Recensioni per
Nelle fessure
di HellSINger

Questa storia ha ottenuto 10 recensioni.
Positive : 10
Neutre o critiche: 0


Devi essere loggato per recensire.
Registrati o fai il login.
Recensore Master
02/01/16, ore 09:02
Cap. 5:

Qui, a quanto ho potuto cogliere, è la paura di vivere un rifiuto. Esser rifiutati, magari dalla persona alla quale si vuol bene, o si è innamorati (forse non corrisposti). La paura di un qualcosa della quale non si sa come si reagirà. O semplicemente la paura di vivere un sentimento negativo di negazione di sè stessi.
Profonda, inquietante (almeno per me) ma senza dubbio interessante dal punto di vista psicologico di chi la vive.
Leggerò ancora

Recensore Master
01/01/16, ore 10:16

Queste "fessure" sono ferite che si porta dentro, chiunque ella sia. Lei vorrebbe essere una stella notturna per poter illuminare quello che la turba ed eliminare il buio, ovvero colui che crea l'ombra. Intrigante, moto dark eppure c'è un filo di speranza verso questa tanto desiderata luce che cerca.
Leggerò ancora

Recensore Master
31/12/15, ore 09:24
Cap. 3:

Non saprei cosa dire perché le interpretazioni sono più d'una:
1Lo stato emotivo di una persona profondamente sconvolta da un tumulto interiore
2Una persona che ormai è provata dalla vita ma vuole uscirne
3Si parla della notte stessa che si dissolve al mattino ma sa bene che presto tornerà?
4L'irrequietezza di un'anima che sa di non poter trovare pace.
Comunque ha il suo fascino da qualsiasi angolazione la si voglia vedere.

Recensore Master
28/12/15, ore 10:38
Cap. 2:

Sono senza parole, o senza parole scritte... Questa poesia credo sia uno sfogo verso quelle parole che vorresti far uscire dalla tua penna ma che non ci riescono perché, appunto, le semplici parole non bastano. Un poeta in conflitto con la propria arte e con le parole stesse. Queste escono dalla tua mente sotto forma di emozioni ma che a parole non trovano collocazione. Un conflitto interiore non indifferente.
Bella, leggerò ancora.

Recensore Veterano
16/11/15, ore 20:31
Cap. 7:

L'inizio della tua poesia mi ha fatto pensare vivamente ad una sensazione di sollievo effimera e temporanea, ed è la sensazione che penso tu volessi esprimere e che forse stavi esperendo, in questa tua cronaca (forse scritta sul momento, forse scritta con qualche ritardo) del suo ritorno - forse effettivo in qualche modo, forse solo un pensiero cullato nel cuore della notte, o chissà, il risultato di un sogno. Ripensarci comunque ti ha destato, seppure brevemente, anzi ha fatto di più: ti ha elevato, in un lampo, riempendoti di un calore elevatissimo (troppo per una montagna gelata), e poi si è dissolto con la stessa velocità con cui era apparso. All'illusione speranzosa, al ricordo, è subito subentrata la disillusione, la rassegnazione. Ciò che sta dentro di te in forma liquida era diventata lava fusa, riuscendo a fuoriuscire per alcuni attimi, salvo poi tornare a gelare. L'escursione termica ti ha ricordato dell'altro: ti ha dato un'immagine, un termine di paragone per confrontare ciò che sei e ciò che potresti essere. Aver avuto quella sensazione è stato deleterio, adesso ti senti come il naufrago che riprende ad affondare dopo aver bramato l'ebrezza della salvezza: aveva avvistato una scialuppa, ma quella scialuppa l'ha ignorato (forse era già piena di superstiti), è andata oltre.
E non resta altro che quella terribile sensazione, la sensazione di essere sprecata e di sprecarti, e non ti resta che scriverne mentre pensi d'appassire (io, però, scommetto che rifiorirai).

