Recensioni per
Ritratti di dame
di melianar

Questa storia ha ottenuto 138 recensioni.
Positive : 138
Neutre o critiche: 0


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Nuovo recensore
24/05/17, ore 10:27
Cap. 12:

E' così strano leggere questa storia dopo quella di Kan :-). In un certo senso la rende ancora più struggente. E' bellissimo poter vedere anche queste sfaccettature di Tar-Miriel, la mia regina preferita, che ha dovuto affrontare il momento più buio e lo ha fatto con grandissima dignità <3.
Grazie per questo tributo che le hai reso, Mel: sai evocare immagini potentissime nella maniera più semplice possibile, ti invidio!
spero riprenderai questa raccolta...
un bacio!

Recensore Junior
28/02/16, ore 19:43
Cap. 13:

So bene che lei non è proprio una delle tue preferite, ma ha sempre avuto un posto speciale nel mio cuoricino di gnegna un po’ perché bisnipote di Thingol – sono quasi più affezionata a lei che a Luthien, tanto per dire – e un po’ perché aveva solo tre anni quando i Feanoriani sono arrivati a Menegroth e le hanno ammazzato i genitori… capisco che gli elfi (o i mezzelfi? per loro come si porrà la questione?) a tre anni siano molto più maturi dei mortali ma penso sempre a cosa debba aver significato per lei.
Eri riuscita a catturare benissimo le riflessioni di Elwing bambina in Rian Nin e questo capitolo non è da meno; troviamo una Elwing cresciuta, ormai moglie e madre ma sempre angosciata dalla presenza dei figli di Feanor che tornano per rivendicare il possesso del Silmaril (che dovrei chiamare Silevril, a dire il vero, ma passami il termine in Quenya!)
In questo caso la mia interpretazione delle scelte di Elwing si discosta un po’ dalla tua, soprattutto in riferimento all’importanza che nel ritratto lei attribuisce ai propri figli e al Silmaril stesso:
* Che cos’è mai un gioiello, per quanto prezioso, se paragonato alla felicità dei propri figli?
Alla sicurezza e alla prosperità di un popolo?
Non ha forse sofferto abbastanza, la mia gente, scampata fin troppe volte a massacri e rovina?      Avrei dovuto consegnarlo, forse. *
Ho sempre deciso di interpretare Elwing come una Sindar che però ha “assorbito” una parte del carattere dei Feanoriani, in particolare ha sviluppato un attaccamento per il Silmaril in tutto e per tutto uguale a quello di Feanor e dei suoi figli - come del resto era successo anche a Thingol, con le conseguenze che sono ben note a tutti. 
[ gli avessero lasciato la collana di Barbie Principessa delle Perle… just sayin’, magari sarebbe andata diversamente! ]
Nel mio headcanon l’idea di consegnare il Silmaril non l’ha mai neanche sfiorata, manco a costo di sacrificare la vita dei propri figli e lasciarli catturare dagli assassini che già una volta le avevano sterminato la famiglia: probabilmente era convinta che tanto li avrebbero uccisi in ogni caso, a quel punto piuttosto che lasciare la gemma in mano dei Feanoriani ha preferito buttarsi in mare.
A dirla tutta non sono così sicura che comunque questo gesto vada letto come un “mi lascio morire col Silmaril al collo piuttosto che lasciare che i figli di Feanor lo riprendano” oppure un “mi lascio morire col Silmaril al collo piuttosto che lasciarlo a qualsiasi altra persona”… interpretazione libera, però se Ulmo l’ha salvata e le ha permesso di raggiungere Earendil forse si tratta dell’ipotesi numero uno!
 
Poi che altro aggiungere… mi piace pensare a Elwing come una delle poche donne che nel Tolkienverse hanno preso delle decisioni non molto “convenzionali” per dei personaggi femminili, prima fra tutte quella di lasciare i figli al proprio destino e continuare invece un percorso accanto al marito, seguita poi dalla decisione di appartenere per sempre all’immortale razza elfica piuttosto che a quella umana – decisione alla quale Earendil si è adattato.
E’ una figura che ho sempre visto come un po’ fuori dal coro, diversa ad esempio da una Nerdanel o una Morwen che sono legatissime ai figli e vivono il trauma della separazione, oppure diversa da una Luthien o una Arwen che decidono di diventare umane e di provare sulla propria pelle il dolore di una vita da mortali. Forse perfino un personaggio egoista, ma alla fine per i gemelli si è risolto tutto al meglio…
Insomma, spero di essere riuscita a fare un po’ più di chiarezza sul perché questo personaggio mi piace tanto e perché sarà sempre uno dei miei preferiti!
 
