Recensioni per
Le creature fanno conoscenza
di Entreri

Questa storia ha ottenuto 16 recensioni.
Positive : 16
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
14/07/20, ore 12:15

Ciao!
Non so davvero come iniziare questa recensione, forse partendo da delle scuse. E da una giustificazione, per quanto inutile e davvero banale, ma sincera fino al midollo: avevo dimenticato di leggere questa storia.
Per ragioni personali, ho abbandonato per un po' di tempo efp, il forum e il mondo dei contest in generale, e non avevo più pensato alla promessa che ti avevo fatto. Soltanto qualche mese fa, quando ho indetto il primo contest dopo "La magia delle parole", riguardando l'email ho ritrovato la tua storia e ho ricordato.
È passato più di un anno, e probabilmente avrai dimenticato me e il mio contest, e ancora più probabile non te ne fregherà nulla di questa recensione (non so neanche se la leggerai, la tua ultima storia pubblicata risale a due anni fa), ma io per mia natura - anche con un mostruoso e vergognoso ritardo - devo mantenere la promessa che ti avevo fatto.
Cercherò, seppure in una semplice recensione senza punteggio, di trattare tutti i punti fondamentali della valutazione che avresti dovuto ricevere se avessi partecipato al contest.
Allora, grammatica.
Ho trovato soltanto semplici refusi, piccoli errori che possono sfuggire durante la revisione della propria storia. Te li riporto di seguito:

compresivi -> comprensivi
un’innocenza sollevata -> Questo non è un errore, ma ho trovato quest'espressione un po' contorta. Credo sarebbe più corretto invertire sostantivo e aggettivo, nel senso "sollievo innocente".
per quando intensamente avesse bramato udirle -> per quanto
di una spiaggia Greca -> "greca" dovrebbe andare in minuscolo

Riguardo allo stile.
È uno stile semplice nel suo insieme ma ricercato nella formulazioni di alcuni passaggi e nella ricercatezza di alcuni termini (che personalmente non mi dispiacciono), con periodi piuttosto lunghi, e un uso abbondante degli aggettivi. Ci sono alcune espressioni, come quella segnalata sopra (innocenza sollevata) che rendono meno fluidi alcuni passaggi, ma nel complesso trovo che tu abbia cercato di “alzare” un po’ l’asticella della forma per avvicinarti maggiormente al contest e alla tematica. Trovo anche che una commistione di termini più “ricercati” si adatti al tipo di dialogo che viene messo in scena: tra un personaggio nobile e la sua creatrice (la scrittrice). Trovo quindi che lo stile, in una qualche misura, rispecchi da una parte la semplicità della realtà – una notte come tante altre, in una stanza da letto come tante altre, ma dall’altra la stravaganza del momento – l’incontro tra la scrittrice e il suo personaggio. L’elaborazione di alcuni passaggi tende a rendere l’offuscamento della notte, di questo evento a metà tra la realtà e il sogno. Nel complesso, per una questione di comprensione, però, io consiglio di rivedere alcune combinazioni. Soprattutto per quanto riguarda l’uso abbondante di aggettivi, in alcuni paragrafi vi è la sensazione che siano davvero troppi, che tendano ad “abbellire”, ma soprattutto a dare troppe informazioni, quando invece io avrei preferito qualcosa di più snello, più limitato.
In generale, rivedrei la punteggiatura e le pause, di conseguenza.
Avrei utilizzato meno il punto-virgola per dare pause più forti ed esaltare così alcuni passaggi come, per esempio:

Al dolore sommesso e dilaniante di quelle parole, invece, mi era impossibile rendermi sorda: perché quelle parole erano mie, erano quelle che avevo scelto di non usare per descrivere la sua morte, preferendo loro la drammaticità del fatto compiuto; le parole erano mie, ma la sofferenza era la sua e in quella pena straziante espressa con pacatezza rassegnata mi parvero acquisire una forza nuova, una verità che io non ero riuscita a dare loro. -> Al dolore sommesso e dilaniante di quelle parole, invece, mi era impossibile rendermi sorda: (ci sono i due punti, si dà per scontato che quel che segue sia una spiegazione, quindi la frase acquista più impatto diretto senza il “perché”) quelle parole erano mie, erano quelle che avevo scelto di non usare per descrivere la sua morte, preferendo loro la drammaticità del fatto compiuto. Le parole erano mie, ma la sofferenza era la sua; e in quella pena straziante espressa con pacatezza rassegnata mi parvero acquisire una forza nuova, una verità che io non ero riuscita a dare loro.

Anche il modo in cui continua il paragrafo:
Visti da vicino, la sua morte e il suo dolore mi sembrarono meno romantici e lirici, più crudeli e ingiustificabili; mi parve gridassero vendetta al cospetto di Dio e fu terribile realizzare che non l’avrebbero mai avuta, perché era Dio, perché ero io, ad essere colpevole. -> Qui credo che tu abbia più frecce nel tuo arco. Potresti limitarti a mettere una virgola prima di “e fu”, per evidenziare il cambio soggetto. Ma io andrei su qualcosa di più forte, mettendo un punto deciso o proprio prima di “e fu” o addirittura metterei una virgola lì e un punto prima di “perché”.

Poi ci sarebbe delle intonazioni da correggere. Per esempio:
Lo sapevo, ovviamente, perché non chiederemmo tutti la stessa cosa al cospetto di Dio? -> Io scriverei “Lo sapevo, ovviamente. Perché, non chiederemmo tutti la stessa cosa al cospetto di Dio?”

