A leggere Big Bad Wolf non si può non pensare a quanto sia magnifico il business delle what if -incredibilmente ispirato e inspirante, quali maggiori causa e conseguenza. Il fatto è che una what if permette di spaziare, di fare, brigare, raccontare virtualmente qualsiasi cosa, limitandosi a fornire una base da cui plasmare tutta un’altra storia -ciò che è stato fatto per Big Bad Wolf, precisamente. Avevamo Chris Redfield, il protagonista della fiaba, e Albert Wesker, l’antagonista per antonomasia -poi c’erano il 2009, l’Africa, un vulcano, un sentimento per cui vivere morire e quella che doveva essere (appunto) una morte definitiva (quanto discussa). Molto discussa (ma poco definitiva), fin troppo contestata, dibattuta, oltraggiata -perché insomma, a nessuno (quasi) è andata davvero giù la mano (amarissima) che nell’ora del bisogno è stata data a Wesker. In quella che doveva essere la grande ora, l’epica battaglia in cui spade si sarebbero incrociate e scudi si sarebbero spezzati, Chris ha preferito un razzo (o due) e boom!, fine della storia -tanti baci, e soprattutto tanti saluti Albert Wesker. Una conclusione… inedita, indegna forse e fin troppo sbrigativa, ma anche l’unica che ci è stata concessa -mangia la minestra o salta la finestra, dice il saggio. Se non fosse che abbiamo le what if.
Adorate what if, in cui puoi parlare di tutto o di nulla, giocare a fare il dio per distorcere gli eventi e perfino vite intere, crearne di nuove e uniche, migliorarne i dolori, ritoccarne le felicità -basta solo avere gli ingredienti giusti e la ricetta si farà da sé. Per Big Bad Wolf avevamo un Chris e un Wesker, dall’altra parte del mondo una Alex addolorata (morente), ed era proprio questo che doveva essere cambiato -se non il morente perlomeno l’addolorata, e per farlo bastava un giochino piccolissimo, un’unica, minuscola, stupidissima forzatura del passato per ribaltare totalmente il presente. Il 2009, l’Africa, il vulcano, un sentimento per cui morire vivere -tanto era necessario perché Wesker non terminasse la propria vita in un buco infuocato. Solo per rimanere imprigionato nelle profondità della terra a stretto contatto con l’aguzzino di sempre. Ah. Ma Alex, che è un personaggio difficile e grande nella sua fragilità, potente nella sua debolezza, filosofico perfino nel suo muto dolore, è anche abbastanza spesso… scontenta. Incontentabile e mai sazia, quando viene a conoscenza della sorte del fratello per lei una sola cosa acquista significato: correre a riprenderselo. Alex Wesker è fatta così, in fondo: fin troppo emozionale in certi suoi gesti e risposte, in altre rivela un gelo assoluto e totale -percorre un sentiero mortale che si snoda sui valichi delle cime e attraversa ponti sulle voragini. E questo sentiero è lo stesso che la conduce, alla costante ricerca del di più, al centro della terra, in laboratori nascosti e isolati, là dove suo fratello è tenuto prigioniero e dove viene forgiata Alexandra Turner. Alexandra Turner, fantasma di una donna che si porta dietro un’eredità di nulla, inconsistente come l’aria, caliginosa come cenere, innestata su piedi d’argilla e prossima a cadere.
E’ grazie alle what if se tutto questo è stato possibile, se Big Bad Wolf ha potuto raccontare qualcosa di davvero nuovo rispettando il canone dei personaggi coinvolti -perché ha spianato la strada a una coppia che mai, mai in condizioni canoniche ci si sarebbe sognati di vedere, una improbabile, impossibile, incredibile, ma anche impareggiabile, impertinente -perché no? Chi disprezza compra dice la storia, e si potrebbe aggiungere che gli opposti si attraggono, ma solo se un po’ già si somigliano -e Alex e Chris ricadono nei requisiti a pennello.