* I miei anatroccoli. I miei bambini. *
TOO MANY FEELS
Te l’ho già detto che questi intenzionali rimandi a quello che succederà DOPO mi piacciono un sacco, vero?!
(anche se in Italiano non c’è un corrispettivo per il termine cygnets, snap!)
 
 
P.S.
il suggerimento per alcuni ritratti arriva al penultimo capitolo piuttosto che all’ultimo, mi sono dimenticata di aggiungerlo mentre postavo il commento al cap14, meeeh.
Per caso hai in mente qualcosa che riguardi Haleth, Indis oppure Earwen?
 
Spero di tornare a leggere un nuovo ritratto al più presto!!! (anche se nei commenti arrivo in ritardo sparatissimo)
 
P.P.S.
c’è un piccolo typo più o meno a metà della narrazione
* L’ho ripetuto anche a loro, oggi, quando 4sono venuti a trovarmi. *

Recensore Junior
28/02/16, ore 17:50

Devo cercare di non lasciarmi andare e scrivere un rant di mezza pagina su Turin, perché di nuovo torniamo in zona “figli di Hurin” e mi sale il nervoso.
Se non altro in questo caso non serve la scusa della maledizione di Morgoth perché Turin faccia la figura del decerebrato come gran parte degli uomini, quando non si accorgono che qualcuna è innamorata di loro e riescono a tirare fuori commenti tipo “awww, quanto sei tenera, mi ricordi la mia sorellina che è morta”...
 
Ahem.
 
Già è un altro discorso quando si arriva alla caduta di Nargothrond e al ruolo che Turin avrebbe dovuto ricoprire, ma per il ritratto di Finduilas hai scelto di concentrarti su un momento meno “eclatante” anche se di sicuro altrettanto importante nella sua storia: i sentimenti che l’elfa prova per Gwindor vengono inevitabilmente messi a confronto con quelli per Turin e Finduilas è quindi divisa tra l’amore che dovrebbe provare e quello che non dovrebbe nemmeno considerare – anche solo per il fatto che Turin è un mortale, quindi un ulteriore carico di pensieri sul futuro che potrebbero avere come coppia.
* Ma perché dovrei temere il destino funesto, se prima di me anche Luthien la bella poté amare  un mortale? *
Il problema è che purtroppo in questa situazione Finduilas non può contare sull’amore incondizionato di Turin e finisce per essere tormentata dai sensi di colpa, afflitta all’idea che il mortale del quale si è innamorata - privilegiando questo sentimento a discapito di quello per Gwindor, che tra i due sembra essere di certo quello che ha più bisogno di lei - non proverà mai lo stesso trasporto.
Come dici tu stessa è difficile che gli elfi, una volta scelto un compagno per la vita, si innamorino di qualcun altro, però la prigionia di Gwindor ad Angband l’ha mutilato nello spirito e nel corpo: posso immaginare quanto sia stato difficile per Finduilas rivedere il promesso sposo e trovarsi di fronte ad un estraneo, quasi. Forse proprio per questo il background di Turin, il suo dolore per la perdita di una sorella in tenera età, è qualcosa di più comprensibile per Finduilas e si tratta di due sofferenze che si incontrano e si comprendono - peccato che per Turin si tratti solo di un legame fraterno.
 
E’ proprio vero che non si può scegliere chi amare… ma che cavolo, Turin è proprio il soggetto più irritante che possa venirmi in mente nel Tolkienverse!
E chiamiamolo pure Agarwaen, altro che usare termini lusinghieri!!!!