Essendo prima persona narrante, secondo me, spezzare la continuità del “parlato”, rendere la voce con pause più forti, interruzioni, e altri espedienti simili la renderebbe più emotiva, più vera. Detto questo, però, trovo che la prima persona sia perfetta per questo tipo di storia, una storia che sembra quasi autobiografica e in cui a me sembra essere stato messo in atto un gioco di comparazione trasversale. Ciò che intendo è che si ha questo continuo scambio di posto tra dio-narratore/scrittore-personaggio. E tutta la vicenda di Sorot sembra in qualche modo riflettere lo spaccato di vita della protagonista attraverso le domande e le accuse del suo stesso personaggio. Il bello di questa storia, ed è ciò che me ne ha fatto innamorare, sono le diverse chiavi di lettura in cui si può leggere. Forse è tutto nella mia mente, ma io ho letto una storia in cui si afferma che “chi scrive mette sempre, volente o nolente, qualcosa di suo nella trama e nei personaggi”, che “si scrive solo di ciò che si conosce” e che “la scrittura è catartica, e non sempre e non subito ce ne rendiamo conto”. La protagonista/voce narrante/scrittrice comprende questo attraverso questo incontro: Sorot, secondo me, rappresenta lei più di quanto possa fare Galoth, che nonostante ciò è il suo preferito. La rappresenta in quel momento, perché la costringe a prendere il posto di quello stesso Dio a cui forse lei imputa alcuni avvenimenti della sua vita (e chi non lo fa, aggiungerei). Il modo in cui tratti la tematica del divino è elegante, originale e profonda. Questa storia è sicuramente piena di riflessione, e il dialogo tra i due – mortale e divino, personaggio e scrittrice – non è semplicemente che il contenitore, la cornice, il guscio. È una storia con messaggi meta-testuali molto forti e ben trattati, soprattutto. Hai fatto, da questo punto di vista, un ottimo lavoro.
Passando ai dialoghi, che sono i veri protagonisti insieme all’introspezione della protagonista – che grazie alla prima persona diventa una vera e propria lettura immersiva e totale (ecco perché trovo che la prima persona sia perfetta per le tematiche, ti permette di renderle con un occhio soggettivo, personale, e soprattutto ti consente di trattarle da vicino pur mantenendo un certo grado di delicato distacco, filtrando un messaggio molto potente; inoltre ti ha permesso di filtrare anche descrizioni e narrazione, in modo da inserirle nel contesto senza renderle protagonista, ma commentandole, impregnandole di interiorizzazione. Questo ti ha aiutato a rendere al lettore un aspetto visivo senza per questo spezzare l’atmosfera creata) – trovo che questa storia sarebbe stata perfetta per il contest, perché è proprio attraverso la parola che ogni cosa si svolge, ed era proprio la parola (non del narratore, ma del personaggio) che volevo che il tema del contest venisse sviluppato. I dialoghi sono ben resi, caratterizzanti dei personaggi (mi piace il modo in cui hai reso il parlare di Sorot posato, pacato, in contrapposizione con le frasi meno altisonanti ma più lunghe e incerte della protagonista), esprimono davvero bene le loro sensazioni ed emozioni, il loro diverso modo di parlare, e sono loro a portare avanti la tematica, a innescare l’evoluzione dei due personaggi. Attraverso il confronto, questo dibattito, vengono a galla i vari particolari e la presa di consapevolezza di entrambi. Mi piace che la “crescita” passi attraverso la comunicazione, anche questo è un altro messaggio bello e significativo.


Trama e personaggi
Bellissimo il paragone tra Dio e lo scrittore, nonostante la metafora gioca molto su questi due ruoli, a me ha dato molto su cui pensare, proprio a livello metafisico. Non si tratta della religione in cui credi, ma più semplicemente sull'identità, qualunque essa sia (se ci sia) in cui ognuno di noi crede, e più esattamente si tratta di interrogarsi sulla sua natura. Benevola? Maligna? Incurante? Incapace? Più debole di quanto pensiamo in realtà? Troppo grande per notarci? Semplice osservatore? E' un argomento che mi affascina tantissimo.
So che non c'entra niente, ma una volta in un libro ho letto (era un fantasy e il discorso è più lungo e complesso di così) che dio in realtà doveva essere donna, e che come tutte le madri che mettono al mondo i propri figli poteva soltanto guardarci muovere i nostri passi, piangere con noi i nostri fallimenti e dolori, senza la forza di intervenire, tutto il suo potere immenso speso per darci vita.
Altra cosa che mi ha colpito è il discorso sui personaggi, e cu ciò che attrae, che ci coinvolge maggiormente. Il discorso tra pathos e dolore, ma soprattutto l’umanità (inumanità) dei personaggi. Ho letteralmente adorato il modo in cui hai parlato del dramma che chi scrive fa vivere, ed è vero, io ho ritrovato me nelle tue parole: più un personaggio lo si ama, più lo si fa soffrire. Così come mi è piaciuto il passaggio in cui le parole della descrizione di Sorot, pronunciate da lui, si spogliavano di tutta l’epicità restando crude, brutali. Ed ecco che il paragone con un dio che scrive una bella storia (la nostra storia) cercando di renderla memorabile, e quindi dolorosamente epica, mi ha conquistato.
Altrettanto significativo e crudelmente vero è il discorso sulla bontà. È una di quelle verità scomode ma che vengono attuate dalla mentalità di tutti i giorni. Chi è buono viene scambiato molto spesso per un cretino, un fessacchiotto. Mentre ci vuole davvero tanta forza per restare buoni in mezzo a tanta derisione e dolore. Mi par di capire che in questo Sorot ci sia riuscito, perché anche davanti al suo dio, nel momento più amaro dove il suo pagamento per tutta la bontà mostrata è stata la morte, la sua bontà non è fatta a pezzi dallo sconcerto, dalla rabbia, dal senso di ingiustizia. Ma solo profonda amarezza, forse a tratti delusione. Ma in fine dei conti, con questo atteggiamento, Sorot dimostra di essere forte. Forse dio l’ha deluso, ma non è riuscito a cambiare la sua natura. E restare fedeli a se stessi è una grandissima vittoria, al di là dei meriti che vengono riconosciuti.
Ottima cura nella caratterizzazione del personaggio, sia di Sorot, ma anche in realtà della protagonista/voce narrante, la quale ha reazioni più che comprensibili, anche se ammiro la sua "pacatezza" (al suo posto avrei serrato gli occhi, sudato freddo e non avrei mosso più un muscolo fino all'indomani, con la luce del giorno... sì, sono un cuor di leone). L'idea che sia Sorot a prendersi cura del suo Dio, poi, riesce a donare umanità a qualcosa che nella concezione generale è onnipotente e, quindi, perfetto, che non conosce fastidio o sofferenza. Mentre il Dio di Sorot è ignorante, fragile, spaventato e anche bisognoso di aiuto.
E infine, la parte che ho preferito:

- «Non dovresti amarci tutti allo stesso modo?»
Avrei voluto saperlo, ma non potevo rispondere per Dio, così cercai di rispondere per me stessa, sopportando l’inquietante consapevolezza che per Sorot non vi fosse alcuna differenza. → La risposta che dà la protagonista è forte, spietata, ma non per questo meno profonda. Una tragica armonia. Serve il complementare dell’opposto per esaltare l’amore, la bellezza. Ancora una volta, contrasto. Equilibrio.

