Sesta classificata
Danny
di melian
Grammatica: 1.4/10
Ho trovato difficilissimo correggere la grammatica di questa storia. Ci sono stati momenti in cui pensavo che ero io a non capire, a non riuscire a comprendere i meccanismi verbali messi in atto, a non sapere identificare la struttura portante della storia. Ancora adesso ho molti dubbi a riguardo, ma ho deciso di agire secondo le mie conoscenze e il mio modo di rapportarmi alla scrittura, o non avrei mai trovato il bandolo di questa matassa.
Ti dico che, secondo me, c’è un gravissimo errore di tempo portante, che ha reso confusa l’esposizione degli eventi. Ho percepito in maniera molto brusca diversi passaggi. In generale, sono due gli errori che hai fatto: l’utilizzare l’imperfetto come sostituto e tempo sinonimo del trapassato prossimo (è un uso che si fa nel parlato, non nello scritto) o, in alcuni casi concordandolo in modo errato (nella stessa frase o paragrafo utilizzi il trapassato prossimo per rendere un evento passato rispetto al tempo degli eventi e lo concordi con l’imperfetto, il quale rende il tutto come se fosse contemporaneo degli eventi) → -2; il passaggio tra trapassato prossimo e passato remoto → -2.
Questi errori, in quanto rappresentano paragrafi interi, non li riporterò tutti di seguito, solo quelli più isolati; Di seguito gli errori trovati:
pickup rosso → -0.5 PENALITÀ GENERALE (pick-up; è un errore che commetti in tutto il testo)
«Danny compra sempre le stesse cose, lo stesso giorno, alla stessa ora. Non credo ci stia tanto con la testa.», dicevano tra di loro → -0.5 PENALITÀ GENERALE (Il punto, quando la battuta continua in minuscolo, non va messo all’interno del discorso diretto; è un errore che commetti più di due volte)
era l'occupazione con cui aveva trovato il senso dei suoi giorni. → -0.3 (Qui forse ho capito male io, casomai tolgo la penalità. Credo che sia più corretto dire “in cui aveva trovato”)
dove non c'era nemmeno un custode che si prendesse la briga di fare un giro di ronda, i muri a secco scrostati e il cancello cigolante e arrugginito chiuso con un catenaccio. → -0.3 (È sintatticamente ambigua. Sembra che non ci sono nemmeno i muri a secco e il cancello cigolante. Io rivedrei la frase, o al limite aggiungerei il verbo per chiarire)
ad illuminare -0.5 PENALITÀ GENERALE (Togli la d eufonica; è un errore che commetti più di due volte)
L'importante è che fossero donne → (“era che fossero donne”. Usando il narratore onnisciente, l’uso del presente può andare, ma solo per introdurre riflessione generali del narratore.)
Anche sua madre era morta, circa vent'anni prima a soli quarantacinque anni, e aveva lunghi capelli castani striati dalle prime ciocche grigie → (e aveva avuto; errore di concordanza dei tempi verbali)
Con quell'abito castigato dalle maniche lunghe, lo scollo tondo e lungo fino ai piedi sembrava una sposa. → → -0.3 (lungo si riferisce a scollo, in questa maniera sembra che è lo scollo che arrivasse fino ai piedi. La frase va riscritta)
Bianco il vestito, bianca la pelle esangue, che dava l'impressione di essere quasi traslucida quando, distesa nella bara foderata di raso durante le esequie, il sole l'aveva accarezzata e le piccole, torbide vene bluastre erano spiccate, in contrasto, come una ragnatela. → (“aveva dato l’impressione”, errore di concordanza dei tempi)
sicuramente il Diavolo se l'è portato.”, gli ripeteva → (Anche qui, il punto non va dentro. Vale la stessa regola del discorso diretto)
Un Daniel bambino la guardava con i suoi grandi occhi scuri → (l’aveva guardata)
Glielo ripeteva come una litania se lo sorprendeva a spiare le ragazze nella piazzetta quando andavano a fare la spesa, dal momento in cui Daniel le aveva raccontato che, a scuola, una ragazza si era rifiutata di uscire con lui ed era scoppiata a ridergli in faccia. → (Questo è uno dei casi in cui andrebbe rivista tutta in chiave trapassato prossimo)
