Recensioni per
Hasta la verdad, siempre!
di pattydcm

Questa storia ha ottenuto 62 recensioni.
Positive : 62
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
04/01/19, ore 16:36
Cap. 36:

Il capitolo si apre con ciò che John dice sul blog che ha deciso di “riportare in vita”. Espressione, questa, che ha un grosso peso perché rievoca momento epici, anche se tristissimi, del passato di lui e Sh.
Hai trasmesso, attraverso le sue parole, una grande energia di ricominciare, evidentemente alimentata dalla concreta e meravigliosa presenza di sh accanto a lui. È tornato il blogger battagliero e fedele testimone degli straordinari esercizi intellettivi del consulting con i quali molti casi intricati sono stati risolti. Persino l’ultimo, il vero “final problem”, che ha coinvolto tutti i personaggi in maniera sconvolgente e drasticamente risolutiva di determinate situazioni.
Alla voce carica di determinazione e voglia di ricominciare di Watson fai seguire quella de “Los Errores”, caratterizzata dalla giusta soddisfazione di aver portato a termine positivamente un impegno gigantesco e pericoloso che li ha messi in luce positivamente, anche dal punto di vista giornalistico.
Ma, come bene sottolinei tu, è una vittoria venata di malinconia e di incertezze.
Sky non ce l’ha fatta a tornare con loro, Grey, nel passare il testimone di capo carismatico a Fox, si sta accorgendo che ciò che lo lega a quest’ultimo non è solo la volontà del maestro di trasmettere il suo sapere al discepolo.
Tra di loro ha davvero preso forma un legame particolarmente intenso che , però, vista la sua intensità, rischia di destabilizzare ulteriormente il precario equilibrio di tutti. Così, in un silenzioso accordo, i due decidono di “insabbiare la verità sotto strati di bugie”.
Dal punto di vista strutturale trovo molto efficace l’inserimento di brani del blog di John che, dal nostro punto di vista di lettori, riassumono tutto ciò che è successo.
Leggendo quei passi, in cui Watson presenta le vicende ed il ruolo dei vari personaggi, mi sono resa conto con che razza di lavoro io mi sia imbattuta da quando ho aperto la pagina sul primo capitolo.
Infatti, già emergono, non banali ed umanamente connotabili nella realtà, gli intrecci della trama con i ruoli di ognuno, da “Los Errores” a Sebastiana, da Moriarty a Sh, da Mycroft a Molly, Lestrade, Harry…
Permettimi di complimentarmi con te, e non a chiusura della mia recensione, ma durante il suo svolgimento, perché non voglio assolutamente che passi in secondo piano, per una mia distrazione, il tuo ruolo di Autore di un pezzo davvero imponente come costruzione e qualitativamente molto apprezzabile.
E questa riflessione è nata, come ho detto sopra, dal “riassunto” che Watson pubblica sul suo blog, intermezzi che hai posto come valida voce “del coro”,
sai, quello delle tragedie greche, di cui potrebbe benissimo, in quanto unico componente, esprimerne l’essenza.
Sì, perché la tua storia ha l’imponenza, sia strutturale sia dal punto di vista dei sentimenti e delle passioni che l’animano, delle grandi storie, quelle che hanno costituito le rappresentazioni più indimenticabili di un modo di pensare e di considerare la realtà. In poche parole, hai scritto qualcosa d’importante, secondo me.
In quanto ai personaggi, ne ho ammirato costantemente la tridimensionalità verosimigliante, ed IC per quanto riguarda chi abbiamo visto anche nelle Stagioni BBC, con cui occupano il loro ruolo.
C’è un piacevole sguardo, più o meno ammiccante, su varie coppie che animano la storia con il loro relazionarsi: ovviamente Sh e John, indiscutibile, unica entità, Mycroft ed Anthea, Grey e Fox, Mistica ed Anthea, Molly e Greg…
E, aggiungo soddisfatta, Greg e Mycroft.
Infatti, come hai scritto nelle tue Note finali, non hai voltato le spalle alla Mystrade, pairing che trovo personalmente ben assortito….
E l’hai fatto quasi in punta di piedi, ideando, genialmente, persino un bacio che Lestrade doveva “consegnare” ad Holmes, in un momento particolarmente carico di energia e desideri non espressi.
La tua storia si chiude con l’affermazione di quel grande amore che ha seguito passo passo tutto il percorso degli avvenimenti e cioè quel legame unico tra Sh ed il suo John.
Desidero extrapolare una frase in cui, secondo me, è racchiusa tutta l’essenza di ciò che Holmes e Watson provano l’uno per l’altro: “…Tu non hai riso di me, hai riso con me…”.
La pronuncia Sh, ma il concetto espresso vale anche per la marginalità sociale in cui John era confinato dopo il suo forzato congedo. Holmes, per lui ha costituito il riscatto, la possibilità di un futuro. Lui, per Sh, ha rappresentato l’accoglienza, la fiducia, la stima e la perenne disponibilità a sentirlo parte inscindibile da sé.
Una grande storia d’amore, anche questo, ma non solo.
Ciò ho trovato nel tuo racconto. Complimenti.

Recensore Master
02/01/19, ore 23:47
Cap. 35:

Secondo me il vero "final problem" è il groviglio di situazioni emotive irrisolte che costituisce il passato di Sh.
Nel drammatico momento in cui James affida alla cascata la sua storia di "Napoleone del crimine", inserisci un personaggio o meglio, un incubo, che ha sempre creato ombre inquietanti nella mente di Sh. E dal passato riemerge un sinistro Siger Holmes, al quale tu dai una tridimensionalità psicologica davvero rilevante, al punto che, per un attimo sono rimasta spiazzata, tanto hai saputo colorare di vitalità il sinistro padre dei fratelli Holmes.
Ho dovuto rileggere più volte la disperata affermazione di Sh sul fatto che un infarto ne avesse causato la morte perché il personaggio l’hai dotato di una vitalità e di una concretezza straordinarie.
Il "salto" di Moriarty è un momento liberatorio per Sh ed è credibile, dal punto di vista psicologico, che, dal buio dell'inconscio, riemergano, per sparire per sempre, figure che hanno segnato la sua vita come incubi.
Molto efficace il paragone che tu hai usato per definire la grande influenza che la figura paterna ha avuto, come su tutti noi del resto, sul consulting. Infatti l’aver pensato ad un parallelismo tra Siger ed uno dei programmi principali dell’hard disk, che rappresenta il cervello di Holmes, è davvero una scelta narrativa originale e coerente con la qualità di questa tua splendida storia. Ovvio che la liberazione di Sh debba, per forza, passare attraverso momenti catartici di presa di coscienza di ciò che ha veramente oscurato il suo passato, gettando ombre sinistre anche sul presente.
Si dice che la vera energia per affrontare il futuro si liberi completamente quando si riesca ad accettare gli aspetti meno luminosi di chi ci ha preceduto.
Però, qui, siamo di fronte all’impronta indelebile, con cui l’assassino ha macchiato di sangue innocente addirittura la sua stessa famiglia, che deforma la realtà del mondo intorno a Sh.
Difficile da “perdonare”, se non, impossibile.
Ma il confronto con un altro “sventurato” come Jim, ha la stessa valenza di un atto liberatorio che richiama, dall’abisso d’irrisolto, l’ombra inquietante e quasi demoniaca di Sir Holmes.
Atto liberatorio che, però, mette a rischio la vita del consulting. E cosa, se non la ferma mano di John, può salvarlo dal precipizio del suo passato e da quello vero…
Watson rappresenta la luce della realtà, la concretezza della presenza di qualcuno da amare e dal quale essere sicuramente riamato.
Questo tu lo rappresenti in modo conciso, ma efficace, nell’implorazione decisa che John rivolge a Sh sull’orlo dell’abisso: ”… Non dire idiozie! Porta su l’altra mano. Torna da me, Sherlock!..”. Bellissimo.
Guarda, non mi vergogno a dirti che mi ha commosso il modo con cui tu ritrai il loro ritrovarsi, così urgente e tenerissimo, con il volto di John che, per Sh, ha la stessa importanza e luminosità del sole che rigenera ogni cosa.
L’arrivo improvviso, e preoccupante, di un elicottero li riporta alla realtà di una situazione grave, evidentemente non ancora risolta.
Hai ricostruito il “laborioso” arrivo di Sh alla clinica in cui viene ricoverato Mycroft attribuendogli un ruolo da vera “drama queen” e questo mi è risultato piacevolmente IC.
Ma ritorna, ancora più intensa, la realtà dell’amore che lega indissolubilmente Holmes e Watson, durante l’attesa densa di tensione dell’esito dell’operazione cui è stato sottoposto Mycroft, e tu l’esprimi in una sequenza di gesti che hanno una suggestione davvero grande; e John e Sh diventano veramente l’emblema più concreto di quel mitico “noi due contro il resto del mondo”.
Altro punto di forza del capitolo è il sogno, o meglio, il delirio del ferito, che deve “subire” la visita angosciante di Moriarty e di Sebastiana, cui egli tiene testa in modo dignitoso ed incisivo. Poi descrivi la visione della madre e ne fai un quadro dolcissimo e struggente, che trascolora nella verità di uno Sh che lo abbraccia e piange per lui. La presenza quasi angelica della donna richiama, per contrasto, la figura orrida di Siger, in un contrappunto di luci abbaglianti e buio agghiacciante.
Sarebbe comodo, per me, concludere dicendoti che non ho parole adeguate per esprimere le vette di intensità emotiva che mi hai trasmesso con questo capitolo, forse il più bello, secondo me. Ma è la verità. Non ho parole.

