Recensioni per
Ramo spezzato
di Kanako91

Questa storia ha ottenuto 3 recensioni.
Positive : 3
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
05/02/17, ore 21:54

Kaaaaaaaaaaan!
Oddio! Oddio che bello, quanto sono felice di rileggerti, di avere una tua nuova storia da recensire!

e… oddio Kan, è una storia meravigliosa, davvero.
È stupenda!
Il ritmo che ha, quasi come se fosse una leggenda fatta per essere narrata ad alta voce,oppure cantata, e le atmosfere che hai usato per raccontarla: mi ha commossa!

Hai raccontato qualcosa di unico, per Radagast. È come se allo stesso tempo morisse in terra di Mezzo come mortale e decidesse volontariamente, con il dominio dello spirito sul corpo che aveva da Maia, di andarsene, di tornare indietro ad Aman.
È una specie di percorso tutto suo, che mi ha colpita tantissimo!

All’inizio è come se Radagast subisse il tipico invecchiamento mortale: le forze e la memoria che se ne vanno, la stanchezza che lo fa disinteressare a tutto e gli fa percepire che è il momento che lui lasci il mondo.
Sente che gli animali non hanno più bisogno di lui, che gli elfi che avevano sempre vissuto nella foresta con lui se ne stanno andando e stanno arrivando invece gli uomini.
Lui a tutto questo non riesce più a partecipare, sente di non poter fare nulla per dare un contributo, e se ne disinteressa.

Finisce anche per dimenticare il suo ruolo, e ciò che ha fatto in passato.
Compreso il segreto del portale di Thranduil… perché immagino fosse quello, il segreto a cui si riferisce XD.

E mi ha intenerita Thranduil che all’inizio non ncapisce questo silenzio di Radagast, e finisce per tornare ancora una volta per cercare di capire, anche se temo che nemmeno questa volta ci riuscirà….
Intanto, comunque, continua a occuparsi del suo regno e dei suoi boschi, che stanno guarendo.
E questo ancora Radagast lo sente: in modo sempre meno umano, ma lo sente.
La sua percezione del bosco che non si nasconde più per proteggersi, che rifiorisce, torna vivo fino all’ultima foglia, si ripopola di animali, si libera dalla paura dei ragni che soffocavano tutto e tutti è davvero stupenda, rende perfettamente l’idea di questa foresta che si risveglia, che ricomincia a pulsare di vita.
Ma soprattutto rende l’idea del modo particolarmente intenso in cui Radagast è legato a quegli alberi e agli animali: è il bosco di cui si occupa da sempre, a cui ha dato tutto sé stesso, dimenticando qualsiasi altra cosa, qualsiasi altro obbligo.

Mi piace anche come Radagast sente allo stesso tempo sia la forza degli alberi che compone e riempie tutta la foresta, sia quella minuscola delle formiche o dei lombrichi: da buon maia di Yavanna qual è, sente ogni cosa che riguarda la natura con la stessa intensità, e ognuno di quei dettagli, di quelle vite è importante per lui, è importante che ognuna di quelle creature possa continuare a nutrirsi, a crescere e a vivere come ha sempre fatto.

Eppure anche questo finisce per sfumare, Radagast ne gioisce, sente quanto è importante il cambiamento portato dal terremoto e ogni passo che sta compiendo il bosco verso la guarigione completa, ma non se ne occupa più. Ed è a questo punto che si aggrappa a ciò che gli portano i sogni che fa sempre più spesso, e che desidera fare ancora più spesso.

Più dimentica da sveglio e più quei sogni diventano indispensabili, perché sono per lui l’unico modo che ha per avere di nuovo una memoria, anche se ancora non capisce di che memoria si tratta.


Appena inizia a scordarsi cosa vuol dire muoversi e danzare tra gli alberi, ricorda quando si arrampicava sugli alberi con la sua signora, o danzava sotto gli alberi assieme ai suoi compagni e compagne.
Appena inizia a non curarsi più di quanto sia varia la vita in una foresta, Yavanna gli ricorda quando e quanto aveva imparato tutto di ogni albero.