Eppure, nonostante questo bisogno di tenerlo legato al suo guinzaglio, Annabel non lo abbracciava mai → (non lo aveva mai abbracciato)
La donna lo aveva spinto nella vasca piena di acqua gelida e gli aveva tenuto la testa immersa fin quasi ad affogarlo, mentre Danny si dimenava in preda alle convulsioni. Gli ripeteva che solo attraverso il dolore e la penitenza avrebbe potuto purificarsi dal peccato, che non avrebbe più dovuto toccarsi e che lo avrebbe punito ancora se lo avesse scoperto a disubbidirle. → (Sono tutte azioni che si sono susseguite in un momento passato al presente della narrazione. Anche gli altri verbi vanno usati al trapassato prossimo)
misto ad un amore viscerale → (Togli la d)
Un giorno, aveva assistito al funerale di una ragazza morta a trent'anni per una brutta malattia. La famiglia, distrutta, piangeva la morta; il prete officiava l'estremo saluto e poi, quando erano andati tutti via e la terra era ancora fresca sul tumulo, Danny avevo preso una pala e aveva cominciato a scavare senza chiedersi nemmeno perché lo stesse facendo. → (Va usato il trapassato prossimo) -0.1 (aveva preso)
Ne aveva avvertito l'impulso e vi obbediva. → (vi aveva obbedito; errore di concordanza dei tempi verbali)
A Daniel continuavano a tremare le mani mentre le toccava il volto livido e i capelli pettinati in modo ordinato, come un sudario funebre. → (avevano continuato a tremare)
La sua decisione fu rapida: si appropriò del corpo, lo caricò sul cassone del pickup e lo portò a casa. → (Va al trapassato prossimo. Da qui fino alla fine delle memorie passate, i verbi vanno cambiati)
Quella notte fu l'inizio della sua avventura, ciò che gli diede una ragione di vita o, comunque, della sua turpe ossessione. → (Va al trapassato prossimo)
Contemplare il corpo nudo di una morta, gli procurò una sensazione indefinita → -0.2 (Togli la virgola; gli aveva procurato)
era stato come ritrovaresua madre → -0.1 (serve uno spazio)
Si procurava tutti i corpi di cui avesse bisogno → (aveva bisogno)
Spolpò le ossa e le usò come i piedi di un tavolino basso e sciancato → -0.3 (come piedi, a mo’ di piedi)
E la faccia, sopratutto → -0.5 PENALITÀ GENERALE (soprattutto; è un errore che commetti più di due volte)
in quel momento Daniel capiva coma mai gli piacesse → -0.1 (come mai)
e ad un cuore umano → (togli la d)
«Lo vedi mamma? Non sono il buono a nulla che temevi potessi diventare. Ho un talento: ci so fare, con le mani.», → (togli il punto)
sopratutto quello che stava preparando per lei con tanto amore → (soprattutto)
uno circondò la casa e l'altra si diresse → -0.1 (l’altro)
poteva, sopratutto, essere ancora viva → (soprattutto)
la zaffata del sangue che li accolse → -0.3 (di sangue)
attaccato ad un muro da robuste catene e ganci → (togli la d)
singulto shockato. → -0.1 (È una declinazione inopportuna del termine straniero “shock”. In italiano c’è la forma “scioccato”)
Un rumore di passi al piano di sopra, suggerì → -0.2 (togli la virgola)
sorrise alla sua immagine riflessa o, meglio alla faccia che copriva la sua, → -0.2 (la virgola o la aggiungi dopo “meglio” o la metti prima della congiunzione)
«Adesso possiamo stare davvero insieme, mamma. Ora mi ami, non è vero? So cosa significa essere dentro di te, essere te. Mi vedi, mamma? Siamo una cosa sola, per sempre.», cantilenò Danny. → (Stesso problema del punto)
Lo Sceriffo sentì lo sparo, secco ed echeggiante, proprio mentre si era accostato alla porta → (“si accostò”, errore di concordanza dei tempi)
Stile: 7/10
Lo stile è scostante e disomogeneo, nel suo insieme sembra un assembramento di diversi pezzi scritti in stili diversi e in modi diversi. L’effetto finale è disorientante per un lettore che si accinge a leggere per la prima volta questa storia e deve imparare a scoprirla pian piano. Andando oltre questo primo impatto, comunque, ho potuto rilevare alcuni pregi insieme ai difetti.
