Recensioni per
A broken man
di Watson_my_head

Questa storia ha ottenuto 23 recensioni.
Positive : 23
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
30/01/20, ore 07:59
Cap. 6:

Vedi che non ti ho dimenticata....Il tuo modo di scrivere e ciò che racconti li ho messi al sicuro tra le “Storie da recensire”, e penso che, leggere delle osservazioni che possano testimoniare la qualità dei propri pezzi, per un Autore/trice sia molto utile. Detto questo, arrivo al presente capitolo.
C’è un primo commento da fare che riguarda la forma del testo. Infatti hai impostato il capitolo con la struttura di un blog, del blog di John, per la precisione.
Questo ci regala un punto di vista privilegiato perché possiamo leggere il flusso di pensieri che John fissa sullo schermo. Il tuo stile, qui, si adegua perfettamente al contenuto perché non ci sono, volutamente, strutture stilistiche complicate in quanto sono discorsi e, quando si parla a ruota libera, il modo di costruire le frasi è meno “ingessato”, cioè segue ciò che esce dal cuore. Così veniamo accompagnati, in quello che dovrebbe essere un percorso di elaborazione del lutto, da una raffica di pensieri che si accavallano l’uno sull’altro e che tu hai espresso con una sequenza prevalentemente di verbi, scelti con cura, che ricostruiscono un panorama emotivo in completo subbuglio.
Sappiamo che lo scrivere, diario tradizionale o blog che sia, non ha importanza, è uno degli aspetti della terapia che Ella ha consigliato a John dopo il tragico “volo” di Sh dal tetto del Barts. John trova la forza per farlo e, nelle prime righe troviamo, dilaganti, un senso di vuoto, di rabbia, di frustrazione e, ovviamente di dolore, oltre alla terribile nostalgia di Sh e l’incredulità per ciò che è successo. Però, progressivamente, andando avanti nella lettura, si notano prima delle quasi impercettibili aperture alla realtà circostante, poi quella che sembra una convinta rassegnazione, nonostante rimanga, silenzioso ma vivo, il sogno assurdo che Sh ritorni (l’ormai mitico “Please, Sherlock, don’t be dead”).
Penso proprio che sia stato un lavoro molto difficile il tradurre un percorso psicologico così particolare e mantenergli la caratteristica fondamentale della credibilità. Ma a te è riuscito molto bene infondere una solida verosimiglianza introspettiva alla confessione di John. Interessante è il reiterare di termini che si riferiscono alla rabbia (“...sono ancora arrabbiato...così arrabbiato...”) soprattutto nell’ultima parte, prima del momento in cui hai riportato un passo del vero blog di John. Dal punto di vista psicologico risulta ciò che resta dopo l’annichilimento iniziale, il disorientamento, i complessi di colpa...A John rimane soprattutto la rabbia e questo mi ricorda moltissimo il John che abbiamo visto nella S4, che ancora non è riuscito a perdonare Sh per averlo lasciato fuori dai suoi piani. Parlavo prima di aperture alla realtà che il medico manifesta nelle sue parole: mi riferisci, per esempio, al fatto che venga citata “una persona” che è riuscita a farlo sorridere. Ed il fatto che venga citato questo particolare accanto all’esortazione rivolta a Sh di tornare, beh, è decisamente rivelatore dello stato d’animo di Watson. Sei cioè riuscita a tradurre il suo dolore, la sua disperazione ma anche la forza per riuscire ad andare avanti. Ma c’è anche l’irrazionale (ma reale!) sensazione che Sh possa tornare. Penso proprio che, la persona che viene citata e che è riuscita a trasmettergli qualcosa di positivo, sia Mary. E qui mi viene l’ansia perché quel personaggio non l’ho mai potuto sopportare.
Questo capitolo mi è piaciuto perché mi riporta al tragico clima di TRF, grandissima puntata dello Sh dei Mofftiss, in cui John si trova di fronte ad un delirio che sconvolge la sua vita. Del dopo Reichenbach, dai Mofftiss non sappiamo più alcuna notizia che ci possa dare un’idea del suo stato psicologico. Con la tua storia ne stai ricostruendo un quadro credibile, senza banalità o facili risvolti lacrimevoli.
Brava.

Recensore Master
04/08/19, ore 15:57
Cap. 6:

Questo capitolo segna in maniera più netta lo scorrere del tempo, aiutata delle pagine del blog di John (quelle reali e quelle scritte da te) ci ritroviamo a vedere il passare dei mesi. Il suo inverno e poi il Natale e più passa il tempo, più il modo di scrivere di John si alleggerisce di molti pesi
e questo lo si percepisce in maniera molto netta. Ciò a cui assistiamo è a una vera e propria crescita del personaggio a un ritorno alla vita vera e propria. Prima c'è solo il pensiero di poter tornare a godersi la propria esistenza, pensare di invitare fuori qualcuno magari anche quando la cosa non gli interessa nemmeno. Poi c'è la vera accettazione della morte di Sherlock, forse la parte più dolorosa del capitolo che culmina con il blog finale. Quello che è pubblicato realmente sul blog di John Watson e che John ha scritto realmente (o chi per lui, voglio dire... è pur sempre un telefilm, ecco). Sappiamo perfettamente quello che sta succedendo, il tornare a vivere da parte di John ha un nome e un cognome ovvero Mary Morstan, il cui nome compare anche tra i commenti al blog originario. Con tanto di Harry che domanda al fratello chi sia questa Mary (e per me ha vinto tutto con quel commento, ma va beh...). Qui abbiamo una presa di coscienza molto reale di quello che è successo a Sherlock ormai un anno prima, una presa di coscienza che è maturata nel tempo e che non è arrivata improvvisata né spuntata dal niente. Sherlock è morto e lui è rimasto solo e il modo in cui arriva ad accettarlo è in realtà molto sereno. Sherlock resterà sempre con lui e l'averlo conosciuto è diventato un valore aggiunto, è felice d'averlo incontrato insomma. Naturalmente è positivo, anche se è un po' una falsa illusione. Io credo che anche se fosse morto davvero, John non avrebbe mai accettato del tutto la morte di Sherlock. Non in maniera profonda almeno. Anche a distanza di molti anni non lo avrebbe superato del tutto e una parte di lui sarebbe morta quel giorno al Barts. Qui però arriva ad accettarlo e questo è un fattore molto positivo, uscire dal buco nero dentro al quale era caduto, fatto anche di ubriacature (e non dimentichiamoci che la storia familiare di John in rapporto con l'alcol non è delle migliori), era fondamentale. Però c'è il fattore Mary e lo star sfociando praticamente nella complicatissima terza stagione. C'è il fatto che il blog è di aprile e Sherlock torna a ottobre e quindi The Empty Hearse, è imminente. C'è il fatto che non manca tanto all'incontro al ristorante. E a questo punto mi domando cosa succederà nella tua storia. Se modificherai il corso degli eventi della serie e in che direzione lo farai, oppure se deciderai di seguire una stessa linea fino alla quarta stagione e anche oltre. Se fosse un qualunque altro autore opterei per quest'ultima, ma io so che non ami Rosie come personaggio e che la sua sola presenza ti dà fastidio (almeno, qualche tempo fa mi ricordo che era così, non so se nel frattempo è cambiato qualcosa). E non mi sfugge nemmeno l'avvertimento slash così come quella sfilza di generi che tendono al suicidio Johnlockiano. Mi sto facendo molte domande, diciamo così perché sono curiosa di capire quale direzione deciderai di seguire se faciliterai la vita a Sherlock e a John oppure se gliela complicherai ulteriormente. Io spero in un finale positivo, come sempre. Non privo di passaggi sofferti, ma è anche vero che John è nella disperazione più totale fin dal primo capitolo...


Resto in attesa di aggiornamenti ovviamente.
Koa

Recensore Master
04/08/19, ore 15:43

Ciao, ho letto entrambi i capitoli che mi mancavano un paio di giorni fa ma ho voluto elaborare bene prima di mettermi a lasciare una recensione e per motivi differenti l'uno dall'altro. L'ultimo perché porta una serie di cambiamenti anche importanti che mi hanno portata a farmi due domande sul futuro di questa storia (ma ci arriverò nella prossima recensione) mentre questo capitolo è stato davvero pesante. Non che fino a questo momento la storia fosse stata leggera ed emotivamente lieve, al contrario. In questo il titolo racchiude perfettamente quello che John Watson è stato fino a questo momento ovvero un uomo spezzato da un dolore più grande di lui e che lo ha travolto in pieno, facendolo quasi annegare. John non riesce a uscire da tutto questo, il suo ritrovarsi ubriaco a Baker Street e l'avere un faccia a faccia, seppur breve, con Mycroft ha riportato a galla ciò che non voleva in nessun modo affrontare ovvero il funerale di Sherlock. Un funerale che ci viene descritto esclusivamente dal punto di vista di John e nel quale si vedono alcune cosette interessanti.

