Recensioni per
Non perdonare i mostri
di Koa__

Questa storia ha ottenuto 16 recensioni.
Positive : 16
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
06/01/19, ore 14:44

Ed eccomi a recensire anche questa finalmente!
Qui abbiamo una situazione che anch'io sto cercando d'immaginare da tantissimo tempo e che avrei sperato con tutto il cuore di vedere nella serie; perché un evento d'impatto come il pestaggio in obitorio NON PUÒ non avere un chiarimento e delle scuse da parte di John. Soprattutto se pensiamo a quanto QUEL John sia risultato tremendamente ooc per tutto l'episodio. Di certo quel misero confronto in salotto in tld non rende minimamente giustizia ai sentimenti contrastanti che si agitano nei due personaggi. È qualcosa che spererei di vedere nella quinta stagione, anche se ne dubito (come dubito che verrà mai realizzata, ma questa è un'altra questione).
Qui tu affronti la questione di petto, con John che semplicemente decide di parlarne a Sherlock, cosa che trovo plausibile visto che l'alternativa secondo lui sarebbe solo scappare lontano da tutto...e sappiamo bene che non riuscirebbe ad allontanarsi da Sherlock senza soffrire come un cane. Quindi sceglie di affrontarlo...e qui mi ha sorpreso tantissimo la risposta del compagno, che ammette di non averlo perdonato, anzi, che non lo farà mai. E ho trovato la sua soluzione l'unica veramente valida: chiedere scusa in ogni giorno che resta della loro vita, cercando di meritarsi a vicenda, perché non credo sul serio che le cose tra loro saranno mai prive di complicazioni, ma forse è proprio questo il bello del loro rapporto. Dopo tutto sono umani e le emozioni umane sono imperfette, così com'è imperfetto il percorso che li ha fatti giungere fin qui, su questa panchina, dove adesso si amano senza perdonarsi mai fino in fondo ma dove giurano di non smettere di provarci.
La ff mi è piaciuta molto. Grazie per averla scritta.
Buona domenica ^^
MissAdler

Recensore Veterano
31/03/18, ore 20:14

Cara Koa, non sono brava a scrivere recensioni, è una dote che vorrei avere ma quelle belle analisi dettagliate del testo non sono proprio il mio forte. Non vorrei apparirti banale proprio per questo ero indecisa se scriverti oppure no. Poi ho pensato che nonostante i miei possano essere semplici complimenti avrebbero comunque potuto farti piacere quindi ho deciso di lasciarti questo piccolo commento. Volevo soltanto dirti quanto sia profondamente delicata la tua storia, quanto arrivi dritta al cuore. *Il mio John* finale è la ciliegina sulla torta. 
Bravissima. 
Ti abbraccio Chia. 

Recensore Master
09/03/18, ore 10:39

Sono arrivata a questa storia attirata dal titolo. Spesso si tende ad ascoltare la voce della coscienza - o dell'inconscio, ad essere sinceri - e si clicca su quel titolo accattivante che ti parla. Che chiama proprio te.
I mostri chi sono?
Gli altri, si tende a dire, magari puntando anche l'indice, scordandosi che i mostri si annidano anche dentro di noi. Dentro tutti noi c'è un mostro prontissimo ad uscire fuori se solo noi gliene lasciamo la possibilità. Alle volte i mostri strisciano, piano piano, e noi nemmeno ci accorgiamo di quello che sta succedendo fino a quando il mostro non si stufa e ci lascia in pace, a raccogliere i cocci; altre volte, il mostro sfonda la cella ed esce fuori, come una trottola impazzita.
Sotto sotto, lo sappiamo, ma siamo velocissimi a dimenticarcene, ché i mostri fanno paura. Sono brutti, pelosi (??), incarnano le brutture del nostro animo. La polvere sotto al tappeto, insomma, che tracima quando diventa più alta del tappeto stesso che dovrebbe nasconderla.
Quando il mostro esce, non fa prigionieri. E che sia uscito in una maniera o nell'altra, poco importa. È uscito. E ci ha lasciato con i cocci tra le mani. E se è vero che chi rompe, paga, e i cocci sono suoi, che ci facciamo, poi, con quei cocci?
Come avrai capito, questa storia mi ha toccato, e molto. Per motivi personali anch'io ho mi sono ritrovata col mostro che batteva in ritirata, fischiettando, e le macerie ai miei piedi.
E il problema, lo stesso che prova John e che tu sei riuscita a rendere alla perfezione, è che più del perdono degli altri, dobbiamo accettare di perdonare noi stessi. Non è facile. Fai dire a John

