Recensioni per
I canti del popolo del drago
di Malvagiuo

Questa storia ha ottenuto 10 recensioni.
Positive : 9
Neutre o critiche: 1 (guarda)


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Recensore Master
17/02/16, ore 23:32

I Classificato con un totale: 48,5/50.

Stile (grammatica, lessico, impaginazione, titoli, sottotitoli e gradevolezza della lettura): 9,5/10
Non ho trovato refusi nel tuo testo. E’ considerato un errore l’uso del ma a inizio frase anche se è accettato quando si utilizza per volontà stilistiche. Nel tuo caso ti suggerisco di limitarne l’uso che risulta frequente nel testo. Altra nota che ti faccio è l’uso della virgola accanto alla congiunzione e.

Come sempre il tuo stile è impeccabile, fluido e dal perfetto ritmo, leggerti è un piacere. Anche il tuo lessico è adeguato alla storia oltretutto hai inventato alcuni termini che danno il giusto sapore al racconto.
Usi bene i paragrafi spezzando la storia nei momenti appropriati e permettendo al lettore di cogliere il cambio di scena. Il titolo è uno solo ed è sufficientemente classico da farsi apprezzare da un’appassionata di fantasy come me.

Uso dell'immagine: 5/5
Il dipinto è al centro del racconto, dal primo paragrafo all’ultimo e in tutto quello che ci sta in mezzo. Mi ricorda un po’ il ritratto di Dorian Grey, ma al contrario. Un uomo distrutto fisicamente e moralmente che guarda con odio la fiera immagine che era un tempo. Mi è assolutamente piaciuto l’uso che ne hai fatto e il punteggio pieno è più che meritato.

Uso della citazione: 5/5
Usi la citazione in maniera eccellente, di nuovo, come il dipinto, va a braccetto con l’intera storia, l’oppressione di Alderon e la sua paura gli hanno tolto tutto e il liberarsi da esse, la speranza di poterlo fare, gli permette di scrollarsi di dosso tutte le limitazioni che si era imposto. Perfetto e da punteggio pieno.

Uso dell’elemento: 5/5
La corona è un elemento importante, è il desiderio di essa e del potere che implica, che porta Alderon a compiere il passo finale. Senza la brama di potere il protagonista non si sarebbe mai riscosso dalla sua auto-vittimizzazione e dalla sua paura. Anche gli intrighi della bella Atwil seguono la politica di potere legata alla successione alla corona, insomma, elemento usato pienamente.

Trama (assenza di “buchi”, colpi di scena, particolarità, personaggi/draghi): 15/15
La tua storia si sviluppa lentamente, conosciamo il personaggio e sappiamo fin da subito dei suoi problemi, però solo mano a mano che la storia va avanti comprendiamo quello che gli è successo e il mondo in cui si muove. Questo aspetto rende la storia intrigante, man mano che i dettagli ci sono rilevati ci immaginiamo qualcosa senza però essere certi di nulla fino alla fine che riesce comunque a sorprendere.
I personaggi. Alderon è perfettamente delineato, il suo dolore, la sua rabbia, la sua frustrazione e la sua paura. Leggendo scopriamo il suo animo e parteggiamo per lui anche quando alla fine compie il suo massacro. Nella tua storia però, non c’è solo il protagonista, trovo che anche Atwil è ben delineata, una donna forte e astuta, il cui animo e i cui intenti restano velati poiché così sono ad Alderon, ma di cui comunque intuiamo il carattere. Taured poi, di lui sappiamo poco e lo vediamo appena, eppure tramite Alderon e Atwil riusciamo a immaginarlo, cosa non semplice da rendere per uno scrittore, ma che trovo hai costruito molto bene. Piccola nota al Drakonikan morente, di nuovo si vede appena, eppure anche con poche parole hai dato l’immagine di un vecchio un tempo forte, ma che ora la malattia ha reso debole e che prende la decisione sbagliata nel scegliere il successore.
I draghi. I grandi e terribili dei della tua storia. Li si vede appena eppure sembra di poter guardare in quegli occhi pieni di violenza e potere.
Insomma, non manca nulla, trama senza falle, personaggi ben delineati e un finale colpo di scena assolutamente perfetto per la storia.