Recensore Master
02/01/19, ore 19:20
Cap. 34:

Efficace il contrasto che caratterizza l'inizio di questo capitolo, tra la smagliante bellezza della natura, l'immutabilità del suo pulsare e ciò che si sta preparando nella sala dell'hotel.
Noi diventiamo diretti spettatori di tutto ciò, ancorati allo sguardo onesto e pulito di Greg, il cui ingresso nel luogo della riunione ci permette di entrare nello svolgersi dell'azione.

Pericolo mortale, ipocrisia, odio, veleno del potere...
Questi ed altri miasmi tossici sembrano condensarsi, non tanto all'interno dell'albergo dove c'è un'umanità varia nelle sue intenzioni, quanto, piuttosto, nello scroscio spaventoso della cascata che sembra voler trascinare, nel suo impeto, quanti abbiano intenzioni malefiche.

La tua capacità di raccontare, dunque, gestisce in modo coinvolgente la preparazione a quelli che, intuisco, saranno fatti drammatici e convulsi.

Ed è grazie a Greg che possiamo dare un'occhiata curiosa in quel posto dove si stanno per decidere i destini del mondo.
Greg che viene subito calamitato, ed anche noi, dalla figura apparentemente impeccabile di Mycroft che, infatti, lascia trasparire, a chi lo conosce, stanchezza, un senso di sconfitta e, quasi, il presagio della trappola mortale in cui è stato catturato. Geniale la pennellata, a questo proposito, del nero funebre del completo che indossa, perfettamente coerente con un presagio di morte di cui è, indubbiamente, pregna l’atmosfera. 

Nel procedere dei fatti è come se tu, da una fantastica cabina di regia, alternassi il punto di vista delle varie telecamere: a quello di Greg succede lo sguardo di Grey che ci fa scrutare tra la gente per individuare Fox.
Molto efficace il parallelismo tra i due uomini, che esprimono, si può dire quasi a loro insaputa, ciò, o meglio "chi" è la causa davvero della loro inquietudine ("...nel turbamento del detective ha rivisto se stesso...").

A caricare, poi, di un significato rituale, come in una tribale cerimonia di passaggio di testimone, c’è la situazione stessa di Grey che vede in Fox il suo naturale successore, e trova risposta ad una sua domanda d’amore, o almeno questo ho percepito.

Uno dei punti di forza di questo capitolo è una domanda che striscia sotterranea agli eventi e carica, di significati reconditi, le azioni di Greg e di Grey: "per chi" stanno sfidando il destino, in un contesto mortale..

É interessante come Lestrade mascheri, dietro all'immagine limpida di John, a quel problema vivente che è Sh e al volto sofferente di Molly, le sue più profonde motivazioni che l'hanno spinto ad immergersi in quel frangente così pericoloso.
Nel suo animo comprendiamo esserci Mycroft ed un travolgente senso di ringraziamento per la fiducia che "iceman" ha dimostrato di riporre in lui.
Ed è a quell'uomo, così apparentemente anaffettivo ed intriso di potere, che Greg abbina se stesso: due, dunque, sono le motivazioni più importanti per cui egli si trova lì, in un gioco mortale. Sia per ritrovare un senso alla sua vita, persa in una ridda di volti e di situazioni intrecciati gli uni agli altri in un groviglio soffocante, sia per non lasciare Mycroft in una situazione così pericolosa, da solo.

A scuotere l'atmosfera tesa e stagnante in un'assurda compostezza, fai echeggiare, vero grido di battaglia, l'urlo di Sh che costituisce il drammatico spartiacque tra ciò che era sospensione ed attesa e quello che diventerà realtà ed azione.

Il drammatico succedersi di eventi a cui assistiamo poi, é un carosello di scatti, mosse veloci, paura, adrenalina, che tu descrivi con una sorprendente abilità.
Non che io non mi fidi del tuo saper scrivere ma la gestione di un momento così convulso e complicato non era cosa da dilettanti e tu hai dimostrato ampiamente di non esserlo.

Un’altra osservazione, che non voglio scordarmi di trasmetterti, riguarda una particolarità stilistica di stesura: ti dirò in confidenza che, intervallare il testo con le parole della canzone cui fai riferimento, e che, ahimè, sinceramente, non conosco, è una mossa geniale perché si tratta di intermezzi struggenti e perfettamente coerenti con ciò che descrivi.
In più, il tocco sapiente, che hai gestito con abilità, è stato il "dedicare" vari momenti del testo di un'unica canzone a diversi personaggi, al loro relazionarsi: a Grey e Fox, a Greg e Mycroft, ad Anthea e Mistica...
Non è mancato, da parte mia, qualche momento di commozione pura e semplice, di fronte alla tua traduzione, in parole poetiche, di un'emozione forte, l'eco di un sentimento.
Altro punto di forza, ma ce ne sono veramente tanti, qui, é il flusso di pensieri di John che tu rappresenti con scioltezza, con una fluidità ammirevole. E tornano le suggestioni vissute, le emozioni, i sentimenti mai del tutto espressi.
E che dire del dialogo drammatico tra Sh e Moriarty sull'orlo dell'abisso.
E non solo in senso letterale.

Uno scambio tra giganti, Sh e Jim, eroici ma fragili, ed inermi di fronte alla forza travolgente dei sentimenti.
Hai rappresentato uno Sh mitico, irraggiungibile ma caratterizzato da sapienti pennellate di un'umanità accogliente nei confronti del fratellastro ma sempre distaccata nella nobiltà dei suoi tratti.

E Jim si getta nel vortice del disastro della sua vita e nel gorgo terribile di Reichenbach.
Un grande capitolo, brava.

Recensore Master
16/12/18, ore 20:42
Cap. 36:

Beh, che dirti? Grazie a te per aver scritto questa meravigliosa storia e per averla portata a termine (cosa affatto scontata su Efp così come su qualsiasi altro sito di fanfiction). Mi rendo conto che non dev'essere stata un'impresa facile, si è trattato di una storia molto complessa. Con tanti fili di trama differenti che hai dovuto incrociare e soprattutto moltissimi personaggi. E per esperienza so che gestire le storie con un così alto numero di personaggi non è fatto facile, soprattutto perché questa è una storia d'azione. Quindi grazie per averla conclusa e complimenti per tutto quanto. Come ho già detto più volte l'approfondimento psicologico è stato notevole, fatto ottimamente e ha contribuito a dare uno spessore ai personaggi non indifferente (e che di certo non si vede così tanto in giro).

Poi, la fine è stata meravigliosa. Tutto si è concluso per il meglio, c'è stata sofferenza lungo il tragitto e una notevole dose di problemi pratici da affrontare come processi, la stampa, l'opinione pubblica che sa essere feroce... le critiche della gente comune, ma loro ce l'hanno fatta. Ce l'hanno fatta tutti. Mi è piaciuto tantissimo Mycroft in questo finale. Come ti ho già detto lui è andato crescendo come personaggio, all'inizio se ne aveva un'idea del tutto diversa da quella che invece è l'idea che se ne ha ora, sul finale. L'aver lasciato andare Anthea per la propria strada è stato un gesto d'amore, io crederò sempre nella Mystrade (e ho amato tutti i riferimenti che hai voluto inserire), ma mi è piaciuto l'amore che hai creato tra lui e Anthea. Un amore disinteressato e molto più profondo di quanto non si possa pensare. Io mi sono convinta che soltanto Greg (oltre a Sherlock) riuscirà a stare accanto davvero a Mycroft, quindi credo più nella Mystrade che nella Mythea, ma hai lasciato le porte aperte a entrambe e quindi sono contenta anche così. Per quel che riguarda la Johnlock, non ho davvero nulla da dire. Hai scritto il finale perfetto. Sono felice che alla fine Mary/Sebastiana non fosse incinta, quella sua bugia sottolinea con ancora più forza la sua totale follia e mette i brividi il pensiero di quello che avrebbe potuto fare se fosse sopravvissuta, ma è comunque rincuorante sapere che John non ha ucciso suo figlio (un figlio non voluto e nato da una violenza, certo, ma pur sempre suo dal punto di vista biologico). Mentre per il resto... beh, l'immagine finale di Sherlock e John in vacanza nello Yorkshire l'ho trovata stupenda, bellissima e confortante. Hai gestito bene anche i tempi di entrambi, con l'intimità completa che arriva soltanto dopo che il processo di Mycroft si è concluso e questa passione che esplode in maniera quasi fragorosa sulle scale del 221b di Baker Street. Insomma, hai fatto un ottimo lavoro e sono contenta d'aver letto la storia. Mi spiace soltanto non averla seguita e recensita dall'inizio, ma tra aprire e agosto è stato un periodo un po' così e ho finito per recuperarla davvero molto tardi. Magari ci ritornerò in futuro e ti lascerò delle recensioni adeguate. Anche perché puoi star certa che la rileggerò prima o poi. Una storia del genere va assolutamente riletta, anche perché è piena di dettagli che mi saranno certamente sfuggiti. Per intanto grazie tutto e la storia va dritta filata tra le ricordate.
Koa

Recensore Master
10/12/18, ore 20:00
Cap. 35:

Ciao, allora, si respira aria di finale. Ed è così già da diversi capitoli, ma in questo lo si è percepito ancora di più. La risoluzione è avvenuta, Moriarty è morto e i Los Errores stanno riabilitando il nome di Sherlock Holmes. Direi che meglio di così non poteva finire. Ho temuto per Mycroft a un certo punto sembrava che le cose si stessero mettendo male per lui, ma poi tutto è finito bene.