«Non è giusto» 

e sì, non lo è. Non lo è affatto, perché John si trova ad essere vittima e carnefice nello stesso tempo; vittima del suo personale mostro e carnefice in quanto mostro. Il problema è questo, una ricerca del perdono, che, come il coraggio, uno, da solo, non se lo può mica dare, perché perdonare noi stessi significa accettare che non siamo così a posto come credevamo di essere. E uno non se lo può dare, questo perdono, perché non ha avuto contezza della sua parte più istintiva che prendeva il sopravvento, così da fermarlo per tempo. Eurus o non Eurus. Quello che preoccupa John è che la cosa possa ripetersi, timore più che comprensibile. E come se ne esce?
Non col perdono.
Il perdono serve fino ad un certo punto, ché l'essere umano sbaglia e ancora sbaglierà. È un cerotto, il perdono, ma puoi mettere un solo cerotto quando davanti a te hai un vaso in cocci?
Certo che no.
La soluzione è mettere un cerotto ogni giorno. Ogni santissimo giorno, ché solo così tieni a bada i mostri. O ne hai maggiore contezza. È una cosa difficile, lunga e richiede costanza e dedizione, ma è la sola strada fattibile. È più semplice piazzare un solo, singolo cerotto e via, festa finita. Troppo semplice. Invece, il lavorare su di sé - quello che propone Sherlock - serve a correggere gli errori che continueremo a commettere perché siamo esseri umani.Siamo tutti migliori del mostro che sonnecchia dentro di noi, altrimenti sarebbe lui, la nostra faccia pubblica. La soluzione è accettare che dentro di noi sonnecchia 'sto benedetto mostro, e farci i conti, più che perdonarlo, ché solo quando accetti di avere un problema e lo affronti, poi puoi prendere la tua vita e voltare pagina per davvero (ho provato una forte vicinanza a John e ai modi in cui cercava di andare avanti, nonostante tutto, finendo per gettare la spugna quasi subito). Anche perché non è lui che vuole il perdono. Il mostro se ne frega. E non si può perdonare qualcuno per quello che è, neppure i mostri.
E siccome siamo tutti mostri, tutti noi, la soluzione è scegliere. Scegliere di essere una persona migliore ogni giorno. Non è facile, ma è una strada. Un modo per andare avanti, invece che fuggire via. La fuga è una reazione umanissima. Combatti o scappa, questo dice l'istinto. Ma la fuga logora, quando non sei una preda. La fuga ti impedisce di vivere e fa diventare le tue paure - i tuoi mostri - più grandi di quelli che sono e, paradossalmente, non li semini scappando, mollando baracca e burattini e cercando una sorta di "verginità", una pagina bianca su cui scrivere la propria, nuova, esistenza. Ma la pagina bianca deve apparire solo quando abbiamo affrontato e sconfitto (o almeno ci abbiamo provato) i problemi che vogliamo cancellare. Ripeto: è una reazione umana, è lo stress che ti fa allontanare da ciò che ti crea un problema.
Ma il paradosso è che il problema te lo porti dentro, con te, fino a quando non decidi di affrontarlo.
E allora siano benedetti, i mostri, se ci costringono a fare i conti con noi stessi e ci permettono di diventare una persona migliore.
Sherlock Holmes è un personaggio fortemente razionale e mi piace come questa sua razionalità sia ben sfruttata. In questa storia Sherlock aspetta, paziente e forse un po' spaesato, che John parli, si sfoghi, lasci uscire fuori quella cosa che lo sta tormentando e che sta tormentando entrambi. Che capisca di essere arrivato ad un approdo da cui salpare di nuovo. Con lui e Rosie.
Se non si fosse capito, questa storia mi è piaciuta. Tantissimo. Mi è piaciuta non solo perché ci ho rivisto dentro qualcosa della mia vita, ma anche per come hai mosso i personaggi in scena, per la delicatezza con cui hai descritto i loro gesti, i loro pensieri, le loro paure. Per come mi hai fatto percepire John e il modo in cui lui filtra l'esistenza attorno a sé.
Sono stata nella testa di John, insomma, ed ho sentito la sua tristezza, il suo disagio, la sua inadeguatezza, ma anche come John vede Sherlock.
Frasi come

da quando Sherlock Holmes concepiva l’esistenza della parola “normale?”

