Recensioni per
Shattered
di Emerlith

Questa storia ha ottenuto 1 recensioni.
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Recensore Veterano
05/04/14, ore 18:34
Cap. 1:

Okay, non conosco niente di questo libro e non ho idea di chi siano questi personaggi, quindi iniziamo col dire che è abbastanza azzardato da parte mia commentare, però… cavolo se non è intenso, dalla prima all’ultima parola, ciò che hai scritto. Cioè, io ti faccio i miei complimenti per quanto vivida e realistica sei riuscita a rendere la figura di questa ragazza, quest’anima in pena. Mi sembrerebbe quasi di conoscerla, se andassi un po’ più dentro la storia.
Questa è una ragazza fuori posto, fuori posto in tutto. Nella sua famiglia (di cui, stranamente, viene nominata solo la madre. Non so se la tizia avesse padre e fratelli, ma per lei sembra esistere comunque solo la figura materna), nella sua scuola, nella sua città, nella sua stessa pelle. Una vita fuori posto, una vita a cercare di appartenere a qualcosa, a qualcuno, a un dove, a un quando, pur di non sentirsi allo sbando. Da quanto ho capito, la sorte è stata abbastanza crudele con lei – una serie di circostanze sfortunate che capitano a fagiolo tutte insieme, ahimè ­– eppure penso che il suo fardello più grande se lo ponga essa stessa addosso, per un assurdo , inconscio (ma quanto inconscio?) convincimento di doversi autopunire. Se potesse liberarsi di se stessa sarebbe felice, ho questa impressione.
L’inizio è da incubo, è proprio qualcosa a metà tra un sogno lucido e una realtà da ipnosi. Questa tizia che scivola come un fantasma confondendosi con la nebbia senza potersi dissolvere in essa. Questa macchia di colore, questo rosso violento che ricorre ovunque: fonendo, forbici, tramonto, sangue  (è proprio il caso di dire “fil rouge”, ma proprio letteralmente), è una stilettata che trapassa qua e là, come un dolore che si autoperpetua.
Tutta la storia l’ho vista, con i miei occhi “profani”, come un inno commovente a un rapporto madre-figlia tormentato, ma non per questo meno vero, meno sentito. Dolore da entrambe le parti: sembrerebbe che chi soffra di più sia la figlia, essendo anche narrato il tutto dal suo PoV, ma è evidente che nemmeno sua madre ha avuto vita facile. Anzi, secondo me è molto più straziante vedere un figlio che sbaglia tutto e sapere che gran parte della colpa è tua – ma nemmeno tanto, eh, non si può decidere per un’altra persona – e trovarsi nell’impotenza assoluta, non poterlo aiutare. Secondo me è terribile. Preferirei che mio figlio mi odiasse e mi urlasse in faccia, e litigasse con me due volte al giorno, piuttosto che il suo silenzio straziato e vagamente accusatorio.
Una ragazza che vuole somigliare disperatamente a sua madre perché non si accetta per come è, cioè diversa, quindi unica nel suo genere, è un tale spreco di potenziale umano, fammelo dire (sto ragionando per iscritto, come sempre, non farci troppo caso X’D ... cazzo, mi era mancato scriverti recensioni fregandomene allegramente del loro essere pubbliche X’’’’D ... ok, stop).  È come se fosse rimasta bloccata a una qualche tappa di quel processo di identificazione col genitore dello stesso sesso di cui parla Freud, una specie di arresto dello sviluppo psichico nell’infanzia. Questo senza, ovviamente, la pretesa di fare psicologia spicciola, e nemmeno psichiatria, non mi interessa. È rimasta attaccata a sua madre in un modo che… oddio, non è insano, ma certo da indagare. Sua madre è troppo importante per lei (sarebbe innaturale il contrario, ma insomma, c’è un limite a tutto). Per esempio, l’ho trovata una cosa commovente e inquietante al tempo stesso (per me più la seconda a dire il vero XD) che guardi la madre dormire, senza osare parlarle. Perchè costruirle un piedistallo, mio dio. Non può amarla come l'essere umano, fragile e fallibile, che è?
Non condivido l’autolesionismo. Ovvio questo, ma vabbè, meglio precisare. Cioè, malgrado tutti gli sforzi empatici e tutta la mia buona volontà, non capisco la sensazione inebriante. Non capisco perché aggiungere dolore al dolore. Non credo che lo attenui, al massimo che sia solo un modo per capire se si sente ancora qualcosa. Qualsiasi cosa. Mi ricorda Hurt, btw <3 Io penso che una persona che arriva a questo non ha più amore per se stessa.  E' l’ultima frontiera, l’ultimo tabù, no? andare contro l’istinto di conservazione. È la negazione di se stessi, è voler morire senza osare uccidersi davvero.
Io credo che il problema fosse tutto in lei. Non è lei a essere sbagliata, certamente no, ma il suo modo di vivere, di percepire se stessa e di affrontare le cose. Per esempio, il suo essere dislessica… se fosse stata mia figlia le avrei detto: e che sarà mai, c’è molto di peggio. Invece per lei è come l’abbattersi di una terribile catastrofe. Forse sua madre avrebbe dovuto capire la paura che c’era in lei e rassicurarla. Una parola può essere terribile se non se ne conosce il significato, peggio se lo si fraintende, soprattutto da piccoli, quando la sensibilità è così esasperata e la fantasia galoppa a briglia sciolta. Fondamentalmente si sente sbagliata per qualcosa di cui non ha colpa.
