Vedo che oggi mi hai reso la pariglia in un rimando di cosmi ed armature che avrebbero lasciato sul terreno cuoricini ben più teneri del mio. E mi ci hai fatto, secca. Secca perché ho letto - divorato- una storia su Omega (che ho seguito con testardaggine indefessa fino a quando Haruto non s'è messo ad ululare e Seiya non ha tentato di affondare la daga d'oro nel corpicino di una bambina). Poi mi sono detta che no, tranquilla: Omega c'entra poco, nel senso che l'Omega è il terriccio da cui sorge il roseto, e io non mi sono messa a baloccare con le zolle umide ed il letame, ma con i petali delle rose (che direi sono rosse, considerando i due personaggi in questione).
Questa è una storia di genitorialità conflittuale. Perché Seiya, in un certo senso, è un padre per Koga, uno di quei padri assenti per cause di forza maggiore e non per scelta, una figura ingombrante con cui un ragazzino deve fare i conti. Per trovare se stesso. Per staccarsi da quegli sguardi odiosi che cercano in te qualcosa di lui. Per accettarli. Per farli diventare parte di sé ed andare avanti. Arricchito.
Vedere le persone che cercano in te, nei tuoi occhi, nella forma del naso o delle sopracciglia, qualcosa appartenuta a qualcun altro è spiacevole. Sentirsi dire "Quanto gli assomigli..." è odioso. Perché tu sei tu, e non tuo padre, tua madre o tua sorella. Figuriamoci un estraneo, con cui condividi un'armatura che tu non hai chiesto e che non ti ha accettato come ha fatto con lui (pure?). Le figure mitizzate sono ingombranti. Sono qualcosa di difficile con cui venire a patti, qualcosa di difficile da sopportare, e nella prima parte della storia i pensieri e i sentimenti di Koga emergono dalle righe urlando. Rabbia. Frustrazione. Gelosia. Rivalsa.
Ci mostri il lato più meschino che colora il rapporto a senso unico tra l'eroe, bello e splendente e immacolato e fulgido (devo continuare?), e il ragazzino che gioca a fare il soldato e che non riesce a relazionarsi con lui perché Seiya è troppo in alto. Non è alla sua portata. E Koga sa (o ne è convinto con quella testarda pervicacia che solo un ragazzino possiede) che le ali di Pegasus non lo porteranno mai da Seiya.
È quando la palla passa a Seiya, però, che arriva il montante allo stomaco del povero lettore (in questo caso sono io). E la tua prosa zombie continua. Pesta forte. Per frollarmi le carni. E poi azzannare. Perché questo sono le parole di Seiya quando confessa a Koga cosa sia la vera guerra: un morso alla gola e allo stomaco. Il sentire il cosmo dei tuoi amici che si affievolisce e tu metti un piede davanti all'altro, perché Athena è la cosa più importante, è un'immagine potente, e dolorosa al tempo stesso.
Perché ho sentito sulla pelle lo strazio di Seiya, il suo dolore nel lasciarsi indietro i compagni, il suo cervello ignorare la sofferenza e concentrarsi sull'obbiettivo. Per impedirsi di correre a salvare i suoi amici. i suoi fratelli.
Come per le armature, anche io sapevo queste cose. Erano lì, da qualche parte nel fondo del mio cervello. Vederle riaffiorare così è stato ricevere una secchiata d'acqua gelida sul collo. Perchè, in certo senso, è come se fossi stata anestitizzata dal tempo. Grazie per avermi ed averci ricordato che questo testardo, impulsivo, cazzarone di un ragazzino aveva un cuore, anche se nella serie animata questo trasparisse poco, fagocitato com'era da un doppiaggio un po' sportivo (sempre benedetto rispetto all'attuale lettura della lista della spesa) e da una personalità un po' troppo onnipresente. E grazie per averci raccontato di questo discorso tra padre e figlio, predecessore e successore, che parte, nelle intenzioni di Koga, come un "adesso te ne canto quattro" e si trasforma in una confessione a cuore aperto da parte di Seiya; che è più incisiva e dolorosa di un discorso urlato. Perché quando scoperchi alcune pentole, poi devi gestire anche la schiuma che ne fuoriesce. Troppo comodo scappare. Vero, Koga?
Ci sarebbero mille altre cose da dirti, ma finirei per citare la storia parola per parola, e sarebbe un'inutile ridondanza di echi.
Posso solo chiudere dicendoti: "grazie per questa bella storia"; perché serve ricordarci che Saint Seiya è una storia di guerre e battaglie e sangue versato sul campo di battaglia, ma che la guerra uccide e il sangue del nemico ti resta sulla pelle per sempre, non importa quante volte tu provi a lavarti le mani.
P.S.: il tuo correttore automatico è un ghoul o cosa? |