Recensioni per
Ambitiosa morte (o Prima che il gallo canti)
di GabBeauv

Questa storia ha ottenuto 1 recensioni.
Positive : 1
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
17/01/19, ore 12:10

Nona Classificata
Ambitiosa Morte (o prima che il gallo canti)
di GrabrielleBeauv








Grammatica: 13.35/15

Il testo è abbastanza pulito, ho trovato però qualche errore di concordanza del genere e pochi altri errori di battitura; un errore grave verbale.
Di seguito, gli errori trovati:

dalla giorno della disfatta → -0.2 dal giorno
una carcere → -0.2 un carcere
Shakebolt → -0.1 Shacklebolt
Perché da queste parti funziona così, mh? → -0.1 mmh
Questo tua esistenza a metà lo è. → -0.1 questa
perché ora capisce che in dittatura, l’unica scelta degli schiavi è quella tra il vivere e il morire → -0.2 Il “che” è legato alla relativa “l’unica scelta…”. O chiudi l’inciso, o togli la virgola.
Hermione è già una firma profana sul suo corpo - inchiostro che laverà via poco prima di portarla sull’altare. → -0.1 Chi è che porterà sull’altare? Non credo Hermione, ma credo che si riferisca sempre a corpo. In questo caso è “portarlo”.
Perlomeno può darsi il merito di aver costituito all’abbrivo di quell’Albedo, → -0.3 In questo caso “costituito” regge il complemento oggetto, altrimenti non riesco a capire il senso della frase. Suggerisco “l’abbrivo di quell’Albedo”.
ad una nuova → -0.1 a una nuova
Ora e vivo e lo sarà per un po’; → -0.25 Ora è vivo


Stile: 12.5/20

È uno stile ambizioso quello che hai utilizzato, con periodi complessi, strutture sintattiche intrecciate e un lessico che pretende di essere protagonista. Si fatica a districare la narrazione dalla mera esposizione lessicale, il testo risulta pesante alla lettura, non sempre di immediata comprensione, astruso nel suo aspetto contestuale.
La punteggiatura non incontra sempre il mio parere positivo. Abusi dei due punti, inserendoli in maniera molto arbitraria e caricata, tanto che arrivano a caratterizzare il testo. Ho notato anche una forte predilezione del capoverso; il testo, così, risulta molto disteso e imperativo. Sono pause lunghe, con una divisione dei paragrafi atta a dare tensione, che troppo spesso spezzano anche il flusso di un unico argomento. Nel suo complesso, ho trovato che questo rendesse il testo troppo lento, greve, che ogni concetto avesse bisogno di spazio e isolamento per essere assimilato, che una singola frase formasse continuamente un concetto a sé. Manca l’uniformità del testo, una narrazione fluida e coinvolgente.
Anche i periodi sono elaborati, con una struttura che spesso e volentieri inverte l’ordine sintattico. Questo funziona in alcuni punti, dove la comprensione del testo è comunque intuitiva, fluida, e quindi la particolarità impreziosisce la narrazione; altri punti in cui, invece, la relazione dei sintagmi non è immediata e la struttura della frase confonde di primo acchito. Come in questo caso:

- Ne accarezza insolente le forme dalle lenzuola avvolte con lo sguardo → “con lo sguardo” può benissimo riferirsi a “lenzuola avvolte”. Insomma, è troppo ingarbugliata.