Come dicevo, il capitolo non è affatto leggero. Perché l'abisso dentro al quale è precipitato John non sembra avere una via d'uscita. Iniziamo con un John Watson che si ritrova ubriaco al 221b e che sente riaffiorare i ricordi di Sherlock che aveva seppellito, dei quali aveva voluto dimenticarsi. Ne viene completamente travolto e non sa più come uscirne. Questo è molto chiaro nel John del tempo presente, ma ancora più vivo è il suo dolore durante il funerale. Come dicevo alcune cose le ho trovate molto interessanti, su tutte le osservazioni che fa sugli ospiti. Osserva il distacco di Mycroft e ne è profondamente infastidito, un Mycroft che si prende addosso colpe che poi effettivamente non ha. Mi ha molto colpita il suo tacere, il suo accettare passivamente il dolore e la rabbia di John. Mostra un autocontrollo straordinario, chiunque avrebbe ribattuto, anche se qui le ragioni sono diverse da quelle che John crede. John è convinto che il suo tacere c'entri col fatto che sì, è colpa sua se suo fratello è morto. La verità è che Mycroft conosce verità di cui John deve restare all'oscuro e quindi se ne sta zitto e prende insulti. Sappiamo che è un uomo profondamente controllato ma al tempo stesso è anche molto umano, immagino non dev'essere semplice per lui addossarsi certe responsabilità agli occhi del mondo. Così come non dev'essere semplice vedere tanto dolore in John Watson e non poter fare niente per alleviarlo. Come dicevo, Mycroft è anche molto umano e non può non esser stato in parte colpito dal dialogo avvenuto davanti alla lapide di Sherlock. L'altro personaggio che mi ha colpita è Molly. Il fatto che John l'abbia notato è indice di come il suo spirito di osservazione sia spiccato, molto più di quanto non guardino le persone normali. Vede che Molly è strana, che il suo comportamento è insolito per una persona che ha perso un qualcuno che amava. Eppure non si abbandona alle deduzioni e questo perché è troppo ottenebrato dal dolore per poter fare qualcosa. La verità è che John si lascia un po' scivolare addosso le cose, tutto gli passa vicino ma non lo sfiora mai davvero. Mi è piaciuta questa sensazione come di estraneità verso se stesso, come se John non si sentisse più padrone delle proprie azioni. Il dolore che prova lo ha anestetizzato, non sente più niente e agisce come un automa. Le persone che gli stanno vicino, lo aiutano e si vede che tengono a lui, soffrono anche loro (penso a Lestrade soprattutto, che in parte si sentirà in colpa per aver accusato Sherlock) ma pensano anzitutto a John che ha avuto una reazione preoccupante. Eppure si tengono in disparte e cercano di non essere eccessivamente invasivi nel loro stargli vicino.

Quello che è chiaro è che per John non è stato facile accettare la morte di Sherlock e a peggiorare il tutto c'è il fatto che lui è ancora vivo. Sì, John chiede ancora un miracolo e in fondo ci spera ancora che sia vivo. Ma accettarlo e andare avanti è davvero molto difficile tanto che ci mette davvero molto tempo anche solo per dire che Sherlock è morto. Diciamo che la sensazione che ho avuto è che John abbia toccato il fondo con questo capitolo. Ora non gli resta che risalire.

Intanto ti faccio i complimenti per il capitolo. Ho letto le tue note finali e immagino che non sia stato semplice scrivere un capitolo come questo. Carico di dolore e sofferenza, quindi i complimenti sono doppi.
Koa

Recensore Veterano
31/07/19, ore 15:38
Cap. 6:

«La gente si innamora del proprio dolore al punto che non riesce più ad abbandonarlo. Lo stesso vale per le storie che racconta. Siamo noi stessi a tenerci in trappola».

Mi piace molto come frase per cominciare questo capitolo che sapevo gia' essere tutto sul blog di John. Ho avuto la sensazione che volesse provare a parlare, a tirar fuori qualcosa, a liberarsi un po' dal peso... ma che non ci fosse riuscito per niente. Si sa ormai, John e' proprio stitico emotivamente, un super-io che batte quello di pochi e quindi leggere queste righe mi ha ridato l'idea del mio John (hello dad, by the way, noi amiamo il Natale ora, tie'!), bloccato, solo, ma con l'obbligo morale di andare avanti. Una pecca? John non scrive mica cosi' bene sul blog come scrivi tu! 🤣🤣🤣
Mi e' piaciuto anche molto il nome del titolo, da' gia' l'idea di qualcosa di vuoto e di inconsistente.

I'll wait again now.
Oggi non ti chiedo dell'altra, perche' l'altro lo tolleriamo poco. :)

Recensore Master
27/07/19, ore 10:26
Cap. 4:

Ciao, quando ho notato l'aggiornamento quasi non ci credevo... poi ho notato che ero rimasta indietro con le recensioni e che l'ultimo capitolo l'avevo proprio saltato e che anche il resto era piuttosto fumoso, e allora ho pensato di rileggere tutto quanto da capo, così da ricordarmi meglio. Beh, è stato un viaggio molto doloroso. Questa storia lo è dal primo all'ultimo passaggio. Di tutte le storie post Reichenbach che ho letto (e sono parecchie) e che sono incentrate sul personaggio di John e su come affronta il dolore, questa è senz'altro la più completa e la più ben fatta di tutte. Già solo per mole introspettiva, per ricercatezza dei dettagli legati alla sfera emozionale e a come si affronta un lutto, ma soprattutto per come scendi in fondo, a scavare dentro il personaggio lasciandolo distrutto e svuotato di tutto. Come dicevo non è una lettura facile né felice, ma se nella stragrande maggioranza dei casi le autrici se la cavano con una breve one shot, tu qui rincari la dose di parecchio. C'è forse anche un pizzico di sadismo da parte tua? Quel che è certo è che fa male un po' a tutti, di certo a John che al momento è la personificazione del dolore e senz'altro anche a noi che leggiamo. Ma penso anche che per chi scrive un dolore di questo tipo sia tutto tranne che semplice. E quindi eccomi qui, sono felice che tu abbia deciso di continuarla. Un po' sto morendo dentro anche io, lo confesso. Non è stato semplice arrivare fin qui, la storia è talmente ben fatta e tocca tutte le corde giuste per farti morire male. Ma al tempo stesso è bellissima, perché parla di un amore struggente e di come la perdita della persona amata ti lasci perduto, senza più uno scopo né una strada da percorrere. Abbiamo visto per tutti i primi tre capitoli, John affrontare la perdita di Sherlock e tentare di uscire dal baratro. Ma la sensazione, che con questo capitolo diventa ancora più forte, è che non ci voglia uscire lui per primo dall'abisso dentro al quale è caduto. Sappiamo che un minimo di ragione ce l'ha ed è proprio questo a bruciare più di tutto e a lasciare in bocca il sapore amaro del dolore più grande. Perché alla fine John non ha tutti i torti, Sherlock è vivo e lo sappiamo benissimo. Ma lui non ne può essere sicuro, non sa per quale motivo sia vivo e non sa come ha fatto, non immagina nemmeno del piano suo e di Mycroft. Forse non si è fatto nemmeno una teoria, e qui sta il punto perché lui lo pensa lo stesso ma non ha la certezza di nulla. Non sa se quella che prova è una sensazione che corrisponde al vero e che deriva dal fatto che lui era uno dei pochi a conoscere davvero Sherlock (anche se fino a un certo punto), oppure se proprio si sta aggrappando a delle stupide illusioni. Ella in questo è certissima: John deve lasciare andare Sherlock e superare il lutto. Ella non sa, non può sapere. Lei affronta una questione con un proprio paziente come farebbe per chiunque altro e, giustamente, si trova davanti a un uomo che si è perduto e tenta di aiutarlo come può. Certo il suo è un compito non facile, perché John non è affatto il paziente modello non sembra avere nessuna intenzione di lasciar andare il pensiero di Sherlock e in questo capitolo ne abbiamo una forte certezza. Si ubriaca e finisce a Baker Street e quando lo fa il dolore ritorna e lo si percepisce distintamente proprio a livello fisico. Si abbandona al sonno, alle lacrime, ai ricordi e in questo gesto di lasciarsi cadere a terra c'è tutto il suo sprofondare giù nell'abisso. In tutto questo ci sono due elementi che mi sono piaciuti molto, e di cui non so se ho già parlato perché le passate recensioni le ho lasciate una vita fa e quindi potrei anche ripetermi. La prima è questa voce che John sente e che lo giudica addirittura, una voce che qui viene resa più incisiva dall'uso del corsivo e che va ad alternare la prima con la seconda persona, in un uso della narrazione molto particolare e che ho particolarmente apprezzato. Nel quale sarebbe anche facilissimo perdersi, ma che a te invece riesce benissimo. Non sono mai passaggi netti, sono più frasi che si introducono nel flusso di coscienza e che appartengono a un lato di John stesso. Forse la sua coscienza, non ne sono del tutto sicura. E proprio per questo mi è piaciuto molto, ne fai un uso sempre utile ai fini di centrare appieno la caratterizzazione di John. Il secondo è senz'altro il peso introspettivo, che poi è la carta vincente di questa storia. Senza sarebbe risultata molto più piatta e prevedibile, in questo modo ogni capitolo è una scoperta. Una lente che si focalizza su un aspetto del carattere di John, del suo dolore e soprattutto del suo rapporto con Sherlock. A me è proprio il genere di storia che piace di più leggere. Dolore compreso.

Ora, se non ricordo male io con la lettura ero arrivata proprio qui già prima che la cancellassi. Perché ricordo del "cliffhanger" di John che si sveglia al cospetto di Mycroft, quindi da ora in avanti sarà tutta una scoperta. E recupererò presto entrambi i capitoli che mi rimangono, intanto complimenti.
Koa