Gradimento Personale: 9/10
La storia mi è piaciuta e molto. Il mondo che hai creato è affascinante, tanto che avrei voluto saperne di più. Questi dei-draghi che dominano mi piacciono, li descrivi distaccati, pericolosi e potenti. Sono diversi sia dai draghi classici che amano l’oro, rapiscono fanciulle e mangiano prodi uomini in armatura, sia dai draghi che si legano a un cavaliere e lo portano di qua e di là a intraprendere battaglie e nobili azioni. C’è un che di terribilmente crudele in loro e trovo che quest’idea si sposi a meraviglia con quella di divinità.
Alderon il Fiammeggiante, ora solo più il Bruciato, è un personaggio interessante e dalle molte sfaccettature che non rimane immutabile, ma si evolve durante il racconto e che mi è piaciuto. Il suo corpo spezzato lo rende atipico come eroe e il finale che potremmo definire epurativo, è una grande rivalsa, contro tutti ma anche verso se stesso. Alderon si comprende, accetta la sua paura e la supera, diventando un uomo nuovo e riconquistando il rispetto dei suoi dei. Mi ripeto, la storia mi è piaciuta molto.

Recensore Master
04/11/15, ore 18:24

Ho letto entrambi le parti, dopo la prima di certo non potevo fermarmi!
Questo Dio Drago è proprio una brutta bestia! Ma sì sa, meglio non invischiarsi con gli dei.
Torniamo alla tua storia: una storia di vendetta. E' ovvio che proprio il sentimento di vendetta di Astyr sia stata la sua rovina, perde la moglie in modo orribile e vuole vendicarsi, comprensibile, però lo fa pagando il prezzo più alto, se stesso e Volfin.
Il contrasto tra padre e figlio che pescano su un bellissimo mare blu chiacchierando e il finale, in cui il tenero padre ormai è un braccio del terribile dio e chiede al figlio di uccidere è fortissimo.
Il personaggio del vecchio guerriero, saggio e coraggioso, probabilmente è il mio preferito, molto triste che muoia così, anche se è bello il modo in cui coraggiosamente si frappone per proteggere il bambino.
Piccola nota, credo che tu abbia confuso i nomi di padre e figlio quando Astyr arriva sulla spiaggia e tutti fuggono.
Il tuo stile è sempre ottimo, complimenti.
Questa saga ha davvero un sapore amaro, però è molto ben fatta, sinceramente ho amato di più "Figlio del fuoco" ma anche questa storia mi è piaciuta. Bravo.

Recensore Master
01/11/15, ore 14:06

Eccomi qua per la tua recensione premio. Che devo dire... gran bella storia! Complimenti.
Prima di tutto i personaggi, madre e figlio sono ben delineati, anche se la storia non è particolarmente lunga il lettore riesce con facilità ad immaginare il loro rapporto durante gli anni dall'infanzia al momento del racconto. Poi la storia. Iniziare gettandoci nell'azione è sempre una buona soluzione, il lettore scopre via via i dettagli del mondo e della vita dei protagonisti, senza sentirsi mai confuso. Lo sviluppo è geniale! La trama lascia presagire l'idea di un luogo sicuro in cui il giovane Rolgar possa vivere in pace ed apprendere a controllare il suo potere ma tu, con un colpo di mano ci togli da questa idilliaca previsione e ci getti nella dura realtà. Rolgar, che tanto a fatto per non essere un mostro, lo deve diventare. Accettare di essere un mangiatore di uomini, un essere temuto e terribile. E poi la madre, Ynda, che con dolore lo porta verso quel destino perché è meglio un figlio mostro che un figlio morto. Il suo amore di madre, che tanto a nascosto, è più forte di tutto. Bellissimo il suo dolore nel vederlo trasformarsi in quello che deve diventare per sopravvivere.
Se posso fare un piccolo appunto, trovo la storia troppo breve, mi sarebbe piaciuto vedere Rolgar progredire più lentamente da essere umano a Figlio del Drago... ma se non erro la storia è stata scritta per un contest, quindi immagino con un limite di parole.
Detto questo passiamo allo stile. Mi piace come scrivi! Semplice ed elegante, la storia scivola sotto gli occhi senza increspature e sussulti. Non ho visto errori di nessun tipo e il tuo lessico è perfetto e lascia spazio anche a qualche termine ricercato ma non pesante.
Concludo, infine, con l'originalità. Di certo a questa storia non ne manca! In particolare l'idea del dover mangiare carne umana per controllare il proprio potere è davvero forte. Mi vedo benissimo questa storia come un prequel di un racconto con Rolgar come terribile cattivo, perché ogni cattivo dovrebbe avere una storia approfondita e ricca come questa.
Tutti i miei complimenti, bellissima storia!