E ancora:

- «Perché dici “in una storia”?»
Non era l’interrogativo che mi aspettavo e la sua risposta era surreale quanto la situazione in cui mi trovavo, tuttavia non mi tirai indietro.
«Perché per me non era altro che una storia. Non ho mai inteso creare un mondo, se non come un grande racconto e non nel senso comune per cui Dio crea tramite la propria parola: ho parlato di te, ne ho scritto e attraverso la mia narrazione altri ti hanno conosciuto, ma non ho mai pensato che un giorno ti avrei incontrato, che saresti stato vero, vicino.» → Anche questa è una cocente verità. Ed è trasversale, perché fa riflettere a diversi livelli. Se la gente venisse a tu per tu con le conseguenze delle sue azioni, le più banali, forse agirebbe con mi assennatezza. Mi fa pensare a quanta influenza può avere un nostro ingenuo gesto, o un commento banale sulla vita di chi ci sta attorno.

Tornando un momento veloce ai personaggi, posso dirti che ho amato (e anche il modo in cui lo hai fatto, la trama è scorrevole proprio perché passa attraverso questo dialogo introspettivo) persino Galoth, perché lo hai presentato attraverso le cicatrici che lo hanno segnato, perché pur capendo che era l’antagonista di Sorot non era il “cattivo perché cattivo”, aveva un motivo, una ragione, anche lui era stato ucciso, ma più lentamente di Sorot. E adesso ti sorprenderò, ma amo di più Sorot. Nonostante di solito amo i cattivi, nonostante il fascino delle persone carismatiche, credo che Sorot, nel suo incontro con dio, si sia riscattato, perché ha mostrato davvero che tipo di forza c’è dietro alla bontà. E io non posso fare a meno che ammirarlo. Con la sua posatezza, eleganza e amarezza anche ha ferito, non solo la sua creatrice ma anche me lettore. Anche lui sembra non avere scelta, in un certo senso, come Galoth è condannato dal suo buon cuore a mostrarsi sempre gentile e controllato (penso al modo in cui si è preso cura della protagonista quando ha avuto un brivido). È ed è una condanna diversa, meno oscura, ma non per questo non meno dannata.
Posso dire che questa storia non poteva avere finale migliore? Sembra quasi che baciandolo, accettandolo e trovando dio la pace, abbia inglobato il personaggio, lo abbia fatto passare oltre, come se l’incontro con dio fosse avvenuto sulla soglia di un “altro luogo”. In un certo senso, Sorot rappresentava, secondo me, il lato fragile della protagonista stessa. Una fragilità ma soprattutto un’amarezza che lei nascondeva sotto cumuli di odio ma che, grazie a quell’incontro, ha finalmente accettato e imparato ad amare, perché ha capito che doveva perdonare quel lato di sé, doveva riconoscerli la sua importanza, la sua forza. Alla fine, questo dialogo ha aiutato entrambi.
Inutile aggiungerlo a questo punto, ma la storia avrebbe rispettato appieno la categoria per la quale doveva concorrere, anche se forse avresti perso qualcosina per il fatto che la morte del personaggio era avvenuta prima dell’inizio della storia, e che in realtà è vero che dà il motore a questo incontro, ma è anche vero che ne determina inizio e fine, non stravolge la trama.
Complimenti per la storia, l’ho aggiunta alle ricordate. Grazie per avermela proposta, grazie anche per averla scritta. E scusami, se puoi.
A presto!

Recensore Junior
26/07/15, ore 19:52

Eccomi qui, finalmente ho trovato un po’ di tempo per scrivere queste benedette recensioni premio! :D
Dunque, ho deciso di iniziare col recensire questa storia perché l'avevo già letta mesi fa e ricordo che mi aveva davvero colpita. E in effetti, rileggendola adesso, mi rendo conto che è impossibile non restarne colpiti, o almeno rifletterci su un po’. Che uno scrittore sia per i suoi personaggi ciò che per i religiosi è un Dio è qualcosa a cui non avevo mai pensato. Che lo scrittore debba poi rendere conto a uno dei suoi personaggi di ciò che ha scritto, di ciò che ha scelto, di ciò che ha amato... Davvero un'idea originale e profonda. Come ho detto, questo racconto dà molto su cui riflettere, complimenti.

Elisaherm

Recensore Master
08/11/14, ore 12:24

GIUDIZIO PER AVER PARTECIPATO AL «SUMMER CONTEST PER STORIE EDITE»
«LE CREATURE FANNO CONOSCENZA» DI ENTRERI

Era quello che faceva quando qualcosa lo tormentava, nascondersi dietro verità rilevanti solo in parte, incapace di parlare apertamente del proprio turbamento quanto di celarlo del tutto.
«È scritto nel Libro che quando moriremo incontreremo Dio faccia a faccia.»