Recensore Master
21/12/18, ore 00:30

Nella tua “Nota dell’Autrice” ci parli della difficoltà di portare a termine soprattutto questo capitolo: non è per essere retorica, ma io penso che, chi scrive in modo da rappresentare credibilmente i sentimenti altrui, debba compiere un viaggio, a volte scomodo e doloroso, nei propri, appunto perché l’umanità di certe emozioni o sensazioni non può e non deve essere inventata. Chi, come te, è Autrice, trasferisce anche una parte di sé, in questo o in quel personaggio, e non è semplice far rivivere, magari, momenti dolorosi o emozioni che esprimano sofferenza.
Inoltre parli, quasi scusandoti, di “lunghi intervalli di tempo” che hanno segnato la pubblicazione di questa tua long. Chi ti scrive, come forse ti ho già detto in precedenza, o forse no, per quanto riguarda la tempistica nel recensire, è davvero un caso umano.
Ma cerco, comunque, di non lasciar andare le storie che mi colpiscono veramente, senza qualche osservazione
Dunque, eccomi qui.
Siamo accompagnati dal tuo stile così adeguato al contenuto, da sembrare quasi ricalcare il ritmo della disperazione di John, che immaginiamo espressa anche con l’incapacità di formulare frasi o pensieri troppo lunghi, proprio per il fortissimo trauma di aver perso Sh in quel modo.
Anche la voce della coscienza che, nei capitoli precedenti, aveva intervallato la narrazione in prima persona, si è inaridita, come ammutolita in mezzo a tanto dolore.
Ho trovato molto efficace l’interessante scelta stilistica di trasformare la narrazione di John quasi in un discorso, in una lettera direttamente rivolti a Sh. Questo “salto” avviene (“…Nessuno ti conosceva come ti conoscevo io…”) nel momento, durante il funerale, in cui solitamente i presenti, come c’informa lui stesso, ricordano, con le proprie esperienze, doti o particolarità del defunto, per un ultimo tributo d’affetto.
Ed è appunto in quest’occasione che, incapace di dire qualsiasi cosa su Sh, egli trova più naturale e meno ipocrita rivolgersi a lui nell’intimità del proprio cuore.
Sono parole struggenti quelle con cui John si lascia andare all’ondata trascinante dei ricordi che lo travolge, richiamandogli, agli occhi della mente e del cuore, la bellezza assurda degli occhi di Sh o certi momenti di silenziosa ma profonda intesa, inaccessibile agli sguardi degli altri, protetta da quella che era diventata per tutti noi quasi una seconda casa, e cioè il 221b.
Indubbiamente quello che accompagna l’accorato, muto discorso di John è un grande amore che non ha trovato la via per esprimersi quando ancora era possibile, quando Sh era vivo.
In questo capitolo rappresenti, in modo splendido, se così si può definire una simile cerimonia, il funerale di Sh, altro "vuoto" nella sceneggiatura BBC assieme a quello relativo al dolore di John, perso nel vuoto della mancanza improvvisa di chi era diventato qualcuno di molto più importante di un semplice coinquilino.
Però, se mai avesse dovuto essere messa in scena la cerimonia funebre del consulting, non per farti melensi complimenti, ma, secondo me, avrebbe proprio potuto essere così, in un clima silenzioso ed attonito.
Lo domina un Mycroft statuario, che tu descrivi con un realismo perfetto, rispettandone al massimo le caratteristiche (“…Dritto, elegante nel suo completo nero e nella sua postura perfetta…”). Il Pov di John, da te gestito con sensibilità e assoluta credibilità psicologica, ci getta direttamente nell’angoscia soffocante della sua disperazione, nella quale si alternano momenti di completa apatia a momenti in cui si fanno sentire le vibrazioni di una rabbia sotterranea e terribile, di fronte all’evidente imperturbabilità di Mycroft.
Cito un passo che, secondo me, è una delle migliori frasi che possano descrivere chi è il maggiore dei fratelli Holmes:”… Dal modo in cui ti guardava potevi quasi credere che avesse letto nei meandri più profondi di te, quelli dove nemmeno tu stesso osi addentrarti…”.
La stessa rabbia, che consuma l’autocontrollo e la pace interiore, ci accompagna nell’ultima parte del capitolo, quella in cui John si lascia andare ad un doloroso, quanto inutile, sfogo con Mycroft, rinfacciandogli tutte le sue responsabilità in ciò che è successo.
Se lui sapesse, tra due anni lo scoprirà, che si tratta di una grandiosa commedia e che Sh non è morto, sicuramente la sua disperazione avrebbe fine ma ritroveremmo subito quel John terribile che picchia duramente uno Sh arrendevole e distrutto, come abbiamo visto in TLD, nella tremenda S4.
Per ora assistiamo al suo dolore, che lo spinge a chiudersi alle spalle la porta del 221b.
Complimenti, un pezzo molto valido.

Recensore Master
27/05/18, ore 00:29
Cap. 4:

In effetti, nelle Serie BBC, il dolore di John, in seguito alla (finta)morte di Sh, non ha trovato molto spazio, ma lo possiamo immaginare e ricostruire, nella sua desolazione, dall'immagine più dura, allucinata e spigolosa di lui che ritroviamo nella III e IV Season, ed attribuiamo ad un lungo periodo di solitudine e di rimpianto.
In questa tua long lo tratti con attenzione e verosimiglianza, senza banalità lacrimevoli, senza immagini di disperazione che abbiano troppa enfasi o troppa, facile retorica. Scrivere di un John che strilla, piange ed invoca, nel vuoto del 221b, il nome di Sh non è difficile.
Lo è, invece, far entrare il lettore nel cuore e nella mente del personaggio di cui si vuole rappresentare la sofferenza, rispettandone le caratteristiche psicologiche. Tu hai raggiunto perfettamente l’obiettivo di rappresentarci John ed il suo dolore, nell’immediato post Reichenbach, “mantenendo i piedi per terra” cioè, detto in modo più elegante, non perdendo di vista la credibilità e la verosimiglianza di ciò che si racconta.
Un espediente che hai usato e che trovo molto efficace, dal punto di vista narrativo, è l’alternanza, tra la narrazione oggettiva di quello che John fa o prova dentro di sé, o ricorda, e quel far ricorso, espresso in corsivo, in modo speculare e riflettendo se stesso, alla ragione ed al buon senso, che riportano ad un, sia pur precario, equilibrio il suo comportamento ed i suoi pensieri.
In questo bellissimo capitolo, che trovo di un’intensità unica, l’inconsapevole ritorno al 221b, solo ed ubriaco, non solo di liquori ma anche di disperazione, viene da te rappresentato con una precisione cinematografica nel riportare le immagini e le sensazioni che scorrono davanti agli occhi di John e nel suo cuore.
Inoltre un fiume tumultuoso di parole e di frasi quasi spezzate esprime, in modo coinvolgente, la piena di emozioni da cui Watson viene travolto (“…il tè, onnipresente, inebriante. Tappeti consumati, e terra. Adrenalina. Ferro e ruggine. E' il sangue…ecc…”).
Ritornano così altri momenti vissuti con Sh; qui uno in particolare, che mostra la consapevolezza di John, sempre più soffocante, della travolgente realtà di ciò che prova per Sh e la preoccupazione di quest’ultimo che, disorientato, ne studia, quasi impotente, le reazioni che, essendo dovute ai sentimenti, egli non riesce a decifrare.
Dal punto di vista stilistico, uno dei momenti più riusciti è senza dubbio l’ingresso di John al 221b: con un susseguirsi rapido di frasi brevi che si susseguono in un ritmo convulso, riesci perfettamente a comunicare la tempesta terribile di emozioni, sensazioni e sentimenti che sconvolge l’animo di Watson.
Veramente brava, davvero.

Recensore Junior
26/05/18, ore 23:45
Cap. 4:

Quanto dolore. Una quantità incredibile, in ogni riga, in ogni parola. Ma è tutto così bello che non si può fare a meno di leggere, leggere e continuare a leggere. Vorresti andare lì e consolarlo, riportarglielo, quello Sherlock che nomina così spesso come un'invocazione, una preghiera, un'imprecazione. Bello da morire. Sul serio.

Recensore Master
26/05/18, ore 21:03
Cap. 4:

cara, buonasera
mi stavo preoccupando della tua sparizione, ma eccoti con un'altra meraviglia di capitolo
Guarda, spero che presto succeda qualcosa perché sto per esaurire i pezzetti di cuore di riserva, John me li sta divorando uno ad uno
sai che forse il momento in cui fa più pena non è tutto il suo credere che Sherlock sia morto, ma la notte che ho dormito per terra?
è stato il peso di quello che non poteva dire a buttarlo così giù e tenercelo? l'unica cosa che può fare e scacciare via male Sherlock, perché così pensa di farsi forza, di negare tutto.
mi devasti, sappilo
il rumore dei pensieri, caro John, so bene com'è e che sensazione ti lascia
questo tuo John è uno di quelli che pur essendo perfettamente IC è calcato sulla sua sensibiltà, e mi lascia immedesimare moltissimo. so di cosa parla, davvero
grazie per questa storia così bella, aspetto il prox capitolo con ansia
baci
Setsy

Recensore Junior
26/05/18, ore 14:30
Cap. 4:


Sto seguendo con attenzione questa ff benché alla prima pubblicazione abbia avuto qualche dubbio se affrontarla o meno, sapendo che l'avrei trovata dolorosa. E infatti soffro ogni volta con john perché il dolore della mancanza è descritto in maniera quasi maniacale. Una specie di autopsia della perdita, che si sopporta solo perché si sa che Sherlock è destinato a ricomparire sulla scena (mi riferisco ai racconti di Doyle a alla serie ovvio, non ho idea di cosa farai accadere qui), perché in mancanza di un ritorno questo lutto è davvero lacerante. La via dolorosa che compie Watson in questo capitolo, un percorso reale per le strade notturne di londra e un percorso interiore fatto di ostacoli e fantasmi (lo spilungone che lo incrocia un dubbio lo fa venire anche a noi) fino ad arrivare a Baker Street, è al limite dello stordimento. Il 221, a cui arriva consciamente o inconsciamente (bello il gioco dei pensieri che si contraddicono di continuo) è la mèta che ci si augurava. Non può non entrare. E infatti è lì che lui ritrova il proprio odore: questo passaggio è emotivamente coinvolgente. L'alternanza con i ricordi dà sollievo. Anche qui la profondità psicologica e i processi mentali di John sono descritti in maniera precisa, direi con cognizione di causa, al punto tale che sembra di vederlo questo John che inizia a dubitare di quello che prova al punto da confondere anche il suo compagno. Ho trovato di una tenerezza disarmante il suo addormentarsi sul pavimento col desiderio di "vederlo dormire tutte le notti". E bello poi questo passaggio tra il flash back e l 'adesso, con la sorpresa di Mycroft invece della signora Hudson. È comunque un Holmes, sembra che Watson non possa proprio nemmeno "definire sé stesso" senza un holmes al fianco. E fermando il capitolo qui hai creato aspettativa. Direi un lavoro eccellente.


