In questo capitolo la prima cosa che mi ha fatto morire è stata Clint che si indigna per l'assenza dell'americanissimo burro d'arachidi nel frigo:
"Chi è il mostro che non ha in casa almeno un barattolo di burro d'arachidi e gelatina? Voglio dire, è quasi antiamericano, non posso credere che Capitan America abbia fatto qualcosa del genere. Non è che sotto sotto Steve è comunista?"
Oddio, in effetti, per essere "Captain America", il nostro Steve è piuttosto lontano dagli ideali del tipico yankee capitalista dedito al successo, poco interessato alle sofferenze dei deboli e degli oppressi, prodotto perfetto della morale calvinista... ma lasciamo stare! Meno male che c'è Bruce a dispensare consigli concreti, perché se no il nostro povero Bucky sarebbe stato perso.
Steve non gli tiene davvero la mano, più che altro si aggrappa all'orlo della sua giacca e procede a passi piccoli e veloci inciampando ogni tanto sui propri piedi. Ogni volta James lo afferra per la maglietta prima che possa cadere, anche se lo lascia camminare da solo per gran parte del tragitto. Steve ha sempre avuto bisogno di dimostrare di essere capace di farcela senza alcun aiuto.
AWWWWW. E fantastica la collaborazione tra i due al supermercato:
"Ok, campione, sempre le stesse regole. Sei pronto?" Steve annuisce. "Carote?" Sì. "Sedano?" No. "Broccoli?" No. "Uva?" Sì. "Arance?" Sì.
Devo dire che Bucky, per essere un arzillo vecchietto di 90 anni e passa, non se la cava molto bene con le signore di una certa età! Difatti si lascia completamente distrarre dalle avances (?) della simpatica (sebbene un po' invadente) anziana e perde di vista Steve, che ovviamente si eclissa. Un classico, al supermercato o in qualunque posto affollato... e posso confermare che no, non serve essere un papà o una mamma per andare completamente nel panico. In fondo, non soltanto baby Steve era affidato a lui (fatto che, di per sé, rappresenta una dimostrazione di fiducia da parte dei suoi superiori, nonché una sorta di test della normalità che Bucky giustamente non vuole fallire)... ma è anche il suo migliore amico, e adesso è completamente indifeso. (Poverino, il ragazzo della frutta che si trova malauguratamente di fronte un isterico Bucky Barnes!)
"Bucky!" squittisce in quel momento una vocina dietro di loro e James si volta di scatto, in tempo per vedere Steve spuntare da sotto un bancone della frutta. Tiene una mela in una mano e una busta di plastica nell'altra, agitandola come fosse un trofeo. "Ho trovato una busta!"
Mai lasciarsi andare a commenti incauti di fronte a un bambino, perché ti prende in parola, pensando di fare bene. In fondo lui voleva solo aiutare, no?
Il flashback di prima della guerra arriva inaspettato, ma è un bel momento di introspezione, in cui Bucky finalmente capisce come le sue avventatezze abbiano fatto sentire Steve tanti anni prima, quando ancora non c'erano cellulari per avvisare che si faceva un po' tardi. Non è la stessa cosa, eppure lo è.
"Mi spiace per quello che è successo, non avrei dovuto alzare la voce." Passa le dita tra i soffici capelli di Steve. "Mi hai fatto morire di paura, pulce," sussurra, come nell'eco del proprio ricordo.
"Scusa," dice Steve in tono sincero intanto che tormenta la maglietta nei pugni.
James sorride e posa il mento sulla testa di Steve in un gesto identico a quello di tanti anni prima. "E' tutto a posto, adesso," risponde a fior di labbra dopo alcuni istanti. "Solo... non farlo mai più, ok? Non so cosa farei se dovessi perderti."
Steve annuisce e si stringe a lui. "Promesso."
Nient'altro da aggiungere: un finale di capitolo perfetto, e, direi quasi, uno dei momenti più esplicitamente alla padre/figlio finora offerti dalla storia. |