Recensore Junior
28/02/16, ore 00:21
Cap. 11:

Trovo qui Erendis e mi viene naturale pensare sia al ritratto di Ancalime sia a “Un agnello mal cresciuto darà spine, non lana” di Tyel.
La focalizzazione nel caso di Tyel è esterna e ci offre la rappresentazione di una regina altera, fredda, arrabbiata con l’intero genere maschile e soprattutto col marito, mentre qui troviamo Erendis rappresentata da un punto di vista totalmente diverso: non ha mai smesso di amare Aldarion e solo alla fine della propria vita ammette che l’amarezza che ha provato per tanto tempo, il sentimento di sconfitta nella competizione per vincere l’amore di Aldarion (conteso con il mare e con Uinen), era solo il risultato del proprio orgoglio ferito – lo stesso orgoglio che poi l’ha spinta a non parlare più con Aldarion, ad allontanarsi sempre più da lui, immagino poco prima di tornare a vivere in Emerie con Ancalime.
 
Proprio Ancalime mi viene in mente leggendo il passaggio:
* Quante notti insonni ho trascorso a piangere per te, Aldarion. Desiderandoti. Maledicendoti. Amandoti, anche quando non credevo fosse più possibile *
dato che nel ritratto a lei dedicato, la figlia descrive Erendis come una donna che le ha insegnato a disprezzare gli uomini ma sotto sotto ha sempre sperato in un ricongiungimento con Aldarion.
Concordo con Kanako, molto probabilmente chi ci ha rimesso sul serio (e anche in questo caso, per motivi indipendenti dalla propria volontà) è stata Ancalime, con le conseguenze che tutti conosciamo.
 
* Lo dico in un sussurro, mentre la candida cima del Meneltarma scompare alle mie spalle, illuminata da un raggio di sole.
Non la rivedrò più. Su questa nave non c’è Ramo del Ritorno, e forse è meglio così. *
Struggente anche questo capitolo, davvero complimenti!

Recensore Junior
27/02/16, ore 23:27
Cap. 12:

Col capitolo su Tar-Miriel torna anche l’accenno alla questione dei nomi… in questo periodo mi capita di farci particolarmente attenzione e non so neanche perché!
Forse dipende dal fatto che sul serio il nome è un elemento importante per la propria identità e – a parte il caso di Nienor – tutte le donne che si sono viste chiamare con un nome diverso hanno vissuto questa piccola violenza da parte dell’uomo che le ha costrette a sposarlo e poi ha cercato di spersonalizzarle, forse per renderle più “docili” o piegarle completamente alla sua volontà.
Nel caso di Tar-Miriel sappiamo che il matrimonio col cugino è stato una prevaricazione, guidata dal desiderio di Pharazon di salire al trono, e nel ritratto si avverte il risentimento anche per questo aspetto degli sconvolgimenti che hanno cambiato completamente la vita della regina.
 
* quand’è accaduto che Numenor la splendida lasciasse il posto a questa terra d’ignoranza, di uomini che temono perfino l’ombra dei loro pensieri e che bruciando vite altrui tentano inutilmente di allungare la propria.   […]   Credi che Manwe in persona ti farà dono dell’immortalità sigillandola in un magico scrigno intarsiato?
E’ la morte, il nostro dono. Se solo l’accettassi! Se solo io sapessi fermarti, trattenerti. *
La vicenda riprende abbastanza fedelmente quella di Atlantide e i Numenoreani stessi sono gli artefici della propria rovina: sul serio, Ar-Pharazon… Sauron stava proprio lì ad aspettare che arrivassi tu a farlo prigioniero. E poi è una grandissima idea dargli retta e tenerlo come consigliere, complimentoni vivissimi!!!
In questo caso Tar-Miriel mi sembra perfino troppo contenuta: al suo posto quanto andrei avanti ad imprecare e riempire di insulti mio marito, almeno nelle mie ultime riflessioni…!
 
* Chissà, forse in tua assenza oserò recarmi in cima al Meneltarma, finalmente. *
Sniff.

Recensore Junior
27/02/16, ore 22:55
Cap. 10:

‘And faint heart is yours, Aerin Indor ’s daughter, as it was when I called you aunt, and a rough dog frightened you,’ said Túrin. ‘You were made for a kinder world. But come away! I will bring you to Morwen.’
 