Alexandra e Christopher, il perno dell’intera Big Bad Wolf -la detonazione, l’acqua santa e il diavolo insieme per la prima (meravigliosa) volta, per mostrare ciò che sarebbe successo se, per scardinare le basi di quella che abbiamo imparato a conoscere come la nemesi per antonomasia, l’eterna lotta tra il buono e il cattivo, nero contro bianco senza via di mezzo alcuna. Perché Alexandra non era mai stata presa in considerazione.
Innanzitutto, è doveroso ricordare come una storia firmata Nocturnia sia sempre capace di raccontare tanto in poche righe, e Big Bad Wolf ne è l’ennesima prova lampante -una vicenda lunga, certo, ma dei cui nodi focali è stata fornita molto concisamente (e anche molto chiaramente) una perfetta chiave d’interpretazione.
È così diverso Chris - così umano.
Ha occhi sinceri, che quando ride si stringono ai lati, aprendo tutta una ragnatela di piccole rughe.
Ha un viso asimmetrico, ruvido; dita corte, dalle unghie masticate.
I capelli non gli stanno mai in ordine e ha le spalle troppo larghe - muscoli che si flettono sotto la pelle abbronzata, costruiti per resistere agli assalti delle B.O.W. come lei.
È inopportuno e spesso sguaiato - fuori posto e fuori tono.
È schietto fino a essere maleducato, un uomo di cuore e di pancia.
È tutto quello che Albert non è mai stato e questo pensiero le fa venire voglia di vomitare - di sfregarsi il punto in cui l'ha toccata, poco sopra la scapola, e continuare fino a quando non vede la pelle cadere nel lavandino e lì rimanere.
A leggere un pezzo simile viene perfino meno la necessità stessa di scrivere una recensione di questo tipo -non ce n’è semplicemente bisogno, perché tutto ciò che si potesse voler dire è già stato detto. La verità è che forse i dilemmi di Alex sono così chiari da poter essere raccontati in sette misere frasi, sviscerando a colpi secchi e precisi un argomento (sentimento) tanto evidente quanto ingombrante. In queste sette misere righe Alex sa di poter trovare celata l’amara verità -così come sa che goccia chiama pioggia, e che pioggia chiama tempesta. E l’avvicinarsi di Chris Redfield cosa chiama? Una tempesta ancora più terribile.
Innanzitutto, chiama Albert arrabbiato. Molto arrabbiato -anzi no, incazzatissimo. Big Bad Wolf in questo è l’anima dell’irriverenza, non teme di scardinare un canone sacro e sputare in volto agli antichi pilastri -perché chi l’ha detto che debba sempre essere Wesker a giocare all’infedele con Alex, la moglie tradita? Non sarebbe giusto, per una volta, far assaggiare a Wesker il suo stesso veleno? Certo che sarebbe giusto, e allora Big Bad Wolf lo fa, e anche se Albert s’incazza alla storia non frega un fico secco -per principio infatti la what if non guarda in faccia a nessuno; al massimo gli guarda i piedi per fare lo sgambetto.
