Recensioni per
A broken man
di Watson_my_head
Vedi che non ti ho dimenticata....Il tuo modo di scrivere e ciò che racconti li ho messi al sicuro tra le “Storie da recensire”, e penso che, leggere delle osservazioni che possano testimoniare la qualità dei propri pezzi, per un Autore/trice sia molto utile. Detto questo, arrivo al presente capitolo. |
Questo capitolo segna in maniera più netta lo scorrere del tempo, aiutata delle pagine del blog di John (quelle reali e quelle scritte da te) ci ritroviamo a vedere il passare dei mesi. Il suo inverno e poi il Natale e più passa il tempo, più il modo di scrivere di John si alleggerisce di molti pesi |
Ciao, ho letto entrambi i capitoli che mi mancavano un paio di giorni fa ma ho voluto elaborare bene prima di mettermi a lasciare una recensione e per motivi differenti l'uno dall'altro. L'ultimo perché porta una serie di cambiamenti anche importanti che mi hanno portata a farmi due domande sul futuro di questa storia (ma ci arriverò nella prossima recensione) mentre questo capitolo è stato davvero pesante. Non che fino a questo momento la storia fosse stata leggera ed emotivamente lieve, al contrario. In questo il titolo racchiude perfettamente quello che John Watson è stato fino a questo momento ovvero un uomo spezzato da un dolore più grande di lui e che lo ha travolto in pieno, facendolo quasi annegare. John non riesce a uscire da tutto questo, il suo ritrovarsi ubriaco a Baker Street e l'avere un faccia a faccia, seppur breve, con Mycroft ha riportato a galla ciò che non voleva in nessun modo affrontare ovvero il funerale di Sherlock. Un funerale che ci viene descritto esclusivamente dal punto di vista di John e nel quale si vedono alcune cosette interessanti. |
«La gente si innamora del proprio dolore al punto che non riesce più ad abbandonarlo. Lo stesso vale per le storie che racconta. Siamo noi stessi a tenerci in trappola». |
Ciao, quando ho notato l'aggiornamento quasi non ci credevo... poi ho notato che ero rimasta indietro con le recensioni e che l'ultimo capitolo l'avevo proprio saltato e che anche il resto era piuttosto fumoso, e allora ho pensato di rileggere tutto quanto da capo, così da ricordarmi meglio. Beh, è stato un viaggio molto doloroso. Questa storia lo è dal primo all'ultimo passaggio. Di tutte le storie post Reichenbach che ho letto (e sono parecchie) e che sono incentrate sul personaggio di John e su come affronta il dolore, questa è senz'altro la più completa e la più ben fatta di tutte. Già solo per mole introspettiva, per ricercatezza dei dettagli legati alla sfera emozionale e a come si affronta un lutto, ma soprattutto per come scendi in fondo, a scavare dentro il personaggio lasciandolo distrutto e svuotato di tutto. Come dicevo non è una lettura facile né felice, ma se nella stragrande maggioranza dei casi le autrici se la cavano con una breve one shot, tu qui rincari la dose di parecchio. C'è forse anche un pizzico di sadismo da parte tua? Quel che è certo è che fa male un po' a tutti, di certo a John che al momento è la personificazione del dolore e senz'altro anche a noi che leggiamo. Ma penso anche che per chi scrive un dolore di questo tipo sia tutto tranne che semplice. E quindi eccomi qui, sono felice che tu abbia deciso di continuarla. Un po' sto morendo dentro anche io, lo confesso. Non è stato semplice arrivare fin qui, la storia è talmente ben fatta e tocca tutte le corde giuste per farti morire male. Ma al tempo stesso è bellissima, perché parla di un amore struggente e di come la perdita della persona amata ti lasci perduto, senza più uno scopo né una strada da percorrere. Abbiamo visto per tutti i primi tre capitoli, John affrontare la perdita di Sherlock e tentare di uscire dal baratro. Ma la sensazione, che con questo capitolo diventa ancora più forte, è che non ci voglia uscire lui per primo dall'abisso dentro al quale è caduto. Sappiamo che un minimo di ragione ce l'ha ed è proprio questo a bruciare più di tutto e a lasciare in bocca il sapore amaro del dolore più grande. Perché alla fine John non ha tutti i torti, Sherlock è vivo e lo sappiamo benissimo. Ma lui non ne può essere sicuro, non sa per quale motivo sia vivo e non sa come ha fatto, non immagina nemmeno del piano suo e di Mycroft. Forse non si è fatto nemmeno una teoria, e qui sta il punto perché lui lo pensa lo stesso ma non ha la certezza di nulla. Non sa se quella che prova è una sensazione che corrisponde al vero e che deriva dal fatto che lui era uno dei pochi a conoscere davvero Sherlock (anche se fino a un certo punto), oppure se proprio si sta aggrappando a delle stupide illusioni. Ella in questo è certissima: John deve lasciare andare Sherlock e superare il lutto. Ella non sa, non può sapere. Lei affronta una questione con un proprio paziente come farebbe per chiunque altro e, giustamente, si trova davanti a un uomo che si è perduto e tenta di aiutarlo come può. Certo il suo è un compito non facile, perché John non è affatto il paziente modello non sembra avere nessuna intenzione di lasciar