Sinceramente non so perchè ho aspettato così tanto a commentare questa tua poesia. L'ho letta appena l'hai pubblicata, l'ho riletta, ma mi sono sempre detta che non avevo tempo per commentarla. E anche se anche ora è così (che pessimo gioco di parole) dopo averla letta un'ennesima volta vi ho scorto qualcosa di estremamente mio, di estremamente fisso in me, nonostante cerchi di scacciarlo via da mesi. Tutta la poesia sembra un sussurro della mia mente a me stessa, al risveglio da un lungo sonno.
Anche adesso, però, non so cosa dire di più. E' una poesia fortemente evocativa, che non fa altro che rimandare a mondi altri, ad altre possibilità, un mondo in cui il respiro non sia solo un ricordo, un mondo in cui le parole suonino solo per quelle che sono e non per quelle che noi pensiamo o vogliamo siano. E queste due realtà mi sembrano due paradossi che si scontrano, due antitesi che non trovano una sintesi (sto facendo Hegel, si nota?): da una parte l'illusione, dall'altra la vera realtà. Proprio come in un conflitto interiore: la voglia e il bisogno di vivere quello che desideriamo e la necessità fisica, impellente, di smettere di illudersi, forse nella speranza di riuscire ad accettare la realtà per quella che è. E non riusciamo mai, mai a coniugare le due cose.
E' una poesia molto bella, potrebbe assirittura essere una delle mie preferite.
Continuo ad interrogarmi sulla prima frase: voglio perdere la fede, cosa vuol dire? La fede in che senso? La fede in quello che vedi, la fede nei tuoi sensi, la fede nelle possibilità reali, la fede come ragione? Sono domande retoriche ovviamente, tutt'altro che critiche, proprio per dimostrare quanto di tutti i significati siano racchiusi in quella sola parola, in quel solo primo desidrio. Perdere la fede, sentirsi in balia del mondo, non affidarsi più a nulla di superiore e vivere se stessi senza alcun futuro: vivere e basta, vivere senza credere a niente. Pericoloso, molto affascinante, ma pericoloso.
Vizio stanco, invece, è una cosa che ho già sentito, ma che continua a piacermi, sempre, come se la vita ci trascinasse in un baratro, legati da una catena che ci assuefa e dalla quale non ci possiamo mai affrancare.
E in ultimo, quell'infinita meraviglia delle cose che non dici ha per me un significato profondissimo, che va al di là della gioia e del dolore: a volte si ripone una tale fiducia nelle persone che quando se ne vanno si preferisce ignorare il dolore, per non soccombere.
Complimenti, davvero, per questa splendida poesia.
Grazie per averla condivisa con noi, grazie davvero. |