Mi piace come questo arrivo di Yavanna finisca per coincidere con il bosco che si rinnova: è vero che soprattutto corrisponde con la fine del compito di Radagast, che dovrebbe partire ma non lo ricorda più, ma vedere Yavanna nei sogni di Radagast, mentre gli parla di fiori e frutti e della forza degli alberi, e vedere intanto gli alberi di Bosco Atro che ritornano rigogliosi e gli animali che si moltiplicano crea un parallelismo stupendo!

Un altro particolare stupendo è quello delle lingue: mano a mano che Radagast inizia aricordare chi è, inizia a capire solo le lingue della natura e non capisce più le lingue degli elfi.
All’inizio continua ad apprezzarne il suono, e poi anche quello perde di bellezza e di senso.

Due dettaglii veramente interessanti, che danno ancora più precisione e realismo al tutto!
Assieme a tanti altri piccoli dettagli, di quei dettagli che tu inserisci sempree che io adoro!

Mi ha colpita tantissimo poi la parte centrale: Radagast ha scordato di aver avuto un corpo mortale, non ha più un nome né uno compito da portare avanti, ma ancora non ricorda la sua vera natura, edè quasi come se in quel momento fosse… In qualche modo un albero, una parte della foresta.

E in questa forma continua a sentire la foresta che si espande, che richiede spazio, sente arrivare sempre più uomini a occupare i luoghi che conosceva, sente tornare sempre più animali… Ma decide che vuole solo continuare a dormire e a sognare, perché è l’unica cosa che lo attira, e che gli permette di occupare solo lo spazio che sente di poter e voler occupare, ovvero la sua casa. Proprio come farebbe un albero, che pianta le radici e rimane solo nel punto in cui sta crescendo, mentre gli altri alberi gli crescono attorno e a volte attaccati al suo stesso tronco.


È come se gli alberi che premono contro Rhosgobel , contro il suo stesso tronco, contro la sua tana fossero la dimostrazione vivente che non è più quello il posto di Radagast, che non sono più loro gli alberi di cui si deve occupare. Quando poi ricorda il nome Aiwendil e non ricorda ancora cosa significa è un momento veramente particolare!
Ci vuole tempo perché quel nome acquisti un significato,e nel frattempo il nome Radagast, il suo nome in Terra di Mezzo, perde di significato, finisce il suo scopo e il suo corso come è finito il compito per cui è stato mandato.

E a questo punto è arrivata la prima sorpresa! La memoria di Aman e la voglia di tornarci non vengono solo dai ricordi di Yavanna, ma anche grazie ai richiami di Lindorne!
Oddio, quanto sono stata felice di rivedere Lindorne! L’ho riconosciuta subito!
Lei che già da Sulla soglia mi era sembrata una persona di cuore: non impulsiva, ma che comunque è pronta ad aiutare chi ne ha bisogno, o a fare con determinazione ciò che serve, o ciò che le viene chiesto.
Con determinazione e col cuore.
E in questo caso si vede ancora di più, dato che deve richiamare indietro un suo vecchio compagno.


L’angoscia di Lindorne mi ha colpita tantissimo!
Che sia stata lei a chiederlo o che le sia stato chiesto da Yavanna, si sente quanto Lindorne tiene ad Aiwendil e quanto desideri che ritorni, che riprenda il suo posto e non resti a consumarsi in Terra di Mezzo.

E la sorpresa finale è proprio colui che può e riesce ad aiutare Lindorne in questo utimo passo: Glorioooo!
Glorio che è stato una sorpresa inaspettatissima, e stupenda!
Ci sta, eccome se ci sta che sia lui: lui che ha vissuto tra i Vanyar dopo la sua reincarnazione, e che ancora prima era partito per Endore e lì aveva combattuto per difendere la sua gente.
Ha decisamente i requisiti per capire tutto il passato di Radagast e anche il suo presente, e per sapere le parole giuste per fargli compiere il passo finale.

