Recensioni per
Impressioni
di HellSINger

Questa storia ha ottenuto 8 recensioni.
Positive : 8
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
14/07/16, ore 12:44
Cap. 10:

Sai che questa è la mia trecentesima recensione? È piacevole sapere che stia capitando proprio qui e adesso, intorno ad una tua poesia, intorno alla tua passione per quelle iridi così avvolgenti e cristalline, infinite come quelle tele impressioniste (e a te le impressioni sono care, così care...) dai mille risvolti cromatici e senza confini da poter tracciare e definire con esattezza. L'indefinito è bello, è il puro sapore dinisiaco per il sublime, sulle orme di Kant e e di quel'ineffabilità che inseguiva e cercava di circoscrivere. E la tua poesia non è meno ambiziosa, come la tua raccolta, così piena di iridi altrui e punti di vista diversi, oscuri o limpidi, ricolimi di vita o flebili come battiti distanziati, troppo giovani o troppo anziani, come Iridi che hanno osservato troppi orizzonti o troppo pochi.
È difficile trovare le fila nelle tue poesie, è difficile perché come in questa le tue impressioni si mescolano a impressioni estranee, e diventa difficile distinguere fra la vera te e fra quella dama colma di vuoto riempito di nero che rischia di naufragare nel suo stesso buio e fra gli altri. Sembri in cerca di luci, di bagliori cadenti come gocce (di sangue o di acqua) che s'asciugano subito, evaporano in fretta per il caldo dentro la sabbia. Eppure (io amo gli eppure, ma stavolta è il tuo che riprendo) sotto quel bitume, sotto quelle macchie orrende si nasconde qualcosa che è ben più che quel poco di vita, e come nella tua interiorità si annida una tela che afferra le impressioni che che scorrono, così s'attacca in te e in quell'animo che descrivi (e forse, sotto sotto, è proprio il tuo) e accumulano una carica che un giorno spazzerà via ogni grigiore. Quanto manca ancora da attendere? Difficile dirlo. Nulla però si perde in queste estati e in questi inverni che trapassano pallidamente, mentre conservi i battiti più fragorosi in attesa di esploderli. Ammesso che quella dama lo permetta. Ammesso che il mondo (non) si rivesci prima del tempo.
E tu sei sempre meravigliosa e confusionaria in versi.


(qualche appunto:

eppure appena sotto questo scarso e oscur
o bitume è conservata una vita
così fulgida di colori da spezzare Ogni grigiore.


In questi versi credo volessi scrivere oscuro*, hai messo la "o" a capo; e penso che a capo andasse anche "Ogni grigiore")

Recensore Veterano
17/06/16, ore 10:25
Cap. 8:

Leggere e studiare le tue poesie (come se si trattasse di un esperimento in laboratorio; leggerle è poterle studiare in condizioni controllate, è differente quando tu le scrivi) dalle angolature giuste non è mai stato facile, vuoi per la loro forma non proprio ordinata, vuoi per gli errori che ti sfuggono qua e là (ed è una cosa a cui poi ci si abitua, al punto tale da mancarti-mi se non accadesse), vuoi per gli accostamenti bizzarri o per i riferimenti a poesie di mesi prima (vedi l'occhio nero, col quale spiazzeresti chiunque). Le tue poesie non sono facili da leggere. Nondimeno, provarci è comunque un'impresa gratificante, perché già ad una prima occhiata spiccano delle scintille - le prendo in prestito dal mio nickname - che, tra un verso e l'alro, si sparpagliano e formano una trama suggestiva da ricomporre, un bagliore originale che t'appartiene intimamente.
E tutto, almeno quest'oggi, scatta da quell'osservarsi reciprocamente, (fra te, He e gli altri), e osservare le ferite reciproche, le tue ferite, le schegge fra cui ti sei de-composta; e c'è il tuo osservarle che cade sotto i nostri occhi, il tuo cercare di tracciarne le sagome, le forme - come rimetterle insieme altrimenti? - ma quelle schegge sogghignano e se la ridono mentre i tuoi sforzi si vanificano, non è ancora giunto il momento di ricomporti (ricomporsi è bel termine e in questo caso ti si addice in ogni accezione, non trovi?).
C'è un destinatario in questa poesia, forse uno in più del solito soliloquio fra te ed HE, con quelle cicatrici che sì, t'appartengono, e di cui no, non ti vergogni (o forse sì; dovresti?) solo che la loro vista può turbare i passanti di cui non t'importa o una delle persone a cui importa di te - per inciso, è il secondo caso a costituire un problema. La tua reazione è emblematica: è come uno sguardo curioso e un po' incapace di comprendere, uno sguardo semifreddo e forse più alto (non altezzoso, però) sul mondo, è un E anche se fosse... Non sarà altro vuoto a riempir-vi, e lo spiraglio può anche restare aperto, sarebbe solo un'ennesima fessura afterall, ma non sarai tu e non sarà HE a svuotare ancora quella cascata da cui, a forza di fessure, comincia a mancare l'acqua. È preoccupante la desertificazione in cui rischi d'incorrere, lo sai. Devi starci attenta.
Quel senso di rifiuto... non posso dire di non capirlo, quel senso di fastidio per il mondo e per un mondo in cui le vite sono buone solo per farci statistiche all'Istat, tra indirizzi ed età registrate all'anagrafe, mentre si sgozzano,non consci del loro poco, ugual valore, del loro contenuto. Sì, è così; ci sarebbero altri modi, altre vie da seguire, basterebbe prendere coscienza di ciò che siamo. Ciò che siamo, però, basterebbe? Di questo si tratta, dopotutto. Non dico che l'ipocrisia diffusa ed attuale sia meglio di quanto ci aspetterebbe, di quel mondo che non hai il coraggio di vagheggiare, che è solo implicito al tuo fastidio per quello di oggi, dico però che abbiamo un problema, un vuoto di fondo.
Tu hai deciso di essere HE, oltre che te, in parte ammiro e ho sempre ammirato il tuo coraggio. E quella sensazione di trovarsi al posto sbagliato - un po' come accadeva con la perfetta persona sbagliata, ricordi? -  e di essere quello stesso occhio nero da te tratteggiato e il suo modo di osservare il mondo, e le tue impressioni vissute e de-scritte, tutto ciò che si aggrappa a te e che dentro di te si fa tempesta, è amazing e devastante allo stesso tempo. Un oceano alla deriva, dicevi: mi pare di vederlo, un oceano che sgorga da un punto imprecisato e che si diffonde violento verso un orizzonte in cui non trova alcuna barriera, alcun limite da non oltrepassare. È un universo in infinita espansione, non c'è modo di controllarlo, bisogna reggerne il passo.
Perché alla fine manca un passo. Sì, restiamo sempre un passo indietro. Non è colpa tua, è così che deve essere, temo.
Le tue schegge fanno paura, HE, non biasimare chi esita. E non vergognartene, perché ogni scheggia è inestimabile e bellissima.
Mi mancava seguire - o provare a seguire - il filo sottilissimo dei tuoi pensieri.

Recensore Veterano
13/05/16, ore 12:08

Oggi sono gli occhi e loro sguardi a fare capolino, sporgendosi fra le tue parole, come a erigere finestre su sfumature tue e diverse dalle tue (o dalle vostre, dovrei dire?). È tenero notare come, per te, costituiscano un motivo ricorrente, un'immagine sulla quale vai sempre a (ri)cascare, hanno un fascino tutto loro che ti entusiasma, che ti rende meno apatica. In un certo senso lo capisco, capisco cosa possa signifircare osservare e studiare quei soli neri e quelle corone solari di cui si circondano, dai colori speziati e sorprendenti - ricordano un po' la tua scrittura, adesso. In quegli occhi sembri ritrovare colore, sul viso e sull'anima, se solo potessi, li uniresti ai tuoi per scoprire quale esperienza cromatica ne verrebbe fuori: devono essere degli occhi molto belli, quasi banali (perché quella sfumatura è comune, basta aprire gli occhi e osservare un certo orizzonte) eppure essenziali, capaci di sciogliere i tuoi tormenti (sciogliere è davvero la parola appropriata), i grumi in gola, di sbloccare quella vitalità nascosta fra i tuoi, di occhi. Sei abituata a nasconderti, quando parli di te, più o meno volontariamente; è una nebbia che non controlli, la tua, una nebbia d'apatia e di freddezza che tuttavia cela qualcosa di ben diverso - e lo riconosci pure tu:

"Troppa nebbia scivola
placida nel nascondere
il furente incendio che
lambisce la nera terra."