Recensore Veterano
25/05/18, ore 16:33
Cap. 4:

😭😭😭 Che dolore, quanto dolore in ogni fibra di me. Ma non potevo non fermarmi a recensire questo capitolo perché nonostante tutto il dolore è bellissimo. Povero John.
Un uomo distrutto che sembra intero ma che intero non è più, non senza Sherlock al suo fianco. Pezzi messi insieme male, un animo dilaniato dalla mancanza, dal peso delle cose non dette, degli sguardi non ricambiati, del rimpianto nel cuore.

Io non ho niente. Niente. L'unica cosa che mi resta è questo. E se lo restituisco sarò più vuoto. Non posso lasciarlo andare. Non voglio nemmeno provarci. Se lascio andare, sarà finita davvero. Niente ultimo miracolo per me.

Questo pezzo mi ha distrutto, distrutto davvero.
Complimenti per come riesci a rendere tutte le sfaccettature e le sfumature che si agitano dentro John.
Bellissimo

Recensore Junior
05/05/18, ore 12:51
Cap. 3:

Ciao!
Scusami se intervengo solo al terzo capitolo e non mi perdonerò mai per essermi lasciata sfuggire da sotto il naso la pubblicazione dei precedenti. A dire la verità non so proprio come mettere in fila le parole per farti capire con quanta velocità io mi sia divorata questi capitoli e con quanta meraviglia anche. Il tuo studio di un'anima infranta è tanto bello quanto straziante. Non leggevo un post Reichenbach da un secolo, ma un post Reichenbach così non credo di averlo mai letto comunque. Intanto adoro il fatto che John si rivolga a Sherlock in seconda persona, per il lettore è un'esperienza totalmente immersiva e il modo in cui gestisci il filo logico è così armonioso che una parola tira l'altra e si finisce di leggere il capitolo con il respiro mozzato sperando di trovare subito il prossimo tutto da leggere. Mi piace come delinei i personaggi secondari quasi in punta di piedi, con poche decisive pennellate come la rassegnazione della psicologa di John, più una voce, un grillo parlante pieno di rassegnazione; le comparsate di Lestrade comprensivo e sempre in balia di Sherlock. E'interessante persino il caso incastonato nei ricordi di John, funzionale alla storia e godibilissimo in tutto il suo svolgimento.
Per quanto riguarda John io non so proprio come esprimermi. Sembra quasi che tu stia fisicamente dentro la sua testa a dar voce a tutti i suoi pensieri al suo dolore non solo psicologico, ma anche organico e tangibile ("Con le mie mani rotte e il cuore a pezzi."). Come è tangibile lo Sherlock visto attraverso i suoi occhi, attingendo ai suoi ricordi. Uno Sherlock che sorprendentemente, e come è giusto che sia, non si discosta dal canone che noi appassionati della serie abbiamo in testa. Leggere di questo John fa male, fa stringere il cuore e per quanto mi riguarda mi fa quasi sentire come se stessi invadendo un suo momento estremamente personale e intimo, come se non avessi il diritto di vederlo reagire così. Lo fai parlare con un'intensità che lascia trapelare tutto l'affetto che forse provi nei suoi confronti.
Mi limito per ora a farti tanti, tanti complimenti e continuerò a farteli nel prossimo capitolo che Mary is coming, Sherlock pure e io ho l'ansia.
Grazie per la lettura e alla prossima!

Recensore Master
03/05/18, ore 09:45
Cap. 3:

Ciao, beh, che dire? La maniera in cui la mente di John prende a vagare tra i ricordi, da un momento all'altro è straziante a tratti. Allo stesso tempo però è necessario, così che si riesca a capire meglio quello che John provava per Sherlock. In questo ricordo, spuntato per sbaglio e grazie alle parole di Ella, tutto inizia da un caso. Come sempre. Perché quella era la loro vita e non c'è da stupirsi che sentimenti e certi pensieri vengano fuori anche grazie a quello strano e pericoloso lavoro. Fa quasi paura immaginarsi John che picchia a sangue qualcuno, e anche se criminale. Però lo trovo decisamente calzante col personaggio. Io l'ho sempre ritenuto tutto tranne che un santo, ma un uomo i cui lati oscuri sono profondi e per la maggior parte, irrisolti. Per questo la quarta stagione mi è piaciuta tanto perché la teoria che da anni mi facevo su John, si è verificata al cento per cento. E questo tuo John me lo ricorda moltissimo, anche se è un John pre-terza e quarta stagione, certi lati di lui sono comunque presenti. Ad ogni modo, c'è qualche differenza con la serie, come il fatto che John abbia capito che gli piace vedere Sherlock dormire e che non vorrebbe fare altro per il resto della vita. Non ho ancora capito se queste consapevolezze che John acquisisce rimangono inespresse oppure se, effettivamente, tra lui e Sherlock è successo qualcosa prima di Reichenbach. Ma immagino che faccia parte della trama della storia, non mi resta che aspettare quindi.