Nuovo recensore
04/10/15, ore 17:35

La storia come trama e struttura é molto buona. A scala più piccola, invece, risulta abbastanza stancante: alcuni periodi esagerano di composizione, mentre altri sono eccessivamente ridotti, creando non rare volta una sorta di ritmo a "fisarmonica".
Un'altro difetto é l'eccessiva ripetizione dei nomi, indicando con i nomi propri i personaggi anche tre volte a paragrafo. Per il resto, la storia é valida e -con le difficoltà di sorta spiegate sopra- mi ha ben catturato. Consiglio una revisione complessiva per migliorare le caratteristiche globali dello scritto.

Nuovo recensore
16/08/15, ore 13:14

Inaspettatamente coinvolgente.
Leggendo questa recensione tenete conto di un’importante premessa, che vi permetterà di capire il vero valore delle mie parole: il genere fantasy non è tra i miei preferiti.
Il racconto di Lorenzo Franchi si apre in medias res: questa scelta è decisamente più intrigante di una lunga digressione che spieghi tutto ciò che sia necessario sapere per comprendere gli eventi della narrazione, ma anche più difficile. Soprattutto quando si scrive un testo di genere fantasy – in cui la realtà che conosciamo non è sufficiente per capire cosa sta accadendo, chi e cosa sono i personaggi, in che mondo ed epoca ci troviamo – è importante prestare attenzione per assicurarsi di inserire a poco a poco tutti gli elementi base del mondo che è stato creato.
L’autore di questo racconto ci è riuscito perfettamente. La natura del protagonista Rolgar, la sua vita, i suoi tormenti, la sua origine e il suo destino si svelano a mano a mano che il testo continua, portandone la conoscenza al lettore in modo talmente scorrevole che sembra di averlo sempre saputo.
La scelta di iniziare con un momento clou, in cui Rolgar sta scappando non per fuggire da qualcuno, bensì per allontanarsi da ogni essere vivente, porta il lettore ad affezionarsi a lui e alla sua difficoltosa esistenza. Si cerca di capire cosa gli stia succedendo e quale sia il problema con il suo braccio.
Quando perde i sensi, la sua prima preoccupazione è sapere dove si trova, con chi, quanto tempo è passato. La mia, leggendo, è stata quella di sapere cosa ne era stato dell’uomo che si trovava sul suo cammino.
L’ho scoperto solo alla fine del racconto e mi ha fatto piacere che sia andata così, perché anch’io, come Rolgar, ho creduto alla menzogna della madre. Mi sono immedesimata talmente a fondo nel suo personaggio da poter sentire le sue stesse emozioni, da arrivare ad avere i suoi stessi pensieri.
Una menzione obbligatoria va anche alla madre, Ynda. Una donna forte, coraggiosa, disposta a tutto per quel figlio che non vorrebbe amare ma che non riesce ad abbandonare. Per tutta la vita ha lottato per lui, ha ucciso per lui, ha commesso crimini orrendi e disgustosi nella speranza di salvarlo, di allontanare il dolore dal suo corpo. Solo una cosa non è riuscita a distruggere: il muro che ha costruito intorno a se stessa e che le impediva di dimostrargli l’affetto che nemmeno lei sapeva di provare. Tutte le sue azioni erano generate dall’istinto materno, dal senso del dovere, da un qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Quando si è resa conto di averlo perso, di averlo aiutato a scoprire la sua vera natura, che lo porterà inevitabilmente lontano da lei; solo allora sente con forza tutto l’amore che ha respinto fino a quel momento e crolla, piangente, disperata. Ynda è decisamente il personaggio che ho amato di più.
Un’altra madre presenta nel racconto è l’orsa incontrata nella grotta: il ricordo di questo personaggio mette in luce il cambiamento che sta avvenendo all’interno di Rolgar. Se all’inizio non vorrebbe farle del male ed è tormentato dalla sua morte, a mano a mano che la sua vera natura prende possesso di lui impara ad accettare le conseguenze delle sue azioni come necessarie per la sopravvivenza. Questo vale anche per la sua “dieta” personale: inizialmente disgustato, poi diventa un fattore naturale per colui che è diventato il Figlio del Drago.
Trovo che la leggenda intorno a cui ruota il racconto sia davvero interessante: il potere è talmente forte da poter ferire il suo stesso proprietario, tanto grande da divenire un mito raccontato ai bambini, tanto spaventoso da portare con sé dei nemici. È avvolto da un alone di mistero: la sua terra è lontana, diversa da qualsiasi altro territorio abitato, caratterizzata dal suolo bruciato e dalla cenere perenne. La vera terra dei Figli del Drago.
Tutto questo è scritto in modo perfetto, senza errori ortografici o grammaticali, senza ripetizioni pesanti, senza frasi eterne o brevissime. Uno stile estremamente scorrevole eppure studiato, dal lessico che arriva a comprendere anche termini forbiti.
Davvero un’ottima lettura, capace di coinvolgere anche chi, come me, non è un appassionato del genere.
Offro a Lorenzo Franchi i miei complimenti.

