Ed eccomi qui. Confesso di aver letto questo capitolo quasi subito dopo la sua pubblicazione, a spizzichi e bocconi, e di esserci ritornata più volte, perché c’era qualcosa che no, non riuscivo a mettere a fuoco. Non sapevo come chiamarla, né come esprimere al meglio quel concetto che rimbalzava nella mia testa come una palla matta, ma evanescente come il pulviscolo. Ma veniamo a noi, nella pia speranza di riuscire a mettere insieme un discorso di senso compiuto.
Aphrodite è barocco. Lui, le rose e il ricordo di sua madre con l’abito bianco e la corona di rose sulla testa (che sfiga morire durante la festa di mezza estate!). Mi piace il ribaltamento che hai fatto del personaggio, che il fandom vede come un bellissimo angelo della morte, letale, velenoso, ecc. ecc. Lui, invece, è vivo, e come tale vuol godere la vita fino in fondo, fino a quando ci saranno stille di rugiada a posarsi indolenti e timide sui petali delle sue rose.
YEAH!
Confesso che mi ha strappato una risata divertita l’immagine di Aphrodite che stramazza nel roseto alle spalle della Dodicesima Casa, ma si sa, io sono una cattiva persona, e qualcosa mi dice che mi pungerò quando dovrò cambiare l’acqua alle bellissime rose che mi guardano dal salotto. E che mi fanno sentire in colpa per quella risata, ma serei disonesta a negare che sì, c'è stata. Ma come, Aphrodite, anche tu soccombi al potere delle tue rose?!
Molto bella anche l’interazione tra Pesci e Capricorno. A proposito: se dici “Pisces”, alla latina, credo sia corretto concordare “Capricornus”. No?
È stato bello vederli salire fianco a fianco discutendo dei massimi sistemi, un po’ come le massaie dei Monthy Python che discutono della filosofia di Sartre attendendo che si asciughi il bucato. Scherzi a parte, hai descritto un dialogo tra due personaggi che non potrebbero essere più dissimili l’uno dall’altro. Uno, così attaccato alla vita, con le unghie e coi denti, capace di questionare con la morte perché vorrebbe avere ancora cinque minuti in più, o che, sapendo che si approssima la fine, s’ingozzerebbe di vita fino a scoppiarne. L’altro, invece, più serio e compito e così schiacciato dal suo ruolo da assomigliare ad un morto che cammina, forse, ma che è molto più simile ad Aphrodite di quanto il bellissimo guerriero non immagini. Perché sfidando la morte, Shura cerca la vita. Shura non vuole morire a tutti i costi, o si sarebbe piantato Excalibur nel cuore da quel dì. Lui vuole scontare la sua pena, scontare l’esecuzione di Aiolos – l’omicidio – vivendo. E sentirsi vivo, di tanto in tanto. Massacrandosi in combattimenti di cui non so se il Sacerdote sappia. Perché, e questo davvero non l’ho capito, non è chiaro se Shura si sia ferito così durante una missione, o se, piuttosto, non gli prudano le mani di tanto in tanto e allora si sfoghi in risse da taverna. In questo caso, essendo risse provocate e non necessarie, non si elude bellamente il precetto di non combattere per questioni personali?
Lo scambio di battute tra Aiolia e Shura mi ha lasciato perplessa. Perché nella serie classica non scambiano nemmeno due battute in croce, salvo quando, nella serie di Hades Shura, portato a braccio da un inferocito Leone, lo implora: «Aiolia, ti prego! Ascoltami!», ricendo in cambio un lapidario e ringhiato :«Sta zitto!».