e

Sherlock non aveva bisogno di contare le lacrime, lui doveva aver già afferrato ogni piega malmessa che notava tra parole e silenzi.

non sono solo frasi belle ed eleganti, piacevoli da leggere e che accompagnano il lettore all'interno della tua storia, ma sono concreti come mattoni e pilastri, risultano incisive e coerenti e fondanti senza che io veda la consistenza del mattone. Per non parlare del ritmo.
Il ritmo è la vera forza di questa storia che avanza, come se la storia stessa fosse un brano musicale.
Ho letto questa storia due volte. La prima, ascoltando la Patetica, ed è stato come essere trasportata dalla musica stessa. Un'emozione fortissima, e per l'intervento di Ludovico van, e per le tue parole. Ho deciso di leggere una seconda volta, il giorno dopo, perché mi sarebbe dispiaciuto lasciarti una recensione che fosse solo di pancia e non anche di testa.
E anche ad una seconda lettura, ho notato come la narrazione segua il giusto ritmo, la giusta misura. Mi spiego: con un tema simile si corre il rischio di spendere fiumi di parole per sviscerare il disagio e la sofferenza di John, ma tu ci hai dato la giusta misura, dicendo quello che c'era da dire, senza girarci troppo intorno, risultando incisiva e precisa come un bisturi, pur avanzando in punta di piedi. Come se fosse una partitura musicale, rispettosa del ritmo, ché se sbagli il ritmo la musica diventa rumore.
E, ripensandoci, non poteva che essere Beethoven e la sua "Patetique" la scelta azzeccata per questo brano, visto anche come il Rondò, sempre della "Pathetique", funge da base per la sigla stessa di Sherlock. È stato meraviglioso vedere una sorta di discorso tra i vari movimenti di questa Sonata attraverso la tua storia.

Ho apprezzato anche come Sherlock faccia da sponda a John. Di solito, è John colui che ancora Sherlock, che cerca di stargli appresso e tenere il suo passo, mentre Sherlock ragiona seguendo strade tutte sue, approdando alla soluzione per vie traverse, ché spesso il pensiero laterale è quello più efficace di tutti. Qui, invece, è Sherlock a ricondurre John a più miti consigli, a fare da faro nella notte buia e tempestosa. E mi piace perché funzionano come coppia. Una coppia non tanto di amanti, non solo; una coppia, un duo, una simbiosi che funziona dentro e fuori la camera da letto. Mi hai presentato questa coppia in maniera credibile, possibile, reale.
Li hai fatti funzionare come una coppia - come se fossero una coppia sposata - mostrando una coerenza interna alla storia che mi ha fatto dire «sì, sì, sì!» ed annuire soddisfatta.
Mi è piaciuto anche il registro lessicale, che scava senza esporre troppo, che mostra il giusto, quello che c'è da mostrare, quello che è funzionale mostrare perché la storia scorra senza intoppi, fluida, arrivando a quella conclusione che, in realtà, rappresenta un nuovo inizio.

Mi ha fatto davvero piacere leggere questa storia e credo che mi riaffaccerò presto a dare un'occhiata alla tua produzione.
Alla prossima!!
P.S. ho dovuto modificare questa recensione a causa di alcune sviste e di alcune frasi che risultavano mancanti. Scusa il pasticcio, ma la tastiera del mio portatile sta entrando in sciopero.
 

(Recensione modificata il 09/03/2018 - 10:53 am)