- Sviluppo della trama e dei personaggi
Da un certo punto di vista, la tua storia mi ha ricordato un libro di J.R. Ward, in cui l'autrice stessa immagina di incontrare i personaggi dei suoi libri e di far loro una piccola intervista, inserendo così cose che nei racconti originali non sono presenti.
Non ho idea di chi sia Sorot, non so nulla di ciò che lo caratterizza se non le poche cose che sono state raccontate qui, ma devo comunque dire che ha un suo fascino e non mi è stato poi molto arduo comprendere i suoi modi di fare nonostante sia completamente estranea al suo intero essere.
Quando si tratta di spin off o comunque di racconti in cui viene presentato un protagonista presente in un'altra storia, si ha sempre una vaga sensazione di vuoto per la mancanza di tutti gli elementi, ma, fortunatamente, qui non è stato del tutto così. Le lacune ci sono, certo, però solo per il fatto che magari ho pensato io stessa di volerne sapere un pochino di più, in modo da comprendere maggiormente questo Sorot.
Attraverso le tue parole, gli hai dato vita anche in questa storia e hai fatto sì che anche chi non lo conoscesse avesse un piano ben preciso per quel che riguardava la sua caratterizzazione e il suo modo di porsi, quindi tanto di cappello per essere riuscita a destreggiarti in questo modo senza spiegazioni troppo inutili, ma semplicemente mirate a far comprendere.
Difficile parlare di originalità, avendo già letto qualcosa di simile in passato, ma il tema dell'autore che incontra i propri protagonisti ha sempre un certo fascino, un qualcosa che riesce a catturare l'interesse per vedere come lo scrittore potrebbe destreggiarsi in una situazione simile che potrebbe anche sembrare assurda, e se da un lato l'ho apprezzata, forse dall'altro il suo ruotare unicamente su quelle situazioni ha fatto perdere un pochino di punti che avrebbero comunque potuto dar maggiore forza alla narrazione.
Ci si ritrova, dopo il risveglio della voce narrante, dinanzi a questo protagonista che sembra pacato anche nei modi, per quanto non si riesca bene a rispondere alle sue domande quando rende così grave e veritiera la sua fine: è morto, ma ciò che proprio non comprende è perché abbia dovuto affrontare una rale sorte e pretende dunque che sia il suo creatore a dargli la spiegazione di cui necessita, non accettando delle semplici scuse. E chi mai lo farebbe? Il suo dolore e la sua sofferenza, quando parla, sono palpabili e distruttive, una sorta di peso che si stabilisce proprio al centro del petto e non ha intenzione di andare via.
Il tutto diventa sempre più opprimente mano a mano che la storia prosegue, ponendosi su temi profondi e sul perché di una determinata morte o un determinato amore, domande a cui si può provare a dare una risposta ma che non sarà mai del tutto compresa, ed è proprio ciò che accade a Sorot: Dio ama indiscriminatamente, dunque perché quello stesso Dio sembra provare empatia per chi ha sofferto di più? Perché Dio è un essere capriccioso, risponderei. Ma io non sono Dio né tanto meno l'autrice, e qualunque risposta sarebbe comunque qualcosa di inconcepibile.
Struggente il finale, degna conclusione di una storia che si apriva con toni drammatici e cupi.

- Sintassi, stile & grammatica
Hai un ottimo stile descritto che non si perde in inutili giri di parole che potrebbero appesantire la frase, e questo, da un certo punto di vista, è sicuramente un ottimo modo per fa calare maggiormente il lettore all'interno della storia, senza far sì che si ritrovi davanti agli occhi cose che magari sul momento non comprende e che potrebbero solo confonderlo.
Anche il lessico è perfetto, ricercato senza però apparire troppo pretenzioso, lasciando il tempo che trova e facendo comprendere il tutto. Ci sarebbero giusto un paio di accorgimenti da fare per quel che riguarda un po' la punteggiatura, ma nulla che non possa essere sistemato in un attmo.
Qui di seguito, ti appunto ciò che intendo dire:

se allungato la mano nel levarmi a sedere avrei potuto toccarlo → “se nel levarmi a sedere avessi allungato la mano, avrei potuto toccarlo”
desiderando vivamente che dicesse qualcosa, Sorot → “desiderando vivamente che Sorot dicesse qualcosa”
Mi sorrise, sospirando leggermente e seppi prima di sentirla che la sua replica sarebbe stata vaga e sfuggente → “Mi sorrise e sospirò leggermente. Seppi, prima ancora di sentirla, che la sua replica sarebbe stata vaga e sfuggente”
È scritto nel Libro che quando moriremo incontreremo Dio faccia a faccia. → “È scritto nel Libro che, quando moriremo, incontreremo Dio faccia a faccia.”
quella pena straziante espressa con pacatezza rassegnata mi parvero → “quella pena straziante, espressa con pacatezza rassegnata, mi parvero”
Raccolsi le gambe al petto, stringendole fra le braccia, con l’inevitabile → “Raccolsi le gambe al petto e le strinsi fra le braccia, con l’inevitabile”
erano bottoni d’osso intarsiato, fissati con filo dorato alla migliore seta di Darme e non potei che immaginare l’orrore con il quale l’intera sartoria che si era affaccendata intorno all’abito del proprio sovrano ne avrebbe accolto l’accostamento con il mio pigiama scolorito e macchiato di varechina. → “erano bottoni d’osso intarsiato, fissati con filo dorato alla migliore seta di Darme, e non potei che immaginare l’orrore con il quale l’intera sartoria, che si era affaccendata intorno all’abito del proprio sovrano, ne avrebbe accolto l’accostamento con il mio pigiama scolorito e macchiato di varechina.”
Quando vi trovate dinnanzi a re chiamati “il buono” e “il pio” potete stare certi di trovarvi di fronte ad un sovrano debole → “Quando vi trovate dinnanzi a re chiamati “il buono” e “il pio”, potete stare certi di trovarvi di fronte ad un sovrano debole”
Da un certo punto di vista può essere vero, c’è una debolezza che viene spacciata per bontà, ma c’è anche molta bontà che non ha nulla a che vedere con la debolezza. Sei stato un uomo buono e un buon imperatore. → “Da un certo punto di vista, può essere vero. C’è una debolezza che viene spacciata per bontà, ma c’è anche molta bontà che non ha nulla a che vedere con la debolezza. Sei stato un uomo buono e un buon imperatore.”
Sedette lentamente, un sorriso sarcastico a deformargli il volto, posò le mani sulle ginocchia stringendole con forza → “Si sedette lentamente, un sorriso sarcastico a deformargli il volto, posò le mani sulle ginocchia e le stinse con forza”
Deglutì e abbassò lo sguardo, gravato dal fardello di quell’ammissione e io non potei → “Deglutì e abbassò lo sguardo, gravato dal fardello di quell’ammissione, e io non potei”
Levò il capo di scatto → “Levò di scatto il capo ”
Sgranò gli occhi e nelle sue iridi chiare non fui in grado di scorgere → “Sgranò gli occhi e, nelle sue iridi chiare, non fui in grado di scorgere”
Codardamente desiderai nascondere → “Desiderai codardamente nascondere”
Nell’ansia che mi causava quella vista notai, forse per la prima volta, → “Nell’ansia che mi causava quella vista, notai, forse per la prima volta,”
mentre i miei polpastrelli sfioravano la sua nuca bagnandosi del sangue umido sul suo cranio fracassato → “mentre i miei polpastrelli sfioravano la sua nuca, bagnandosi del sangue umido sul suo cranio fracassato”

- Parere personale
All'inizio non sapevo bene come come catalogare questa storia, visto che mi mancavano le basi per conoscere il protagonista di questa one-shot e credevo quindi di non riuscire a provare nessuna empatia nei suoi confronti. Mi sbagliavo. Da quel poco che si è compreso, lui è morto nella storia originale e si ritrova dinanzi alla sua creatrice, credendo che sia per l'appunto Dio, e alla negazione sull'esser morto risponde che, effettivamente, è proprio ciò che è accaduto.
Se mi trovassi sinanzi ad uno dei miei personaggi, ai quali capitano sempre cose orribili in perfetto stile G. R.R. Martin, non so come reagirei; forse mi verrebbe un attacco isterico e proverei a fuggire lontano da loro, in preda ad un senso di colpa che non si fa invece vedere quando scrivo. Mi sono dunque un po' immedesimata nella voce narrante, imparando pian piano ad apprezzare tale storia.