Questa povera bambina è circondata da medici, medicine, ospedali… paradossalmente, l’ambiente meno sano dove crescere. C’è un momento giusto per tutto. E vivere fin da piccoli a contatto con una realtà di morte, fragilità e temporaneità può fare cose strane su un substrato già particolare. Magari sarebbe bastato che sua madre le spiegasse che non era un tumore, non era niente di cui preoccuparsi, che non la rendeva sbagliata o diversa, che non sarebbe morta per quello, che avrebbe comunque avuto diritto alla sua felicità – ma forse nemmeno quello l’avrebbe tranquillizzata. Non riesco a capire completamente questa ragazza. È l’incapacità di lasciarsi scivolare addosso le cose, anzi il restare attaccate a quelle che più fanno male, che mi stupisce tristemente, in lei. Forse voleva solo affetto, incoraggiamento, una parola di lode, un sentirsi dire brava, per una volta, da bimba – e rincorre poi per tutta la vita un’approvazione che a quanto pare non riceve mai (?). La cosa che mi meraviglia è perché, a furia di mazzate dalla vita, non si sia indurita. Gliel’avrei augurato, davvero, per quanto cinico possa essere: meglio corazzarsi e diventare insensibili che rimanere nudi a prenderle dal mondo.
Era un modo per attirare l’attenzione, farsi male. L’unico modo. Se si faceva male abbastanza, sua madre avrebbe dovuto volerle bene per forza. Mettersi in una situazione di debolezza, una condizione di inferiorità, perché il più forte rinunci alla sua facoltà di poter fare del male. C’è una certa logica. La mente umana funziona in strani, affascinanti modi.
Ma io non capisco. Perché non parlare? Perché sentirsi sempre inferiore? Ma a chi, ma perché? Ma chi l’ha detto? Ma nessuno le ha detto che la varietà è bella? Mica dobbiamo essere tutti uguali, e diversità non significa sempre che uno è migliore e uno peggiore. Cosa c’è che non va in lei? Certamente, se fosse cresciuta in un ambiente diverso, le cose sarebbero state diverse. Ma io penso anche che lei è così, dentro, ambiente o non ambiente. 
L’immagine delle farfalle è molto bella. Lo schiudersi delle ali, e lo schiudersi delle lame delle forbici. Un’antitesi perfetta. Fragile delicata bellezza da un lato, morte fredda assassina dall’altro. Basta così poco per far finire tutto, e non poter più tornare indietro, e finire poi per rimpiangere qualcosa per tutta la vita. 
E la cosa peggiore non sono i bulli, ma l’aver trovato un’amica, così per caso, e l’averla persa altrettanto presto. E un ultimo disperato tentativo di salvare un bambino e un rapporto che avrebbe potuto (forse) guarirla, salvare qualcosa che non meritava di morire. E invece… naufragato, come tutto il resto. Non riesce a salvare né la sua amica, e forse neppure se stessa, non saprei. E immagino si senta una fallita per questo, ma cazzo (!!! Mo mi bannano X’D), nemmeno i medici, nemmeno i suoi stessi genitori, possono salvare la gente che è destinata a morire. Essere un medico significa più accompagnare la gente verso la morte che evitargliela, io credo.
No, nessun potere divino.  Ma proprio nessuno.
Nessun dio, niente di soprannaturale o trascendentale.
Niente di così idealistico.
Solo umano, troppo umano - per citare qualcuno.
È di una tristezza infinita, questa storia. È sempre triste vedere qualcuno buttarsi via così. Ma il finale mi fa ben sperare. Io penso che  a volte ci voglia solo un po’ di tempo e tutto si aggiusta. Solo un po’ di tempo. Questa tizia dal nome improponibile e impronunciabile (ma la Rowling li sceglie per anagramma?? Bah)… beh, merita un abbraccio e un “ dai, che ce la puoi fare”. Sei stata brava perché, anche non conoscendo un bip di tutta la storia, l’hai resa una persona vera. Sento che è mia sorella. E un po’ me stessa. Un po’ te, un po’ tutti. Penso che sia qualcuno con cui chiunque si possa identificare in parte, qualcuno che chiunque abbia conosciuto nella sua vita, o incrociato per strada, o guardato e poi distolto gli occhi fingendo di non vedere . E sei stata coraggiosa, perchè tutto ciò che hai messo per iscritto molte persone preferiscono fingere che non esista. Perché sono tematiche delicate, ma che vanno affrontate appunto per questo. Non tutti hanno le palle per guadare in faccia la realtà. Perché è facile scrivere di sesso o di commedie, farsi quattro risate e andare avanti, ma non lo è altrettanto riversare cuore e lacrime su una pagina, fare i conti con i propri demoni e tutto sommato sforzarsi di spremere il meglio da quello che la vita può dare. Quindi… chapeau a te (il mio francese è commovente... X'D... basta basta)
È venuta lunga, ma mi hai dato spunto per numerose riflessioni. Non vorrei esserti sembrata polemica o pesante – ma… ebbene sì, lo sono. Polemica e pesante. Però hai tirato fuori una figura di straordinario spessore dal nulla, almeno per me che non ho letto una riga di questo romanzo. E questo ti fa capire che il tuo “esperimento” (posso chiamarlo così?) ti è riuscito alla grande.
Oh, ma scrivi più spesso, per giove.