Recensioni per
La lapide del colpevole
di Shigun

Questa storia ha ottenuto 5 recensioni.
Positive : 5
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
03/06/14, ore 20:01

Ciao Shigun, sono rimasta davvero colpita dal tuo racconto! Io sono una fan del genere gotico e devo dire che questa storia potrebbe benissimo essere scambiata per alcune pagine di un libro gotico. Davvero complimenti! Spero di leggere altre tue produzioni :)

Nuovo recensore
29/01/14, ore 00:33

Niente male la storia. Considerando anche quando è stata concepita. Il ritmo nella narrazione mantiene accesa l'attenzione grazie anche alle foto che accompagnano le descrizioni dell'autore. È ancora migliorabile, per esempio accelerando i ritmi in alcuni punti per "togliere il fiato" pure al lettore. Per il resto ci si immedesimava facilmente nel protagonista e non era difficile immaginarsi i luoghi e le situazioni da lui vissute

Recensore Junior
06/08/13, ore 03:56

Ciao, sono passata per recensire ma non ho capito cosa vuoi dire
"Il bosco intorno a Victor era strano.

L’erba era celata dalla bassa nebbia e gli alberi erano spogli e senza vita , cadaveri abbandonati alla voracità delle piante rampicanti.

La strada era incidentata , le piastrelle che la pavimentavano in più punti mancavano o erano rotte e ai lati del sentiero crescevano erbacce e cespugli.

Come fosse arrivato in quel luogo , Victor non lo sapeva proprio , ma in ogni caso poco gli importava : si sentiva braccato.

Non ricordava esattamente ciò che aveva fatto quel giorno , la monotonia della vita di un dipendente di una grande catena di montaggio non aiuta certo a farti assaporare i minuti della giornata.

Proseguendo per l’accidentata strada , senza mai guardarsi indietro , Victor aveva perso la cognizione del tempo e quando le prime goccie di pioggia bagnarono il suo viso , decise che era meglio tornare indietro senza dare importanza alla paranoia.

Quando si girò , rimase stupito.

Da quanto tempo stava camminando ? Dietro di lui si estendeva un sentiero che sembrava infinito. In lontananza non vedeva grattacieli o palazzi e questo era strano.

Ricordava che era entrato nel Grande Parco , deciso ad accorciare la strada dato il tempo minaccioso. La città che con le sue svettanti guglie di vetro e acciaio circondava il boschetto sembrava svanita. Il cielo era plumbeo , di un grigio pallido dove il Sole sembrava scomparso e le vette degli alberi era tutto ciò che si vedeva all’orizzonte.

La pioggia inziò a cadere più fitta : Victor si ridestò dai suoi pensieri e ricominciò a camminare. Non capiva però se stava tornando indietro o stava continuando per la strada già intrapresa. La nebbia si faceva più fitta e l’oscurità cominciava ad avvolgerlo.

Gli dolevano i piedi , stava camminando da almeno ... diavolo! Il suo orologio non era più al polso! Doveva essergli caduto o forse lo aveva lasciato ... dove era prima.

A lato del sentiero , comparve un muro di mattoni di colore scuro , talmente alto che si perdeva nella nebbia , non mostrando la sua sommità.

Victor costeggiò la muraglia finchè questa non si interruppe.

Un cancello nero , finemente lavorato con intarsi gotici , alto almeno cinque mentri e stretto un metro era incastonato fra due grandi colonne a base quadrata , decorate da due inquietanti statue , raffiguranti due individui incappucciati , entrambi sorreggenti una grande lanterna. Le candele al loro interno lanciavano una tetra e tremolante luce azzurra.

Al di là di questa mastodontica entrata , celate in parte dalla nebbia , spuntavano grandi lapidi e piccole cripte nonchè le fiammelle di altre candele che come fuochi fatui palpitavano a causa del vento freddo.

Victor si staccò dal cancello e riprese la strada , ma poco dopo una sensazione familiare lo avvolse nuovamente : davanti a lui qualcosa di pericoloso avanzava. La poca distanza che aveva percorso dall’entrata di quello che era chiaro essere un cimitero la ripercorse al contrario e tentò di percorrere il sentiero nel senso opposto.

