Recensioni di Francine

Queste sono le ultime cinque recensioni che l'utente ha lasciato nella sezione nell'ambito del programma recensioni.


Recensione alla storia Silent Night - 10/01/18, ore 09:20
Capitolo 1: Silent Night
Questa storia è dolcissima, è come ritrovare una vecchia fotografia in un libro, o una cartolina illustrata di quelle che si spediscono a Natale per gli auguri di stagione.
La povera Kate ha bisogno di una bella dormita - e magari di un paio di aspirine - eppure riesce a portare un po' di luce. Senza far niente. La luce è un po' il leit-motiv della stagione invernale, quando le giornate sono più buie e fa notte alle quattro del pomeriggio, ma la luce è anche - è soprattutto - speranza. Quella speranza che spesso ci dimentichiamo di avere, e che se ne sta lì, zitta zitta, a sonnecchiare sul fondo delle nostre tasche.
Recensione alla storia Slow Down - 03/01/18, ore 16:28
Capitolo 1: Slow Down
«Io lo farei, a costo della mia, riporterei indietro mia madre.»

Un brivido ghiacciato è corso lungo la mia schiena.
Un lungo, lunghissimo, brivido freddo.
Perché sì, è vero, è verissimo; talmente vero da aspettarselo, quasi. Sì, Barry tornerebbe indietro per slavare sua madre - e un Barry l'ha fatto, ocn le conseguenze che tutti sappiamo - ma, leggendo la tua storia, mi sono chiesta quanti avrebbero fatto altrettanto.
Bruce non avrebbe voluto riportare indietro Thomas e Martha?
E se lo chiedessimo a Diana, lei non tentennerebbe all'ipotesi - alla possibilità - di riportare indietro Steve?
E Clark, alla fine, non è stato riportato indietro?
Sì, okay, c'era la minaccia di Steppenwolf e bla bla bla...
Ma se c'è una cosa che questi personaggi - di sicuro poco aderenti alle loro parti fumettistiche, almeno Barry - hanno, è un'umanità di fondo che ti rende impossibile non amarli. Non capirli.
Non accettarli.
Barry che picchietta colle dita sul vetro della finestra è così IC da farti annuire ripetutamente, a rischio che ti si stacchi la testa dal collo. Sì, sì, sì. E sì anche a Victor che se lo guarda perplesso, come a chiedersi che caspita voglia, da lui, quel fruscello un po' squinternato.
Mi piace come funzionano assieme questi due opposti: uno vuol restarsene da solo, a reinventarsi la vita, a rimettere assieme i cocci e a capire quale strada dovrà percorrere, da ora in avanti. Perché sì, ha ragione Victor: il Victor Stone di prima è morto, morto e sepolto; quella che ha ricevuto in dono è un'altra vita, dove poter essere qualcos'altro. Qualcun altro.
L'altro, Barry, è come un cucciolo bisognoso d'affetto, di avere accanto degli amici, una famiglia, qualcuno.
È perfettamente plausibile che si attraggano l'uno con l'altro; tu sei brava a renderlo tale, a farci credere che ci sia una possibilità, a farmi fare il tifo per Barry, a farci spiare dalla finestra la serata pizza&tv di questi due ragazzi, possibilmente al calduccio e possibilmente senza pizza con le patatine fritte.