Recensore Veterano
08/11/15, ore 12:38
Cap. 6:

Solo qualche fessura fa, ti arrendevi al paradosso dell'innamorarsi di una perfetta persona sbagliata. Quella perfezione ti ha segnato e oggi ti riprometti di non cascarci più, dopotutto è forse in quella stessa perfezione insito il concetto di errore; la perfezione non può appartenerci, non può far parte di questo mondo, per forza di cose diventa sbagliata. Non vuoi più ricadere tra le eliche affilate di quel turbinio, di una (quella?) sfuggente perfetta persona sbagliata. Oggi sembri disposta a mettere un punto, a lasciare che vecchie fessure cicatrizzino, chiudendosi per sempre, per lasciare spazio a nuovi frammenti di luce da lasciare filtrare. Eppure il tuo non sembra un punto assolutamente fermo; non sai come andrà finire, perché ciò che passa non è ancora passato e non sai quanto tempo potrebbe volerci - ma ti lasci un imperativo, ti dici di non chiedere perdono (eppure potresti essere tu a perdonare, ancora). Come una primavera di belle promesse quando l'inverno non è ancora andato via.
Meravigliosi i tuoi versi. Questi di oggi sono brevi, essenziali, meno frenetici del solito. È come se, tra una parte e l'altra, avessi preso più tempo per respirare (o per riflettere). Scorrevano come acque calme.

 

Recensore Veterano
25/10/15, ore 12:09
Cap. 5:

Le pagine che scrivi non sono vuote, HE. Sono dense, estremamente dense di frammenti della tua anima e il tuo modo di scrivere le rende belle da leggere. A proposito di frammenti, mi è piaciuta da impazzire la frase in cui parlando dei frammenti dici che più di tanto non si spezzano. Quanta verità in quelle parole. Essere a pezzi - come quelle tue confessioni - serve anche a fornirci una bussola, serve a farci conoscere gli antri più tetri del nostro spirito, per capire fino a che punto possiamo spingerci. Ci fa prendere atto della bassezza che ci è propria e che condividiamo con il mondo.
HE, oggi, è pronta a sfidare la sorte, è pronta a rischiare e soffrerire di nuovo se necessario, di prendersi la responsabilità del dolore che potrebbe dover sopportare. Sa che il mondo è imperfetto, che qualcosa può sempre andare storto. E c'è un lui, composto di accezioni diverse e difficili da interpretare appieno, con la sua paura, il suo egoismo, la sua bellezza, che è al centro della missione che HE s'è data (sottovoce, per non farlo sentire a nessuno; ufficialmente HE è sempre andata avanti, mentre in realtà è sempre stata pronta a tornare indietro. In qualità di essere umano, si dice).

La "perfetta persona sbagliata" è una figura che mi perseguita, sai? Una sensazione così sconfortante, così ingiusta, così ambivalente. Ci sono giorni in cui la diversità di quella persona perfetta è meravigliosa, la fa sembrare meno sbagliata. Sono i giorni in cui la nostra coscienza sa che il nostro mondo è solo una misera porzione del tutto, e si sente arricchita. In altri giorni, però, quella coscienza sa che lei dovrà accontentarsi della sua misera porzione, che per lei vale come il tutto, e allora si fa ambiziosa e incontentabile, vuole farsi corrispondere perfettamente. E le imperfezioni (o le mancate corrispondenze) diventano fastidiose e insopportabili, e vien voglia di andare in giro per il mondo gridando a squarciagola, in cerca della sfumatura che sia solo perfetta. Solo perfetta.

Hai sparpagliato qualche errorino, qua e là, ma ormai ho rinunciato a segnalarteli. C'è del bello anche nella tua distrazione, quella che continuo a immaginare come uno splendido caos, proprio delle menti dei grandi scienziati o dei grandi artisti. Complimenti, as always.

Recensore Veterano
19/10/15, ore 22:06
Cap. 3:

Hic et nunc.
Fantastici i tuoi versi.
Le fessure introspettive dell'animo da cui filtrano ricordi, promesse non mantenute, scheletri nascosti, paure indelebili e un buio profondo. Spezzato, però, tramite quelle stesse fessure, attraverso cui s'intrufolano delle scie luminose, che rappresentano la coscienza, la verità, il perdono, la decisione (rimandata?) di ritrovarsi o abbandonarsi per sempre.
Abissi senza fondo da cui risalire è difficile e doloroso. Se anche le stelle, a cui aggrapparsi, possono esplodere da un momento all'altro, trovare una via di fuga sicura è forse impossibile. Scegliere dei percorsi tortuosi, nella vita, e fare scelte di cui ci si pente, ci lasciano cicatrici che non spariscono, scavano quegli abissi. E di notte, quando fuori è buio, il peggio sembra arrivare e passare; c'è la speranza di cogliere una scia luminosa e saltarci su... ammesso che ti faccia ricadere indietro.