Nuovo recensore
17/10/14, ore 22:35

Valutazione ricevuta al contest "And the winner is..." indetto da Gnrlove/JonS e Releeshahn/Aleena

PRESENTAZIONE GENERALE PER TUTTI I PARTECIPANTI AL CONTEST
Ciao! Innanzitutto volevo ringraziarti per aver partecipato al contest ed aver messo in gioco le tue doti di scrittore in erba. Dunque, come avrai visto (ripeto così, per cronaca) nel contest non è stata giudicata la parte inerente alla grammatica; quindi nel giudizio riportato di seguito potrebbero comparire dei suggerimenti riguardanti questo aspetto ma che sono irrilevanti per quanto concerne il posto in classifica e i vari premi vinti. Dunque ti lascio alla mia personale visione della storia e a quello che ho pensato leggendola. Ricorda che è la mia prima volta come giudice, quindi gradirei mi lasciassi due o tre minuti di vantaggio, prima di inseguirmi con la vanga in mano.

ASPETTI NEGATIVI DELLA TUA STORIA
In generale non ho riscontrato aspetti negativi.

ASPETTI POSITIVI DELLA TUA STORIA
All'inizio quando mi sono trovata a dover giudicare la tua storia ero combattuta perché avrei preferito che avessi scelto un pacchetto per poter dare un volto a questi personaggi e vedere se rispecchiavano quelli che avevamo assegnato; questo piccolo inghippo si è magicamente risolto quando hai fatto una scelta che mi ha aiutata a visualizzare nella mia testa i personaggi. Ma ora veniamo alla storia: questa si scioglie in un sinuoso andirivieni di dialoghi ben studiati e dal retrogusto leggermente romanzato fatti a cuore aperto tra due personaggi, il creatore e ciò che resta della penna su un foglio, un personaggio che ricerca, entrando nel buio della camera della creatrice, una spiegazione, una motivazione tanto agognata da essere contemporaneamente la tortura e la ragione di sopravvivenza di uno spirito che si crede dimenticato e abbandonato da una divinità a cui pone domande e verso cui cerca un appiglio per non cadere nell'oblio dei ricordi di carta; e questa divinità dall'altro lato, che mi piace pensare come una generatrice, che si ritrova come nuda di fronte a lui, spogliata delle sue certezze e insicura di fronte alle motivazioni per cui ha cancellato l'esistenza fittizia di un personaggio che è invenzione della sua mente e che pertanto torna li a tormentarla e a cercare un confronto che lei nella sua "fragile" umanità non saprà mai darli. C'è una frase di un film che mi ha ricordato il tuo racconto ed è: "la madre è dio agli occhi di un figlio" che per la tua storia potrebbe tradursi in "ogni scrittore è dio agli occhi dei suoi personaggi".

NOMINATION DATE DA GNRLOVE
Ti ho candidata per le categorie: "Miglior Film", "Miglior Attore Protagonista", "Miglior Attrice Protagonista".

Recensore Veterano
17/10/14, ore 21:50

Valutazione ricevuta al contest "And the winner is..." indetto da Releeshahn/Aleena e Gnrlove/JonS

