Recensioni per
La leonessa di Francia.
di _Agrifoglio_

Questa storia ha ottenuto 1539 recensioni.
Positive : 1537
Neutre o critiche: 2 (guarda)


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Recensore Junior
13/06/23, ore 22:16

Esordisco col dire che il misterioso donante altri non è che Jeanne de Valois, la zia della sposa. Chi potrebbe altrimenti fare un dono così costoso ed oltretutto così somigliante alle gemme della collana dello scandalo che fu rubata proprio da Jeanne e allegri compagni?
Mi sembra un gesto nel suo stile, misterioso e sconcertante al tempo stesso. Il dono di Jeanne è quello che fa parlare più degli altri e che attira l’attenzione più di tutti e lei neanche si è fatta vedere! Non è mai comparsa, ma si è fatta sentire nella sua assenza ed in più ha recapitato un regalo – e non un qualsiasi regalo ma una gemma della celeberrima collana rubata! – proprio nella casa della sua storica rivale!!! Ed in più quel cofanetto verde come il colore dei suoi occhi…. Questo colore è diventato il suo marchio di fabbrica! Ci vuole del genio in tutto questo e Jeanne sicuramente ne ha!
Vedo che Jeanne ha proprio preso a cuore le sorti della nipote. L’ha salvata dalle grinfie del conte di Compiègne ed anche da quelle del tenente de Ligne. Che Jeanne sia come il vino che invecchiando migliora?
Chi non migliora invece è Napoleone che fino all’ultimo ha tentato di riportare a suo favore una situazione francamente irredimibile. Ha fatto diventare l’ottimismo un difetto con questo suo non arrendersi mai neppure di fronte alla sconfitta più totale. Quanti uomini dovevano morire e quante vite dovevano essere calpestate per soddisfare il suo ego? Soltanto alla fine ha un barlume di pentimento, quando vede fra i passeggeri delle lance Joséphine de Beauharnais, il suo amore di gioventù tradito in nome dell’ambizione e della gloria. La vista della donna e della sua espressione affranta ha un effetto destabilizzante su Napoleone ed egli inizia a capire che forse non valeva la pena di rinunciare all’unica cosa bella ed autentica della sua vita per sposare la figlia di un imperatore che nemmeno gli piaceva e che si è adattata a sposarlo coi conati di vomito. Quello di Napoleone è soltanto un input, non è certo la riflessione matura, profonda e sofferta di Oscar, ma tanto di tempo per riflettere a Sant’Elena ne avrà quanto vorrà.
André descrive molto bene Napoleone come uno che aveva l’intelligenza per valutare le sue scelte e tutta la possibilità di fermarsi prima di esagerare e che nonostante ciò preferì ostinarsi ad oltranza.
Ci rendiamo perciò conto che un’altra delle differenze tra Napoleone ed Oscar è che il primo è assolutamente incapace di autoregolarsi, di capire quando è ora di smettere e di porsi dei limiti mentre Oscar, dopo aver combattuto a Waterloo si rende conto che è arrivata l’ora di fermarsi. Oscar è capace di riflettere, di maturare e di evolversi mentre Napoleone è sempre uguale a se stesso ed è incapace di imparare dai suoi errori. Non so se la sua sia una scelta di vita o il sintomo di una patologia psicologica o psichiatrica, quel che è certo è che lo spartiacque dei diversi risultati di Oscar e di Napoleone è dato dalla capacità o meno di contenersi. Se Napoleone si fosse fermato e non avesse invaso la Russia sarebbe rimasto a capo della grande armata, l’esercito più potente del mondo e nessuno avrebbe potuto torcergli un capello. Oscar invece sceglie di appendere le campagne militari al chiodo e questa è la sua salvezza perché se avesse proseguito, la prossima battaglia le sarebbe stata senza dubbio fatale.
Un altro che ha saputo fermarsi è stato il duca di Wellington che dopo la battaglia di Waterloo scelse anche lui di mettere fine alla sua carriera militare. Aveva raggiunto l’apice della gloria, con un pizzico di fortuna e probabilmente con l’apporto fondamentale di von Blucher e non volle rimettersi in discussione, rischiando di sminuire la sua fama, che mai sarebbe potuta aumentare, con nuove battaglie dall’esito sempre aleatorio. Dove invece non seppe fermarsi fu nei rapporti familiari. Mai smise di essere critico ed insoddisfatto verso la moglie ed anzi estese le sue ragioni di scontentezza anche ai figli, con l’unico risultato di isolarsi da loro, di star male e di far star male.
Un altro che ha saputo fermarsi è un personaggio sul quale sinceramente non avrei scommesso un centesimo ovvero il poetastro che giunto al termine dei suoi giorni, tutti spesi nel tentativo di rendersi ridicolo, seppe fare marcia indietro e declamare i suoi ultimi versi con un altro spirito, con un altro nome (il suo) e con altri vestiti. Uno come lui che non avrei esitato a definire irrecuperabile ha saputo imparare dai suoi errori e divenire un autentico bardo proprio quando aveva deciso di smettere di esserlo. Tutto sommato ne sono contenta perché il poetastro era un elemento comico, ma non era malvagio e quindi vedere che per lui c’è stata una soddisfazione finale mi ha fatto pensare in positivo. Ancora una volta brilla l’umanità di Oscar e di André che hanno interceduto per lui e quella di Maria Antonietta che ha voluto dargli questa ultima possibilità.
Sì è saputo fermare, ma forse un po’ tardi Alain. Per tanti anni ha combattuto dietro a Napoleone vedendo in lui quasi un inviato della provvidenza, per quanto i segnali in senso contrario ci fossero tutti. Alain però voleva credere in questa sua affiliazione e per molti, troppi anni ha continuato a non vedere ed a giustificare gli eccessi di Napoleone. Alla fine, nel corso della campagna di Russia Alain ha aperto finalmente gli occhi e si è ribellato, ma la sua conversione sulla via di Damasco è stata tardiva. Non per recuperare l’amicizia di Oscar ed André che erano sempre pronti ad accogliere gli amici, ma per riallacciare il legame con la madre, morta proprio nel corso della campagna.
Allo stesso tempo Alain non ha saputo cogliere i segnali provenienti da Eve de Lis – Jeanne de Valois ed ha insistito con quel rapporto strano, portato avanti con una donna misteriosa ed un po’ infida anche se molto affascinante. Non ha captato il pericolo e ci è rimasto scottato a vita così da rimanere eternamente scapolo.
Il capitolo è come al solito molto bello e sono curiosa di leggere gli altri anche se a questo punto non so cosa potrebbe accadere più di quello che hai scritto. Una cosa è certa, il generale de Jarjayes e la moglie non saranno della partita perché, poveretti, sono morti. Questa però è una delle poche certezze. Forse vorrai mostrarci la triste vita di Napoleone a Sant’Elena e la ancora più triste fine, lontano da casa e dal figlio? O forse vorrai mostrarci la principessa Elisabetta che potrebbe riservare delle sorprese col suo carattere che sembra già molto assertivo? Mi auguro soltanto una cosa e cioè che Talleyrand continui a servire la Francia in modo un po’ più limpido e tranquillo perché finora mi è parso un po’ troppo viscido ed ogni volta che questo qui è in scena a me viene un senso di disagio e di pericolo. Mi piacerebbe che Oscar ed André si godessero una sana vecchiaia, lontana da problemi e da dolori, ma mi rendo conto che un romanzo non può trattare di storie felici, se no sarebbe noioso. Quindi mi chiedo ancora cosa altro di bello – o di brutto – hai in serbo per loro e per noi.
Green Tourmaline