Sono piccole quelle scintille che emergono, negli occhi, (e su quel termine, puoi immaginarlo, hai tutta la mia approvazione), che si trasmettono, che donano la vita, metaforicamente sì, ma non così tanto.
Il tuo desiderio, il tuo essere viva, ecco che si fa strada prepotentemente, e mi ha sorpreso l'audacia nello scrivere:

"Vorrei sviscerare avidamente
I tuoi occhi infiniti nel loro
modo di poggiarsi su tutto,"

Per un attimo ho pensato che non era da te; poi ci ho pensato meglio e ho cambiato idea. Fortissima la sensazione che desideri trasmettere, il voler sviscerare quegli occhi, è un sentimento cruento e forte, il desiderio d'afferrare quel punto di vista (sul mondo), quel modo di dare vita (al mondo), scintille veramente superbe. Impressioni più o meno tue. E dopo tanta foga, ti rendi conto che no, non hai descritto abbastanza bene quelle impressioni, impressioni che ti appartengono solo in parte (è questo il grande, grande problema) e che puoi osservare, certo, ma non descrivere adeguatamente.

"Innanzi ad un foglio bianco,
è difficile definire l'assente
presenza di testo, etichette
che silenziosamente sanciscano
i rischi dell'osservatore."

Un foglio bianco spaventa sempre. Spaventa ancora di più se ciò che vorresti descrivere è meraviglioso e tu hai paura di imprigiornalo fra etichette, fra definizioni, costrizioni sementiche o lessicali, retoriche o fonetiche. È meglio stare ad osservare, fare esperienza a contatto diretto, tralasciando le parole nel momento in cui ti sembrano farsi inessenziali (al contrario di quegli occhi). Il tuo modo stesso d'osservare non va bene, è sbagliato: le tue impressioni non diventano altro, non si evolvono. Vorresti fare ammenda dei tuoi peccati, mentre continui soltanto ad osservare. Una fiammella che, per quanto ne sai, potrebbe pure farti esplodere.

"Da qualche parte lasci bruciare
i tuoi vividi sogni a colori..."

Come in te arde uno splendido talento poetico. Brava.

Recensore Veterano
05/05/16, ore 14:36

È sempre, sempre sorprendente la tua capacità intuitiva e come la trascrivi in poesia, mentre ti sfuggono gli errori che rendono disordinata quella forma che per te è evidente (tra i tuoi pensieri). Le tue impressioni hanno qualcosa d'inaspettato, qualcosa che le riempie di significati strani e nascosti, e mentre accosti le parole e te le fai suonare bene, dentro si annidano riferimenti che spaziano e oltrepassano i tuoi stessi intenti.
In questa poesia, in particolare, hai giocato con le elisioni (e con le consonanze), alle tue parole mancavano vocali, come se il tempo le avesse consumate: esattamente come con quei ruderi dei grandi castelli o delle case in campagna, tracce di tempi trascorsi a cui hai fatto ritorno in una sera di maggio. Questa raccolta, una raccolta sulle impressioni, ha già provato il tuo legame con il passato e con il passato monumentale; se ami la tua terra, ami ciò che la rende tale, ami osservare come la natura rinasce sulle pietre diroccate delle muraglie pericolanti, sono il simbolo e il ricordo edificante del nostro passato, di ciò che siamo stati. La tua impressione di oggi forse è partita davvero a contatto con delle macerie, abbracciate a del verde, da non scambiare per cenere priva di vita. La cenere è stata fuoco prima di allora, e ogni terra non è esistita solo per noi, ha avuto una sua multidimensionale esistenza e un multidimensionale senso per generazioni intere: e se la vità è un fuoco che arde e consuma, la cenere è ciò che rimane e che poi si riconverte, pronta a rialimentare la vita - è solo questione di tempo. Gli ideali passano, il passato dovrebbe essere ciò che rimane ma è anche ciò che passa in secondo piano, rischia troppo spesso di cadere nel dimenticatoio, e parlare della tua terra è poi come parlare di te, degli tuoi tuoi e degli occhi altrui, che osservano lo stesso paesaggio, un paesaggio che è stato comprensivamente tanti paesaggi e che, dopotutto, è sempre lo stesso. Come la strada che riporta a casa, le direzioni non cambiano (è un fluire univoco, ma che non si porta tutto con sé). Il passato (mio, tuo, suo, di un muro diroccato o di una pianta appena nata) non è adatto agli occhi di chi vive qua e adesso; il passato è di chi vive oltre, un po' come HE, e di chi è pronto ad attendere. Dopotutto, è tutta una questione di tempo.

