Recensione per il contest "A ciascuno il suo" indetto sul forum di EFP
Grammatica e sintassi: 8.5/10
Per quanto riguarda questo punto, non ho molto da dire. La grammatica è molto buona nella maggior parte dei casi, purtroppo però non posso darti punteggio pieno a causa di alcune piccole sbavature. Due volte hai iniziato la frase con “E’”, mentre la forma corretta è “È”. È una sciocchezza, ma per il futuro ti consiglio di adottare questa piccola accortezza: per inserirla all’interno del testo, è sufficiente premere i tasti Alt +0200. Un altro errore, un poco più grave, è “Non sapeva cosa gli era preso”: la frase, infatti, necessita del congiuntivo “fosse”. Inoltre non condivido la scelta del presente in “Una metafora simile, però, ha una parte di verità”; dato che, in tutta la storia, i tempi verbali sono al passato, anche qui la frase necessita dell’imperfetto “aveva”. Ti segnalo anche un piccolo errore di battitura, l’unico che ho riscontrato: “dimostra tata” al posto di “dimostrata”. Il resto degli appunti lo rimando al prossimo punto, dato che non si tratta di errori, ma solo di imprecisioni stilistiche.
Lessico e Stile: 7/10
Inizio con il dirti che lo stile adottato per questo testo mi è piaciuto molto, e l’ho trovato adatto al tipo di trama che hai scelto di narrare. Durante lo sviluppo del racconto si avverte un’atmosfera sognante, quasi sospesa nell’aria, e questa percezione è acuita dalla scelta – molto azzeccata, a parer mio – di non dare indicazioni sul cronotopo: l’intera vicenda pare svolgersi in un universo a parte, senza spazio né tempo, e l’attenzione del lettore può focalizzarsi interamente sul protagonista. Quest’atmosfera sognante è intervallata da picchi di realismo crudo, dato anche dalle metafore utilizzate per descrivere la condizione di Roberto; può sembrare un controsenso, ma in opposizione al presente e alle considerazioni avanzate dal ragazzo, che non sa nemmeno cosa stia facendo lì e cosa stia esattamente accadendo, le similitudini con il mondo caduto in pezzi sono quanto di più concreto possiamo toccare. Ho apprezzato molto questo espediente narrativo, compresi molti dei termini impiegati, come “fluttuare”, o il riferimento iniziale al termometro, ad indicare quanto è sbagliata una situazione del genere per un ragazzo che non dovrebbe nemmeno fumare, figuriamoci prostituirsi. Alcuni termini, invece, non mi sono piaciuti molto e li avrei sostituiti con altri, forse più appropriati. Innanzitutto, il termine “poggiava” [“Poggiava comunque lì, sulla parete vicino alla strada”]; questo mi ha messo un po’ in crisi, lo ammetto, perché da una parte esprime molto bene quell’atmosfera sognante che ti accennavo prima, perché fa apparire Roberto come un qualcosa di etereo, delicato, che sta, appunto, poggiato contro il muro (e, a proposito, ti consiglio di sostituire parete con muro, in quanto per parete di solito si intende una parete interna di un edificio) e non appoggiato. D’altra parte, però, il verbo poggiare indica propriamente l’azione di posare, appoggiare qualcosa, nella diatesi attiva; si intuisce comunque il senso della frase, tuttavia non è molto elegante. Potrei consigliare di sostituire la frase con qualcosa come “Se ne stava comunque lì, poggiato contro il muro vicino alla strada”, ad esempio. Poco più sotto, invece, troviamo “Nessuno sembrava in grado di avvicinarsi e dirgli “Torna a casa”. La verità era che Roberto non ci sarebbe più andato, a casa.” In questo caso avrei adottato la scelta di continuare ad usare il verbo tornare anche nella seconda frase: “non ci sarebbe più tornato, a casa”. In effetti ci sarebbe una ripetizione, ma si tratterebbe di una ripetizione voluta, che enfatizzerebbe il concetto, intenzione che si evince dal modo in cui hai separato, tramite la virgola, “a casa” dal resto della frase. Dato che hai ripreso dalla prima questo dettaglio, perché non riprendere anche il primo, riportando l’espressione per intero? Penso che sarebbe più d’effetto. Alcune righe più in basso, ho notato “una volta dopo averlo perso per sempre”; non me la sono sentita di inserirlo nella voce della Grammatica, perché a conti fatti non ci