Parto col dirti che sono felice che alla fine tu abbia scelto un pacchetto: anche la classifica è un po' un "in più" in questo contest, te l'ha fatta scalare e di questo sono contenta, visto che la tua storia meritava il podio. Poi, ti segnalo subito qualche neo nella punteggiatura che mi è saltato agli occhi, nel caso ti andasse di dargli un'occhiata:
dicesse qualcosa, Sorot, però >> dicesse qualcosa; Sorot, però
Sorot scuotere il capo divertito, infine scorsi sua madre, severa e arcigna nel suo abito a lutto, accusarlo in silenzio della morte del proprio primogenito e la scena perse all’improvviso ogni traccia della sua patina dorata. Galoth sarebbe rimasto Galoth: un trono d’oro non avrebbe cancellato le percosse di suo padre, né l’odio di sua madre, la dolce Isolle di Indekel sarebbe morta lo stesso e così il loro bambino non nato, fra lui e Sorot (…) >> Sorot scuotere il capo divertito. Infine scorsi sua madre, severa e arcigna nel suo abito a lutto, accusarlo in silenzio della morte del proprio primogenito, e la scena perse all’improvviso ogni traccia della sua patina dorata. Galoth sarebbe rimasto Galoth: un trono d’oro non avrebbe cancellato le percosse di suo padre, né l’odio di sua madre; la dolce Isolle di Indekel sarebbe morta lo stesso e così il loro bambino non nato; fra lui e Sorot (…)
La tua one-shot è fra quelle che mi hanno fatto riflettere di più: sapevo cosa avrei trovato grazie all'introduzione, e la trama di base mi era abbastanza chiara; ma quello che mi ha colpita di più è il modo in cui hai saputo dare vita al tuo personaggio. Vita, si, perché Sorot è così lontano dalla te che descrivi da dare veramente l'impressione di un dialogo fra due entità distinte e non l'uno frutto della mente dell'altra. Lo sforzo creativo c'entra poco, secondo me: il vero merito è il fatto che tu abbia delineato Sorot in una maniera così perfetta e precisa da renderlo una persona a sé e non un derivato di te, e che tu conosca il tuo personaggio così profondamente da poter conversare con lui come se le sue parole non fossero anche le tue. Non ti dai scuse, non svicoli dagli attacchi né, cosa più importante, cadi nel baratro dei dialoghi vuoti e stereotipati: il tuo personaggio sembra non seguire altro copione se non la motivazione iniziale, l'imput che hai dato alla tua storia: il bisogno di sapere. Egli è così profondamente caratterizzato che questo rende plausibile tutta la storia, avvalorandola; e tutto questo lavoro, secondo me, denota un amore verso Sorot che è commovente e ammirevole - perché l'avresti costruito così perfettamente, se in realtà non lo amassi?
Mi sono messa a pensare a come io stessa ho intenzione di trattare le mie "creature", a quel che penserebbero e a cosa mi direbbero i loro spiriti se potessero uscire dalla carta. Ho pensato alla mia creatura più amata e non ancora nata, al lavoro che sto compiendo e, credimi, mi è risultato molto difficile estraniarmi da lei come tu hai fatto da Sorot, eliminare quella parte di me che parla per bocca sua e lasciarla libera di dirmi cosa ne pensa di sé. Da questo è venuta fuori altra sincera ammirazione per il tuo lavoro.
Ora, io parlo di Sorot solo come spettro nella notte, anche se gran parte della sua storia già si intuisce dai brevi accenni: mi piace che il richiamo alla long sia chiaro ma non invasivo e che tu ti sia sforzata di rendere comprensibile in toto questa one-shot, e la trama della long, lasciando comunque quella giusta dose di curiosità. Sorot sarà come l'ho interpretato e visto io? Ammetto di essere sinceramente curiosa... anche perché un po' mi sono affezionata a questo tormentato, triste e spaventato guerriero.
Restando in tema di personaggi vorrei parlare di te, anche se mi sembra strano giudicarti direttamente :D ovviamente non ti conosco, e prendo per buona la te stampata "sulla carta", ma ci tengo a precisare che non è un giudizio indirizzato a Entreri come persona, ma alla te descritta :S Dunque, la te del racconto è una ragazza che non veste bene il ruolo di creatore: sei spaventata e cauta, intimamente colpita dall'enormità di ciò che hai fatto con innocenza, profondamente turbata da ciò che il tuo "tentare di arruffianare il pubblico" ha comportato a Sorot, profondamente ferita dal fatto che nemmeno tu, suo creatore, riesci ad amarlo e dargli quel conforto che desidera con tutto sé stesso. Sei un personaggio bello per la sua fragilità e molto umano: qualcuno in cui non è difficile calarsi, se solo ci si mette a riflettere un po'. L'introspezione che usi su di te è tanta, e contribuisce a fare di questa storia un racconto profondo e meraviglioso.
Lo stile è funzionale alla storia, la fa scorrere bene e trascina il lettore fino alla conclusione, lasciandolo carico di domande, sensazioni e curiosità; il lessico molto buono contribuisce a non rallentare il ritmo, lasciando la potenza della storia - in termini di introspezione e carico emotivo - intatta.
La trama non è molto articolata, cosa che ben si sposa con l'analisi interiore che permea il racconto; l'unica nota è che la vicenda è talmente personale che si ha una sensazione di forte estraneità, come se si invadesse un tuo angolo privato di mondo - rafforzata dal luogo, quella camera forse vera, forse no, ma di sicuro molto reale. L’estraneità del rapporto speciale che c’è tra voi, e che il lettore non potrà mai condividere, lo allontana. La tua storia basa la gran parte della sua originalità su quanto ti ho già detto in termini di personaggi e introspezione più che sulla trama in sé.
Parlando ora nello specifico del contest, oltre alla “Miglior Film”, i cui risultati puoi osservare nella classifica, e alle altre categorie comuni, ossia quelle in cui tutti i concorrenti hanno ricevuto una valutazione (Miglior Regista – per la storia più originale, Miglior Film – per la storia più bella, Miglior Sceneggiatura non originale – per la storia edita più bella e Miglior Montaggio – per la storia con lo stile migliore) da me sei stata valutata per il Miglior Attore protagonista, Sorot, Miglior Attrice protagonista, tu, e Miglior Fotografia – per il luogo meglio descritto, ossia la camera. Come avrai visto solo per i primi due hai ricevuto nomination.
Hai ottenuto 1/3 punti bonus, per il protagonista. Per quanto mi riguarda, ho dato alla tua storia 9/10 come valutazione globale, che tiene conto molto dell’originalità, della trama e dello sviluppo dei personaggi.
Vorrei concludere dicendo una cosa che mi è appena venuta in mente: pur non condividendo il pensiero sullo svegliarsi di notte - personalmente, è una cosa che detesto, perché poi ho la paura della sveglia e dormo male =_=' - trovo che sia molto bello, soprattutto il pezzo "il mio sogno era svanito da qualche parte fra la mia anima e il cuscino". Evocativo, nostalgico... mi ha colpita molto. Bellissimo anche il fatto che la storia sia circolare, e che l'ultima frase riprenda la prima: adoro le storie che presentano questo elemento. Quindi, tanti complimenti a te, e a presto!

Ps: dici che l'attore del banner, in relazione alla storia, è inquietante per chi lo conosca... come mai? O_o (come avrai capito, non ho idea di chi sia :D )

Recensore Junior
29/04/14, ore 15:25

[Recensione per "In una valle di lacrime" Contest]

L'ho letta tutta d'un fiato come meritava d'esser letta, e pure nella sua brevità, nello svolgersi di un dialogo, hai saputo immergermi in questa storia al punto da rendere ogni singolo elemento incredibilmente tangibile.
È davvero strabiliante come, sin dalle primissime righe, mi sia trovata catapultata in quella stanza senza averla mai vista e come abbia immaginato fino all'ultimo dettaglio. 
Ma andiamo con ordine.
Devo dirti, innanzitutto, che trovo splendido l'incipit della storia. Hai reso meravigliosamente poetico il risveglio, un atto che si da per scontato, ma che è l'effettivo confine fra il sonno -il sogno- e la veglia. Una linea intangibile ma che hai fatto percepire con le parole con cui l'hai descritta.
Il dialogo tra i due personaggi ha costruito intorno a essi una storia, una storia che si svolge sin dal momento della creazione di Sorot fino a dopo la sua morte, quando cerca spiegazione in un sogno. Bellissima e struggente la parte in cui viene, con sgomento, messo dinnanzi alle debolezze di quella che è per lui la divinità, un'entità creatrice che si è soliti considerare perfetta e infallibile... erroneamente.
Ogni singolo momento è perfettamente descritto, narrato attraverso gli occhi colpevoli della donna, che però non si può condannare, poiché la sua vera colpa è quella di essere umana, troppo umana.
La grammatica è impeccabile e lo stile perfetto, rende la storia quasi eterea, da perfettamente l'idea di un sogno troppo vivido o di una realtà quasi sfumata, che sconfina nel territorio onirico. Mi è piaciuto molto che tu non ti sia soffermata a descrivere l'ambiente, questo rafforza maggiormente l'idea del sogno concedendo, per contro, maggior consistenza e realtà ai due personaggi e al dramma che vivono.
Quasi scontato è dire che hai descritto così bene questi due personaggi da rendermeli così familiari, pur senza averli mai conosciuti. 
Ti faccio tutti i miei complimenti per questa bellissima storia, l'ho trovata meravigliosa sotto ogni aspetto e sono ben lieta che il questo contest naufragato mi abbia dato la possibilità di leggerla.