andare il pensiero di Sherlock e in questo capitolo ne abbiamo una forte certezza. Si ubriaca e finisce a Baker Street e quando lo fa il dolore ritorna e lo si percepisce distintamente proprio a livello fisico. Si abbandona al sonno, alle lacrime, ai ricordi e in questo gesto di lasciarsi cadere a terra c'è tutto il suo sprofondare giù nell'abisso. In tutto questo ci sono due elementi che mi sono piaciuti molto, e di cui non so se ho già parlato perché le passate recensioni le ho lasciate una vita fa e quindi potrei anche ripetermi. La prima è questa voce che John sente e che lo giudica addirittura, una voce che qui viene resa più incisiva dall'uso del corsivo e che va ad alternare la prima con la seconda persona, in un uso della narrazione molto particolare e che ho particolarmente apprezzato. Nel quale sarebbe anche facilissimo perdersi, ma che a te invece riesce benissimo. Non sono mai passaggi netti, sono più frasi che si introducono nel flusso di coscienza e che appartengono a un lato di John stesso. Forse la sua coscienza, non ne sono del tutto sicura. E proprio per questo mi è piaciuto molto, ne fai un uso sempre utile ai fini di centrare appieno la caratterizzazione di John. Il secondo è senz'altro il peso introspettivo, che poi è la carta vincente di questa storia. Senza sarebbe risultata molto più piatta e prevedibile, in questo modo ogni capitolo è una scoperta. Una lente che si focalizza su un aspetto del carattere di John, del suo dolore e soprattutto del suo rapporto con Sherlock. A me è proprio il genere di storia che piace di più leggere. Dolore compreso. |
Nella tua “Nota dell’Autrice” ci parli della difficoltà di portare a termine soprattutto questo capitolo: non è per essere retorica, ma io penso che, chi scrive in modo da rappresentare credibilmente i sentimenti altrui, debba compiere un viaggio, a volte scomodo e doloroso, nei propri, appunto perché l’umanità di certe emozioni o sensazioni non può e non deve essere inventata. Chi, come te, è Autrice, trasferisce anche una parte di sé, in questo o in quel personaggio, e non è semplice far rivivere, magari, momenti dolorosi o emozioni che esprimano sofferenza. |
In effetti, nelle Serie BBC, il dolore di John, in seguito alla (finta)morte di Sh, non ha trovato molto spazio, ma lo possiamo immaginare e ricostruire, nella sua desolazione, dall'immagine più dura, allucinata e spigolosa di lui che ritroviamo nella III e IV Season, ed attribuiamo ad un lungo periodo di solitudine e di rimpianto. |
Quanto dolore. Una quantità incredibile, in ogni riga, in ogni parola. Ma è tutto così bello che non si può fare a meno di leggere, leggere e continuare a leggere. Vorresti andare lì e consolarlo, riportarglielo, quello Sherlock che nomina così spesso come un'invocazione, una preghiera, un'imprecazione. Bello da morire. Sul serio. |
cara, buonasera |
|
😭😭😭 Che dolore, quanto dolore in ogni fibra di me. Ma non potevo non fermarmi a recensire questo capitolo perché nonostante tutto il dolore è bellissimo. Povero John. |
Ciao! |
Ciao, beh, che dire? La maniera in cui la mente di John prende a vagare tra i ricordi, da un momento all'altro è straziante a tratti. Allo stesso tempo però è necessario, così che si riesca a capire meglio quello che John provava per Sherlock. In questo ricordo, spuntato per sbaglio e grazie alle parole di Ella, tutto inizia da un caso. Come sempre. Perché quella era la loro vita e non c'è da stupirsi che sentimenti e certi pensieri vengano fuori anche grazie a quello strano e pericoloso lavoro. Fa quasi paura immaginarsi John che picchia a sangue qualcuno, e anche se criminale. Però lo trovo decisamente calzante col personaggio. Io l'ho sempre ritenuto tutto tranne che un santo, ma un uomo i cui lati oscuri sono profondi e per la maggior parte, irrisolti. Per questo la quarta stagione mi è piaciuta tanto perché la teoria che da anni mi facevo su John, si è verificata al cento per cento. E questo tuo John me lo ricorda moltissimo, anche se è un John pre-terza e quarta stagione, certi lati di lui sono comunque presenti. Ad ogni modo, c'è qualche differenza con la serie, come il fatto che John abbia capito che gli piace vedere Sherlock dormire e che non vorrebbe fare altro per il resto della vita. Non ho ancora capito se queste consapevolezze che John acquisisce rimangono inespresse oppure se, effettivamente, tra lui e Sherlock è successo qualcosa prima di Reichenbach. Ma immagino che faccia parte della trama della storia, non mi resta che aspettare quindi. |
Prima di occuparmi del capitolo vero e proprio, faccio una velocissima incursione nelle Note introduttive, quelle scritte in modo più defilato: “…Mary is coming…” e “…Sherlock pure…”. Allora, per quanto riguarda la prima preferirei mille volte che a “Mary” tu sostituissi, per esempio, “Winter”. Davvero, quella la depennerei immediatamente da tutto ciò che è Johnlock e, qui, ne siamo in piena atmosfera. Riguardo alla seconda, invece, va benissimo così, non ne vedo l’ora… |
oddio... spero che questa storia duri tantissimo, davvero |