Recensione del blog "EFP Reviews" , http://efpreviews.altervista.org/

Recensore Veterano
13/08/15, ore 13:49

SETTIMA CLASSIFICATA e vincitrice del premio speciale BOOM al contest “BOOM! Il contest che vi lascerà con il fiato sospeso”
Non un errore grammaticale o di sintassi, complimenti. Hai un bello stile, ricco di parole e non semplice, attenta perché uno stile troppo ricco potrebbe risultare noioso per molti. Penso anche che dovresti concentrati di più sui sentimenti dei vari personaggi, arricchendoli di aggettivi e –perché no?- figure retoriche che possano far trasparire ancora di più le loro emozioni. Trama breve ma intensa nonostante una piccola imprecisione: ““che si annida dentro di lui” il ‘che’ non è necessario, anzi cambia il significato della frase rendendola difficilmente comprensibile.
Non so perché ma il titolo non mi ha convinto più di tanto, l’ho trovato povero e quasi banale, scusa la franchezza. In quanto ad originalità, invece, non hai nulla di cui preoccuparti. Non si trovano molte storie come questa che parlano di un mondo nuovo, strano, del quale non siamo abituati a sentir parlare. Molto originale il fatto di dover diventare dei “mostri” per smettere di esserlo; un ossimoro davvero fantastico.
E, wow, mi hai lasciata davvero senza parole. E’ stata una fine improvvisa e… wow. Mi è piaciuta molto, è stata d’impatto. Complimenti!!
Ottimi i personaggi anche se, come ti ho già detto, avresti potuto far trasparire di più i loro sentimenti e le loro emozioni. Tuttavia il personaggio della madre è ben strutturato e mi ha colpito molto.
Che altro dire? Bella storia! Bella davvero. L’ho trovata leggermente noiosa all’inizio ma, più continuavo a leggere, più volevo farlo. Ed il finale: boom! Mi ha lasciata decisamente con il fiato sospeso.
 

Recensore Master
19/07/15, ore 11:01

Ciao :)
Come ti avevo detto, sono passato a dare un'occhiata e... wow! Mi sono trovato di fronte ad un bellissimo scritto!
Penso tu sia portato per il fantasy. Scrivi molto bene e hai una buona immaginazione :)
Anche qui, hai mostrato un mondo brutale, ma anche ricco di misteri.
Davvero un bel lavoro, complimenti! Mi piace come scrivi, è tutto davvero scorrevole :)
A presto :)

Recensore Master
05/05/15, ore 18:28

[Recensione premio per il contest "La Caduta dell'Inverno Boreale"]

Non c'è che dire, il fantasy è sicuramente il tuo genere.
Ancora una volta rimango colpita dall'originalità dei tuoi racconti. No, anzi, ritengo che questa storia sia più originale rispetto alla "volontà del Dio Drago", soprattutto per quanto riguarda il particolarissimo rapporto tra Rolgar e sua madre, che è qualcosa di assolutamente non convenzionale. Ma partiamo dall'inizio.
La prima cosa che mi affascina, è il modo in cui entrambe le storie hanno un fulcro in comune, pur rimanendo indipendenti l'una dall'altra. È quello che definirei un ciclo, I canti del popolo del drago, un espediente narrativo che io trovo terribilmente affascinante e assolutamente funzionale, in particolar modo per quanto riguarda i racconti fantasy o di fantascienza, ma in fondo per qualsiasi saga: questo modo non lineare di raccontare le cose, ma di girarci attorno raccontando una medesima cosa, una medesima ambientazione, un medesimo personaggio o avvenimento (e così via) da diversi punti di vista, lasciando al lettore la sintesi tra questi.
Mi spiace, forse mi sono spiegata male, ma non vorrei dilungarmi oltre su questo aspetto. Entriamo invece nello specifico a parlare della storia.
Come ho già detto, l'elemento più originale è Ynda. Innanzitutto, mi piace questa tua predilizione per il rapporto genitore/figlio: è centrale in questa storia, come nella precedente. Questa è una cosa che apprezzo moltissimo, ultimamente mi interessa molto esplorare questo tipo di rapporto a discapito di altri. E quella madre-padre/figlio-figlia è una coppia nemmeno tanto facile da incontrare, o almeno per quello che io ho letto e giudicato su efp. Ynda è un personaggio molto particolare, quasi strano, ma questo soprattutto all'inizio. Man mano che la storia evolve, iniziamo a capire le sue ragioni. Soprattutto, poi, quando Ynda "perde le staffe" e schiaffeggia Rolgar, per poi rivelargli a raffica cose una più terribile dell'altra:

«Hai ragione. Nessuno mi ha obbligata a prendermi cura di te, quando tutti volevano che ti gettassi nel fiume. Nessuno mi ha obbligata a lasciare la mia famiglia, quando potevo semplicemente abbandonare te in mezzo ai cani. Nessuno mi ha obbligata a uccidere tuo padre, per impedire che lui uccidesse te. Nessuno mi hai obbligata a fare niente, eppure sono qui! Io sono tua madre, e anche se odio quello che sei dal più profondo del cuore, farò ogni cosa in mio potere per salvarti.»

Direi che questa sia in assoluto la mia parte preferita (e sicuramente è la parte più dolorosa). Qui capiamo davvero il personaggio di Ynda, capiamo la sua difficoltà nel dimostrare affetto nei confronti di Rolgar. Ynda ha un codice: ha deciso di fare il possibile per Rolgar, perché il suo ruolo di madre lo richiede. Ma perché Rolgar vivesse, sono dovute morire tante persone. E altre ne morranno. Dopo questa rivelazione, trovo che Ynda sia un personaggio incredibile. Incredibile nella sua tenacia, incredibile nella sua coerenza, incredibile nel suo sacrificio. E nonostante ciò, fatichiamo a definirla un personaggio positivo, senza prima pensarci un po' su. E lo stesso discorso vale per Rolgar. 
Di nuovo, trovo che l'originalità del personaggio Rolgar si riveli in relazione alla madre: mi piace molto come, seppure Ynda lo tratti male, Rolgar cerchi di capirla e si prenda comunque cura di lei. A questo proposito, sarei molto curiosa di sapere quanti anni ha Rolgar, perché non sono proprio riuscita a capirlo, anche se "a naso" mi sembrerebbe un ragazzino di 11, forse 12 anni.
Il rapporto tra i due è tutt'altro che sereno, ecco perché ti dico per l'ennesima volta che risulta assolutamente originale: la figura della madre non è fonte di serenità, non è un rifugio. È salvezza, sì, ma salvezza intesa nel senso di dura e cruda sopravvivenza. Nulla di più. 
Ora farò la figura della sadica, ma mi ha affascinato moltissimo anche quella faccenda del cannibalismo, è stato un vero e proprio colpo di scena! E solo in questo momento mi viene in mente il collegamento con la zuppa, e Rolgar che non riusciva a identificare a quale animale appartenesse la carne. In seguito ci verrà svelato che Ynda è stata costretta a cucinargli carne umana, per far sì che Rolgar riuscisse a dominare il suo potere. Amo questi particolari che all'inizio non capiamo, oppure che accantoniamo non ritenendoli importanti, ma che poi trovano la loro spiegazione solo in un secondo momento. E questo, oltre ad essere un espediente che conferisce pregio alla trama, dimostra la tua bravura nel sapere gestire la trama stessa, nel sapere "giocarla" anche per quanto riguarda queste sottigliezze.
E, ancora una volta, capiamo quanto sia grande il dilemma che affligge Ynda, molto più grande di quel che non creda Rolgar, all'inizio.
Trovo che sia molto commovente anche l'uccisione dell'orsa e dei suoi piccoli, e la seguente riflessione di Rolgar sull'accaduto. 

A questo punto, letto questo secondo racconto, vorrei davvero sapere chi è questo Dio Drago, quale sia esattamente il suo scopo. Perché, se Astyr si è offerto volontariamente a lui, Rolgar è nato sotto la sua maledizione (o benedizione?), e non può liberarsene, è parte del suo essere.
Anche se sembra incredibile, direi di avere esaurito le cose da dire.
Per concludere, direi di essermi innamorata di questo tuo mondo, e spero scriverai altro riguardo al Popolo del Drago, perché ne sappiamo ancora così poco... 
Finora il Dio Drago si è dimostrato essere più malvagio che benevolo, ma chissà qual è la verità... Considerando la tua bravura e la spensieratezza con cui imposti le tue storie, direi di potermi aspettare di tutto.
Ancora complimenti, e spero tanto di leggere un'altra storia su questo ciclo!

Silvar
 

Recensore Master
01/05/15, ore 18:51

[3° classificato al contest La Caduta dell'Inverno Boreale]

Questa è una considerazione molto soggettiva, ma ci tengo comunque a fartela: mi piacciono tantissimo i nomi che hai dato ai diversi personaggi e ai luoghi. Mi piacciono proprio per il loro sapore vichingo, e non sono gli unici ad averlo: anche i luoghi, e in generale l'atmosfera che si respira nel tuo racconto fanno pensare agli antichi popoli del nord. Questi villaggi abbarbicati sulle isole, questi piccoli agglomerati umani che vivono di pesca e di leggende, l'aria che si respira in queste righe mi riporta alla mente le isole Lofoten e Vesterålen della Norvegia.