Naturalmente non è un capitolo puramente "riempitivo". E infatti oltre ad averci mostrato cosa succede, nei fatti, dopo il tuffo di Moriarty cogli l'occasione per scavare ancora più a fondo dentro Sherlock. La cosa stupenda è che credevo che tu avessi già tirato fuori tutto quanto, ma aiutata di certo anche dalla complessità del personaggio, le cose non sono finite. La previsione fatta da Sherlock stesso sulla difficoltà di uscire dall'oscurità per tornare a quello di sempre, a una persona equilibrata, si è rivelata molto difficoltosa. Il merito è decisamente di John, che salva Sherlock non soltanto da morte certa, ma anche da quella voce orribile che è spuntata fuori all'improvviso e che voleva proprio che Sherlock si uccidesse. Non avevo dubbi su questo, John tira fuori sempre il meglio in Sherlock Holmes e lo ha fatto anche in questo caso. Il salvataggio diventa così sia metaforico che non, e mi è piaciuto proprio per questo. Bellissimo il momento in cui si ritrovano, con questo trucco che lentamente sparisce e con John che torna alle sue reali fattezze. Sherlock sembra averne una necessità quasi fisica di vederlo e di toccarlo per quello che ricordava. Una necessità più che naturale se si pensa a quello che ha dovuto sopportare, pareva sentire il bisogno di constatare che non fosse un sogno, che non fosse un'allucinazione e che quello fosse per davvero John Watson. Io Sherlock me lo immagino proprio così, bisognoso di toccare con mano. Me lo vedo molto tattile, una volta superato il primo difficilissimo scoglio. Me lo figuro come una persona che sente la necessità di toccare le cose con mano, e non intendo soltanto nel senso più sessuale del termine. Ma anche più innocente ecco. Quindi un'ottima prima parte, come sempre.

Detto questo, nella seconda parte si torna su toni un po' più difficili. Mycroft non sta benissimo e la sua situazione fisica mette a dura prova suo fratello e i suoi amici. Lestrade su tutti, l'ho trovato quello che la prende peggio di tutti gli altri. Perché anche John è preoccupato, anche Sherlock è devastato dal terrore di perdere anche suo fratello. Ma Lestrade invece prova anche del senso di colpa, doveva andare lì anche per proteggerlo e non solo non c'è riuscito, ma non si è neanche accorto che gli era successo qualcosa. Credo però che fosse Mycroft a non volere che nessuno se ne accorgesse, lui è fatto così ed è per questo che la scena successiva, quella che si svolge "nella sua testa", l'ho trovata bellissima. Lì, Mycroft compie un'ulteriore evoluzione che questa volta sembra essere quella definitiva. Mycroft in un primo momento sembra quasi credere alle parole di Moriarty e Sebastiana, ma poi arriva sua madre e la sua concezione delle cose inizia a cambiare. Ho adorato la sua decisione di tornare indietro e ho adorato anche il motivo per cui l'ha deciso. E ho adorato ancora di più il modo di fare di Sherlock, che prima impazzisce, poi crolla e alla fine non si tira indietro dal dimostrare quanto vuole bene a suo fratello. Molto da Sherlock un atteggiamento così.

Insomma, un bellissimo capitolo (l'ennesimo). Ora ci vediamo per il finale.
Koa

Recensore Master
04/12/18, ore 16:31
Cap. 34:

Ciao, ma guarda un altro capitolo davvero fantastico e sotto tanti punti di vista diversi che ci offri da ormai diversi capitoli e che girano attorno a un unico fatto ovvero l'incontro di pace e l'assassinio del primo ministro mancato. Qui il capitolo si apre con Greg e le sue motivazioni. Hai fatto un'analisi pazzesca dei suoi sentimenti, di quello che ha passato fino ad ora e che io ammetto che avevo un po' dimenticato. Analizzi quello che ha dentro e lo porti, anche grazie all'ottimo Grey (sempre molto acuto), il quale arriva diretto al punto senza troppi giri di parole. Grey ormai parla come uno non solo che sa perfettamente ciò che sa, come come una persona che ha le motivazioni necessarie ad affrontare una situazione potenzialmente mortale. E capisce subito che Lestrade invece non ne ha e per questo vuole aiutarlo a tirarle fuori e lo fa con la deduzione più bella che ho letto. Lo inchioda per davvero e tanto che Greg è costretto ad ammettere che non aveva nessuna motivazione a spingerlo. John ha Sherlock, eccetera... ognuno ha il suo "perché" a spingerlo a sopravvivere. Ma Greg non ne ha. E qui si arriva alla conclusione, ovvero che è lì un po' per se stesso e per ritrovare il Lestrade di un tempo (e che gli manca) e per aiutare Mycroft che ritiene un vero amico. Una sorta di angelo custode che lo ha aiutato quando aveva più bisogno. Tutti gli sforzi che fa sembrano però dissolversi nel momento in cui ci rendiamo conto che Mycroft è stato colpito. Ora, se il colpo sia mortale questo non lo sappiamo (ma io continuo a sperare che non lo sia). Su Mycroft non ti dico nulla, per ora. Dico solo che mi è piaciuto come hai trattato la sua "connessione" con Anthea, tutta quella parte centrale con Mistica mi è piaciuta moltissimo.

Un'altra cosa che hai gestito ottimamente sono i "punti di vista" di una stessa scena che offrono una visione davvero molto ampia dei fatti. Anzitutto il grido di Sherlock, percepito da angolazioni diverse e che colpisce sempre per intensità e per rabbia. E poi, di nuovo, lo sparo al quale stavolta aggiungi un tassello fondamentale ovvero il ruolo di Greg e quello che è venuto davvero a fare in Svizzera. René è stato arrestato, e questo è già un ottimo passo in avanti. Moriarty smascherato e ora sappiamo che si è buttato... direi che le cose si stanno mettendo benino (più o meno). Ora spero che Sherlock non faccia scemate e che non decida che buttarsi di sotto è una prospettiva valida, spero che riesca a riconoscere il travestimento che Mistica ha fatto su John e che non si metta a sparargli perché lo crede un nemico. E spero anche che Mycroft se la cavi. Ma sono comunque molto soddisfatta, ansie a parte.
Koa

Recensore Master
30/11/18, ore 01:28
Cap. 33:

Il film, cui fai riferimento nelle Note iniziali, l’ho visto e l’ho trovato molto piacevole ma poi lo Sherlock di Robert John Downey Jr. ed il dottor Watson di Jude Law, nella mia mente sono stati messi decisamente in ombra dallo Sh dei Mofftiss, per molteplici ragioni. Comunque hai saputo ricrearne, con abilità narrativa coinvolgente, il fascino dell’intrigo e dell’intreccio di elementi di tensione. Spero che non si ripeta il salto giù dalla terrazza del castello in cui si trovano, del resto il suo “volo” Sh l’ha già compiuto dal tetto del Bart’s.
A parte le facili battute, ti sei ispirata ad un film non banale e semplicistico, ma ricco di complicazioni e di colpi di scena.
Il capitolo si apre con l’intervento di Harry, classicissima figura di gentiluomo britannico (ASIB, che nostalgia,) che tu qui utilizzi sfruttando tutte le sue potenzialità espressive di funzionario governativo molto, molto addentro alle questioni di potere più delicate. Mi è piaciuto davvero il suo intervento.
Un altro punto di forza di questo capitolo è il delinearsi, sempre più nettamente, dell’intesa che c’è tra Anthea e Mistica. Due donne sofferenti e colpite, sia pur con modalità diverse, che trovano una spontanea ed immediata facilità di comunicare tra loro e di esprimersi sostegno e vicinanza l’una nei confronti dell’altra. Situazione che non sfugge all’attenzione di Grey; sono curiosa di scoprire se hai in serbo sviluppi in questo senso.
Per quanto riguarda la parte spionistica della storia, tu l’esprimi con una
costruzione del piano criminale e del piano d’intervento di chi deve sventare l’attentato, dettagliata e credibile. Purtroppo, ogni rivolgimento negli equilibri dei paesi è quasi sempre riconducibile a vantaggi economici. Del resto, qui Marx aveva ragione, tutti i conflitti affondano le loro radici in un terreno infido d'interessi e di mero calcolo.
Molto ben pensato il punto di vista che ci accompagna durante il “summit”, e non poteva essere che quello di Mycroft, elemento di connessione tra tutti i partecipanti.

La tensione ed il mortale pericolo, sia individuale sia mondiale, li raffiguri efficacemente in quel fragoroso e violentissimo tuffo che le cascate di Reichenbach compiono verso il basso: l'impressionante forza, l'ineluttabilità del loro precipitare, l'impotenza di chi si sente troppo fragile di fronte a tale, terrificante spettacolo.

Reichenbach e l'esplosione tragica della follia omicida di Moriarty. Un parallelismo perfetto quello che tu hai ideato.
Reichenbach come l’espressione mortale di una forza che non si può fermare e sopprimere.
Arriviamo alla scena tra tra Jim e Sh, e, riguardo a quest'ultimo, a te bastano due rapide pennellate, riferite al suo abito ed al colore cangiante e prezioso dei suoi occhi ("... di un bellissimo verde acqua..."), per far sobbalzare il povero cuore di noi sherlocked.