Una volta mi dissero che alzando tutte le asticelle si ottiene nuovamente un piano piatto, liscio. Credo che sia questo uno di quei casi: hai talmente abbondato con frasi articolate e complesse che non c’è un concetto o un’espressione che spicchi; tutto appare uniformemente arzigogolato e inutilmente complesso. Secondo me, avrebbe funzionato meglio se alcuni dei periodi più lunghi fossero stati privati di alcune subordinate: se la principale è già stata arricchita di un lessico importante, risulta pesante assegnarle una subordinata altrettanto elaborata. Frasi più semplici avrebbero reso più equilibrato il lessico. Si tratta di bilanciare in maniera più piacevole i tre aspetti di questo stile: periodi lunghi, lessico aulico e inversione sintattica.
Alcuni termini li usi in maniera impropria, secondo me. Come per esempio “lisergico”. Ho cercato più volte nel dizionario, anche nel dizionario dei sinonimi, ma non viene mai adoperato come sinonimo di stupefacente o allucinogeno, ma solo nell’accezione di acido lisergico. Personalmente ho trovato che tu abbia esagerato un po’ con certi termini, perdendo di vista lo scopo primario di un testo: coinvolgere e far immedesimare il lettore alla storia che si vuole raccontare.
Tutto questo conferisce al testo un tono greve, cupo, pressante, che non trova giustificazione nel contesto, il quale si mantiene poco chiaro e non permette al lettore di concentrarsi su personaggi e trama.
Il narratore è onnisciente, o secondo questo scopo si muove il testo poiché passi dall’introspezione di un personaggio all’altro, il lettore ha modo di sapere quali intenzioni e pensieri si nascondono a entrambi i personaggi; ma ci sono frasi ambigue che rendono incomprensibile il soggetto perché le tratti come un narratore con POV. Per esempio:

- Draco scuote la testa e si lascia scivolare contro il cuscino. Guarda il soffitto perché sa di aver perso: nemmeno quella notte la toccherà; Hermione ci aveva sperato. → Credo sia Hermione a guardare il soffitto, e non Draco. Questo soggetto sottinteso, con un narratore onnisciente, non funziona.

Il narratore, quindi, è mal gestito e poco chiaro nella sua tipologia. Ed è un peccato perché nei momenti in cui è chiaro che il narratore passa dall’introspezione di un personaggio all’altro, il testo rimane scorrevole.
I dialoghi sono indarni. All’inizio volutamente, non fanno contesto, vogliono esprimere un convenevole ripetuto altre volte, ma dopo diventano complessi, tutti medesimamente cupi e affini allo stile del narratore, piuttosto che emblematici e caratterizzanti dei personaggi.
Le descrizioni e la narrazione sono pressoché assenti: il testo si basa molto su dialoghi e introspezione. Non ha un corpo di sostanza, ma predilige stimolare la riflessione del lettore. Inoltre presenta diverse metafore, riferimenti filosofici e parallelismi biblici: tutte insieme, oberano il testo.
Le tematiche. Quelle che saltano all’attenzione di chi legge sono il dolore della perdita, la paura della morte, il senso di sopravvivenza che prevale sullo spirito di unione e affetto. E tutte sono state trattate di sottofondo, non certo esaltate dallo stile, eppure trattate con disinvoltura, seguendo un determinato filo logico e narrativo. I nomi che non vengono pronunciati fino a un certo punto ma che aleggiano tra di loro sempre, le vittime della guerra. Ma c’è anche un’altra vittima, che non ha un corpo proprio ma che è stata stappata da tutti, o così pare, ed è la compassione. Sia Hermione sia Draco, ognuno per sé, pensano: meglio loro che io, meglio tu che io. Il tema della sopravvivenza, della perdita dei valori è stato approfondito da più punti di vista.


