Recensioni per
Confessioni a pezzi
di HellSINger

Questa storia ha ottenuto 13 recensioni.
Positive : 13
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
04/11/15, ore 15:26
Cap. 13:

HE, ti sei superata e hai concluso questo viaggio in maniera superba. Complimenti.
Hai fatto mancare il fiato pure a me, sappilo. Le tue parole raramente sono state intense a tal punto, che sembrava essere quello di rottura: c'era una tensione verso l'inevitabile che rendeva perfettamente l'attimo di non ritorno di cui volevi trasmettere l'immagine. Hai saputo scrivere la parole fine, la fine delle confessioni di HE e dell'alter ego che HE, adesso, riconosce essere la fonte di ogni guaio, quell'essere innamorato del mondo che rappresenta la vera persona sbagliata su cui la glaciale HE impatta. Forse c'è spazio per solo una delle due.
La notte che hai descritto e la rassegnazione con cui hai fatto intendere d'essere pronta a sparire, a prendere congedo (dalla vita stessa) mi ha inquietato. La bellezza delle tue parole è inestimabile, ma la pena che devi scontare, per guadagnartele, è troppo alta. Troppe ansie e troppe metafore tragiche aleggiano fra i tuoi versi, in maniera ricorrente, segnando i motivi interiori che dominano quando scrivi.
Spero che scrivere ti aiuti a purificarti.
Non so che altro dire. Mi sento come se le tue parole mi avessero tagliato, carta contro pelle.
Meravigliosa, meravigliosa!

Recensore Veterano
13/10/15, ore 11:33
Cap. 12:

Dopo il caotico e sofferto passaggio del giorno, è il turno di un bianco notturno e ordinato. È insolito questo tuo frammento, leggermente diverso dagli altri, nello stile è molto preciso e puntuale e anche le immagini mettono in luce il tuo tentativo di dar loro più che una parvenza di forma, sebbene le tue frasi restino slegate dalla matassa come filamenti ribelli. HE, oggi, sembra guardarci negli occhi e raccontarci, con più serenità, qualcosa di sé; difficile dire a chi si rivolga, lei: a tratti sembra parlare col mondo intero, a tratti solo con sé stessa (come se sapesse che, comquneu sia, nessuno capirà del tutto cosa lei voglia dire), a tratti c'è un interlocutore assente, eppure per lei importante. Ha delle recriminazioni, HE, ma non delle accuse. Il mondo l'ha tradita, o meglio, l'ha delusa, e lei si rifiuta di esserne rispettosa, per tutta risposta. HE è l'ambizione di ciò che può esserci e allo stesso tempo la corruzione di ogni desiderio. HE è un'ancora di salvezza pronta, però, a trascinarti nelle profondità dell'oceano e a non lasciarti riemergere più. HE è una lama a doppio taglio, è potenzialmente fatale. E ammaliante.
Camuffi il tuo cuore dandolo per spacciato, per non esistente; è così tenero questo tuo atteggiamento difensivo. È come se chiedessero di te, al telefono, e tu rispondessi dicendo che no, non ci sei. Eppure tu ci sei, come c'è HE.

Recensore Veterano
11/10/15, ore 10:43
Cap. 11:

Oh, i tuoi monologhi saranno pure senza trame, ma questo non è certo un difetto o uno svantaggio, per loro. Sono liberi, tanto quanto dei flussi di coscienza; confusi, perché non sei sicura di sapere dove andare a parare; sono belli, perché allegorici e accattivanti, anche quando si fanno macabri.
Anche questo frammento è bellissimo. E poco importa che non ci sia alcuna armonia a legare i frammenti, poco importa che i pezzi non riescano a legarsi tra di loro, che siano immagini e tentativi d'impressionismo: dal mio punto di vista, è l'ennesima dimostrazione che il caos dentro di te, che rende HE tanto superba, non è fatto per essere domato o ricomposto. Non al momento, quantomeno, e non qui.
Ed è come se non avessi mai smesso di scrivere in versi, in questi monologhi. È estremamente dolce questo, una dolce e rassegnata confessione di un'anima non comune, sbagliata, poetica, ambiziosa, emotiva, e pronta a camuffare tutto questo.
Non voglio dire altro. Scrivere con parole normali ai margini dei tuoi frammenti è come maltrattare la loro bellezza, è un tentativo stupido di dare una forma alle tue multiformi parole.