Ecco una delle ragioni per cui Turambar mi sta decisamente sullo stomaco e per lui non riesco a provare una gran empatia: già non reggo tutta quest’aura da eroe sfigato, maledetto a prescindere da Morgoth, ma tutto il capitolo del ritorno nel Dor-lomin mi fa venire voglia di prenderlo a schiaffi fino a stordirlo, metterlo in una scatola, chiudere la scatola dentro un'altra scatola, spedirla a me stessa e poi ricominciare da capo a prenderlo a schiaffi.
 
* Suona aspro, il mio nome, tra le labbra degli Esterling.
Airrin. Dicono Airrin.
Anche tu mi chiamavi così, Brodda. Ricordi? Nemmeno ti eri dato la pena di imparare il mio nome. *
Qui c’è un piccolo parallelismo con la storia di Nienor Niniel e con la riflessione sull’importanza che può avere un nome nel mantenere parte della propria identità: non solo Aerin ha dovuto sopportare l’invasione degli Esterling, un matrimonio forzato e continui abusi fisici, da questo ritratto emerge anche la grande sofferenza nel sentire tutti i giorni il proprio nome storpiato – a sottolineare come per Brodda contasse solo trattare la moglie alla stregua di un trofeo di guerra, un oggetto del quale poteva disporre.
Di sicuro questo è il capitolo finora più cupo e crudo ma trovo sia una crudezza del tutto giustificata, che riprende in maniera molto coerente quella che è stata la vita di Aerin dopo l’arrivo degli Esterling; torno a tormentare il prossimo con i miei headcanon, ma chissà che quel rogo non fosse finalmente un modo per ritrovare la luce dopo tanti anni vissuti nell’oscurità…
 
Then looking back they saw a red light far off in the land they had left.
‘They have fired the hall,’ said Túrin. ‘To what purpose is that?’
‘They? No, lord: she, I guess,’ said one, Asgon by name. ‘Many a man of arms misreads patience and quiet. She did much good among us at much cost. Her heart was not faint, and patience will break at the last.’

Recensore Junior
27/02/16, ore 11:59

In pratica con questo capitolo hai risposto alla domanda che ti avevo fatto qualche capitolo più indietro, sul perché fossero rappresentati in gran parte dei momenti drammatici: qui vediamo una Nienor che è già stata colpita dal maleficio di Glaurung e ha perso la memoria, quindi guarda il mondo con l’innocenza di una bambina che sta imparando da capo a conoscere la realtà che la circonda.
E si sta innamorando di Turin… ma temevo di arrivare a questo ritratto perché sapevo che sarebbe stato uno dei più difficili da commentare, mi prende sempre un nervoso viscerale quando si arriva alla storia di Nienor: se almeno Morwen e Rian hanno preso delle decisioni consapevolmente, per quanto riguarda Nienor si può dire che tutta la tragedia che accompagna la sua storia sia stata responsabilità di altri – ma in fondo sui figli di Hurin incombeva da sempre l’ombra della famosa maledizione, non c’era alcuna possibilità che per qualcuno di loro finisse bene.
Nel caso di Nienor, però, la maledizione colpisce con una scorrettezza intollerabile e non mi è mai sembrata una gran vittoria per Morgoth sapere che NINIEL (e non la “vera” Nienor) si fosse innamorata di Turin: quando privi una persona dei propri ricordi, togliendole persino la capacità di parlare, non vedo questa gran soddisfazione nel vedere che ha sposato il proprio fratello ed è incinta di lui… soprattutto perché la donna in questione neanche ricorda chi è, tanto da arrivare ad usare un nome che nemmeno è il proprio.
E’ una vicenda simile a quella di Edipo, con la sola differenza che nella storia di Edipo non è mai intervenuto un drago a far perdere la memoria a Giocasta, ad esempio.
So che non ha molto senso arrabbiarsi perché Morgoth probabilmente ha fatto festa tipo “ponzi ponzi po po ti piace vincere facile” quando sia Nienor che Turin si sono uccisi, eppure non posso farci niente! E’ la solita parte gnegnosa di me che vuole giustizia a tutti i costi, a volte prendo delle posizioni irragionevoli!
 