Il dialogo tra i due é un fantastico e trascinante "crescendo" di ritmo, toni ed intensità, che affonda la sue radici, per trarre vigore, nei fantasmi del passato di Jim e nell’amore unico che Holmes prova per John.
Davvero rappresentata, con maestria la, sempre più assordante, intromissione, nella mente del criminale, delle voci di Seb e della madre, veri e propri incubi stanati dall'accendersi della terribile ira di Sh alla notizia della (finta) morte di Watson.
A questo proposito, io penso sempre di aver già letto un capitolo migliore di quello che ho davanti ma, con te, devo ricredermi il più delle volte.
Infatti, la forza e l'impeto attraverso i quali dilagano, tremendi, la rabbia ed il dolore del consulting sono degni dello "Sturm und Drang” di romantica memoria, che esalta la follia inarrestabile del genio e la tempesta attraverso la quale raggiunge chi la evoca.
Questo campeggia, infatti, soprattutto nella parte riguardante la scena finale in cui uno Sh, veramente gigantesco nella sua disperazione e nella sua furia, insegue un Moriarty che, più corre a rinchiudersi nel ripostiglio, più sembra precipitare goffamente nelle ombre ancora tormentose del suo passato, dominato da due figure di donne che racchiudono in sè la follia e la violenza, sfogate su di lui, ritornato “il piccolo Jim”.
Mi ha lasciato positivamente impressionata, l’immagine, rappresentazione magnifica della vendetta e della punizione senza possibilità di scampo, che trasforma quello “sguardo fisso, attonito” di Sh in un’espressione furente, resa più temibile dal modo meccanico e quasi composto con cui Holmes ripete, come un terribile anatema, : “…Tu hai ucciso John…”. E poi fai incominciare l’inseguimento per i corridoi di quell’ala dell’albergo, deserta per volontà di Moriarty, che risuonano ormai, non più del tono piatto ed incredulo della voce di Sh, bensì di un’espressione quasi animalesca e terrificante: parli infatti del suo “ruggito”, e di quella cintura che tu fai trasfigurare in una temibile arma. Davvero, davvero efficace il tuo racconto, che ho trovato molto emozionante.
Un capitolo, questo, intenso e ricco di colpi di scena.
Particolarmente riusciti, poi, quegli accenni a gesti, sguardi, atteggiamenti dei personaggi che li rappresentano in maniera diretta, quasi li avessimo di fronte.
Mi riferisco, per esempio, a come è seduto Harry, all’inizio, oggetto di tue precise e fotografiche pennellate, all’improvviso, ed apparentemente ingiustificato, alzarsi dal tavolo di riunione che fa Mycroft, ed al suo andare a guardare la cascata attraverso le finestre, all’impossibilità di John di stare fermo, nella terribile tensione d’individuare il killer e, allo stesso tempo, nell’irruente bisogno di ritrovare il suo Sh. Questi, che ho appena elencati, non sono che pochi esempi, come ho detto, della tua capacità di fissare le caratteristiche di un personaggio attraverso gesti apparentemente banali ma, nel caso dei personaggi principali, decisamente illuminanti sul corso dei loro pensieri e, cosa non meno importante, assolutamente IC.
Ottimo lavoro.

Recensore Master
27/11/18, ore 13:30
Cap. 33:

Ciao, leggendo il capitolo ho ritrovato con molto piacere la trama di Sherlock Holmes - Game of Shadow, film che mi è piaciuto tantissimo e la cui trama (o almeno una parte) tu sia riuscita a riadattare in maniera credibile e convincente in chiave moderna. Di tuo resta sempre la profondità psicologica che riesci a dare ai personaggi, la capacità di entrare nella loro testa e darci non soltanto personaggi molto IC, ma anche capaci di provare sensazioni ed emozioni molto complesse, e in questo penso più che altro a tutta la parte che hai dedicato a Sherlock e a Moriarty, ma su questo tornerò più tardi.

Il capitolo è molto attivo e movimentato, al contrario dei precedenti, che erano invece concentrati sulla mente di Sherlock Holmes e sulle conclusioni a cui alla fine riesce ad arrivare. Qui riprendi in tutto e per tutto la trama del film, quanto si vede alle cascate di Reichenbach, dandoci una visione parziale di quanto succede. Il capitolo si apre con quello che è l'altro fronte, lontano dalla Svizzera, ma non meno attivo. Come sempre dosi le giuste informazioni in modo sapiente, sappiamo che Dimmock ora collabora con Greg e che stanno lavorando al massimo che possono. Ma sappiamo anche che i Los Errores hanno già iniziato a scrivere e a pubblicare articoli. Tutte queste cose sono molto importanti, come il dialogo iniziale con Harry, il valletto del principe che consente al gruppo di nascondersi in maniera sicura, ma anche di proteggere Mycroft da una morte ormai quasi certa. Le cose si muovono ed è complesso tenere anche a mente i fili, dato che il mondo in cui ci proponi la scena è non lineare. Nel senso, non ti concentri su un unico fronte, portando avanti soltanto quello per poi passare a un altro. Hai fatto invece un montaggio molto cinematografico. Molto "da film". E che io sto apprezzando anche per la complessità che riesce a dare a questa storia. Ci sono tanti incastri da tener presenti, uno di questi è il fronte londinese, ma un altro altrettanto importante è quello che vede Mycroft in compagnia di Fox e John, debitamente mascherati. Qui Game of Shadow torna in modo potente, non hai tralasciato nulla del film, lo hai invece ripreso correttamente. John che conosce il metodo di Holmes e che proprio per questo arriverà a capire chi è l'attentatore. Hai riportato in modo fedele e preciso tutto quanto, dalle deduzioni sugli occhi, a quelle sulle cicatrici coperte dai capelli... fino alle reazioni spontanee. Per chi conosce quel film a memoria, come la sottoscritta, questo capitolo è stata una vera gioia.

E veniamo ora alla parte finale. Beh, la reazione di Moriarty alla reazione di Sherlock è come nessuno si aspettava. Si era capito che Moriarty aveva una mente molto debole e fragile e che sarebbe potuto crollare da un momento all'altro, ma che il motivo sia stato proprio il modo in cui Sherlock reagisce l'ho trovato geniale. Davvero geniale. Sherlock ha una reazione contraria a quella che si poteva pensare. Reagisce con rabbia e violenza, attinge al proprio lato oscuro. E qui ci si ricollega a quanto lui stesso pensava nel capitolo precedente, il suo chiedersi se sarebbe poi riuscito a tornare indietro a un atteggiamento meno oscuro... io credo ce la farà l'amore che nutre per John è più forte di tutto. E poi non dimentichiamoci che John è lì a pochi passi. L'ha persino sentito gridare... ora non resta soltanto che il passo successivo. Il film finisce in un certo modo, confido che questa volta tu faccia andare le cose in una maniera leggermente diversa. Insomma, John che aspetta altri due anni... spero davvero che Sherlock faccia fare la caduta a Moriarty e basta. Di certo è sulla buona strada.

Gran bel capitolo davvero, ora fremo per il successivo.
Koa

Recensore Master
22/11/18, ore 02:04
Cap. 32:

Il capitolo si apre con l’irruzione in scena di Greg che porta sempre con lui una ventata di sana, arruffata, semplice umanità: si stupisce decisamente, e lo dimostra con un’esternazione molto colorita (“Ma cosa…”), di fronte allo spettacolo agghiacciante che vede a casa di Mycroft; sangue, cadaveri camuffati, Anthea con evidenti segni di violenza.
Nel suo interloquire immediato, e non certamente diplomatico, Greg riassume superbamente i nodi della questione che vanno dall’ossessione di Moriarty per Sh al rischio di una terza guerra mondiale. Mi è proprio piaciuto immaginarlo con le mani sui capelli, agitato ma sempre disposto a rimediare ai disastri che trova.
Questo è un capitolo, secondo me, in cui campeggia, rispetto al precedente, che ho trovato, fino ad ora, davvero splendido, la tessitura razionale della
strutturazione di un piano che possa salvare Sh, dare sicurezza agli equilibri politici mondiali,
salvare Mycroft. E, la chiave di tutto questo, sta nella necessità di annullare lapotenza malefica e folle del "Napoleone del crimine". Assembli, in un'unica visione di giustizia in cui vanno a confluire, elementi
della dimensione personale e ragioni più allargate, anzi, mondiali. A propositodelle motivazioni personali, ovviamente, spicca l'angosciosa tensione che opprime John, coinvolgendolo in maniera totale, monopolizzando la sua energia, nell'attesa di poter riabbracciare, sano e salvo, il suo compagno. Per quanto riguarda, invece, gli aspetti meno personalistici, c'è l'urgenza di
salvare un equilibrio tra le Nazioni che corrisponde alla pace. La salvezza di Mycroft s'intreccia con il suo essere fratello di Sh, l'uomo a
cui Anthea è devota in modo totale e anche Mister Inghilterra. É una specie di
crocevia, il maggiore degli Holmes, in cui confluiscono elementi i più disparati. Da lui non si può
prescindere, in alcun caso. Nel leggere tutta la parte dialogica in cui si espone tutto lo svolgimento di ciò che si spera porti alla disfatta di Moriarty, ho, via via, ammirato la tua
indiscutibile capacità di costruire il castello razionale, necessario alla predisposizione delle azioni da compiere, composto dai vari interventi e dalla vasta casistica di esiti, in maniera davvero credibile, senza una minima sbavatura di non
possibilità
logica. Tutto sistemato in un ordine razionale, il tuo, invidiabile. Io sono più 'cialtrona" da
questo punto di vista, sia nei miei ragionamenti che nel mio modo di guardare alla realtà.
Evidentemente la tua preparazione professionale ha fatto sì che, nella tua visione del mondo circostante, convivano elementi di natura
puramente razionale ed altri che afferiscono alla sfera emotiva, più difficilmente riferibili a strutture precise. Del resto la complessità della persona è dovuta proprio al confluire di
elementi disparati in un "unicum" a volte molto difficile da interpretare. Per esempio rimane quel dubbio sulla possibilità che anche James avrebbe
potuto diventare un uomo senza gli aspetti inquietanti e pericolosi che lo
connotano ("...Anche James sarebbe stato diverso..."). Mi piace molto questa tua attitudine a
togliere il confine che rende netta ed invalicabile la distinzione tra il male ed il bene. Questo non nel senso di cedere alla tendenza di un buonismo senza "se" e senza "ma",
bensì salvaguardando l'ottica che trova, nel profondo dell'essere umano, le
ragioni dei suoi comportamenti. Infatti il dovere del riscatto e del diventare migliori c'è per tutti, c’era anche per Moriarty ma, ormai, è troppo tardi. La cattiveria di chi gli è stato vicino, come Seb, ha lasciato in lui cicatrici troppo profonde e dolorose.
Molto ben rappresentato lo scambio tra Mycroft e John nella parte centrale del capitolo, tutto giocato con equilibrio su una fitta trama di domande e risposte, allusioni, velate provocazioni soprattutto sul rapporto tra Watson e Sh.
Mycroft tiene moltissimo al fratello e sa anche che il medico, sicuramente, è l’unico che può occuparsi di lui facendolo stare bene, tenendolo lontano dagli stupefacenti. Però, all’inizio, è guardingo e tende a mascherare ciò che prova veramente, com’è sua abitudine. Ma l’umanità accogliente di John riesce a penetrare le sue difese ed a raggiungere il suo cuore, dandogli del conforto e la speranza di un futuro migliore. A tale riguardo, riporto quella frase che ho trovato splendida e che, secondo me, è la chiave con cui John riesce ad aprire la porta verso il cuore di Mycroft:”… Lui è lo specchio della tua umanità…”. Davvero efficace e coinvolgente, brava.
Il capitolo si chiude con il brivido d’inquietudine lasciatoci dall’avanzare di Jim verso il ragazzo che gli ha portato la notizia che sperava riguardante la morte, così crede, di Watson. Un serpente velenoso che avanza per ghermire una piccola, insignificante preda che, però, non è la sua bellissima “trota dorata” di cui ambisce il possesso. Staremo a vedere.
Brava.
(Recensione modificata il 28/11/2018 - 12:57 am)