Recensore Junior
12/06/23, ore 23:10

In questo capitolo come al solito splendidamente scritto, troviamo una riflessione sulla gloria terrena. In un’atmosfera lievemente decadente e velata di malinconia ritroviamo quasi tutti i personaggi alle prese con la gloria militare, di casata, artistica e con le conseguenze della sua perdita o della sua mendacia e fugacità.
Iniziamo col dire che non è un caso se l’unica parte interamente felice del capitolo è dedicata a Bernadette che della gloria e dell’ascesa sociale si è sempre disinteressata. Parimenti non è un caso se il poetastro ha trovato la sua realizzazione artistica proprio quando, abbandonato l’altisonante soprannome di Le Barde e dismesse le improbabili vesti stravaganti che lo avevano finora caratterizzato, si è deciso ad essere se stesso abbandonando artificiosità ed affettazioni.
Partiamo con Napoleone che apre il capitolo e che è il paradigma più alto delle alterne fortune di chi fa della gloria e dell’ambizione le sue dee ed i suoi fari. Ora l’ex imperatore sta partendo per l’esilio e della sua vicenda terrena si può capire che 1) di ciò che aveva desiderato e che aveva rincorso gli è rimasto ben poco perché il suo impero è andato in frantumi velocemente come lo aveva assemblato ed i suoi nuovi parenti blasonati lo hanno abbandonato alla velocità della luce dopo essersi serviti di lui; 2) dell’uomo più potente d’Europa è rimasto un signore di mezz’età, considerevolmente ingrassato che ora sembra un’attrazione da circo per quelli che sono venuti a vederlo imbarcarsi; 3) all’ambizione ed alla gloria ha sacrificato la parte migliore di sé, a partire dall’amore della sua vita, rinnegato per contrarre un matrimonio politico servito soltanto a fargli fare la figura del parvenu ed a rendersi ridicolo. In quell’ultimo sguardo tra Napoleone e Joséphine de Beauharnais vediamo tutto quello che sarebbe potuto essere e non è stato e la cosa straziante è che anche lui alla fine se ne sia accorto, tanto che le sue ultime parole sono state France, armée, tête de l’armée, Joséphine.
Proseguiamo con le riflessioni della leonessa di Francia che non è più la diciottenne baldanzosa che scortò i delfini nella visita parigina, ma una sessantenne gravemente ferita ed amareggiata dalla brutalità della guerra. Troviamo un’altra parata parigina, questa volta interamente dedicata ad Oscar dove quasi quasi è la famiglia reale a scortare lei. E’ ministro della difesa, è maresciallo di Francia, è diventata duchessa ed un arco di trionfo sarà costruito per lei, le sarà dedicato e riporterà scolpito sul marmo le sue gesta come fu un tempo per i condottieri romani quando diventavano generali vittoriosi e come avvenne per Napoleone nella storia reale. Malgrado tutti questi onori che farebbero ubriacare chiunque, Oscar è distaccata anche se grata al re ed alla regina madre. Lei ormai ha compreso il grande inganno che sta dietro questi meccanismi ed ha capito che vittoria e sconfitta sono due impostore (ah Kipling!). Come aveva detto anche ad André in Belgio quando erano entrambi convalescenti, la guerra è un gran brutto affare che divora le vite di tanti soldati, che prosciuga la loro giovinezza e la loro salute mentale e che impoverisce tante famiglie che perdono tutto a causa della guerra. Credo che Oscar in un certo senso, in occasione della parata militare, abbia avuto l’impressione di rubare qualcosa a tutti coloro che non ce l’avevano fatta sulle cui ossa era stata edificata la sua fortuna.
A tristissima conclusione del capitolo troviamo il generale de Jarjayes ormai prossimo alla morte. Il vecchio generale ha provato una gioia incommensurabile assistendo all’apoteosi della figlia che ha sancito l’ascesa sociale della sua famiglia elevata al rango ducale, ma allo stesso tempo ha compreso che quella fortuna e quella gloria non sono che un differimento dell’inevitabile declino della sua classe sociale di appartenenza. I leoni di casa Jarjayes sono infatti destinati all’oblio e la gloria militare di Oscar ha soltanto ritardato la fine della nobiltà. Ormai la storia ha selezionato la nobiltà per l’estinzione e non c’è molto da fare. La borghesia rimpiazzerà la nobiltà quale classe sociale più moderna e dinamica com qualche scrupolo in meno e tanta intraprendenza in più. All’indomani della consacrazione della figlia e dell’elevazione della famiglia al rango ducale il generale perde improvvisamente l’amata moglie, si ammala gravemente e finisce sul letto di morte. Esorta la figlia a non dimenticare mai da dove proviene ed a schierarsi sempre dalla parte del suo re e dell’onore, ma queste ultime parole hanno l’aria di una battaglia di retroguardia ed il generale ne è sicuramente consapevole. Egli ben sa che il suo mondo muore con lui e l’impotenza di fronte ad una simile constatazione, così come era stato impotente davanti alla morte della moglie, ne amareggia le ultime ore e ne accelera il trapasso.
Oscar assiste addolorata alla sofferenza del genitore, non potendo né risanarlo né alleviarne la pena. Lei stessa oltretutto non condivide in pieno le parole del padre perché crede nell’uguaglianza degli uomini, perciò padre e figlia sul punto sono poco comunicanti.
La trappola della gloria la si ritrova anche nei personaggi minori come i duchi di Wellington.
Lord Arthur da giovanotto con poche prospettive è diventato un eroe nazionale, un ricco duca ed un uomo politico di spicco, ma la sua gloria militare ha presentato un grosso conto da pagare scavando un solco incolmabile tra lui e la sua famiglia. Come ha scritto anche un’altra lettrice prima di me, lord Arthur e Kitty si amavano prima che lui partisse per l’India a fare fortuna col mestiere delle armi. La lunga lontananza li ha resi due estranei perché li ha fatti crescere e sviluppare in contesti differenti, misurandosi con difficoltà ed esperienze diverse. Alla fine il duca, abituato alla disciplina militare ed anche probabilmente ad essere obbedito, ha trovato bizzarra ed estranea a sé quella moglie gelosa e sensibile fino al limite della suscettibilità. E’ stata sempre la gloria militare a separare il padre dai figli perché i ragazzi vedevano in lord Arthur un eroe nazionale più che un genitore e passarono la vita a sentirsi inferiori a lui, vivendo in un costante cono d’ombra. Di rimando anche il duca di Wellington è rimasto deluso dai due figli che non soddisfacevano le sue aspettative ed ha avuto un buon rapporto solo con i nipoti che non erano sotto la sua diretta responsabilità e che appartenevano ad un’epoca in cui la vecchiaia aveva attenuato la sua ambizione ed il suo attivismo.
Sempre la mendacità della gloria segna la vita di un altro personaggio e cioè di Alain. L’uomo seguì Napoleone, in parte per cambiare aria dopo avere ucciso il cugino ed in parte in cerca di un rinnovamento. Questa palingenesi però si rivelerà menzognera perché in Napoleone Alain non troverà l’uomo del destino, ma un avventuriero disposto a qualsiasi azione pur di conquistare potere e gloria. Alain era in buona fede, ma per seguire Napoleone si inimicò la madre con la quale non riuscì a riconciliarsi perché madame de Soisson morì quando il figlio era ancora impegnato nella campagna di Russia. Allo stesso tempo la missione di custodire il tesoro rubato ai cavalieri di Malta mise alle calcagna di Alain la ladra delle ladre, Jeanne de Valois che lo illuse e disilluse crudelmente facendo di lui un eterno scapolo perennemente diffidente del genere femminile.
La delusione di Alain riproduce su diversa scala la stessa parabola di Napoleone e del duca di Wellington, entrambi vittoriosi in momenti diversi e prosciugati ed appiedati, sebbene con sfumature differenti, dal miraggio e dal pallido fantasma della gloria.
E’ un capitolo un po’ crepuscolare che ha come titolo il noto detto latino qui citato da Talleyrand che è uno dei personaggi più disincantati ed amari della tua storia che ha fatto delle sue disillusioni il suo punto di forza fino a tramutare il suo pragmatismo in utilitarismo.
Questo è un capitolo che inevitabilmente ci avvicina alla fine della tua storia e che a me è piaciuto tantissimo! Solo una cosa: non far morire Oscar nel suo letto, ma inventa per lei qualcosa di particolare e di interessante!
This chapter is wonder!
D.P.

