Recensioni per
Una civetta si dondolava sopra un ramo d'ulivo
di Deliquium

Questa storia ha ottenuto 16 recensioni.
Positive : 16
Neutre o critiche: 0


Devi essere loggato per recensire.
Registrati o fai il login.
[Precedente] 1 2 [Prossimo]
Recensore Veterano
17/02/24, ore 16:39
Cap. 8:

In questi giorni sono in preda ad una nostalgia canaglia, che fa impallidire quella della canzone, con tutti i dolci tarli, i cuori di paglia, e gli incendi che non spegni mai – e forse la nostalgia non è altro che questo, la contezza, o il desiderio, che ancora un tizzone arda indisturbato sotto le braci, che lo so possa ravvivare.

Insomma, questi sono di quei giorni in cui ti prende la smania di riavvitare l'orologio una, due, diecimila volte, tutte all'indietro, e che gli anni col tempo si possano ravvolgere. A volte – mi dico e forse sbaglio – ci rendiamo conto di aver vissuto periodi di grazia solo col senno di poi, solo al passato; ed è giusto che sia così, ché, quando sono presenti, siamo troppo impegnati a viverli senza pensarci. Così torno a leggerti, sempre lentissimo pede, come cercando il Santo Graal o il suddetto stato di grazia, il ritorno per cui smania la nostalgia di cui sopra. E, non so tu, ma quando io sono in vena di riavvolgere il tempo e di manomettere orologi, mi concedo il lusso di ignorare gli avvisi di "incompiutezza" – o forse l'incompiutezza, in fondo, è un valore aggiunto, come per certe cattedrali mai finite.

Farò però finta di avere un minimo di tatto e di delicatezza, e mi asterrò dallo spammarti con una serie di commenti puntuali che potrebbero ingolfarti la casella di posta. Ho centellinato questa tua spalmandola su due giorni ed ogni giro di frase meriterebbe un commento dettagliato. Ogni parola è pesata, è precisa, casca come un macigno. Ogni frase ha l'eleganza e la perfezione delle cose lapidarie che non possono essere dette altrimenti – o, almeno, non dovrebbero.   Non so neanche che cosa mi abbia portata qui, nonostante tutte le opzioni che la tua bibliografia ha ancora in cima alla mia lista d'attesa; e nonostante la voce del buon senso – incarnata e realissima nella nostra comune amica – mi abbia perentoriamente intimato di leggere Aetna, Los Sanferminos e Father Lucifer, rigorosamente in quest'ordine, prima di rimettermi in cammino con Dies Irae. Nostalgia canaglia, dicevo. Sarà stata l'incompiutezza; saranno le mie simpatie Cristologiche che hanno intavolato un'intuitiva simpatia d'amorosi sensi; saranno stati i fati, che a onor del vero mi hanno condotta per mano, assai volente. Io non lo so, che cos'altro avevi inizialmente per questa storia, che cosa manchi ora acché debba essere considerata incompiuta. Perché questa serie di momenti cristologici – tutti cruciali – mettono in scena il rapporto, la negoziazione, la memoria, tra l'umanità e la divinità di Athena e di Saori, con tutte le responsabilità del caso degli umanissimi agenti che si sono fatti beffa degli dei e del destino, affibbiandogliela, quell'umanità, più di quanto non fosse stato prescritto dalla natura stessa dell'incarnazione. Vedo il dio, vedo l'uomo, e vedo i dodici apostoli (+1, di scorta, + i fedelissimi discepoli) in sottofondo, in controcanto; ché sono questi uomini che hanno fatto di Athena una ragazza, e sono questi uomini che insegnano, pian piano, a Saori come essere una dea. Se anche questa storia è destinata a rimanere incompiuta, c'è una sorta di compimento, di pienezza, ed assoluta soddisfazione nelle ultime parole, nella saggezza, di Seiya.

Per quel che mi riguarda, mi hai regalato un nostos che è arrivato in porto; un ritorno, dolceamaro, che non chiede altro. Grazie!

