My love's a drunkard.

di Pwhore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Le tre di notte.
Gerard stava facendo davvero tardi quella sera.
Frank si strinse le ginocchia al petto, cingendole con le braccia tatuate. Era in pensiero, come al solito, e come al solito sperava che quella sera sarebbe stata l'ultima. Sperava invano, ma questo lo sapeva. Lo sapeva, eccome se lo sapeva, ma continuava a sperare e a credere in Gerard, sera dopo sera, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana. La speranza era una delle poche cose che non gli mancava, di questo si può starne certi. E così, come tutte le sere, era seduto sul portico ad aspettare il ritorno del moro, nonostante il freddo pungente di fine novembre e l'aria umida che saliva dalla terra. Sospirò e si accese una sigaretta, sfregandosi le mani nel vano tentativo di riscaldarsi un po' e tornando a guardare la strada. Gerard era un alcolizzato da anni, ormai, ma Frank sperava sempre di non doverlo vedere attraversare l'uscio della loro villetta e andare in qualche locale a spassarsela. Sperava che il moro capisse quanto si stesse facendo male e che decidesse di smettere, anche se sapeva che non sarebbe mai successo. Quella sera però, si sentiva strano. Aveva uno strano presentimento, tuttavia non sapeva dire se fosse positivo o negativo, così decise di non badarci. Aspettò in silenzio per un'altra mezz'ora, poi tornò in casa e si preparò un caffè. Sorseggiandolo, uscì sul portico e si sedette sulle scale, lo sguardo perso all'orizzonte. Gli parve di sentire qualcosa in lontananza e allungò l'orecchio, speranzoso. Il rombo di un motore si avvicinava, insieme a una forte musica a palla, e Frank si trovò, suo malgrado, a sorridere. Si alzò in piedi e andò a posare la tazza nel lavandino, poi si appoggiò all'uscio della porta e si mise ad aspettare. Il rumore si faceva pian piano crescente e il ragazzo cominciò a percepire delle risate, in mezzo a tutto quel casino. Deglutì, mentre un'auto blu carica di gente urlante si fermava davanti al suo vialetto. Non si era ancora abituato agli amici di Gerard, nonostante li vedesse ogni sera, così non avanzò finché dal veicolo non scese il moro, ridacchiante e con in mano una bottiglia. Il cantante salutò la comitiva e con passo insicuro salì le scalette che portavano al portico. Fissò Frank con occhi vacui, poi lanciò lontano la bottiglia di birra e abbozzò un sorriso. L'altro, però, non ricambiò il sorriso e si limitò a farlo entrare, senza spiccicar parola. Quindi si sedette sul divano e continuò col silenzio, la faccia che non traspariva alcuna emozione. Gerard deglutì, sentendosi molto a disagio e desiderando di essere ancora al bar. Abbassò lo sguardo sulle scarpe nere e tacque.
- Mi hai aspettato ancora? - domandò in un sussurro, voltandosi poi a guardare Frank.
Lui sospirò a fondo, annuendo, poi si alzò e andò dal moro.
- Perché non smetti? - chiese, le sopracciglia arcuate in una smorfia addolorata e gli occhi scuri velati di malinconia. Gerard voltò la testa, infastidito.
- Ne abbiamo già parlato, Frank; non è una cosa che posso fare così, puf, da un giorno all'altro - rispose acidamente. - E poi ci ho già provato, ricordi? -
- Quello non era provare - ribadì il più basso. - Hai solo messo della grappa nella brocca dell'acqua, pretendendo di non aver toccato alcol per più di ventiquattr'ore -. Il moro roteò gli occhi, buttando la testa all'indietro.
- Gee, ti prego, non farti questo - mormorò.
- Cazzo, Frank, sembri mia madre! - sbuffò il cantante. - Che diavolo ti frega se mi piace ammazzarmi così? Lasciami in pace, Cristo santo - esclamò. Il chitarrista tacque, ferito, ma sostenne lo sguardo dell'altro.
- Pensavo t'interessasse conoscere il mio parere - ribatté.