A volte abbondi con le virgole, spezzettando il flusso delle frasi; ma nel complesso non abusi del punto-virgola e non usi in maniera discutibile i due punti. La struttura delle frasi, invece, si presenta a tratti ostica, altalenante: utilizzi inversioni di posizione che rallentano la lettura troppo spesso, per i miei gusti.
Il lessico è anch’esso un miscuglio tra uno più colloquiale e uno più ricercato. Per esempio ho apprezzato molto i diversi modi con cui ti riferisci alla casa e al capanno, dando sempre più la sensazione di orrore e disgusto, poi però cadi su termini più “dozzinali” del parlato come “shockato”, e tutto il clima crolla. C’è un’attenzione per il lessico altalenante, insomma; non è tanto una questione di varietà di lessico, quanto più o meno cura rispetto a un punto della narrazione.
La prosa è piuttosto asciutta, non ti perdi in metafore o similitudini, ma soprattutto nelle descrizioni del macabro e dell’horror ti dilunghi molto sui particolari, mostrandoli al lettore in modo chiaro e diretto, senza ghirigori o abbellimenti poetici. Questo fa sì che il tono della narrazione risulti omogeneo e coerente con i generi trattati. Dall’inizio alla fine della storia, sei stata capace di mantenere un tono angosciante, cupo, smorto, decadente. Tutto questo contribuisce a calare nella scena il lettore.
Il ritmo della storia, invece, è confuso, e credo che questo sia dovuto a una mancanza di chiarezza di fondo sull’idea che doveva fare da collante. Questa storia parte come se dovesse studiare il comportamento di Daniel, ma poi si trasforma nell’analizzare in particolare il rapporto che questo aveva con la madre e come abbia influito sulla sua natura. E le due cose, secondo il mio punto di vista, sono un po’ diverse; in altre parole, la seconda è un’idea più mirata rispetto alla prima, ed è stato come se tu a un certo punto avessi deciso di concentrarti su un singolo tratto del background e ne avessi lasciato a metà un pezzo. Abbiamo, quindi, un inizio lento che immette nella storia, e che poi viene seguito da un’altalena di eventi, passati e presenti, che si susseguono a diversa velocità.
La parte migliore dello stile è il narratore, che tu non perdi mai di vista. Ne hai utilizzato uno onnisciente con focalizzazione zero, e devo dire che l’ho trovata azzeccata, perché ti ha permesso di portare avanti con naturalezza lo studio su questo individuo, mostrandocelo non in un contrasto di luci ed ombre ma come un’attrazione, la particolarità di questa cittadina invisibile e anonima. Hai conferito alla lettura una prosa un po' vecchia, con quel tono investigativo che difficilmente si riscontra ai giorni nostri; il che ha permesso alla storia di uscire direttamente dal passato.
Anche i dialoghi sono gestiti molto bene: sono pochi, ma espressivi del personaggio in questione. Quelli di Danny sono piuttosto ripetitivi-compulsivi, e a ragione, ma soprattutto quelli della madre mi hanno colpito perché hanno puntato proprio al cuore della sua natura, una natura religiosa, acida, abusata forse, tipica di una donna con una mentalità ristretta, per niente amorevole, con un’ossessione di natura diversa ma altrettanto pericolosa come quella del figlio.
Il testo è molto descrittivo, ma non per questo motivo reso pesante. La narrazione si limita a introdurre le varie azioni e poi si perde in continue analisi del personaggio o in descrizioni dettagliate dei suoi impulsi e degli oggetti ai quali questi portano. La scelta di battere più volte su questo punto non ha reso monocorde l’argomento, ma ha fatto in modo di esaltarlo.
Infine, le tematiche trattate sono delicate e complesse, e più che affrontarle mi è parso che tu ti limitassi a esporle nella loro linearità, semplificando un po’ la chiave di lettura dei comportamenti e delle ossessioni di Danny.
Nel complesso, una scelta di stile adatto alla storia ma da definire nei particolari.
Originalità e Trama: 7.5/10
Iniziamo dall’attinenza al bando.