Recensore Master
21/11/18, ore 15:30
Cap. 32:

Ciao, leggendo il capitolo ho ritrovato la stessa atmosfera di cui tu parlavi nelle note iniziali ovvero la quiete prima della tempesta. Dà sensazioni molto diverse rispetto al precedente, dove scavavi nella mente di Sherlock e in cui Sherlock giungeva a delle soluzioni importanti per il caso. In questo capitolo invece si iniziano a tirare le fila dell'intera vicenda e anche dai punti più lontani, a partire da Greg alacremente al lavoro per svolgere quella che è la sua mansione, sino ad arrivare agli stessi Mycroft e John, tanto vicini a Sherlock quanto lontani. Sì, c'è una sensazione di calma apparente. Una sorta di "notte prima degli esami" in cui gli esami decretano la vita o la morte. Quindi la tensione indubbiamente non se ne va, ma ciò che arriva molto chiaramente e soprattutto da parte di Mycroft e John, è l'impressione di trovarsi subito prima di una battaglia. John ripensa alla guerra, ai gesti meccanici e scaramantici che compiva per prepararsi a quanto sarebbe successo il giorno seguente. Trovo l'accostamento molto indovinato e molto giusto, quella che avverrà è una battaglia. Una vera e propria guerra, combattuta su più fronti e da persone molto sagge. John e Mycroft la vivono in modo diverso, John sembra più fiducioso e questo sentimento non arriva solo dalla fiducia immensa che ha nelle capacità di Sherlock, ma anche da quella nei Los Errores, in Lestrade, in tutta quella macchina complessa che con fatica hanno messo in piedi e che ormai è quasi arrivata al traguardo. Quindi appare più determinato, più ottimista. Mycroft sembra invece sfiduciato o, meglio, crede nelle capacità del fratello ma in un primo momento non pensa che la sua sopravvivenza sia una componente fondamentale del piano. Crede di essere quello più sacrificabile, un atteggiamento simile a quanto visto in The Final Problem, il suo dare per scontato che John avrebbe scelto John Watson. Ho ritrovato lo stesso Mycroft che qui, però, viene convinto da John del contrario. Ho adorato il fatto che Mycroft si renda conto a un certo punto di che cosa ha attratto Sherlock, in quel semplice dottore. Lo capisce proprio mentre John gli parla, si rende conto che è una persona speciale. Ma io credo che Sherlock non si sarebbe mai innamorato di nessuno "meno" di John Watson. E tu fai uscire splendidamente il concetto. Ora spero solo che i propositi di entrambi si avverino.

Sulla prima parte non ho molto da dire, è la componente più tecnica della storia e ho già espresso molte parole. Dico solo che ammiro i Los Errores, perché la loro sagacia, il loro sapere cosa scrivere in un articolo e cosa invece no, cosa sanno che l'opinione pubblica assimilerà, mostra una grande esperienza ma anche tanta intelligenza e usata nel modo giusto. Quindi quella parte mi è piaciuta molto, così come il fatto che siano riusciti a far credere a Moriarty che quello morto era davvero John Watson. Anche qui, tanti piccoli pezzettini di una macchina enorme e complessa. Anthea, Mistica, Molly, Greg che parla con Dimmock... non assistiamo al loro dialogo ma dal finale è chiaro che Dimmock sta prendendo parte all'azione. E quel poco che fa è sufficiente a convincere Moriarty di una cosa importante ovvero che John Watson è definitivamente morto. Insomma geniale!

Ora sono molto curiosa di capire cosa succederà in termini pratici, perché Sherlock pare aver scelto per la soluzione più semplice ma mi domando quale possa essere. Di certo Moriarty ha dei punti deboli, ma non saranno facili da trovare.
Alla prossima.
Koa

Recensore Master
15/11/18, ore 14:54
Cap. 31:

Ciao, sono davvero molto ammirata da questo capitolo che reputo decisamente il migliore letto finora. Non che i precedenti siano brutti, anzi, ma in questo scavi così tanto profondamente nella mente di Sherlock ed è tutto così verosimile, che non posso far altro se non complimentarmi con te. I tuoi studi a mio avviso si intuivano già perfettamente da come scrivevi dei sogni di Sherlock, il simbolismo soprattutto, ma anche nel taglio che aveva l'introspezione. Il significato recondito che riesci a dare ai pensieri e ai sentimenti era intuibile fin dall'inizio, hai creato una sorta di "substrato" dal quale attingi di tanto in tanto, ma senza nemmeno esagerare troppo e che resta sempre lì, pronto a tornare utile. Ma in questo capitolo vai ancora più oltre e questa volta Sherlock lo fa con coscienza. Dopo un ennesimo sogno turbolento e che sembra non far altro che peggiorare la situazione, Sherlock sceglie coscientemente di scavare dentro al proprio cervello in cerca di una soluzione al problema. Quello che gli succede cambierà a mio avviso radicalmente il corso della storia, prima pendente fin troppo dalla parte di Moriarty. Ma su questo ci tornerò più tardi.

Come dicevo prima, dove parlavo di credibilità, il viaggio dentro la mente di Sherlock è verosimile. A iniziare dal fatto che si ritrova a scendere in una botola che prima evitava e che non considerava. Il viaggio laggiù è doloroso, Sherlock si ritrova ad affrontare ricordi e persone che lo spaventano (mi è piaciuto molto il pezzo in cui dei ragazzi lo bullizzano, dandogli della femminuccia, l'ho trovato di una realtà impressionante). Sherlock non procede con facilità, il suo non è un percorso semplice. Al contrario vacilla e in questo hai fatto benissimo a descrivere il posto come sgradevole, ci parli dell'odore pungente di muffa, per esempio e che rende perfettamente l'idea di un posto chiuso, dove non entra mai nessuno, dove quasi non c'è aria. Un luogo che è tutt'altro che limpido, ma dove si annidano i sentimenti più oscuri di Sherlock. Lì, dopo aver oltrepassato Moriarty, finalmente Sherlock rivede sua madre. E per tutta quella parte, che poi ci condurrà al finale, assistiamo a un qualcosa di molto simile a quanto già si era visto di Jane/Eurus. Non è ben chiaro se si tratti lei sia vera oppure se sia tutta una fantasia di Sherlock. Propenderei per la prima e che quella sia davvero una sorta di spirito della madre, di eco di quel che era, diciamo così. Che si è annidato dentro il figlio e dove vivrà per sempre. Penso sia così perché la precisione delle descrizioni che dà riguardo alla sua vita passata, su come ha conosciuto la madre di Moriarty e di Moran, è davvero chirurgica. E specialmente dal punto di vista emotivo e sentimentale, ci sono tutti i sentimenti che ha provato e che confessa, senza trattenere persino i peggiori. E Sherlock, per quanto bravo, qui parla con una persona che non sarà in carne e ossa ma che porta un background complesso e articolato, che lui non può conoscere per intero. E questo è molto verosimile, per poter essere una creazione del suo palazzo mentale. La madre dice cose che Sherlock non può conoscere, come il pezzo in cui dice che non considerava i suoi tre figli come un qualcosa che le apparteneva, un sentimento quasi innaturale per una madre. Ma che tu hai reso benissimo in questa caratterizzazione pazzesca. Si vede tantissimo di Sherlock, in lei e questo è vero. Ma altrettanto di Mycroft, oserei dire che c'è quasi più di Mycroft che di Sherlock. Dal discorso che fa a me è piaciuto tantissimo il fatto che sia un po' in bilico tra logica e sentimenti (molti dei quali sono negativi). Questo parlare e guardare alle cose con una razionalità spaventosa... Ha una logica che inchioda e che a me ricorda tantissimo l'Holmes di Doyle, più razionale e meno visibilmente sentimentale di quello di Moffat e Gatiss. Ed è proprio questa razionalità che permette a Sherlock di vedere quello che sta succedendo nel presente con uno sguardo meno bloccato dal terrore. Ho amato il momento in cui lei deduce lui, Sherlock si ritrova a essere dall'altra parte, ad assaggiare la stessa medicina che rifila invece a tutti quanti. Essere dedotti, essere messi a nudo per ciò che si è davvero e smascherare quel che invece si ha da nascondere, fa un altro effetto se si sta dall'altra parte. E all'inizio a Sherlock non piace, la cosa lo imbarazza. Però poi si ritrova a confessare quello che prova, ad ammettere che Moriarty lo terrorizza e che teme di non essere alla sua altezza, ha paura di non essere tanto bravo. E questo perché, e cavolo è verissimo, ha passato troppo tempo a sentirsi dire di non essere bravo abbastanza, per crederci davvero. E qui si parla del rapporto complicato che ha avuto con Mycroft, ma non soltanto perché c'è molto di più. Io credo che quel passaggio sia importante, il suo confessare a se stesso quello che più teme, è il primo passo per poterlo superare. Molto meglio che lasciare i sentimenti giù ad ammuffire. Perché deve vedere le cose da un punto di vista razionale per non soccombere a Moriarty. E qui arriva la parte sorprendente, che Moriarty avesse anche altro per la mente quasi lo si era capito (altrimenti non sarebbe Jim Moriarty). Ma non mi potevo dire sicura, tutt'altro. Ero certa del fatto che fosse infido e che non ci si potesse affatto fidare di lui. E su questo avevo ragione. Ma non pensavo che il suo piano potesse essere quello di liberarsi anche di Sherlock. Credevo che la sua ossessione per colui che creder essere un fratello di sangue, fosse più una dipendenza e che non riuscisse a farne a meno. Ora mi sono resa conto che invece è molto più instabile di quanto si creda, penso di esser caduta un po' in quello che diceva la mamma di Sherlock, ovvero nell'errore di avere pietà di lui.