- Se volessi conoscere il tuo parere, mi basterebbe dare ascolto al mio fottuto medico per una volta! - esclamò Gerard. L'alcol che aveva in corpo lo faceva arrabbiare facilmente, lo sapeva bene, ma non sopportava che il suo ragazzo si permettesse di parlargli così. Aveva vent'anni, cazzo, sapeva come gestire la sua vita, e Frank non poteva dirgli cosa fare.
Frank tacque e sentì le lacrime riempirgli gli occhi. Non sopportava lo sguardo duro del moro quando litigavano, si sentiva trafiggere ogni volta che dalla bocca dell'altro uscivano parole di sfida e voleva solo che non dovesse essere lì a parlargli in quel modo.
- Gerard, per piacere.. - sussurrò, interrompendosi a metà frase.
- Per piacere cosa, Frank?! Per piacere soffri come un cane e abbandona l'unica cosa che ti fa star davvero bene? Perpiacere dimentica l'alcol e passa il resto dei tuoi giorni annoiato, sofferente e incazzato? Per piacere un cazzo, Frankie! -
Il ragazzo rimase in silenzio.
- E rispondimi qualche volta, porca miseria! Mi sembra di parlare con un muro, cazzo, non col mio fidanzato! - si arrabbiò l'altro, sbattendo il pugno sul muro. - Vaffanculo Frank, sei tu il motivo per cui bevo! - sibilò, dandogli una spinta e sbattendosi la porta alle spalle.
Il chitarrista rimase lì, immobile, per quelle che a lui sembrarono ore. Le lacrime scorrevano copiose lungo il suo bel volto, e i tremiti scuotevano il suo corpo magro. Si portò le mani al viso e si spostò i capelli dalla faccia, singhiozzando. Litigava spesso con Gerard, ma ci stava sempre malissimo e se ne pentiva ogni volta. Si alzò in piedi, tremante, e si avviò verso la cucina.
“Quel che ha detto Gerard non è vero. Non lo pensa realmente” si disse, distendendo i nervi.
“Era ubriaco fradicio, è ovvio che non ci stesse con la testa” aggiunse, cercando di auto-convincersi. Respirò a fondo un paio di volte, asciugandosi il viso dalle lacrime.
“Però, in fondo ha ragione, non faccio altro che stressarlo, ultimamente..” si rabbuiò. “Non gli do abbastanza supporto, sono sempre lì a infastidirlo e a chiedergli di smetterla di bere. Cazzo, faccio schifo. Pretendo sempre che lui si comporti bene, quando io in prima persona sono una spina nel fianco..” si disse, facendo una smorfia e sentendosi un terribile ipocrita. Imprecò e si lasciò scivolare a terra, socchiudendo gli occhi. Si raggomitolò su se stesso come un riccio e decise che, appena fosse tornato a casa, avrebbe chiesto scusa a Gerard per tutte le volte in cui si era comportato da stronzo con lui. Sorrise all'idea e si acquattò nel buio, aspettando il ritorno del moro.

Gerard's POV:
Forse sono stato troppo duro con Frank, ma, cazzo, che cosa pretende? Sa che bere è l'unica cosa che mi fa davvero dimenticare i problemi, che mi fa tirare avanti, perché deve togliermi anche questo? Per lui ho lasciato stare le droghe - e, cazzo, che sofferenza è stato smettere. Avrò dato di matto almeno quaranta volte in una sola mattinata, è stata una delle esperienze più dure della mia vita, e lui lo sa, lo sa eccome. Dio solo conosce tutti i sacrifici che ho fatto per lui, ma perché, perché lui non riesce a capirlo? 
E' per il tuo bene, Gerard”. Per il mio bene stocazzo! Quello che ci soffre sono io, non lui. E chi se ne frega del mio fegato, sono ricco, me ne farò trapiantare uno nuovo. Come se bastasse questo a fermarmi! Dio, certe volte vorrei solo bere fino a sparire. Fanculo lui, la band, la mia vita, tutti. Già, non mi farebbe mica schifo come cosa, morire e ricominciare tutto da capo, magari senza diventare il figlio che nessuna madre vorrebbe. Sarebbe bello, sì, ma non fa per me. Che gusto c'è a vivere come Frank? Cos'è la salute in confronto al divertimento e alla spensieratezza? Molto meglio essere malato e felice che sano e grigio, dico bene? E anche se sbaglio, chissene frega, è la mia vita e voglio sbagliare come mi pare, non come vuole lui. Stasera non torno a casa. Che venga pure a cercarmi, passerò la notte a bere e non c'è niente che possa fare per fermarmi.