sono errori grammaticali, però trovo l’espressione un po’ ridondante, e risulterebbe molto più leggera eliminando “una volta” (che compare nella frase successiva in “questa volta” ed è a tutti gli effetti una ripetizione). La frase suonerebbe quindi come “dopo averlo perso per sempre”, e la trovo molto più adatta. Per quanto riguarda le preposizioni, non ho trovato nulla di particolarmente fastidioso, ma in un paio di casi alcuni elementi si trovano ad essere troppo frequenti. Ad esempio qui “Forse nemmeno lui/forse perfino a sé stesso”, io eliminerei da una delle due frasi “forse”, dato che è un avverbio molto forte e va usato a dovere. È una scelta stilistica importante inserirlo, perché da ad intendere al lettore che nemmeno il narratore sa con certezza cosa accade nella mente di Roberto: può essere un risvolto interessante, ma proprio per questo bisogna essere parsimoniosi, un suo uso troppo frequente finirebbe per inficiare lo stesso intento iniziale. Inoltre, in un ristretto spazio del testo hai usato per tre volte parole appartenenti allo stesso ceppo semantico: “tremolio/tremava/tremante”; per quanto riguarda il filo logico della narrazione questo ripetersi del particolare che Roberto trema è un punto a favore, però sarebbe meglio utilizzare vocaboli che di volta in volta aggiungono qualcosa; l’italiano è una lingua dove, a conti fatti, non esistono sinonimi, ma solo termini molto somiglianti che tuttavia hanno ognuno le proprie sfumature peculiari. Invece di usare sempre il solito tremare, sarebbe interessante scegliere aggettivi, sostantivi e verbi che rimandino tutti alla stessa azione, ma non siano propriamente uguali, ad esempio puoi variare queste tre forme mantenendo tremava, che come verbo dà molto bene l’idea di quello che vuoi trasmettere, ma sostituendo tremolio e tremante con brivido e scosso. Sono solo consigli, ovviamente, puoi scegliere i termini che più ti piacciono. Ultimo appunto che ho da fare in questo contesto, è la ripetizione di “però” che ho trovato qui: “però, ha una parte di verità. [...] Sotto quelle macerie appuntite, però, non poteva muoversi.” Sebbene siano separati da una breve frase, leggendo si nota comunque la vicinanza di questi avverbi e ciò inficia un po’ l’andamento della frase (a proposito, il primo però va racchiuso tra due virgole, dato che è un inciso). Invece, quasi alla fine del testo, ho trovato un’espressione che ti consiglio di cambiare: “Era nudo, sull’asfalto in mezzo alla strada, così come la macchina dei due stupratori, in fiamme.”; da come è formulata la frase, infatti, sembra che la macchina degli stupratori sia nuda, non in mezzo alla strada come invece evidentemente intendevi; basta inserire un verbo, come “steso”, o “abbandonato”, prima di “in mezzo alla strada”, cosicché l’attenzione del lettore si concentri sulla nuova informazione, e cioè che Roberto si trova in mezzo alla strada, e abbandoni quella vecchia, e cioè che Roberto è nudo; in questo modo, il paragone con la macchina può essere riferito al giusto termine. Parlando del lessico, ho già accennato qualcosa prima, ma ora approfondisco il discorso. In questa frase [L’ultima cosa che Roberto percepì era un senso di unto accarezzargli l’interno coscia, mentre un bulbo oculare si stava letteralmente oscurando prima di far perdere i sensi al giovane.] non trovo che il termine “bulbo oculare” sia veramente azzeccato, sarebbe meglio sostituirlo. Hai già usato occhi poco più sopra, potresti optare per “vista”, ad esempio. Qui, invece, [Stava piangendo, accarezzando quei capelli diventati biondi con quelle braccia, piene di lividi violacei ed enormi, quasi color melma.] l’uso ripetuto dell’avverbio quello (quei capelli/quelle braccia), sebbene differentemente declinato, appesantisce molto la frase e ti consiglierei di eliminarne uno. Inoltre, non ho sinceramente compreso un dettaglio: prima dici che i lividi sono violacei, poi che sono color melma. A me sembra che ci sia una contraddizione, il viola e il colore della melma non sono nemmeno simili. Ultimo dettaglio, poi giuro che ho finito: “Provò ad usare una mano, per alzarsi”. La virgola dopo mano non serve.