Recensore Veterano
10/10/15, ore 12:02

Come fai? Come fanno le parole a sgorgare da te cosi sciolte, cosi senza veli, così magnifiche e irraggiungibili? Ti leggo e mi sembra che tu stia in un'altra dimensione. Sei come intoccabile. Eppure sei cosi immersa in questo mondo! Non vedi forse ciò che io vedo ogni giorno? Cosa suscita in te queste parole e questi legami così assurdi e bellissimi, geniali?
Ciò che hai scritto mi ha più che colpito. Hai fatto sfoggio di melodie, ma più avanzavo nella tua lettura, più le melodie sfumavano e lasciavano il loro posto alla freddezza che hai trasmesso ai tuoi versi, non meno fatali di quelle lame e di quella fatalità stessa che ti attraggono, HE. Parole che alla fine si sono fatte tiepide, ma sempre taglienti e distanti. In qualche modo, le tue parole suscitano a chi legge lo stesso effetto che quella lama suscita a te.
Vorrei spenderci qualche parola in più, su quella lama. Ad attrarre è, probabilmente, il grande potere che è insito in lei: una lama progettata dall'uomo, fredda ed inerte, materia grezza che è stata lavorata e resa affilata. Una lama pure minuscola può strappare via la vita umana. C'è un grande potere, là in mezzo, ed è assurdo pensare che un organismo complesso come il nostro possa essere così vulnerabile, come la vita (umana) sia così facile da estirpare. Le lame hanno un fascino tutto loro. Osservarle, accarezzarle, deve essere come comminare ai margini di un dirupo, come sfidare la morte. C'è la consapevolezza che un errore, involontario o meno, potrebbe mettere fine a tutto. Sarebbe come saltare alle conclusioni di un film. Scoprire come finisce la storia. Troppo facile? Forse sì, forse no. Chi può dire di non averci mai pensato? O forse fungono solo da diversivo. Una distrazione?
È bello il modo in cui hai scritto ciò che hai scritto. Il mostro che è (in) te, il suo ruggire, la sfiducia che avverti, i colori di una notte che tradizionalmente dovrebbe essere bianca e nera - per te è colorata, ma non sempre basta, a volte si ripresenta per ciò che è veramente. Un frammento pieno di inopportuni punti di sospensione - e forse non sbagliavo a dire che la tua vita è come sospesa. Non è facile, per te, parlare così esplicitamente di quell'intimo e singolare personaggio che è HE e del suo alter ego che lo osserva dall'esterno. 

"Non posso più nascondermi tra le righe, come il solito spettro. Cos'è un ombra senza la sua luce?
Un abisso freddo."

Mi hai dato i brividi.

Celarti nelle parole, renderti difficile da estrapolare: così decidi di ritrarti (nel duplice senso di ritirarti e di darne la tua immagine; un'altra bellissima ambiguità delle parole, non credi?) nella poesia. HE è l'epicentro di sentimenti spaventosi e difficili da controllare. HE sa amare, sa soffrire, sa farsi del male. Solo, non riesce a controllare tutto questo.
Meravigliosa.

Recensore Veterano
07/10/15, ore 20:06
Cap. 9:

Ho letto stamattina questa tua scheggia, ma ho avuto a malapena il tempo di stare ad osservarla per qualche secondo e poi ho dovuto rimandare a stasera il momento per scriverci sopra (anche se, quando scrivo qualcosa su quello che tu hai scritto, mi sento come un imbianchino che ricopre con un anonimo e pallido bianco le splendide decorazioni di un'artista).
Ami la calma della notte ma non il silenzio assoluto; ami la luce riflessa e rubata, una luce sottile e soffusa che si stagli su di te con tenerezza, a dispetto dell'arrogante e avvolgente luminosità del giorno a cui nulla sfugge. Si direbbe che non ti piaccia stare al centro dell'attenzione, ma che tu voglia conservare l'opportunità di osservare il mondo da un angolatura privilegiata. Si direbbe che il tuo habitat naturale sia la penombra, e che sia il punto di ritrovo di istanze che, dentro di te, si incrociano e si scontrano, che ti fanno tendere verso qualcosa e verso il suo opposto. Il conflitto di cui parli è in te.
Ogni giorno qualcosa si muove e tu fai altrettanto, assecondi il mondo e il suo procedere, ti scuoti facendo attenzione alle scottature del sole, sai d'esserne soggetta, ma devi curarti anche dei pericoli che si annidano nella notte, che sperano di coglierti di sorpresa. Tu sei attenta, conti i tuoi passi e i battiti del tuo cuore - come se fossero 100 al giorno in un anno bisestile, come se fosse già il futuro o il passato ad essere sopraggiunto, con l'anno in corso (di soli 365 giorni) che è già pronto per tornare essere nulla.
Dopotutto, le tue ambizioni sono così teneramente umane. Vuoi lasciare qualcosa, dentro di te o dietro di te, come tutti, e hai paura di porti le domande che potrebbero decretare la tua fine, come tutti. Sai che ad ogni momento che passa ci scontriamo con il principio di identità e non contraddizione, ma fingiamo che non sia così, che si tratti solo del principio di semplice indeterminazione. Quel principio di indeterminazione eppure basta già a crearti una gran confusione, è peggio delle metafore con cui cerchi di aggirare i limiti delle parole e del linguaggio.
Vorresti solo che i confini restassero sfumati, che le scelte e l'andare avanti non implichino il dover accettare che qualcosa possa non esistere più. Hai già dovuto rinunciare a qualcosa, tu, anzi a più d'una. La tua anima è scalfita e manca di alcuni pezzi. È un cristallo che ogni giorno scrive una poesia e perde un granello di sé a terra. Un cristallo che aspetta di sparire, a poco a poco.
(il paradosso è che, se da una parte desideri che i confini restino sfumati, d'altro canto vorresti riuscire ad inquadrare la tua vita con più chiarezza, vorresti inserirla con più armonia nel mondo che la circonda, vorresti sentire il mondo addosso come un abito che ti cinge con dolcezza, non come un macigono sul punto di schiacciarti. E d'altra parte, quel macigno pronto a schiacciarti ti mantiene viva, ti fa sapere che sei viva. C'è troppa confusione. E hai quasi bisogno che qualcuno ti ferisca, che ti risvegli i tuoi sensi intorpiditi da questa confusione. Come emergere da un brutto sogno, difficile da raccontare agli altri)

A volte ho paura di spingermi troppo in là, quando scrivo queste "recensioni". Non riesco a trattenermi, se e quando dirò qualcosa di inopportuno dovrai saper perdonare anche me (hai una lista di persone da perdonare?).
Meravigliosa, comunque. Meravigliosa.

Recensore Veterano
06/10/15, ore 19:19

Meravigliosa.

