Cara Part of the Masterplan
Tu non sai chi sono, ovviamente, e ti starai chiedendo da dove io salti fuori. La verità è che ho scoperto questa storia tardi – troppo tardi – ma ciò non mi impedirà di lasciare un segno del mio passaggio. Spero mi perdonerai se non ho scritto una recensione per ogni singolo capitolo, ma ho preferito portare a termine la lettura e, in tal modo, elaborare con calma tutte le sensazioni che sei riuscita a trasmettermi e tutte quelle emozioni che sei stata così abile a farmi provare.
La verità, mia cara, è che mi hai annientato l’anima: con le tue parole, con le vicende che hai tanto meravigliosamente descritto, me l’hai strappata via e l’hai ridotta in mille pezzi – un’impresa che, prima d’ora, solo a The Chief era stato concesso di portare a compimento. Te ne sono grata, perché grazie a questa incantevole storia ho riso e sorriso, ho sospirato – a volte di felicità, altre volte di tristezza – e ho sentito una stretta al cuore e allo stomaco, ma soprattutto ho pianto. Ho pianto per la gioia, per l’amarezza, per la sofferenza in cui ho provato a immedesimarmi, ma non sono mai stata così riconoscente a qualcuno per delle lacrime – il Dittatore di cui sopra costituisce sempre un’eccezione, naturalmente.
Tu non hai creato un personaggio: tu hai creato una persona.
Sally è vera, viva, reale, e spesso mi ritrovo a chiedermi se non esista per davvero. Sally respira, fa sentire la sua presenza, ed è dannatamente bella: è bella nella sua imperfezione, nei suoi difetti, nel suo dolore. Ha saputo costruirsi una vita a partire dalle macerie della desolazione, ha perso se stessa e ha saputo ritrovarsi. Mi risulta molto difficile trovare le parole giuste per descriverla, perché qualsiasi commento sarebbe assolutamente riduttivo; diverse volte non ho condiviso le sue decisioni, mentre in molte altre circostanze sono persino riuscita a ritrovarmi un po’ in lei, e non posso negarti che sia stato amore a prima vista – o forse sarebbe meglio dire a prima lettura – con questa tua meravigliosa creatura.
Sally ama, soffre, e soprattutto lotta per farsi spazio in questo mondo, e alla fine non può più aspettare. Forse, semplicemente, perché lei non è nata per aspettare: lei non può stare lì a guardare, a contemplare passivamente il susseguirsi degli eventi davanti ai suoi occhi; lei è stanca, esausta, e sarebbe impossibile darle torto. Ma qui ritorneremo dopo: voglio procedere per ordine, o almeno ci provo – sto buttando giù questa recensione a più riprese, e ho impellente bisogno di ordinare le migliaia di idee che si affollano nella mia povera testa, quindi mi scuso sin da adesso per la possibile sconclusionatezza di alcuni discorsi e per l’altrettanto possibile dimenticanza di alcuni punti che avrei voluto trattare. :)
Tornando indietro ai primi capitoli, ci imbattiamo immediatamente in questa giovane donna che, è necessario ricordarlo, si fa amare sin dalle prime battute. Questo rapporto così intenso e tormentato tra lei e il Dittatore ha fatto in modo che io giocassi a ping-pong con il mio cuore fin da subito, dal momento che loro due, insieme, sono stati la mia “croce e delizia” durante la mia full immersion in questo tuo splendido capolavoro.
Ogni istante da te descritto è puro oro, ed io non ce l’ho fatta a non lasciarmi trasportare da tanta bellezza. Sally e Noel che sono la stessa cosa, che vivranno per sempre, nonostante tutto. Questo legame che prende forma in una Burnage che fa avvertire la sua presenza in ogni circostanza: sotto la pelle, fino alle ossa. Un legame che non potrà mai essere spezzato, contro il quale neanche Nick, a conti fatti, ha mai potuto nulla.
Nick, così tipicamente borghese e “ordinario” di natura, che con Sally non c’entra proprio niente. Lui non ha nulla a che vedere con quel mondo, e ha spesso dimostrato di non poterlo capire in alcun modo. Nonostante le sue mirabili qualità e la sua straordinaria dolcezza, ha urtato le mie povere sinapsi non poche volte, e con regolare frequenza mi sono chiesta come facesse la nostra bella bionda a reggere questa vita che così poco le si addiceva, a maggior ragione dopo i suoi ritorni a/da Manchester.
Ho a dir poco amato i tre capitoli della corrispondenza epistolare tra Sally e il “fottuto Bonehead”, dove abbiamo potuto assistere con una stretta al petto ai tentativi della prima di rimettere insieme ciò che rimaneva di se stessa dopo il passaggio dell’Uragano Gallagher, che tanto le ha dato ma, al contempo, tanto le ha tolto. Confesso che, quando ha gettato la lettera destinata a Noel, mi sono lasciata andare in un “Vaffanculo, Sal” carico di esasperazione, evidentemente alimentata dalla cocciutaggine di quei due e dalla loro eccelsa abilità di complicare ogni cosa. E, a proposito dei tre capitoli in questione, mi ha fatto sorridere la piccola incursione di OurKid, e ne approfitto per dirti che anche con lui hai fatto un ottimo lavoro. Liam è caratterizzato maledettamente bene, e la sua idiozia e il suo perenne entusiasmo sono perfettamente miscelati a quegli attimi di goffa serietà che lo rendono perfettamente credibile. Riesce a dimostrare l’immenso affetto che nutre per Sally in maniera spontanea, con quel suo pizzico di impulsività che fa sorridere: in poche parole, in un eccelso Weetabix Style.
