Recensioni per
Anatomia della Leggerezza
di Jailer
Finale perfetto per una storia perfetta. Ho già espresso i miei pareri entusiastici nell'arco dei capitoli precedenti. Qui posso solo aggiungere l'ammirazione per aver saputo creare un mondo dietro ai pochi fotogrammi di un Manigoldo che gioca con i fuochi fatui fra delle macerie senza nome, nel giorno dell'incontro con Sage. Tutto il passato che hai immaginato per lui rende ancora più denso si significato il suo tentativo, nell'originale, di fare la pelle a Sage per rubargli i paramenti sacri. E' l'istinto vitale incontenibile di chi non ha nulla da perdere, e appartiene solo a se stesso. |
Nelle parole di Manigoldo rivivono gli episodi di cui la storia non parla. Perché le guerre sacre, da qualche parte, dovranno pur cominciare. Io per Rodorio provo quasi tenerezza. Metternich (credo) diceva che la geografia è un destino. Nulla di più tragicamente vero per questo agglomerato di case che credo vanti un primato di devastazione plurima imbattibile. Il punto di vista di chi di sente totalmente estraneo ai fatti del Santuario rende tutto piacevolmente straniante. L'agonia di Blanca continua mentre sullo sfondo si prepara una guerra sacra. Mi piace la tua scelta di aprire con una poesia crepuscolare. Azzeccata e molto raffinata. |
Un capitolo greve e doloroso. Così come si consuma l'amore (fino a diventare cenere e ricordo) si consuma anche il corpo di Blanca. Una malattia che non lascia scampo. Questo lungo flusso di ricordi mi ha lasciato qualcosa di strano. Un peso, una sensazione di fastidio impalpabile. Forse è il modo in cui Manigoldo vive la fine di Blanca. La accetta e se la lascia scivolare addosso quasi con indifferenza, come ogni altro evento della sua vita miserabile. Non so se è una dote o una condanna. |
Mi riaffaccio sulla tua storia dopo un periodo forzato di pausa e ritrovo tutte le cose che me la fanno apprezzare. La fluidità del racconto, l'uso efficace delle immagini che sai creare (la tua descrizione del carattere di Aldebaran in cinque parole è semplicemente perfetta!) e quella sottile ironia che permea tutto il racconto di Manigoldo. Sarà il fatalismo di chi non ha niente da aspettarsi dalla vita, ma ammiro il modo in cui asseconda gli accadimenti senza opporre resistenza. E così entra nel Santuario non per Sage (come racconta l'originale) ma per Aldebaran. Il veicolo non importa. |
Un viaggio surreale e onirico, in preda ai fumi dell'alcol e ai deliri della fame. Squallido, anche. Per un attimo ho pensato che avresti fatto morire Blanca nella stiva della Palinuro, suggellando il parallelismo fra questa traversata e quella dell'Acheronte (visto che lo scorso capitolo rievocava Caronte). Invece no, mi confondi ancora, e mi lasci la voglia di continuare a leggere proprio quando non posso andare avanti per mancanza di tempo. Ti rinnovo i miei complimenti. Questa fic mi ha davvero catturato. |
Ah ma tu mi hai stupito! Non pensavo che sarebbe andata così... così... banalmente. Non fraintendermi. Non è la tua storia a essere banale (anzi!) quanto l'assurdo modo in cui Manigoldo incontra il suo destino ateniese. Devo farti i miei complimenti per l'originalità della "chiamata", che di epico o spirituale non ha nulla. Ma soprattutto per la scelta dei dettagli. Il nome della barca, quello di un antieroe. Palinuro è Manigoldo sono collegati, entrambi addormentati al cospetto di un destino più grande di loro. E questa immagine stupenda del mare maestoso (e menefreghista) al cospetto delle miserie umane. Non mi capita spesso di rimanere così colpita da una storia. La tua è una di quelle che si contano sulla punta delle mie dita esigenti. Brava. |