Da questo tuo frammento emerge tutta la difficoltà che provi nell'uscire dal tuo guscio, nel mostrare le tue emozioni, nel non nascondere ciò che per te ha pregio, nel rivelare ciò che sei. È un inno alla diversità, un "elogio della follia" in chiave moderna, una sottile critica alle contradditorie leggi dell'uomo post-moderno, imbottito di psicofarmaci o di droghe (com'è stretto il confine), ridotto ad uno stato larvale, un uomo che non riesce a vivere, o che deve smettere di vivere.
L'inzio è dolce. Sembra di vederlo, quell'uomo, passeggiare per un qualunque sobborgo di una qualunque città. Non gli importa di nessuno, come a nessuno importa di lui - è la legge del contrappasso, è il nostro mondo che gira così, è una scelta di vita, è che siamo tutti impastati di ego.
Vedo la sua sosta, dovuta alla stanchezza, la sosta di un pellegrinaggio senza meta. Non si è scelto un posto a caso, per fermarsi, ma accanto a un giglio bianco. Dentro di lui qualcosa risplende ancora. Un bagliore sulla guancia: forse è il giglio, forse la luna. Dura poco.
Resta solo un pericoloso e vuoto silenzio, e così il viaggio riprende.
Non dovrebbe essere là fuori. Il mondo lo vorrebbe addormentato, calmo, pronto a seguire le direttive di chi stabilisce cure e patologie. Ha saltato le sue dosi, oggi (è l'ennessima volta). Non ne può più. È un uomo che sta morendo annegato dalle sue stesse illusioni, dalle sue speranze infrante. Così gli sembra, così si sente. Così ci appare.
Non si riconosce in ciò che è, neppure nel suo aspetto, forse lo odia perché, in qualche modo, odia se stesso - o odia il mondo che gli ha fatto odiare se stesso, si sente incomrpeso e incomprensibile. È un'esistenza sospesa la sua e che, grazie al Cielo, finirà, presto o tardi.

Vedo che oggi sei stata particolarmente ispirata, due frammenti in meno di 24h - e questo stava per sfuggirmi.
Meravigliosa, lo ribadisco.

Ps. bellissimi i giochi di parole (suicida, sudicio; dio, odio), davvero brillanti. E quella musicalità tenera che s'alternava a tratti più duri.

Recensore Veterano
06/10/15, ore 11:21

Se questa sta diventando una sorta di corrispondenza, allora non potrò più esimermi dal rispondere, perché amo le corrispondenze e perché queste tue schegge mi piacciono tantissimo (piccola parentesi: al momento ho davvero un'amica di penna. Hai mai fatto quest'esperienza? Se no, ti consiglio vivamente di provare: sentire una persona solo tramite delle lettere, cartacee o digitali che siano, ti offre la possibilità di conoscerla in modo diverso, sotto certe precise angolature, in un contatto allo stesso tempo intimo e distaccato. È una sensazione meravigliosa).
E questo tuo frammento mi piace moltissimo. Vorrei partire da una piccola cosa, una di quelle che mi rimangono impresse, che mi colpiscono:

"Paura di ferirmi?
Tranquillo non bado a spese, soffrire fa parte dell'esistenza, ma può facilmente diventare un vero piacere, se mi spiego...

Se ne vale la pena è da idioti non lanciarsi...
paura?

Beh, posso farne."


Leggendo tutto e arrivando a quel "farne" mi sono dovuto fermare un attimo. Dentro di me è partito un automatismo che mi ha suggerito "dovrebbe essere "averne" e non "farne" ", ma poco dopo ho afferrato quel che volevi dire. Eppure, quel minuscolo stravolgimento, insolito ma assolutamente lecito, mi ha un po' sconvolto. I motivi sono quelli che ti ho spiegato poco tempo fa. Così, dopo avermi sconvolto, ho pensato fosse superbo.
Torniamo però a te. Il tuo amore per la notte è un elemento ricorrente, si direbbe che tu sia un essere notturno. Eppure sai bene - anzi lo dicevi tu stessa nei frammenti scorsi - che non si può ripiegare su una notte per non evitare che il giorno sopraggiunga, per commiserarsi in attesa che le ombre diventino reali e la realtà, invece, svanisca. Le cose che succedono e che formano le nostre "anomalie", che come dici tu ci formano e ci condizionano, decidendo in parte le persone che siamo e saremo, agiscono a tuo dire in un vuoto assoluto, vuoto che riempiamo di illusioni. Se fosse così, e non dico che non possa esserlo, la nostra vita sarebbe solo una gigantesca menzogna collettiva. La nostra esistenza, in senso ontologico e in senso metafisico, sarebbe solo una bugia. Come questi frammenti, come le parole di una certa bugiarda. Non ti spaventa? (a me sì)
È più difficile del consueto leggere il tuo frammento di oggi. Hai scritto più del tuo solito (sentivi il bisogno di scrivere così tanto?), è come se in mezzo alle tue parole ci fossero più persone e riferimenti a persone.
Quel tradimento da parte di chi condivide il tuo sangue, ad esempio: sarà letteralmente così?
Essere dissacrante è un mezzo per resistere e per sentirti più viva e meno soggetta ai colpi di vento di questo mondo - e ai ritorni con cui non sai approcciarti. Non è un caso che tu scriva soprattutto dopo che il sole tramonta (dico bene?), cerchi così d'essere meno vulnerabile quando saresti più vulnerabile. Pensi di riuscirci? La carta, la scrittura, ti rendono più forte? O ti aiutano solo a mentire meglio?
Sono le parole di un "poeta maledetto", le tue, oggi. Non saprei definirle altrimenti o con più precisione (ci ho provato, ma ho già cancellato tre volte quello che ho scritto. Non rendeva abbastanza l'idea).
C'è una cosa che mi hai fatto tornare in mente, con gli scorsi frammenti. È una citazione tratta da un romanzo epistolare (bellissimo) di Grossman, che ho riletto di recente:

