Ciao, caro!
Passo al volo da questa tua bellissima poesia, sulla quale non potrò - e mi spiace tantissimo - soffermarmi più di tanto, causa tempi ristretti e impegni che mi stanno soffocando.
Dunque, dunque... come iniziare?
Innanzitutto mi sei apparso molto coraggioso: si vede che in questo componimento risalta una nota che fino ad ora non avevamo mai visto prima. C'è dolore, c'è rammarico, c'è un grigio tepore che aleggia su tutte le parole e che me la fa piacere molto. Ma c'è molto altro dietro questi versi: ho letto di un magone, di un nodo scorsoio alla gola pronto a soffocare il protagonista. Ho letto di un dolce attaccamento al passato, di un tenero brulichio di memorie che non vogliono essere cancellate. Una nostalgia, ecco cosa, viva e scottante.
Ci sono tantissimi significati nascosti tra le parole di questo componimento: dalla bicicletta - simbolo per antonomasia di un mezzo che scorre a prescindere da ogni cambiamento meteorologico, e in questo caso incarnazione della viva memoria, saetta di un passato - la poltrona - probabilmente il simbolo del tempo, dell'ostilità degli anni, della vecchiaia - l'aquilone - il frammento di ricordo legato all'infanzia, infilzato tra i rami del tempo.
In modo molto intimistico, ci mostri l'immagine di un passato che in verità non passa mai, perché ha continue ripercussioni su quello che è il presente. Non solo, il passato è lo strascico dei giorni nostri, quel lungo velo che non può essere tagliato e che, in senso lato, ci portiamo dietro per tutta la vita. Non si può far finta di dimenticare qualcosa che ci batte dentro come un temporale, e non si può fuggire il dolore, anche il più forte, il più asfissiante.
Il lessico che utilizzi è senza dubbio rappresentativo di tutto il senso di nostalgia e di dolore che permea all'interno delle strofe: inalberati, corroborante, irremovibile, dolore, infiammato, sputi, violente, bastarda, vendetta, fatica e spasmi.
E spasmi, che appositamente voglio mettere in risalto, gli stessi che spesso ci causa il cavalcare una bicicletta, la forza impiegata nello spingere i suoi pedali e correre verso il mondo dei sogni. Quella bicicletta che altro non è che la nostra esistenza, e che richiede molta fatica, molto dolore, per farci procedere avanti, voltando sì le spalle alla strada che ci lasciamo dietro, ma senza mai costringerci a cambiare veramente percorso. Perché la vita è sacrificio, è dolore, è violenza, è fatica... ma è anche una bella pedalata, tutta in salita, verso le nostre passioni, verso i nostri amori, verso la felicità di memorie più liete.
Questo componimento mi ha quasi commosso: devo ammettere che ci ho trovato una bellezza veramente eccezionale. Scrivendo questo, adesso, mi viene da ridere: dico un po' le stesse cose, sempre, per tutte le tue poesie. Sappi che odio essere ripetitivo... ma di fronte a una bellezza simile non posso che contraddirmi. Complimenti, caro fervens... quanto prima lascerò un commento a tutto ciò che ho accumulato di tuo in questi giorni. Arrivo in ritardo, ma arrivo ;)
Makil_ (Recensione modificata il 31/10/2017 - 12:27 pm) (Recensione modificata il 31/10/2017 - 12:29 pm) |