 

Ti voglio bene,

G

Recensore Master
16/08/19, ore 17:16
Cap. 8:

Struggente questa Saori che sa di essere Athena ma a cui la sua parte di dea non ha ancora risposto. C'È tutta la sua umanità di adolescente sotto un peso troppo grande, il suo rapporto profondo ed autentico con Seiya. Scritto in modo sublime. Da lettrice, grazie per questo bel regalo. Ciao

Recensore Master
31/03/17, ore 16:52

E se sono in un ritardo mega-galattico è soltanto da ascrivere al blocco del recensore. Ahimè, esiste anche questa versione del blocco dello scrittore e ha iniziato ad affliggermi negli ultimi tempi. Cerco di rimediare adesso...

Il contesto è la sera precedente alla scalata al Santuario, giusto?
Saori che sa di essere Atena, e che, secondo me, al tempo stesso non lo sa. E che quindi si appiglia a tutto ciò che conosce, i suoi Cavalieri compresi, per darsi la forza di affrontare la battaglia dell'indomani.
Ci descrivi sensazioni e personaggi con delle parole ammirevoli. Okay, so che forse può suonare strana come definizione, ma nel leggere io tendo personalmente a evidenziare a me stessa la scelta di parole di un autore, cosa che ricade anche nelle fanfiction. Ma le parole che hai scelto per scrivere questo capitolo sono bellissime, capaci di evocare molto più di quanto ci sia dietro un personaggio o un sentimento o un contesto che stanno raccontando. E, a mio parere, questo è il capitolo più bello dell'intera raccolta che hai pubblicato finora.

Forse solo l'accenno alla Seiya/Shaina mi è sembrato leggermente fuori contesto, ma solo perché io personalmente credo che l'Ofiuco sia troppo una tosta per capitolare per il Pegaso ^^"
In ogni caso, un capitolo meraviglioso nella sua semplicità, descritta per l'appunto con parole meravigliose.
Alla prossima!
Stellaskia (e le altre due se stesse muuuute)

Recensore Master
17/09/16, ore 12:08
Cap. 3:

Salve, sono di nuovo io. Sto considerando seriamente la possibilità di dichiararti illegale, perché tu con questa raccolta metti in dubbio tutte le mie certezze.
Tipo la scena del cavallo. Quella che mi faceva dare ragione a Saga sulla questione "Se io uccidessi Athena neonata, sarebbe un delitto o un'opera buona?"
E invece qui quasi mi dispiace per lei, perché mi sembra una bambina molto sola nonostante la ricchezza e già con un peso più grande di lei sulle spalle.
E che abbia sfogato la sua rabbia e frustrazione nel modo sbagliato, va bene, è stato un colpo di testa dettato dal fatto che non era in sè.
E il fatto che in fondo non si senta meglio nel fare la prepotente le fa da attenuante, come anche il fatto che poi si senta il colpa e si rifugi nella negazione quando da la colpa a Jabu.
In conclusione, mi piace molto questa rilettura che hai dato.
Per adesso non ti dichiaro illegale perché in fondo mi piace, voglio vedere dove altro riesci a farmi cambiare idea.
Ps: a un certo punto quando Saori si rivolge a Seiya la tastiera si è mangiata una parola, dove dice "Fammi quanto sei bravo a fare il cavallo" ma sono cose che capitano

