Recensioni di Megara X

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Recensione alla storia Double Mirror - 29/09/15, ore 12:51
Capitolo 2: Sit down or I send everything to hell
…Perché a noi l’ordine cronologico di recensione fa un baffo e l’importante è fingere di riuscire a piazzare una sillaba dopo l’altra in maniera convincente. Giusto? Giusto!
Cominciamo col dire che questa fic ha la capacità di rappresentare Harry come il solito, amabile, coccolosissimo peluchetto a bordo letto che per hobby detiene più o meno il 500% in più del potere di Napoleone, Cesare e Obama messi insieme. E la cosa sta cominciando a farmi rizzare i peli della nuca ogni volta che mi ricordi che potrebbe schiacciarci tutti nel palmo della sua mano come uvetta passa (non l’hai scritto, ma i feelings sono quelli). Per questo sono arrivata alla conclusione che Harry è il figlio adottivo Iron Man. E se mai qualcuno avesse abbastanza vita da sprecare per scrivere un Crossover del genere, I’m ready to read and freak out.
L’altra cosa (voluta o meno che sia…e conoscendoti vado per la seconda) è che Harry è, uhm, direi diagnosticabile con un disturbo ossessivo-compulsivo di chicezza (=sostantivo estratto dall’aggettivo ‘chic’ ed erede del verbo ‘chiccare’, o ‘chiccazzare’ in gergo). Tradotto nel mio vocabolario: non è uno di quei tipi eleganti che c’hanno le vene delle braccia scritte con le Mont Blanc, quelli che anche quando sono nudi come mamma li ha fatti lo SAI che non potrebbero fare che scivolare su poltrone in pelle facendo mantecare fra le dita bicchieri di vino pregiato, no no, la sua eleganza lui se la compra come status, come moneta di scambio, gli piace averla ma non necessariamente “esserla” (esserla?). In altre parole, non me lo vedo girare per l’Ikea cercando quel cuscino personalizzato con cui i suoi glutei si sentirebbero come la formica nella pubblicità della Carta Camomilla, me lo vedo di più scorrere distrattamente l’Amazon dei plurimilionari, mettere in ordine decrescente di costo e ordinare il più scomodo, ridicolo, non-lavabile-a-meno-che-non-vuoi-creare-una-nuova-specie-umana e concettualmente insensato pezzo di artigianato per il solo scopo di impressionare chi capiterà per sbaglio nel suo loft. E’ come una chiesa barocca con la cravatta: esageratamente…tutto. Conclusione number 2: Harry doveva nascere gelataio e probabilmente si sarebbe goduto di più la vita.
Ho detto nel capitolo 3 che adoro i tuo flashbacks e in questo ritorno sull’affermazione, aggiornandola con: adoro i tuoi flashbacks anche quando sono inseriti a tradimento con due righette nostalgiche lì buttate per farti rimpiangere di non aver condiviso con Peter e Harry l’atmosfera da pubblicità del Boundì quando ancora non volevano perforarsi gli occhi con i fermacravatta.
Una cosa che non ho detto nell’altro capitolo e che non è una critica ma una strana forma di sorpresa è che tu li hai fatti parlare MOLTO di più di quanto mi sarei immaginata. Il che mi porta alla terza conclusione di questo poema psicotico: il tuo problema, my dear, non è/era che non riesci a far sì che uno dei due ceda…il problema sei TU che non riesci a trattenerti davanti alla possibilità di una risposta sarcastica. Tu sei la bitch del sarcasmo. In senso volutamente sadomaso, ma solo perché sono sicura che le cose sarebbero state moooolto più facili se quei due si fossero rinchiusi per tre decadi in religioso silenzio e avessero aperto bocca solo per affrontare l’elefante nella stanza. As always: you. Make. Your. Life. Twice. As. Complicated. But we love you for that (we lettori, non i personaggi, quelli si stanno organizzando autonomamente per il tuo assassinio mentre tu sorseggi latte di soia e spasimi per qualsiasi ciuffo biondo che ti ricordi uno dei più grandi crimini commessi dall’umanità).