A questo punto direi che davvero si vede la luce in fondo al tunnel. Ed è l'atteggiamento di Sherlock, che cambia radicalmente nella parte finale, a farmelo pensare. Finora Sherlock è stato un po' vittima degli eventi. Complice la ferita, il terrore di perdere John... si è un po' secondo me lasciato andare a se stesso, mostrandosi come eccessivamente fragile agli occhi di Moriarty. Il che, però, potrebbe non essere un aspetto negativo. Ora Jim è convinto di essere in vantaggio, quello che non sa è che Sherlock ha trovato invece la chiave. Dovrà andare oltre e spingersi al di là dei limiti morali. Sarà interessante vedere come lo farà, quello di cui sono certa è che John Watson e l'amore che Sherlock prova per lui, lo aiuteranno a non perdersi e a non diventare come Moriarty. Di questo ne sono assolutamente sicura.

Non vedo l'ora dell'aggiornamento.
Koa

Recensore Master
14/11/18, ore 16:39
Cap. 31:

Il viaggio, già intrapreso nel capitolo precedente, nel profondo dell’animo di Sh, si fa più lungo e ricco di elementi inquietanti che richiamano un passato angosciante, illuminato da una luce livida.
Hai giustamente fatto riferimento al suo Mind Palace, vero e proprio “luogo dello spirito”, archivio, ma non solo, del suo passato e del suo presente.
Hai suggestivamente concentrato, nell’immagine di quella botola che Sh non ha avuto precedentemente il coraggio di aprire, tutto il non conscio più oscuro che costituisce, comunque, il terreno su cui germogliano i nostri comportamenti e le nostre scelte.
Ognuno di noi ha, da qualche parte della mente, un passaggio inquietante, temuto e, per questo, ben coperto da una botola pesante di autoconvincimenti che “noi non siamo il nostro passato” ma, invece, dovremmo, prima o poi, fare i conti con ciò che abbiamo lasciato alle spalle.
L'entrata per scendere giù, dove ci sono le cose più nascoste e, all'apparenza, incomprensibili, è, ancora una volta, un sogno che tormenta Sh e gli lascia dubbi e sinistri presentimenti.
Comunque c'è sempre un'atmosfera di morte che lo circonda e che si concretizza in quella strana figura di donna che sta cullando un bambino.
Ma, progressivamente, la consapevolezza di Sh si fa più tangibile, e le immagini si precisano: quella che sembra una madre che culla serenamente la sua creatura è, invece, vittima di una sorte maligna che le ha tolto la facoltà di vedere e che ha segnato sia lei che il bambino con lividi penosi. È una visione che stringe il cuore e che lascia un grande senso d'angoscia.
Nel descrivere, con la tua consueta precisione e compartecipazione a ciò che succede, il risveglio di Sh, hai giustamente fatto riferimento al suo Mind Palace, vero e proprio archivio di ciò che costituisce, non solo il suo passato, ma anche il suo presente. Hai suggestivamente concentrato nell'immagine di quella botola che Sh non ha avuto precedentemente il coraggio di aprire un ostacolo a cercare più a fondo nel suo cuore e nei suoi ricordi.
Ognuno di noi, da qualche parte ha un passaggio inquietante, in cui si sono rintanati i fantasmi del nostro essere.
A questo riguardo, fai ritrovare a Mistica quella foto così particolare sulla quale spicca una scritta terribile ed accusatoria: chiaramente ritrae la madre dei bambini Holmes ma questo legame appare non espresso tanto è il distacco che tiene distanti i tre soggetti rappresentati.
Mi continua a piacere il rapporto di amicizia e condivisione che si è instaurato tra Anthea e Mistica, un sorreggersi l'una con l'altra, in una situazione così drammatica, sia pur per motivi diversi, per tutt'e due.
Lo racconti quasi con tenerezza e rispetto per le due realtà umane così provate e questo l'ho trovato molto efficace dal punto di vista narrativo.
Si arriva così alla parte del capitolo che ne é, secondo me, il punto di forza, per la lucidità delle immagini e la forza espressiva che accompagnano Sh in quella specie di viaggio all'inferno che egli compie, scendendo le scale del palazzo in cui giaceva la vittima del tassista killer.
Mi ritornano, con tanta nostalgia, le scene di ASIP, in cui tutto é cominciato: la prima indagine in cui John è stato coinvolto, quella della signora in rosa, appunto, la cena da Angelo, ricca di spunti su cui sarebbe germogliata la Johnlock, e quel palazzo, appunto. Tetro, sinistro, davvero inquietante. E tu, una scelta veramente vincente, l'hai usato per ambientarvi la discesa "agli Inferi" di se stesso che fai compiere a Sh, alla ricerca di qualsiasi elemento possa aiutarlo nella terribile situazione in cui si trova.
Sfilano ai nostri occhi squallide creature perse nella loro viscida malvagità.
Un punto mi ha fatto riflettere, nel senso che non avevo mai pensato a quell'interpretazione che dai degli sguardi intensi con cui Sh si rivolge a John, da Angelo ("... avrebbe anche potuto tentare di sedurlo...") e, poi, dopo la scoperta di chi sia davvero il '"giustiziere" del tassista assassino: uno Sh non ingenuo e colto in una sua fragilitá, ma una persona consapevole del suo orientamento sessuale ed aperta ad un possibile sviluppo in seguito a quel primo, energico, incontro con John. Davvero molto interessante questa tua lettura che connoterebbe la figura del consulting, fin dall'inizio, di una insolita, cosciente umanità, diversa da quell'algida frigidità emotiva e sentimentale che apparirebbe nelle prime due, mitiche Stagioni BBC.
Una lettura, quest'ultima, che, parlo per me, ho sempre considerato, evidentemente in modo superficiale, l'interpretazione più realistica del personaggio.
Tu, con questo capitolo mi hai, in un certo qual modo, "aperto gli occhi" sullo Sh che appariva così distante e disinteressato.
Tornando al capitolo ed all'intenso racconto del viaggio di Holmes in se stesso, ho trovato efficace la disposizione di quelli che sono i fantasmi del suo passato: i "casi chiusi" sono ai piani più vicini alla porta d'ingresso, poi, scendendo, si arriva all' " irrisolto", a ciò che, per lui, è ancora inaccettabile e non definibile perché causa di una profonda sofferenza. Scendiamo, seguendo anche la progressione temporale, dal presente, al passato più recente, all'infanzia ed ai "mostri" che la popolano, prima fra tutti la figura del padre, orrenda nella sua folle malvagità.
L'accompagna nel percorso doloroso l'eco della voce di Moriarty, dèmone ed, al tempo stesso, guida in quel paesaggio così angosciante.
E si arriva alla famosa botola.
La visione, che Sh ha di sua madre, colpisce allo stomaco perché s'intuisce la drammaticità della sua esperienza umana e le sofferenze che hanno connotato il suo essere madre e, di rimando, riferendosi a Sh, il suo essere figlio.
E si scopre che, la voce che giungeva al cuore di Holmes, nei momenti in cui le avances di Moriarty si facevano più pressanti, era quella di sua madre. Riferendomi a sua sorella, nella precedente recensione, ho, di brutto, sbagliato il tiro...Scusami.
Madre che, penso, sia proprio il personaggio "nuovo" cui fai cenno nelle Note iniziali.
Un’illustre matematica, come già abbiamo saputo da una conversazione tra Mary ed il padre di Sh in HLW.
Una mente superiore, che parla a quella del figlio, evidentemente in una connessione profonda che si serve dei canali della genetica.
L'inserimento di questo nuovo personaggio l'ho trovato geniale, come di alto livello è lo scambio dialogico tra madre e figlio. Complimenti.
Colpisce la figura di quel bambino che tiene tra le braccia, chiaramente molto malato, se non addirittura morente…Una figura quasi simbolica che rappresenta tutti e tre i fratelli Holmes: Mycroft, Sh, Eurus. Infatti, ad un certo punto, quel solo esserino ne diventa due, i due gemelli.
E la mente ritorna a quella scritta, “Assassina”, che Mistica, in una foto, ha ritrovato ad indicare la figura di donna. Ecco dove si era arenata, impotente, la forza di Sh per vincere i suoi fantasmi, proprio nella terribile forza distruttrice che ha un termine simile se attribuito ad una madre. Sh ha visto con chiarezza la situazione, ha ascoltato, ha capito che quella donna ha vissuto ed è morta per amore suo, per proteggerlo. L’ha perdonata, se di perdono c’era bisogno.
“…Ci sono sempre stata, solo non sapevi che fossi io. C’è un po’ di me…”: un punto, questo, intenso che mi ha commosso, perché hai saputo, con bravura, far parlare,, non solo la mente di Sh e della madre, ma anche il cuore, ed il flusso di emozioni che scaturisce dalla frase che ho riportato è veramente travolgente.
Prima di chiudere questa recensione, volevo fare un meritato accenno alla scena dell’assalto dei sicari che Grey e le due donne riescono a sventare: davvero una perfetta pagina di azione spionistica.
Comunque, il capitolo, per me, è stato il più intenso e quello che mi ha più coinvolto emotivamente, perché, si sa, gli affetti più cari sono sempre con noi, giusto, come dice la madre di Sh ed il ricordo che suscitano veloci sensazioni riporta a momenti di grande impatto sentimentale. Sei stata veramente brava, che dire?! Un lavoro gigantesco, un regalo magnifico…Indimenticabile quello Sh che, finalmente, anche se nella sua mente, stringe tra le braccia quella donna che, ora, può ancora chiamare “Mamma”, dopo un abisso senza fondo di rimpianti e di dolore.