Questa storia rientra perfettamente nella cosiddetta “prima categoria”, ovvero l’esaltazione della natura del personaggio. In questo caso, è una natura unilaterale, potrei dire quasi in maniera inappropriata, nel senso che tutto ciò che è questo personaggio si concentra nel suo essere un serial killer. Fortunatamente non ti limiti a presentare i suoi crimini, ma fai diversi excursus sul suo passato, andando a esaltare anche la causa di questa sua natura, ovvero il rapporto con la madre.
Una pecca, purtroppo, è l’originalità della trama. Su questo termine sono piuttosto di manica larga, perché non desidero che mi venga presentata la storia più strana e insolita sulla faccia della terra (un’impresa utopica, direi) ma di solito richiedo un po’ di personalità che caratterizzi e distingui dalla massa l’argomento che mi viene proposto. Qui si parla semplicemente di un serial killer, con un passato turbolento e una madre ossessiva reprensiva e protettiva a tratti in maniera compulsiva, atta a sopprimere gli impulsi e lo sviluppo naturale del figlio. Un’analisi come altre ho potuto seguire in diverse serie tv. Anche il contesto in cui è inserito risulta già visto: una cittadina anonima che attira l’attenzione per una serie di omicidi macabri e irrisolti.
Passando alla trama vera e propria, ho apprezzato l’incipit, il quale è molto ben curato e secondo me funge in modo ottimo come introduttore alla storia: presenti l’ambientazione, dipingi il contesto e inizi a dare le prime chiarificazioni sul protagonista. E il quadro generale è piuttosto completo.
Nonostante sia intuibile dal tono narrativo, hai abilmente introdotto a poco a poco ciò che rende Danny così repellente agli occhi quanto all’anima. Ho trovato ben calibrata la scelta di inserire prima ciò che la gente nota e poi ciò che il narratore presenta come il vero particolare macabro di questo personaggio.
Superata la prima metà della storia, iniziano secondo me i primi problemi che sono scorgibile sono alla fine: hai presentato i ricordi della madre e del suo primo cadavere, dando loro un certo spazio all’interno del testo. Poi si ritorna al momento “presente” e narri della sua prima vittima. Questa scena, però, che secondo me dovrebbe rappresentare il centro della narrazione, quello che funge come spartiacque tra il prima e il dopo, non acquista una particolare importanza nell’economia della trama e si perde, un po’ allo stesso livello dei due ricordi che la precedono.
L’errore più grande, però, sta nel finale: è brusco all’inverosimile, non c’è una chiusura nel testo, e figurati che ho persino controllato più volte per vedere se avevo saltato qualche pezzo. La sequenza finale è ben resa, ma non può da sola rappresentare la fine della storia, serve una “formula” finale che avverta il lettore, dopotutto hai a disposizione un narratore onnisciente che ha iniziato con l’idea di presentare questo personaggio come particolarità all’interno di questa anonima cittadina e che quindi può spendere due parole su come questo abbia cambiato, o non aver cambiato, il vivere comune dopo la scoperta degli eventi di quel giorno.
Titolo e Impaginazione: 5/5
Il testo è giustificato.
Il titolo può apparire semplice e anonimo, e in realtà io non apprezzo molto quelli che sono formati da una singola parola, soprattutto se, come in questo caso, quella parola è semplicemente il nome proprio del protagonista. In questo caso, però, non solo è azzeccato perché è coerente con l’idea della storia, ma è anche particolare. Particolare, sì, perché tu non scegli di utilizzare il nome completo – Daniel – ma un diminutivo, quasi infantile.
Mettere il punto sul protagonista, in questo caso, è coerente con la storia ed è azzeccato, perché Danny rappresenta proprio la particolarità di questa città, la macchia originale e macabra che si snoda in mezzo all’anonimato e alla monotonia di questa città che difficilmente si trova nelle cartine stradali. Il nome non è solo proprio del personaggio ma soprattutto della pazzia e dell’efferatezza che si ramificano tra le vie della cittadina, che covano nei cimiteri e in quella casa.
La forma abbreviata del nome, poi, unita al genere horror, mette angoscia nel lettore; anche solo a livello di suono, “Danny” è un masso che ti sbarra la strada, che ti impedisce di scappare, è forte come suono, deciso, lapidario. Richiama alla mente, però, anche qualcosa di infantile, di colloquiale, di familiare. E non a caso hai adoperato questo nomignolo: è quello che utilizza la madre, è la sua ossessione; ed è anche l’ossessione di tutta la storia.