Mi piace perché se con SR vai sul “suspense-emozionale”, qui ci aggiungi il “suspense-da-thriller”, quello da puntata di House of Cards, per capirci (e ci capiamo solo se NON hai guardato House of Cards, visto che lo cito a reputazione), con spiegazioni che non sono spiegazioni, complimenti che sono insulti e insulti che sono complimenti, e qualche buon terzo incomodo che o acquieta le acque o… beh, muore. O tutte e due, ovvio. Le scene dei tete a tete Peter-Harry sono un chiaro esempio di tutto ciò, anche se Felicia in tutta onestà sta facendo un pessimo lavoro ad acquietare le acque. Ma imparerà. Diamole fiducia.
Una cosa, e mi piacerebbe confrontarmi con altri tuoi folli lettori per vedere se sono solo io: benché io detesti a morte le descrizioni dei luoghi, mi piacerebbe mi lanciassi qualche indicazione in più per orientarmi su dove diavolo mi trovo. Senza offesa ma sei una descrittrice ipocrita: descrivi solo quando vuoi simbolizzare l’ambientazione. Se dessero a te le piantine degli edifici tu butteresti nel cestino il pallino rosso e scriveresti a caratteri cubitali qualcosa come “you are where you feel you are”. E io romperei il vetro, afferrerei l’accetta e ti rincorrerei per tutto l’edificio urlando “You’re gonna feel where I am, you ass***!”. Che come strategia non è male, perché a quel punto avrei almeno una vaga idea di dove mi trovo. Finché non cerco di uscire dalla finestra e scopro di essere in cantina. Fermami, non ho idea di cosa sto scrivendo.
Finisco solo col dire che l’introduzione di Max è spettacolare e se mai facessero un film di questa fic (perché a quanto pare sì, abbiamo speranza di sfondare ad Hollywood con personaggi non nostri ma che abbiamo creativamente fagocitato, anche se saremmo tacciate come discendenti di After e la cosa mi fa accapponare i calli dei piedi) questa scena sarà ufficialmente EPICA. E solo grazie a te e a Jamie. My beautiful, beautiful Jamie.
Aspetto il quarto <- sì, è una minaccia.
P.S. Se qualcuno avesse dubbi su quanta televisione guardo, basta considerare quante scene di vita quotidiana traduco mentalmente in spot pubblicitari. Save me from myself.
P.P.S. Se non si fosse capito, I FUCKING LOVE THIS CHAPTER.
Recensione alla storia Double Mirror - 27/09/15, ore 22:06
Capitolo 3: Close enough to fall
Niente umorismo, niente vaneggiamenti random, stringiamoci il nodo della cravatta, allacciamoci i polsini, chiediamo a Dane se ci può prestare uno dei suoi completi che neanche gli umpalumpa di Willy azzarderebbero ad indossare, e prendiamo le cose sul serio: tu stai costruendo un magnifico ensemble di personaggi. Te ne rendi conto. Ma te ne rendi conto sul serio. Dal. Primo. All’. Ultimo. E anche se per ora l’attenzione è su quei narcisisti in aliante e costumino e Max e Felicia sguazzano ancora nella loro caratterizzazione unipolare (?), li sentiamo. Li sentiamo, li amiamo, ce li coccoliamo anche un po’. E non vediamo l’ora di vederli sbocciare. My dears.
Altra cosa importante: stai continuando a lavorare in modo così costante e dannatamente preciso (no, andiamo con chirurgico) per far emergere la tematica degli alter ego, che non posso pensare che una testolina così irrimediabilmente incasinata come la tua riesca a portare avanti un lavoro così focalizzato. Lo sai, io amo i viaggi concentrici attorno a poli tematici, e tu mi stai proponendo esattamente il mio pacchetto vacanza preferito. Se fosse un libro a quest’ora sarai già schizzata alla fine per scolarmi (sounds bad) le ultime tre o quattro pagine perché, miseriaccia, io voglio vedere e non vedo l’ora di vedere e sto aspettando scalpitando crepitando per vedere dove diavolo questo tema ci farà finire. Tra l’altro, il flash-back con il tema della maschera vs sotto maschera è maledettamente toccante. Sì: toccante. Parzialmente anche perché so cosa prova il piccolo Peter davanti a quegli occhietti magico-magnetici di Harry. E io prioritizzo il concentrarmi quindi, mister mentos-in-versione-oculare, shu shu.