Recensore Junior
12/06/23, ore 06:55

Un altro splendido capitolo cara Agrifoglio che inizia con un esilio e finisce con una morte In mezzo succedono tante cose in parte belle , in parte brutte in parte misteriose e subito capiamo che per molti personaggi questo capitolo è un addio
La narrazione si apre con Napoleone che sta per essere imbarcato sulla nave da guerra Northumberland che lo condurrà all’esilio senza ritorno ,quello di Sant’Elena Apprendiamo che le cose per lui si sono messe di male in peggio dopo la battaglia di Waterloo , che il governo ed il senato lo hanno costretto ad una seconda abdicazione, che ha tentato di imbarcarsi per l’America senza riuscirci e che alla fine si è visto costretto a consegnarsi agli inglesi come male minore rispetto ai prussiani che lo avrebbero sicuramente fucilato Gli inglesi giocano un po’ sull’equivoco e gli promettono una sistemazione in territorio inglese senza precisare che si trattava di una remota colonia (anch’essa territorio britannico ) e non dell’Inghilterra vera e propria
Napoleone sta sulla lancia ,guarda in cagnesco i civili venuti a spiare la sua partenza per l’esilio neanche fosse un’attrazione da circo ed alla fine i suoi occhi si incontrano con quelli di Joséphine de Beauharnais venuta a dargli l’ultimo muto saluto. Napoleone è molto colpito da quella vista perché si rende conto di aver sacrificato l’amore della sua vita alla smania dell’ambizione ed al miraggio della gloria per poi ritrovarsi abbandonato da tutti ed esiliato
La scena si sposta poi in Belgio dove scopriamo che Oscar ed André non sono morti pur essendosela vista molto brutta , soprattutto Oscar .Durante il terzo mese di convalescenza Oscar si confida col marito e sfoga tutto il suo malessere . Innanzitutto e nonostante tutto le dispiace per Napoleone col quale riscontra molte affinità .André però le fa giustamente notare che se molte sono le affinità, moltissime sono anche le differenze e che Oscar ha una generosità un’empatia e tutto un sistema di valori che la rendono diversissima da Bonaparte .André fa anche notare che Napoleone tutto sommato se l’è voluta perché aveva tutta l’intelligenza sufficiente per vagliare le sue scelte e la possibilità di fermarsi prima di commettere gravi errori ,cosa che puntualmente non ha fatto Ha perciò ragione Oscar quando dice che i sogni di Napoleone si sono infranti contro i demoni che gli si agitavano dentro prima ancora che contro le armate nemiche Successivamente Oscar espone anche un altro motivo di cruccio Fare la guerra in concreto anziché limitarsi a sognarla od a leggere le imprese degli altri le ha aperto gli occhi sulla reale portata del fenomeno La guerra, quella vera è uno spreco di vite umane ed anche animali ,è un insieme di traumi talvolta irreversibili ed è fonte di impoverimento per le popolazioni che si vedono i terreni devastati e poi paradossalmente reagiscono mettendo in salvo i soldati sconfitti dall’ira e dalle ritorsioni dei vincitori . Oscar perciò conclude dicendo di voler smettere di combattere ed assicurando al marito che d’ora innanzi si sarebbe limitata agli incarichi d’ufficio escludendo quelli operativi e le battaglie Oscar non ha tutti i torti perché la lacerazione al polmone le ha lasciato dei problemi respiratori .Andrè dal canto suo ha battuto la testa ed ha annebbiamenti alla vista ed alcuni stati confusionali
La scena si sposta ancora in Francia, alla reggia di Versailles dove c’è un duplice incontro Troviamo prima Maria Antonietta che riceve Oscar e che la mette al corrente della sua promozione a maresciallo di Francia ed a ministro della difesa oltre che dell’intenzione del re di farla sfilare da protagonista in una grande parata militare ed addirittura di far costruire un arco di trionfo in suo onore Insomma Oscar ha addirittura rubato l’arco di trionfo a Napoleone ahahahahah!!!!!!!
Oscar di rimando dice alla regina quello che aveva già detto ad Andrè e cioè di non voler combattere più perché l’età e le condizioni fisiche non glielo consentono e perché in cuor suo sa di essersi meritata la pace
E’ molto bella la reciproca conoscenza delle due donne ,il loro rispettarsi scambievole, mi è piaciuto constatare come ognuna di loro sappia a che punto fermarsi senza andare oltre ( Maria Antonietta che non sottolinea l’aspetto patito di Oscar per non farla sentire oggetto di commiserazione ) e quali tasti toccare (Oscar che dice a Maria Antonietta che è degna figlia di Maria Teresa ben sapendo che la regina si era sempre considerata inferiore alla madre e che la riteneva un modello irraggiungibile )
Ho trovato commovente il punto in cui Maria Antonietta riconosce nell’incedere di Oscar la camminata del generale de Jarjayes e pensa che se lei fosse somigliata alla madre anche una piccola parte di quanto Oscar assomigliava al padre la Francia non avrebbe avuto problemi e magari neanche Napoleone avrebbe preso piede I complessi di inferiorità purtroppo sono duri a morire e Maria Antonietta sembra non vedere i suoi meriti
Poi avviene il secondo incontro simpaticissimo, quello con la piccola madame royale al posto della quale quasi tutti avrebbero voluto un delfino ,ma non Oscar i genitori e la nonna. La bambina dice ad Oscar di ammirarla molto e di sperare di essere come lei da grande una donna forte che comanda tanti uomini e mi sa che la legge salica non avrà vita lunga ahahahahahah !!!!!!!
Ho trovato molto commovente la parte in cui Oscar va davanti alla tomba di Girodelle per adempiere ad un dovere morale Dice al suo secondo che finalmente è stato vendicato ed il mondo è stato messo in sicurezza da Napoleone La parte commovente è soprattutto quando scrivi che Oscar è appena più rosea della lapide di marmo e quando Oscar è ghermita dai ricordi di un tempo ormai finito e naturalmente è molto triste il punto in cui ad Oscar sfugge una lacrima e lei ne accusa la vecchiaia
E’ molto interessante anche il colloquio tra Oscar ed il vescovo de Talleyrand Qui il registro narrativo è diverso ed i due duellano a colpi di frasi argute e taglienti e di allusioni a ciò che realmente è successo quando Napoleone fuggì dall’isola d’Elba .Talleyrand sgattaiola furbescamente ma Oscar non si fa incantare anche perché lo conosce bene da anni .Alla fine sebbene per enigmi e giochi enigmistici ahahahahah!!!!!!! il vescovo confessa di aver lasciato fuggire Napoleone insieme a Metternich per indurre antilopi e gazzelle a mettersi finalmente d’accordo . Ammette anche di aver giocato su più tavoli promettendo a Napoleone una corona che non aveva intenzione di dargli perché in diplomazia si fa così Alla domanda di Oscar su quanti padroni avesse in realtà servito egli risponde di averne servito uno solo anzi una sola , la Francia così come avevano fatto anche tutti i suoi antenati
C’è poi una lunga carrellata sulla sorte di tanti personaggi .
Oltre alla salute di Oscar ed Andrè sappiamo che Lisimba sarebbe andato all’università ed avrebbe dedicato la sua vita alla causa dell’abolizione della schiavitù dopo avere assunto nel mondo occidentale il nome di Pierre Octobre Pierre come il bambino ucciso dal duca di Germaine ed Octobre come il mese in cui Oscar ed Andrè lo liberarono dalla schiavitù
Giselle, la nipote di Alain sposa il figlio di Geneviève d’Amiens e del conte di Compiègne facendo un notevole salto sociale
Alain fa da testimone alle nozze è reintegrato nell’esercito francese e mantiene il grado di generale ,facendo così salvi lo stipendio e la pensione ma il bello per lui finisce qui perché la madre muore prima che fossero riusciti a riconciliarsi e lui non si sposerà mai perché irrimediabilmente scottato dall’esperienza con Jeanne de Valois
Maria Luisa d’Asburgo Lorena avrà il granducato di Parma dove si trasferirà col suo amante, lasciando a Vienna il figlio , ora duca di Reichstadt e mostrando così la sua volubilità dato che a Milano non faceva che lamentarsi di non poter vedere il figlio a sufficienza mentre adesso non fa niente per restare insieme a lui Rimarrà sorda a tutte le preghiere di Napoleone e non lo vedrà più
Il duca di Wellington invece sarà per qualche anno ambasciatore inglese a Parigi ma non recupererà mai il rapporto con la moglie ed anzi estenderà la sua scontentezza ai figli che porteranno sempre il peso di non essere all’altezza del padre Soltanto quando Kitty sarà in punto di morte avranno un lungo dialogo e finiranno per capirsi ma forse era soltanto il sollievo che stava per morire e che non doveva più essere sposato con lei ahahahahah!!!!!!!! Altrimenti perché capirsi soltanto alla fine ? Queste righe dedicate ai duchi di Wellington sono molto tristi perché fanno vedere i disastri di un’ unione male assortita che si riverberano anche sui figli innocenti mentre soltanto coi nipoti lord Arthur si troverà bene Un matrimonio celebrato unicamente per senso dell’onore non ha portato bene a nessuno Forse Kitty sarebbe stata più felice come zitella? A questo punto credo proprio di sì……
Dopo tanto patire anche Bernadette sposa il marchese de Saint Quentin e vissero felici e contenti con l’aggiunta che così come Giselle anche Bernadette ha un notevole upgrade sociale che la porta ad essere più importante sia del tenente de Ligne che del giovane Lavoisier che l’avevano ritenuta troppo in giù per essere la loro moglie. Stupisce alla fine un dono molto particolare e prezioso ricevuto dalla sposa :un diamante grosso più di una noce ed estremamente sfavillante che assomiglia a quelli della collana dello scandalo Ciò dimostra che la donante può essere una sola, quella zia che nelle catacombe di Parigi uccise il conte di Compiègne per salvare Bernadette dalle grinfie di quel delinquente Non c’è che dire Jeanne è sempre imprevedibile, ma è proprio per questo che è così affascinante!
Giunge alla fine il giorno della parata militare e la famiglia reale fa un percorso trionfale nelle stesse vie che nella storia vera segnarono la strada del patibolo .Il popolo ormai ama e stima l’anziana Maria Antonietta che da decenni non è più la ragazzina capricciosa e sventata che fu un tempo Il centro della parata è però Oscar che oltre ad essere nominata ministro della difesa e maresciallo di Francia è anche elevata al rango di duchessa come il duca di Wellington che così non si dà troppe arie ahahahahah !!!!!! Ed addirittura un arco di trionfo tutto suo, scippato a Napoleone in persona che neanche Giulio Cesare ed Ottaviano Augusto ahahahahah !!!!!! Dalla tribuna d’onore la seguono sia il generale de Jarjayes che avrà così la sua ultima grande soddisfazione sia Andrè per il quale gli anni non sono passati e che la ama ancora come il primo giorno La cosa importante del paragrafo è assistere alla crescita psicologica di Oscar ed alla maturazione del suo pensiero Come già nel paragrafo ambientato in Belgio in cui Oscar parla con Andrè ,qui vediamo la leonessa con un viso severo e lievemente malinconico e non baldanzoso come nella parata di tanti anni prima .Oscar infatti è addolorata per le tante vite sprecate ed ha capito che il vero volto della gloria è questo
Alcune righe ci congedano anche da Maurice Le Barde il celeberrimo poetastro che ,da impiegato comunale nella biblioteca di Lille ha imparato a studiare ed anche l’umiltà Essendo prossimo alla morte vuole declamare dei versi alla presenza dei sovrani per celebrare la vittoria .Oscar ed Andrè intercedono in suo favore con Maria Antonietta facendo tuttavia presente che si tratta di un tipo assai strano La regina madre non gli nega questo favore ed il poetastro vestito normalmente e presentatosi col suo vero nome di Maurice Rodet ,declama per la prima volta dei versi bellissimi stupendo tutti Avrà una pensione reale e morirà felice perché finalmente è riuscito ad essere un vero bardo ,ciò che non era stato in tutta una vita di stranezze e di ridicolaggine
Ed arriviamo alla parte più dolente del capitolo, la morte del generale de Jarjayes Due mesi dopo l’improvvisa scomparsa dell’amata moglie l’anziano ufficiale si ammala di polmonite ed il medico annuncia ad Oscar che l’ora è giunta L’anziano generale vuole parlare da solo con la figlia ed il suo discorso è scomponibile in due parti Nella prima ribadisce tutto il suo orgoglio per quella figlia così speciale che gli è stata regalata .Nella seconda fa un discorso adatto ad un uomo della sua epoca e condizione , nel quale mette in guardia la figlia contro la democrazia che per lui è il governo dei peggiori Si rammarica infinitamente per la fine della sua epoca e per l’avvento della borghesia che per lui è la classe sociale degli avventurieri che l’onore non sanno neanche dove stia di casa. Ho trovato la citazione del Gattopardo estremamente azzeccata così come quella del Giulio Cesare per Napoleone che rimase schiavo per colpa sua e delle sue pulsioni e non delle sue stelle Il discorso del generale non fa una piega se letto come uscito dalla sua bocca ed anzi da lui non ci si potrebbe aspettare altro La sua però è una visione di parte perché la nobiltà non era tutta così cavalleresca ed epica e la borghesia non è tutta da buttare giù dalla classica torre ahahahahah!!!!! E’ molto penoso come i vecchi si lascino andare quando rimangono vedovi……..
Un altro capitolo splendido cara Agrifoglio! Non so quanti ne manchino all’appello ma me li voglio godere tutti!!!!!!!

Recensore Master
11/06/23, ore 00:11

Veramente bello e commovente questo capitolo. Le riflessioni di Oscar sono molto sagge, la guerra non è tutta parate ma è, principalmente, morte, distruzione e violenza. Lei e André si sono salvati ma adesso Oscar si vuole godere il meritato riposo, almeno apparente, poiché non vuole più combattere ma sarà una stratega. Mi ha commossa il suo andare a visitare la tomba di Girodel per comunicargli che è stato vendicato. Bello anche ll sguardo che si scambiano Napoleone e Josephine. Lieto fine, invece, per Alain che viene reitegrato e la sua nipotina che si sposa. Il regalo prezioso e misterioso che riceve Bernadette ho idea che arrivi da una zia che, per una volta, vuole compiere una buona azione, dopo una vita in fuga. Stupendo l'intento di Lisimba ha delle bellissime idee di libertà. È anche diventato il mio eroe perché ha salvato Oscar e André! La morte del generale Jarjayes e di madame Marguerite è inevitabile data la veneranda età, però hai dato loro l'occasione di assistere al trionfo di Oscar e anche della Regina madre. Credo che il generale abbia ragione, in tante occasioni la democrazia si è rivelata menzognera, ma fa parte dell'avvicendarsi della Storia. Complimenti, chapeau e a presto.