Il finale mi ha commossa, sul serio!
Radagast, Aiwendil, finisce di rimettere insieme i pezzi, con l’aiuto di Lindorne e di Glorfindel, e finalmente è pronto per lasciare i suoi boschi, per lasciare tutti gli animali della Terra di Mezzo, e tornare ai boschi di Aman.

Complimenti, Kan, complimenti complimenti all’infinito!
Una storia stupenda, intensissima, con delle atmosfere incredibili, irripetibili.
È una storia delicata e vivida, davvero: uno dei tuoi migliori lavori, secondo me!

Spero davvero di poterti rileggere presto, prestissimo!

Un abbraccione!
Tyel

Recensore Junior
28/01/17, ore 11:11

Kan, che bella sorpresa (e tu sai quanto adoro le sorprese)!

Prima di cominciare la recensione, devo però fare una premessa.
Sono troppo indietro con la lettura di CG e non ho ancora avuto l'occasione di leggere Il Portale… quindi mi trovo un po' spaesata e temo di non aver colto proprio tutto quello che dovevo.

Detto questo, il non cogliere tutti i riferimenti non mi ha impedito di apprezzare una storia davvero speciale e carica di emozioni.

Il declino di Radagast (ma forse declino non è la parola corretta), il lento involversi di Ragast che comincia quando termina di assolvere il suo compito, tu l'hai reso in modo struggente, malinconico e insieme delicatissimo.

Ciò che per il bosco è la salvezza (la Caduta di Sauron, immagino), per lui è l'inizio del suo lungo addio alla Terra di Mezzo. Ha assolto il suo compito.
Sembra perduto Radagast, senza scopo, sembra trovare sollievo solo nei sogni e nelle visioni. Come avesse già abbandonato il suo corpo, ma avesse dimenticato la strada per tornare a casa. Il luogo a cui appartiene.
A poco a poco, il sogno diventa più reale della realtà stessa, che nel frattempo muta, e dalla quale lui inesorabilmente si distacca. Al punto da dimenticare il suo nome.

(Mi ha ricordato Gandalf che, quando viene "rimandato indietro" dopo aver affrontato il Balrog, fatica ad associare il suo vecchio nome alla sua nuova persona, come se il passaggio tra lo stato corporeo e quello incorporeo rendesse al maia difficile il ricordo)

Anche mettendo da parte la mia predilezione personale per il tuo stile, è stupefacente come tu abbia descritto tutto questo in un modo, come dire, molto tangibile, con un linguaggio concreto, senza ricorrere a ricami elaborati, riuscendo tuttavia a veicolare emozioni profonde e immagini poetiche.
Questo, secondo me, accade quando uno è arrivato ad avere la completa padronanza sul proprio stile, quando è un tutt'uno con le parole che usa. Ecco, questa storia, tra le tante altre cose, è un'ulteriore riprova che tu hai raggiunto questo obiettivo.

Ma torniamo, un attimo, al veicolare immagini. Per essere più chiara, ecco ciò che intendo:
"L’odore della terra gli penetra il naso, umido e fresco. Tra le dita dei piedi i lombrichi smuovono il terriccio, mentre le formiche trascinano con sé prede troppo grosse, tutte insieme, piccole e laboriose, libere di andare dove vogliono, senza che le ragnatele soffochino i loro formicai."
In questo e in molti altri passaggi successivi, ho talmente sentito il divenire di Radagast in Alwendil, che mi sono domandata se non fosse una vera e propria metamorfosi – fisica – quella che sta subendo.
Complice forse anche la similitudine che usa Yavanna per descriverlo (sembrerebbe un olivo?) e per infondergli la consapevolezza di ciò che è stato, di ciò che può tornare ad essere.

Concludo, in breve.

Incantevole e struggente interpretazione di un personaggio che merita tutta la dignità che gli conferisci.