Sono sempre belle le parole che affianchi e i versi che ritagli. C'è tanto talento.
 

Recensore Veterano
18/10/15, ore 12:13
Cap. 2:

In questi giorni sto leggendo i diari di Sylvia Plath (è così penetrante lo sguardo di chi si mette a leggere un diario... forse non dovrebbe essere neppure lecito farlo), sto imparando a conoscerla più da vicino e sto amando le sue parole. La sua forza introspettiva è pari solo alla sua fragilità emotiva, al suo sentirsi tutto e nulla. La sua debolezza la rende amabile: proprio come scrivi tu.
Per quanto tu sia molto diversa da lei (da quello che conosco e intuisco di te e di lei), le tue parole non sono meno suggestive, le tue frasi non meno ardite, la vostra capacità di esaminare ciò che siete, in superficie e nel profondo, è simile. Avete tanto, tantissimo da scrivere: quaderni (di carta o virtuali) che faticano a contenere la vostra marea di parole, sensazioni, figure, idee, emozioni, passioni.
Mi piaci molto in questa poesia, un po' come sempre, sebbene la prima di questa raccolta sia, a mio avviso, perfino più bella.
Ci sono due modi di scrivere in questa tua poesia. Che riflettono, d'altro canto, due modi di essere, due modi di vivere (e di non farlo, e viceversa; questione di prospettive). C'è il tuo superbo modo di pensare/scrivere che si scaglia contro l'asciutto, freddo e egocentrico suo modo di pensare/scrivere (Di chi? Non è difficile intuirlo. È un soliloquio dopotutto.). È bellissimo, perché tu parli di un differente concetto di scrivere, ma lo fai utilizzando le tue parole. È un assurdo e meraviglioso controsenso.
C'è dell'altro, però. È come se ci fossero anche due dimensioni, come se ci siano le parole dello scrittore e le parole della realtà, pronte a scontrarsi in una battaglia il cui esito è scontato (forse). Ci sono le paure dello scrittore, c'è la paura taumaturgica dello rimanere senza parole, senza la propria musa ispiratrice: sarebbe, però, possibile? Come può un'anima, all'improvviso, smettere di percepire il mondo e di ricrearne uno in proporzione, uno diverso, allegorico, uno personale? Non sarebbe come smettere di vivere? Le parole stesse, allora, sono una sorta di iter da seguire: bisogna scrivere per sapere d'essere ancora vivi; scrivere, come per mentire sul cosa facciamo e sul chi siamo. Ri-viviamo con le parole, nel senso che diamo nuova vita a qualcosa, che esiste e non esiste (è come un tacito accordo tra chi scrive e chi legge: ciò che sta scritto vive solo nelle loro coscienze), mentre il mondo reale si fa meno vivido. Senza mai sparire. Puntualmente fa capolino, a ogni silenzio, e torna nuovi torrenti di parole: è come se chiedesse un tributo per ogni attimo in cui calpestiamo questa terra, e lo esige lasciandoci opprimere, lasciandoci amare, lasciandoci soffrire per la perdita di qualcuno. Scrivere: questo è il nostro imperativo categorico.
Tu riesci davvero "a fare meraviglia", quando scrivi. Di qualunque cosa. 

Ps. devo farti un appunto: quando arrivi alla fine di qualcosa, avvisa della fine imminente! Non avevo capito che quel frammento delle tue confessioni (btw, avevi scelto proprio un titolo dal passato celebre) fosse l'ultimo, ci sono un po' rimasto male. È stata una fine improvvisa e inaspettata!

Recensore Master
18/09/15, ore 08:33
Cap. 1:

Mi ha incuriosita il titolo: da una parte mi è sembrata una poesia dedicata a ciò che nella vita vogliamo fare e quale strada prendere. Dove ci porta? Non si sa.
Una cosa è certa: ci porta da qualche parte. Trovo incantevole una strada indicata dalle lucciole che ti porta dove tu vorresti arrivare (ok, questa l'ho interpretata da me, non c'entra niente). Una poesia scritta davvero con garbo, carina e che un po' ti solleva dal gravoso "compito" di scoprire quel è la nostra via.