Recensioni di waferkya

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Recensione alla storia That Damned Train - 02/12/11, ore 03:53
Capitolo 1: //
Mi sono accostata alla lettura di questa storia piena di entusiasmo e belle speranze, perché, ehi, una storia lunga! E slash! Su questo sfigafilm che ho visto ieri praticamente per caso! Purtroppo, ne esco molto provata, e non positivamente.
Innanzitutto, giacché si tratta anche di un lavoro vecchiotto - vedo che è del febbraio 2010, - ti consiglierei di rileggerla per ripulirla di errori di battitura (alcuni di cui ho preso nota sono "sé stesso", "al sua banda", "il busso", "sentii" invece di, rispettivamente "se stesso", "la sua banda", "il bussare", "sentì") e, soprattutto, per il posizionamento delle virgole, che molto spesso ho incontrato a separare soggetto e predicato verbale corrispondente (cosa che non è bene che accada), oppure buttate lì un po' - onestamente - a casaccio (anche solo nella prima frase, per esempio).

Un'altra delle ragioni per cui ho storto il naso durante la lettura è che ci sono una serie continua di improprietà logico-linguistiche che proprio non mi riesco a giustificare; un paio di esempi presi a caso:
- "non gli sarebbe bastato nulla premere il grilletto contro di lui e poi girarsi e far fuori il figlio, come gli unici due superstiti raccolti attorno al fuoco, Doc e Butterfield" - innanzitutto, dovrebbe essere *suo* figlio, considerando che si tratta di William (= figlio di Dan) ma il soggetto dell'azione è Ben; poi, se intendevi dire che, subito dopo aver fatto fuori gli Evans, Ben avrebbe ucciso gli altri "due superstiti raccolti attorno al fuoco" con la medesima semplicità, avresti dovuto formulare la frase in maniera molto differente, perché su quel "come" mi ci sono lambiccata per due minuti buoni;
- "aveva deciso di smettere, anche a causa della ferita alla gamba" - quando il film lascia intendere che Dan abbia perso l'intero arto dal ginocchio in giù, e in ogni caso è certo che sia stato ufficialmente congedato (= non era più impegnabile);
- "seduto sulla poltrona che dava libero accesso alla finestra sulla strada sottostante" - una poltrona non dà accesso, semmai dà un buon punto di osservazione sulla finestra che dà sulla strada sottostante - perché altrimenti capisco che la poltrona è una sorta di porta per la finestra che qualcuno ha montato al centro della carreggiata, e concorderai con me sul fatto che, no, non ha senso per niente.
E, ok, suppongo si capisca cosa intendevo.

Infine, giungiamo con mio sommo cordoglio alla parte più spinosa - il racconto vero e proprio. Ammetto di aver dovuto rileggere due volte il passaggio in cui Dan e Ben sono al buio nel territorio Apache per rendermi conto che, sì, hai effettivamente scritto di Ben che penetra Dan senza la minima preparazione, con una singola spinta. Non voglio neanche addentrarmi ad esaminare la caratterizzazione quantomai lanciata alle ortiche - basta la dinamica dell'atto a scoraggiare qualsiasi pretesa di gradimento di questa storia. Mi dispiace, non c'è un modo più carino di dirlo; non succede così, il sesso anale, a meno che naturalmente non si tratti di violenza sessuale (e anche lì, un minimo di preparazione o di violenza, appunto, viene applicata), e non mi pare sia il caso del tuo racconto, considerando poi come si sviluppano le cose.
La seconda lemon, invece, già mi è piaciuta un po' di più, vuoi con tutta la scrittura confusionaria del caso, perché hai presentato, perlomeno in nuce, spunti di caratterizzazione originali - per esempio quell'osservazione su come sembri che Ben stia chiedendo a Dan di liberare lui dalla sua vita di fuorilegge. Insomma, un minimo potenziale c'è. Allo stato attuale, purtroppo, la storia è niente più che un omaggio un po' maldestro.



[Questa recensione partecipa all'iniziativa Recensioni d'Autunno 3D indetta da maridichallenge @ livejournal.com]