La meraviglia della what if sta proprio anche in questo: insiemi di parole inizialmente discordanti sono in grado di dare vita a eventi indipendenti, dissociati dalla volontà di chi li deve vivere e qualche volta perfino da chi li deve descrivere -perché loro semplicemente fluiscono, andando dove devono andare. In questo caso gli eventi dovevano andare da Alex per trascinarla a Chris, per far assaggiare ad Albert il pane del tradimento e ad Alex il sapore della libertà -non che potesse trattarsi di un tradimento realmente consumato in realtà, perché per quanto Alex possa essere spietata o crudele, infedele non lo è mai. Alex è diversa da Albert quanto Albert lo è da Chris, e in questa diversità lei e Chris si somigliano -si avvicinano, perché per quanto Chris sia indesiderabile (e indesiderato) la verità è che può insegnarle tutto ciò che Wesker le ha sempre negato (se non altro perché non l’ha mai conosciuto nemmeno lui). In poche parole la si potrebbe mettere così: Big Bad Wolf propone l’esatta nemesi della coppia Wesker/Excella, una nemesi non solo nei fatti ma anche nelle parole e da cui traggono origine un paio di assunti importanti -dal fatto che Wesker cada vittima di uno dei sentimenti più umani (gelosia), ad Alexandra che scopre quella sconosciuta chiamata amicizia. Da questo punto di vista Big Bad Wolf è una storia così semplice da sembrare quasi disarmante: Alex deve salvare suo fratello e per farlo si infiltra nella base del nemico; impara quindi a conoscerlo per distruggerlo e nel frattempo perché no, ci litiga -perché conoscerlo va bene, ma andarci d’accordo? Mai. Così passa il tempo, giorni, mesi, anni -ed è vero: Alex ha imparato molto del nemico, forse perfino troppo, finché l’ultimo passo non è diventato uno scherzo (la gamba ormai troppo lunga). E’ così che Alex attraversa il confine senza nemmeno accorgersene, per ritrovarsi a godere delle serate in compagnia di Chris -fuori posto, senza dubbio, in un mondo fatto di gente semplice e (forse) per bene, che la mattina si precipita fuori casa con una scarpa blu e una rossa e a pranzo mastica un boccone sui lavori del giorno prima. Eppure anche un’altra cosa è vera: che Alex non imparerà mai cosa sia la felicità (ciò che più cerca in fondo, vestigia di un’umanità che nemmeno il Progenitore può cancellare) guardando solo dagli occhi del disprezzo e della solitudine. E’ proprio a questo che le è indispensabile Chris, qualcuno che le sia amico e forse perfino silenzioso confidente -qualcuno che si contrapponga ad Albert quale amante (Tutto) e le regali quel semplice, tanto agognato, di più.
E’ così che Alex, fredda nella lontananza da Albert, nel momento più inaspettato trova Chris e gli diventa amica così come quest’ultimo, pur ignorandolo, cede infine all’infido magnetismo weskeriano: vedendo in Alex una donna così sola e triste non può fare a meno di esserne attratto -attratto come può esserlo un eroe che nella propria indole racchiude l’istinto di aiutare gli altri. Chris finisce allora per legarsi ad Alex, e Alex si lega a lui -un vincolo di umanità, quanto umano può essere Albert che muore d’invidia nel vederli così uniti. Dire che sia Wesker a morire d’invidia credo sia piuttosto letterale a questo punto, perché c’è davvero un momento in cui lui muore -quando comincia a odiare sua sorella e si lascia avvelenare da una voce che non gli appartiene (non al vecchio Albert e nemmeno a quello nuovo -forse all’uomo intrappolato in un limbo in cui sta lentamente impazzendo). Wesker è sempre stato lungi dalla perfezione, un uomo pieno di difetti a dirla tutta, ma nella follia di un’idea malsana (Alex, piegata a un uomo diverso. Alex, che geme il suo nome - che schiude le cosce a un profilo ruvido e umano, un accenno di barba sulle guance e occhi caldi, non suoi) diventa completamente cieco, sordo a qualsiasi punto di vista che non sia il suo -e non lo si può realmente biasimare per questo, pur rimanendo lontani da qualsiasi giustificazione. In fondo, Wesker si limita solo a fare ciò che ha sempre fatto: l’umano ad ogni costo, lo sbaglio ad ogni costo, e una goccia velenosa dopo l’altra si allontana sempre più da Alex -prima psicologicamente poi fisicamente, giunge infine alla colossale stronzata di abbandonarla, salvo poi recuperare all’ultimo un barlume di senno. Ma se l’amore è cieco figuriamoci la gelosia -figuriamoci l’infinito ego di Albert, presunto ferito da un tradimento che sa non essere mai esistito-, e allora lui sbaglia ancora, persevera nei propri errori e si isola di più, comportandosi in maniera talmente puerile da chiedersi se non si tratti davvero più dell’amante di Alex ma semplicemente del fratello egoista di cui occuparsi. Vomita superbia e veleno Wesker, ciò che l’hanno sempre tradito, dando per scontati gli sforzi della donna che (non) diceva di amare; non impara mai dai propri errori e ha la presunzione di poter rifiutare gli altri quando li commettono. E’ così che Albert se ne va, a un passo dal perdere ogni cosa e credendo di farla pagare ad Alex, alla ricerca di un fantasma che l’aveva già condotto una volta alla rovina. E Alex cosa fa?
