Recensioni di emerenziano

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Recensione alla storia Il coraggio di pronunciare il suo nome - 01/03/21, ore 08:15
Capitolo 1: Il coraggio di pronunciare il suo nome
....certo che, quando una in gamba come te decide qualcosa, lo fa con determinazione e lo traduce in pratica senza esitazioni. Infatti, trovo subito quest’altro tuo pezzo. E sono contenta, davvero. A pochissima distanza dall’aggiornamento della tua long, ci offri la possibilità di stare ancora insieme ai tuoi meravigliosi inquilini del 221b. Ed è proprio il confronto diretto, relativo alla tecnica di scrittura usata da te nei due testi, che mi conferma la tua capacità di cambiare efficacemente registro linguistico a seconda del contesto in cui ambienti le tue storie. Per quanto riguarda “Replacements” il tuo modo di descrivere l’azione, i personaggi, le interazioni tra loro, gli ambienti ed il resto è, sì ricco strutturalmente e lessicalmente, ma esprime perfettamente l’atmosfera un po’ inquietante di un futuro possibile in cui il progresso tecnologico raggiunga obiettivi sempre più impensabili oggi. Un tale contesto, a mio avviso, ha necessità di un linguaggio in cui anche la componente futuristica e scientifica trovi un’espressione credibile. Tu ci sei riuscita. Come sei riuscita a farci subito entrare nel mondo vittoriano che ci riporta più vicini al canone di Doyle con una prosa che si fa più articolata e ricca di espressioni “datate”. Ad esempio, già nella prima frase, ci sentiamo calati nell’atmosfera di fine ‘800, in cui non si sarebbe certamente scritto, per esempio, “il fatto che ora racconterò” ma, come efficacemente hai esordito tu, “L’accadimento che mi accingo a narrare”. Perfetto, siamo già ai tempi di Wilde, dello stesso Doyle. Infatti il tuo racconto prosegue con un esprimersi elegante e forbito, in cui la struttura della frase ha un’agilità diversa rispetto a quella del nostro tempo. Cioè, in sintesi: tu sai scrivere di futuro ma anche di passato. Ed anche di presente, basta dare una “sfogliata” alle tue storie in generale.
In questa, racconti dell’aprirsi, alla realtà di un grande amore, di John, vittoriano sì ma molto molto IC rispetto al canone dei Mofftiss. Accanto a lui poni uno Sh tratteggiato con eleganza, e ciò mi piace molto perché è stata la prima impressione che mi ha lasciato il vederlo, per la prima volta, sugli schermi. Sono quel “velo di tristezza”, quei “lineamenti delicati”, quello schiudersi di labbra, quell’ immagine in cui “Le labbra di Holmes si incresparono appena in un sorriso” e così via. Le tue sono pennellate che vanno a restituirci un ritratto del consulting davvero capace di suscitare emozioni ormai “antiche” ma, qui da te, sempre nuove e travolgenti. Quanti anni sono che abbiamo “incontrato” questa coppia così unica ed irripetibile e quante parole si sono spese per descriverne la magia....Eppure, di fronte a questa tua storia, non voglio essere banale, è come se fosse la prima volta in cui ci si rende conto di essere state irrimediabilmente travolte/i da qualcosa di meraviglioso ed originale. Che dire...Grazie
Recensione alla storia Replacements - 25/02/21, ore 07:43
Capitolo 22: 21. (ovvero di abissi e stabulari)
.....beh, direi che...ben ritrovata qui, sinceramente. È, secondo me, la conferma che, se qualcuno ha davvero qualcosa da raccontare e il suo impulso nasce dal suo profondo ed è ad esso intimamente legato, il tempo non conta. Ed infatti, eccoti qui, nuovamente, a regalarci del tuo tempo. Non è retorico il mio dirti che la sorpresa è stata grande e molto, molto gradita. Ho ripreso un po’ il cammino della storia, mediante una veloce rilettura dei capitoli precedenti, e desiderosa di ritrovare ciò che era rimasto cristallizzato. Ritrovo intatta quell’atmosfera, almeno per me, cupa e a tratti soffocante che mi richiama certe immagini di “Blade Runner”. E mi sembra di scoprirvi un concetto comune: non è detto che una macchina creata dall’uomo, non possa riprodurne, con maggior “sincerità”, i tratti caratterizzati da sentimenti e valori. A volte, appunto, con accenti davvero coinvolgenti. Qui c’è il sodalizio fantastico tra Sh e John, ed il primo, o quello che compare al fianco del medico, sappiamo che è mosso dalla volontà del suo Utente ma agisce con un qualcosa in più rispetto alla propria natura. O, almeno, io ho avuto questa sensazione. Un altro mondo, un altro tempo, ma tutto è così IC, persino quello Sh R’ent che interpreta, in modo meraviglioso, l’essenza del vero consulting, con la sua asocialità e la sua logica stupefacente. Addirittura, la concitazione della scoperta che la soluzione del caso è probabilmente legata ad un’evoluzione dei soggetti coinvolti nel fatto criminoso, riesce a superare le barriere del sintetizzatore vocale: l’entusiasmo del Sostituto del consulting è troppo dilagante per essere “filtrato” da mezzi inanimati. Questo passaggio mi è sembrato molto ben costruito ed avvincente. Positivamente caratterizzato, anzi, molto credibile, pure il personaggio di John, con le sue luci e le sue ombre, la sua vitalità ed, al tempo stesso, la sua profonda malinconia, retaggio anche delle esperienze vissute in guerra (“...Sono un Capitano dell’esercito in congedo. Ho visto cataste di corpi più grandi di questa...”). Grazie per essere ritornata a ridare voce a questa storia ed a regalarci nuovamente qualità, competenza narrativa, sensibilità. Disfale pure le tue valigie, resta qui.