Ma la “cosa” che si stava avvicinando procedeva con una velocità impressionante , sembrava un treno in corsa.

Facendo appello a tutte le sue forze e la suo coraggio, Victor spinse con decisione il cancello nero , che lanciò uno cigolio agghiacciante simile ad urlo di agonia , mentre i cardini dopo chissà quanto tempo venivano di nuovo mossi.

Con uno spasmo , si lanciò dentro , tutto il suo corpo teso dal terrore che quella misteriosa forza provocava. Cadde sulle dure mattonelle di roccia che pavimentavano lo spazio dinanzi all’entrata , coperte da un tappetto di umide foglie morte.

Per un momento si chiese se tutto quello fosse davvero necessario , se tutta quella paura non fosse altro che paranoia , quando la cosa più ripungnante che avesse mai visto percorse la strada dove Victor si trovava poco prima.

Nelle forme pareva un lungo serpente fatto di pallida carne , dove le figure di essere grotteschi , creature nude simile a uomini e donne contorte e mostruose , tessevano la pelle di quella mostruosità. Quegli individui si muovevano , si contorcevano , gli arti e i corpi fusi fra loro come la gigantesca matassa di migliaia di fili , gemevano dal dolore e dal piacere , urlavano e inveivano.

Dove si sarebbe dovuto trovare il muso di quel serpente , vi era un gigante , anche lui fuso con la grande massa di carne. Il suo busto usciva come fosse il cavaliere che comandava quel serpente albino. Le sue quattro braccia muscolose e lunghissime erano proiettate in avanti , pronte a ghermire eventuali prede. Questi si muoveva come se fosse in cerca di qualcosa , ma non aveva nè testa nè collo.

Non appena la figura si girò , come a fissare il cancello , un immenso occhio si spalancò , ma non era nemmeno definibile tale , perché non aveva iridi o pupille : era un pozzo dove vorticavano migliaia sfumature di colori orribili , tanto che era impossibile fissarlo senza provare nausea.

La mostruosità poco dopo si mosse , trascinando la sua immensa massa e sparendo nella nebbia.

Victor si alzò , i vestiti bagnati fradici dalla pioggia che continuava a cadere , totalmente sconvolto. Ciò che aveva visto era troppo assurdo per essere vero.

Il freddo della pioggia , l’umidità dell’acqua , l’odore di terra bagnata e della foresta , il dolore alla schiena causato dalla caduta ... non era un incubo. Era sveglio putroppo.

Indeciso sul da farsi tornò un attimo al cancello , cautamente , pronto a scattare indietro in caso quella mostruosità apparisse nuovamente.

La strada era sgombra , nulla appariva dinanzi a lui. Misteriosamente però , la paura sembrava ancora aleggiare oltre la sicurezza dell’inferriata.

Victor si girò e guardò il cimitero che si estendeva dinanzi a lui : le lapidi erano di tutti i generi , grandi e piccole , altissime e svettanti , alcune erano talmente antiche da essere totalmente liscie , altre erano decorante e incise con i motivi straordinariamente fantasiosi. Le croci che spuntavano dalla loro sommità erano spesso coperte da candele che nonostante la pioggia , emanavano la loro triste luce.

Un sentiero tagliava le file di lapidi , per dipanarsi dinanzi ad una grande statua in un bivio. La grande scultura raffigurava un angelo con un capuccio tirato sulla testa , nella mano destra teneva una lanterna meravigliosamente decorata , mentre in quella sinistra una pergamena tanto lunga da arrivare fino ai suoi piedi.

Dietro di questa scultura si alzava un alto muro grigio e anche questo si perdeva nella nebbia , ora diventana quasi nera a causa del buio.

Victor decise di girare a sinistra , alla ricerca di una cripta che potesse ospitarlo il tempo necessario perchè la pioggia smettesse di cadere. Aveva freddo ed essendo totalmente bagnato rischiava anche di ammalarsi.