Recensore Master
10/06/23, ore 18:04

Mia cara Agrifoglio, leggendo questo nuovo capitolo sono stata presa da un velo di malinconia, poiché la storia sta giungendo inevitabilmente al termine, anche se, come tutte le cose, so che debba avere una fine, e sono lieta di aver potuto godere della sua compagnia per un bel lasso di tempo.
In questo passaggio hai passato in rassegna non solo gli avvenimenti ma anche tutti i personaggi che hanno popolato questa tua ucronia, e mi è parso di poterli stringere in un abbraccio collettivo, in quanto di ognuno ci hai voluto far sapere le sorti.
Già eravamo rimasti in trepidante attesa di conoscere il destino della Leonessa e di suo marito, portati in salvo dal prode Lisimba, ma tu ci hai mostrato un’ampia panoramica di tutti gli altri, facendoci conoscere l’evoluzione delle loro vite da un certo momento in poi.
Vediamo Napoleone che quasi non crede quale sorte gli sia toccata consegnandosi agli inglesi, che non lo avrebbero ucciso né imprigionato, ma lo avrebbero però confinato in un luogo dal quale non avrebbe più potuto recare danno al resto delle popolazioni che per anni erano state in sua balia. Nostalgico e tragico allo stesso tempo l’incontro con il suo unico e antico amore, Josephine de Beauharnais, sacrificata sull’altare della gloria, che ora lo guarda lasciare per sempre l’Europa, immagine quanto mai lontana dall’uomo che aveva conosciuto, amato e del quale visto l’ascesa e a cosa lo aveva condotto. Ora è soltanto un uomo solo, non più imperatore, ridotto all’ombra del grande condottiero che era stato e annullato dal suo stesso ego.
Finalmente veniamo a sapere che, sia Oscar sia André, si siano salvati, grazie al coraggio e all’abnegazione dimostrati da Lisimba, e stiano lentamente tornando alla normalità, anche se le saluti di entrambi hanno subito un deciso contraccolpo, nonostante le cure prestate, con i problemi ai polmoni per Oscar, che avevano fatto temere per giorni per la sua vita, mentre André a causa del colpo alla testa aveva riportato degli annebbiamenti e dei vuoti. Ambedue non sono più gli stessi di prima; la battaglia combattuta strenuamente ha lasciato inevitabili ferite sia nel corpo quanto nell’anima, soprattutto per quanto riguarda Oscar, la quale si sente profondamente cambiata. Pensando alla sorte di Napoleone ha avuto quasi un momento di pena per quell’uomo ingegnoso che ora era stato ridotto al nulla. Sente con lui un certo genere di affinità, ma André, sempre presente a se stesso, fa notare in quante e in tante cose lei si differenziasse da Napoleone: lei ha sempre avuto come obiettivo il perseguire la giustizia, ha creduto fermamente nella libertà, nell’uguaglianza fra gli uomini, e nella fratellanza degli stessi. E’ sempre stata giusta, anche se sempre con il suo piglio severo e, in particolare, non ha mai approfittato della gente per qualunque fine, perché l’onore era qualcosa di insito in lei e che mai sarebbe stato da lei disgiunto. Tutte caratteristiche che non si potevano ascrivere a Napoleone, il quale non si è fermato quando avrebbe potuto, per inseguire il suo sogno di accentrare potere nelle sue mani, indipendentemente che quelle stesse mani potessero essere lorde del sangue di tante vittime innocenti dovute alle sue guerre di conquista. Decisamente Oscar e Napoleone sono due persone diversissime, perché i fondamentali di entrambi sono differenti e sempre lo sarebbero stati. La decisione, pertanto, di Oscar di non voler più combattere, mi pare la più logica e sensata, anche perché, fondamentalmente, lei ha dimostrato tutto quanto poteva dimostrare ed è giusto ora che si goda in pace la sua vecchiaia, anche perché gli strascichi dovuti ai danni subiti in battaglia sono quanto mai presenti e, soprattutto, lei stessa si sente profondamente mutata: quel fuoco di ardimento che l’ha sempre spronata e contraddistinta sembra essersi affievolito se non spento, ma certamente lei continuerà ad ottemperare ai suoi compiti per il Re, per la sua Francia, anche ricoprendo altri incarichi, sempre comunque al vertice, ma è anche venuto il momento per pensare un po’ più a se stessa e ai suoi cari. Infatti sarà insignita di un nuovo titolo, divenendo Ministro della Difesa, e verrà omaggiata per tutto il bene che ha fatto per la Francia. Intenso l’incontro con la regina Maria Antonietta che rivede la sua vecchia amica incedere con la stessa solennità di sempre, ma anche cambiata, segno che le ultime esperienze hanno maturato nuove consapevolezze. E’ lieta di poterla ancora annoverare fra le persone che hanno contribuito a rendere forte la Francia e il Regno e, parimenti, Oscar non può non notare come quella donna si sia rimboccata le maniche e si sia trasformata, da fanciulla leggera e con troppi grilli per la testa, nella Reggente che aveva preso consapevolmente decisioni importanti per il bene di quella che era divenuta la sua nazione.
Doveroso da parte di Oscar, non appena rientrata in patria dal Belgio, e dopo essersi sommariamente ristabilita, un passaggio presso la tomba della famiglia Girodel, per confermare a colui che era stato il suo secondo per molti anni che era stato alfine vendicato, e che l’uomo che l’aveva strappato all’affetto dei suoi cari aveva ricevuto il suo castigo.
Ma in questa galleria di personaggi vediamo proprio tutti: il Vescovo de Taillerand che, in colloquio con Oscar, rivela incalzato da lei stessa, quanta parte abbia avuto nella fuga di Napoleone dall’Elba, al fine di poterlo poi tenere sott’occhio di concerto con Metternich. Da buon diplomatico ha saputo giostrarsi e giocare al meglio le sue carte, promettendo e poi non mantenendo quelle stesse promesse, poiché la vera, l’unica cosa importante era servire fedelmente la Francia.
E poi, alla spicciolata, vediamo comparire sulla scena tutti gli altri attori di questo racconto: finalmente Bernadette può convolare a nozze con il Marchese di Saint Quentin, e un cerchio si chiude dopo tutte le sofferenze patite lungo gli anni, ora la vediamo radiosa e felice per la serenità riconquistata. La nipote di Alain, Giselle, è andata in sposa al Marchese d’Amiens, mentre Alain, reintegrato nell’esercito con il suo grado di Generale, ha potuto godersi la pensione e gli ultimi anni, rigorosamente da solo, non avendo mai voluto sposarsi, ancora troppo ferito dal colpo infertogli da Jeanne de Valois, la quale fa recapitare, nel riserbo più assoluto, alla figlia di Rosalie nel giorno del matrimonio di lei, un diamante grosso come una noce, e che Oscar e André paiono riconoscere come una delle pietre rubate tanti anni prima da scaltri ladri, che si erano serviti di un ecclesiastico, rimanendo basiti.
Uno sguardo anche al Duca di Wellington che, divenuto per alcuni anni Ambasciatore inglese a Parigi, era stato raggiunto dalla moglie Kitty con la quale non è mai riuscito a stabilite un vero rapporto matrimoniale e forse solo sul letto di morte di lei sono stati in grado di capirsi veramente e forse di comprendere quanto male si fossero fatti a vicenda, in quanto troppo diversi e troppo ancorati a ricordi di gioventù che non erano mai tornati, condannandoli a vivere una vita senza amore. Il menage coniugale ha inciso molto anche sui figli della coppia, con i quali i rapporti sono sempre stati piuttosto tesi e la vecchiaia del duca è stata rallegrata unicamente dai nipoti.
E infine il capitolo si chiude letteralmente con la dipartita del vecchio Generale Jarjayes, il quale ha assistito ai trionfi della figlia, essendone stato orgoglioso oltre ogni dire, ma il suo cuore e il suo fisico di novantaduenne non hanno resistito al colpo inferto con la morte della amata moglie, cadendo malato. Intenso l’ultimo colloquio che ha voluto avere con sua figlia, non prima di aver salutato tutti i suoi cari, poiché sentiva che il momento stava arrivando, e ha voluto lasciare ad Oscar ancora un suo pensiero sui tempi che si stavano velocemente approssimando, mettendo in evidenza la sua visione, lucida, ma che è quella di un uomo del suo tempo, il quale ha visto e vissuto gli eventi e ha assistito al cambiamento non vedendoci però, a differenza della figlia, la positività che il cambiamento avrebbe dovuto portare. La nobiltà aveva reso grande la Francia, ma nuovi personaggi, la nuova borghesia che si stava affacciando sul panorama politico, non spinti dall’ardore puro e dall’onore, ma solo dal profitto personale, avrebbero compiuto nefandezze, persino peggiori di quelle attribuite alla classe regnante, perché avrebbero atteso di farsi eleggere, mediante promesse che non sarebbero state mantenute, per poi schiacciare quello stesso popolo elettore. Le ultime parole che rivolge alla figlia sono pertanto un monito a tenere sempre fede a se stessa e all’onore che ne guidato i passi lungo tutta la sua vita, per il bene della Francia e di tutti coloro che le erano cari.
Veramente un bel passaggio che ha riportato alla ribalta persino il poetastro, che negli anni come bibliotecario a Lille, aveva studiato moltissimo e in occasione degli onori da tributare ad Oscar, durante la magnifica e sontuosa celebrazione, ha voluto essere presente, anche se molto malato, e portare un suo contributo a quella giornata epocale, stupendo tutti con il più bel poema avesse mai scritto.
Ora restando in attesa della conclusione di quella che è stata una autentica epopea e una galoppata attraverso gli anni, ti ringrazio e ti auguro un sereno fine settimana.

Recensore Master
10/06/23, ore 12:22

Gli onori e le grandi gioie sono arrivate, anche se dopo tanti dolori e fatiche: Oscar ha finalmente il ruolo che da sempre meritava e fa piacere vedere che sia lei che la regina madre sono amate e rispettate nei loro ruoli finalmente! Oscar e Napoleone si somigliavano parecchio, è vero, ma André mette in evidenza molto acutamente le loro grandi differenze. Adesso aspetto di vederli negli anni della loro vecchiaia. Quanto all'uso distorto della democrazia, è vero che ci sono stati - e ci sono tutt'oggi - individui pronti ad usarne gli ideali per i propri interessi, come pure è stato fatto con gli ideali della nobiltà feudale (anzi in forma maggiore), con mille altre cose, e perfino col Cristianesimo!! C'è stato e ci sarà sempre purtroppo chi si approfitta di un credo (che può essere giusto o sbagliato in partenza, come nell'idea di impero) per i propri interessi: quando uno è st....o, è st....o e basta!!

Recensore Master
29/05/23, ore 09:36

Ciao Agrifoglio. Mi sono immersa nelle descrizioni con i dettagli dove il tutto é stato ancora più amplificato dalle immagini scelte e apprezzo il tuo impegno. Cosa succederà a Oscar e André e cosa farà Napoleone? Leggo sempre con interesse come stia rappresentando quest'ultimo ma soprattutto il percorso esteriore e interiore di Oscar in questo tuo scritto attraverso il tuo sentire. Al prossimo capitolo. Un caro saluto.
(Recensione modificata il 29/05/2023 - 09:37 am)

