Recensioni per
Frammenti d'Anima
di Clitemnestra

Questa storia ha ottenuto 2 recensioni.
Positive : 2
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
24/10/18, ore 18:06

In ambito letterario non ho letto molto del periodo cesariano. Avevo letto "Idi di marzo" di Manfredi, che per giunta non mi piacque molto. Poi ho letto qualcosina del "Giulio Cesare" di Shakespeare. E quando ho letto questo racconto, inevitabilmente il mio primo pensiero è andato al celebre discorso di Antonio ai funerali di Cesare. Ma qui è diverso. Il punto di vista di Servilia è inedito per me. Ma se Antonio fa un discorso ad un evento solenne, come le esequie di stato, Servilia lo fa in una seduta del Senato; il primo in maniera calcolata, pronto a piegare gli eventi a suo favore, la seconda è scomposta nell'aspetto, distrutta, e, come un'eroina tragica, non agisce per scopi politici, ma è divisa tra l'antico amante (per il quale ha fatto anche cose deplorevoli, come lei stessa dichiara) e il figlio (non un cesaricida, ma uno traviato dai cesaricidi); il primo, alla fine, ascoltato, la seconda no, finendo oscurata dagli eventi successivi, dalla storia. La narrazione stessa, del resto, procede come un orazione classica: alla "captatio benevolentiae" in cui Servilia si presenta sporca e scalza, segue un esposizione degli eventi, dove la donna stessa, in fondo, appare come una vittima degli eventi, fino alla feroce invettiva finale. E qui vi ho visto qualcosa di virgiliano, mi sono ricordato le ultime parole pronunciate da Didone in punto di morte, dove profetizza le guerre puniche. Anche Servilia non è da meno: profetizza la fine di Antonio, suicida dopo una vita dissoluta. E Ottaviano non avrà una sorte migliore, ritrovandosi a vivere situazioni familiari sgradevoli. Senza poi parlare della fine della Repubblica, dopo un'altra guerra civile per giunta. Alla fine, pur nel suo aspetto dimesso, Servilia riesce a mostrare appieno una fierezza tragica, risaltata da come chiude l'orazione, sottolineando il suo nome, inevitabilmente ricordato a fianco di due uomini da lei amati e divisi dalla faziosità politica e dagli eventi bellici. Il tutto, appunto come in una tragedia, il Fato che incombe, al quale Servilia neppure credeva, ma che non fa sconti a nessuno. Un testo di tutto rispetto.

Nuovo recensore
03/09/15, ore 00:23

Wow. Semplicemente wow.
Ora, io non sono un tipo espansivo e nemmeno tendo a idolatrare la gente o elargire complimenti come fossero confetti. Ma già il fatto che tu conosca Servilia Cepionide è una cosa bella. Che tu conosca il suo ruolo è ancora meglio (e questo mi porta a intuire che tu abbia letto la saga su Roma o almeno visto la serie tv). Il fatto che poi riesci a portarla in scena in questo modo è un qualcosa che merita un plauso incondizionato. La capacità di rendere questa donna nel suo duplice dolore di madre e di amante, di trasformarla da matrona romana algida e piena di sé in una donna distrutta bramosa di sangue e vendetta e che per questo è disposta a inchinarsi davanti ai padri coscritti del senato (almeno fino alla maledizione finale).... beh, tutto questo passa sopra ai piccoli dettagli che stonano leggermente (ad esempio il fatto che il comportamento di questa Servilia è più da eroina da tragedia greca alla Antigone che permeato dal pragmatismo romano).
Certamente una donna non sarebbe mai stata ammessa nella curia a parlare davanti agli Ottimi Padri, per quanto augusto e antico fosse il suo lignaggio, ma se fosse accaduto, mi piace pensare che Servilia avrebbe parlato così.