Mi piace come sai mantenerti perennemente in equilibrio fra drama e comedy, con momenti esilaranti che rinfrescano segmenti emotivamente intensi, blocchi d’azione che fanno scalare il ritmo, dialoghi che alternativamente saltano sul filosofico, il buffo, l’angst e chi più ne ha più ne metta. Per ora i tuoi capitoli sono un complesso e sorprendentemente coerente puzzle delle più disparate emozioni (che non posso dire quanto apprezzi, visto il mio span medio di attenzione che si alterna fra quello di un piccione e di un pesce rosso).
Vorrei far poi notare che questo capitolo è essenzialmente malinconico. Ma non di quella malinconia generica e senza cosiddetti, di quella che erode, che sega in due, che non risparmia noi ignari lettori dall’altra parte del, beh, monitor che ci riceviamo una freccia al cuoricino tutte le sante volte in cui Harry paragona il passato al presente. Perché forse non lo sai (certo che lo sai, lo sai benissimo, sei lo Jack lo Squartatore dei feeling) ma noi qui (*sventola manina*) adoriamo Harry e Peter amici per la pelle in stile puntata di Heidi e tu ci stai torturando facendoci gustare per 5 minuti quella relazione per poi ghigliottinarci di netto con un ritorno al presente. Immagina uno che non ha dormito da 72 ore e tu che aspetti che il suo sedere scenda scenda avvicinandosi alla sedia per poi urlare ‘nananan, in piedi! Il rapporto che c’era non c’è più, niente break, sul sedere, asciuga la lacrimuccia, smetti di scorrazzare sui prati insieme alle caprette’. Ecco. Immagina questa scena e, ovviamente, SENTITI IN COLPA.
Okay, best moment: GOBLIN CHE SHUT THE FUCK UP. Goblin sconfitto “da due occhi marroni”. Oh, I’m so enjoying this, you little green prick.
Commento random: HARRY SEI PROMOSSO COME MEDIATORE. Ora ti mandiamo a liberare ostaggi, hai uno splendente futuro davanti a te. Anche come ausiliario del traffico, visto il tuo livello di pazienza autostradale.
Personaggio migliore: LA SIGNORA COL GATTO *-* Voglio un capitolo solo su di lei, ho deciso.
Recensione alla storia Double Mirror - 26/08/15, ore 11:38
Capitolo 1: Time will tell
Mettiamo subito in chiaro una cosa.
Io NON ti sostengo.
Ne’ ti sopporto.
Ne’ appoggio qualsiasi delle perturbazioni psichiche che in mano a un bravo psichiatra ti avrebbero già fatto diagnosticare di almeno cinque o sei disturbi differenti, tutti incurabili e almeno due o tre fatali per il genere umano.
Nonono.
No, io mi ti si (what?) appiccico come colla per raccattare l’opportunità di difendere a spada tratta la fauna di characters che TU e la tua maledetta ultra-selettività-elitista pensa di poter utilizzare come cagnolini al guinzaglio e/o sostituire al tappetino davanti a casa. Io sono la CAOP, Corporazione Anti Ormoni di Pachy-pachiderma. E anche se non c’ho un costumino attillato o la versione high-tech della nuvoletta di Dragon Ball e la mia migliore trasformazione è quella che esibisco tutti i giorni da quando mi disidrato durante la notte e passo le 24h dopo a riciucciare acqua come uno Spongebob con forti tendenze alcoliste, io sono il primario avvocato difensore di tuuuuutti quei personaggi che il tuo buttafuori mentale ha scaraventato fuori dal club/harem a calci nel sedere. Ecco. E il titolo è tuo, perché dopo essere stata bombardata non-stop dai tuoi guizzi d’ispirazione con 4 pagine di mini-frasi che fra un po’ aprivo una fabbrica indipendente di baci Perugina e li ficcavo tutti dentro per diventare milionaria, chiunque avrebbe cominciato a sentirsi investito da un higher power e avrebbe iniziato a vomitare altre mini-frasi, fosse solo per vedere la tua riluttanza a fare scelte strapparsi i capelli uno ad uno. E dopo aver sprecato un paragrafo a chiarire la mia posizione legale in onore di Felicia e della miriade di scartoffie con cui si riempirà anche il cuscino (o il decolté?), passiamo alle cose importanti.