Recensore Master
07/08/16, ore 12:05

È incredibile la semplicità con cui fai scattare un concerto di campanellini dentro la mia zucca vuota. Come un'arpa eolica lasciata a dondolare alla finestra. Con dolcezza. Il campanello che ha iniziato a tintinnare ha un nome, un nome greco.
Si chiama «εἶ». Significa "Tu sei" ed è una delle massime apollinee. E mi ha colpito moltissimo la frase che Saori (che Atena?) pensa, mentre Unicorno e Pegaso danno la stura al testosterone che ruggisce felice nelle loro vene di adolescenti (e me li immagino, come due bulletti di periferia, spalle larghe e petto in fuori, e mento all'insù, un po' più galletti che nell'episodio della serie classica).
Io sono.
La presa di coscienza del sé. Ché gli dei ce l'hanno un po' 'sto vizio di autodeterminarsi (vedi alla voce "Io sono Colui che sono" tanto cara al Dio di ebrei, cristiani e musulmani). Ma qui, di fronte a questa piccola zuffa tra monelli, Saori - Athena? - si risveglia. Come se le avessero gettato addosso una secchiata d'acqua, o come se il frastuono dei due monelli - ché questo sono, Seiya e Jabu, in questo frangente - avesse interrotto il flusso dei suoi pensieri.
E mi è piaciuto anche l'accenno alle cose importanti che sono scalzate dalle cose importanti. Perché ciò che è importante - ciò che l'uomo considera importante - è relativo, agli occhi degli dei. E perché così spieghi come mai la risolutezza di Seiya nel trovare sua sorella passi in secondo piano, poche puntate dopo. La colpa è del cuore dell'uomo, che assomiglia ad un mare sul quale si abbattono tempeste, nubi e dolci brezze in quello che, per gli dei, è un battito di ciglia. O poco più.

Recensore Master
06/08/16, ore 20:10

Più vado avanti con la tua raccolta, più scopro sfaccettature del personaggio di Saori Kido.
Qui ci parli del suo desiderio di rispetto da parte dei Saints che deve comandare, di un rispetto di cui lei vede ancora solo la superficie, se non sbaglio. Anche perchè qui c'è una sua certa ritrosia a considerarsi Atena, come leggo in quel pensiero spezzato, e presumo che non abbia compreso ancora del tutto il suo vero mandato.
E suo nonno, con tutte le lezioni che poteva impartirle, le ha menato pure quella delle pedine sacrificabili. Che bel pensiero.
Ma soprattutto, finalmente posso leggere un pezzo Seiya vs Jabu, fa niente che è una citazione all'episodio. L'Unicorno è così sottovalutato come personaggio, dico io!
Che dire, un altro capitolo che mi è molto piaciuto, contenuto e lessico.
Rinnovo la bandierina verde e alla prossima!
Stellaskia (e il caldo dopo la pioggia torrenziale delle sue parti, bella coerenza pure qui, oh!)

Recensore Master
31/07/16, ore 01:04

Riecchime ancora una volta e ancora una volta in strabordante ritardo.
Questa è la conclusione della scalata alle Case e della Saori a cui tocca tirare le fila di tutta questa storia.
Saori che con tutto il suo essere Atena però è ancora così umana da provare dolore e rimpianto per le morti dei suoi soldati, e anche una certa paura per quel che verrà. Più che normale, direi. Paura, rimpianti e consapevolezza, perchè non si può più tornare indietro ormai, e soprattutto non a ciò che si è stati un tempo. Ora Saori deve abbandonare se stessa per essere Atena in vista della Guerra con Hades, e qualcosa mi dice che ancora non ce la faccia.
Ammetto che il pezzo che più mi ha colpito sono state quelle due righe in cui la ragazza sente di avere il terrore di Shun, o una cosa simile. Perchè Andromeda sarà gentile e tutto quanto, ma io ultimamente l'ho rivalutato come terrificante. Facciamo due conti!
Le scelte per i nomi le ho trovate particolari ma azzeccate, in particolare Camus, Aiolos e Betelgeuse.
E niente, mi sa che ti becchi un'altra bandierina verde. Complimenti e alla prossima!
Stellaskia (a cui Hypnos gioca gli scherzoni, vedi l'ora a cui recensisco!)