Maledetto Morgoth.
Sempre colpa sua.

Recensore Junior
27/02/16, ore 11:59
Cap. 8:

Mi fa piacere vedere che le riflessioni sul ritratto precedente trovano conferma qui: quasi tutte le donne rappresentate finora hanno una forte spinta interiore, che le sostiene e impedisce loro di lasciarsi andare, e nel caso di Emeldir si tratta di rabbia – ottima motivatrice, magari non quella preferibile tra le emozioni ma di sicuro dà una bella carica!
Noto anche un parallelo tra il ritratto di Rian e quello di Emeldir, entrambe nelle loro riflessioni si rivolgono direttamente a Morgoth anche se con toni del tutto diversi:
cit Rian * Che te ne fai, Morgoth, dei pianti delle donne, del sangue degli uomini sul campo di battaglia? *
mentre nel caso di Emeldir la questione è affrontata molto più di petto e la donna non gli rivolge alcuna domanda, si limita a pensare che la battaglia è stata persa, il proprio popolo è in fuga e di sicuro ci sono stati molti caduti in battaglia, ma quello che è importante è che chi è rimasto vivo (in particolare le donne e i bambini) non ha intenzione di lasciarsi piegare o di lasciarsi sopraffare dalla disperazione.
* Le nostre gambe, Morgoth, ci porteranno lontano.
E il nostro cuore è saldo più di quanto tu non creda. *
Come sempre vado con uno dei miei classici headcanon e mi permetto di pensare che se Beren è riuscito nella propria impresa è perché deve aver ereditato buona parte del carattere della madre – con qualche piccolo aiuto da Luthien! 
(ma giusto quel minimo, eh…!)

Recensore Junior
27/02/16, ore 11:58
Cap. 7:

Con Rian torniamo nell’ambito della saga di Hurin e, come sai, in merito a questa parte della storia di Arda sono poco ferrata, anche se in questo caso posso giocarmela senza approfondire nel dettaglio gli avvenimenti ma mi limito a parlare del legame con uno dei ritratti precedenti: il riferimento compare nel testo, quando è Rian stessa a confrontarsi con la figura di Morwen.
Se però Morwen spicca per la sua ostinazione, il ritratto di Rian è quello di una donna più fragile, che si vede codarda rispetto alla cugina… ma del resto ogni personaggio è un mondo a parte ed è molto interessante questa diversità di caratteri, in particolare perché Rian è una figura tragica che ho sempre percepito come sopraffatta dagli eventi.
Mentre negli altri ritratti mi sembra comunque di percepire qualcosa di fondo che spinge a reagire (siano il disprezzo di Beruthiel, l’indignazione di Ancalime o ad esempio la grande abilità manuale di Nerdanel, che la spinge a lavorare la pietra per rivedere il viso dei figli e del marito che ha perso) nel caso di Rian non c’è via di scampo: dato che aveva circa vent’anni all’epoca della Nirnaeth Arnoediad ed era sposata da meno di due mesi, la sua reazione doveva essere per forza diversa da quella di Morwen e in questo ritratto si percepisce la paura, lo sconforto, la disperazione e al contempo quella forza che solo una madre può avere, l’istinto che la porta a scappare per mettere in salvo il figlio che porta in grembo più che se stessa – infatti sappiamo che Tuor è stato affidato agli elfi del Beleriand, poiché poco dopo la sua nascita Rian si è lasciata morire sull’Haudh-en-Nirnaeth.
C’è sempre quel lato gnegnoso di me che rimane profondamente colpito dal dolore raccontato da Tolkien, quando poi ci sono queste missing moments… finiscono tutte salvate in un unico file, ho il mobi dei Ritratti al sicuro nel Kindle!