Recensore Junior
28/05/23, ore 14:14

Questo capitolo è stupefacente, un vero pezzo di bravura! L’ho letto e riletto in questi giorni e mi ha suscitato numerose riflessioni, ecco perché ho tardato a recensire.
Accanto al piano avventuroso ed alle scene delle battaglie, abbiamo anche un secondo piano psicologico ed umano dove sono messi a confronto i due diversi caratteri di Napoleone e di Oscar. Questa diversità è riassunta e scolpita nell’istante in cui i due si scambiano quella significativa e sferzante occhiata.
La parte iniziale, so che te lo hanno già scritto, è poesia diluita in prosa e la crescita umana di Oscar è davvero ben sviluppata. Mentre Napoleone è sempre uguale a se stesso e non riesce ad uscire dal suo personaggio un po’ avventuriero ed un po’ guerrafondaio, Oscar nel corso degli anni cambia evolvendo da ragazzina sbruffona ad adulta prima rigida, poi delusa e depressa ed infine piena di senso dello stato. Quando Oscar accetta se stessa e sceglie di sposare André, la sua vita a poco a poco diventa più concreta e normale. Non ha più bisogno di inseguire modelli irraggiungibili perché non è più insoddisfatta. Parallelamente con l’esperienza acquisita in Egitto, in Siria ed a Lipsia e con la morte di Girodelle, il modello in cui credeva prima inizia a starle stretto ed il vero soldato per lei non è più un Marte da museo o un militare armato fino ai denti e guerrafondaio, ma colui che fa il suo dovere per difendere la sua patria, promuovendo la pace. Oscar ormai ha una visione disincantata della guerra che lei vorrebbe fosse l’ultima anche a costo di rimetterci la vita. Combatte fino in fondo e fino alla fine perché così le è stato inculcato e così sente, ma lei fa la guerra per avere la pace.
André decide di seguirla fino alla fine. I figli ormai sono grandi e sposati e lui non ha vincoli terreni e doveri genitoriali che gli impediscano di condividere pienamente il destino di Oscar. La insegue e la raggiunge e la sua sorte adesso è incerta esattamente come quella della sua amata sposa.
Quando tutto sembra perduto, arriva Lisimba al galoppo ed il suo arrivo ci dà un barlume di speranza. Finalmente conosciamo il ruolo di Lisimba nell’economia della narrazione. Il salvataggio del giovane africano, avvenuto durante il viaggio di ritorno da Roma per parlare col papa e per liberare il re, all’indomani della battaglia di Trafalgar, non è servito soltanto a denunciare il fenomeno della tratta degli schiavi, ma anche a fornire una guardia del corpo ad Oscar e ad André. Auguriamoci soltanto che l’intervento di questo valletto così particolare non sia stato tardivo e che le lance ed i proiettili delle truppe napoleoniche non fossero così mortali!
Mi piace il modo che hai di lasciare il lettore col fiato sospeso. Oscar ed André potrebbero sopravvivere, ma anche soccombere. Non sarebbe il primo caso in cui i protagonisti muoiono all’interno di una storia e nel cartone animato avviene proprio così. Auguriamoci che Lisimba avesse con sé un intruglio africano, qualche particolare pozione regalatagli da uno stregone della savana, qualche erba miracolosa della sua terra o qualcosa del genere!
Il sacrificio di Oscar comunque non è stato vano perché ha regalato al duca di Wellington degli istanti preziosi che gli hanno reso possibile resistere fino all’arrivo dei prussiani.
L’arrivo dei prussiani ha posto fine all’avventura umana e bellica di Napoleone. Portati avanti dal feroce odio contro l’imperatore, i prussiani hanno marciato a tappe forzate pur di arrivare in tempo sul campo di battaglia. Napoleone li conosce ed in una certa misura li teme. Sa che l’imperativo categorico ora è non farsi prendere da loro che lo ucciderebbero sommariamente e senza tanti complimenti se lo avessero tra le mani, come la disavventura del povero dottor Larrey ha dimostrato.
I prussiani hanno subito le vessazioni di Napoleone ed ora vogliono fargliela pagare. Il loro odio coinvolge anche le truppe dell’imperatore che sono passate a fil di spada. I prigionieri sono barbaramente trucidati ed i feriti sono arsi vivi nell’incendio di Le Caillou.
Napoleone è costretto ad abbandonare la carrozza imperiale ed a fuggire a cavallo, le sue carrozze, il suo tesoro ed i suoi indumenti di ricambio sono requisiti e diventano bottino di guerra, le sue truppe scelte sono decimate o addirittura distrutte.
Lo sbando è totale anche se ben gestito, ma non fa desistere l’imperatore dai suoi progetti di controffensiva. Se ne torna a Milano e lascia i suoi uomini nelle mani dei suoi ufficiali come quel generale Cambronne passato alla storia per le sue espressioni molto colorite e per la fortuna di non essere caduto nelle mani dei prussiani che lo avrebbero gratificato di un plotone d’esecuzione anziché di una moglie un poco seccante.
I vincitori si spartiscono il bottino, si incontrano e si contendono la possibilità di dare il nome alla battaglia. Von Blucher finalmente si è vendicato mentre Wellington costruirà sopra questa vittoria la sua futura carriera politica.
Per Napoleone si aprono invece le porte di un esilio lungo ed infame, così in Europa sarà ristabilita la pace e i Re tireranno un sospiro di sollievo.
Sant’Elena lo aspetta con il suo clima tropicale, i suoi venti, i suoi luoghi inospitali, le sue giornate troppo lunghe e noiose ed un regime semi carcerario che starà molto stretto all’ex imperatore.
Che sia questo il tuo intento? Essendosi dipanata la seconda parte della storia in un lungo ed acceso conflitto tra Oscar e Napoleone, mentre la vita della prima si è spenta contro la punta di una lancia, quella del secondo si avvia ad un dolorosissimo viale del tramonto? Io però sono ancora inguaribilmente ottimista e continuo a sperare nella risolutività dell’interevento di Lisimba.
Le scene di battaglia sono come al solito molto realistiche, movimentate e tragiche. Questa descrizione in particolare mi ha colpito: “Il fuoco tuonante continuava a piovere dal cielo, seminando morte e distruzione ovunque. Le cannonate che correvano parallele al terreno, invece, falciavano, in un macabro effetto domino, intere file di soldati che si trovavano sulla loro traiettoria. Vivere o morire era questione di fortuna, ma i soldati dovevano mantenere le posizioni a ogni costo, anche dopo avere visto fatti a pezzi i commilitoni della fila accanto, perché l’alternativa sarebbe stata affrontare la fucilazione o durissime pene corporali”. Da queste poche righe emergono molte verità come la durezza della guerra, la fortuna di trovarsi in un posto o in un altro anche a pochi metri di distanza, lo stress post traumatico dei soldati nell’assistere agli orrori della guerra e le terribili coercizioni che facevano in modo che i militari non disertassero e non fuggissero. All’epoca c’erano gli arruolamenti forzati e quelli proditori, venivano reclutati i carcerati e tutti coloro che non avevano più un lavoro. Questi disgraziati che erano disprezzati e trattati duramente per tutto il tempo della loro permanenza sotto le armi erano anche sottoposti a pene durissime per mantenere una ferrea disciplina nel campo di battaglia e nelle file dell’esercito.
E’ incredibile quante cose si scoprono nel leggere e rileggere un capitolo e spero di leggerne e rileggerne presto un altro nella consapevolezza che potrebbe trattarsi pure dell’ultimo anche se non credo. Penso che ci sia ancora qualcosa da sistemare, essendo rimaste in sospeso ancora alcune cose e qualche personaggio secondario come per esempio Bernadette.
Alla prossima!
Match Point

Nuovo recensore
28/05/23, ore 03:11

Ho apprezzato anche questo capitolo che chiude la battaglia di Waterloo e forse anche le vite di Oscar e di André. A differenza della storia originale, i nostri eroi sono sposati da quasi trent’anni, hanno avuto figli e nipoti, si sono distinti nella vita politica e militare del paese ed ora sono due anziani coniugi alle prese con una delle difficoltà più grandi della loro vita.
In linea col suo carattere battagliero Oscar non si tira indietro e porta il suo aiuto agli alleati che ne hanno bisogno. Non era suo dovere farlo, sarebbe potuta restare nel castello di Hougoumont che aveva mirabilmente difeso con la sua perizia e col suo coraggio, ma non sarebbe stato da Oscar lasciare il momento decisivo della battaglia e dell’intera campagna belga nelle mani degli altri.
Oscar guida la cavalleria di Luigi XVII fono a Mont Saint Jean proprio quando il generale Maitland è alle prese con la vecchia guardia ed i prussiani aleggiano ai margini del campo di battaglia come ectoplasmi fantastici che nessuno ha mai visto. Il contrattacco di Napoleone non tarda ad arrivare ed Oscar si ritrova a terra, non si sa in quali condizioni, ma presto seguita dal suo André. E’ molto epico ed avventuroso l’arrivo del’ex schiavo Lisimba che come i suoi padroni non si risparmia e va fino in fondo alle cose. Speriamo che Oscar ed André si siano salvati, protetti da Lisimba ed anche da Girodelle, invocato nel corso della cavalcata.
Napoleone si conferma il grande mattatore di tutte le battaglie, ma tutto prima o poi finisce e lui ha fatto il suo tempo. Non è più giovane, ha qualche acciacco e soprattutto è sempre più solo. Di alleati ne ha sempre meno, i suoi familiari non sono validi ed i suoi nemici storici ormai sono coalizzati contro di lui, sono finanziati dall’Inghilterra e dopo tanti anni hanno imparato a fronteggiare le sue tattiche e le sue strategie che non sono più una novità per nessuno.
Mi piace leggerti, le tue pagine hanno la bellezza di un classico e la freschezza delle situazioni inedite.
BdP

Nuovo recensore
28/05/23, ore 03:07

Ho letto questa rivisitazione dei cento giorni e della battaglia di Waterloo e la meticolosità della ricostruzione mi ha stupito piacevolmente.
E’ bello anche come riesci ad inframmezzare la storia con l’ucronia e le vicende dei personaggi storici con quelle degli immaginari. Qui per esempio Oscar è stata calata nel contesto della battaglia con grande naturalezza ed il suo combattere in un periodo storico che non le appartiene non stona affatto.
Ad un certo punto della narrazione poi i piani intrecciati sono addirittura tre grazie al richiamo alla battaglia delle Termopili. Oscar nelle vesti di Leonida è davvero affascinante. A prima vista sembrerebbe improbabile, ma adattando le situazioni non lo è affatto. Un altro Leonida potrebbe essere quel bestione con l’ascia che fa irruzione nel cortile del castello fino a trovare un’inevitabile morte dopo essersi asserragliato nella chiesa come Rambo nelle foreste del Vietnam.
Fedele fino alla morte è André che si vede relegato sulla collina degli spettatori a causa di un eccesso di premura da parte di Oscar, ma, se ben lo si conosce, si inventerà qualcosa. Mai come nelle situazioni di pericolo questi due innamorati si avvicinano e riscoprono un’unione simbiotica ed ancestrale.
Infine c’è Napoleone che come l’araba fenice risorge dalle sue ceneri dopo una fuga rocambolesca ed una marcia che di tappa in tappa lo riporta a casa, nel corso della quale riporta a sé gli antichi subalterni, ora venuti a catturarlo, senza sparare un solo colpo di moschetto.
La sua situazione sembra subito difficile ed infatti deve lottare contro nemici numericamente superiori, contro l’incompetenza o la faciloneria dei suoi generali e persino contro le avversità climatiche che penalizzano soprattutto chi come lui fa largo uso dell’artiglieria.
Napoleone fa del suo meglio, lavora sodo, non si risparmia, passa la notte a studiare le mappe ed a perfezionare i suoi piani, non arrendendosi di fronte alle difficoltà logistiche ed alle avversità climatiche. La sua intraprendenza ed il suo coraggio sono ammirevoli, ma a volte sarebbe meglio capire quando è arrivata l’ora di dire basta.
BdP