Recensione alla storia The largest case - 19/02/21, ore 20:55
Capitolo 6: L'eccezione alla regola
Questo capitolo mi ha lasciato un senso di vertigine, nei passaggi in cui siamo “dentro” a quella che è la resa di Sh nei confronti della droga. Hai descritto, infatti, con minuzia e precisione, il suo scivolare nello stato stordente della morfina, in cui, comunque, rimane sempre costante il pensiero di John, che sembra galleggiare salvifico in un mare di sofferenza e disagio. La tua descrizione dello “sballo” del consulting è, come ho scritto sopra, accurata e lucida però conserva sempre una sorta di rispetto per quella che è la parte debole e confusa di un’umanità che ha perso il suo equilibrio e ricade preda dei fantasmi del passato. La motivazione, che noi intuiamo essere alla base della scelta di Sh di affidarsi allo stordimento degli stupefacenti, è legata alla sua frustrazione di non riuscire a trovare la soluzione del caso in cui è impegnato. Ma io penso che, a destabilizzarlo del tutto, ci sia la sempre più dilagante presenza di John nei suoi pensieri e nel suo cuore che si trova disarmato ed impotente di fronte ai sentimenti, per lui materia molto oscura. Scusa se cambio argomento, ma non voglio dimenticarmi di lasciarti un’osservazione sullo stile con cui hai scritto questa storia: come ho già scritto precedentemente, mi piace molto come traduci i pensieri di Sh perché, attraverso la scelta lessicale e la costruzione delle frasi, hai espresso in modo efficace e, soprattutto, coerente con l’IC, il modo di pensare e di sentire di Sh. Rappresenti dei percorsi mentali estremamente razionali, arricchiti, ovviamente dalle sue indubbie esperienze e conoscenze scientifiche. Ti faccio un esempio che ha attirato la mia attenzione, anche se può sembrare di scarso rilievo ma per me è molto significativo: quando Sh esce di casa con le sigarette, lo fa perché “l'odore della combustione del catrame rimarrebbe attaccata ai tessuti”. Noi, o, almeno, sicuramente io, avremmo pensato di non lasciare “odore di fumo”. Semplicemente.
Un altro punto di forza del capitolo è, sempre a mio avviso, la tua rappresentazione di Molly che hai ritratto completamente succube del fascino del consulting, perennemente ed infelicemente innamorata persa di lui. Un modo di presentarla, il tuo, assolutamente IC.
Ma, quando arriva John e si accorge dello stato di Sh, allora mi hai travolto, davvero. La sua presenza riporta la sicurezza di un affetto grande e unico. Anche se la frase che rivolge a Sh appare minacciosa, dentro c’è tutto l’amore del mondo. Brava.
(Recensione modificata il 19/02/2021 - 08:55 pm)
Recensione alla storia The largest case - 18/02/21, ore 20:24
Capitolo 5: Tutto ciò che ha un nome
Altro bel capitolo, questo, in cui trovo sempre efficace e credibilmente usato il POV di Sh. Che, tra l’altro, secondo me, è IC, senza dubbio, in quella sua asocialità, comunque, in fondo,davvero sofferta. Ma il punto focale è il rapporto con Watson.