Caratterizzazione dei personaggi: 8/10
L’unico personaggio “di spicco” che appare è Roberto. Mi è piaciuto molto l’incipit in medias res che ce lo presente già sul marciapiede, pronto a vendersi per riuscire a scappare, e i dettagli lasciati qua e là che contribuiscono a dare un background al protagonista (di questo punto parlerò anche nella parte dello sviluppo della trama). Non lo vediamo mai veramente convinto delle sue azioni, ma quando si ferma la macchina davanti a lui anche quel poco di sicurezza che aveva viene meno e lo vediamo impaurito, tremante tra le mani dei suoi aggressori. Mi è piaciuta molto l’idea di fargli uccidere i tre uomini, l’ho trovata suggestiva, almeno quanto l’ultima frase che è davvero stupenda. Roberto sorride dopo aver ucciso: sembra un gesto spietato, ma noi sappiamo che il suo omicidio rappresenta una sorta di “giustizia divina”, considerato che razza di persone siano le sue vittime, e questa ipotesi è avvalorata dal fatto che lui sia diventato un angelo. Questa sua trasformazione finale la vedo come una sorta di liberazione; quando ancora le ali non erano spuntate, gli provocavano dolore e accrescevano la sensazione di occlusione che gli dava la sua situazione; una volta toccato il fondo – e cioè la prostituzione – riesce a far spuntare quelle ali che tanto a lungo lo avevano tormentato, e in queste ali che simboleggiano di per loro la libertà, io voglio vederci anche un’allusione al fatto che il nostro Roberto possa trovare una via d’uscita e, finalmente, risalire dal baratro in cui si trova. Avendo le ali, può spiccare il volo anche metaforicamente. I personaggi secondari, invece, li ho trovati un po’ deboli. Certo, sono di nicchia rispetto al protagonista, però mi sono sembrati molto stereotipati dalle poche righe in cui compaiono e agiscono, e sebbene alcuni dettagli mi avessero fatto sperare in un accenno un po’ più convinto di caratterizzazione, le mie aspettative sono state deluse. È una scelta discrezionale dell’autore, ovviamente, però penso che con qualche elemento descrittivo in più non avrebbero oscurato la presenza centrale di Roberto, ma solo dato un’atmosfera più suggestiva all’intera storia.
Sviluppo della trama: 7/10
La storia si presenta come uno spaccato della vita di Roberto poco prima che completi la sua trasformazione in angelo, ed è chiaramente autoconclusiva, quindi ha un inizio, uno sviluppo ed un finale, ma cercherò di spiegarti perché ti ho tolto qualche punto. Innanzitutto tu dissemini particolari della vita passata del protagonista all’interno del testo, ma poi non ce li spieghi; il tentativo di dare un alone di mistero, incuriosendo senza dare spiegazioni complete, non è del tutto riuscito perché le allusioni che inserisci il lettore non le può capire. Ad esempio, la frase: “[…] non lasciavano altro che il segno di un qualcosa che lui aveva fatto. Di nuovo.” Di nuovo vuol dire che aveva già ucciso qualcuno? Quando? E perché? È discrezione dell’autore se dare risposta a tutte queste domande o meno, ovviamente, ma la frase perde nel testo di incisività perché quel di nuovo non rimanda a nulla, nella mente del lettore. Se avessi inserito qualche piccolo particolare in più, ad esempio un suggerimento al fatto che Roberto in passato abbia commesso qualcosa di simile, senza cadere nei particolari, ma dandone solo avvisaglie, sarebbe stato perfetto; avendo letto di un precedente simile, infatti, all’inizio della storia, quel di nuovo avrebbe risvegliato la consapevolezza facendo scattare un meccanismo in chi legge.
La trama della storia di per sé è molto semplice, ma lascia interrogativi che denotano più una confusione generale che una curiosità nel saperne di più: sono veramente troppe le domande a fine lettura per considerare il tuo un espediente letterario. Diciamo che, per lasciare il famoso alone di mistero, a parer mio hai un po’ esagerato con le questioni lasciate in sospeso.
Bonus: 3/4
Su questo punto ho ben poco da dire, la morte degli aggressori è a tutti gli effetti un avvenimento cruciale all’interno della storia, in quando è l’elemento scatenante della trasformazione di Roberto. Le vittime sono personaggi secondari ed è il protagonista ad ucciderle, quindi il punteggio è 3.
Gradimento personale: 0.5/1
Non ti do punteggio pieno non perché la storia non mi sia piaciuta, ma perché, come ti ho detto, il finale lascia fin troppi interrogativi. Non perché sia un finale aperto, anzi, l’ho trovata una scelta molto azzeccata quella di concludere in questo modo, ben si adatta all’atmosfera sognante che permea l’intera fan fiction, ma perché non risponde a nessuna delle domande che mi ero fatta mentre leggevo. Per il resto, mi è piaciuta molto la caratterizzazione di Roberto e ho apprezzato la correttezza generale dello scritto, quindi ho optato per un punteggio “medio”: mi sono piaciute alcune parti, altre non le ho apprezzate del tutto, ma resta comunque un testo molto valido.
Totale: 34/45 |