Ps. megliori d'idializzate regge.

megliori va anche bene, ma poi "idealizzate"

Eppure la cenere da la vita

dà*

Recensore Veterano
16/03/16, ore 10:39
Cap. 5:

Ecco la ragazza di blu. Con la sua consueta abilità di assimilare la propria poetica alla propria prospettiva del mondo - al momento ricoperta da un blu soffuso e allegro.
È sempre piacevole stare ad ascoltarti mentre nei tuoi versi discuti, amabilmente, tra te e te, quando claudicante ti interroghi su quello che provi e senti, sulle origini di ogni tua mancata emozione e di ogni inaspettato sussulto. Non sai quanto ci metterà il mondo a lenire la tua sete, quel che è certo è che l'esplosione di adesso ti attrae e ti coinvolge, sorseggi dalla fonte di quel che scopri di nuovo e di quel che è andato via, di chi è arrivato e di chi è rimasto, in un articolato insieme di vite e persone e cose e passioni e doveri che compongono la tua vita di ogni giorno. Il risultato, adesso, è una sfumatura blu che filtra ogni altro colore. Il blu è magnifico e suggerisce serenità, è un colore che ti avvicina al cielo e che forse ti fa bene. E se fino alla fine sai di essere una prospettiva delle tante, se sai che quell'osservatore (uno qualunque?) potrebbe farsi un'idea sua del tuo mondo e delle tue emozioni e del corretto modo di reagire, nondimeno la collisione di oggi tra te e i tuoi te (ed HE) ti porta ad aver creato proprio questa cromatura. E, quasi in attesa, aspetti. Un bacio , dici d'attendere, che possa finalmente placare la tua sete, che possa far riposare lo scorrere perpetuo delle tue lettere, che possa convincerti ad esprimere luci e ombre nel giusto equilibrio - non vorresti mai essere solo un'accozzaglia di luci priva di qualsiasi ombra. E così attendi, attendi che quel brutto pallore sparisca.

Sei il solito splendore quando scrivi.

Recensore Veterano
23/02/16, ore 18:29
Cap. 4:

Splendida, così splendida...
Il tuo modo di scrivere, di far susseguire le parole, mi rapisce e mi trasporta come su un universo parallelo, in cui il mondo è visto dai tuoi occhi, i pensieri si dispiegano logicamente (mente quaggiù, nel nostro universo, sembrano irrazionali e sorprendenti), è l'assaggio di un "mondo nuovo". E ci sei tu, quasi sommersa da una vita melmosa che gli altri riescono a assorbire, a digerire, a far propria. Tu sei incapace di respirare, di sviluppare delle branchie adatte, mentre osservi le tue fessure e ciò che ne resta, come briciole di pane per segnare un sentiero, attendi soltanto: non tanto di sviluppare un'ancora di salvezza, quanto di incontrare qualcuno che sappia tenerti a galla, che sappia infrangere la distanza tra un universo e l'altro, che sappia farti amare l'insensatezza di questa esistenza. Uno diverso da tutti noi. Stai al freddo, all'aperto (sta all'aperto chi è in cerca o in attesa di qualcosa), miri un orizzonte finito mentre constati le tue incertezze: come definire l'amore, l'aver amato? Come definire la felicità, la solitudine? Ci si sente imbrigliati tra sensazioni indefinibili, a volte così indefinibili da passare per apatia. Dubiti di te stessa:

Io non sono giusta
per restare, troppe
schegge riflettono HE
In un fiume di scaglie.


Ho adorato questi versi, sebbene esprimano uno stato d'animo che vorrei non ti appartenesse.
Eppure resti. Resti pur temendo di "non essere giusta", resti perché comprendi la miseria della tua prospettiva, di una frazione che non può cogliere molto altro: nonostante tutto tu nutri un sentimento capace di erigersi sopra ogni cosa, tu nutri fiducia. No, non puoi negarlo: fosse anche soltanto quella fiducia di trovare un ambiente adatto in cui adattarti e sopravvivere, sebbene tu ambisca a ben altro, sebbene tu sia pronta ad evolverti da un pesce destinato alle profondità dell'oceano, a un falco pronto a issarsi in volo e scrutare il mondo dall'alto.
Hai paura che chi si avventuri dentro di te sparisca, si perda, come potresti perderti tu. Come ti perdi nel mondo. La tua specialità, tuttavia, non è una strana e sconfinata essenza senza riferimenti e stella polare: la tua specialità sta altrove. Sta nel mondo meraviglioso che vive in te, proprio tra le profondità in cui ti perdi e le altezze dove l'aria è rarefatta.