Recensore Junior
21/02/16, ore 17:47
Cap. 6:

Oh, Nerdanel…
nonostante io non sia molto una fan dei Noldor (Galadriel e Fingolfin sono un caso a parte) sei risucita a farmi amare questo ritratto.
E’ impossibile non lasciarsi coinvolgere e non immedesimarsi nella sofferenza di Nerdanel, una donna innamoratissima di quel Feanor che con la creazione dei Silmarilli ha segnato la storia di Arda, non necessariamente in meglio – ma del resto se l’amore fosse condizionato dal foreshadowing non sarebbe più un sentimento, soltanto un qualcosa di programmato a tavolino.
Nel caso di Nerdanel e Feanor c’è un forte contrasto tra caratteri che forse all’inizio si completavano a vicenda, peccato solo che la storia di questa protagonista finisca per essere segnata dal dolore per la perdita dei figli, per le battaglie che stanno combattendo nel nome del padre e per un ideale che lei non condivide.
 
* Se solo mi avessi dato ascolto. Se solo mi avessi lasciato i gemelli, almeno loro.
Che cos’hai fatto, Feanaro? Cos’è accaduto a mio figlio?
Li hai immolati, i miei bambini. *
Queste parole sono un pugno nello stomaco.
E’ difficile sottrarsi all’influenza di una figura genitoriale importante (e ingombrante, anche) come quella di Feanor e Nerdanel sa bene che essere figli significa essere sempre in una posizione più debole: era ovvio che tutti e sette i figli avrebbero seguito il padre e avrebbero tenuto fede ad un giuramento che ne avrebbe accecato le menti, mentre lei ne ha preso le distanze.
In questo pensiero c’è tutto il rancore verso quell’aspetto del carattere di Feanaro che lei non ha mai condiviso, verso l’amore del marito per i Silmarilli che ha addirittura offuscato e superato l’amore che secondo lei Feanor avrebbe dovuto provare per i propri eredi, ma allo stesso tempo c’è una parte di lei che non riesce a rinnegare i sentimenti che ha sempre provato proprio per l’intensa passione che era un tratto distintivo di Feanor (in tutte le sue manifestazioni, anche fisiche).
Quella stessa passione che probabilmente l’ha fatta innamorare, adesso la sta consumando e le ha tolto tutto quello che amava.
Damn you, Morgoth!!
E chi è che continua a tagliare cipolle, da queste parti?!?!
Sniffff

Recensore Junior
21/02/16, ore 17:46
Cap. 5:

Ecco, aspettavo di arrivare proprio a lei!
Tra i tanti ritratti credo che questo si classificherà tra i miei preferiti, a mani basse.
Con i Silvani e i Sindar sai che con me sfondi una porta aperta e la storia di Nimrodel è un altro capitolo affascinante e misterioso, in particolare perché credo di aver inconsciamente basato su di lei una parte della caratterizzazione di un OC del quale conosci il nome e ora che me ne sono resa conto cercherò di renderlo palese in stesura.
(magari se mi decidessi a buttare giù qualcosa per intero, invece che pezzi di roba sparsi qua e la!)
 
Mi è scappata una lacrimuccia nel pensare a questa interpretazione della possibile fine di Nimrodel, con le acque del Gilrain che la trasportano fino al mare e le permettono di ricongiungersi al suo amato Amroth – che peraltro nelle prime versioni avrebbe dovuto essere figlio di Galadriel, quindi esisteva pure una connessione iniziale di parentela acquisita fra Nimrodel e la mia amatissima Alatariel.
Continuo a pensare a come sarebbero andate le cose se Nimrodel avesse aspettato ancora un po’ prima di andarsene e avesse lasciato il beneficio del dubbio a Galadriel: nonostante fosse una di quei Noldor che Nimrodel guardava con diffidenza, ha sempre usato il potere di Nenya per proteggere Lothlorien, ma so che bisogna per forza distanziarsi della posizione da lettore che legge a posteriori e analizza criticamente le scelte dei personaggi. Piuttosto è meglio lasciarsi coinvolgere e immedesimarsi nello stato d’animo di Nimrodel e comprendere che il suo disamore per Noldor e Sindar non poteva portare che alla scelta di andarsene da Lorinand, prima o poi.
Cosa sia successo esattamente durante quel viaggio tra le White Mountains non ci verrà mai rivelato sul serio e questa storia si lega a doppio filo a quella di Mithrellas… tutto torna, in fondo molti di questi ritratti sono collegati tra loro, come ad esempio Morwen, Nienor e Rian oppure Erendis e Ancalime!
 
