Recensioni per
All'ombra della Quercia del Tasso
di Gio_gio

Questa storia ha ottenuto 7 recensioni.
Positive : 7
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
24/06/13, ore 11:36
Cap. 3:

Evviva! Anch'io sono considerata una secchiona, e preferisco leggere che uscire. I miei amici mi odiano ^^"
Queste poesie sono uno spasso. Davvero, fantastiche è riduttivo: sono simpatiche, e i temi sono buoni. Hai avuto davvero una bella idea, per questa raccolta.
Poi però mi spiegherai il perché del nome, che ancora non ci sono arrivata. Sono scema, lo so.
Adesso devo smettere di scocciare, o mi farò odiare!
E riprendi a favellare!
(Sono una poetessa, muhahaha)
Alla prossima!
-H

Recensore Veterano
24/06/13, ore 11:31
Cap. 1:

Oddio, fantastica! E poi, abitando vicino Roma, la tua idea delle poesie in romanesco mi stava simpatica (ma se po' dì che n'idea te sta' simpatica? n.d. Cervello).
Davvero, non so che altro dire, è fantastica!
Alla prossima!
-H

Recensore Veterano
30/04/13, ore 20:54

Bellissima! Scritta da un vero maestro della narrazione. Questa poesia è costruita tutta sulla mancanza, su quello che non ci è detto. Noi leggiamo le parole di questo romano, dalle quali emerge il ricordo della sua Julie, la ragazza francese. E quasi non c'accorgiamo dell'amico a cui si sta rivolgendo. Egli sembra essere inizialmente solo una zeppa, qualcosa di inserito solamente per far da base, da supporto, all'altro; ci sembra essere soltanto il pubblico necessario all'io per potersi esprimere. Compare esplicitamente solo in due parti del componimento, all'inizio, con il "Je", e alla fine, quando lo vediamo commosso correre lontano. Ma è proprio allora, leggendo l'ultimo verso, che sappiamo finalmente l'intera vicenda, e allora questo amico assume spessore, diventa un personaggio, e allora ci accorgiamo che la vera storia di questa poesia non è quella della bella Julie dai capelli rossi (che del resto è passata), ma la storia di questo amico senza nome, né volto, visto solo di riflesso nelle parole dell'altro. La sua storia d'amore, simmetrica a quella di Julie e del suo romano, è ancora incompiuta, e per fortuna: si può ancora sperare (forse non è tardi come credi). Ho trovato davvero stupenda questa poesia. Proprio per questo gioco di specchi, per il quale ci è raccontata una storia attraverso l'immagine di un'altra. E proprio questa specularità, che avvicina vicende e soprattutto personaggi diversi fra loro, mi sembra essere il fulcro di tutta la poesia: nella quale ho respirato un senso profondo di unione, di solidarietà, fra uomo e uomo. E allo stesso tempo però ho respirato un profondo senso di nostalgia e tristezza. Perché nel racconto della storia di Julie troviamo lo spaccato di un'intera esistenza, dell'esistenza di un uomo che si guarda dietro le spalle e vede già raccolta tutta la sua vita. E così, questo senso di fine, di cose effimere, mi è dato anche da questa corsa, sul finire, dall'amico che fugge lontano, verso il suo destino. Bellissima!

Nuovo recensore
12/03/13, ore 18:41

Non so decidere quale delle due mi piaccia di più!
Questa poesia è storia di vita vera, dell'Italia di un tempo e di tutti i giorni, moderna per quanto riguarda il "carpe diem", vecchio stile invece perché Julie è come il sogno americano (in questo caso francese) degli italiani. Quella ragazza che parla un'altra lingua, che è bella, che è nobile e lontana da noi, poveri e bloccati nel nostro piccolo paese che amiamo perché è vicino al mare.
Se scrivi altro, ti prego, mandami un messaggio privato:)
Baci
F&L

Nuovo recensore
12/03/13, ore 18:33
Cap. 1:

Premettendo che sono di Milano, quindi non di parte, devo dirti che adoro la tua poesia.
Credo che non tutti la capiranno appieno (un po' perchè il dialetto in generale è snobbato, un po' perchè la gente è scema).
La scelta del dialetto quindi è coraggiosa, in un mondo in cui sta sparendo.
Il tuo modo di scrivere secondo me è professionale, come un poeta vero!
Complimenti:)
F&L

Recensore Junior
12/03/13, ore 16:29
Cap. 1:

ho letto entrambe le tue poesie in romanesco. mi piace questa precisa scelta stilistica, sei bravo nel raccontare con questo fare scanzonato cose anche profonde  e la lettura delle tue poesie è piacevole e interessante.:)

Recensore Veterano
09/02/13, ore 01:10
Cap. 1:

Un tempo - parliamo di non troppi anni trascorsi - scrivere in dialetto significava scrivere nella propria lingua madre, la lingua imparata senza grammatiche fra le pareti domestiche, e nei ritrovi paesani. Scrivere in italiano - lingua di cultura, lingua letteraria, creata sul toscano, e pronta a rimodellarsi a esigenze espressive, e agli influssi di lingue straniere - significava invece scrivere in una lingua dotta, da studiarsi a tavolino. Allora il dialetto era la più alta espressione di spontaneità. Ora l'italiano non è più una lingua di cultura, la impariamo dai nostri genitori assieme al dialetto, e le due, l'italiano e il dialetto, ci appaiono così vicine e indistricabili, sebbene le evidenti differenze, che spesso una condiziona l'altra, e viceversa. In ogni caso, anche se il dialetto non è più quella rivendicazione delle proprie origini, come un tempo, rimane comunque ai miei occhi una lingua "intima", più dell'italiano, capace di rivestire meglio i nostri sentimenti. Infatti, se in una discussione capita di appassionarsi, e alzare la voce, mi ritrovo io stesso, senza essermene reso conto, a berciare e ad esprimermi nel più puro dialetto veneto (sono veneto), quasi che il dialetto irresistibilmente mi sia sgusciato di bocca, a tradimento - dolce tradimento. Così, ecco, per tutto questo, io sono sempre stato innamorato del dialetto! La lingua de Roma, poi, mi fa impazzire! Voi romani siete tutti, a prescindere, dei campioni in quella per nulla da minimizzare arte che è l'offendere, e in genere siete dei maestri in comicità. Provo per il romanesco un affetto grandissimo, e seguirò per forza questa tua raccolta! Del resto, già questa poesia mi è piaciuta molto. Molto bella, e molto ben riuscita, anche nel suo ritmo, che mi è piaciuto! Suona bene in bocca, a leggerla! Ciao! :)