"È una legge non scritta: chi vuole starmi vicino deve assumersi la responsabilità della mia anima. Perché qualunque idiota può capire come sia facile uccidermi. Uno sguardo ben mirato basterebbe. Non sto scherzando.
Sono convinto che da qualche parte, dentro di me, c'è un punto vulnerabile che chiunque, anche uno sconosciuto, può vedere e colpire. Eliminarmi con una parola. Ma, a quanto pare, tutti quelli che mi circondano evitano di farlo, per qualche motivo. Non mi danno il colpo di grazia. E io non riesco a capirne la ragione. Sono persino un po' sospettoso su cosa stiano tramando."

Ho sempre pensato che mi si addica. Adesso credo si addica un po' anche a te.

Hai una mente (o se preferisci, un'anima) meravigliosa e tormentata, e quando scrivi è veramente bellissimo leggerti.


 

Recensore Veterano
04/10/15, ore 10:07

Bisogna ammetterlo, sei parecchio brava e audace anche con titoli. Ho notato solo in ritardo il cambiamento che hai apportato e non posso fare altro che apprezzarlo: è splendido il duplice senso, così ambiguo e contingente, di quei pezzi: a pezzi come i frammenti che scrivi, a pezzi come l'anima che de-scrivi.
Tu hai la splendida abitudine di rimboccare le parole come si fa con le coperte, di renderle tenere ma solidamente incastrate a qualcosa. E lo scritto di oggi è, ancora una volta, bellissimo. Ti tocca decifrare le tue emozioni, o forse solo prenderne atto: c'è una persona che Hellsinger ha amato (e potrebbe essere il suo fatidico primo amore?), una stella che l'ha ammaliata e poi folgorata. Ora ha fatto ritono e Hellsinger ha paura di scoprirsi nuovamente innamorata. Al tuo posto, avrei paura anch'io.
Quando leggo frasi come questa penso sempre tu abba un dono:

"Odio quando o a stento capisco le mie emozioni, senza un catalizzatore adatto, mi aspetta un fallimento."

(e quando parli di scintille, peraltro, non posso trattere un sorriso)

Brava, davvero.

Recensore Veterano
30/09/15, ore 12:29

La tua visione "dissacrante" della morte è atipica e particolare. Dici che è l'unica (o una delle poche) cose di cui il personaggio del quale racconti ha una considerazione positiva, eppure si tratta di una scelta azzardata, di una visione poco condivisa dal senso comune. Io non so come interpretarla, sai? Il tuo argomento è convincente, di questo non dubito, è vero che la nostra finitezza impreziosisce ogni nostro attimo di vita, forse è l'unico aspetto a renderlo degno di essere vissuto. Eppure... come si fa a trascurare la paura che la nostra finitezza non abbia seguito, che sia destinata a esaurirsi, a non portare a nulla?
Forse Hellsinger non ha paura del nulla, non so. Forse ha sconfitto il terrore d'essere transitoria, forse ha accettato di disfarsi, forse ha cieca fiducia in qualcosa, forse ha imparato a credere. Forse mente, a noi o a se stessa (o a entrambi).
Mi ha colpito questo aspetto di HE, mi ha dato da pensare.
Cambiare forma è il modo che il tuo personaggio ha per difendersi, ma è un modo pericoloso, che ti tiene distante (troppo distante) da quello a cui tieni o potresti tenere. Per quanto tu sia convinta che ci sia del bello in questo mondo (e ne sono convinto anche io), non vuoi rischiare che ciascun passante possa cogliere la tua fragilità, possa ferirti come già è successo. Forse sei una di quelle persone che danno tutto, di sé, quando si aprono; forse eri cosi e ora hai dovuto correre ai ripari, chissà.