Pochi passi bastarono e un piccolo cortile circandota da un muretto apparve. Le lapidi di questo luogo erano ben allineate , erano tutte perfettamente squadrate ed ognuna aveva un solo nome inciso sopra. Uno stretto sentiero in terra battuta conduceva ad un cripta , abbellita con due colonne lisce e un portone di ferro battuto.

Victor si avvicinò , ma prima di spalancare il portone si fermò. Quella mostruosità incontrata prima lo aveva scosso e forse aveva risvegliato in lui la primordiale fantasia che ogni uomo possiede , quella che ti fa temere il buio , il silenzio e ti avvolge il cuore quando calchi la terra dove i morti riposano.

La tettoia della cripta sembrava abbastanza larga da coprirlo e decise di sedersi sulle fredde scale di pietra , in attesa che la pioggia si placasse.

Lo sferragliare in lontananza lo svegliò. Si era appilsolato per qualche istante. Passi pesanti e il rumore della pioggia , fecero invadere le vene di Victor di adrenalina. La paura lo strinse di nuovo.

Qualcosa si avvicinava , sulla strada piastrellata di fronte a lui. Non ci pensò troppo , spalancò il portone di ferro della cripta dove aveva trovato riparo e vi si precipitò all’interno.

Dalla piccola finestrella del portone potè osservare ciò che accadeva all’esterno. Quella cosa pareva vicina eppure non si vedeva nulla , forse a causa anche dell’oscurità e della nebbia.

Un sussuro alle sue spalle lo fece rabbrividire. Si girò di scatto , il cuore in gola. La stanza in cui si trovava era minuscola e davanti a lui , dopo uno stretto spazio invaso dalle foglie , si stagliava una bara di pietra , posta in verticale.

Sulla superficie del coperchio della bara si poteva leggere , incorniciato da una piastra di marmo , un epitaffio:







Giace qui Amore ,

che TU hai tradito ,

che TU hai distrutto ,

che TU hai corrotto.

Che Amore trovi l’eterno riposo dei giusti

Che TU possa provare l’eterno dolore della colpa.





Un brivido corse lungo la schiena di Victor , come se quelle poche righe non fossero soltanto un eterno ricordo su pietra , ma anche una maledizione , lanciata proprio a lui.

Lo sferragliare era svanito , ora il cimitero era di nuovo avvolto dal respiro della foresta , dal suono velato della pioggia e dal vento cupo.

Uscito di nuovo all’aria aperta , Victor si incamminò , deciso ad ignorare quelle poche righe incise e destinate ai posteri e tentando di concentrarsi sull’attuale situazione.

Era prigioniero in quel cimitero , avvolto da una nebbia scura e bagnato da una pioggia fredda e insistente. Ogni minimo rumore diverso dal solito , il cigolio della catena di una lanterna o lo scricchiolio di un albero , lo facevano scattare. Ben presto notò che non si udiva alcun suono provenire dalla foresta , come se la fauna rispettasse con il silenzio la sacralità del luogo.

La dura suola delle scarpe da lavoro batteva sulle piastrelle di pietra , accompagnando il ticchettio delle goccie che cadevano dal cielo.

Giunse ad un incrocio , al cui centro si ergeva una grande fontana e da lì girò a destra. Mentre procedeva per il sentiero , si imbattè in una muraglia di cripte , costruite una vicina all’altra. Ognuna di queste aveva scritto sul portone di metallo decorato il nome e le colpe di chi vi era sepolto , come se invece di essere delle tombe , fossero delle celle.

Seguii questo muro , tenendolo alla destra , ma ben presto anche alla sua sinistra si presentò lo stesso muro di cripte , come a formare un lungo corridoio serpeggiante. Questo procedeva a volte in salita e a volte in discesa , un tortuoso sentiero che si perdeva nelle tenebre.


Victor si fermò con sommo stupore e preoccupazione dinanzi ad un vicolo cieco.