Recensore Master
08/03/18, ore 13:19

Ciao! Sono qui per lo Scambio Recensioni A-B-C :) 
Sono felicissima di aver scelto di leggere questa One-Shot e devo dire che l'ho adorata, Angst che attorciglia lo stomaco compreso. 
Penso tu sia stata molto molto coraggiosa nello scrivere di questo tema in particolare, perché l'episodio in questione è molto forte e perché io, in particolare modo, ho sempre trovata la violenza ingiustificabile quindi io non sarei mai riuscita a rendere o creare questa storia nel modo in cui hai fatto tu, che è il modo più giusto e l'unico possibile (sempre secondo il mio punto di vista). 
Mi è piaciuto molto l'incipit della storia, non solo la descrizione dell'atmosfera esterna ma soprattutto quella interna tra i personaggi. 
Uno Sherlock innamorato, così innamorato, e dolce e romantico. Nel migliore dei modi per come si prende cura della piccola Rosie, dalle tue parole trasparisce il suo affetto sincero, si può realmente avere dinanzi agli occhi l'immagine di lui che si prende cura della bambina, dei suoi sguardi apprensivi, di come è attento in ogni momento. 
Complimenti già solo per questo perché sono molto belle le immagini che hai costruito. 
Ma il punto forte della narrazione è l'introspezione psicologica di John.
C'è una attenzione ai dettagli che è quasi clinica. Soprattutto il desiderio di fuggire e di allontanarsi ma allo stesso tempo il suo pregare inconscio per una assoluzione. 
Proprio per questo penso sia magico il loro discorso finale, non soltanto perché in una cornice molto bella (ho visitato Primrose Hill, quindi mi sono molto più immersa nella scena) e per la scelta delle tue frasi descrittive ma anche perché le parole che si scambiano aiutano a riflettere sulla concezione stessa dei rapporti umani. 
Sherlock e John hanno affrontato tantissime avversità. 
Come ci porti a riflettere tu, ora si può scegliere solo tra due possibilità: o far vincere l'amore che provano e decidere di meritarsi ogni giorno e momento oppure vivere solo di rancore. Il modo in cui lo dice Sherlock, quella sua razionalità che sembra aver trovato un punto di incontro con la sfera emotiva, è molto azzeccato.
Ho apprezzato la citazione di Doctor Who. 
A questo proposito mi è piaciuto il modo in cui hai descritto l'azione della psicologa, nella tua scelta di parole e di disegno della sua opera mi ha portato per un momento alla mente quella che è l'azione stessa dei Dalek. "Sottrai amore. Aggiungi rabbia" 
Finale dolcissimo, dove c'è una speranza per un loro futuro insieme, con una delle più belle promesse d'amore che io abbia letto e che mi ha davvero molto fatto riflettere. 
Lo stile della storia, volevo aggiungere, mi sembra ammorbidito rispetto a per esempio 'The stubborn Heart' , non so se per azione del tempo o per come hai voluto impostare questa storia ma rimane sempre come tuo stampo l'attenzione ai dettagli e la finezza psicologica. 
Ma io poi amo troppo lo stile introspettivo. 

Complimenti ancora e a rileggerti presto :))

Recensore Master
04/03/18, ore 02:16

Perché io arrivo, sempre con molta calma, ma prima o poi arrivo...

È difficile trovare le parole giuste per commentare questa tua storia per non finire nel banale, quindi credo che ne userò una sola: Grazie!
Un ringraziamento ti è dovuto per il modo delicato che hai usato per descrivere questa situazione. La consapevolezza di John rispetto alle sue azioni, l'umanizzazione di Sherlock che finalmente trova il modo di esternare le emozioni. Quell'accettarsi, quella ricerca del meritarsi l'un l'altro e quella frase "Anche i mostri solitari hanno bisogno di un compagno." (Doctor Who insegna) che è così calzante per la situazione.
Quindi grazie per averla condivisa con noi.