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Il protagonista è anche l’unico personaggio di questa storia, ma attraverso i suoi ricordi – e considerata l’importanza che ha nello sviluppo della sua natura – anche la madre va analizzata a pieno titolo in questa voce.
Annabel (ancora una volta il nome è azzeccato) è una donna religiosa, fanatica direi, e questo si ripercuote sul figlio. Di lei possiamo solo dedurre alcuni tratti, ma posso immaginare la sua vita difficile accanto a un uomo violento e di conseguenza immaginare il suo carattere aspro ma fragile, suggestionabile, di chi ha subito per tutta la vita le angherie di un uomo ubriacone e violento e che ha trovato nella fede in dio una specie di rifugio mentale. Questo, però, ha avuto anche un’altra causa. Il figlio è qualcosa a metà strada tra una bambola su cui esercita una grande possessione e il riflesso di quell’uomo che l’ha maltrattata. Il suo attaccamento morboso al figlio, il suo non volerlo condividere con altre donne, hanno fatto il resto.
E tutto questo ha influito ovviamente su Danny. Descrivi entrambi fisicamente, ma di lui ne spezzetti i vari elementi, in modo da non creare un unico blocco descrittivo sulla sua figura; essa, nel suo insieme, comunque risulta esplicativa della sua natura (un espediente usato spesso nella narrazione, quello di far combaciare l’aspetto fisico con il carattere e la natura del personaggio, e che risulta sempre infallibile per coinvolgere il lettore). Anche i comportamenti, le abitudini, la vita sociale – o in questo caso la non vita sociale – del personaggio vengono presi in esame. Il carattere schivo e strano lo rendono un personaggio di cui diffidare, che provoca ribrezzo nelle altre persone. Studi il suo difficile rapporto con le donne che, a causa della madre e dell’educazione che gli impartisce, diventano tutte un surrogato possibile di quest’ultima.
Insomma, hai saputo creare un personaggio in tutte le sue declinazioni fondamentali e lo hai inserito con cura all’interno di un contesto studiato ad hoc.
Gradimento personale: 2.5/5
Ho visto troppe puntate di Criminal Mind per trovare questa storia originale o coinvolgente. Al suo interno non ho trovato elementi che mi facessero urlare all’orrore o al disgusto, non più di tanto in realtà. Il che mi fa pensare non poco, visto la scena finale con lui che indossa i guanti o la cintura o il vestito “umano”, che a questo mondo stiamo diventando troppo avvezzi a questi particolari: se non ci colpiscono più, qualcosa sta andando a scatafascio. Ma questo è più una considerazione personale.
Tornando alla tua storia, credo che l’errore sia la sua conformità con tutto quello che di solito gira su questo tema: non ho trovato carattere, ecco; non c’è personalità o una voce carismatica che mi coinvolgesse al suo interno. Da una parte è il rischio che, purtroppo, si corre con un narratore onnisciente, ma dall’altra è colpa anche della mancanza di un collante tra le parti, di una omogeneità nello stile, di un filo portante nella trama, di una presenza più varia di personaggi. È monocromatica questa storia, ha un singolo elemento, e quell’elemento, da solo, è troppo uguale a molti altri per colpirmi.
Non nego che parte del problema è il mio rapporto con il tuo tipo di scrittura. Io non riesco a non farmi influenzare anche dallo stile di un autore quando devo gradire o meno una storia. E il tuo mi è davvero molto ostico. Il tempo verbale dovrebbe aiutare il lettore a orientarsi nello spazio-tempo, ma nella tua storia è stata un’impresa cercare di mettere ogni cosa al punto giusto. Forse la si potrebbe definire una scelta stilistica, ma per me è una mancanza di ordine nelle idee, di capacità di spostarsi con scorrevolezza tra gli eventi del presente e del passato. Se la narrazione inciampa, è il lettore a cadere.
Per quanto riguarda i punti bonus non c’è assolutamente un contrasto con la propria natura, anzi: la storia esalta più che mai ciò che sta dentro l’animo di Danny.
Totale: 33.4+0/50+2 |