Una cripta vuota e buia chiudeva lo stretto corridoio e il cancello giaceva posato contro la colonna. Una targa portava una tetra iscrizione che avvolse il cuore di Victor della più cupa paura :

QUI GIACE VICTOR SCHREDER : ASSASSINO , LADRO , BUGIARDO. CHE IL TUO NOME SIA SINONIMO DI DISGUSTO E REPULSIONE.

Il cuore dell’uomo batteva all’impazzata , l’orribile sorpresa lo gettò in confusione. Il suo nome scritto sulla cripta più nascosta e lontana poteva essere uno scherzo , ma nulla lo induceva a pensare ad una burla.

Ma ... lui non aveva mai ucciso nessuno! Insomma ... non aveva ricordo alcuno. Cercò di ricordare altro della sua vita , ma sembrava che ogni dettaglio fosse perso nella memoria.

I suoi pensieri furono interrotti di nuovo dal misterioso sferragliare alle sue spalle. Victor per poco non svenne : era in trappola e l’unico luogo dove poteva celarsi ... era la sua stessa tomba!

La sua logica gli suggeriva che forse era solo il custode , ma il suo istinto gli urlava di celarsi e lo costrinse ad ignorare ogni scelta dettata dalla mera ragione. Afferrò la grande piastra di pietra incisa e dando la schiena alla cripta vuota , si infilò finchè non vi sparì all’interno.

Il tempo è relativo , soprattutto quando la paura ti accompagna. Il lento incedere della creatura pareva una tortura ben congeniata. Quelle che dovevano essere delle catene stridevano a terra , mentre i pesanti passi sembrano dipingere un’ entità dalle dimensioni abominevoli. Più si avvicinava e più erano distingubili altri suoni : un cigolio , un gemito strozzato come di un uomo legato e imbavagliato , il respiro profondo e tetro di qualcosa di malvagio.

Ogni passo era un battito del cuore di Victor che sempre più si pentiva di non aver tentato un’altra strada. Il misterioso individuo che si dirigeva alla cripta era sempre più vicino : ormai la sua presenza era quasi palpabile.

Victor istintivamente cercò una via d’uscita da quella trappola di pietra.

Girandosi la sua sorpresa e la sua confusione si mescolarono al giubilo : la cripta era ancora in costruzione! Dinanzi a lui , una grande distesa di lapidi si palesava , incorniciata da alcuni albrei che crescevano a fianco della strada lastricata , bagnata dalla pioggia che scendeva ancora più intensa.

Bastava che scalasse il muro e raggiungesse la terra e poteva fuggire!

Non ci pensò due volte e con attenzione discese la distanza che lo separava dalla libertà. Quando i suoi piedi toccarono la morbida terra iniziò subito la fuga , rendendosi ben presto conto che la sua situazione non era forse tanto migliorata.

Ora che la nebbia non c’era più poteva vedere che davanti a lui si estendeva il più grande cimitero che avesse mai visto. Non riusciva che vedere lapidi all’orizzonte.

Il vialetto alberato in cui si trovava costeggiava per intero il campo santo , la lunga strada lastricata si perdeva in lontananza , debolmente illuminata dalla luce di vecchi lampioni meravigliosamente lavorati.

Victor iniziò ad incamminarsi e notò in lontananza una grande struttura che si stagliava nell’oscurità.




Rinvigorito dalla visione , affrettò il passo e in breve , l’immensa magione di mattoni gli si parò davanti. Con trepidazione si diresse verso il portone e bussò con forza , ma nessuno rispose.

Decise così di contravvenire alle normali regole di cortesia e aprì la porta , sperando di trovare un riparo per la pioggia che continuava a scendere.

La Hall del palazzo non era come se l’aspettava : sembrava più un ospedale che un’ abitazione. La reception dinanzi a lui era vuota e l’unica fonte di luce era il grande candeliere sopra la sua testa e le poche candele illuminavano i vari corridoi.

Nonostante tutto , il lusso delle tapezzerie e la bellezza dei pannelli di legno che rivestivano gli interni faceva pensare ad un proprietario decisamente facoltoso.