Sì, nell’Episodio G, in un certo senso, collaborano, ma i rapporti restano tesissimi e ristretti al necessario. Francamente, non ce lo vedo Aiolia che va a sincerarsi delle condizioni di Shura (perché non s’è affacciato quando Shura è passato per la Quinta Casa, invece che presentarsi alla Decima, allora?), proprio perché gli ha ammazzato il fratello. Ma ehi, è la tua storia, è il tuo Aiolia e quindi accetto di buon grado questo lato del suo carattere. Quello che mi suona strano è lo scambio di battute tra i due circa la spedizione punitiva dei Silver Saint a Tokyo.
Shura è quello più attaccato alle regole, dovrebbe essere lui a dire “Stanno tradendo il Tempio e il nome di Athena.”, non Aiolia, che dovrebbe ribattere, invece: “Sono ragazzini”.
Questo perché Aiolia è più umano ed incline al perdono (come quando tenta di fermare tre disertori, prima che Perseo li pietrifichi), ma, soprattutto, perché è un maestro. E, come tale, sa che sì, indossando l’armatura si perde la propria innocenza, ma che, sotto sotto, quello che crede di essere un leone adulto è solo un cucciolo con la raucedine. Per questo mi suona strano lo scambio di battute tra quei due, più dell’episodio stesso.
E in tutto ciò, ci hai detto che gli altri Silver Saint sono a Tokyo, ma dove diamine sono? E perché Mia se ne va bel bella in giro e fraternizza con quei Bronze che, in teoria, dovrebbe massacrare fino a che morte non sopraggiunga? La vediamo parlare con Miho, andare a Kido Manor, chiacchierare con gli altri Bronzetti, e nessun Silver dice nulla, manco mezza parola? Io spero ci sia un piano, dietro, e che lei, in qualche modo, abbia fatto carte false per essere una sorta di infiltrata, di Cavallo di Troia in mezzo ai Bronzetti per recuperare informazioni circa l’Armatura (hai visto mai che sia davvero quella di Aiolos?), e che stia facendo il doppio gioco, rischiando la pelle. Perché, in caso contrario, i Silver sarebbero ancora più fessi di quanto non appaia nella serie, tutti chiacchiere e distintivo luccicante, insomma, per permetterle di fraternizzare col nemico. No?
Mi è piaciuto l’incontro/scontro con Erii, e sì, Miho vuole che l’amica odii Mia proponendole di andare a vedere Hyoga al posto suo. Sì, Erii ha la febbre, però… però… però. Fossi in Erii me la legherei al dito, ma io sono una cattiva persona. Ringrazio il fatto che tu abbia accorpato in un unico evento le scazzottate tra Hyoga e Ichi, Seiya e Shiryu e Shun e Jabu. E l’arrivo di Ikki, o non ne saremmo usciti vivi.
E qui, dal cosmo immenso che manda a gambe all'aria un Silver Saint - un Silver Saint, mica pizza e fichi. Te lo ricordi quanto fosse sborone e micidiale Eris al suo arrivo? - iniziano le mie perplessità.
Leggendo il capitolo ho divorato gli spaccati al Santuario, mentre ho quasi sorvolato su quelli legati ai bronzetti. Hyoga e la rosa compreso (ebbene sì). All’inizio mi sono detta che avevo letto di fretta per mancanza di tempo e che avevo puntato l’occhio di bue sui miei preferitissimi. I goldini sono il mio tallone d’Achille, si sa. Non ne faccio mistero.
Ma poi, tornando a rileggere il capitolo con più tempo, mi sono accorta che no, non si trattava di becero favoritismo, di nepotismo spinto, ma di attenzione. Di interesse.
Mi spiego meglio.