Una sola domanda che mi è venuta in mente mentre leggevo questo capitolo è sulla scelta dei momenti che hai deciso di descrivere: dato che finora le protagoniste mi sembrano ritratte in momenti drammatici, se non addirittura alla fine della loro vita (come ci è stata raccontata da Tolkien), mi chiedevo se fosse una scelta voluta per accentuare proprio le reazioni dei vari personaggi in momenti difficili invece che sereni, in modo da tirare fuori una caratterizzazione più complessa, oppure semplicemente per inclinazione personale, perché hai deciso di analizzare i passaggi delle loro storie che ti hanno colpito di più?
 
In ogni caso stupendo anche questo ritratto, passo subito al prossimo!

Recensore Junior
20/02/16, ore 23:32
Cap. 3:

Non mi stancherò mai di ripetere chele storie di queste donne “controverse” mi appassionano tanto e quella che hai rappresentato è una regina ferita, arrabbiata, ma soprattutto offesa e indignata.
Forse molto più arrabbiata con se stessa che con Hallacar, furiosa per essersi lasciata ingannare anche solo per un momento ed essersi distanziata dagli insegnamenti della madre: spesso mi sembra quasi di sentir parlare Erendis, di sentire l’eco delle idee sugli uomini che ha inculcato nella figlia… peccato che poi la stessa Ancalime, pensando alla madre, la ritenga una debole oppure un’ipocrita che alla prima occasione tornerebbe di corsa con lo stesso marito che ha lasciato per andare a vivere in Emerie.
Quindi Ancalime prende le distanze pure dalla madre, sebbene trovi conferma in tutti i suoi insegnamenti, e mi piace l’idea che ci sia una componente paranoica abbastanza significativa che la porta a pensare che le siano tutti contro, persino le pecore!
 
* Se tu fossi stato davvero Mamandil e non Hallacar di Hyarastorni, se io fossi stata soltanto Emerwen la pastorella e non l’Erede del Re, a volte mi chiedo se sarebbe andata diversamente.
Poi mi rispondo che no, nulla poteva essere diverso. *
Siccome sono curiosa come una scimmia, mi sono sempre chiesta in quanti modi diversi potesse andare a finire questa storia, anche solo modificando dei piccoli particolari…
Se Hallacar si fosse presentato da subito come l’erede di Hallatan?
Se Erendis avesse cresciuto sua figlia meno rigidamente ma insegnandole piuttosto a sfruttare i “punti deboli” degli uomini?
E’ anche vero che non abbiamo la certezza che Ancalime non avrebbe reagito allo stesso modo, magari non a causa dell’educazione ricevuta ma perché avrebbe mostrato in ogni caso un carattere simile a quello che hai descritto.
Che il personaggio piaccia o meno, è innegabile la tua capacità di rappresentare un ritratto molto realistico e plausibile quelli che potevano essere i pensieri e le riflessioni di questa regina dal carattere forte e indipendente.
Di nuovo un ottimo lavoro!

Recensore Junior
20/02/16, ore 23:31

Con Morwen si arriva ad una delle porzioni della storia di Arda che mi ispira meno interesse, ovvero tutta la saga dei figli di Hurin. Non so perché, credo che sia dovuto alla presenza della maledizione che per me funziona un po’ come le profezie… narrativamente parlando mi irritano, è un problema del tutto personale!
In ogni caso, qui la protagonista è Morwen (che ormai spunta ovunque e in qualsiasi salsa, povera donna) e di Turin – posso dirlo – per un attimo chissene.
Di certo anche la storia di Morwen è intensa e struggente: una madre che ha visto morire una figlia a soli tre anni e in seguito si trova costretta ad allontanare il primogenito nel tentativo di proteggerlo, qui rappresentata poco dopo la nascita di Nienor e in attesa del ritorno di Hurin.
Un’attesa che sembra quasi essersi trasformata in un’ossessione, che non può portare altro che nuovo dolore ogni volta che lei stessa si illude che il proprio sogno stia diventando realtà (ad esempio confondendo i vagiti di Nienor con il nitrito di Arroch) e ne emerge il ritratto di una donna profondamente innamorata del marito e della sua forza, soprattutto.
Da come hai scelto di descriverla sembra che Morwen abbia in parte tratto la propria forza da quella di Hurin, sentendosi impreparata ad affrontare le difficoltà nel momento in cui il compagno rimane lontano per anni, eppure ha la forza interiore di non smettere di credere nel suo ritorno.
Sappiamo che il tempo le darà ragione, quindi anche questo è un ritratto decisamente spot on!