Recensore Junior
26/05/23, ore 22:25

Ci avviciniamo a grandi passi verso la fine della storia e tantissimi nodi iniziano a venire al pettine.
Lo scontro finale tra aquila e leonessa c’è stato, soltanto che ancora non se ne conoscono gli esiti. Non sappiamo se Oscar ed André si sono salvati ed ignoriamo anche quale sarà la sorte di Napoleone, se finirà in esilio anche qui o se riuscirà a mettere su la campagna difensiva a Milano, continuando a tenere in scacco l’Europa.
Per ora mi limito a dire che la cavalcata di Oscar è stata epica e che la parte in cui Lisimba irrompe in scena raccogliendo dal campo di battaglia i suoi padroni mi ha ricordato il film Braveheart, quando William Wallace, tradito da Robert Bruce, si trova sul campo di battaglia, ma l’intervento di un suo amico che in corsa lo issa in sella ad un cavallo lo salva dalla cattura da parte degli inglesi.
Il capitolo comincia dove era terminato il precedente e noi subito scopriamo che la situazione di Oscar non era poi così compromessa e che per una volta gli spartani non sono morti alle Termopili. La situazione è invece seria a Mont Saint Jean perché Napoleone e Ney stanno facendo fuoco come se non ci fosse un domani ed il duca di Wellington sta quasi pensando di fuggire in Inghilterra per il caso in cui non arrivino né la notte né von Blucher.
La decisione di Oscar non è avventata ed impulsiva, è una decisione altruistica e tipicamente oscariana. Deve portare aiuto agli alleati per evitare che Napoleone trionfi ancora portando avanti all’infinito la sua parabola guerrafondaia. Deve porre fine a quel circolo vizioso e perverso che impedisce al mondo di stare in pace. Oscar abbandona una quasi comfort zone per lanciarsi nel centro della nuova battaglia. Non lo fa per motivazioni narcisistiche, per sperimentare l’adrenalina o per la gloria bellica né per cercare la morte. Lo fa per la motivazione più matura che può animare un soldato, ristabilire la pace e proteggere i propri cari ed il proprio popolo dall’invasione e da uno stato di guerra perpetuo che impedisca la sicurezza e la crescita economica e che porti alla distruzione di tante vite spesso giovanissime. Per Oscar la guerra non è più il luogo dove affogare le proprie delusioni, misurare il proprio valore, dare sfogo al proprio ardimento e sfuggire alla propria natura. La guerra ora per lei è il massimo dei mali, ciò che le impedisce di stare in pace con suo marito, i suoi figli ed i suoi nipoti, è quel mostro orribile che potrebbe risucchiarla in terra straniera ed impedirle di rivedere i raggi del sole a casa sua.
Oscar abbandona la comfort zone e si tuffa là dove il fragore della battaglia infuria di più. Il suo attacco è perfetto, ben coordinato e gli ordini sono precisi e razionali. La carica di Oscar a Waterloo non ha nulla a che fare con quelle sortite disordinate e suicide della trentanovesima puntata. Oscar adesso è un militare maturo, rispettato dai suoi uomini e motivato dal benessere comune e non dai capricci individuali. Quanto è lontana l’epoca in cui André le rimproverava di tendere ad un ideale che non esiste, di cercare la guerra per la gloria e di anelare alla battaglia per stare nel proprio elemento!
Oscar dirige la carica della cavalleria francese e lo fa magistralmente, ma Napoleone è sempre anni luce avanti a tutti e sa come arrestare questa carica. Invia i lancieri sul campo che con le loro picche acuminate colpiscono i cavalieri al galoppo come in un immenso e sanguinoso torneo medievale. Oscar viene a trovarsi nella traiettoria di una di queste lance acuminate e cade al suolo, in terra straniera, abbandonata anche dal suo cavallo. André però non può lasciarla sola a lungo. Dalla collina degli spettatori ha assistito alla cavalcata verso Mont Saint Jean e, nella costernazione di Lisimba, ha deciso di correrle dietro spinto da un impulso irrefrenabile che lo porta ad affrontare insieme il medesimo destino. E’ sempre così, più Oscar tenta di allontanare André per metterlo al sicuro o per ritagliarsi degli spazi per sé e più lui le va dietro pronto ad offrirle il suo supporto od anche soltanto la propria presenza.
Per fortuna però adesso il duo è diventato un trio e con loro c’è il fedele e portentoso Lisimba che non se la sente di lasciare solo André così come lui non se l’è sentita di abbandonare Oscar. La corsa generosa di Lisimba si rivela più proficua di quella un po’ sfortunata di André perché il grosso africano riesce a portare via i due padroni che speriamo siano ancora vivi.
Intanto, archiviato questo episodio che per quanto avventuroso e generoso è soltanto una goccia nel mare, la battaglia continua ad infuriare a più non posso finché l’arrivo dei prussiani non mette fine alle speranze di Napoleone. La vecchia guardia indietreggia, l’inganno di Napoleone sull’identità dei nuovi arrivati è presto svelato ed il sacrificio di pochi uomini come Cambronne serve soltanto a limitare i danni di un disastro di proporzioni bibliche. Napoleone è costretto a fare i conti con la disfatta, ma lui la resa non la vuole, lascia l’esercito in rotta ai suoi sottoposti e se ne torna a Milano a preparare l’ennesima rimonta.
Non è chiaro quale fosse il progetto di Napoleone, ammesso che ce ne fosse uno. Lui non era la leonessa e di starsene a casa in pace gli importava poco. Quanto sarà stato seduto sul suo trono? Immagino molto poco. Cosa aveva in mente quindi visto che del potere non gli interessavano il lusso, i fasti, il bel vivere ed il buon mangiare? Voleva uno stato di guerra perpetuo in cui misurarsi perennemente con i propri nemici e con se stesso? Se per assurdo avesse esaurito tutti i suoi nemici avrebbe cominciato a combattere davanti allo specchio? Cosa era la guerra per lui? Una ragione di vita, un mezzo per prevalere, una rivalsa, un modo per esorcizzare un’infanzia ed un’adolescenza infelici?
Non mi è chiaro perché i suoi uomini ancora lo seguissero. Probabilmente gli altri monarchi dovevano essere peggiori di lui oppure lui aveva un modo di fare coinvolgente idoneo a fare presa su menti semplici, poco scolarizzate e civicamente meno educate di quelle degli uomini di adesso. I soldati di Napoleone, a mio giudizio e con buona pace dell’illuminismo e della rivoluzione francese, erano più sudditi che cittadini.
Un’altra cosa che mi ha sempre colpito è che tutte le volte che le cose si mettevano male per lui, in Egitto, in Russia, a Lipsia od a Waterloo, Napoleone mollava l’esercito a qualcun altro e se ne scappava a casa per organizzare qualche contro mossa e per non farsi fagocitare dagli oppositori interni che avrebbero colto la palla al balzo per linciarlo. Era davvero questa la vera motivazione oppure la psiche di Napoleone non tollerava lo spettacolo della propria sconfitta?
Grazie per avere condiviso con noi questo altro capitolo che chiude il cerchio apertosi con quello precedente e ci lascia davanti a quegli interrogativi di cui parlavo all’inizio della recensione. Anche con poche parole e con gli aggettivi essenziali riesci a catapultarci all’interno della battaglia ed a farci percepire la furia, la concitazione, il sibilo dei proiettili e l’odore della polvere da sparo. Grazie per questo pezzo di bravura ed a presto!
Green Tourmaline

Recensore Junior
26/05/23, ore 00:38

Il personaggio di Napoleone mi affascina molto qui come nei capitoli precedenti. In questo capitolo in particolar modo lo troviamo in modalità oserei dire schizofrenica. Certe volte è iper decisionista come quando ordina tassativamente di conquistare La Haye Sainte mentre altre volte è più titubante, quasi spaesato come quando non sa cosa farne delle truppe di riserva. Prima risponde male al maresciallo Ney che gli chiede rinforzi, protestando che lui le truppe non le può certo fabbricare. Successivamente trova un metodo di fabbricazione veloce perché poche ore dopo invia quelle stesse truppe, soltanto un po’ troppo tardi per vincere la battaglia. Sicuramente la sua situazione era molto difficile perché era da poco fuggito dall’isola d’Elba dove aveva sperimentato l’esilio e l’abbandono. Tornato a casa vide che il popolo lo riaccolse, ma si trattava dello stesso popolo che aveva lasciato fuggir via il re precedente. Dopo pochi giorni le altre potenze europee gli mossero guerra francamente infischiandosene dei suoi proclami di pace. Adesso si trova in un campo di battaglia in condizioni di inferiorità numerica con l’incubo di rimanere accerchiato, ma anche se la situazione è difficile risulta ancora più difficile capire come mai l’imperatore abbia perso così tanto della sua forza caratteriale e della sua intelligenza pronta e brillante.
Comunque sia Napoleone è sempre Napoleone ed il suo nome è ancora tale da incutere un sacro terrore in chi lo sente pronunciare. Wellington abbandona per un po’ il suo sangue freddo ed il suo aplomb da lord inglese e quasi piagnucola come un infante quando la battaglia si fa più accanita. Von Blucher c’è e non c’è, compare alla fine, ma salva la vita al duca. L’unica figura che osa sfidare Napoleone è la nostra leonessa che esce dalla comfort zone e si avventura verso l’occhio del ciclone.
Mi è piaciuto incredibilmente lo scambio di occhiate tra l’aquila imperiale e la leonessa di Francia. Furente lei, gelido ed inquisitorio lui. A questo punto della narrazione Napoleone torna ad essere il genio militare di sempre e con fredda lucidità ordina l’entrata in battaglia dei lancieri. Ci voleva l’arrivo di Oscar per far tornare in scena il Napoleone di sempre!
La leonessa purtroppo è abbattuta, non sappiamo se a morte o no e Napoleone invece rimane in sella al suo cavallo Marengo, ad attendere gli esiti di una battaglia in cui si sta giocando il tutto per tutto. Purtroppo per lui e per chi aveva creduto in lui però la garde recule e ciò dà il colpo di grazia definitivo alla fiducia in se stesse delle truppe napoleoniche ed agli ultimi sogni di gloria dell’imperatore. E’ l’altra faccia della medaglia di quando si sceglie un simbolo od un vessillo. Finché le cose vanno bene ed il vessillo sventola alto le persone sono galvanizzate anche se si tratta di un simbolo. Quando le cose iniziano ad andare male, invece, la caduta del simbolo porta ad una parallela caduta delle speranze anche oltre la razionalità. In questo caso oltretutto la guardia imperiale era, oltre che un simbolo, un reparto di truppe super scelte.
Napoleone ordina suo malgrado la ritirata ed è in questo frangente che vediamo la lucidità e la professionalità sue e della guardia imperiale. Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. In questo caso il gioco non è soltanto duro è addirittura perduto, ma l’imperatore già pensa ad organizzare una campagna difensiva e poi chi lo sa…
Mentre i suoi uomini sono fatti a pezzi dalla furia cieca e vendicatrice dei prussiani, mentre si combatte nelle case e nei cimiteri, mentre le carrozze imperiali sono catturate insieme al tesoro di oro e di diamanti e persino gli abiti dell’imperatore diventano bottino di guerra, mentre il suo medico personale, scambiato per lui, sta per essere fucilato, Napoleone già pensa al domani e ad organizzare la riscossa, la prossima battaglia.
Napoleone è assolutamente incapace di arrendersi. Glielo impediscono il suo orgoglio, la sua ferrea volontà, la sua smisurata ambizione. Di sicuro sapersi risollevare e non cedere le armi nei momenti di difficoltà è un pregio, ma se tutto questo porta guerre su guerre, morti su morti, devastazioni su devastazioni allora c’è qualcosa di profondamente disfunzionale. La forza e la determinazione sono sicuramente una bella cosa, ma se queste non sono messe al servizio della collettività e diventano soltanto un altro modo per opprimere i popoli allora è meglio un riposo forzato a Sant’Elena…
Certamente pittoresca è la figura del generale Cambronne che vuole scippare la parte di Leonida ad Oscar o meglio, lei fa Leonida nel capitolo precedente e lui in questo.
So che non è stato facile ricostruire ciò che successe in quei momenti infiammati e distinguere la fantasia dalla realtà, la cronaca storica dalla mistificazione. Cosa disse realmente Cambronne in quegli attimi terribili? La moglie poté essere fiera di lui o fu presa in giro dalle rassicurazioni mendaci di un marito un pochino gaglioffo? Non lo sapremo mai, ma l’immagine di questo Leonida un po’ coatto è sicuramente affascinante ed anche un tantino divertente! Come al solito, la realtà supera la fantasia!
Alla fine una menzione speciale va al dottor Larrey il medico personale di Napoleone. Non oso neppure immaginare cosa deve aver pensato in quei momenti, poveraccio! Acciuffato dai prussiani, scambiato per Napoleone e scaraventato davanti al plotone d’esecuzione senza diritto di difesa e di spiegazione! Immagino che avrà benedetto per tutta la vita la scelta di tenere quella lezione a Berlino! Salvarsi per il rotto della cuffia non deve essere facile per nessuno ed immagino che per tutta la vita avrà portato con sé il ricordo di quelle ore drammatiche ed il trauma del condannato a morte. Spaventoso!
Come al solito, mi complimento con te per la perizia che metti in quello che scrivi ed anche per la grande passione che trasuda dalle tue righe. E’ meraviglioso quando la tecnica ed il cuore si incontrano per dare vita a qualcosa di estremamente curato, ma anche pulsante di vita e di passione! Adesso siamo tutti curiosissimi di sapere come ogni cosa finirà! Ho letto come siamo partiti, con una missione nei pressi di Strasburgo, vicino al confine belga. Terminerà tutto in Belgio, circolarmente, esattamente dove è iniziato?

