Avevi promesso una nuova one-shot online entro sera e, puntuale come un orologio svizzero, eccola qua. Brava Giovanna, bravaH. Hai mantenuto la parola e io non posso che ribadire quel che ti ho detto ieri, quando hai anticipato questo piccolo scorcio pre-Time.
Mi hai ammazzata <3 tra la canzone, l’angst, Hiro e Souji, penso di essere annegata nei feels. Quindi perdonami se in questa recensione finirò per bubboleggiare senza speranza.
Iniziando dallo stile, non mi stancherò mai di ripetere che il nuovo taglio che hai dato alla tua scrittura (“nuovo”, insomma, sempre considerando come punto di partenza la vecchia Novel) è incredibilmente bello e maturo. Professionale, pulito, incisivo, con la giusta alternanza tra un modo di raccontare <i>giusto</i>, che non diventa sbrigativo solo per passare avanti, e tratti di mostrato che risaltano ancora di più, fatti scivolare come tagli tra una riga e l’altra. Mi riferisco al dettaglio delle abitudini che Miki crede di aver perso — salvo ritorni di fiamma nel momento stesso in cui Souji scivola nei suoi, di vizi — o a quel lampo di Los Angeles che si apre vivido nella narrazione, come se la nostra americana alla deriva avesse spalancato una finestra e tutti quegli odori, tutti quei colori fossero entrati con una ventata nell’inverno di Okita. Sei un modello da seguire. Io te lo dico e tu probabilmente mi dirai che non è vero, ma per me è così. Quando penso ad un esempio di ottima scrittura, penso al tuo stile e al mazzo che ti sei fatta per arrivare fin qui.
Ti ho già anticipato per via privata che la parte con Hiro è quella che mi ha uccisa di più, perciò permettimi di iniziare dalla fine per commentarla come si deve. È vero, dei due cugini Miki è quella più esposta al pericolo. È lei quella presa in trappola tra le mire e le visioni di Murasaki, una guerra che non si fermerà solo per concedere ad una ragazzina così giovane il tempo di metabolizzare la morte e l’orrore dei campi di battaglia e, soprattutto, slanci di affetto che può cercare di negare, ma non di controllare. Hiro, però, soffre la pena dell’attesa. Di chi è lasciato al margine della storia e cammina a bordo pagina, con la sensazione che qualcosa di grande e incredibilmente importante stia accadendo a un soffio di distanza — e che quella stessa distanza si allunga e si allarga a dismisura per impedirgli di raggiungere gli eventi. Di lasciare una traccia. Di intervenire. Hiro non è il prescelto della Leggenda. È relegato al mondo moderno, ai suoi libri (la frase: “Aveva creduto che l’arte l’avrebbe reso libero, ma non c’era niente che potesse liberare le persone come lui” mi ha dato i brividi. Sappilo) e a una famiglia che stenta a guardarlo. Perfino la nonna. Quando sia simile a Saitou ora che si è lasciato crescere i capelli, si può immaginare — ma dove quest’ultimo ha affrontato la gabbia della normalità solo a guerra finita, per Hiro non c’è speranza di fuggire dal presente. Dal rimorso. L’ho amato, ecco.
Risalendo a Miki e Souji, che vediamo in questo scorcio anteriore al ritorno a casa della ragazza… il rapporto fraterno tra loro è uno dei legami più belli di tutta Novel, talmente realistico che sembra davvero arduo alzare ancora l’asticella (ma so bene che in Time gli stakes saranno ancora più alti). Nonostante cerchino di comportarsi a tratti come migliori sconosciuti, si somigliano e si comprendono abbastanza da non aver bisogno di parole per afferrare al volo la natura dell’altro. Penso alla completa e totale assenza di dubbio con cui Miki sogna ad occhi aperti di poter portare Souji nel suo mondo, sapendo che lui la seguirebbe senza il minimo indugio. Penso al modo in cui si trattiene quando vorrebbe dirgli di piantare tutto e smettere una buona volta di combattere e uccidere, sapendo che la reazione sarebbe accolta di malagrazia dallo Shinsengumi. Penso a come Souji riesca a dosare la forza nel prenderle le mani, lui che si ritiene in grado di fare soltanto del male (oh, peraltro, dimmi se ho cannato, ma… il fatto che l’allontani mi fa pensare che a) sia per la tubercolosi e b) che quindi la shot si collochi nel lasso di tempo in cui Miki ancora non sa una peppa della tubercolosi e\o non se la ricorda. Chapeau per aver inserito una coordinata temporale precisa in questo modo, in tal caso). Sono piccole cose che si alternano a momenti in cui il lupo rizza il pelo e Miki sfodera le unghie per atteggiarsi e proteggersi, ma sono più reali e affiatate di altre rappresentazioni stucchevoli di un rapporto fraterno viste altrove.
Che altro dire? Aspetto Time. Perché “questo è un viaggio che nessuno prima d'ora ha fatto, Alice e le sue meraviglie, il cappellaio matto ~”
Alla prossima <3
Kei |