Originalità, Ambientazione e Trama: 10/15

Non posso negare la particolarità del testo. Pensando all’opera originale, trovo molto personale il finale alternativo che hai escogitato, immaginando la morte dell’eroe, l’avvicinamento tra più personaggi di schieramenti opposti e con visioni molto diverse. L’originalità però non riesce a incontrare una chiarezza espositiva e leggendo questo brano rimangono molte domande senza risposta.
L’ambientazione è assente. Non ci sono elementi che ricreano l’atmosfera o la scenografia di Harry Potter, non ci sono relazioni con l’opera originale. Detto questo manca completamente anche un’ambientazione propria del testo. L’unica parte (Il rifugio fu costruito su terra venefica dove l’insolente coraggio di timidi boccioli è punito da un Sole che non carezzerà mai i loro petali. Le pareti sono intonaco e carta di giornali) ha connotati metaforici e molto generici e non ha la forza di dare al lettore elementi per poter visivamente calarsi nella scena. Anche gli altri elementi, la stanza, il letto, sono privi di carattere personale e non riescono a caratterizzare.
L’incipit ha comunicato sin da subito uno sfondo e un tono tragico, cupo, di un nascondiglio celato ai più ma soprattutto un luogo che, metaforicamente, la luce, il buono e il bello non riescono a raggiungere. Si ha l’impressione che fuori la guerra impazzi ancora e che loro vivano alla giornata, anonimamente, relitti di ciò che erano un tempo. Poi arriviamo nel corpo della narrazione, e qui a ogni nuova informazione sorge una nuova domanda: qual è il motivo per il quale deve morire Hermione? Voldemort è vivo? Perché più che sentire il potere e la tirannia di Voldemort, si percepisce quasi una situazione di confusione e oligarchia all’esterno. Se sì, qual è la situazione attuale del mondo magico e babbano? Cosa sta succedendo veramente nel mondo? Chi vuole la sua morte? Perché Kingsley aiuta Malfoy? Perché Draco è circondato da personaggi dell’Ordine? Mancano tutta una serie di retrospezioni che chiariscano e giustifichino l’introspezione e lo stato attuale degli eventi. Come finale alternativo, presenta troppi buchi di trama.
Ti sei impegnata a creare due diversi parallelismi, uno per ognuno dei due personaggi: l’evoluzione di Hermione si muove di pari passo con l’itinerario alchemico del Magnum Opus, mentre il personaggio di Draco, statico, ricalca i tre passi di Pietro prima che il gallo canti. Se il secondo, per la sua natura più semplice da far intuire, si è comunque incorporato bene con la trama, il secondo ha necessitato di qualche spiegazione in più, e questo l’ha fatto apparire un parallelismo più forzato. E infine c’è la dottrina dello stoicismo, quell’Ambitiosa Morte, di stampo romano, che è invece il fulcro della discussione, la ragione di conflitto. Secondo me, anche con la quantità di riferimenti hai abbondato parecchio.
Per quanto riguarda il genere trattato, direi che hai centrato l’obiettivo, concentrandoti sull’interazione tra i personaggi e sullo sviluppo e soluzione del problema. Lo si tocca non solo con l’argomento “sacrificio” ma anche con ciò che viene anche solo sfiorato, come la perdita delle persone amate.
Il finale è ciò che più si ricollega al filone potteriano, con Draco che si sposa (e io immagino un’Astoria al suo fianco), un matrimonio che anche qui profuma di combinato e già prestabilito, per conservare la purezza di sangue e per generare un’altra generazione di maghi puri.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 9/10

Il titolo è ambizioso, in linea con lo stile. Ma è anche pretenzioso. È un titolo complesso, poco incisivo, quando l’ho letto la prima volta ho subito provato un senso di caricatura, di pretenziosità. Il doppio riferimento, di una certa importanza tra l’altro, crea un miscuglio particolare di riferimenti fin da subito, che tendono verso più direzioni. È come se più bambini si contendessero una caramella: più argomenti si contendono un’unica storia, uno spazio molto limitato. È troppo!
Al contrario, invece, l’introduzione è molto semplice, priva di tutta quella terminologia aulica che si trova nel testo. Adoperi uno stile semplice, scorrevole, naturale, i periodi sono lineari e di comprensione immediata. Se è più facile attraverso di essa capire il contesto e la base di partenza della storia, dall’altra parte è incoerente con tutti gli altri elementi che hanno caratterizzato il tuo stile.
L’impaginazione è ottima: testo giustificato, rientro nei capoversi, un’interlinea piacevole anche se piuttosto ampia. L’unico consiglio è quello di evitare spazi vuoti tra i vari paragrafi, a meno che tu non voglia segnalare un salto temporale, un cambio POV, o un cambio argomento. Li trovo superflui.