Recensore Master
13/11/18, ore 01:14
Cap. 30:

Sono perfettamente d'accordo con te sulla profondità del rapporto tra i due fratelli Holmes, lasciamone fuori Eurus, scheggia impazzita di una sceneggiatura che, forse, ha osato troppo. Non c'é dubbio che Mycroft tenga a Sh, si preoccupi per lui ed esprima questa sua attenzione con atteggiamenti o discorsi che possono essere interpretati diversamente. Tu dici che "l'ostinata incapacità comunicativa", definizione che ritengo molto calzante, tra i due fratelli Holmes sia più radicata rispetto a quella che, Stagione dopo Stagione, ha connotato il rapporto tra Sh e John. Mi trovi abbastanza d'accordo. "Abbastanza" perché ciò che è stato inespresso tra i due "coinquilini"ha inficiato le storie di due vite ed ha portato ad un panorama, quello delle ultime scene di TFP, che a me ha lasciato in bocca un amaro sapore di malinconica sconfitta. Troppo vinti dagli avvenimenti, troppo inasprito, John, da una sequela di malintesi e scelte che hanno rivelato percorsi non prevedibili. Un esempio tra tutti, la vera identità di Mary che, pur rispondendo al bisogno di continua ricerca di ciò che porta tensione e pericolo da superare, indubbiamente sconvolge il fragile canale comunicativo tra Sh e John. Quindi l'"elefante nella stanza" che c'è tra loro due, ma non qui da te, dove si respira un'aria di rassicurante realtà di un amore ormai dichiarato e solido, passa da una Stagione all'altra, sempre presente anche se invisibile. Però il fatto che si parli quasi sempre di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, tra i nostri due, ovviamente, è, secondo me, dovuto alla loro condizione di protagonisti e di interpreti di una delle più significative storie d'amore degli ultimi anni. Rispetto a questo, l'aggrovigliata matassa di accadimenti passati ed incomprensioni presenti, tra Mycroft e Sh, è sempre passata più in secondo piano, ma non c'è dubbio che esista e sia più che mai viva e ramificata.
In questa tua bella storia te ne sei occupata con attenzione, hai acceso i riflettori su quanto scorre, sotterraneo ma impetuoso, tra i due fratelli. Mi viene in mente, più chiara di altri momenti, quella scena in TFP, in cui, nell'allucinante scenario di Sherrinford, sotto lo sguardo folle di Eurus, Mycroft cerca di
convincere, con l'inganno di frasi assolutamente pronunciate ad hoc, Sh a scegliere lui come bersaglio mortale. E ho rivisto quei gesti dell'algido Mycroft, come quel suo indicare il cuore, con grazia ed innata eleganza, davanti alla pistola impugnata da Sh, come l'espressione di un amore che, finalmente, ha trovato una via d'uscita, anche se tragica e tardiva.
Il capitolo si apre con una tecnica cinematografica che trovo efficacissima: dallo sguardo particolare, la pioggia che picchietta sui vetri e la leggera condensa che si forma sui vetri, a quello più ampio della visione d'insieme. Suggestivo quel passaggio dalle gocce d'acqua alla stanza e, soprattutto, allo stato d'animo di Mycroft. Bellissimo quel tuo evocare suoni, profumi, rumori che lo circondano di sensazioni positive come il calore. C'è anche attesa ed inevitabilità ma, quest'ultima, a Mycroft penso non faccia paura, visto il suo radicato senso del dovere.
Nel silenzio ed in quell’atmosfera così accogliente, nonostante lo scagnozzo di Moriarty che vigila sotto la pioggia, gli ritorna in mente il fratello e quel suo modo di essere così particolare eppure così importante per lui.
Mi è piaciuto come tu abbia sottolineato il nostalgico dispiacere di Mycroft per non avere mai realmente e spontaneamente abbracciato quel suo fratello minore, così strano, se non in situazioni tragiche.
Dunque, quello di Mycroft, un affetto profondo, sincero e radicato nella sofferenza, quello per Sh.
Descrivi, inoltre, molto efficacemente, il riaffiorare del passato e delle immagini drammatiche che l’hanno caratterizzato, che costituisce il terreno oscuro in cui affondano le radici del tormentoso rapporto che Mycroft ha con il fratello. È un rapporto offuscato da sensi di colpa, ricordi tragici, scenari di violenza inammissibili, ancora più devastanti perché originati dentro a quello che dovrebbe essere il guscio protettivo di una famiglia (“…volto della sua sorellina devastato dalle botte…”). Ma, quello tra i due fratelli, è un affetto che esce nitido dal disastro affettivo e personale che ha segnato il passato di Mycroft e di Sh.
Nel vegliare Anthea che riposa, provata dalle torture subìte, è appunto il suo vissuto di ragazzo troppo cresciuto in fretta per la sua età, a causa degli eventi familiari legati all’allucinante figura paterna, che trova ristoro nell’accudire quella donna che ha dato così tanto per lui, senza chiedere nulla per sé.
Un punto di forza di questo capitolo, dominato dalla figura di Mycroft, che tu rendi tridimensionale, scavando a fondo nel suo animo e sviluppandone le potenzialità emotive e caratteriali appena accennate nello Sherlock BBC, è il costante intervento di Sh nella sua mente che sostituisce l’intervento della voce della coscienza, ed è piacevole perché ne conserva tutte le caratteristiche, come, ad esempio, il pizzico costante d’arroganza che, però, nasconde l’affetto e l’interessamento.
Anche la dolente figura di Anthea è un elemento importante nel funzionare da catalizzatore per l’umanità e la disposizione di Mycroft ad occuparsi di chi gli è caro.
Sì, perché, come fai trapelare tu, nella narrazione, l’algido “Mister Inghilterra” sente che quella donna, rimasta sempre fedele e silenziosa al suo fianco, ora che gli ha fornito una suprema prova di devozione nell’accettazione della violenza subita, è diventata importante per lui, anche se, ancora, egli non riesce a districarsi in quel bosco a lui sconosciuto rappresentato dai sentimenti e dalle emozioni.
Proseguendo nella lettura, si resta colpiti dalla violenza e dal sapore amaro e velenoso del sogno, anzi, dell’incubo, che dilania Sh: nel suo inconscio Anthea e la sorellina diventano un’unica vittima sacrificale di una cieca violenza, ed a loro, viene accomunato Mycroft, mentre la follia e la ributtante malvagità del padre si specchiano nella diabolica perversione di Moriarty.
In Sh, però, fai agitare dei sentimenti contrastanti per quel fratello pazzo e pericoloso. Infatti egli è combattuto tra la naturale diffidenza e repulsione per una mente sconvolta e criminale e una sorta di tenerezza che lo porta a compatire quell’essere così malvagio, vittima comunque, anche lui, di una situazione familiare allucinante.
Il capitolo va verso la conclusione in un’atmosfera da brividi, fra le viscide avances di Jim e gli interventi di quella voce che sembra guidare i comportamenti di Sh. Se non ho capito male, è la sorella che cerca di indicargli la strada più logica per non suscitare l’ira incontrollata di Moriarty.
Un pezzo, questo, che arricchisce la tua storia di scenari proiettati dall’introspezione psicologica che da te ha il carisma della credibilità e della verosimiglianza, anche se si tratta di mostri come nel caso di Jim.
Complimenti.