Recensore Veterano
16/02/18, ore 11:27

Riesci sempre a esprimere meravigliosamente i sentimenti, pur nella loro complessità, e a non banalizzarli o a semplificarli, ma esponendoli esattamente come sono: “dolcemente complicati” [cit.]
Anche in questo caso traspirano tanto i sentimenti di uno quanto quelli dell’altro, sebbene ti sia concentrata principalmente su John, il suo senso di colpa, la sua impotenza e il suo senso di incapacità, la sua rabbia per non riuscire a perdonarsi e la volontà di non farlo perché crede di non meritarsi il perdono; è un concentrato di emozioni contrastanti, che nemmeno lui riesce a ordinare o esprimere se non attraverso le lacrime e i sospiri.
Si crede un incapace e un essere mostruoso e pericoloso, e vorrebbe allontanarsi da tutto e tutti, come è comprensibile. Eppure, ha scelto di rimanere e di non abbandonare Rosie, nonostante i dubbi continui a roderlo e torturarlo; John è sempre stato complessato, un personaggio più visibilmente tormentato e incapace di scendere a patti con se stesso, da solo: per lui ogni errore è imperdonabile, i suoi in particolar modo.
E in questa storia questo tormento è accennato dai pensieri, le lacrime e le parole.
Anche i sentimenti di Sherlcok e il suo tormento, pur essendo in secondo piano, si intuiscono: lui cerca di mantenere una maschera, è meno emotivo rispetto a John, più razionale e freddo, per certi aspetti. All’inizio, però, ne hai mostrato un lato più “romantico” come l’hai definito tu stessa, più dolce e incline a sentimenti.
Ho trovato molto tenera e adorabile i suoi tentativi di coinvolgere John, di cercare di scuoterlo dal torpore in cui è immerso, di fargli capire che non è cambiato nulla pur essendo cambiato tutto. Questo per John è inconcepibile e decide di allontanarsi, di spezzare quel legame che gli provoca tanto dolore e tanta gioia assieme. Un po’ penso di capirlo, non ho avuto le sue esperienze, fortunatamente, ma credo di avere un carattere simile al suo e la mia migliore amica è la copia sputata di Sherlock, il nostro rapporto è estremamente difficile e spesso e volentieri è successo anche che ci allontanassimo (non per le motivazioni che spingono Watson a farlo, decisamente più dolorose e giustificabili). Ho avuto l’impressione che i due fossero due persone profondamente ferite, con gli squarci ancora aperti e le lame ancora conficcate nella carne, che si abbracciano, sfregando le ferite tra loro, affondando i pugnali e facendosi nuovamente del male a vicenda, ma bisognosi l’uno de conforto dell’altro, delle braccia dell’altro e della sua presenza. Sono consapevoli che si faranno del male e continueranno a farselo, sono estremamente diversi, eppure simili e le loro personalità si punzecchiano a vicenda, scontrandosi, ma sono anche disposti a cercare di incastrare le reciproche spigolosità, i margini taglienti e le parti sbeccate, e di curare uno le ferite dell’altro; di provarci, nonostante tutto, perché il calore dell’abbraccio è più forte del dolore per le ferite.
È stato davvero commovente il discorso di Sherlock, quando quell’uomo si apre ed esterna i suoi sentimenti è sempre un colpo al cuore, perché mai ti aspetteresti una tale profondità e delicatezza da un uomo all’apparenza freddo e anaffettivo, invece è stato lui a compiere il primo passo, a dichiarare di non averlo perdonato ma di essere disposto a continuare a vivere con lui, ed è bellissima la volontà di cercare di meritarselo ogni giorno, di chiedere ogni giorno il suo perdono. Credo sia una delle dichiarazioni più belle in assoluto.
Alla frase “Ogni mostro solitario ha bisogno d’un compagno” sono riuscita a visualizzare il sorriso di Sherlock, malinconico e dolcissimo. Perché, alla fine, sono entrambi dei mostri, per ciò che hanno fatto e faranno, per questo distruggersi a vicenda più o meno consapevolmente per poi raccattarne i frammenti; eppure hanno bisogno l’uno dell’altro disperatamente.
 
È stata una parte estremamente struggente e commovente, per il carico di sentimenti e significati che la permea. L’ho letta con il cuore in gola e la musica mi ha permesso di immergermi ancora di più nella storia, pur essendo solo un’aggiunta. Tu da sola, con le tue parole, i tuoi accenni, piccoli abbozzi concentrati soprattutto sulla gestualità e una scelta attenta dei vocaboli, sei riuscita a creare un ritratto preciso, ma soprattutto capace di emozionare. Ancora una volta sono rimasta rapita da questa tua capacità, di coinvolgere intimamente il lettore, senza che se ne accorga, e di guidarlo in un viaggio rocambolesco attraverso i sentimenti, indicandogli dove guardare ma lasciando allo stesso di capire cosa vedere.
 
Ho trovato molto bella e significativa anche la presenza di Rosie, un personaggio secondario ma importante: non è solo una persona importante nella vita di John, pregno di significati (è, innanzitutto sua figlia, ma anche l’unico legame con Mary, è una responsabilità, qualcosa con cui misurarsi e la cartina tornasole per capire se sia in grado di superare tutte le emozioni che lo attanagliano, o quantomeno di conviverci…e infatti non si crede all’altezza e vorrebbe affidarla a qualcun altro, senza rendersi conto che sia meglio di quanto creda) ma anche una dimostrazione di come i bambini, la maggior parte delle volte, capiscano in maniera più diretta e trasparente questioni che gli adulti tendono a complicare: è felice e ride gioiosamente quando i due si sono riappacificati, perché lei intuisce che questo rende felice anche loro in quanto hanno bisogno l’uno dell’altro, che solo così si possono definire completi.
Rosie esprime con il candore tipico dei bambini quel sentimento profondo e complicato che anima i due, e la loro volontà più profonda: essere una famiglia, affrontare assieme le difficoltà di ogni giorno, le punte aguzze l’uno dell’altro, crescere e migliorarsi assieme. Inoltre, Rosie è capace di spingere fuori la parte più sentimentale e dolce di Sherlock, rendendolo ancora più adorabile **
Ce lo vedo perfettamente in vesti di padre affettuoso, amorevole e premuroso, dolcissimo e attento **
 