Recensore Master
12/07/16, ore 16:37

Che bello che è questo commiato che ci racconti, Engel. Bello è triste come si pensa debbano essere i commiati. Sentito, ma senza la pomposa solennità delle esequie di Stato. D'altro canto, è ancora presto, la ferita è fresca - freschissima! - e i protagonisti di questa tragedia hanno ancora le roecchie sorde per il gran boato con cui è venuto giù il Santuario. Mattone dopo mattone, ricordo dopo ricordo, come nella canzone romana Casetta de Trastevere (tutti li sogni/cascheno/mattone pe’ mattone/e ‘n mezzo ar porverone/gia’ non te vedo piu’.). Solo che il Santuario è ancora in piedi - più o meno - colle sue colonne dal capitello dorico e i suoi tempi squisitamente classici.
Ma stanno tutti ancora dentro a quel gran polverone che s'è portato appresso questa giornata disgraziata (passami la rima e la svisata romana, vuoi?), ancora sballottati dagli eventi improcrastinabili oltre.
Sì, verrebbe da chiedersi cosa sarebbe successo se Andréas non avesse sbiellato e non avesse iniziato tutto 'sto casino. E fa bene al cuore immaginare la scena di loro, sotto al porticato, che parlano per ore con Athena, magari sorseggiando del tè alle rose. I castelli in aria hanno la dolcezza di una caramella, una di quelle da arrotoare in punta di lingua, hai presente? E, visto che Saori immagina di trovarsi con loro, tanto vale farlo in grande stile, arrotondando il suo pensiero con un'armonia che, forse, ci sarebbe stata, o forse no - ché sono pur sempre guerrieri, e non collegiali di un prestigioso istituto svizzero. Ma a lei avrebbe fatto piacere.
Qui, però, mi ha colpito altro. Mi ha colpito quel grido di Saori, il suo pianto, come fosse una bambina piccola. «Perché mi avete lasciato sola?!», in barba ai cinque Santi di Bronzo che hanno rivoltato le umane e divine cose, pur di salvare lei. Ma in quel pianto, in quelle parole, nelle dita della ragazza che stringono il vestito da principessa, c'è tutta l'umanità di una ragazza di tredici anni, che si ritrova catapultata su un palcoscenico smisurato, davanti ad una platea che non se ne vede la fine.
E mi ha colpito, quella lettera.
Perché l'ha spedita?
Che senso aveva?
Uno show-down in stile western, o la pretesa di una ragazzina che deve ancora imparare ad essere Athena? Cos'è, quella missiva? Cosa significa? A Kurumada serviva una spiegazione perché i Santi non buttassero giù a cazzotti l'aereo della Fondazione, ma anzi, li aspettassero a braccia aperte. Ma qui mi suonano dei campanelli inquietanti. Perché è come se quella lettera rappresentasse il momento di passaggio, la morte di Saori e la nascita di Athena. Ma anche un atto di tracotanza. Di Ubris. Nel più puro stile greco. Come la divinità volesse punire il lato umano di Saori. Perché quella lettera è il casus belli, una dichiarazione di guerra. E quando lanci il sasso, poi non puoi nascondere la mano, Athena non lo permette. Athena la obbliga a guardare cos'è che lei stessa ha scatenato. Con le sue stesse mani. Ed è in quest'ottica che leggo questo momento in cui Saori piange, il vestito tra le dita e i morti illustri su letti di pietra: una punizione. Per lei. 


P.S. io aspetto ancora di conoscere le vicende del povero Christopher. Lo so, lo so. La carne sul fuoco è tanta e lungi da me l'idea di metterti fretta o di assillarti, ché poi magari ti passa anche la voglia e allora ciao... ma sappi che io aspetto. Ecco. E non so se questo sia un pensiero peggiore dell'assillo di cui sopra...

P.P.S. I nomi che hai scelto sono bellissimi. E quell'Orestes - l'Oreste che fugge inseguito nonostante sia, in un certo senso, nel giusto - calza a pennello addosso al nostro povero Sagittario, così come Andréas per Saga.
E mi fa sorridere vedere che il nome di Mask non trapela, ché il nostro Christopher se l'è portato nella tomba. se non è amicizia questa...
(Recensione modificata il 12/07/2016 - 04:43 pm)