Caratterizzazione dei personaggi: 14/20

Essendo personaggi di un fandom, più che la loro caratterizzazione è mio compito valutarne l’IC.
Partiamo da Draco. Ciò che ho ritrovato di lui è quella paura che si nasconde dietro i suoi modi indolenti, quella viltà che lui orna con sicumera e indifferenza. Alla fine lui fa ciò che ci si aspetta da lui: pensa a se stesso. Non si schiera, ma fa di tutto per sopravvivere, conservando le colpe e il dolore, o meglio l’amarezza, per tutto ciò che è stato costretto a sacrificare lungo il tragitto. Non è senza cuore; vile, cattivo a suo modo, ma non carogna. Eppure anche lui è chiamato a una scelta, e quando deve prenderla preferisce la menzogna al coraggio. Una mossa che richiama molto bene le sue azioni nei libri. Draco inoltre è uno di quei personaggi che cammina sempre con un segreto in tasca, con un piano arguto. Trovo molto attinente, visti anche i suoi risultati accademici in certe materie, che sia attratto prima di tutto dall’intelletto e da una mente arguta, è un tratto distintivo anche della sua casa. È freddo, calcolatore, infido eppure a tutto questo si accompagna una sorta di coscienza che lui mette abilmente a tacere.
Di Hermione, invece, ho ritrovato ben poco. Non c’è la sua sagacia, né il suo spirito combattivo, né la sua determinazione di far sua una battaglia, anche se è una causa persa, anche se è sola ad affrontarla. Lei lotta per i deboli, lei vuole cambiare il mondo. È anche il personaggio fragile e insicuro che tu dipingi, ma il personaggio originale bilancia molto bene queste sue caratteristiche, riempie le sue mancanze attraverso i suoi punti di forza; qui questo equilibrio manca. Capisco che tutto questo possa essere rivoltato dalla distruzione di tutti i suoi piani, propositi, dalla perdita delle persone amate, ma una giustificazione plausibile, che io possa toccare con mano e giudicare non me l’hai data. E questo non mi ha permesso di valutare il passaggio tra l’Hermione che abbiamo conosciuto nei libri a questo personaggio spento, arrendevole, che si trasforma e si fa usare come un oggetto, vuoto, privo di orgoglio e amor proprio, divorato dalla paura e dai fantasmi. Non riesce a diventare reale, a possedere la scena.
Ciò che mi ha deluso sono state le loro “voci”, ovvero i dialoghi che hai creato. Ogni personaggio ha una voce (sì, sono uno di quegli autori/lettori pazzi che sentono delle voci in testa), un suo modo particolare di coniare le frasi, di esprimersi, una propria gestualità, un comportamento prestabilito che adoperano nelle varie circostanze, degli intercalari, un’esclamazione particolare, un proprio registro linguistico. Tutto questo qui è venuto a mancare. Il loro registro linguistico è quello del narratore, non c’è una barriera che distingue le varie voci, si sono persi i tratti peculiari che li rendono riconoscibili (Draco possiede un sorriso arrogante, lo potevi rendere provocante oppure smorto o ancora petulante o teso, ma lo hai reso innocente, lo hai privato della sua freddezza espressiva, del suo taglio particolare. Una cosa che risalta in lui è il modo in cui sottolinea il cognome di Hermione, e avresti potuto sfruttarlo adattandone la sfumatura, invece di un “mia cara” che potrebbe anche starci ma che in questo caso lo priva dell’ennesimo tratto che lo avrebbe distinto). E dov’è la saccenteria di Hermione?, il suo orgoglio, il suo femminismo, la delicatezza con cui cerca di nascondere la sua fragilità? Anche il lessico è troppo elaborato per delle battute. “Sono pavida” è un pugno in un occhio, a mio parere. E anche i periodi utilizzati da Draco a un certo punto sono troppo elaborati, il suo modo di parlare è più diretto e subdolo, lineare. Mentre dovrebbe essere Hermione quella che una pensa di dirne e mille ragionamenti fa.