Recensore Master
08/11/18, ore 09:40
Cap. 30:

Ciao, sono in un ritardo vergognoso, lo so. Ma ci tenevo a leggerla con calma, perché dalle tue note introduttive mi era sembrato di capire che fosse un capitolo molto introspettivo e così infatti è stato. Beh, direi che mi è piaciuto tantissimo e soprattutto la prima parte tutta dedicata a Mycroft. Io ho una specie di predilezione per il suo personaggio, ma difficilmente riesco a leggerlo ritratto al meglio ovvero col suo carattere sfaccettato e complesso. Tu finora avevi fatto un ottimo lavoro, mostrandocelo poco a poco e con la sua umanità che usciva pian piano. Nei primi capitoli sembrava davvero una macchina senza sentimenti, pareva spietato e senza scrupoli. Ma poi hai ampliato la visione di lui e ci hai fatto scoprire un Mycroft che porta dentro di sé un grande dolore e un enorme peso. Esattamente quello di cui ci rendiamo conto fin dai primi minuti di The Final Problem. Qui però la faccenda è diversa e il peso di Mycroft è ancora più grande, quanto accaduto con sua sorella e suo padre non ha smesso di tormentarlo nel corso degli anni. Addirittura è sembrato voler agire contro Sherlock, la verità è che non ha mai smesso di proteggerlo. Forse sì, usava metodi poco ortodossi. Ma la sua volontà è sempre stata quella di tenerlo al sicuro, e da questo concetto arriva il suo tormento interiore. Il sapere che Sherlock è tra le mani di Moriarty non fa stare sicuro nessuno, ma se John riesce a fidarsi dell'uomo che ama, Mycroft non ci riesce del tutto. Le parole di Anthea giungono nel momento migliore e sono molto vere, quando lo guarda Mycroft vede un bambino. L'immagine di Sherlock che in His Last Vow torna bambino agli occhi del fratello maggiore, a me aveva colpito tantissimo e tu l'hai riportata molto fedelmente in queste righe. Mycroft non riesce a superare questo ostacolo, non riesce a vedere il fratello come un uomo adulto e intelligente, vede solo il piccolo da proteggere anche a costo della vita e questo sì, da un lato sarà anche limitante e ingrato verso Sherlock, ma dall'altro nasconde tanta tenerezza. O almeno... io l'ho interpretata in questo modo. Quello che mi è piaciuto ancora di più è il modo in cui Mycroft si rende conto di bloccare i suoi sentimenti, il sentire la voce del padre ancora dopo tanto tempo lo porta a non dare spazio ai propri sentimenti, a rifiutarli e a non volerli accettare. Parte del suo peso sta anche nel voler sopprimere tutto. E qui sembra aprirsi uno spiraglio nella nebbia e il merito è sia di Sherlock che di Anthea. Sapere Sherlock tra le mani del nemico lo porta a provare un terrore talmente grande che non riesce a contenerlo e si ritrova ad accettarlo a piene mani, ma parte del merito è senza ombra di dubbio anche di Anthea. Il loro rapporto non è ancora iniziato e si vede che sono all'inizio, Mycroft ha a malapena ammesso di non volere altre assistenti e non c'è stato nulla se non una carezza d'affetto verso una persona che ha dei gravi problemi fisici, ma il gesto e quella mezza confessione risultano ancora più efficaci e intense, se si pensa che quell'uomo è Mycroft Holmes. In tutto questo, il discorso di Anthea mi è piaciuto davvero tanto. Dice le parole che deve dire e lo fa nel migliore dei modi, ovvero con un tono che fa presa su un uomo rigido come Mycroft Holmes. Lei è al momento tra le più razionali lì dentro, si rende conto che i Los Errores si proteggono a vicenda, che John difenderà Sherlock e Sherlock John. Che loro sono forti dell'amore che provano uno per l'altro, ma al tempo stesso capisce che Mycroft è quello più in pericolo e che è solo. Lei è preoccupata e a questo punto lo sono anch'io.

E qui veniamo alla seconda parte. Premetto che mi fido di te e di Sherlock, si sa che il suo piano è geniale ma intricatissimo, ma al momento mi sembra che tra lui e Moriarty ci sia un equilibrio molto delicato. Forse troppo. Al momento potrebbe avere la meglio uno qualsiasi dei due. Sherlock ha ovviamente diversi vantaggi, primo fra tutti il lavoro che sta facendo Lestrade e che è importantissimo e poi anche tutti i Los Errores. Ma il vantaggio più grande credo sia il far credere a Moriarty di essere debole e indifeso. Sì, Sherlock è molto provato al momento. Sta recuperando da una grave ferita di una pallottola e mangia pochissimo, l'aspetto non sembra dei suoi migliori e nemmeno i sogni gli permettono di dormire tranquillamente e recuperare un po' di forze. Ma io credo che sia molto più forte di quanto non ammetta con Jim e che la sua sia una sorta di tattica. D'altronde, trovare i suoi punti deboli è quello che sta facendo. E il primo più importante punto debole di Moriarty è il credere d'essere il più forte. Eppure non lo è, Jim ha una mente fragile che viene fuori anche in cose sciocche come una partita a scacchi o un rifiuto. Trovo il suo provarci spudoratamente con Sherlock molto IC, io sono convinta che Moriarty nutrisse un'ossessione che sfociava in un interesse anche di tipo sessuale nei confronti di Sherlock. Quindi questo farsi avanti senza alcun problema, mostrando una natura anche vagamente perversa, mi sta piacendo moltissimo. Così come adoro questo Sherlock che si mostra passivo, che si dichiara innamorato di John e che tiene in pugno Moriarty, dicendo che se dovesse uccidere John allora i piani di Jim potranno dire addio a Sherlock Holmes. L'ho trovato un concetto bellissimo e che hai espresso come sempre in maniera delicata.

Aspetto l'aggiornamento perché sappi che al momento mi sento un po' come John, scalpitante per la battaglia.
Koa

Recensore Master
04/11/18, ore 18:11
Cap. 29:

Per aprire questo capitolo, attiri la nostra attenzione sulla coppia Greg/ Molly. È un percorso che, se non ricordo male, è stato seguito pochissime volte dagli Autori nel fandom e sto parlando, ormai, di anni nei quali tantissime ff sono confluite in questo grande mare che accoglie ciò che viene scritto e che noi lettori consideriamo come un regalo da parte di chi s'impegna a pubblicare.

Dicevo, dunque, un pairing, quello relativo allo yarder ed alla patologa, che trova pochissimi cenni d'ispirazione nello Sh dei Mofftiss, come per esempio, durante lo scambio di auguri natalizi al 221b, visto in ASIB.
Tu hai ripreso questa traccia sviluppandola in modo credibile, gestendo il lato emozionale in maniera convincente.
L'umanità accogliente ed immediata di Lestrade, infatti, si completa credibilmente con il carattere apparentemente mite e remissivo di Molly, che trova in lui un abbraccio rassicurante ed una sponda in cui deporre tutta la frustrazione della sua attrazione, disperatamente a senso unico, per Sh. Trovo anche molto verosimile l' "ingerenza" professionale, causata dal senso poliziesco innato in Greg, nel rapporto sentimentale. Lui si rende conto che la sua parte di sè di yarder potrebbe rendere "d'interesse" il suo trovarsi con Molly. Inoltre, secondo me, non ha ancora ben chiaro il suo essere innamorato di lei oppure no. Ma questo senza cattiveria, senza colpe: Greg non è sicuro di se stesso, punto.
Hai gestito molto bene questo passaggio, portandoci ad una scena molto travolgente ed inusuale, visto il posto e le persone coinvolte. Lestrade si è fatto travolgere dall’accoglienza insolitamente calorosa di Molly e l’ha assecondata, desideroso comunque anche lui d’affetto e di considerazione.
Particolarmente “gustosa” la scena all’obitorio, in cui l’istinto di poliziotto di Greg intuisce la vera identità del dimesso signore anziano che si è recato lì per un riconoscimento. Hai ben descritto i movimenti spontanei e professionali dello yarder che, bella scena, si pone subito alle spalle di Molly per essere pronto a proteggerla.
Il momento di reciproca confidenza che segue alla visita di Mycroft e Mistica è liberatorio per entrambi ed intuiamo che tra loro si sta consolidando un sentimento condiviso.
Un altro momento forte del capitolo è il trovarsi di Fox e di Grey, liberi da trucchi ed inganni, liberi almeno di dichiararsi il loro amore. Molto intenso è quando quest’ultimo fa davvero uscire allo scoperto la “volpe rossa”, togliendo il travestimento con cui Mistica ha trasformato Fox con tratti decisamente lontani dai suoi.
La parte finale del capitolo è dura da affrontare perché siamo con Sh nella tana di quel pazzo di Jim e percepiamo tutta la sua follia. Un barlume fioco d’umanità glielo concedi in quel suo sedersi sul letto di Holmes e nel preoccuparsi per la sua salute. Ovvio che Moriarty è sempre un personaggio diabolico ma risalta netta la sua disperata voglia di amare e di essere amato, al di sopra del suo potere e della sua capacità di ricatto nei confronti degli altri.
Sei stata molto abile a far “duellare” Sh e Jim, sull’orlo di un baratro fatto di odio e di follia. Il nostro consulting si rivela geniale nell’inserirsi nelle recondite stanze della mente del suo “fratellino” per cercare di non rovinare la missione e di salvare se stesso. E, a quanto pare, non si tratta solo di pericolo di vita ma di vedersi oggetto di attenzioni perverse da parte di un uomo che, delle altre persone, ha una visione utilitaristica, senza alcun rispetto.
Provoca davvero i brividi quella mano che risale la gamba di Sh, pronta a trasformarsi in un artiglio mortale.
E che dire della vista che si gode dalla stanza in cui si trovano Holmes e Moriarty: ci troviamo di fronte alle cascate di Reichenbach e qui si rendono evidenti i collegamenti tra il canon, lo Sherlock di Doyle e quello dei Mofftiss. Un intreccio simbolico e concreto allo stesso tempo, che veramente è d’ottimo livello narrativo. Quante scene confluiscono in quelle due figure affacciate sul terribile spettacolo naturale!
Vi ritrovo il “volo” del nostro “angelo nero” dal Bart’s, i vecchi episodi dell’Holmes più canonico in senso letterario, le immagini della lotta tra Sh e Moriarty alle cascate in TAB.
Sei stata geniale, hai intessuto una trama preziosa d’intrecci diversi ma confluenti in quell’epico conflitto tra due menti geniali e molto vicine nella loro unicità.
Complimenti, davvero.

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