Recensore Master
07/07/16, ore 20:02

Ma chi se ne importa della continuità cronologica!
Devo ammettere che mi vergogno un pò perchè, quando Saori è stata colpita dalla freccia e pi ogni volta che si vedeva che era svenuta sui gradini della prima casa, non ho mai pensato a come si sentisse lei. Ero troppo presa dal resto delle battaglie.
Comunque sì, ecco, ora ci penso e mi rendo conto che non deve essere stato per niente piacevole.
Saori segue l'andamento delle battaglie mentre la sua coscienza umana va e viene, quindi paradossalmente più è incosciente meglio vede i suoi Saint. Come Ikki che ha fatto spegnere di proposito i sei sensi da Shaka per raggiungere il settimo.
Non lo so, ci sto pensando ora, forse sto delirando inutilmente.
Mi è piaciuto particolarmente che tu abbia scelto uno squarcio a caso della battaglia delle dodici case ed abbia menzionato Death Mask. Era crudele, ok, ma era pur sempre uno dei Saint di Athena e lei lo sapeva.
E tutti i ricordi che attraversano Saori sono evocati con poche parole ma sembrano proprio flash che balzano davanti agli occhi.
Secondo me la battaglia delle dodici case è una tappa di formazione per Saori, come anche la battaglia contro Poseidone. Saga e Kanon sono stati strumenti del fato. La smetto qui, se no parte un saggio filosofico che non ha niente a che fare con una recensione.
Ancora una volta bel capitolo, sia per i contenuti sia per lo stile.

Recensore Master
07/07/16, ore 19:50

Per la serie "mai dire mai" eccomi qui ad apprezzare il personaggio di Saori.
Io la considero un personaggio figlio dei suoi tempi, ossia della mentalità giapponese degli anni ottanta e magari di prima che non concepiva assolutamente l'idea di una donna guerriera. No, nemmeno in caso fosse lei stessa la dea della guerra.
Però devo ammettere che senza Saori ed il suo perenne farsi rapire/ferire/buttare dai burroni, Saint Seiya non sarebbe quello che noi tutti conosciamo. Grazie, se Saori fosse stata una dea Athena onnipotente non avrebbe avuto bisogno di ottantotto Saint!
Il tuo modo di inquadrarla mi piace molto, soprattutto il fatto che la sua "divinità" sia qualcosa che le appartiene ma allo stesso tempo la turba.
Alla fine è un potere divino compresso in un corpo umano, è normale che non si manifesti sempre appieno.
Anche il personaggio di Tatsumi, sembra così affezionato a lei. Non solo perchè è una dea, ma perchè è la bambina che ha visto crescere.
Complimenti per questo primo capitolo, credo proprio che seguirò gli altri.
Ps: comunque la civetta riteneva la cosa interessante ed ha chiamato un'altra civetta

Recensore Master
07/07/16, ore 16:20
Cap. 3:

Quello di Jabu è forse uno dei momenti più penosi dell'intera serie, ma andiamo con ordine.
Questa Saori bambina l'ho trovata molto realistica, in pensieri e azioni. Non solo attinente alla Isabel che tutti conosciamo (ok, un'altra cosa è che tendo a mischiare i nomi...), ma anche attinente a come si comporterebbe una bambina qualsiasi di fronte alla verità che non sopporta, al costruirsi una maschera di vittoria a tutti i costi per accettarsi, e quindi essere accettata.
Non ricordo se il rimprovero del vecchio Alman fosse presente o meno nell'originale, ma in ogni caso le sue parole esprimono in concetto che la nostra protagonista dovrà necessariamente imparare per suo compito, e più di ogni altra cosa per crescere.
I miei complimenti di nuovo! Anche perché alla parola "spettrofobia" uno non saprebbe cosa assegnare, e invece hai messo la paura della piccola lady nel vedere il proprio riflesso di estranea negli occhi degli altri, o così l'ho intesa io.
Alla prossima!
Stellaskia

Recensore Master
07/07/16, ore 11:21
Cap. 3:

Alzo la manina per condividere un pensiero infantile che questo capitolo ha riportato a galla. Quando ero piccola ero sinceramente convinta che i giapponesi assomigliassero, in un certo modo, ai personaggi dei cartoni animati (così come credevo che i tedeschi fossero tutti biondissimi, che i francesi avessero tutti il naso all'insù e che i cinesi mangiassero solo riso). Magari non avrebbero avuto quegli occhi abnormi, ma i capelli colorati, sì! Io ci credevo, ecco! Quindi, immagina la delusione quando, a otto anni, ho incontrato una compagna d'asilo, Yoko, e tutto ciò che ipotizzavo sui giapponesi sia stato drasticamente ridimensionato dal fatto che lei non solo non avesse occhi grandi, ma nemmeno i capelli rosa, viola o verde acqua.
Insomma, parliamone, Shizuka-<i>chan</i>.