Il frammento è bello, più che bello, e Hellsinger è un personaggio problematico ma, allo stesso tempo, intrigante. Spero continuerai a scrivere di voi due.

Ps. C'è una cosa che vorrei dirti. Mi è capitato, nei giorni scorsi, di ripensare alle tue poesie, alle tue frasi, alle cose che scrivi. Ogni volta che ho letto e che leggo qualcosa di tuo, provo al termine della lettura sempre una stessa sensazione, difficilissima da definire, che mi circonda per qualche secondo. Ci ho riflettuto un po' e ho pensato a quanto io possa afferrare di te dalle tue parole. Il fatto è che io non riuscirei mai a scrivere come fai, a dire quello che dici tu con le parole che usi; sarà strano, ma di solito non provo questa sensazione. Se leggo qualcosa, non penso che non avrei potuto scrivere quel qualcosa. Di solito non mi succede, insomma. Nel tuo caso, per quanto io empaticamente riesca ad afferrare qualcosa di te, di quello che vuoi dire (qualcosa, ma non tutto), per quanto io possa com-prendere ciò che scrivi, ciò non toglie che, subito dopo aver letto le tue parole, sistematicamente è come se la mia mente dicesse: è inamissibile e affascinante ciò che hai letto. E succede ogni volta.

Recensore Veterano
29/09/15, ore 17:43
Cap. 4:

Una scheggia tanto bella quanto le altre.
Forse non c'è nulla di più intimo, per uno scrittore, dello spiegare perché scriva.
Appropriarsi delle forme altrui, paradossalmente più comprensibili, per dar forma e vita alla sagoma del proprio io: è lecito? È morale? Può andare bene?
Sembra che lo scrivere di cui tu parli sia una paura di sentire, di percepire qualcosa (il nulla?). Sembra un riempirsi fino a scoppiare di qualcosa che non t'appartiene per ricoprire la tua anima e il tuo volto.
Sembra che quello scrittore voglia trasformarsi, che non ami la sua vera forma. Che cerchi di seppellire la propria apatia con delle parole.

Scrivi dannatamente bene, tu.

Recensore Veterano
26/09/15, ore 14:49
Cap. 3:

Trovare l'approccio corretto per commentare una frammento così... non è facile, sai?
Sembra così riservato, intimo, introspettivo, rinchiuso in sé stesso, indisponibile a qualsiasi tipo di commento, di osservazione, di complimento.
Sembri sulla difensiva, sembri volerti mostrare refrattaria a ogni punto d'incontro.
Il frammento è veramente bello. E in questo più che in altri, mi ci ritrovo. Riuscire a scorgere una persona che condivida la stessa prospettiva del mondo, che possa intravedere ciò che sta dietro certi monumenti, certe finzioni, certe preghiere, certe risate; è difficile trovare la persona che sappia andare oltre ogni sguardo, che capisca "perfettamente" (è quello il punto fatidico). Magari è solo che anteponiamo noi stessi alla realtà e culliamo un desiderio che non ha senso: dopotutto, il nsotro mondo è nostro soltanto, come potrebbe una terza persona, un estrano, capirlo bene quanto noi (senza alcuna spiegazione da aprte nostra; questo è un altro punto essenziale)? Forse abbiamo aspettative troppo alte e pecchiamo di speranza, forse avremmo bisogno soltanto di più disillusione e più distacco.
Anche capire gli altri è difficile. Sembra strano, ma a volte il problema è che è tutto così semplice e chiaro da essere disarmante - come fanno ad accontentarsi di così poco? Questo è ciò che è difficile da capire.
E afferrare la bellezza ovunque sia possibile rintracciarla, incapsularla per farne degli antidepressivi, è l'unica opzione possibile, spesso. Come drogarsi di speranze, sognando una realtà (completamente diversa) senza illudersi che qualcosa cambierà mai. Non illudersi è un'arma a doppio taglio, per difendersi dalle prossime, inevitabili delusioni (è buffo, perché ci si illude di non illudersi, eppure incosciamente ci si illude comunque, dispetto di ogni nostro tentativo razionale).