La storia è sempre più credibile comunque. Specialmente i dialoghi con Ella e come lei cerchi uno spiraglio, ottenendo solo un misero risultato. La verità. John non vuole parlare con Harry e l'averlo ammesso forse non lo porterà da nessuna parte, ma almeno è un inizio.
Alla prossima.
Koa

Recensore Master
03/05/18, ore 00:22
Cap. 3:

Prima di occuparmi del capitolo vero e proprio, faccio una velocissima incursione nelle Note introduttive, quelle scritte in modo più defilato: “…Mary is coming…” e “…Sherlock pure…”. Allora, per quanto riguarda la prima preferirei mille volte che a “Mary” tu sostituissi, per esempio, “Winter”. Davvero, quella la depennerei immediatamente da tutto ciò che è Johnlock e, qui, ne siamo in piena atmosfera. Riguardo alla seconda, invece, va benissimo così, non ne vedo l’ora…
Ritorna l’atmosfera quasi kafkiana dei colloqui terapeutici tra John e la sua analista, povera Ella, che cerca di farlo uscire dal labirinto dei suoi ricordi ma ci accorgiamo che il muro, che lo tiene lontano dalla possibilità di ricominciare a vivere in modo equilibrato, è eretto dalla volontà stessa di John. Volontà di non dimenticare, di non permettere a se stesso la rielaborazione del fatto tragico e quindi il suo superamento.
Watson, infatti, non vuole “guarire” da Sh, andare avanti, è rimasto muto ed impotente nel vuoto che lo circonda dopo Reichenbach. Ed in questo vuoto ritornano le immagini e le parole che gli rimandano in continuazione ciò che ha perduto con il “volo” di Sh dal tetto del Bart’s.
Hai rappresentato con precisione e veridicità i dialoghi/monologhi che Ella cerca di attivare con John ma si trova, anche lei, di fronte allo stesso muro, oltre il quale Watson aspetta solo che la seduta finisca.
Il frequente ritornare ai ricordi che John fa per cercare di recuperare, il più possibile, immagini e sensazioni legate a Sh, è scritto in modo appassionante, perché riusciamo a condividere con il medico momenti ed esperienze che gli hanno fatto intuire che, il loro essere coinquilini ed amici, in realtà, era qualcosa di più profondo.
Il viaggio che ci fai compiere nell’animo di John è veramente travolgente, tanta è la credibilità con cui ricostruisci minuziosamente i suoi pensieri e le sue emozioni.
Tutto il capitolo è avvincente, ben scritto ed i protagonisti sono connotati con tratti che rimandano decisamente alle Stagioni BBC .
Per esempio, lo Sh che ci riporti attraverso i ricordi di Watson, è assolutamente IC, ritratto nei suoi atteggiamenti consueti (“…pizzicavi le corde distrattamente…”) e nelle frasi che dice (“…Sento i tuoi pensieri da qui. Sei noioso…”), particolarmente caratterizzanti.
Ma il punto che ho trovato davvero ai limiti della poesia, è stato quello che inizia con “…Quella notte non chiusi occhio…”. Sinceramente, leggendo ciò che hai scritto mi sono commossa per la rappresentazione così viva di ciò che si agita nel cuore di John.
Infatti il resto del racconto è sempre più coinvolgente, fino ad arrivare alla chiarezza della situazione, alla luce che fa capire a John cos’era il suo malessere che lo portava a comportamenti che oscillavano da una pesante apatia alla cieca violenza contro chi aveva osato mettere le mani su Sh.
La risposta è semplice ed era scritta nel suo indugiare ad osservare Holmes che dormiva : il suo disagio era, ed è, solo amore, un grande, inguaribile amore. Bellissima quella frase che racchiude tutto questo:”… avrei voluto guardarti dormire tutte le notti…”. Brava.

Recensore Master
02/05/18, ore 20:21
Cap. 3:

oddio... spero che questa storia duri tantissimo, davvero
L'analisi di John Watson fino alla radiografia, l'elecefalogramma e l'elettrocardiogramma, se possibile
non ci può nascondere più nulla, dopo questa long...
già un po' ci aiutiamo con un punto di vista privilegiato che è quello dalla parte del taccuino di Ella - perchè indizi su cosa scriva ce li fornisci - ma il resto... non è che il quasi affogamento ha lasciato una specie di danno celebrale, eh? perchè tutta questa attenzione su John che attraversa una volta la strada senza guardare è sospetta (mi sa che sono caduta nel fiume da piccola, aahahaahh!)anche se ci dici che era "solo" il pensiero completamente concentrato su Sherlock.
Ora, io questo lo comprendo. Totalmente, però sono di carattere ansioso e quindi finchè non ci saranno i prossimi capitoli mi mangerò le mani
Lo credo che John voglia guardare Sherlcok dormire e che nel delirio della febbre abbia chiesto il suo letto. loro devono stare vicino, è ovvio
Mannaggia alla signor Hudson che ha due camere da letto!
è scritta stupendamente, avvince, sono felice che tu la stia scrivendo, ci fai un bel regalo
p.s vedo che "Mary sta arrivando" l'hai prudentemente scritto in caratteri invisibili, XD XD XD
baci affogati,
Setsy

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