La piccola Shizuka mi ha regalato un brivido lungo la schiena.
La sua crudeltà infantile è resa con precisione e nitidezza, tanto che sembra, il loro, un dialogo che si possa essere svolto in un cortile scolastico, durante la ricreazione di metà mattinata. 
La verità fa male; fa male quando te la sbattono in faccia, come fosse uno schiaffo a mano aperta. Ché certe cose si notano.
Perché mamma è più scura di me?
Perché lei ha i capelli biondi e io no?
Perché ha gli occhi scuri e i miei sono verdi?
Perché?
E così via, all'infinito, ché prima che un bambino capisca la questione dell'eredità genetica, ce ne vuole. Figuriamoci, quindi, quando le differenze sono così lampanti che le vedrebbe anche un cieco.
Ci credo che Saori ci sia rimasta male; ma se avesse avuto un briciolo di esperienza, avrebbe colto, nelle parole di Shizuka, qualcos'altro. Una sorta di razzismo blando, certo; ma i bambini sanno cosa fa male al prossimo. Magari Shizuka può aver sentito quei discorsi in casa, origliando le conversazioni tra mamma e papà; ma se ha deciso di scodellare ciò che pensa - pur se per interposta persona - a Saori, è perché voleva farle male. Per invidia, certo. Magari perché Saori è più ricca di lei, ché anche il razzismo economico ha la sua portata. O magari perché Saori è più brava di lei nel montare a cavallo, vall'a sapere. 

Mi è piaciuto assistere a questo scambio, per due motivi.
Il primo, perché Saori non vive dentro una bolla. Kurumada ce la mostra ricchissima, tanto da suggerirci l'idea che lei possa aver avuto degli istitutori privati, un maestro di equitazione personale, uno di tennis, uno di nuoto e uno di danza, ma che non abbia mai lasciato Kido Manor. Francamente, mi pare impossibile, ché le persone devono vivere in mezzo ai loro simili, non dentro una gabbia dorata. Altrimenti impazziscono.
Il secondo, perché ce la mostri fragile. Mentre torna a casa, il cuore di Saori è una barchetta che beccheggia in mezzo alla tempesta. E colerà a picco, se le onde continueranno a sballottarla senza pietà alcuna, se lei continuerà a detestare il suo riflesso sul finestrino della vettura. E quindi, in un certo senso, giustifichi, anzi, no! Inserisci in un contesto sensato una scena che ho sempre liquidato come un episodio di pathos smerciato ad un tanto al chilo.
Ce la rendi rotonda, plausibile, possibile.
E le parole di Mitsumasa - simili a quelle che ha pronunciato nell'anime, almeno a memoria - acquistano un altro sapore. E ci mostri qualcosa che l'anime non mostra. Quell'indurirsi dei suoi lineamenti, alla vista delle ginocchia sbucciate di Jabu. Suo figlio. Quel ragazzino dai capelli color sabbia e gli occhi azzurri, quello che lei sceglie di punire, perché non ha il coraggio di punire se stessa.

