Ciao!
Non ricordo più come ho trovato questa storia - forse leggendo "Gocce di memoria" di Francine o perché ho visto il titolo da qualche parte sul gruppo del Giardino - ma sicuramente mi ha attirato per lo stesso motivo per cui mi attirano storie di autori che non ho ancora letto: il titolo.
Ci sono titoli a cui non si sa proprio resistere, sono peggio del miele per le api. Hanno un sapore particolare, brillano, ti rimangono impresse; e quindi, nel mio caso, finiscono istintivamente nella lista delle storie da recensire e lì rimangono finché ho un attimo di tempo per me.
Oggi è giunto quel momento!
E lasciami dire che questa storia è IMPERFETTA.
Lo stampo a caratteri cubitali non per farti prendere un colpo (forse solo a livello inconscio...) ma perché questa storia è imperfetta con ogni lettera maiuscola possibile. E' stata l'unica parola che sensata che ho pensato dopo aver letto la fine. Mi hai incantato, e non solo per la bellissima idea dell'inchiostro come kajal che si infila sotto le dita di Wile e di cui tesserò le lodi fra poco, ma soprattutto per il narratore. Ultimamente ho una strana mania verso il narratore, più del solito voglio dire, e mi piace portarli un po' oltre. Soprattutto per quanto riguarda quelli in prima e seconda persona (e, nota la contraddizione, io preferisco la terza con POV), credo che la loro soggettività permetta sbizzarrirsi. La prima in particolare crea una sorta di legame, di sovrapposizione tra il lettore e il personaggio/narratore che in pochi sanno davvero esaltare. Ed è quello che ho visto succedere qui.
Ho definito la tua narrazione imperfetta perché Gina è imperfetta. E mai imperfezione è stato sinonimo di bellezza come in questo caso. Dicono che quando si canta, una voce sporca emozioni di più di una tecnicamente perfetta. Beh, è questo il caso.
Gina ha un modo di parlare, e quindi di narrare, tutto suo. Non è del tutto composto né si può definire scorretto, ci sono alcune locuzioni o modi di uso comune che Gina ha inserito nella narrazione. Modi in cui usi la punteggiatura, in cui inverti complemento e soggetto. Un narrato colloquiale e allo stesso tempo magico, come una di quelle voci che ti sanno far vedere luoghi e cose solo attraverso il proprio tono. In un primo momento ho pensato che fossero un po' strani, ma una volta alla fine è stato un colpo di genio. Hai sfruttato al massimo la prima persona, le parole che Gina usa come intercalazioni, o espressioni di uso comune vanno a caratterizzare il personaggio, proprio mentre parla. E' una persona sfacciata, così come la narrazione, la immagino dall'aspetto particolare, dalla pelle (una volta) candida e il corpo piacente; di certo non colta, ma dalla mente arguta e fantasiosa, divertente e irriverente. Sicura - non mi sembra che si sia intimidita dall'essere sfacciata, nonostante l'abbia ripetuto nella narrazione - e dai modi diretti, spicci ma non volgari. Eccentrici, forse, di quelli che non hanno molti filtri.
La sua voce - e quindi il tono narrativo - sembrava sorridere di sbieco, sai quando vedi un personaggio ghignare e annuire e lodarsi, in un film? lo stesso effetto.
Ho amato poi i tocchi più eleganti, perché non stonano ma arricchiscono il personaggio, come la similitudine del kajal (perfetta se il personaggio si intende di trucco e smalto) e quella del gabbiano che pattina sull'acqua (Dio, se i gabbiani pattinano sull'acqua... adoro guardarli e me li hai fatti rivedere). Mi immagino un bar in un luogo di passaggio, magari vicino a un porto o in un quartiere di periferia, un po' fuori mano, dove passa la gente più interessante.
E di gente interessante non c'è solo Gina. Wile è... beh, a parte che è perfetto per lei, ma poi è... wow, mi è piaciuto come personaggio. Il suo essere un tatuatore sembra andare ben oltre il semplice lavoro. E' un talento, un pittore di pelle. Lui guarda la gente e vede "altro". Sembra avere un'anima profonda, a suo modo. Mi ha colpito soprattutto il fatto che lui avesse la pelle immacolata, come se la sua storia dovesse ancora essere scritta, come se stesse indagando ancora il suo essere.
Mi piace che questa profondità poi si vada a scontrare e a sommare con i suoi modi così "adattabili" - vedi come imita e si adatta al fare di Gina... o forse è solo perché sono affini - quasi una sorpresa. Ti aspetti un pittore dalla mente che vaga o un tatuatore dai modi rozzi, e invece ti ritrovi con un pittore di pelle che per quanto sfacciato sa prenderti.
E concludo con lo sproloquio per il titolo. Mi è piaciuta tantissimo quest'idea dell'inchiostro, ma soprattutto la metafora che vi sta dietro e va oltre il semplice paragone con il kajal. Dicono che gli occhi sono lo specchio dell'anima, e il kajal in qualche modo protegge quell'anima (di uso comune in oriente fin dai tempi più antichi, anche nei bambini); quindi a me è parso come se le dita diventassero quello specchio dell'anima e che l'inchiostro andasse a esaltare e proteggere quell'anima. Davvero una bellissima immagine.
Ho finito, ti lascio andare :)
Grazie per averla scritta.
A presto! |