Sullo stile non ho esitato un momento a darti il massimo: hai uno stile maturo e consapevole, sei padrone al cento per cento di ciò che scrivi, lo stile che usi non è "preso in prestito" ed è uno strumento con cui ti destreggi al meglio per raccontare ciò che devi raccontare, per fare capire al lettore ciò che deve capire. Non sarà troppo virtuosistico o originale, ma sicuramente chiarezza e immediatezza sono virtù che non si possono negare all'andamento della tua scrittura. Insomma, la tua storia si legge che è un piacere dal punto di vista stilistico. Ti faccio solo un appunto per quanto riguarda dialoghi del bambino. Non tutti, ovviamente, ma alcuni dialoghi sono davvero troppo "da adulto", per metterli in bocca a un bambino di cinque anni. Che poi, anche a questo proposito ti segnalo quella che sicuramente è una svista, ma abbastanza gravosa:

Volfin aveva solo cinque anni, era ancora troppo presto per iniziarlo alla conoscenza dei riti del popolo di Yngrun.

Al contrario, era ferma e glaciale, impregnata di tutta la rabbia che poteva contenere il cuore di un bambino di otto anni.

Non possono esserci grossi salti temporali in mezzo, dato che pochissimo dopo ci offri un'indicazione precisa di quanto tempo sia passato: [...] in quel luogo che fino a pochi giorni prima era la sua casa. Pertanto è indubbiamente una svista. In ogni caso questo problemuccio dei dialoghi rimane, anche se è limitato solo alla prima parte:

«Ma se non superò la prova, perché lui poté rimanere e gli altri no?»

«E quale fu il premio per essere stato scelto?»


Le battute precedenti a queste sono perfette, ma queste due in particolare non mi sembrano realistiche per un bambino di cinque anni, soprattutto perché non credo che un bambino di cinque anni sappia usare il passato remoto, e usarlo a proposito. Inoltre la costruzione della seconda frase non è né semplice, né naturale, né immediata, non riesco proprio ad immaginarmi un bambino di cinque anni che la pronuncia (sempre, ovviamente, se Volfin ha cinque anni e non otto).
Ti segnalo infine un punto che mi sembra stilisticamente espresso male: Il suo sguardo spaziava da uno all'altro di loro. → io avrei omesso quel "di loro", che detta in parole povere mi suona davvero forzato.
Ma questi restano comunque dei cavilli, sui quali non vorrei dilungarmi oltre.

Ho apprezzato in particolar modo come hai descritto i non-morti, in particolare Igridyne, sia quando viene scelta dal Dio Drago, sia quando poi, successivamente, Astyr la incontra sull'isola. E il modo originale con cui hai descritto i non-morti (non sei estremamente dettagliato nel descriverli, ma ce ne offri un abbozzo che rende perfettamente l'idea) è il principale motivo per cui hai ottenuto il massimo punteggio: oltre al loro aspetto, anche il loro modo di fare freddo, silenzioso, il loro essere miseri, prosciugati, e soprattutto assoggettati (tutti i non-morti che ci presenti sono sottomessi a qualcuno: i razziatori ad Astyr, Igridyne e Astyr al Dio Drago) è assolutamente inquietante.

Un momento che ho apprezzato tantissimo è stata la prima scena, in cui descrivi la battuta di pesca di Astyr: ho adorato il suo modo di relazionarsi con il figlio e di spiegargli le cose, la curiosità (più che legittima) del bimbo, il particolare della prua a forma di testa di drago... In questa scena più che in ogni altra si respira l'aria dei mari nordici oltre il circolo polare artico (ovviamente volendo fare un paragone). Dire che mi sei piaciuto in questo pezzo è dire poco. E non solo in questo pezzo, ovviamente. Basti dire che la tua era una della storie che concorreva per il premio giuria.

"Pollice in su" anche per il personaggio di Gîrkal, che ritengo quasi essere il più originale tra tutti. Mi piace anche il suo modo di fare paterno nei confronti di Volfin, senza però essere eccessivamente protettivo al punto di essere mendace (ad esempio, in questo scambio di battute mi piace moltissimo come Gîrkal tratti il bambino, come se fosse un adulto consapevole - e in parte lo è, viste le esperienze passate: «Moriremo, Gîkki?» [...] «Forse. Ma non sarebbe la cosa peggiore.»). Inoltre, mi piace come il bimbo chiama l'anziano pescatore: Gîkki. È davvero toccante vedere quanto gli sia affezionato, e come lo consideri un punto di riferimento dopo la morte della madre e dopo la partenza del padre. Trovo che il rapporto tra questi due personaggi sia il più bello di tutti, o almeno quello che più mi ha coinvolto e commosso.