Recensore Master
04/07/16, ore 23:04

Sto rivalutando il personaggio di Saori per colpa (più o meno) delle fan-fictions, e direi che questa tua raccolta ci ha messo un pezzo anche lei.
L'idea di descrivere la lady Isabel che un po' invidiavamo, un po' odiavamo, un po' ammiravamo - perchè farsi rapire ogni tre per due e restare impassibili non è cosa da tutte, ammettiamolo -
beh, l'idea di descrivere questa ragazza attraverso ciò che è e ciò che rappresenta, la trovo davvero una bella idea. Saori è sia se stessa che Atena, ed entrambi i ruoli hanno più sfaccettature.
Se nel primo capitolo avevamo la Isabel umana e indecisa, ma che in seguito trova la realizzazione del suo vero compito, in questo abbiamo invece la realizzazione dei suoi limiti: il confino in un corpo mortale e quindi soggetto ancora ai pericoli umani, più che divini, e i sensi di colpa come di responsabilità verso tutti i suoi Cavalieri, estranei e non.
Perdonami l'uso della terminologia del doppiaggio italiano, ma ci sono abbastanza affezionata e mi risulta difficile scollarmene! XD
Detto ciò, la raccolta va tra le seguite, aspettando un altro bel capitolo come questo :)
Alla prossima!
Stellaskia (e le altre due me stesse, Gabri e Iella, che si dondolano sopra un ramo di ulivo...molto pericolante)

Recensore Master
27/06/16, ore 11:43

Molto bella questa incursione, onirica e febbricitante, nei pensieri di Saori. L'abbiamo sempre vista svenuta e incosciente ai piedi delle dodici case, ma durante la battaglia è stata spesso al fianco dei suoi guerrieri. Li ha guidati e consolati, ha dato loro la forza di superare i loro limiti fino a quando Seiya ha alzato lo scudo di Atena su di lei per salvarla. C'è molta umanità in questo brano. Forse è il momento in cui Saori diventa davvero consapevole del suo ruolo. Com'è diversa da Sasha! Eppure, nel dolore della carne, anche Milady scende dal piedistallo e diventa più umana.

Recensore Master
21/06/16, ore 19:35

Chi può ferire un dio?
Saori non ha fatto i compiti a casa, ché la mitologia è piena di eccezioni, un po' come la lingua greca, dove le regole sembrano essere messe sulla grammatica per far impazzire i liceali.
Ci sono molti modi per ferire un dio; che lo faccia un suo collega, ad esempio. Oppure, che un mortale utilizzi un'arma concepita a questo specifico scopo (chiedi ai norreni, ché loro ne hanno a carrettate di queste cose).
Ora, io capisco perfettamente SaoriAtena, ché quando ti scodellano che tu sei, in realtà, una dea, ti senti invincibile. Roba che non ti stupiresti poi molto se, un bel giorno, dovessi compiere un miracolo o due, così per noia; anzi, ti stupiresti del contrario. Ma SaoriAtena non è esattamente una dea, ché il suo involucro è fatto di carne e sangue. Ed è quindi più che fallace, qualora una freccia ti si dovesse accidentalmente piantare in mezzo alle costole. Dolore semprevivo, insomma. Dolore semprevivo che un tuo Santo è ben lieto di scodellarti. Magari pensa pure che ti possa servire a dimostrare di essere Athena. Ci vedo tanto della passione, in quello stillicidio di ore che si assottigliano, in una corsa per estrarre la freccia dal petto di SaoriAtena. E chi, meglio di chi ti è accanto - ad un passo di distanza - è più tagliato per tradirti?
Chiedilo a Giuda. Poi ne riparliamo.

Mi è piaciuto lo straniamento di SaoriAtena, così simile ai postumi dell'anestesia, quando ti risvegliano per vedere se tutto è andato bene, e tu vorresti solo essere lasciata in pace, in quel mondo galleggiante fatto di Valium e bei sogni, dove il dolore della ferita e dei punti che tirano non arriva a sfiorarti.
Invece uno sconosciuto - l'Ariete, riconosciuto tramite quelle corna improbabili che Mu sfoggia ai lati del collo - la costringe a resistere, e a me è sembrato di leggere più fastidio, nelle parole di SaoriAtena, che altro. E sì alla tristezza - al dolore - che ha colto SaoriAtena alla perdita del Cancro. Sì, sì, sì. E, davvero, altri sono morti prima di lui - e Aiolos e tutta la casta d'argento, e... - ma nessuno era come lui.

[Precedente] 1 2 [Prossimo]