Lo lascia andare.
Finalmente. Quando Big Bad Wolf dice che Chris è esattamente il contrario di Albert si riferisce anche a questo, e quando dice che Alex ha bisogno di altro oltre a ciò che lui le ha sempre riservato fa di nuovo riferimento a questo. E’ proprio per questo che la coppia Alex/Chris ha il diritto di esistere, perché Chris è diverso e Chris serviva ad Alex per aprire gli occhi -di conseguenza (e per ironia del destino) ad Albert per spalancare i suoi. Ironia del destino (e che ironia) è anche il procione, che nel momento in cui Wesker è più vicino a completare il disastro compare, dal nulla, esattamente come lo aveva fatto tredici anni prima. La cara, vecchia Raccoon non dorme mai, come mai dormono i fantasmi che nella testa di Albert e Alex non si rassegnano a tacere (finché non impareranno a vedere il mondo diversamente, almeno) -e questa volta giunge chiedendo Capitano, sicuro sia questo ciò che vuoi?
Risvegliare i morti? Addormentare i vivi?
E Albert, nel tanto sperato (atteso) barlume di senno, risponde infine di no. Lascia finalmente il testimone per tornarsene al luogo a cui appartiene, dove ha più forme e dimensioni del solo uomo sciocco e immaturo -dove Alex sta morendo. Torna da lei e lo fa in tempo per ricostruire un legame che credeva (erroneamente) irrimediabilmente sfilacciato. Risparmiando Chris e scegliendo Alex, Albert si chiude il passato alle spalle a favore di un futuro bello, generoso perfino -perché oltre il dolore e la morte sua sorella ritrova la vita (ma sempre a scapito della piccola Natalia, poiché la serpe perde la pelle solo per rinnovarla) e con lei la ritrova Wesker, che le custodisce e restituisce un anello che era valso (e vale ancora) una vita intera.
Big Bad Wolf si propone dunque come una storia a lieto fine e non si può negare che in essa Chris abbia giocato un ruolo fondamentale: se non ci fosse stato Alex non avrebbe visto, Albert non avrebbe aperto gli occhi (tradire Alex con Excella va bene, ma che lei mi tradisca con Chris? Inaccettabile) e quel fantomatico Tutto sarebbe andato perduto (come tante altre volte è successo in tanti altri universi). Chris ha fatto la differenza, salvando nella sua semplicità un rapporto tanto complesso quanto profondo -e a ben pensarci, non è vero che sua è la parte dello sconfitto perché non tutti i mali vengono per nuocere; perché Chris è stato sì ingannato, ma lo è stato a fin di bene. Così Alex, in quella semplicità che proprio da Chris ha imparato, non dimentica di ringraziarlo -lo cerca, per renderlo parte di una nuova vita che ha chiuso con il passato e aperto con il futuro.
Ormai questo commento ha parlato fin troppo e dimenticandosi troppe cose, e per una storia del calibro di Big Bad Wolf non va bene. Ciò che è assolutamente obbligatorio considerare è come questo in fondo non sia che un esordio, l’avvento di una coppia simpaticamente strampalata che pur tuttavia ha contribuito a delineare dinamiche del rapporto Weskers/Redfield che altrimenti non sarebbero mai potute emergere. Rimane allora da sperare che, presto o tardi, nuove storie si prenderanno in carico questo compito -nuove storie che concederanno ad Alex (e perché no anche ad Albert) di ampliare le proprie vedute su un mondo che non è solo ciò che sono sempre stati abituati a vedere. (Recensione modificata il 22/08/2018 - 01:05 pm) |