Solitamente non mi soffermo a leggere questo genere di fanfiction… Fanfiction che, con una punta di fastidio e - lo ammetto- un certo pregiudizio, addito come scialbe storielle rosa di cui è facile intuire lo scarno sviluppo narrativo… Adolescenti contemporanee, pedissequi alter ego delle stesse autrici, catapultate per magia all’interno del legendarium tolkieniano, ove -naturalmente- si tramutano in improbabili eroine e, come nelle loro più ovvie fantasie, seducono con successo il tal personaggio prediletto.
Nonostante tali premesse, però, ho deciso ugualmente di leggere la tua fanfiction. E sarei un’ipocrita se negassi che il motivo risiede nella particolare caratteristica della tua protagonista, ovverosia la malattia. Ora, mi auguro con tutto il cuore che tu non stia vivendo o abbia vissuto quello che Jenny è costretta ad affrontare, ma sono subito rimasta colpita dalla delicatezza e dalla profonda attenzione con cui hai trattato questo tema. Per poi arrivare all’incipit de Lo Hobbit, alla tenera lettura di quel padre che -per la prima volta- testimonia la propria vicinanza alla figlia attraverso la condivisione del libro, di uno slancio di fantasia prima mai approvato. Sembra sia lui ad aprirle la porta del sogno, a condurla in esso, e lo strumento attraverso cui si realizza questa preziosa complicità è la stessa opera tolkieniana. Ruolo, questo, di cui credo che Tolkien sarebbe stato onorato.
Infine ci troviamo catapultati in Terra di Mezzo. Ma nonostante la realizzazione sia elettrizzante, nulla -neppure la pittoresca e idilliaca Contea- è paragonabile all’emozione che prova Jenny scoprendo le sue nuove-vecchie gambe, quelle gambe che possono farla camminare e correre, persino correre, come faceva un tempo. Poi ci sono i vestiti, non il camice o il pigiama da ospedale, ma i vestiti. E i capelli. Capelli lunghi che usava acconciare. E Jenny sorride, perché è tornata quella di una volta, libera -finalmente- dalla morsa pressante della malattia.
Potrei fermarmi qui, poiché a questo punto della storia ero commossa come non mi capitava da tempo. Tuttavia voglio spendere due parole anche sulla scelta di introdurre la tua protagonista fra i personaggi tolkieniani con garbo e -ancora- delicatezza. Infatti sono i bambini, veicolo di freschezza e fantasia, perfetta metafora della “liberazione” di Jenny, ad accompagnarla a casa Baggins. Il “buco hobbit” in cui tutto, sotto ogni punto di vista, ha avuto inizio.
Il resto è storia. Eppure io ho deciso di riscoprirlo con Jenny; seguendola in questo sogno delicato e malinconico. (Recensione modificata il 10/01/2015 - 03:01 pm) |