Mi fa quasi tenerezza questo tuo Manigoldo. Un ragazzino inesperto che gioca a fare l'uomo in un mondo che farebbe volentieri a meno di lui. Il suo rapporto con Bianca ha una grande intensità. Mi sono commossa davanti al loro tira molla e ai gesti maldestri di un precoce Manigoldo che, a modo suo, è quasi romantico. Ma le nubi della tempesta si addensano all'orizzonte. Si intravede la fine di Bianca e un nuovo inizio per il granchione... |
Questa storia mi ha stregato al punto che dopo aver finito le mie faccende domenicali mi sono subito fiondata a leggere il terzo capitolo dopo essermi letta i primi due stamattina mentre facevo colazione. Che dire, mi hai catturato. Mi piace il racconto secco e senza fronzoli di Manigoldo. Il tuo stile asciutto, quasi ruvido, si associa bene alle vicende che narri. Ho provato quasi sollievo a immaginarlo mettere su peso e costruirsi qualcosa di vagamente simile a una serenità, seppure in un ambiente depravato e crudele. E finalmente si scopre qualcosa di più anche su Bianca. Mi spiace non poter andare oltre con la lettura oggi, perché quella frase finale mi incuriosisce da morire. Posso solo ipotizzare che non finirà per niente bene. |
Ecco, sono riuscita a leggermi anche il secondo capitolo e ti rinnovo i miei complimenti per come stai conducendo il gioco. Il tuo stile si addice molto bene alle riflessioni di Manigoldo. Di lui mi colpisce l'accettazione dei fatti orribili della sua vita come se fossero un mero dato di fatto. Mi affascina la figura di Bianca, questa ragazzina così cinica e furba. Non ho letto il gaiden dedicato a Manigoldo, ma se non erro lì si parla di una certa Gioca, sua compagna si avventure e sventure. Ad ogni modo mi ero sempre immaginata Manigoldo come un bandito solitario. Tu lo inserisci in un covo di ragazzini macilenti che sbarcano il lunario commettendo furti e prostituendosi. Triste e squallido, ma credibile. |
Non so come sono finita su questa storia, ma devo ringraziare il caso che mi ha spinto a leggerla. Fin dalle prime parole mi ha catturata. Io amo Manigoldo, così come amo Death Mask anche se per ragioni differenti. Penso che tu gli abbia reso un grande onore. Le frasi corte e spezzate di questa autobiografia monca, basata su ricordi vaghi e tristi di un'infanzia dimenticata, sono intrise di una disillusione totale. Manigoldo non crede in sé, nelle persone, nei sentimenti, nella vita. Non crede in nulla e non spera niente. E contempla la miseria della condizione umana da un punto di vista tristemente privilegiato. Davanti alla morte ogni essere vivente è uguale. E' negata anche l'illusione consolatoria di valere qualcosa di più rispetto agli altri esseri che ci circondano. |
Adesso per favore dimmi: vuoi più male ai lettori (diciamo pure a me) o ai tuoi original characters...? No perché non è possibile che ci lascino sempre in questo modo... T______T poverini... |
Mi sono accorta solo ora che avevi pubblicato e sono rimasta di sasso... giuro, non ricordavo fosse l'ultimo, speravo ce ne fosse ancora un altro e... bam, me lo sono letto tutto d'un fiato questo capitolo. Se per te è stata un'esperienza catartica, per me è stato meraviglioso poterla leggere e lo affermo seriamente. Anche il finale mi ha lasciato quell'amarezza 'leggera e profonda' come può solo essere Manigoldo. Una leggerezza che sconfina nel 'prendere le cose come stanno -dobbiamo morire', ma che non si lascia prendere dalla superficialità -lo scambetto, l'ira d'Achille, la sua strofa questa volta gliel'avrebbe cantata. E non ci sarebbe passato su... semplicemente perché le costanti non gli piacciono- |
Sei tornata! (Come sempre... bell'inizio di recensione.) |
Oh.Mio.Dio |
Oh... |