Alle sei e mezza Frank aprì gli occhi. Sbatté le palpebre velocemente, cercando di mettere a fuoco il luogo che lo circondava, e si portò una mano al volto. Si era addormentato nell'angolo, gli occhi ancora gonfi di pianto e i capelli scompigliati. In casa aleggiava l'odore di Gerard, e il ragazzo sentì correre un brivido lungo la schiena nel realizzare che proveniva dalla sua felpa. Era uscito a maniche corte. Alle tre del mattino. Scattò in piedi, sebbene la schiena gli facesse un male cane, e agguantò l'indumento. Si lavò la faccia, indossò una maglietta pulita e corse fuori, dopo aver controllato che il moro non fosse in casa. Anche se il ragazzo non voleva vederlo, si sentiva tremendamente in ansia, come se potesse essere successo qualcosa, e non riusciva a togliersi dalla mente l'immagine del fidanzato con la bottiglia alla mano. Mise in moto la macchina e guidò fino in città, guardandosi attorno di continuo, in caso Gerard si fosse fermato prima di arrivare a casa.
Andiamo, Frank, probabilmente ti stai immaginando tutto e non è successo niente,” si disse.Sai quante volte l'hai fatto, ormai”. Si tranquillizzò un po' e parcheggiò la vettura davanti al bar che Gerard era solito frequentare, sperando fosse lì. Scese dall'auto in silenzio e bussò due volte sulla porta, poi la socchiuse e lanciò un'occhiata dentro. Vista l'ora era particolarmente vuoto, così il ragazzo decise di entrare e cercare Gee per bene. Camminò fino al bagno e, non sentendo alcun rumore, aprì la porta. Il vetro dello specchio era opaco di vapore e ricoperto di goccioline, quindi qualcuno l'aveva usato recentemente. Frank s sentì più sollevato, suo malgrado, e chiamò il fidanzato a media voce. Non sentendo risposta, attese un altro po' e poi uscì, andandolo a cercare da qualche altra parte. I juke-box erano vuoti, e i suoi passi risuonavano sul pavimento sporco. Oltrepassò un mucchio di cocci rotti e raggiunse i divanetti, piegandosi leggermente in avanti per vedere se c'era qualcuno. Effettivamente qualcuno c'era, ma nessuno della comitiva di Gerard o che comunque potesse conoscerlo. Decise di lasciarlo dormire in pace e si diresse verso l'uscita, ormai stufo dell'odore acre della birra mischiato a quello forte del vino. Arricciò il naso e si chiuse la porta alle spalle, sentendosi subito più rilassato. C'era qualcosa in quel posto che gli metteva ansia, fin da quando aveva cominciato a vedere il moro come più di un amico. Certo, ne era passato di tempo dall'ultima volta che aveva messo piede lì dentro, ma non ne aveva mai davvero sentito la mancanza e avrebbe preferito tenersene alla larga ancora per un po'.