Now.
Innanzi tutto devo iniziare con l’ammettere qualcosa di disarmante. Intollerabile. Inammissibile. Qualcosa di cui non mi capacito né mi capaciterò da qui al resto dell’esistenza di questo triste piccolo pianeta in cui i supereroi esistono solo a New York perché nessun Spiderman vuole svegliarsi la mattina e trovarsi nel bel mezzo di Dubai a salvare capre (questo è razzismo). Qualcosa che capita troppo poco spesso perché io riesca ad abituarmi.
YOU.
WERE.
RIGHT.
Anzi, più che “you” sono “your characters”, visto che sono loro a capo della folle macchinina da corsa che è la tua mente, allora congratuliamoci coi characters perché la verità (inaccettabile verità) è che un inizio così, nel cuore dell’azione-relazione, con un climax alle spalle e più emozioni ereditate dal finale del film che quelle che uno può sopportare, con l’ansia di un piano di cui non si sa nulla e interrogativi che fioccano come pop-corn dentro la testa, è da togliere il fiato. La tensione fra i due è spettacolare, l’atmosfera carceraria (che fa battere forte forte il mio cuoricino) è brutale ed elegante nello stesso tempo. Poi usciamo fuori, e allora diamo il via libera alle vertigini (letteralmente e metaforicamente). E’ veramente un magnifico prologo/primo capitolo. E so di essere di parte, perché preferisco questi tipi di inizi alle partenze introspettive, ma la cosa buffa è che ora non vedo l’ora di tuffarmi nella mente di entrambi perché non capisco una beneamata minch** (sì, tolte due lettere la volgarità sparisce) di quello che scorrazza nella mente supereroica di entrambi, e non importa quante ore ho passato a scervellarmi sull’argomento: se questi due presi da soli hanno un loro senso, presi in coppia aprono nuove porte all’universo di enigmi spalancato da Lucien e Will. I need to know.
Next thing.
Ero preparata al gioco degli alter ego. Lo ero. Lo giuro. Non ero preparata a quanto vividamente l’hai presentata, delineando la problematica delle doppie personalità già dalle prime due righe, seccamente, crudelmente, implacabilmente, tagliando di netto l’uniforme dall’adolescente senza concederci un momento di “armonia fra uomo e maschera”. E questo è entusiasmante. Perché se tu hai il doppio dei personaggi da tenere al guinzaglio e ti ritroveremo fra qualche capitolo come una teen mom schizzata ma senza genitori dietro a cambiarle i pannolini, noi sentiamo il brivido di quei confronti fra sé e altro-sé, anticipando (ma aspettando che sia tu a portarle alla luce, you unlucky bastard) i duelli interni a Peter e Harry. This. Is. Going. To. Be. Awesome. Pentiti di saper fare i prologhi, perché ora ti sei imposta una barra di aspettative alta. Molto alta. Ed è naturalmente tutta colpa tua.
Next thing number 2.
Harry l’hai trattato da Harry. In altre parole, l’esercito di ormoni che divampa in te ha avuto il coraggio di lasciarlo Harryharry e non trasformarlo in Harry-let’s-go-to-bed-honey, che mi sembra un risultato da celebrare (no, non QUEL tipo di cerebrazione, riprenditi, anzi, rivestiti, su). Il nostro piccolo follettico aspirapolvere è provocatorio, gelido, acido, più che sarcastico (diciamo che è una motosega verbale), troppo abile a fingersi non sulle difensive, troppo sadico per avere un po’ di rispetto per le ferite altrui. Mi sono innamorata del commento-citazione finale alla prima parte (“Si dice signor Osborn, non siamo amici”) perché ho l’impressione gli restituisca un po’ di umanità, quell’umanità che durante il capitolo ha preferito nascondere sotto il tappeto (o meglio chiamare qualcuno che prenda in mano la scopa perché non me lo immagino neanche raccogliere le briciole di brioche dal tavolo della colazione. Pensandoci deve essere il peggior modello di aspirapolvere sul mercato, quel pulcioso semaforo verde).
