Buongiorno mia cara e buon anno!
In un attacco di nostalgia sono tornata a leggere le tue storie e mi sono accorta che alcune erano sfuggite al mio commento… chiedo venia e recupero, specialmente nella segreta speranza di attirarti di nuovo qui su efp e farti venire voglia di tornare a scrivere ❤️ (sono o non sono diabolica?😜)
Di questa storia ho amato da subito il momento che hai scelto di raccontare, come sempre mi stupisci perché porti normalità in un manga e in una narrazione che di normale non ha proprio nulla. Riesci a trovare delle perle in cose semplici come il ritorno a casa dopo Jusenkyo… cioè non mi sembra che altre autrici lo abbiano mai raccontato, ma insomma, in qualche modo saranno tornati, no? E la stanchezza della battaglia e la delusione di tutti per non essere riusciti a sciogliere le maledizioni chissà quanto avrà pesato sull’umore della ciurma (quasi più del peso del panda Genma). Bellissimi gli aspetti caratteriali che hai deciso di stigmatizzare: Mousse che supplica Shampoo, Shamppo che tormenta Ranma, Ryoga silenzioso, stanco e sfatto, che punta lo sguardo su Akane, Ranma che cerca di farlo reagire.
Akane ha rischiato la morte. Anzi, per qualche secondo è proprio morta. È stanca anche lei, come è ovvio che sia, vuole tornare a casa per stare da sola, non pensare a niente, cercare di fare finta che non sia successo nulla; si sgranchisce un po’ ma non vuole dare nell’occhio, vuole solo essere lasciata in pace. Farsi leggera leggera (come Lello Arena in ricomincio da tre) ed essere dimenticata.
Il momento in cui Ranma si avvicina è di una dolcezza disarmante, tutto quello che non si dicono è lì a riempire quella distanza e a farli una cosa sola. Lui non è pronto come non è pronta lei (e lo sappiamo bene noi lettori, che ancora rosichiamo sul matrimonio mancato) e in quel sorriso, quella mano allentata sulla ringhiera e il loro sfiorarsi si dicono tutto quello che c’è da dirsi nella loro maniera, come hanno sempre fatto. Mi hai fatto venire in mente un momento gemello del manga, un altro ritorno a casa, quello di Ryugenzawa. Anche lì niente parole ma tanti pensieri, due mani intrecciate e un grande sorriso che valgono più di mille parole… quel pannello mi ha sempre fatto stringere il cuore, lui che la trascina per la mano, il viso imbarazzato, lei sorridente come mai, tra di loro i pensieri di Ranma, ingombrantissimi vanno da lui a lei unendoli, come un’altra mano invisibile.
La conclusione è una riflessione leggera, ma quasi filosofica, come solo tu puoi fare: loro hanno il tempo dell’eternità, ecco la loro vera maledizione. Sono incastrati per sempre nell’eterna adolescenza a cui la loro autrice li ha costretti. Avranno sempre sedici/diciotto anni, continueranno a battibeccare, a litigare per fare pace, a distruggere il dojo, a volare su Nerima, a non saper cucinare o nuotare, ad andare a scuola e vedersela con tutta la masnada di personaggi assurdi che li circonda.
Poi, ogni tanto, un’autrice di talento come te li richiama alla vita e li strappa alla noia del quotidiano e io con loro non vedo l’ora che succeda di nuovo!❤️
Ci manchiiiiii!!
Un caro abbraccio,
G |