Inarrivabile, come sempre, la resa che fai di Maiar e Valar, che ha completamente messo in crisi il modo che avevo io di vederli (altra cosa che adoro, essere messa in crisi).

Ennesima riconferma delle tue capacità di scrittrice.

Tornerò a rileggerla e a cercare di risolvere i rompicapi.
Nel frattempo, grazie di cuore, per questa storia bellissima, e speciale sotto molti punti di vista.

Los

Recensore Master
27/01/17, ore 15:07

Kaaaaaaan!
Finalmente riesco a ritagliarmi il tempo che mi occorre per recensire questo racconto meraviglioso.
Prima di cominciare ti tiro le orecchie (con tanto, tanto affetto, ovviamente XD) perché questo Radagast è quanto di più lontano dal macchiettistico possa esistere! Gli hai dato una dignità incredibile, hai dato dignità al suo consumarsi, al suo progressivo appassire in una maniera che non riesco a esprimere senza che mi venga una voglia irrefrenabile di piangere. Questo, questo è Radagast: un vero spirito della foresta, della natura. Ma ci tornerò dopo, molto diffusamente. Ora, prima di partire con la storia e quindi con Radagast e di perdermi totalmente, apro una parentesi sullo stile: tu lo sai, Kan, io sono una fan del tempo presente. E non mi aspettavo proprio una tua storia scritta in questa forma. Ma quale modo migliore per rendere il progressivo scorrere del tempo, il lento inesorabile consumarsi di Radagast mentre Lasgalen risorge a nuova vita e il ricordo ritorna?
È bellissimo, davvero, ed è perfetto. Questa storia, te l'ho già detto ma lo ripeto perché è la prima, netta impressione che mi ha lasciato, ha il ritmo di una canzone; uno di quei canti nostalgici degli Eldar che parlano di ciò che non è più, una canzone che si potrebbe cantare in partenza dai Mithlond e che per questo mette ancora più tristezza, almeno a me.
Ma sto delirando, scusami. Davvero, non hai idea dell'effetto che mi ha fatto questa storia, e che non mi aspettavo che potesse farmi.
E adesso, sì, veniamo allla storia vera e propria. Per tutto il tempo, e per tutte le riletture (ne ho fatte tante, sì, compresa una stamattina in bagno, cosa che non interessa a nessuno ma tant'è XD) mi sono sentita Radagast. Ho sentito in me tutta la stanchezza, il vuoto, la fine di tutto mentre attorno il mondo risorge e si rigenera. E ho sentito il tocco confortante delle mani di Yavanna, la sua voce evocatrice di ricordi, ho visto i Maiar come in un sogno. Ecco, questo racconto ha una dimensione onirica, Radagast che si riappropria della memoria attraverso a dimensione confusa del sogno è meraviglioso, e riporta ad Alatar e Pallando in CG, anche se nel loro caso ho immaginato la cosa in maniera più prosaica (vuoi perché si ostinano a portare avanti un compito, vuoi perché sono cacciatori di Orome e forse per questo li vedo più con i piedi per terra, non so).
Comunque, ho adorato Yavanna, il rapporto quasi materno che ha con Radagast, la dolcezza con cui lo richiama a sé attraverso memorie cariche di beatitudine e di pace, fino a far sì che si riappropri del suo nome, della sua intera identità di Maia.
Mi rendo conto di stare, in parte, rivalutando le figure dei Valar e dei Maiar grazie a te (resto sempre insofferente verso di loro, il mio sentire nei confronti della religione e di imposizioni dall'alto credo non potrà che farmi approcciare a loro sempre in questo modo, ma ora tendo a capirli di più, e il rapporto tra Valar e Maiar riesce a intenerirmi ogni volta senza lasciarmi quel senso di: uh che paternalisti sono!).