Bene, Frankie, dove si va ora?” si chiese. Spremiti il cervello, prima lo trovi e meglio è”. Rimase fermo a rimuginare qualche minuto, poi girò a destra e inforcò la prima strada che trovò, infilandosi poi in un vicolo buio e stretto. Da quelle parti c'era una taverna, ne era sicuro, e i prezzi non erano poi così alti. Era solito andarci con la sua prima cotta, quando era ancora al liceo, e ci aveva romanticamente portato anche Gerard, sebbene con lui fosse stato un pasto meno.. usuale. Sorrise tra se e se e scosse la testa, nel ripensarci. Era stato tanto tempo prima, quando il moro era ancora imbarazzato dal farsi vedere in pubblico con lui in vesti di fidanzati, quando ancora temeva l'opinione degli altri e quello che avrebbero potuto pensare. A lui non era mai davvero importato, anzi, avrebbe voluto che tutti sapessero che Frank Iero, la femminuccia sfigata senza amici, era riuscito a far innamorare di lui Gerard Way, il grande frontman dei My Chemical Romance. Era una grande conquista per lui, soprattutto perché i suoi sentimenti per il moro aumentavano giorno dopo giorno, e giorno dopo giorno si ritrovava a pensare a cosa avrebbe fatto senza di lui. Ogni volta era costretto a constatare che, in effetti, dipendeva completamente dalle sue labbra e dai suoi sorrisi allegri, dai suoi capelli scompigliati e dai suoi occhi marroni. Dipendeva da lui e da quello che era, non c'erano dubbi. Per questo trovava difficile accettare il fatto che bevesse, che spendesse più tempo con le bottiglie che con lui. Si stava uccidendo lentamente e sembrava non rendersene conto, e questo uccideva Frank dall'interno, anche se più che insistere non poteva fare molto. Rispettava il volere dell'altro e non si azzardava neanche a iscriverlo a un corso di riabilitazione, sarebbe dovuto essere un qualcosa che voleva lui stesso, non che gli veniva imposto dall'esterno, per quanto fosse doloroso vederlo fare così.
Scosse la testa per scacciare la malinconia e accellerò il passo. Si fermò davanti alla porta, indeciso sull'aprirla o meno, così abbassò lo sguardo. Una foto di Gerard, seguita dalla frase, "non accetto in questo locale'', torreggiava in mezzo agli adesivi e alle locandine. Rise sotto i baffi, domandandosi se ancora si ricordavano con precisione quello che aveva combinato, e decise di cercare da un'altra parte. D'altronde la città non era una metropoli, anzi, ci avrebbe messo qualche ora al massimo, per trovarlo. Scivolò fuori dal vicolo e si ritrovò in una piazzetta grigia con una fontana in mezzo. Si avvicinò e prese un po' d'acqua tra le mani, schizzandosela in faccia per svegliarsi. Rabbrividì e si asciugò il viso con la manica della giacca, interrompendo un principio di sbadiglio. Si guardò attorno e si diresse verso il parco con passo incerto, chiedendosi se il ragazzo andrebbe mai in mezzo alla natura. Si addentrò un po' per le stradine alberate, senza allontanarsi troppo dall'uscita, e respirò a fondo. Un attimo prima di girare i tacchi e tornare a cercarlo nei pub, si voltò e lo vide.
- Gerard! - esclamò sgranando gli occhi. Gli corse incontro, preoccupato, e s'inginocchiò verso di lui.
- Ehy, ciao, stai bene? - sussurrò, stringendolo fra le braccia. - Scusa per ieri sera, non volevo farti arrabbiare. Sono un coglione, scusa -
Alzò lo sguardo verso il suo viso, ritraendo il volto e rilasciandolo dall'abbraccio. Okay che era arrabbiato, ma rispondere non gli costava niente.
- Gerard? - mormorò, dandogli un buffetto sulla spalla. - Ehy, mi senti? -
Scosse il ragazzo, prima delicatamente poi con più forza, ma quello continuò a non aprire gli occhi.
- Gerard, mi stai facendo preoccupare - cominciò. - Se è uno scherzo, ti giuro che non mi sto divertendo affatto -
Aspettò qualche secondo, l'ansia che aumentava coi battiti del suo cuore, poi cominciò a tremare. Cercò il cellulare in tasca e lo tirò fuori, digitando il numero delle emergenze con gesti impacciati e meccanici. Si portò l'apparecchio al viso e farfugliò la sua posizione a qualcuno, pregandolo di far presto. Mise il telefono accanto alle sue ginocchia e strinse il fidanzato a se, inondando il suo petto di lacrime e sentendosi aprire una voragine sotto ai piedi.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Coma etilico.
Fino a pochi giorni prima quella parola non significava niente per lui, neanche si ricordava della sua esistenza, e ora aveva segnato il suo destino per sempre.
Si sporse in avanti, accarezzando la mano di Gerard con tocco leggero. I dottori erano positivi, si sarebbe ripreso presto, ma al ragazzo bruciava che i motivi per cui il suo fidanzato si trovava in una stanza d'ospedale erano la sua gelosia e la sua apprensività. Non riusciva a non incolparsi di tutto, a credere che fossero solo i cattivi vizi di Gee, la sua ossessione per lo spingersi sempre oltre e la sua spensieratezza eccessiva ad aver fatto sì che il ragazzo sprofondasse in coma. Aveva bisogno di qualcuno da incolpare, e chi più si adattava a quel ruolo se non lui stesso?