Gradimento personale: 2/5

Ho faticato a leggere questa storia ed è stato davvero difficile farlo una seconda volta per valutarla. Sono il tipo di lettore che ama trovare termini nuovi e particolari, e anche io amo usarne di puntuali e pertinenti quando scrivo, ma la tua storia sembra essere solo uno sfoggio di bei termini (e tengo a precisare che “sembra”, perché sicuramente il tuo intento era ben altro, non lo metto assolutamente in dubbio). Forse sono io che non apprezzo questo tipo di stile, ma è stato davvero difficile trovare dei punti cardinali con cui orientarmi.
Alla fine, quando ho raggiunto il punto finale, avevo impiegato talmente tante energie nel capire la storia che non ho più pensato a quali personaggi avevo davanti; ed è stato difficile ritrovare Hermione e Draco tra le battute e le varie scene. È stato anche complicato capire a che punto della storia ti fossi agganciata per creare questo finale alternativo e cosa era cambiato effettivamente per portare Hermione a rifugiarsi tra le braccia di Malfoy e Shacklebolt ad accettare questa situazione.
Di Harry Potter non ho trovato praticamente nulla: né il contesto, né l’ambientazione, né tanto meno la magia, quell’atmosfera che si respira nei libri. Tutto è arzigogolato e artificioso, denso di filosofie e riferimenti pesanti, poco adatti. O meglio, fino al Magnum Opus potevo capire l’attinenza, anche se l’argomento non scivola in maniera disinvolta con il contesto originale; ma il parallelismo biblico l’ho trovato inappropriato, poco naturale da fare con un personaggio che del Cristianesimo probabilmente non sa niente. Poi ci sono mille domande che mi sono frullate in testa durante la seconda lettura, mille buchi di trama e d’informazioni che mi hanno confuso e lasciato con l’amaro in bocca.
Posso dire di aver apprezzato alcune frasi, come quella finale. Sicuramente ce ne sono altre che hanno spiccato per la loro profondità e capacità d’espressione, ma tutte le altre sono state un groviglio da dover districare. Non voglio assolutamente demoralizzarti, e comunque questo resta solo il mio parere. Ammiro il tuo bagaglio lessicale e apprezzo l’impegno a voler sfruttare una così ampia parte della tua conoscenza storia, filosofica e culturale. Il miglior consiglio che ti posso dare è concentrati su un’idea alla volta, o meglio rendi una sola idea protagonista e guida della trama, smorzando e assottigliando le altre, in modo da far respirare stile e trama. Sicuramente troverai un equilibrio e mille altre opportunità e trame per poter sfruttare le tue conoscenze.


Punto Categoria: 3/5

Per quanto riguarda la categoria, chiedeva di persuadere qualcuno a fare qualcosa che non avrebbe voluto fare. Malfoy né con le parole né con il sesso sembra avere la capacità di persuadere chicchessia a fare qualcosa che non avrebbe fatto altrimenti. Anzi, la consapevolezza di Hermione di volersi sacrificare per gli altri arriva seguendo già uno scrupolo di coscienza personale: qualcosa che non vuole fare ma che sa di dover fare, qualcosa a cui non si sarebbe comunque sottratta. Dalle parole di Draco s’intuisce cos’è che lui vuole (se lei muore, lui si salva… mi sembra di aver capito questo) e probabilmente gioca sul tenersi sul vago, quasi a lasciare che lei prenda la decisione da sola, limitandosi a indirizzarla, quasi a non volersi sporcare le mani. Solo quando dice “lascia che si illudano” imprime la sua decisione, ma tutto mi sembra fuorché persuadente.
Insomma, il tentativo di persuasione c’è, ma non l’ho ritenuto il vero motore che spinge Hermione a prendere questa decisione, a maggior ragione perché non la reputo una decisione che lei non avrebbe preso. In lei c’era già un conflitto.
In quanto a l’eros, ho deciso di assegnarti metà del punteggio. Ciò che ho intuito è l’attrazione intellettuale che prende Draco nei confronti di Hermione, o meglio ha preso Draco all’inizio della loro relazione. Hermione capiva cosa significava essere un sopravvissuto, Hermione sapeva giocare al suo stesso gioco intellettuale. E poi c’è quella smunta attrazione in cui spera Hermione, quell’amplesso fisico, un po’ tardivo e privo di sentimento della penultima scena. Non ti ho assegnato il punteggio pieno perché, se “l’eros intellettuale” è un’interpretazione particolare e intrigante del desiderio, a me ne mostri comunque le ceneri, qualcosa che è già stato consumato, e non diventa mai protagonista della storia. Tutto è cupo e privo di una vera attrazione.

Punteggio: 63.85/90