Credo, infine, che tu sia riuscita a carpire l’essenza di quello che non viene detto esplicitamente nell’episodio, ma che è lasciato intuire, e sei stata capace di trasporlo su carta, creando un racconto che ti colpisce, ti trascina e ti riduce in lacrime per la profonda delicatezza e l’intensità del tutto.
 
Ayr

Recensore Master
14/02/18, ore 22:09

Ciao!
Che cosa posso dire? Questa OS mi ha riempito il cuore di dolcezza <3
Parto col dire che l'introspezione di John è fantastica, il suo senso di colpa è struggente, così come il suo voler chiedere perdono ma non riuscirci, non trovare le parole giuste, mentre il tempo passa, e la vita va avanti.
Va avanti con Sherlock e con Rosie, praticamente sono ormai una famiglia (adoro i momenti Parentlock <3), tuttavia lui non riesce.
La scena di loro due che parlano seduti sulla panchina l'ho veramente tanto apprezzata.
Ho detto "wow" quando John confida a Sherlock che gli fosse passato per la mente di dare in adozione Rosie e sparire, cosa che posso comprendere, ma che per fortuna non ha fatto.
E ho amato anche l'incredibile dolcezza di Sherlock, il suo non pretendere di essere perdonato o perdonare. Il concetto di "volerlo meritare" è davvero bellissimo, e finalmente, alla fine, sembra proprio convincere John. Anche perché quest'ultimo si è dannato abbastanza nella sua sofferenza e nel suo dolore.
Un finale dolcissimo e delicato, con sfondo la piccola Rosie e il suo sorriso, che addolcisce ancora di più la situazione.
Bella davvero, e poi la melodia che hai linkato all'inizio mi ha aiutata a immergermi nell'atmosfera.
Come sempre ottimo lavoro, a presto <3

Recensore Master
04/02/18, ore 16:21

Ciao :D
Eccomi qui per lo scambio recensioni.
Anche io amo questa serie e tutti i suoi personaggi che, chi più chi meno, mi è rimasto impresso.
Di questa fiction ho apprezzato molto la descrizione che hai fatto di John: più volte all'interno delle varie serie si è gettato luce sull'introspezione del dottore che però per determinati aspetti non è stata approfondita - ad esempio lui e John tornano a vivere insieme a Rosie a Backer Street ma come si è risolta la questione del perdono? Sono felice che tu abbia trattato di questo argomento e ci hai permesso di immaginare come tutto sarebbe potuto tornare come all'inizio - a che se all'inizio vero e proprio non si può tornare. Sherlock l'ha capito e vuole aiutare John a fare lo stesso: perdonare e farsi perdonare.
Ho trovato lo stile funzionale al racconto, sembra un flusso di coscienza e mi sono piaciute in particolare alcune espressioni (ad esempio quella iniziale "E nel tumulto dei fiori di marzo, col vento frizzante a smuovere le lacrime (...)").
In sostanza non posso che farti i miei complimenti per questa bellissima fiction.
Alla prossima,
Olivier_Rei

