Sembrerà strano lasciare una recensione dopo così tanto tempo dalla data di stesura, però ho scoperto questa storia solo ora e non posso fare a meno di commentartela.
Il primo aspetto che più mi ha colpito, è stato il contesto, o meglio, il modo reale in cui hai proiettato Hajime e Tooru in guerra. Non mi riferisco all’inserimento di informazioni eccessivamente dettagliate, descrizioni raccapriccianti di corpi dilaniati o altro, ma poche e concise frasi con cui esprimi alla perfezione il mondo devastato in cui si trovano i ragazzi.
Le prime righe sono dirette, non lasciano scampo all’immaginazione. Anche il riferimento alle stelle nel cielo, morte chissà quanto tempo fa, come osserva Tooru, non fa altro che corroborare l’immagine drammatica della storia, in modo semplice ma immediato.
La prima scena ti disorienta: Hajime è più scostante del solito, porge con troppa irruenza il piatto di brodo al compagno e sembra non prestargli attenzione, mentre Oikawa pare non avere nemmeno la forza di prenderlo in giro come si deve e, anzi, lo invita ad andarsene, poiché non lo trova affatto di compagnia.
Non è un caso, però, che entrambi si comportino in tal maniera. A questo, si aggiunge l’aspetto che, a mio parere, è il nodo fondamentale della storia: il tempo.
Il tempo che non lascia scampo, il tempo che azzera le vite di troppi uomini, il tempo che non possiedono i soldati. Il tempo trascorso da una vita normale, come si vede dalla riflessione di Tooru:
“.Dovrebbe essere stanco di ingurgitare sempre la solita roba, ma non può permettersi di lamentarsi, e in fondo è qualcosa di caldo da mettere nello stomaco. Che non ricordi più il sapore della carne, o della frutta, quello è un altro discorso.”
Qui, il trascorrere del tempo è inesorabile. Non si sa con esattezza quanti mesi, o anni, siano passati dall’inizio di quest’incubo, ma il risultato è lo stesso a prescindere dalla risposta. Troppo, è passato troppo tempo. Troppe sofferenze, troppi dolori hanno segnato l’animo di questi due ragazzi… incidendosi come profonde cicatrici. Fisiche e mentali.
Da qui, si capisce il motivo dell’apparente freddezza di Hajime. Ha sopportato troppo, ha visto troppi scenari raccapriccianti. Non crede più a nulla, non pensa che ci sia una salvezza, non immagina ci sia un futuro. Però, fissandosi su queste idee, ha quasi finito per dimenticare che, il presente, non è orribile nella sua interezza. I sentimenti per Tooru… sono reali. Tuttavia, non vuole illudersi. Non vuole credere che ci possa essere ancora qualcosa di positivo… sebbene non possa impedire a se stesso di preoccuparsi per quel ragazzo.
Tooru, beh, Tooru vorrebbe tanto, al contrario, vivere nell’illusione dell’avverarsi di un futuro migliore. Vorrebbe convincersi che possa esistere una vita in cui lui abiti con Iwa-chan, in cui sia possibile amarsi come una coppia normale… nonostante sappia benissimo che non sia fattibile modificare la realtà.
Il discorso di Tooru, mentre parla ad Hajime che finge di dormire nella tenda, mi ha colpito tantissimo, soprattutto perché, mentre discorreva, si inframezzavano i rumori assordanti delle bombe di sottofondo che, oltre a dar maggior credibilità all’intero contesto, fanno apparire le parole di Tooru come disperate, come desiderose di una via di fuga da quell’orrida realtà che lo circonda.
Il riferimento al sangue di Kindaichi sul suo corpo poi… brividi.
Hajime vorrebbe resistergli, vorrebbe ribattere con quanta più acidità può… però poi cede. Cede e capisce che sì, non hanno tempo, non c’è più tempo… e proprio per quello, non possono più sprecarlo. Il momento in cui Tooru si stringe a lui, desideroso di sentire il suo odore, l’odore della sua pelle, e non l’odore acre del fumo che li circonda, che ha invaso la tenda dall’esterno in cui lo scenario della guerra è immutabile… è bellissima, davvero.
Non solo quella, ovviamente. Da qui in poi un sacco di momenti mi hanno fatto venire la pelle d’oca, come:
“Non ha voglia di darsi un controllo, semplicemente perché non avrà tempo di preoccuparsi di quello che sta facendo.”
Cioè, il realismo è davvero disarmante e mi ha fatto venire il magone.
“Tooru sospira - sospira come lo ha sentito poche volte, quelle in cui gli ha lasciato quel poco di privacy che ci si può permettere in guerra, quelle volte in cui ha sentito, per sbaglio o meno, i gemiti che scappavano dalla sua bocca quando l’altro si dedicava a se stesso.”
Poi questa… fai capire che Hajime abbia sempre provato determinati sentimenti per Tooru e che la guerra annulli completamente la privacy, l’intimità di ogni individuo.
La scena in cui fanno l’amore è bellissima. Si percepisce il desiderio bruciante dei due, la voglia repressa di Tooru di averlo tutto per sé e di Hajime di contemplarlo in tutta la sua bellezza. Gesti voraci, finalizzati a prendere tutto il possibile dall’altro prima che il loro tempo scada, prima che la realtà possa di nuovo inglobarli nella sua morsa orribile. Gesti carichi però d’amore, palesati in Hajime che sta attento a non fare troppo male al ragazzo sotto di lui, a stringerlo con delicatezza, alla voglia di volergli succhiare via tutto il male dalla ferita alla spalla.
La fine, in cui entrambi si abbandonano a un pianto liberatorio, è commovente.
E ho davvero apprezzato il finale aperto.
Non sappiamo se, effettivamente, i due ragazzi ce la facciano a sopravvivere, oppure se verranno inghiottiti dalla guerra. Non sappiamo se vivranno davvero insieme, se andranno in Irlanda come avrebbe voluto Tooru… però, siamo sicuri che affronteranno il tempo che resta loro uniti, cercando di non morire.
Così com’è la vita in fondo, imprevedibile e priva di indizi per il futuro.
Ti faccio i miei complimenti per come hai trattato l’argomento, in maniera razionale, un po’ disillusa anche, ma non priva di speranze per la loro vita. L’ho molto apprezzata proprio perché non è drastica, estrema, né in positivo né in negativo.
L’unica nota che posso farti è che, soprattutto nella parte finale, vi sono delle ripetizioni un po’ ridondanti che ostacolano la lettura altrimenti gradevolissima. Lo stile di scrittura comunque, nel complesso, è molto adatto, con un lessico più che adeguato. |