E poi... Beh, Thranduil. Mi sarebbe bastato l'accenno al Portale per sciogliermi, senza che Radagast lo chiamasse il "redegli Elfi"... Non so perché, ma Thranduil spogliato del suo nome, che me lo riporta un po' con i piedi per terra, mi fa pensare alle fate, a qualcosa di misterioso e magico e mi viene in mente il tuo bellissimo racconto su Bain, che quasi quasi stasera mi rileggo, giusto per non farmi mancare motivi per commuovermi un po'.
Poi vabbè, hai già smentito i miei viagi sull'uomo che "ha in sé la lontra e la volpe"... Peccato. In ogni caso ora voglio conoscerlo, che mi piace.
Credo che potrei parlare all'infinito della vividezza di questa storia, di quanto l'odore di pioggia, i lombrichi e le formiche che trascinano prede troppo grosse e tutto il brulicare della foresta risanata sembri di averli attorno leggendo, così come i canti del raccolto, i Maiar di Yavanna e di Orome e le loro danze o i cerbiatti curiosi a cui offrire gemme. E allo stesso tempo si avverte tutta l'assoluta impotenza del corpo di Radagast e il desiderio di Aiwendil di tornare dalla sua signora, oltre il mare. Davvero, è tutto così potente, malinconico e palpabile, e a me si stringe il cuore e mi sto ripetendo in maniera patetica.
Intanto allora ti dico due cose, prima che mi sfuggano: Radagast che si rifugia a Rhosgobel come un animale in una tana, e ci resta. Ora sì, capisco ancora meglio i tuoi riferimenti alla tana come luogo sicuro per gli animali selvatici, e per chi dagli animali ha appreso la selvaticità XD. E a proposito di Rhosgobel, quanto è evocativa l'immagine degli alberi che sembrano ignorare la sua presenza e con i rami la invadono... Rhosgobel ormai è solo una presenza invadente, così come chi vi abita. Non servono più.
Ah, e tornando a Thranduil... Chissà come mai ha tanta premura di sapere se Radagast conserverà per sé il suo segreto? Io ho una teoria, che probabilmente è idiota, ma tant'è XD.
Avevo un'altra cosa da dire, era importante, ma si è persa qua e là nei miei voli pindarici... Quindi provo a passare al finale.
Radagast che sembra essersi a tal punto consumato e confuso con la foresta da sentirsi egli stesso albero (il ramo spezzato, l'albero che si rigenera mostrato da Yavanna che sembra una metafora di Radagast stesso, almeno così l'ho interpretata) è forse la cosa più toccante dell'intero racconto. E Lindorne, Lindorne che chiama... Perché quella è Lindorne, vero? XD Poi vabbè, sono così stordita (facciamo conto che sia stato Radagast e l'immedesimarmi in lui a stordirmi tanto) che ho avuto bisogno dell'imbeccata per cogliere la comparsa sbrillucc... E dire che ne avevamo anche parlato, nel tempo che fu. Ed è così evidente... Sono pessima. In ogni caso, chi altri se non lui poteva intervenire in una faccenda simile?
E alla fine "Aiwendil va"... Due parole che trasmenttono un senso di completezza di malinconia indicibili. Davvero, questa storia è insopportabilmente bella, e carica di tutta quella malinconia che ha a che fare con la partenza degli Elfi e la fine di LotR... Lo so, lo so, qui siamo già ben più avanti, ma lo stesso, il sentore che trasmentte è quello, e io non riesco a scriverne senza il magone.
Provo a chiudere qui, sapendo che in realtà ci sarebbe molto, molto altro da dire... Ma nel caso ti ammorberò altrove XD.
Tu intanto vedi di non barricarti nella tua tana, che qui si aspetta Caccia Grossa, dopo questo racconto mi sono accorta più che mai di quanto sia in astinenza!
Ti voglio bene
Mel
P.S.: l'idea che gli alberi tagliati trovino nuova vita in opere mortali è qualcosa di meraviglioso. Potrei scrivere un rant chilometrico solo su questo, ma credo tu sappia già dove voglio andare a parare, finirei pesantemente fuori tema e comunque la pensiamo allo stesso modo. Sta di fatto che è un'immagine stupenda.