Recensore Junior
20/02/16, ore 23:30
Cap. 2:

Qui ritrovo Beruthiel!
Sono sempre di parte, ma vedo molto plausibile il ritratto di Beruthiel come una donna che è stata portata a vivere in un luogo che detesta (il mare le provoca fisicamente nausea, non è soltanto una questione mentale), con un uomo che non ama e che si ritrova ad avere soltanto dei gatti accanto, attirando su di sé l’odio dei Gondoriani  – che nasce tutto dalla superstizione.
Nel mio caso l’ordine di lettura ha di sicuro influito ma sono contenta di trovare qui esattamente le stesse riflessioni che avevo palesato quando ho letto “La Condanna”.
 
* L’Ombra, quella sì che dovrebbe farvi paura! *
Come vorrei vedere Beruthiel attivarsi in piena modalità Melisandre…
“For the night is dark and full of terrors”!

Recensore Junior
20/02/16, ore 23:29
Cap. 1:

Recupero finalmente questa, mi sta facendo compagnia in un momento un po’ … difficile, ecco! Sapevo che dovevo tenerla da parte per l’occasione giusta, in questo caso procrastinare non è stata solo una scelta da donna pigra all’ennesima potenza!
 
Il ritratto di Mithrellas come inizio è spettacolare: il mistero che da sempre accompagna la sua figura è intrigante dato che, come dici in nota, di lei si conoscono solo le sue origini Silvane (quindi per me già un punto a favore) e la linea di sangue che ha generato, con Galador e i successivi Principi di Dol Amroth a seguire.
Sarà che ultimamente mi sto davvero prendendo male per tutto ciò che riguarda i Silvani – in particolare le donne – ma questo primo ritratto mi ha colpito tantissimo.
Ora vado di headcanon pesante e mi convinco che in questo caso ci sia un forte parallelismo tra la partenza di Mithrellas e l’addio di Elrond a sua figlia Arwen: c’è la stessa consapevolezza di partire per Valinor sapendo di non rivedere mai più i propri cari, un dolore che in qualche modo dovrebbe essere meno difficile da sopportare nel Reame Beato.
Le storie d’amore tra elfi e uomini in genere non sono destinate a finire bene, si sa. Le due razze sono tra loro le più simili di Arda, però come è possibile per degli esseri immortali* immaginare davvero cosa voglia dire legarsi ad un compagno che invecchierà giorno dopo giorno, si ammalerà o comunque morirà di certo?
In questo caso addirittura si fa menzione della paura che Imrazor ha della morte e per gli elfi la morte non è un addio definitivo, poiché sanno che si ritroveranno nelle Aule di Mandos.
Sempre che non decidano di restare nella Terra di Mezzo – ma per Mithrellas, restare significa veder invecchiare e poi morire i propri figli e i loro discendenti, prima che anche per lei arrivi il momento di “svanire”… una sofferenza che rischia di prolungarsi per parecchi secoli.
Ho sempre pensato che, soprattutto da parte degli elfi, questo aspetto di una relazione sentimentale o famigliare che verrà inevitabilmente interrotta perché l’altra persona è mortale non venga del tutto interiorizzato; del resto la loro stessa natura non lo prevede, quindi è sempre interessante immaginarsi le diverse reazioni quando non è più possibile sottrarsi alla realtà dei fatti.
E per una volta mi fa piacere leggere di una donna che non sopporta stoicamente una vita di disperazione ma piuttosto per proteggersi e non soffrire sceglie di andarsene in silenzio, senza neanche salutare.
 
 
* uso il termine immortali non in senso letterale, spero si sia capito!

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