva davvero uccidere e poi atteggiarsi normalmente, senza alcun ricordo a tormentarlo?

No. Non poteva. Non lui che provava pena per chiunque. Non lui che quando spaventava per puro caso Flaky, entrando di sorpresa in una stanza, chiedeva scusa almeno cento volte, prostrandosi quasi fino al pavimento. Era impensabile.

- Mi dispiace… - questo gli uscì come un rantolo, sommesso, certo, però chiarissimo - …Dio… Dio, mi dispiace…

Delle mani candide e tremolanti gli coprirono gli occhi verdi e lui, stringendole fra le sue, continuò a chiedere scusa a Flaky, ai suoi amici…al mondo.

- Non guardare più… - esordì lei, sua compagna perfino nel pianto - …d-dimentica, Flippy. Dimentica.

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Capitolo 2
*** Never judge a book by looking only at his cover. ***


Never judge a book by looking only at his cover.

Non sapeva mai quando e come leggere i segnali che dicevano “ATTENZIONE, PERICOLO, FLIPPY AL MOMENTO NON  RAGGIUNGIBILE. QUELLO CHE VEDI È L’ALTRO”.

Lo osservava, lo faceva per minuti interminabili, e nonostante questo capitava spesso che si ritrovasse a tanto così dal suscitare la sua rabbia con la sua goffaggine anzi che il suo dolce, bellissimo sorriso. Fliqpy compariva a caso, tutt’al più, e come uno di quei tornado improvvisi aveva la facoltà di distruggere tutto ciò che Flippy aveva creato nel giro di mezzo minuto. Era quello il tempo che impiegava a ferire, insultare ed impaurire. Mezzo minuto contro alle intere giornate che, invece, il suo caro amico adoperava per farsi degli amici.

Era assurdo. Assurdo e crudele.

Flaky, perdendosi in questi pensieri, non si accorse di aver tenuto lo sguardo fisso su di lui mentre, dall’altra parte della strada, stava uscendo dalla farmacia. Il militare l’aveva notata e sorridendo la aveva raggiunta, il viso un poco pallido e due grosse occhiaie ad incorniciare i suoi occhioni verde smeraldo dolci tanto quanto lo erano quelli di un cerbiatto. La notte appena trascorsa non era stata delle migliori, per lui. Aveva sognato a ciclo continuo le disavventure che lo avevano visto protagonista in Vietnam, e la cosa, chiaramente, non aveva giovato al suo sonno già di per sé leggero.

- Ciao, Flaky. – disse, con tono allegro e spensierato. Gli bastava vedere il suo volto per risanare ogni ferita, fisica o psicologica che fosse.

Lei scattò sull’attenti e lo fissò senza proferire parola, la bocca aperta malamente, le gambe ridotte a due gelatine. Buono o cattivo? si chiese, buono o cattivo?

- Oh, Lumpy mi ha dato una cosa… - continuò Flippy, senza notare la sua espressione forse per la stanchezza – Quell’uomo fa mille lavori! – e tutti fatti male, pensò – Mi chiedo dove trovi il tempo per tornare a casa…

Rovistò a lungo nella tasca della sua giacca in verde mimetico, alla ricerca del prezioso carico, ma quando estrasse la mano tutto contento e la allungò verso Flaky, questa proruppe in un urlo e serrò le palpebre, nascondendosi dietro all’albero più vicino.

Rimase a fissarla sconcertato, gli occhi grandi, sentendosi osservato da tutti quelli che come loro avevano deciso di uscire in città e godersi il bel tempo. Non le aveva fatto niente, stavolta, ne era sicuro, ma evidentemente tutti i torti subiti e le cose brutte che gli aveva visto compiere alla fine avevano intaccato anche quell’ultima particella di stima ed affetto che aveva sempre conservato nei suoi confronti.

- F-Flaky… - fece un passo avanti...

- Hiiiii!

...arrestandosi subito.