Peter invece è disperato. E’ assurda come sensazione, ma lo si sente disperato. Traspare, traspira. E ciò significa che o la sottoscritta ha attaccato la propria codina blu (e mo’ perché cito Avatar) al canale di emozioni del diciottenne di cui tutti ci preoccupiamo per il giorno in cui metterà su finalmente qualche sano apprezzato rotolino di ciccia, o tu hai rispettato l’onda emotiva che ha sommerso il nostro supereroe preferito (escluso Shrek, che sì considero un supereroe, vabbene?!). E’ confuso, aggressivo, caotico, terribilmente suscettibile, più sarcastico che ironico (e lui è di natura auto-ironico). E non vuole essere lì. Soprattutto non vuole essere lì.
In tutto adoro il fatto che, sebbene siano circondati da atmosfera alla 007 e almeno uno di loro sia votato a salvare il pianeta (o gli States, visto che per Hollywood USA=world), si comportino da bambini di terza elementare. Ci provano a mantenere un minimo di contegno, eh, guardali, mi immagino le espressioni indurite, la posa da modelli di intimo mancati, ma naah, intratteniamo una conversazione sul “non darmi ordini”. Harry: grow up. Peter: quante volte devi fallire prima che ti entri in quella capoccia oblunga che tu come negoziatore sei efficace quanto un certo lanciatore olimpionico di skateboard? Lascia perdere. Te lo dico da amica.
Next thing number 3.
La persona. Il grande, no, colossale argomento che è la terza persona. Okay, devo ammettere che è stato strano leggere qualcosa scritto da te in terza, anche se hai decisamente lasciato il tuo tocco personale (perché tu la solita piatta asettica tecnica proprio non la puoi vedere e se qualcosa non è personale LO RENDI PERSONALE). Magari sono solo io, ma ti immagino come il mio cagnetto quando trova un cuscino che non è nella posizione più comoda e allora passa quei 10 minuti a scavare e fare la trottola e scavare ancora finché si lascia andare pesantemente sullo stesso scomodo cuscino di prima (che non ha mosso di un millimetro) e sbuffa. Non so se è una mia impressione, ma in questo capitolo di sento sbuffare. Stai flirtando con una nuova tecnica. Ed è un capitolo che mi butterei volentieri ad analizzare minuziosamente frase per frase, perché tu avrai tenuto la terza persona ma il punto di vista si è esibito in una serie di sterzate da gara di motocross che voglio ficcare sopra un vetrino e passare al microscopio, oh yeah. That’s some serious shit going on here.
Detto questo, non credo ci sia persona al mondo viva e con sufficiente attività celebrale che possa leggere questo capitolo senza iniziare a smaniare per leggere il resto. Ti romperò le palle finché non avrò ottenuto il giusto tribute a questi due (2x2, facciamo matematica identitaria) imprevedibili personaggi a doppio fondo che sono le tue magiche manine possono riuscire a commemorare come si deve. E lo so che sarà una strada ardua e difficile e costellata da ragnatele e gente con orecchie a punta e ormai la tua speranza risiede completamente in quel tabernacolo di Max e l’Harem è un supermercato di gente con interessi totalmente diversi, ma io ti starò accanto passo dopo passo e ti prenderò a legnate quanto basta perché la tua passione per gli psicopatici che non avrebbero diritto neanche di respirare non obnubili la tua già piuttosto instabile mente. Quindi armati di aceto, riconnettiti con l’aracnide che è in te, pensapositivopensapositivo come la stella marina di Nemo, e YOU CAN DO IT. Io e la zia di Peter abbiamo grande fiducia in te. E se muori ricordati di specificare che vestiti vuoi al tuo funerale perché dobbiamo fare la lavatrice e non ci piace perdere tempo. Oh.
P.S. Aggiunta dell’ultima ora: al banner sono morta. No, sul serio. Ho avuto un momento di flat line, ufficialmente defunta, trapassata, mi sono auto-defibrillata col tostapane e ora sono qui ma solo per complimentarmi con la creatrice. E lo so che il tuo narcisismo non ammette che il resto della popolazione umana venga preso in considerazione, ma sai anche che quel che è giusto è giusto. E poi l’artista (va bene artista?) si chiama Hilary :3


I'M WATCHING YOU BABY.
O, detto alla Peter...
I'M STALKING YOU BABY.