Recensore Junior
24/05/23, ore 23:52

Un altro splendido capitolo cara Agrifoglio con il colpo di scena che tutti aspettavamo e che tu avevi in serbo da chi sa quanto tempo ahahahahah !!!!!!!! Lo ho capito quando hai intitolato il capitolo con lo stesso nome del romanzo che esso conteneva delle scene clou ed il punto di arrivo di tutta la narrazione!!!! L’acme dell’avventura oscariana finisce qua ,speriamo non anche le vite dei nostri due protagonisti speciali!!!!
Ritroviamo Oscar nel castello di Hougoumont intenta a difendere la fortezza al meglio delle sue capacità ed il suo meglio sappiamo che è proprio il top di gamma ahahahah !!!! Scopriamo che la minaccia dell’aiutante di campo non si è concretizzata e che anzi un attacco guidato proprio da lui viene respinto con tanto di risate liberatorie e di prese in giro da parte delle milizie oscariane . Il castello è sotto assedio ma una mano di aiuto può arrivare persino dai nemici se questi ,come Girolamo Bonaparte sono talmente smargiassi da fare più male che bene alla loro fazione ahahahah!!!!!!! Oscar porta avanti la difesa del castello con determinazione e lucidità e di fatti la situazione alla fine si stabilizza ,ma il cuore della leonessa sanguina ugualmente per le tante vite spezzate La leonessa però da perfetta guerriera, nasconde le lacrime sotto una maschera di forza
Il castello di Hougoumont non è che un fronte secondario ed infatti le cose vanno meno bene a Mont Saint Jean e nella fattoria de La Haye Sainte che Napoleone ordina tassativamente di prendere Il maresciallo Ney obbedisce ed il fortino viene preso di assalto finché un soldato con la scure non abbatte il portone ed i soldati napoleonici possono entrare
Le cose intorno al duca di Wellington si mettono di male in peggio soprattutto dopo la conquista della fattoria di La Haye Sainte Il duca vede gli ufficiali intorno a lui morire ,i nemici avanzare ed il fuoco dei cannoni peggiorare di minuto in minuto . Ostenta sicurezza ma intanto di nascosto prepara la ritirata attraverso il porto di Ostenda e di quando in quando piagnucola “ datemi la notte o datemi Blucher” … almeno poteva accontentarlo nella scelta del nome della battaglia!!!!
A Napoleone va meglio soltanto in apparenza perché ha un esercito grande quanto quello del duca inglese ma deve tenere sotto controllo vari fronti e quando il maresciallo Ney gli chiede di inviargli nuove truppe per lo sfondamento decisivo a Mont Saint Jean lui risponde che non sa dove prendere altre truppe e che non può di certo fabbricarle Napoleone infatti ha l’incubo dell’arrivo dei prussiani da nord ovest e deve tenere dei reggimenti di riserva con il compito di aspettarli ….Ora ,Napoleone era Napoleone ed io non sono nessuno ma gli inglesi c’erano mentre i prussiani ancora no…… Non avrebbe potuto inviare a Ney le truppe di cui aveva bisogno ed intanto sconfiggere il duca di Wellington e spazzare via almeno uno dei nemici ? Se in un secondo momento fossero arrivati i prussiani , avrebbe potuto richiamare parte delle truppe Non è che avrebbe sentito suonare il campanello della porta di casa “salve siamo i prussiani!”………. ahahahah !!!!!! Avrebbe visto in lontananza una nuovolona di polvere e poi l’avanguardia prussiana arrivare….. Avrebbe avuto tutto il tempo di richiamare indietro parte delle truppe Facendo così invece ha tenuto a bagnomaria delle truppe che avrebbe potuto utilizzare per sconfiggere Wellington , il tutto per aspettare i prussiani – Godot che sono arrivati soltanto ad ora tarda……….. a me è sembrata una pessima scelta ,poi boh ……..
L’avanguardia prussiana in effetti c’è ed arriva a Plancenoit ma Napoleone là sì che invia una divisione della giovane guardia ed alcuni reparti di quella vecchia I prussiani erano proprio il suo incubo ricorrente ed infatti lui li temeva più degli inglesi……. Il villaggio passa di mano più volte ma poi ,grazie ai rinforzi è conquistato dai soldati napoleonici almeno per qualche ora………
Torniamo al castello di Hougoumont dove la situazione grazie ad Oscar si è stabilizzata ed un assalto è stato da poco respinto, ma la leonessa troppo lontana dai guai non ci sa stare ed infatti , avendo saputo da report periodici che a Mont Saint Jean gli alleati se la passavano male, decide di portare rinforzi anche per restituire il favore al duca di Wellington che a sua volta ,prima, aveva aiutato lei !!!!!!!! ed André dalla collina degli spettatori la vede correre verso Mont Saint Jean col cannocchiale e decide di seguirla dopo avere lasciato il cannocchiale a Lisimba!!!!!!!! Questi due non ci sanno proprio stare lontani dai guai!!!!!!!!!!!
A Mont Saint Jean in effetti la situazione sembrava precipitare per gli inglesi ,ma la superiorità di Napoleone era soltanto di facciata ed infatti ecco che alle sette e mezza di sera in lontananza arriva qualcuno che però non è de Grouchy ma i tanto temuti prussiani che a forza di pensarli si sono materializzati ahahahahah !!!!!!!!! Napoleone finalmente si decide ad inviare al maresciallo Ney nuove truppe ma Ney gliele aveva chieste un’ora prima e se gliele avesse inviate per tempo avrebbe potuto sconfiggere il duca di Wellington e poi dedicarsi con calma a tranquillità anche a von Blucher…… ari boh …….. C’è uno scontro tra le truppe della vecchia guardia e quelle del generale inglese Maitland ( i cui uomini si erano sdraiati sul terreno e si sono rialzati all’improvviso al momento dell’attacco ,bellissima scena!!!!!!!!!) con alterne fortune finché gli inglesi non devono ripiegare sulla collina
Ed è proprio in quei momenti di grande concitazione che arriva la leonessa alla testa di quattro reparti di cavalleria e la vecchia guardia imperiale inizia ad indietreggiare….. Oscar è pienamente sul pezzo , è la dea della guerra in persona ed ordina ai suoi uomini di sparare una sola volta (in groppa al cavallo non possono ricaricare ) ma di sparare bene Lei stessa centra in pieno un comandante nemico Ma a questo punto abbiamo la reazione dell’aquila imperiale che dopo essersi lanciata un’occhiata di sfida con la leonessa le manda contro i lancieri ed uno di loro la colpisce in pieno al torace facendola stramazzare al suolo non si sa se viva o morta mentre il bianco destriero fugge via …… Arriva anche Andrè ed una pallottola lo raggiunge, cade da cavallo e batte la testa al suolo per culmine di iella….. Striscia non si sa come al fianco di Oscar e le stringe la mano…. Ed arriva anche Lisimba che da perfetto uomo della savana cavalca come un dio ,si flette su un fianco del cavallo ed issa in sella Oscar e poi Andrè e se ne va via ,impedendo così che fossero calpestati dalla cavalleria
Arrivano finalmente i prussiani e Napoleone mente dicendo che sono gli uomini di de Grouchy, che imbroglione ahahahahah !!!!!!!!! L’inganno comunque doveva avere una sua base perché ci furono degli scontri di fuoco amico anche tra inglesi e prussiani e quindi forse qualcosa non funzionava a dovere nel colore e nella foggia delle divise ahahahahah!!!!!!!!
Le guardie di Maitland si rincuorano grazie all’intervento di Oscar e la guardia imperiale inizia ad indietreggiare I soldati napoleonici vedendo il fiore all’occhiello del loro esercito battere in ritirata si sconfortano e quando si accorgono che i nuovi arrivati altro non sono che prussiani (sì lo so c’è una parola che ricorre ahahahah!!!! ) si sconfortano ancora di più ed iniziano a gridare al tradimento …. E le cose si mettono male pure a Plancenoit…….
Napoleone capisce perciò che tutto è finito ed ordina la ritirata ed ecco che la guardia imperiale dà il meglio di sé proprio quando tutto precipita e che il generale Cambronne resiste ad oltranza, pronuncia due frasi nobili ed altisonanti ed una terza molto più plebea e prosastica salvo doverne rendere conto qualche anno dopo alla gentile consorte!!!!!!!!!
I prussiani si occupano dell’inseguimento e ne approfittano per regolare i loro conti in sospeso, abbandonandosi ad episodi di violenza selvaggia e di grande barbarie Ne stava facendo le spese pure il medico personale dell’imperatore che scambiato per lui stava per essere fucilato sul posto e senza processo ,salvo essere riconosciuto davanti al plotone d’esecuzione! E lo stesso Napoleone stava per essere catturato e lo sarebbe stato se non avesse abbandonato la carrozza imperiale e non fosse fuggito a cavallo!!!!!! Ed i suoi tesori di oro e di diamanti, lo splendido corteo delle carrozze imperiali , le medaglie , le spade e persino i capi d’abbigliamento di ricambio sono conquistati per diventare bottino di guerra prima e cimeli da museo dopo……
Il duca di Wellington ed il feldmaresciallo von Blucher si incontrano davanti alla locanda de La Belle Alliance e discutono … anche di come chiamare la battaglia Von Blucher propone di chiamarla la battaglia della Belle Alliance come la locanda, ma Wellington non ci sta ed impone di denominarla battaglia di Waterloo come il villaggio dove aveva mantenuto il suo quartier generale e dove non si era combattuto per un solo istante…. Che prepotente ahahahah!!!!!
Napoleone però proprio non ne vuol sapere di rassegnarsi a che tutti i suoi sogni si siano infranti ,cede il comando delle truppe al maresciallo Soult e corre a Milano dove tenta di organizzare una controffensiva Quest’uomo non si arrende mai!
Questo capitolo è davvero molto bello e la descrizione della battaglia di Waterloo o della Belle Alliance che dir si voglia (così facciamo contento anche von Blucher ahahahah!!!! ) è minuziosa e superlativa!!! Mancano pochi capitoli alla fine ormai è chiaro ma cerca di scriverli velocemente !!!!!!! Ho tanta curiosità di scoprire se Oscar ed Andrè ce l’hanno fatta oppure no e di leggere la fine Cosa ne sarà di loro dei loro figli e del generale de Jarjayes ,dei reali di Francia, di Bernadette ed anche di Napoleone? Sarà spedito a Sant’Elena od essendo questa una storia ucronica si risolleverà e sarà lui a mandare a sant’Elena gli altri? A presto ,speriamo a presto!