Ancor meglio tratteggiato è il caro Natalino, e penso che meglio di così tu non potessi proprio fare. È perfettamente lui, con i suoi modi bruschi e autoritari, con il suo volere tutto e subito e come lo vuole lui, ma soprattutto con quell’anima profonda e in continua lotta contro se stessa che emerge in ogni singolo suo gesto. L’amore per Sally che non vuole ammettere, il suo modo di volerla accanto a sé, come le sue premure nei suoi confronti – a mio parere, mosso anche un po’ dal senso di colpa, come abbiamo visto dopo l’incidente – non fanno altro che far sospirare il mio cuore, già eccessivamente sensibile di suo. La sua ironia, poi, e il suo costantemente spiazzante modo di fare, sono l’immancabile ciliegina sulla torta. In tal senso, riporto una frase che hai scritto nelle note dell’autore alla fine di un capitolo: “Chi non è un Madferit non sa cosa vuol dire amarti”. Mai parole furono più vere di queste, e mi permetto di aggiungere che è quasi impossibile tentare di spiegare a chi non è un Madferit cosa tutto ciò significhi.
Per quanto riguarda la caratterizzazione del Dittatore, preferisco fermarmi qui, semplicemente perché rischierei di scrivere un papiro a riguardo. Mi limito a queste “poche” parole, lasciandomi trasportare però da un incontenibile applauso senza fine.
È stato emozionante, poi, assistere alla nascita e all’ascesa al successo dei nostri mancuniani preferiti: sei riuscita a farmi avere l’impressione di trovarmi lì con loro, al Boardwalk come al Maine Road, passando per la genesi di Definitely Maybe, per quella di (What’s the Story) Morning Glory?, per la battaglia del Britpop, per i Brit Awards del ’96, arrivando a quello che, probabilmente, è stato il periodo più difficile, in cui si è rischiato di affondare e di non ritornare più in superficie. Sono stata in grado di respirare l’atmosfera di quegli anni, di gioire e soffrire con Loro, di condividere le emozioni e il dolore di una Sally che – lo ripeto ancora una volta – potrebbe perfettamente esistere. Anzi, ho avuto tante volte il presentimento che lei fosse davvero lì, con i suoi capelli biondi e la sua macchina fotografica, e con quegli occhi intenti a cercare quelli di un uomo che, nella sua grandezza, ha sempre avuto bisogno di lei per non cadere nel baratro.
“Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”, verrebbe da pensare. Quella donna, immensa donna, è Sally. Colei che ha ispirato alcuni dei più grandi capolavori degli ultimi vent’anni – e non solo –, primo tra tutti Don’t Look Back In Anger, la cui nascita da te descritta mi ha regalato una carrellata di emozioni indescrivibili. Leggere della propria canzone preferita in tal modo è… incredibile. L’ho sempre sentita mia, sulla pelle e sotto di essa, dentro le ossa, fino all’anima. Un’anima che scivola via ogni singola volta che quella melodia mi arriva addosso, diventando io stessa la Sally cantata dalla voce di Noel. Credo che chiunque abbia questa canzone particolarmente impressa nel cuore si ritrovi spesso in lei.
Gli ultimi capitoli possono essere paragonati a una raffica di pugni dritti allo stomaco – prendilo come l’ennesimo complimento, ovviamente. Ogni cosa sembra sul punto di crollare, di dissolversi in una nube di fumo tossico, e ogni singola parola trasuda quell’angoscia e quella sofferenza che, posso giurarlo, mi hanno presa in pieno durante le battute finali di questa immersione. Emozioni che stavano diventando devastanti per la vita di Sally, che giustamente non ce la fa più, e qui torniamo al discorso di parecchie frasi fa: Sally non può aspettare, ed è sacrosanto che non lo faccia.
È suo diritto arrabbiarsi, è suo diritto non sopportare la presenza di Meg – e mi chiedo come abbia fatto a sopportarla Lui –, è suo diritto salvarsi dall’autodistruzione, e soprattutto è suo diritto – e aggiungerei anche dovere – andarsene via e spiccare il volo. Una decisione che le – e ci – spezza il cuore, ma è la più sensata e sana possibile.
Si potrebbe pensare che sia questo, l’epilogo del loro amore, ma la verità è che certi amori non potranno mai finire. Continueranno a rincorrersi, a inseguirsi, e forse si ritroveranno. O magari rimarranno divisi per sempre, nonostante il filo che li lega sia resistente e indissolubile.
D’altronde, ho notato che hai iniziato a pubblicare il sequel, quindi non ci resta che aspettare di sapere cosa il Masterplan abbia in serbo per loro.
Mi ci fionderò il prima possibile, promesso. Devo solo ricaricare il serbatoio di lacrime, ma ci sto lavorando.
Nel frattempo, mi inchino.
Part of the Masterplan, sei eccezionale.
Un abbraccio,
Jules
Ps. Spero mi perdonerai per la lunghezza spropositata di questa recensione – o almeno è quello che dovrebbe essere –, ma non sono riuscita ad essere più sintetica. Tendo sempre ad esagerare, ahimè! Anche la tendenza alla “logorrea” è un dramma esistenziale. |