Ho apprezzato parecchio anche il modo in cui Astyr reagisce alla morte della moglie e all'incursione dei razziatori. A parte la disperazione iniziale (più che legittima), impiega poco a recuperare lucidità. In particolare ho apprezzato tantissimo il modo in cui lo hai tratteggiato nel paragrafo immediatamente successivo a quello in cui descrivi la distruzione del villaggio:

«Razziatori. Sono arrivati molto prima del previsto.»
«Quanti erano?» domandò Astyr.


Benché la tragedia sia vicina, Astyr ha già recuperato la sua compostezza, anche se è una compostezza di superficie, perché alcuni particolari ci fanno intuire il suo tormento interiore, che sicuramente non è stato ancora superato: Astyr non smetteva di contorcersi le mani. Nei suoi occhi brillava una luce febbrile, resa ancora più sinistra dai bagliori riflessi delle fiamme. Ho amato particolarmente questo pezzo, perché dimostra la tua attenzione per i particolari.
Citando queste frasi, mi viene in mente che questo scambio di battute tra Astyr e Gîrkal è un altro dei pezzi che più ho amato nella tua storia, perché mi piace vedere in che modo il "volto giovane" e il "volto anziano" di una medesima comunità discutono per decidere il destino della comunità stessa. Non so come spiegarmi, ma mi ha affascinato tantissimo vedere in che modo la gente cerca di provvedere a sé stessa, in un microcosmo come questo che pare abbandonato a sé stesso, senza capo e senza re, ma nel quale vige una sorta di "comune accordo", come se ci trovassimo in una famiglia allargata. Ognuno possiede la sua porzione di autorità. Per una volta, mi è piaciuto sentire parlare di un piccolo mondo autosufficiente e abbandonato a sé stesso, senza nobiltà, senza borghesia, senza re e grandi palazzi. Un piccolo mondo che deve conquistarsi da solo la propria libertà, che deve difendersi da solo, che non deve chiedere tutte queste cose a un re. Poi magari nel tuo immaginario Drokval in realtà fa parte dei territori di un re, di un conte, o di un signore qualunque, ma in queste righe non se ne sente comunque la presenza, e questo mi basta. E questo ti fa guadagnare qualche punticino in originalità, anche.

Un altro aspetto che io trovo degno di nota, e che di nuovo dimostra la tua attenzione ai particolari, e la tua consapevolezza e sicurezza nello scrivere, anche, è questo enorme punto di domanda che aleggia attorno alla figura invisibile del Dio Drago. È vero, è di un racconto fantasy che stiamo parlando, dunque l'elemento magico si può mettere tranquillamente in conto. Voglio dire, nulla vieta in un simile contesto che quest'isola sia davvero abitata da una divinità che assume la forma di un drago, ma allo stesso tempo ti farei un coro di applausi per il modo in cui cerchi di dare anche una giustificazione razionale a queste leggende: ovvero è chiaro, da come la descrivi, che l'isola è un vulcano, e semplicemente da questo suo stato di natura potrebbero derivare le leggende del Dio Drago, a maggior ragione se ci troviamo in una civiltà ancora ingenua e succube del mondo naturale come in questo caso. Certo questo non spiega ovviamente la faccenda dei non-morti, e nemmeno ce n'è bisogno perché, ripeto, ci troviamo sempre e comunque in un racconto fantasy e non c'è assolutamente bisogno di dare una spiegazione razionale e realistica ai fatti magici in cui incorriamo. Ma comunque ho apprezzato moltissimo questa doppia chiave di lettura, come ho apprezzato la scelta di non palesare la figura della divinità.
Poi questa rimane una mia interpretazione, magari non era tua intenzione offrire una doppia chiave di lettura, fornire anche una sorta di "faccia realistica" al Dio Drago, ma in quella descrizione dell'isola come di un vulcano (che noi, con i nostri occhi scientifici e disincantati, vediamo come un vulcano, ma che Astyr vede come qualcosa di magico) e nella tua scelta di non palesare il Dio Drago io ci ho visto anche un po' di questo. Ti chiedo poi di perdonarmi, se ho totalmente sbagliato tiro.