Recensore Veterano
20/01/16, ore 12:54
Cap. 3:

Partiamo dal titolo, bellissimo. Borderline. Border-line: linea di confine, espressione che mi è sempre piaciuta e mi è sempre risultata vaga. Le linee di confine sono perlopiù arbitrarie, convenzionali, siamo noi stessi nel corso della storia o delle nostre singole esistenze a imporci e segnalarci delle line di confine che dovremmo o non dovremmo attraversare. Avere dei confini ben precisi ci aiuta a sopravvivere e a vivere tra gli altri, nel mondo circostante, ci aiuta a darci degli obiettivi, ci guarisce; a volte tuttavia creano dei tabù, dei limiti invalicabili che non hanno motivo d'esistere (ogni medicina ha delle controindicazioni, d'altra parte).
La tua borderline è cosa differente. Tu sembri sentire meno l'esigenza di tracciare confini, tu sembri poco avvezza ai limiti da valicare o non valicare, la questione stessa dei confini ti appare, forse, oscura e poco comprensibile. Non ci sono confini netti nella tua anima, non ci sono separazioni e tabù tra i versi che qua riporti da anni, in cui hai osato ciò che altri avrebbero omesso, in cui hai accostato parole che nessun'altra mente avrebbe mai pensato d'affiancare. Il caos calmo (c'è un libro che ha proprio questo titolo, sai?) che regna in te si svela in maniera lucida, apatica, dando l'impressione d'una serena accettazione dell'esistenza, senza il bisogno di darsi confini.
La tua borderline ha un'accezione differente. La sua sfumatura è psichica (c'è un disturbo della personalità con quel nome e tu pensavi proprio a quello, vero?), emotiva, è la tua stessa coscienza ad essere messa in discussione, il suo modo (sbagliato?) di percepire ciò che ti ronza intorno.
Così iniziano questi versi di oggi (ieri), nell'incertezza delle tue sensazioni, con una nota di scetticismo e disinteresse, mentre cominci pure a dubitare d'essere qua e adesso. Spazio e tempo si fanno sfuggenti, fin troppo relativi. Come se fossi un quadro, un dipinto dai contorni fusi, mai regolari, un sogno ad occhi aperti in cui la tua mente si è riversata, aspettando che qualcuno dia la propria interpretazione dell'opera. Fino a quel momento, tuttavia, non sarai altro (ai tuoi occhi) che una sostanza senza alcuna forma esatta, senza estremità fisse e senza una direzione ben salda. Leggendo i tuoi versi sembra emergere un costante timore non solo per la tua identità fluttuante, ma anche per la tua "inesattezza" (o disadattamento?) contagiosa: hai paura di toccare gli altri, hai paura che gli altri ti tocchino, hai paura di denudare la tua anima rischiando di far danno a te e a qualcuno che non sia te. Hai paura d'essere pericolosa e che gli altri siano pericolosi per te.
Bellissimo come concludi la poesia. Non puoi essere te stessa, mentre invidi coloro che lo sono e ti difendi dal mondo che esige tu sia te stessa.
Eppure non puoi proprio essere te stessa, semplicemente perché devi ancora scoprire cosa questo "te stessa" significhi, a cosa esattamente corrisponda. Non sai esserlo, non ancora.

(Non scrivevo qua da molto, mea culpa. Tu resti meravigliosa come sempre, quando scrivi.)

Nuovo recensore
03/01/16, ore 14:54

L'ho letta più volte, come assottigliando gli occhi per vedere qualcosa che mi sfugge, e poi l'ho visto: è bella. Provo a spiegarmi: al primo impatto è caotica, sembra perdersi in sé stessa, girare solo intorno ad un nodo che è incapace di sciogliere; poi invece mi è apparso un ordine, in qualche modo un percorso, e mi dà l'impressione che ogni strofa sia stata modellata, curata, smussata, per arrivare a questo. Voglio dire che ha una sua verità, un suo preciso modo di essere giusta.
Mi piace che tu dell'amore abbia mostrato la fatica di scendere a compromessi e di capire, il bisogno di confrontarsi con la propria debolezza; e mi piace come l'amore di cui parli sia quello con la maiuscola, e che tu l'abbia trattato con una specie di rispetto ammirato, e di cura estrema.
Aggiungo, ma questo potrebbe non importarti, che la tua poesia mi ha colpito in modo particolare perché credo in quello che hai scritto, hai toccato una corda che già vibra dentro di me - forse è questo che mi sta facendo svisionare e lasciare recensioni poco sensate.
Ci leggiamo in giro!