Recensore Junior
24/01/18, ore 16:49

Buon Pomeriggio. Stavo leggendo la storia per lo scambio a catena. All'inizio avrei voluto semplicemente lasciare una recensione neutra, perchè non sono appassionato del tipo di coppia presentato (poi ho cercato altri titoli, e più o meno siamo lì, quindi sono rimasto a leggere questa). Tuttavia, dopo aver letto tutto lo scritto, è impossibile non lasciare una recensione positiva. E' scritto molto bene: dalla scelta del lessico alla struttura delle frasi. Inoltre, è molto più profondo di un semplice testo romantico, non è la solita minestra. «Non desidero che tu smetta, così come non smetterò io. Non capisci? È questo voglio. Voglio cercare di meritarti, John e che tu pretenda di meritare me e il mio amarti. Voglio chiederti per ogni giorno della mia vita se mi hai perdonato e sapere onestamente se è o non è così e desidero che tu faccia lo stesso con me. Qui e oggi non hai il mio perdono, ma ogni altro umano sentimento possibile. Perché anche ai criminali è concesso di rifarsi una vita dopo aver scontato la prigione e a chi sta in purgatorio di accedere al paradiso.» Sono rimasto profondamente colpito da questa frase, che non avevo mai letto e mai mi sarei aspettato di trovare questa frase in un semplice scritto di epf. Questa frase mi piace molto perchè la prima parte caratterizza ciò che dovrebbe essere più importante in una storia di amore: l'eterna "causa" anteposta al semplice "fine", un continuo cercarsi senza arrivare ad un definito risultato. L'amore dovrebbe essere così, un misto di continua curiosità e mistero, senza pretendere di arrivare alla conoscenza definita di tale sentimento che, secondo me, costituisce una sorta di "dead line" (Mi ha ricordato un po' il pensiero sulla perfezione di Kurotsuchi Mayuri, un personaggio dell'anime/manga Bleach. Ti lascio il link qua, perchè la citazione è lunga e non voglio prendere punti recensione solo copiando/incollando la citazione: http://bleach.wikia.com/wiki/Mayuri_Kurotsuchi . la trovi nella sezione "quotes", riferita a "szayelaporro grantz") . Per quanto riguarda la seconda parte, è un pensiero che condivido (anche per gli assassini. Però dubito che gli basti una vita da scontare, se capisci che intendo). La citazione al doctor who è proprio quella punta di diamante sull'albero di natale che corona il testo. Per il resto, sono sorprendentemente contento di aver letto questa one-shot.

Complimenti.

Recensore Master
18/01/18, ore 19:32

So bene che questo non è un argomento facile da affrontare: quella scena è talmente brutta (anche proprio da un punto di vista visivo), eccessiva e fuori luogo che il primo istinto, un istinto del tutto naturale, è quello di accantonarla e fare finta che non esista.
Ma sono felice che tu abbia deciso di scriverci una storia, perché il bisogno di darci un senso c'è, e dalla serie tv non lo avremo mai (visto che in TFP è tutto resettato e di quello che è successo non si parla).
Ho trovato la tua descrizione di John molto cruda, ma anche molto vera. Non dipingi una bella persona, perché in questo momento non lo è, e mi è piaciuto particolarmente il fatto che le sue angosce in qualche modo si riverberino nella descrizione fisica che ne hai fatto.
Gli fai anche dire una cosa assolutamente verosimile, cioè il fatto che abbia pensato di dare in adozione la bambina. Sinceramente è una cosa che ho pensato immediatamente dopo il pestaggio, perché qualunque persona con un minimo di coscienza, che realizza di avere un problema con la rabbia, una neonata la terrebbe a distanza per la sua sicurezza (perché chi ti dice che lo stesso raptus che ha avuto quando ha picchiato Sherlock, non gli venga quando la bambina piange tutta la notte?)
La conclusione della storia e il non perdonarsi mai, la trovo una soluzione molto originale per dirsi a vicenda che possono migliorare, che possono fare bene ogni giorno fino ad arrivare a meritarsi quel perdono.

Recensore Junior
12/01/18, ore 06:34

Dolcissima, davvero. Come sempre adoro i tuoi lavori e questo credo abbia ridato il giusto peso a qualcosa che non mi dava pace. Quindi ti ringrazio.
Adoro questa coppia e vederla chiedersi scusa e accettare l'amore mi rasserena.
Poi, forse non commento sempre, ma leggo circa tutto quello che scrivi e sei tra i miei autori preferiti perché non solo scrivi bene, ma scrivi con il cuore e questo si nota.
Un abbraccio R.r

Recensore Master
12/01/18, ore 00:20

Ciao! Avevo proprio bisogno di leggere una OS come questa!
Finalmente John decide di affrontare i propri demoni e trova il coraggio di chiedere scusa a Sherlock per tutto quello che gli ha fatto.. E quest'ultimo lo ascolta, lo lascia parlare e, soprattutto, lo esorta a non scappare, ma a scegliere lui e la piccola Rosie..
Perché è più facile fuggire, quando si porta dentro un grande dolore, quando si crede di non meritare la felicità.. Le parole di Sherlock mi hanno toccata in modo profondo, così come la sofferenza di John.. Ho avuto un groppo in gola per tutto il tempo...
Hai ragione, non si può perdonare e dimenticare.. Bisogna ricordare, per non ripetere più gli stessi errori..
Si può solo andare avanti, perché il passato non si può cancellare...
Grazie infinite per questo piccolo gioiello...
Alla prossima!! 😊