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Recensione alla storia Metamorphōsis - 21/12/17, ore 15:43
Capitolo 1: Metamorphōsis
Ero passata per commentare tutt'altro, ma il titolo di questa storia mi ha attratto come fa la luce con la falena. la differenza è che non mi sono bruciata, ma qualcosa è rimasto dentro di me, a luccicare come il sederotto di una lucciola.
C'è molta maternità nella tua Diana, maternità intesa come cura delle persone, degli altri, dei suoi amici barra colleghi barra quello che ti pare. "Da una donna, uno se l'aspetta"; questo potrebbe essere il commento banale di un lettore banale; ma in Diana - nella tua e in quella della DC, che qui coincidono alla perfezione - non è solo la cura dei più deboli. È la cura dei propri sodali. Diana è un'amazzone, ma non lo è solo perché qualcuno le ha piazzato un adesivo con su scritto in fronte quale sia il proprio ruolo. Diana è un'amazzone perché sei tu che lo fai emergere attraverso il suo modo di rapportarsi al mondo che la circonda. Se nella storia con Arthur porti in rilievo la loro comune diversità, l'essere stranieri in terra straniera, qui Diana agisce cercando una solidarietà con Victor, riallacciando con lui un discorso che ha portato il giovane Stone ad unirsi agli altri, trattandolo come una persona normale. Sotto la scorza - sotto la bio-armatura - c'è un ragazzo normale, un adolescente, che è proprio quella fase della vita umana in cui si è crisalidi. Non più bruchi, ma non ancora farfalle.

«Non lo chiamerei esattamente un buon giorno; oggi è di riposo, dovresti passare la giornata con tuo padre.»
Credo che qui la battuta dovrebbe essere oggi sei di riposo, dpvresti passare la giornata con tuo padre; se, invece, intendi dire che si tratta di un giorno di riposo per tutti quanti, scrivere oggi siamo di riposo è più scorrevole.
Recensione alla storia Fish don't cry - 20/12/17, ore 15:19
Capitolo 1: Fish don't cry
Duuuuunque.
Aquaman è un supereroe che, secondo me, ha - avrebbe - un grosso potenziale, ma è mal sfruttato; o, almeno, non ha mai suscitato nella sottoscritta alcun interesse. Gli ho sempre preferito Namor, ma questa è un'altra faccenda che non è il caso di analizzare qui.

Aquaman, dicevamo. Arthur Curry. L'hai definito un bastardo, ed è quello che è: un sanguemisto, un essere metà uomo e metà atlantideo che non è né carne, né pesce - e mi si scusi il gioco di parole degno delle peggiori freddure in circolazione. Ma così è. In Justice League il fatto è appena accennato nello scambio tra lui e Mera, e fa piacere vederlo sviluppato qui. Fa piacere vedere come la tua prosa dipinga un uomo che appartiene a più mondi: è un uomo semplice, Arthur. Un uomo che capisce e accetta e decide di fare qualcosa. Perché lui può. In questa storia Atlantide è un'eredità ingombrante con cui dover fare i conti; un luogo a cui Arthur deve tornare, per tutta una serie di ragioni, prima tra tutte la responsabilità che ha nei confronti del suo popolo. Ma emerge, dalle tue parole, il fatto che ad Arthur piace vivere sulla terraferma; vicino al mare, ché quando uno ha il mare nel cuore si sente soffocare lontano da esso. Però, sotto sotto, Arthur non si sente più parte di questo mondo emerso. E sì, l'unica che poteva dirgli che qui ci sarà sempre un posto per lui è proprio Diana, è solo Diana. Perché lei è come lui; vive in questo mondo, ma il suo elemento è quella Themyscira da cui è stata esiliata. Sono due esuli, se vogliamo, che si ritrovano per necessità e che decidono di esserci, l'uno per l'altro, per scelta.
Diana è una costruttrice di ponti; qualcuno che getta una fune all'altro - al diverso, allo straniero, allo socnosciuto - per intessere un legame fatto di reciproco ascolto e comprensione. Diana è un'ambasciatrice che non unisce gli altri per ragioni politiche, ma è lei quella che tiene unito il gruppo.
La caratterizzazione sia di Arthur che di Diana ti è riuscita benissimo: lei, comprensiva, ma non materna - o almeno, materna ma non chioccia; lui sbruffone e spavaldo (ho adorato la battuta finale! Mi è sembrato quasi di vedere il viso di Jason Momoa con un accenno di sorrisetto sfrontato), ma con la necessità di sapere che c'è un posticino per lui, sulle terre emerse, un altro posto oltre ai villaggi dei pescatori norvegesi dove sbronzarsi a colpi di whisky; un posto che magari non chiamerà casa, ma che assomiglierà ad un porto sicuro nella tempesta, questo sì.