Il contesto "geografico" non è molto approfondito, anche se l'ho trovato comunque molto affascinante e di mio gusto. Non si capisce bene in che mondo siamo, è un racconto geminato un po' in mezzo al nulla, ma questa lacuna è comunque compensata dalle belle e gradevolissime descrizioni che non manchi di fare. Le descrizioni sono proporzionate benissimo ai fatti e ai pensieri, sono equilibrate perfettamente e inserite sempre al momento giusto, mai in luoghi inopportuni. Fanno quello che dovrebbero fare: arricchiscono, non distraggono né deviano l'attenzione del lettore dalla trama, ma anzi la impreziosiscono e la rendono più gradevole e godibile.

A una seconda lettura ho apprezzato di più lo svolgimento della trama. Soprattutto ho letto alcune cose tra le righe, ho fatto alcuni collegamenti che prima, in una lettura forse troppo veloce e un poco distratta, non avevo notato. Ad esempio il fatto che Astyr, ormai divenuto un'esecutore della volontà del Dio Drago, non si limiti ad annientare i razziatori, ma li tramuti in propri servitori, in orde di non-morti, sembra andare di pari passo con il prezzo richiesto dal Dio, del quale non ci metti al corrente. Ma quel sarai in grado di fare ciò che io mi aspetto che tu faccia mi fa intuire che il compito di Astyr, in quanto servo del Dio Drago, sarà quello di infarcire le proprie fila di altri servi non-morti (magari servi non consapevoli, servi minori, non di "grado più elevato" come possono esserlo Astyr o Igridyne), a partire dai razziatori. Igridyne rimane sull'isola, mentre Astyr è una sorta di suo emissario errante, compie la sua volontà aggiungendo di volta in volta altro equipaggio alle sue nere navi.
Di nuovo perdonami se mi sono lanciata in interpretazioni troppo ardite, non pretendo di sapere filo per segno che cos'hai pensato dietro questa storia, sono solo ipotesi che faccio a partire dal testo.
E già che stiamo parlando di questo, se non l'ho ancora detto lo dico ora: trovo incredibilmente affascinante questa idea di Astyr che tramuta i razziatori in non-morti, diventando loro capo.

Un altro particolare di cui mi sono accorta solo in un secondo tempo:
È il mio sangue che è richiesto?
In effetti l'occhio del Dio Drago, che è rosso senza essere nutrito dai torrenti di lava, potrebbe essere rosso proprio per il sangue dei suoi aspiranti servitori che vi sono passati in mezzo. Infatti, ripensando a ciò che dice Gîrkal, questi aspiranti servitori, sia che vengano accettati sia che vengano respinti, vengono come prosciugati della vita (delle forze, del vigore), e nel primo caso anche del sangue stesso. Dunque anche questa è un'ennesima ipotesi che faccio. Non dici nulla del genere esplicitamente, però metti dei validi indizi nel testo che mi fanno infine pensare che quest'ipotesi non sia poi così tanto azzardata.

Infine, ho amato così tanto questa storia, e mi permetto di pormi così tante domande su di essa, proprio perché è stata scritta con tangibile consapevolezza. Dai davvero l'impressione di non aver lasciato nulla al caso.
E mi è venuta voglia di sapere come continua la drammatica storia di Volfin, di sapere dove lo porterà il destino.

Silvar

Nuovo recensore
27/03/15, ore 20:53

Ho apprezzato questa storia fin dalle prime parole. L'inizio ti cattura, perché ti immerge nelle azioni che compiono padre e figlio senza spiegare nulla. Ed è così che deve essere. Niente inutile descrizione paesaggistica preliminare, niente stupido bollettino metereologico, come invece amano fare molti. No, no. Qui si comincia con le azioni e, ripeto, è così che deve essere. Perché sono quelle che contano, sono quelle che mandano avanti la storia. Ogni descrizione deve essere contestualizzata e funzionale alla trama non una cosa buttata a caso per paura di non offrire al lettore un'immagine chiara. A me sembra che tu abbia centrato perfettamente l'obiettivo e per questo devo farti i complimenti. La storia funziona e anche se la premessa non è delle più originali è raccontata perfettamente.
Astyr è determinato a fare qualsiasi cosa, pur di ottenere la sua vendetta. Persino sacrificare il rapporto che ha con il suo stesso figlio. I dialoghi funzionano anche molto bene, nel senso che sono credibili e credibili sono le loro reazioni. Hai sviluppato bene i vari personaggi. Il conflitto tra i protagonisti c'è ed è piuttosto tangibile, con un finale molto amaro, ma che lascia comunque intravedere la possibilità di un nuovo inizio per il giovane superstite.
Ben fatto!