Un saluto,
LadyBlack89

Nuovo recensore
07/08/13, ore 15:49

come mi sono innamorata della "piccola storia ignobile" mi sono innamorata anche di questa! bellissima! Porti veramente il lettore in un altro mondo, e lo immergi alla perfezionenella soria. almeno per me è stato così per il poco che ho letto finora! ci sentiamo alla prossima storia!

Recensore Veterano
14/05/13, ore 17:32

Ciao! Il dialogo con la tua creatura è stato affascinante: onirico, pacatamente passionale, teologico per certi versi. Colmo di domande con un senso esistenziale e di risposte non sempre esaurienti, come lo è in effetti il percorso della vita stessa, sia dei personaggi che delle persone reali. Un'immagine in cui si rispecchiano molte dicotomie manichee: luce-ombra, realtà-sogno, umano-divino, creatore-creatura. Una sinossi alternativa e intrigante per l'opera o parte di essa cui fai riferimento. Il tuo stile elaborato, le immagini ricercate, l'accuratezza nei particolari denotano un lavoro scrupoloso. Sei in gamba! In bocca al lupo per tutto! Ciao.

Nuovo recensore
13/05/13, ore 20:58

Surreale.
Suggestivo...lo scrittore come un dio per i suoi personaggi, la sofferenza del mondo accostata alla tragicità estetica di un mondo di fantasia, l'amore per la bellezza del tragico. Certo che tu, oltre a saperci fare con le parole, hai davvero delle intuizioni sorprendenti.
Brava. Davvero brava!

Questa è la seconda delle tue storie che leggo ed esattamente come nell'altra ("Aspettando la fine della notte") ho trovato un tratto che mi piace tantissimo: riesci a scrivere storie nelle storie. Con poche pennellate tratteggi un altro mondo, altre vicende, e fai volare la fantasia. Amo tutti questi riferimenti ad altre storie! Dimmi che l'hai scritta la storia di Sorot i Buono e Galoth l'amato. Vorrei tanto saperne di più!!!!

Recensore Veterano
09/05/13, ore 11:26

Probabilmente la mia sarà una recensione lunga... giusto per avvisare XD

Allora, parto dal fatto che la storia mi ha colpita in una maniera assurda, sto leggendo un po' tutte le storie del contest, e tramite un metodo che non sto qui a spiegare perchè è troppo stupido, sono arrivata alla tua :D
Dostoevkij lo conosco di fama, e il volume dei fratelli Karamazov è lì in corridoio a fissarmi in maniera truce, perchè è anni che vorrei leggerlo e poi per una cosa o per l'altra trovo altro da fare... in compenso conosco bene Tolstoj.
Dopo questo discorso privo di senso e, soprattutto, inutile, passiamo alla recensione vera e propria.
Sarà che il banner un po' mi ha traviata, il tuo Sorot per me ora ha l'aspetto di quel gran bel **ò+à ok... mi calmo ^^"

Mi è piaciuto il modo in cui hai raccontato il tutto, l'ambiente ecc. (mi stai anche invogliando a leggere il racconto da cui hai tratto questo magnifico personaggio).
Lui si rivolge a te come a un Dio, e mi vien da chiedermi, noi, di fronte agli dei, dopo la nostra morte, gli faremmo molto probabilmente le stesse domande, a loro come reagirebbero? Cosa ci direbbero? Forse avrebbero reazioni simili alle tue... forse siamo in un gigantesco racconto o gdr in cui tutti gli dei si divertono e bla bla bla...
Il tuo stile mi piace molto, e il finale... decisamente non sapevo che aspettarmi, e mi ha lasciata a bocca aperta.

Più che i finali, io amo le storie tragiche, se davvero, tutti i miei personaggi, potessero passare a trovarmi, penso che non farei una bella fine XD

Ancora complimenti, una delle storie più belle che ho letto da quando sono qua su efp ^^

Recensore Junior
06/05/13, ore 11:54

Io ti ho creato e io ti... Incontro!