Recensore Junior
23/05/23, ore 20:26

Mi è piaciuta molto la prima parte del capitolo che ho trovato in vari punti molto poetica!
“Tremava la terra ed esplodeva il cielo al Castello di Hougoumont e sempre nuovi proiettili fischiavano nell’aria, abbattendosi sui muri e affondando nel fango e nelle carni di coloro che salutavano il loro ultimo giorno di vita.
Oscar montava a cavallo e incitava i soldati, agitando la spada mentre la chioma seguiva l’andamento dei ruggiti dell’artiglieria. Il cuore della leonessa piangeva per ogni nuovo morto che decimava le truppe e il dolore era celato dietro una maschera guerriera.
Sempre più intensi furono gli attacchi, in quelle ore di rombo e di fuoco, ma il castello teneva e l’umore degli uomini pure, perché sapevano di non essere soli e, nell’imperversare della lotta, la guida del loro Comandante era solida e tenace.
Passava il tempo, ma i combattimenti continuavano, dietro un muro semi diruto, accanto a un albero del bosco o del frutteto e attraverso le finestre della fattoria fortificata. Chi avanzava prima indietreggiava dopo e tutti facevano la macabra conta dei morti e dei feriti”.
Ho trovato questa parte perfetta non troppo lunga, non troppo corta e soprattutto misurata pur essendo ricca di sentimento. Mi è piaciuta soprattutto la parte che fa vedere il lato pietoso, quasi materno di Oscar il cui cuore piange per la morte dei soldati, ma che cela il dolore dietro una maschera guerriera. Questo lato “materno” lo ritroviamo anche nel punto in cui si dice che l’umore dei soldati teneva quanto le mura del castello perché pur nell’imperversare della lotta la guida del loro comandante era solida e tenace –come quella di un genitore – e tutto ciò faceva in modo che non si sentissero soli. Raramente il lato materno di Oscar viene fuori, è successo con il delfino, con la giovanissima Rosalie, con Charlotte, col ragazzino malato ad Arras, col desiderio di rendere giustizia a Pierre ed anche a volte con Maria Antonietta. Oscar non è sdolcinata ma proprio per questo, quando mostra i suoi sentimenti, lo fa in modo efficace e profondo. In questo tuo brano neppure li mostra i sentimenti, ma essi traspaiono dai fatti, dal contegno, dall’abnegazione, dal buon esempio e trasudano da quella maschera guerriera a copertura di un cuore ferito.
Mi è piaciuta la parte in cui André si accorge dell’ultima prodezza di Oscar e perde il suo self control prorompendo in un moto di stizza. Degna di lui la frase dove dice che qualunque fosse stato il loro destino gli sarebbero andati incontro insieme. Questo è il programma di tutta la vita di André, seguire Oscar nella vita ed anche nella morte dove in realtà l’ha preceduta. Il commiato di Lisimba è stato enigmatico perché in quell’addio signor conte il lettore può vedere di tutto.
E’ molto bella la carica di Oscar a Mont Saint Jean quando attacca alla testa della cavalleria provocando stupore e disappunto negli avversari, Napoleone primo tra tutti. Il pensiero di Oscar non va però all’ardore della battaglia, ma alla memoria di Girodelle il suo secondo ed amico. Anche in quei momenti concitati riesce a prendere bene la mira dopo avere esortato anche i soldati a farlo e dalla sella del cavallo in movimento dà buona prova di tiratrice. Emozionante è lo scambio di occhiate di Oscar e di Napoleone che è quasi la naturale prosecuzione di quell’intrecciarsi di sguardi da molto più lontano del capitolo precedente, alla vigilia della battaglia. In quello sguardo di sfida tra aquila e leonessa si vede la differenza di filosofia di vita dei due personaggi. La guerra di Napoleone è guerra di offesa, quella di Oscar è guerra di difesa. Napoleone combatte per la gloria e per l’ambizione, Oscar, dopo i primi ardori della gioventù più velleitari che reali, combatte per proteggere il suo popolo, la sua nazione e per quell’innato senso di giustizia e per quello spirito di sacrificio che la hanno sempre indotta a raddrizzare le storture ed a combattere il male in tutte le sue declinazioni.
Una lancia purtroppo colpisce la leonessa al torace ed in quello stramazzare al suolo, abbandonata dal cavallo spaventato ho letto un triste presagio. Anche la parte in cui sottolinei che la leonessa cadde in terra straniera, riecheggiante il timore espresso nel capitolo precedente di morire in una giornata di pioggia, in terra straniera e lontana da casa, mi ha fatta sobbalzare. Quel cadere sul prato calpestato fa pensare che anche la sua vita è stata calpestata, vittima del furore cieco della guerra.
Molto di effetto è stato anche l’arrivo di André sul suo cavallo nero come la notte che lontano dalla sua Oscar proprio non ci sa stare e quella frase per cui andranno incontro insieme al loro destino trova compimento. André è raggiunto da un colpo di pistola cade e batte la testa. Entrambi sono distesi inermi sul campo di battaglia, sicuramente destinati ad essere calpestati dagli zoccoli dei cavalli, ma ecco che arriva il colpo di teatro nella persona di Lisimba, lo schiavo africano liberato tanti anni prima. “Forte come soltanto la savana forgia i suoi guerrieri e determinato di lealtà e riconoscenza, Lisimba si precipitò nel centro della mischia e, flettendosi sul fianco del suo cavallo, tirò su come fuscelli la sua padrona e, poi, il suo padrone e fuggì via”: qui è dove la prosa incontra la poesia, i miei complimenti! Questo salvataggio non può essere casuale o no? Che senso ha organizzare un blitz di soccorso se poi Oscar ed André devono morire comunque in un altro posto? Serve a farli morire un po’ più comodi in un ospedale da campo?
Ho trovato molto bello il ruolo della guardia imperiale al momento della ritirata. Mi ha colpita molto come questi soldati si siano comportati con audacia e professionalità, nel difficile compito di ritardare la carica dei vincitori e di impedire la totale disgregazione dell’esercito sconfitto, nel momento in cui ogni speranza di vittoria era tramontata. Questi veterani danno il meglio di se stessi e sacrificano anche la vita non per vincere, ma per perdere in modo meno disastroso. Ce ne vogliono di abnegazione e di nervi saldi quando l’obiettivo è soltanto quello di limitare i danni in una situazione che contempla esclusivamente la sconfitta!
Mi ha stupito l’episodio di Cambronne, probabilmente infiorettato come hai detto tu in una risposta ad una precedente recensione, ma di grande effetto. La parolaccia pronunciata dal generale e così aborrita dalla moglie serve a spogliare l’episodio dalla retorica della frase più altisonante ed a colorarlo di tinte più fiere e realistiche. La scena tuttavia è bella proprio così com’è soprattutto perché ci mostra il crescendo rossiniano del nervosismo del prode Cambronne ed il suo crollo emotivo prima ancora che sul campo di battaglia. E’ stato anche molto divertente leggere di questo impavido generale che, in tempo di pace, è stato mal affrontato dalla moglie che non amava il turpiloquio. Lui che non ha tremato di fronte agli spari ha invece ceduto alla carica senza cavallo della moglie inferocita!
Dopo tante emozioni non mi rimane che aspettare l’epilogo di questa vicenda ed anche di questa meravigliosa storia. Oscar e André si salveranno per l’ennesima volta o periranno gloriosamente? E Napoleone così poco avvezzo ad arrendersi ed a riconoscere la vittoria agli altri troverà un modo per risollevarsi in piedi o il suo destino è segnato e per lui si apriranno i battenti di Longwood House a Sant’Elena? Non vedo l’ora di scoprirlo. Non farci aspettare troppo però!

Recensore Veterano
20/05/23, ore 20:04

Buonasera Agrifoglio.
Oscar comandava personalmente il tiro delle batterie ...ecco mi è sembrato di vederla di fronte alla Bastiglia, ma questa volta Oscar non sta cercando la morte, ma una vittoria in nome di una pace duratura. Ed è triste che servano guerre e battaglie per conquistarla.
André non rinuncia ad essere l'angelo custode di Oscar (bellisima l'immagine di André veloce come il vento, sul suo cavallo nero come la notte), ma voglio  pensare che il suo intervento (o il suo sacrificio..spero proprio di no) sia servito per salvare la sua Oscar.
Grandioso Lisimba, che risponde all'addio di André, ma pure lui non rispetta le consegne e corre in aiuto di entrambe.
La tua narrazione della concitazione della battaglia è straordinaria.
Aggiorna presto mi raccomando!