Quell’ “Ultimamente faccio molte cose insolite”, che Sh si lascia sfuggire nei suoi pensieri, secondo me, è estremamente rivelatore di come “qualcosa” stia destabilizzando il suo assetto comportamentale e lui ne sia pienamente consapevole. Il fatto, poi, che il suo lavoro sia, o almeno, prima di John, era, al primo posto nelle priorità della sua vita, è significativo vederlo spostato su un piano “traballante”, in cui la perfetta schematizzazione nel metodo sherlockiano d’indagine sembra un po’ offuscarsi. Ed anche sul “chi” e sul “perché” stia succedendo questo, penso proprio che il consulting si sia fatto molte domande. Del resto, anche tu stai raccontando dei dubbi e delle “stranezze” che lui rileva dentro e fuori di sè, come ad esempio il
non porre attenzione al come muoversi correttamente sulla scena di un delitto. Hai reso molto efficacemente il clima di profonda intesa che s’instaura tra lui e John, intesa che palesemente trascende la semplice registrazione di dati che costituisce la prima fase delle indagini. Sh è evidentemente preso da ciò che il cadavere gli può rivelare, John è al suo fianco ma i loro pensieri si sollevano da quel tetro scenario di morte e sembrano rincorrersi su un piano diverso, irraggiungibile a tutti gli altri. Così, infatti, i due si scambiano sì impressioni su quello su cui stanno indagando ma Sh sta pensando al vero motivo per cui ha costretto John a raggiungerlo subito e quest’ultimo partecipa divertito al “gioco” dei nomi della ragazza, che maschera in maniera un po’ goffa la chiara gelosia del consulting. Accanto a loro c’è un Lestrade strepitoso, che dimostra in continuazione la sua assoluta fedeltà ed amicizia ad Holmes ed al suo “coinquilino”.
Ma il momento che ho trovato davvero alto e significativo è quando hai espresso il rimuginare di Sh sul vero significato dell’amore: intensa riflessione in cui hai saputo innestare lo stupore che lui ha di fronte all’umanità di John. Brava, veramente. Che coinvolgente quell’affermazione con cui il consulting, dopo essersi addentrato in lucidi ragionamenti, ineccepibili da un punto di vista puramente speculativo, lascia libero il suo cuore (“...sarebbe più bello vedere il mondo attraverso gli occhi di persone come John...”).
E che dire della frase conclusiva sul significato più vero della parola “casa”...
Recensione alla storia The largest case - 12/02/21, ore 15:00
Capitolo 4: Sensazioni insostenibili
Un bellissimo capitolo, questo, in cui siamo spettatori, coinvolti direttamente, della progressiva scoperta che Sh fa di John come di qualcosa di irrinunciabile, qualcosa di nuovo e meraviglioso. Mi è piaciuto molto ciò che tu hai pensato per esprimere i sentimenti, nuovi e per lui temibili, usando il violino. Il violino è, secondo me, un “personaggio” comprimario, sulla scena di Baker Street, perché Sh lo considera la sua voce, parte imprescindibile di se stesso. Bellissima, perciò, quell’immagine in cui lui identifica John prima con l’involucro dello strumento: efficace similitudine attraverso cui hai espresso il senso di accudimento e di protezione che il consulting percepisce nei suoi confronti da parte del suo “coinquilino”. E poi, meravigliosamente, John diventa l’archetto, cioè non più passivo elemento di semplice custodia, ma irrinunciabile motivo ed energia per vivere. Infatti, così come quell’accessorio dello strumento musicale fa sì che quest’ultimo possa avere un senso, e cioè suonare, nello stesso modo Sh percepisce che lui stesso, senza il suo “archetto”, cadrebbe nel terribile vuoto dell’inutilità esistenziale. Questo passaggio mi è piaciuto ancora di più perché espresso, come sempre in questa long o, almeno fino a questo capitolo, attraverso il POV di Sh. Così noi entriamo proprio nel suo animo e possiamo cogliere quelle che tu definisci, nel titolo, “sensazioni insostenibili” e cioè, in parole più “umane”, non “sherlockiane”, i sintomi inequivocabili di un sentimento forte e totalizzante. Sh si sta scoprendo innamorato di John. Punto. Senza alcun dubbio. Dal punto di vista puramente tecnico, ho trovato efficace quella reiterazione che, come un dolcissimo mantra, accompagna i pensieri di Holmes (“...John...John...John...”). Attraverso questa strategia narrativa hai espresso efficacemente la presenza, sempre più importante, di John nella mente e nel cuore di un consulting che appare frastornato ma anche consapevole che tutto potrebbe diventare bellissimo.
Sulla scena, poi, fai comparire un grande Mycroft. Sarà che, a me, questo personaggio piace molto ma nella tua versione l’ho trovato perfetto. Sibillino, dannatamente elegante, caustico ma profondamente legato al fratello e seriamente preoccupato per il suo benessere. Geniale la trovata della partita a scacchi per mettere all’angolo la noiosa saccenteria di Sh; e che dire dell’ultimo consiglio... (“...Ti porterà da John...”). In Sh si scatena la paura di quello che lui già intravvede nel suo cuore, quando, ad illuminare le sue incertezze, si accende il “caldo sorriso” di John. Un capitolo, questo, che mi è piaciuto molto, per la sensibilità e la credibilità con cui hai caratterizzato il percorso dell’ “umanizzazione” del consulting.