Non è un esperimento stilistico, è un capolavoro.
L'ho letto ieri sera, tardi, molto tardi. Effettivamente era così tardi che temo si possa dire l'abbia letto questa mattina molto presto.
Ma il punto è che mi ronzava ancora nella testa appena aperti gli occhi e fatto mente locale. Ci sono dei post reichenbach, ce ne sono davvero troppi.
Per quel che mi riguarda la maggior parte non riuscirebbe a sfiorare il punto, o meglio dire il legame, tra questi due splendidi personaggi nemmeno se avesse la testa di Gatiss e Moffat e un fucile di precisione. Quindi già centrare l'IC, per di più in forma completamente narrativa come hai fatto tu, è pressoché un evento da venerare.
La rabbia di John ti mangia lo stomaco, lo mastica e te lo risputa fuori. Poi ricomincia. L'essere così incredibilmente Lui di Sherlock ti fa venire voglia di afferrarlo per capelli e tirarlo fuori dallo schermo perché hai la sicurezza di vederlo lì- tra una lettera e un'altra, tra una parola e un'altra, tra una frase e un'altra- così tangibile... così perfetto.
Il bello è che tutto questo sarebbe niente senza il tuo cosiddetto esperimento linguistico.
Non è solo l'IC che fa di una storia un capolavoro, quindi possiamo parlare della struttura e della scelta delle parole, che la rendono qualcosa di unico. Che vale la pena di essere letto, riletto, riassaggiato ancora.
E cosa si può dire più di Va Bene, Va Bene, Va Più Che Bene! Vanno bene- più che bene, più che perfette, più che meravigliose- quelle frasi di dialogo che si fondono con tutto quanto il resto perché ne fanno parte e non ne sono staccate, e creano quel melting-pot tra flusso di coscienza, soliloquio, monologo, dialogo e narrazione che ti tiene incollato. E la punteggiatura? Qui hai superato il semplice uso standard di "creiamo una pausa" e sei passata direttamente all'evoluzione, il passo successivo, che sarebbe degno di un premio a sé " creiamo una una pausa che vada a ritmo con i pochi respiri che chi legge si ricorderà di prendere"...e non so se sono stata abbastanza chiara o se questa si sta trasformando in una recensione abbastanza incoerente.
La scelta delle parole? Non credo che siano state inventate, ancora, le quelle che io potrei usare per dirti esattamente cosa penso. In compenso quelle che tu hai scelto, tra milioni, sono la perfezione. Perché insieme hanno creato frasi, o espressioni, o metafore che si sono messe a dipingere un quadro. Quindi uno legge e guarda un quadro e vede quel benedetto barattolo di cuori, e quel neo, e quella mano da tranciare, e il dolore di John, e le parole sospese in aria
"Tu sei morto e faresti meglio a continuare ad esserlo" (<---- qui ho deciso che ti amavo senza più pudore)... e... e ... niente, ho detto già che non ho più parole?
Non ce l'ho, sul serio. Darti un dieci ( da uno a dieci) sarebbe sminuirti alla fine, perché sarebbe iscrivere quello che hai scritto in una categoria alla fine limitata. E questa fic non ha limiti, per quel che mi riguarda. Spalanca un mondo di parole, di immagini e di emozioni e te lo butta addosso, praticamente lasciandoti senza respiro.
Se l'angst avesse una personificazione sarebbe la tua fic, perché senza parlarne ha raccontato tutto il tempo di John e Sherlock lontani, quello che per John ha significato, attraverso il loro incontro e i gesti di lui.
E, uhmm... oh... niente. Solo, perfezione. Sono a corto di definizioni, parole e capacità retoriche.
Prova a discolparti.
Dopo poi spiegami come fai ad essere così brava.
Darseey. |