Si mise alla ricerca di un telefono , ma non trovò che fogli bianchi e registri mai utilizzati. Alle spalle della reception una lunga scala portava ai piani superiori , ma il suo occhio fu attratto dalla porta vicina , in mezzo a due splendide statue di donne piangenti. Dietro di essa si presentò un lungo corridoio , con una finestra sul fondo che , grazie alla poca luce della luna che filtrava dalla nuvole , era l’unica fonte di luce. Ogni pochi metri si trovava una porta chiusa , ognuna di queste con una targhetta con sopra scritto il nome di qualcuno.

Soltanto una di questa non aveva alcun nome.

Victor si guardò intorno : nonstante l’apparente tranquillità della casa , una strana inquietudine lo avvolgeva. Come se un pericolo costante fosse in attesa da qualche parte in una delle centinaia di stanze della gigantesca magione.

Ad aumentare il suo stato di nervosismo era la pulizia e l’ordine che regnava nella casa , la perfezione innaturale di ogni dettaglio.

L’anonima porta davanti a lui lo invitava ad entrare.

Victor si fece coraggio e girò il pomello , entrando nella stanza. Il luogo era vuoto , tranne per un grande orologio a pendolo , incredibilmente bello grazie agli splendidi arabeschi e alle decorazioni in ottone.

La lancette procedevano nel loro moto , ticchettando rumorosamente , mostrando che mancava poco a mezzanotte. Ma il loro suono fu reso muto dallo scricchiolio alle spalle di Victor , che si girò impaurito.

La porta della stanza davanti a lui si era aperta. Era identica a quella in cui si trovava , tranne per la persona al suo interno.

Una vecchia signora riposava inginocchiata , con il placido e metadibonto viso rivolto al pendolo. Nonostante la presenza di un intruso , sembrò non distrarsi e rimase tranquilla e calma nella sua posizione.

L’orologio di quella stanza era decisamente rotto : le lancette procedevano spedite in modo folle e il pendolo rimaneva immobile.

Uscito dalla stanza Victor cercò l’uscita , ma un’ altra porta si era spalancata. Avvicinatosi , ben presto il coraggio e la tranquillità profusa dall’anziana donna fu sostituita da orrore.

In quella sala , un uomo impiccato penzolava dal soffitto , come un tetro pendolo. Le lancette dell’ orologio in quella stanza erano ferme , mentre il grande pendolo non c’era.

Ma ciò che più gettò nel panico Victor fu il nome dell’individuo : un nome a lui familiare. Appeso al soffito si trovava suo fratello. Oltre l’indentità del povero malcapitato , sulla targhetta c’era anche scritto :

La vergogna era troppo grande : si fidò di Victor , assassino spudorato.

Con il cuore anneggato nella paura , l’uomo abbandonò la stanza , ma si ritrovò davanti la porta di una stanza che ancora di più annegò la sua logica nel caos del terrore.

La targhetta in ottone scriveva :

Uccide la moglie , fugge e per salvarsi lascia sua figlia morire. Qui attende l’anima di Victor il supplizio eterno.

Sconvolto fuggì , tornando alla reception e perdendosi nei corridoi della magione. Quando la sua corsa terminò , l’uomo si trovava all’interno di una grande biblioteca dove al centro , su un pulpito di pietra un libro giaceva aperto.

Chiudendosi la porta alle spalle , potè per un momento riprendere fiato , la mente invasa da mille domande.

Era davvero lui l’uomo di cui più volte aveva letto il nome ?

Era davvero un assassino ? Ma ... come era possibile? Lui ... non ricordava nulla di cosa ci fosse prima di questo cimitero e di questo strano palazzo!

Senza nemmeno accorgersi era scivolato a terra , la testa tra le gambe a fissare il pavimento e la schiena fradicia posata sulla porta.

Quando si rialzò , si trovava posato contro il pulpito di pietra. Lo stupore fu totale e iniziò a guardarsi intorno sempre più confuso. Le pagine bianche del libro sembravano invitarlo a leggere , ma Victor era restio a perdersi in quell’inutile passatempo.