“Le creature fanno conoscenza” di Entreri
Sorot è il personaggio più suggestivo che io abbia avuto l’onore di conoscere. Non tanto per l’aspetto fisico dai nobili tratti, né per il taglio gentile dei suoi occhi azzurri o per quei crini bianchi tra i capelli biondi che lo rendono così umano e reale nella sua “finzione”, quanto per il portamento, i modi di fare che solo un sovrano di una certa rilevanza dovrebbe avere, per il suo modo di discutere e di porsi pacato e ragionevole, sempre pronto all’ascolto e ad uno scambio di opinioni. "Sorot il Buono” per davvero. Nonostante la situazione e il tuo ruolo di creatrice in tutto questo, lui si mostra posato e magnanimo, altruista e accomodante.
Ho colto tutto questo attraverso i suoi gesti, le sue reazioni, la sua maniera di attendere pazientemente una risposta, di non alzare la voce, di lasciarti il tempo di spiegare. E tu hai descritto tutto questo divinamente, ogni sua espressione l’ho vista nitidamente, ogni tua frase pronunciata in risposta l’ho sentita sulla mia pelle come se fossi io Sorot, e per questo ti meriti tutti i miei complimenti!
Il rapporto che c’è tra voi due è stupendo. Ognuno sa dell’altro, vi riconoscete alla prima occhiata, il vostro ruolo in tutto questo è messo in chiaro fin dall’inizio. Sorot ti crede Dio e, per come hai impostato la cosa tu, mi viene naturale crederlo anch’io stessa: Sorot ha un mondo e una vita tutta sua che hai creato tu. Ogni cosa successa nella sua storia è dipesa da te, dal tuo volere personale. Quindi tu per lui sei sicuramente il suo Dio. Una cosa che ho apprezzato molto e che mi ha fatto viaggiare con la mente è stato il tuo modo di parlare e di pensare rivolgendoti a lui: fatti e personaggi implicati nella sua storia d’origine vengono citati da voi come reali, come cose a sé stanti, completamente indipendenti dalle tue decisioni. Anzi, spesso a delle sue domande più profonde non sai rispondere, quasi come se non fosse stata la tua mente a generare gli eventi e a farli evolvere. E questo mi ha fatto credere che il regno di Sorot esista davvero, da qualche parte.
Sorot si è presentato a te in sogno per ricevere spiegazioni, o meglio, per trovare una sorta di conforto da parte tua, ovvero il suo unico punto di riferimento. Ti ha cercata per poter porre fine ai suoi dubbi e tormenti, per capire come mai tali cose siano andate a finire in malo modo, perché il suo ruolo nella sua “vita” è stato così incline a sofferenza e delusioni. È lì, di fronte a te, perché morto, perché convinto di essere al cospetto di Dio: non sospetta minimamente di fare parte di una storia, di non essere reale, o almeno non facente parte del nostro mondo. Mentre tu lo ami, lo ami dal più profondo del tuo cuore: lo ami come una madre ama suo figlio, e questo lo capisci davvero verso la fine del racconto, troppo tardi.
Il contesto, il succo del racconto e quel messaggio che si legge tra le righe è qualcosa di meraviglioso. Voglio dire: approvo ogni tuo singolo pensiero. La vostra conversazione si è evoluta in una maniera tale da lasciarmi a bocca aperta e del tutto compiacente, sia per quanto riguarda la constatazione sul finale tragico, sia per il ruolo di “Dio” in tutto questo. Mi è venuto spontaneo pensare che forse anche la nostra vita dipenda da uno scrittore poco propenso ai lieto fini, che il perché dietro la nostra esistenza stia tutto lì, nella preferenza di una conclusione catartica e lirica, ad impatto, meravigliosamente struggente ed originale. Tra l’altro sei riuscita esattamente a richiamarne l’effetto con questa one-shot: finale commovente e straziante, di quelli che non solo ti tirano uno schiaffo a tradimento, ma che ti fanno anche dire “bellissimo” a fior di labbra. I miei complimenti, davvero.
L’unica cosuccia un po’ “stonante” è stata non tanto la focalizzazione su di te quanto sulla figura di Galoth: ad un certo punto mi è sembrato lui il tuo personaggio scelto talmente l’hai descritto minuziosamente. Ma ripeto: cosa da poco.



Slappy

Nuovo recensore
03/05/13, ore 22:26

Il vantaggio di essere beta (o alpha?) è quello di poter leggere queste gemme in un mare di zirconi con lauto anticipo :)
Mi fa tantissimo piacere che i lettori abbiano compreso e apprezzato l'opera di Entreri, sopra le righe in ogni aspetto.
Un vero piacere fare da beta

^^

lollix

Recensore Veterano
03/05/13, ore 01:53

Oh mio dio?
Oh mio dio, sì.
Scusami mentre vado a piangere per la bellezza di questa cosa, perchè è quasi come leggere di me stessa.
Poi lascerò una recensione decente, lo giuro.

Recensore Veterano
02/05/13, ore 23:08

ogni autore ha almeno una volta desiderato di incontrare i personaggi i una sua storia, senza però rendersi pienamente conto di cosa possa significare. soprattutto se a presentarsi è qualcuno che, nel corso della storia, ha subito un tragico destino.
e come gli si può spiegare, a questo punto, che la sua morte è dipesa unicamente da un capriccio della trama? dal desiderio dell'autore di stupire il pubblico, di tenerlo col fiato sospeso, di suscitare un'emozione?
io dico sempre che uno scrittore è quanto di più simile a dio possa esistere: egli crea, distrugge, inventa e modifica, può rendere felici o disperate le sue creature, può farle nascere, morire, tornare in vita o lasciare a metà, sospese tra i due mondi. è l'autore a decidere, e nessuno può contestarlo, poichè nel suo mondo è lui l'essere più potente che ci sia. che un personaggio ne sia conscio o no, l'autore è il suo dio. sotto questo punto di vista, è persino logica la risposta di sorot, quando ricorda che una volta morti si incontra dio. tuttavia, ci si aspetta sempre che dio abbia ogni risposta, sappia tutto, possa spiegare i mille "perchè" della vita, senza fermarsi a pensare che possa non essere così. che anche dio, nonostante la sua potenza, possa non sapere perchè alcune cose accadono. perchè accadono e basta, e non c'è niente che si possa fare. le storie vengono scritte da un dio, ma sono loro a scegliere la propria direzione.
per concludere, il mio è stato un enorme giro di parole che serve a dirti quanto mi sia piaciuta questa one-shot. il senso di confusione di sorot, e persino quello del suo dio, sono emersi in maniera chiara e netta, rendendoli molto più vicini di quanto avrebbero potuto essere senza un tale scambio di battute. mi ha incuriosito, in particolare, il gesto di sorot di cedere il proprio farsetto alla vista di una fanciulla infreddolita, in contrasto con l'idea che normalmente si dovrebbe avere di dio: una divinità ha freddo?
una fallace e incerta quanto un'autrice che riceve l'inaspettata visita di un suo personaggio sì, a quanto sembra.
una storia coi controfiocchi.
a presto!

Recensore Master
29/04/13, ore 11:27

I Karamazov hanno un'attinenza perfetta con quanto hai scritto. Cosí come perfetti sono i tempi della narrazione, il lessico, la sintassi, tutto il comparto puramente letterario. Ma questo lo sai. Ció che mi lascia l'amaro in bocca è proprio questo: il modo superbo con cui hai sviscerato una riflessione, quella della qualitá divina di qualunque scrittore, cosí condivisibile... Tanto che anche io l'ho utilizzata nella mia storia, con risultati ben piú mediocri. Forse dipende anche dal fatto che i personaggi siano cosí diversi: la dimensione tragica di Sorot è innegabile, la sua storia ( e la conosco bene!) cosí triste... Sì, triste é l'aggettivo giusto. Il self-insert, che sarebbe potuto benissimo apparire forzato, é forse la parte migliore: voi due siete la stessa cosa, ma al contempo non lo siete; l'hai creato, sì, eppure per certi versi la sua mente ti sfugge, tanto quanto la tua sfugge a lui. É veramente, davvero, perfetta. Dopo la morte incontriamo il nostro Creatore... E su questo ruota tutta la storia. Non so nemmeno come rinnovarti i complimenti per un dono tanto palese e invidiabile, quello di scrivere magistralmente, senza sembrare scema o ripetitiva. Poi, con la medaglia d'oro, ricordati di pagare il conto al negozio di liquori!

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