Per un secondo la osservò ancora, poi però sorrise ed abbandonò le caramelle che Lumpy gli aveva regalato a terra, sull’erba fresca di rugiada del parco al centro della cittadina, poco distanti dalla sua amica. Non disse niente, allontanandosi piano e calcando il berretto verde scuro sul volto, quasi a voler nascondere la tristezza nel constatare che perfino lei lo temeva. Faceva bene, il problema che aveva non era certo da prendere sotto gamba. Ma anche così era doloroso il dover perdere perfino Flaky.

Perfino lei.

La piccina uscì dal suo nascondiglio con la testa fulva, i capelli rossi e scompigliati ad andare ovunque mentre cercava di capire cosa fosse successo. A vederlo con la mano in tasca aveva cominciato a pensare che fosse in procinto di estrarre un coltello e di attaccarla, perciò era scappata prima che potesse fare qualsiasi cosa, urlando per attirare l’attenzione e far sì che qualcuno lo fermasse e lo riportasse in sé. Tuttavia non era accaduto niente, Fliqpy non si era avventato su di lei e non aveva neanche cercato di aggredirla.

Uscendo del tutto da dietro alla quercia del parco, si mosse di qualche passo passetto, lenta e titubante come sempre, trovandosi ben presto dinanzi a tre caramelle dalle carte sgargianti e colorate. Limone, fragola e arancia. I suoi gusti preferiti.

- …oh, no…

Gli occhi le si riempirono di lacrime e, tirando su i confetti velocemente, corse dietro a Flippy. Per sua fortuna non era andato lontano, ancora lo intravedeva nonostante fosse quasi fuori dalla sua vista. Chiamò il suo nome a gran voce, ignorando i curiosi che subito si erano girati a guardarla. Lo chiamò disperata, il pianto che via via si stava facendo sempre più infantile.

- Fl-Flippy…! – urlava – Flippy, scu-scusaaaaaa…!

Non appena lo ebbe raggiunto si fiondò fra le sue braccia, stringendolo forte a sé e lasciandosi stringere a sua volta. Flippy emise una breve risata, affondando il volto nei suoi capelli profumati e lunghissimi.

- Scusami, ti prego!

- E di cosa? Non me la sono presa.

- Scusami l-lo stesso!

Rise di nuovo. – Va bene, va bene… - rispose – Ti perdono.

Per fortuna si era sbagliato. Magari era vero, Flaky aveva paura, ma non di lui. Lei temeva Fliqpy, una persona che lui non era e che mai, mai sarebbe stato. Una persona che non capiva o non voleva capire quanto gli amici fossero importanti. Quanto l’amore…fosse importante.

“Ma tanto…” si disse Flippy, baciando la fronte della sua Flaky “…non riuscirà mai a separarmi da lei.”





La voce dell'Autrice: Questa l'ho sviluppata grazie ad una piccola, piccolissima doujin se così vogliamo chiamarla. No. In realtà non dovrei chiamarla così, ma noi facciamo finta di niente e bona lì xD
Il link all'immagine - ecco, diciamo immagine che è meglio - è codesto: CLICCAMI TUTTO

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Capitolo 3
*** Couldn’t bare to say the truth. ***


Couldn’t bare to say the truth.

Flaky camminò per il marciapiede con passo cadenzato, canticchiando tra sé e sé una canzoncina campata in aria nonché inventata sul momento. Le piaceva passeggiare, e nonostante il tempo sembrasse deciso a non reggere ancora per molto, lei aveva comunque deciso di uscire a prendere una boccata d’aria. Con l’ombrello rosso sotto braccio ed un piccolo sorriso ad impreziosirle il volto, si diresse tranquilla giù per la strada.

“Guarda le coincidenze” pensò ad un certo punto, trovandosi dinanzi al viottolo che conduceva alla porta laccata di verde della casa di Flippy “sono arrivata nel suo quartiere senza neanche accorgermene!”

Arrossì a rendersi conto da sola che, se era lì, non era di certo per uno strano gioco del destino. Era uscita di casa con il preciso intento di raccogliere il coraggio ed andare da lui. Per vederlo, per parlarci qualche attimo, per specchiarsi in quelle iridi che tanto amava e che le infondevano sicurezza e dolcezza.