Istintivamente però si rese conto che se non lo avesse letto , se ne sarebbe pentito.

Bastò una semplice occhiata e tutte le domande che gli affolavano la testa ricevettero risposta ... e il suo passato tornò come la colpa.







LO FACCIO PERCHE’ MERITANO LA FELICITA’. TU RICORDERAI PER SEMPRE ... CHE LA COLPA TI FERMI LA MANO.



Il vaso si infranse a terra , i cocci vennero lanciati per la stanza , sparpagliandosi caoticamente.

La donna portò una mano alla bocca , come per bloccare l’urlo di sorpresa che ne scaturì , gli occhi spalancati fissarono prima ciò che rimaneva del suppellettile e poi guardò l’uomo davanti a lei.

Victor fissava la scena. Sua moglie aveva fatto cadere il prezioso vaso , appartenuto alla sua famiglia per generazioni : era stato un incidente , un leggero scarto per lasciar passare la bambina che gattonava sul pavimento , incuriosità da quella nuova conquista di libertà motoria.

Quell’antichità infranta , per colpa della donna che amava , un errore innocuo.

“ Amore ... oddio ... scusa! Io ... “ Lei lo fissava spaventata , mentre la bambina si allontanava verso la cucina.

I vetri infranti a terra sembravano deriderlo , mentre le scuse della moglie sembravano farlo soltanto adirare di più.

Tutto questo ... quello che aveva visto e vissuto non era stato un caso : qui tutto era iniziato. La sua ira lo aveva condannato ad una vita di fughe , violenza e morte.

Ricordava perfettamente quell’istante , lui avrebbe afferrato il vetro più grande e con un gesto rabbioso avrebbe sfregiato sua moglie , lasciandola morire tra i frammenti di un vecchio vaso impolverato , come una bambola rotta tra l’immondizia.

Chiunque avesse donato a Victor questa seconda possibilità , si fidava del buonsenso dell’uomo.

Lentamente si abbassò e con le mani prese da terra il pezzo di vetro più tagliente e pericoloso , simile ad un pugnale primitivo.

Poi iniziò a prendere gli altri stando attento a non tagliarsi.

“ Non preoccuparti , era ora che questo inutile ciarpame si infrangesse! Vai dalla bimba e controlla che non si faccia male!”

La donna rimase stupita dalla pacatezza dell’uomo e con un sorriso andò verso la cucina. In cuor suo era dispiaciuta per il vaso rotto , ma si rendeva conto di quanto fosse fortunata ad aver un marito così!



NOTA DELL’AUTORE :

Salve a tutti!

Questo breve racconto gotico è una trasposizione di una mia vecchia storia , scritta alle medie. Ovviamente era diversa da quest’attuale stesura , ma le idee di fondo sono rimaste le stesse.

Doveva essere un storia che raccogliesse tutti gli elementi gotici più classici.

Dato che mi sono divertito a scriverla , inizierò un filone di storie gotiche con vari protagonisti e situzioni.

Spero vi piaccia!

A presto!

PS : se trovate errori , vi chiedo di segnalarmeli in quanto senza correttore e soprattutto a causa della mia vista da talpa faccio una fatica micidiale a leggere e correggere! Grazie J

Recensore Veterano
03/08/13, ore 19:48

Ciao. Mi fa piacere leggere qualcos'altro di tuo!
Ho notato che il tuo stile è migliorato anche se ci sono sempre alcune sviste che ti consiglio di correggere. 
Sono curiosa di leggere le altre storie gotiche a cui accenni alla fine. 
Bravo! Continua così.
KissKiss KiraKira90

Recensore Master
03/08/13, ore 18:18

Mi piace molto, c'e' una bella tensione e suspence nella prima parte, che aiuta a immergersi nel clima soprannaturale della storia, sebbene sia piu' descrittiva. Nella seconda parte mi piace il finale inusuale e l'uso delle immagini, davvero belle, complimenti.