- Hey, Gee, come va? Ti senti meglio? - sussurrò. Prese la sua mano tra le sue e la baciò dolcemente, accarezzandola.
- I dottori dicono che ti stai riprendendo velocemente, che sei forte. Spero davvero che non mentano, mi manca averti fra i piedi - scherzò.
- Sai.. - s'interruppe per un attimo, respirando a fondo e radunando le parole con aria affranta.
- Ora che non ci sei mi sto rendendo conto di tutti i miei errori, delle stronzate che ho fatto. Avevi ragione tu, non sono io che devo decidere per te, ma devi essere in grado di fare le tue scelte senza che ti stia costantemente col fiato sul collo. Scusa, mi dispiace. Però devi ammettere che non avevo tutti i torti, quando ti dicevo che stavi esagerando con l'alcool - disse, poi abbozzò un sorriso. L'ansia aveva ancora il controllo su di lui, ma voleva assolutamente alleviare la tensione che aleggiava dentro quella stanza. Lo faceva sentire oppresso, come se ci fosse qualcosa a impedirgli di respirare, e quel qualcosa probabilmente era la vista di Gerard. Era sdraiato sul letto, incosciente, ma non era attaccato al respiratore, e questo, avevano detto i medici, era un buon segno.
- Sai, honey, dicono che il tuo cervello non sia rimasto danneggiato. E' per questo che puoi ancora respirare da te, e probabilmente nel giro di poco tempo riuscirai anche a parlare di nuovo, senza contare che ora le tue canzoni avranno qualcosa di nuovo da raccontare - sorrise.
- E poi, dai, poteva andarci peggio. Potevi ingurgitare qualche litro in più e rimanere così per sempre. In quel caso, non so davvero cos'avrei fatto - ammise.
- Ti amo, Gerard. Scusa se non te lo dimostro abbastanza - mormorò. Rimase in silenzio, le parole che echeggiavano e lottavano nella sua mente. Lo amava, già, ma tutto quello che faceva era opprimerlo e riempirlo di divieti, solo che non se n'era mai reso conto. Si prese la parte alta del naso tra le dita e sospirò a fondo, ricacciando indietro le lacrime. Sì, era decisamente colpa sua. Aveva ragione Gerard, era lui il motivo per cui lui beveva. Era una merda.
Si alzò silenziosamente in piedi e si appoggiò allo stipite della porta, voltandosi per guardare meglio quella squallida stanza d'ospedale.
- Sarebbe successo se non ci fossi stato io? - chiese al nulla, in un sussurro appena udibile. Guardò ancora il ragazzo, riverso sul letto senza alcuna espressione sul volto. Sembrava un sonno qualunque, normale; e invece era una prigione orribile in cui lui stesso lo aveva rinchiuso, dopo anni di tentativi impercettibili e mai notati. Era difficile pensare che non fosse colpa sua, qualunque cosa in quella stanza lo accusava e scherniva la sua preoccupazione.
''E' colpa tua,'' dicevano gli oggetti. ''Sei stato tu a fargli questo. Se non ci fossi stato sarebbe stato meglio per tutti, soprattutto per Gerard!''
Frank si circondò lo stomaco con le braccia, trattenendo un conato di vomito.
Era vero, era tutto vero.
La causa di tutto era lui e solo lui.
Le sue allucinazioni avevano ragione.
Annaspò per garantire un po' d'aria ai suoi polmoni doloranti, ma la sua bocca era impastata dal senso di colpa e dalle troppe lacrime, e non riusciva a respirare bene. Si lasciò scivolare sul pavimento e si abbracciò le gambe, affondando il viso nelle ginocchia tremanti.
Era come se la notizia l'avesse appena colpito, come se avesse appena realizzato che il suo fidanzato era in coma e che non stava semplicemente dormendo. Eppure lo sapeva, l'aveva sempre saputo -- Gerard era in coma dalle cinque di mattina, e così sarebbe rimasto per tanti, tanti giorni.