La storia la conosciamo tutti. A memoria. C’è chi cita le battute parola per parola, con tanto di intonazione, per cui non c’è fan che non conosca questo arco di storie. E non puoi nemmeno svicolare troppo, perché la trama è quella che è, e o la riscrivi di buzzo buono, con tanto di AU grosso come una casa e l'OOC a portata di mano, ché non si sa mai, oppure ti accodi e segui i binari. Però, ad un certo punto, i binari li devi lasciare e proseguire per il tuo sentiero. Tracciarlo tu. Perché, in caso contrario, potrebbero non bastare i meravigliosi spaccati che ci dai sul Santuario, e non per una questione di deficienza della tua penna, tutt’altro! Quanto, piuttosto, per una questione di freschezza delle trama. Per mantenere l'esempio dei binari e del tram, perché devono esserci due linee che fanno lo stesso, identico percorso? Perché nella tua linea c'è Mia? Potrebbe non bastare una hostess così graziosa. A meno di non inserire qualcosa di grosso, di nuovo, Di fresco.
Ad esempio, ci mostri un Silver Saint col fiato sul collo dei bronzetti, e può essere interessantissimo puntare l’aspetto sulle questioni pratiche, oltre che sui risvolti emotivi ed emozionali della vicenda. Dove alloggia Mia? Gira senza maschera per Tokyo (la risposta è sì, o l’avrebbero internata in manicomio da quel dì)? Come campa? E Shaina? Che fa la sera quando torna a casa o quando rientra dalla sua perlustrazione? Hanno dei punti d’appoggio in città, qualche alleato del Santuario? Parlano mai, tra loro, della missione? Shaina controlla che Mia non faccia stronzate e li tradisca?
Mi rendo conto che sono aspetti pratici e, forse, poco interessanti dal punto di vista emotivo – che è un po’ la chiave di lettura di questa storia. Non c’è nulla di male nel descrivere la gioia e lo sorpresa nel riabbracciare una vecchia amica creduta spacciata, o nell’invidia che si prova per un’esistenza fatta di compiti in classe di matematica, bambini pasticcioni e pane cotto nel forno di casa. Ma devi radicare Mia nel tessuto della storia. Devi mettere in scena anche quelle parti magari poco sentimentali e squisitamente pratiche, come il campare da qualche parte – fosse anche sui tetti come i gatti o sotto i ponti come i ratti – per radicare meglio il personaggio nel contesto della storia, farlo vivere come se fosse parte di essa e non un innesto. Altrimenti sembrerà sempre che sia un’aggiunta, una toppa di rinforzo all'altezza del ginocchio sui pantaloni della tuta. Invece, non sarebbe meglio se questa toppa - cosa che ogni OC, alla fin fine, è – fosse come quella che si vede sulle giacche sportive, tono su tono, seppur in contrasto, col tweed delle maniche?
Pensaci.
Il mio consiglio, oltre a quello di rivedere alcuni refusi qua e là, di mettere un po’ di virgole nei dialoghi e di accentare il povero “sì”, è di effettuare una scelta. Sei ad un bivio, e suppongo che tu questa scelta l’abbia già fatta prima di metterti a scrivere; la domanda che mi frulla nella testa è la seguente: cosa ci riserberai nei prossimi capitoli? Ti staccherai dai binari della trama e te ne andrai per i fatti tuoi, lungo un percorso che tu che traccerai e su cui farai danzare i tuoi personaggi, o continuerai a seguire i binari, radicando maggiormente Mia nella trama?
Al prossimo capitolo, l’ardua sentenza!
EDIT: colta da uno spiraglio di lucidità, ho ripercorso la storia a ritroso e, al capitolo 6 Udienza privata, abbiamo scoperto che Mia sarà davvero il Cavallo di Troia, prendendo il posto che nella serie classica spetta a Hyoga (un Silver Saint che fa a pizze con un Bronze. Ci piace vincere facile, al Sacerdote, né?). Ma resta la questione che se non ci mostri Mia che ha un conciliabolo con gli altri suoi pari, e basterebbe anche solo uno scambio di opinioni con Shaina che sappiamo essere a Tokyo, il lettore distratto se lo scorda che Mia è l'infiltrata. E, soprattutto, la sua presenza alla Guerra Galattica resta una minaccia a vuoto, non reale, non tangibile, non. Compris? (Recensione modificata il 13/03/2014 - 03:27 pm) |