Esageratamente emozionata, Flaky bussò all’uscio ed attese che l’amico andasse ad aprirle. In un secondo controllò come le stava quel vestito magenta addosso, come il fiocco legato al collo fosse al suo posto, ed ignorando volutamente il fatto che i suoi capelli erano scompigliati come sempre, deglutì appena quando vide la porta aprirsi. Flippy la guardò per un po’ rimanendo in silenzio, ma poi le sorrise uscendo sul portico ed abbracciandola.

- Che sorpresa! – esclamò – Non mi aspettavo una tua visita, oggi!

Lei divenne anche più rossa, però fece di tutto per non darlo a vedere. Staccandosi da lui, sebbene a malincuore, tentò di parlare come se nulla fosse.

- St-Stavo passeggiando e m-mi sono ri-ritrovata qui… - ok, il tentativo di dire qualcosa in modo normale era andato a farsi benedire del tutto.

- Mi hai preso alla sprovvista, sai? – disse ancora Flippy – Oggi non è proprio una grande giornata per me, purtroppo.

Flaky sgranò gli occhioni. – Cosa è successo?

- Casa mia è un totale macello… Shifty e Lifty mi hanno derubato ieri notte.

- E tu eri in casa?

- Già.

- Cielo, spero non ti abbiano fatto niente di male! Quei due sono come dei bambini che corrono con delle forbici in mano, quando si mettono.

Il ragazzo alzò le spalle, scompigliandosi i capelli verde chiaro con la mano destra. Stava per dire che non era successo niente di male, che la serata era passata senza che quei due lo ferissero in alcun modo, ma Flaky non glielo permise.

- La tua mano! – esclamò, prendendola fra le sue di scatto per controllarla – Allora qualcosa ti hanno fatto! È tutta fasciata e le bende…sono piene di sangue!

Flippy non disse niente, improvvisamente teso. Gettò uno sguardo ansioso verso casa sua, dove sapeva che, dall’altra parte del muro, poco distanti dalla porta, i corpi di Shifty e Lifty giacevano senza vita in attesa di essere raccolti e nascosti. Li aveva rinchiusi in due sacchi scuri e stava appunto per gettarli quando lei, la piccola Flaky, aveva fatto capolino nella sua giornata.

- Dobbiamo fare qualcosa, o peggiorerà. – continuò lei, preoccupatissima – E-Entriamo, avanti…ti aiuto a-…

- No, no! – si affrettò a rispondere il militare, scuotendo freneticamente il capo e chiudendosi l’uscio alle spalle – Vedi ho…ho finito le garze e…e anche il disinfettante. Quando hai bussato stavo uscendo per andare a comprarli.

Non voleva che vedesse cosa aveva fatto Fliqpy. Non voleva che urlasse, guardandolo come se lo vedesse per la prima volta per quello che in realtà era: un mostro. Mentiva per questo, non per altro, perché il pensiero che Flaky lo odiasse lo uccideva.

- Mi…mi accompagni?

La ragazzina si ritrasse, lasciandosi sospingere dal compagno, e pur provando uno strano senso di inquietudine annuì piano e lo seguì. In fondo era andata da lui proprio per questo, no? Per stargli vicino, anche se per poco.

- S-Sai… - ricominciò a balbettare - …hanno aperto un…un nuovo bar. Nutty ci è stato e mi ha detto che f-fanno dei pasticcini straordinari. T-ti va se, dopo, ci andiamo insieme…?

Flippy, allontanandosi dalla propria dimora e da ciò che aveva fatto, le sorrise nuovamente. Fece passare un braccio attorno alle sue spalle, stringendola a sé.

- Certo che mi va. Oggi possiamo stare insieme quanto vuoi.

- D-Davvero? Non hai niente d-da fare?

- No.

Dentro qualcosa si ruppe a dirle quella bugia, ma imperterrito continuò ad apparire sereno.

- Non ho assolutamente niente da fare, Flaky.

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