"Le nuvole dopotutto sono solo vapore informe, semplice ed inconsistente,
Ma allora perché sembrano navi, che fanno salpare storie e fantasie assurde?"

Hai ragione, me lo chiedo anche io. Quelle navi sono solo il frutto della nostra immaginazione, sono solo gocce di vapore meramente giustapposte? O simboleggiano qualcosa che ci oltrepassa, i loro movimenti formano un disegno, e fanno parte di un piano più complesso?

Questo viaggio introspettivo lo trovo bellissimo, è così insolito e trascinante! Non posso che farti i miei complimenti, a prescindere dalla forma che scegli sei sempre magnifica, allegorica, sei sottile e distante e non hai paura quando scrivi.

Recensore Veterano
25/09/15, ore 18:40
Cap. 2:

Sì, mi fido di una bugiarda.
Una bugiarda è, fondamentalmente, una persona onesta, che ammette di mentire ogni giorno, quando l'occasione lo richiede, per salvarsi la faccia o per salvaguardare il proprio cuore e l'integrità della propria anima.
Mi fido di una bugiarda perché so che fra le sue bugie troverò la verità, troverò le ammissioni di chi riesce a esprimere i propri desideri più reconditi solo celandoli fra mille altre inesattezze. Una bugiarda mescola le carte, ma se ammette d'essere una bugiarda, allora fra quelle carte può aggiungere la sua preferita. Se qualcuno dovesse scoprirla, può sempre rifugiarsi in un "ho mentito", nel caso in cui chi l'abbia pescata dovesse dimostrare di non saperla apprezzare, o custodire.
Io non credo che in questo mondo ci siano persone così pure da non avere bisogno di mentire - come il "Grande" di Spagna di Barbablù, il romanzo della Nothomb -, semmai si può giocare con le definizioni di "omissione" e "bugia" e spostarne i confini a proprio diletto.
Io credo che la persona che scriva parole del genere sia una bugiarda per necessità. Viviamo in un mondo di ruoli e di maschere, siamo quel miscuglio pirandelliano di uno-nessuno-e-centomila - il punto è rendersene conto e prenderne coscienza. E non cercare di venirne fuori. Non vedo come si possa venirne fuori, in questo mondo e da questo mondo. Non basta passeggiare sui bordi per sentirsi migliori, o più liberi.
Non resta che mentire e mescolare le carte.

Sì, mi fido di una bugiarda.
Per questo so già che quella storia ce la racconterà (ha già iniziato a farlo).
Magari è la sua, di storia.

(il mondo in cui scrivi qualunque cosa mi lascia sempre a bocca aperta)
(Hai studiato recitazione?)

Recensore Veterano
17/05/15, ore 21:20

Ciao :)
Racconto breve, ma intenso, mi piace.
Una scrittura precisa, diretta e potente, mi piace assolutamente.
Il tema è delicato ed importante, il cambiamento, il non accettare se stessi e chiudere, quasi sigillare quello che si è per esser qualcun'altro, ma così facendo, si fallisce e si soffre. Il segreto è sempre essere se stessi, si può migliorare, crescere e cambiare, ma si parla di evoluzione non di trasformazione.
Spero di aver interpretato bene, leggendo mi è arrivato questo, nel caso non farti problemi a correggermi.
Ancora complimenti, mi è tanto piaciuto!
Alla prossima :)