Recensore Master
11/01/18, ore 23:01

Non mi stancherò mai di dirti che le tue ff sono scritte magistralmente. Questa è una di quelle che ho preferito in assoluto. Bellissima! Il dolore, specie di John, ma anche di Sherlock, è palpabile, presente a tal punto da essere protagonista. Oltre a ciò la tua opera trasuda una dolcezza indescrivibile. Mi veniva da piangere, sia per la tristezza che per la commozione. Tutto scritto con estrema finezza, come sempre.
Non deludi mai.

Recensore Master
11/01/18, ore 21:40

(Segnalazione indirizzata all'amministrazione per l'inserimento della storia tra le scelte)
E' la storia di un chiarimento, i motivi del pestaggio di John ai danni di Sherlock nella 4 serie
Un intenso momento di dialogo in cui entrambi affrontano i motivi di quel che è accaduto in modo da non dimenticarlo (sarebbe impossibile) ma di andare avanti liberandosi di un macigno che, a un certo punto, avrebbe potuto farli affondare

Perchè merita di andare tra le scelte?

1. E' scritta molto bene (e non è una qualità che si trova facilmente)

2. E' una storia assolutamente "vera" e verosimile: due adulti che parlano di un trauma recente e doloroso, uno scoppio di violenza in nessun modo giustificabile (anche se Sherlock ci prova parlando delle capacità manipolative di Eurus di cui egli stesso è stato vittima), ma non ci sono reciproci perdoni improvvisi e lacrimosi "calati dall'alto" (troppo spesso usati come escamotage da molti scrittori per "giustificare" l'ennesima scena di sesso) e a tratti semplicemente un po' assurdi, no, entrambi si rendono conto dei propri sbagli precedenti, sanno che non possono essere cancellati e se ne fanno carico senza avvelenarsi l'anima ma sapendo che andare avanti insieme li aiuterà e li renderà più forti

3. Ho letto poche storie su questo argomento (le scuse ma soprattutto l'analisi dei motivi di John), questa è la prima che affronta davvero la situazione, in modo delicato ma diretto, senza scadere nel patetico: anche le lacrime qui sono giustificate, il dolore di un uomo adulto che si è abbandonato alla sua parte peggiore scoprendosi più fragile di quello che pensava di essere ma che affronta anche questa sua fragilità a testa alta, da soldato quale John Wastson sarà sempre

4. Per l'ambientazione perfetta: il contrasto tra il parco pieno di bambini che giocano serenamente, la luce, i rumori di una natura tranquilla e il dramma che si sta sviscerando sulla panchina, dove i protagonisti decidono di andare avanti più consapevoli di loro stessi e dei loro sentimenti, bianco e nero e alla fine il sorriso di Rosie è la giusta fine, la luce in fondo al tunnel
Attenzione, non un finale consolatorio, solo un nuovo inizio, come nella vita vera

Recensore Master
11/01/18, ore 21:18

"Voglio chiederti per ogni giorno della mia vita se mi hai perdonato e sapere onestamente se è o non è così e desidero che tu faccia lo stesso con me. Qui e oggi non hai il mio perdono, ma ogni altro umano sentimento possibile. Perché anche ai criminali è concesso di rifarsi una vita dopo aver scontato la prigione e a chi sta in purgatorio di accedere al paradiso"

ma soprattutto

"Non si poteva cancellare quanto accaduto, non si poteva aggiustare tutto con un discorso e belle parole, ma potevano fare qualcosa da adesso in avanti."

Be' è la storia che volevo leggere e come volevo leggerla, senza arcobaleni e unicorni (cioè situazioni improbabili) ma un discorso serio tra 2 adulti affini che trovano il coraggio di affrontare il buco nero che li separava - perchè a parer mio andava affrontato e come hai fatto tu, con lacrime e dolore ma anche pacatezza e tenerezza. Ora sì, si va avanti

La scelta di ambientare tutto nel parco, in un ambiente "normale" è la ciliegina sulla torta, al di fuori di Baker street, il loro posto tranquillo, ma alla luce del sole, nella realtà

Che dirti se non "grazie" per questa bella storia?

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