Non sapeva spiegarsi neanche lui il perché, ma gli era caduto improvvisamente il mondo addosso, e il colpo l'aveva preso dritto in mezzo agli occhi.
Si raggomitolò su se stesso, piangente, e rimase immobile, a mordersi le labbra e tranquillizzare il respiro.
E se Gerard non si fosse più svegliato?
E se ci avesse messo più di due settimane ad aprire gli occhi?
Cos'avrebbe fatto lui, cos'avrebbe raccontato alla band?
L'avrebbero accusato tutti di sicuro, gli avrebbero detto che non sapeva prendersi cura neanche del suo ragazzo e gli avrebbero voltato le spalle con disprezzo.
Sarebbero stati disgustati da lui, non avrebbero nemmeno ascoltato le sue ragioni e l'avrebbero rimosso dalle loro vite senza troppa fatica.
Si strinse le ginocchia, strizzando gli occhi fino a farsi male.
Non era colpa sua, lui amava Gerard con tutto se stesso. Era la sua ragione di vita, tutto ciò che faceva lo faceva per lui, solo per lui.
Si portò le mani alla testa e la scosse, cercando di cacciare tutta la tristezza che la velava.
Le parole cominciarono a prendere forma dentro la sua mente, a roteare e urlargli contro frasi di odio e delusione.
- Non è colpa mia, io.. io non volevo, volevo solo che stesse bene - singhiozzò. - Andatevene, andatevene via tutti! Io non volevo, non volevo -.
Scattò in piedi, la testa che gli girava e la nausea che gli bruciava nel petto, e corse in corridoio, piangendo, sotto lo sguardo incurante degli altri pazienti.
Perché proprio lui? Voleva solo il meglio per il suo ragazzo, perché doveva sentirsi così?
Continuò a correre, gli occhi appannati e brucianti.
Va bene, non era il fidanzato perfetto ed era colpa sua se Gerard era all'ospedale, ma si sentiva già abbastanza in colpa senza il suo stupido subconscio.
Strinse i pugni, inforcando il corridoio di destra e strizzando le palpebre fino a non vedere più niente.
- Ehy, attento, è pericoloso! - sentì qualcuno urlargli contro.
"....Eh?"
Frank riaprì gli occhi di scatto, giusto in tempo per vedere le rampe di scale davanti a lui.
Fu questione di secondi.
Cercò di fermarsi, ma l'unico risultato fu inciampare rovinosamente sui suoi stessi piedi, cadendo in avanti. Si portò le mani davanti al volto per proteggersi e chiuse gli occhi, poi il dolore e poi più niente.


Gerard si svegliò di soprassalto con un urlo, la fronte imperlata di sudore. Si voltò verso destra, ansimando, e cercò di intravedere la figura magra del suo ragazzo nella luce fioca del mattino. Chiuse e riaprì gli occhi, spostando la mano per sentire se c'era davvero. Con un sospiro di sollievo, sentì le dita di Frank chiudersi attorno alle sue, prima che il fidanzato gliene baciasse il dorso.
- Hai fatto un brutto sogno, Gee? - gli domandò con voce impastata dal sonno. Il moro annuì, abbracciandolo.
- Già. Tu eri me e... Domani vado a disintossicarmi - disse. Frank gli baciò il mento, respirando silenziosamente.
- Sei sicuro? - mormorò, appoggiando la testa contro il petto dell'altro. - Non voglio farti sentire in obbligo. -
- Sono sicuro. Ti amo - ripeté, accarezzando il viso del più piccolo.
- Ti amo anch'io - farfugliò quello, sbadigliando. Gee sorrise e gli scompigliò i capelli, poi gli baciò la fronte e aspettò che si addormentasse tra le sue braccia. A quel punto si alzò, si avvicinò alla finestra e guardò fuori, circondandosi la vita con le braccia. Se non fosse stato per quel sogno.. Si voltò verso il letto e sorrise col cuore. Caro piccolo Frankie, si era sempre preoccupato per lui, anche se non se lo meritava.
- Da domani ti renderò fiero di me, Frank - sorrise. - Stanne certo -.

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